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Leggi il formato PDF - Ordine degli Avvocati di Lecco

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naturalistica. Se si analizza cioè un qualsiasi<br />

fatto considerato come <strong>di</strong>ritto, per<br />

esempio una deliberazione parlamentare<br />

[...] si possono <strong>di</strong>stinguere due elementi:<br />

l’uno è un atto sensib<strong>il</strong>mente percepib<strong>il</strong>e <strong>il</strong><br />

quale procede nello spazio e nel tempo, un<br />

acca<strong>di</strong>mento esteriore, per lo più un comportamento<br />

umano, l’altro è un significato,<br />

uno specifico significato quasi imminente o<br />

aderente a quest’atto o acca<strong>di</strong>mento.<br />

Questo significato, prosegue Kelsen, non<br />

può essere r<strong>il</strong>evato o sentito senz’altro<br />

nell’atto come un fatto esteriore; certamente<br />

però l’atto <strong>di</strong> per sè può <strong>di</strong>re qualcosa<br />

attorno al suo significato, può <strong>di</strong>chiarare<br />

<strong>il</strong> suo senso: in ciò, peraltro, risiede<br />

una particolare caratteristica del materiale<br />

oggetto della scienza sociale e particolarmente<br />

della conoscenza giuri<strong>di</strong>ca.<br />

L’aspetto esteriore è un fatto sensib<strong>il</strong>mente<br />

percepib<strong>il</strong>e perchè si svolge nel<br />

tempo e nello spazio, è un frammento <strong>di</strong><br />

natura che, come tale, è determinato secondo<br />

la legge <strong>di</strong> causalità.<br />

Ma questo fatto - scrive Kelsen - in quanto<br />

tale non è oggetto specifico della conoscenza<br />

giuridca e come tale non è nulla <strong>di</strong><br />

giuri<strong>di</strong>co.<br />

Ciò che trasforma questo fatto in un atto<br />

giuri<strong>di</strong>co (in un atto <strong>il</strong>lecito) è, non già la<br />

sua realtà <strong>di</strong> fatto, <strong>il</strong> suo essere naturale<br />

appartenente al sistema della natura e determinato<br />

causalmente, ma è bensì <strong>il</strong> senso<br />

oggettivo che è unito a questo atto: <strong>il</strong><br />

suo significato. Il fatto in questione ottiene<br />

infatti <strong>il</strong> suo senso specificatamente giuri<strong>di</strong>co,<br />

<strong>il</strong> suo particolare significato giuri<strong>di</strong>co,<br />

per mezzo <strong>di</strong> una norma che nel suo contenuto<br />

vi si riferisce e gli impartisce <strong>il</strong> significato<br />

giuri<strong>di</strong>co <strong>di</strong> modo che l’atto possa<br />

essere qualificato secondo questa norma.<br />

La norma funziona così come schema qualificativo.<br />

Esaminiamo ora le conseguenze <strong>di</strong> una<br />

tale concezione nell’ambito giuri<strong>di</strong>co.<br />

La conoscenza giuri<strong>di</strong>ca, sostiene Kelsen,<br />

è rivolta a norme che danno o non danno<br />

a certi fatti <strong>il</strong> carattere <strong>di</strong> atti giuri<strong>di</strong>ci (o<br />

<strong>il</strong>leciti) e che sono esse stesse prodotte da<br />

tali atti giuri<strong>di</strong>ci.<br />

Quando certi atti naturali vengono qualificati<br />

come processi giuri<strong>di</strong>ci, ciò non significa<br />

altro che è loro attribuito un valore<br />

da norme <strong>il</strong> cui contenuto sta in una deter-<br />

minata corrispondenza con l’avvenimento<br />

effettivo. Quando <strong>il</strong> giu<strong>di</strong>ce stab<strong>il</strong>isce come<br />

accaduto un fatto concreto, per esempio<br />

un delitto, egli rivolge anzitutto la sua conoscenza<br />

a un ente naturale. La sua conoscenza<br />

<strong>di</strong>venterà però giuri<strong>di</strong>ca soltanto<br />

quando collegherà <strong>il</strong> fatto constatato con<br />

la legge che egli deve applicare, quando lo<br />

qualificherà come furto o frode.<br />

E, prosegue Kelsen, lo può qualificare<br />

come tale solo quando <strong>il</strong> contenuto <strong>di</strong><br />

questo fatto è specificamente riconosciuto<br />

come contenuto <strong>di</strong> una norma.<br />

L’attività del giu<strong>di</strong>ce non si esaurisce per<br />

nulla in un atto conoscitivo: questo è soltanto<br />

la preparazione <strong>di</strong> un atto volitivo per<br />

mezzo del quale vien posta la norma in<strong>di</strong>viduale<br />

della sentenza.<br />

Occorre specificare che la norma, come<br />

specifica struttura qualificativa, è qualcosa<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>verso dall’atto psichico col quale essa<br />

è voluta o rappresentata.<br />

Quando si parla <strong>di</strong> produzione <strong>di</strong> una norma,<br />

si pensa con ciò sempre a eventi naturali<br />

che portano la norma come struttura<br />

qualificativa.<br />

La norma come tale, ovviamente, non<br />

deve essere confusa con l’atto con cui<br />

essa è stab<strong>il</strong>ita: essa, infatti, non sta nello<br />

spazio e nel tempo perchè non è un fatto<br />

naturale.<br />

Ma poichè <strong>il</strong> contenuto possib<strong>il</strong>e della<br />

norma è lo stesso del contenuto possib<strong>il</strong>e<br />

dell’accadere effettivo, e poichè la norma<br />

si riferisce col suo contenuto a questo accadere<br />

effettivo, soprattutto al comportamento<br />

umano, è necessario che tanto lo<br />

spazio quanto <strong>il</strong> tempo in cui <strong>il</strong> comportamento<br />

umano determinato da una norma<br />

si realizza siano determinati nel contenuto<br />

della norma stessa. La vali<strong>di</strong>tà delle norme<br />

che regolano <strong>il</strong> comportamento umano in<br />

generale, e quin<strong>di</strong> anche<br />

in particolare la vali<strong>di</strong>tà delle norme giuri<strong>di</strong>che,<br />

è una vali<strong>di</strong>tà spaziale e temporale<br />

in quanto queste norme hanno per contenuto<br />

dei fatti spaziali e temporali.<br />

Che la norma valga, significa sempre che<br />

vale per un determinato spazio e per un<br />

determinato tempo, cioè che si riferisce a<br />

fatti che possono soltanto succedere in un<br />

qualche luogo e in un qualche tempo.<br />

3. Dottrina pura, sociologia del <strong>di</strong>rit-<br />

to, politica del <strong>di</strong>ritto, <strong>di</strong>ritto naturale<br />

Da quanto sopra ne <strong>di</strong>scende che, secondo<br />

Kelsen, <strong>il</strong> <strong>di</strong>ritto si viene a configurare<br />

come scienza normativa, non avendo per<br />

oggetto situazioni <strong>di</strong> fatto, bensì esclusivamente<br />

un complesso <strong>di</strong> norme:<br />

“Considerando <strong>il</strong> <strong>di</strong>ritto come norma e la<br />

scienza del <strong>di</strong>ritto [...] come scienza limitata<br />

alla conoscenza <strong>di</strong> norme, si delimita<br />

<strong>il</strong> <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> fronte alla natura, e la scienza<br />

giuri<strong>di</strong>ca, come scienza normativa, <strong>di</strong> fronte<br />

a tutte le altre scienze che cercano <strong>di</strong><br />

spiegare i fenomeni naturali secondo la<br />

legge <strong>di</strong> causalità”.<br />

Abbiamo già evidenziato come per Kelsen<br />

la dottrina pura del <strong>di</strong>ritto rappresenti<br />

una metodologia. Kelsen è ovviamente<br />

consapevole <strong>di</strong> quanto sia problematica<br />

una ricerca metodologica fine a se<br />

stessa, tuttavia solo attraverso <strong>il</strong> metodo<br />

è possib<strong>il</strong>e in<strong>di</strong>viduare confini non arbitrari<br />

tra le singole scienze sociali.<br />

Come già evidenziato sopra, del resto,<br />

tutte le scienze sociali si rivolgono ad un<br />

oggetto comune, affrontato però con metodo<br />

<strong>di</strong>verso.<br />

Come sottolinea Losano nel suo saggio<br />

introduttivo alla Dottrina pura del <strong>di</strong>ritto,<br />

Dal momento che non esistono confini<br />

derivanti dalla natura stessa dell’oggetto<br />

preso in esame dalla <strong>di</strong>sciplina, l’unico criterio<br />

non arbitrario per delimitare reciprocamente<br />

le scienze sociali è <strong>il</strong> criterio metodologico.<br />

Infatti, in mancanza <strong>di</strong> un metodo<br />

rigorosamente scientifico e <strong>di</strong> precisi<br />

confini insiti nell’oggetto stesso, si passa<br />

involontariamente da una scienza all’altra,<br />

applicando alla scienza invasa (che ha già<br />

un suo proprio e <strong>di</strong>verso metodo) <strong>il</strong> metodo<br />

della scienza abbandonata: da ciò derivano<br />

pseudoproblemi, <strong>di</strong>spute prive d’oggetto e<br />

soluzioni scientificamente inatten<strong>di</strong>b<strong>il</strong>i.<br />

Data questa situazione, la dottrina pura<br />

del <strong>di</strong>ritto nasce come actio finium regundorum<br />

perseguendo l’eliminazione ra<strong>di</strong>cale<br />

<strong>di</strong> tutto ciò che <strong>di</strong> psicologico o sociologico<br />

sia stato introdotto nella conoscenza giuri<strong>di</strong>ca.<br />

Fondandosi sul materiale offerto<br />

dal <strong>di</strong>ritto positivo K. mira a costruire una<br />

teoria che consenta <strong>di</strong> descrivere <strong>il</strong> <strong>di</strong>ritto<br />

quale scienza autonoma rispetto alle altre<br />

<strong>di</strong>scipline.<br />

Quin<strong>di</strong> Kelsen respinge tanto le dottrine<br />

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