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Val Dragone<br />
Per i giovanotti, invece, iniziava una <strong>nuova</strong> avventura,<br />
poiché spesso incontravano l’anima gemella.<br />
A facilitare l’approccio era l’invito che i contadini<br />
del posto facevano alla gioventù a spannocchiare<br />
montagne di granoturco durante le lunghe serate<br />
autunnali. Il loro entusiasmo portava a termine<br />
l’opera a tempo di record, coscienti che di lì a poco<br />
una fisarmonica avrebbe coronato i loro sogni.<br />
Dopo quindici giorni di fuoco le castagne venivano<br />
levate e iniziava la fase di pulitura. Si metteva una<br />
ceppa nel mezzo e quattro persone intorno, con il<br />
relativo sacchetto di castagne. Ritmavano a turno<br />
battendo sul legno come si faceva con i cerchi per<br />
il grano. Un altro modo era quello di porle in un<br />
recipiente e colpirle con un bastone a punta<br />
dentata, in ferro, detto sgavr (2) .<br />
Si dice che fosse un lavoro molto duro e che mettesse<br />
a prova l’esuberanza dei giovani. Ancora oggi<br />
si racconta di sfide interminabili tra balugani e<br />
valdastrini. Ma per fortuna c’era sempre uno che<br />
girava con il fiasco della vinella a ristorarli. Finalmente<br />
il prezioso alimento veniva portato a casa<br />
con l’impiego di bestie da soma. Eppure non poteva<br />
mancare chi, passando così alla nostra leggenda,<br />
arrivò in valle con ben ottanta chili di castagne<br />
sulle spalle. Erano le bravate del tempo. Il percorso<br />
Asta-Montefiorino superava i 25 chilometri, ma<br />
la difficoltà maggiore era dovuta all’attraversamento<br />
dei fiumi Dolo e Dragone, in quanto nei mesi di<br />
ottobre e novembre sovente erano in piena, con<br />
ponti inadatti o addirittura inesistenti. A tal proposito<br />
ecco una testimonianza: “Giunsi all’osteria ‘il<br />
mulino’ di Morsiano proveniente da Rubbiano sul far<br />
della sera. A stento riuscii ad attraversare a cavallo<br />
il fiume; avevo con me la figlia maggiore<br />
dodicenne ed una sua cuginetta. <strong>La</strong> pioggia era<br />
così forte che decisi di pernottare nel locale. Ma<br />
non riuscivo a chiudere occhio per il rumore crescente<br />
del fiume. Un santo pareva mi dicesse ‘prendi<br />
le bambine e vai via’. Così feci. A nulla valsero le<br />
insistenze dell’oste perché io restassi. Il giorno dopo<br />
Note.<br />
36 la LUNA <strong>nuova</strong> - Maggio 2013<br />
Boccassuolo, 2006: "Gli antichi mestieri".<br />
<strong>La</strong>vorazione delle castagne.<br />
provai un attimo di sconcerto quando giunse in<br />
paese la notizia che l’ala dell’osteria prospiciente il<br />
Dolo ove si trovava la nostra cameretta, semplicemente<br />
non esisteva più”.<br />
Quell’uomo era mio padre. Tanti anni dopo anche io<br />
sono andato ansioso di veder quei luoghi,<br />
concretizzando la bramosia della mia fanciullezza.<br />
Il Dolo, Romanoro, Santa Scolastica, Rubbiano, Le<br />
Vaglie… Ma soltanto la millenaria Pieve di Rubbiano<br />
posta sulla via Bibulca, che conduceva gli eserciti<br />
e i viandanti al Passo di San Pellegrino, ripete imperterrita<br />
quel motivo antico. Poiché non arriva più<br />
dal metato ai bambini, quale dono regale, la mitica<br />
filza di castagne con in fondo una mela a mo' di<br />
amuleto, quando essa costituiva il trionfo dell’immaginazione<br />
e della gioia, frutto di tanta attesa.<br />
(1) L’ipotesi storica prospettata dal Riotti, benché suggestiva, non può essere avallata principalmente<br />
per carenza di documenti probatori al riguardo. Almeno per la prima parte. Accettabile,<br />
ma con le cautele del caso, poiché anche questa non documentata potrebbe essere invece<br />
l’ultima parte, quella relativa ad una acquisizione da parte dei pastori che, storicamente, potevano<br />
vantare una condizione economica di vantaggio rispetto al restante mondo rurale. Tuttavia non bisogna dimenticare<br />
che il buio medievale nasconde sicuramente verità che rimarranno sconosciute. L’area delle Vaglie resta tra le più<br />
ricche della valle dal punto di vista della toponomastica anche di epoca romana. Troviamo ad esempio Bracciano<br />
probabile fundus Braccianus dal personale latino Braccius; Borciano probabile fundus d’età romana, denominato da<br />
un (a)burcis o da un porcius, con il suffisso di appartenenza come il precedente toponimo, -anus; Porcinago che con<br />
il doppio suffisso ino+aco può far pensare al personale latino, in area celtica, Porcinacus da Porcinia; Roncastaldo,<br />
probabile “Ronco del Gestaldo” dal longobardo Gastald “amministratore per conto del re” e cosi via.<br />
(2) Nelle nostre zone questo attrezzo è conosciuto come grafi, mentre il recipiente in legno in cui venivano messe le<br />
castagne da pulire era la pella. (vedi foto)