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Rubrica sui libri a cura di Corrado Premuda<br />

BooKCRoSSINg<br />

Keitai. In giapponese è la nuova<br />

parola che indica la letteratura per<br />

telefonino. Un modo di raccontare<br />

(e di leggere) storie che è già un<br />

fenomeno nel paese del Sol Levante<br />

e che potrebbe esplodere presto<br />

anche in Italia. Emozioni, episodi di<br />

vita, racconti con frasi brevi e poche<br />

descrizioni, confessioni: una forma di<br />

letteratura principalmente giovanile,<br />

storie scritte da ragazzi per altri<br />

ragazzi. In Giappone la prima autrice<br />

di keitai si chiama Rin e la sua storia<br />

s’intitola “If you”. Un evento da telefo-<br />

nino, appunto, ma che la casa editrice<br />

Tohan non si è lasciata sfuggire e che<br />

è diventato un libro venduto in mezzo<br />

milione di copie in un mese. Cosa<br />

c’è d’innovativo in questa forma di<br />

narrazione? L’utenza: se è vero che la<br />

maggior parte dei giovani (anche italiani)<br />

non legge libri, è anche vero che<br />

sono in pochi quelli che non passano<br />

buona parte della giornata a scrivere<br />

e leggere messaggi agli amici. E chi<br />

resiste al suono di un SMS?<br />

I libri recensiti di seguito sono segnalati<br />

dalla libreria Borsatti di Trieste.<br />

Il coperchio del mare<br />

di Banana Yoshimoto, Feltrinelli, 118 pagine.<br />

Un’estate insolita per due ragazze: Mari ha appena<br />

coronato il suo sogno di aprire un chiosco di granite<br />

artigianali sulla spiaggia del suo paese; Hajime invece,<br />

ricoperta di brutte cicatrici e afflitta dalla morte<br />

della nonna, viene invitata dalla madre di Mari nella<br />

località di mare. Dopo un’iniziale diffidenza, le due<br />

giovani diventano amiche, condividono la bellezza<br />

della natura (quella che è sopravvissuta ai danni<br />

dell’uomo) e imparano a decifrare i rispettivi caratteri.<br />

Fino a quando l’acqua del mare non si fa più<br />

fredda e si affaccia l’autunno. Un romanzo riuscito,<br />

molto coinvolgente, che richiama il capolavoro della<br />

Yoshimoto “Tsugumi”.<br />

Diario di un fumatore<br />

di David Sedaris, Mondadori, 302 pagine.<br />

Ci sono panchine a Central Park dove la signora<br />

seduta vicino a voi decide che quello è un posto<br />

per non fumatori. Ci sono madri malate di cancro<br />

ai polmoni che mentre stanno per salire sull’auto<br />

che le porta all’ospedale chiedono di rientrare per<br />

un momento in cucina dove, non viste, si fumano<br />

l’ultima sigaretta. Ci sono scrittori che raccontano,<br />

in una sorta di pseudo gossip autobiografico, le<br />

loro love story con Mike Tyson e Charlton Heston e<br />

la loro amicizia con Ophra Winfrey. Tutto questo, e<br />

molto altro, succede nel mondo di David Sedaris,<br />

il maggior umorista americano, che diverte quasi<br />

sempre nei suoi racconti, spesso per il modo in cui<br />

narra le cose.<br />

Quanto hai lavorato per me, caro Fortuna!<br />

a cura di Riccardo Cepach, MGS Press, 190 pagine.<br />

L’amicizia tra il poeta Umberto Saba e l’avvocato<br />

fiorentino Aldo Fortuna rivive attraverso la loro<br />

corrispondenza: discussioni letterarie, fatti di guerra,<br />

confessioni personali, commenti. Un rapporto<br />

trentennale durante il quale Fortuna ha corretto la<br />

forma italiana di buona parte dei componimenti<br />

di Saba. Nel libro, arricchito da immagini, foto e<br />

dai pregevoli disegni di Fortuna, alcuni inediti del<br />

poeta triestino scritti durante la guerra e i contributi<br />

di Cristina Benussi, Mauro Caselli e Alberto Maria<br />

Fortuna. Il volume segue e arricchisce la mostra<br />

allestita l’anno scorso a Trieste per i cinquant’anni<br />

dalla morte di Saba.<br />

zoom DvD<br />

Tra le uscite a noleggio di questo mese non<br />

possiamo non dare la precedenza al nuovo<br />

film di David Cronenberg, che ci regala un<br />

noir contemporaneo che probabilmente ci<br />

resterà a lungo negli occhi. “La promessa<br />

dell’assassino” (“Eastern Promises” il titolo<br />

originale) è una storia di mafia, e fin qui nulla<br />

di sorprendente. Quello che lo distingue è prima<br />

di tutto l’ambientazione<br />

del racconto, ovvero<br />

le gang mafiose russe<br />

in una Londra tutt’altro<br />

che scintillante. Ma è<br />

soprattutto l’innesto perfetto<br />

dei temi più cari al<br />

regista canadese, ovvero<br />

l’ossessione per il corpo<br />

e la ricerca dell’identità<br />

dei personaggi, nella<br />

fattispecie del protagonista Nikolaj, gorilla<br />

russo interpretato magistralmente da Viggo<br />

Mortensen, a fare sì che il film valichi i confini<br />

del genere all’interno del quale si muove. Si<br />

è parlato molto della scena della sauna, dove<br />

un Mortensen ignudo e con il corpo striato da<br />

numerosi tatuaggi si difende a mani nude dai<br />

due assassini inviati a farlo fuori. L’ambientazione,<br />

la crudezza del corpo a corpo, l’assenza<br />

di musica, ma soprattutto la scelta di Cronenberg<br />

di far usare come armi dei falcetti piuttosto<br />

che delle armi da fuoco, fanno sì che la<br />

violenza rappresentata si carichi di una fisicità<br />

quasi erotica. Insomma venite a noleggiarlo<br />

appena esce (mi pare l’11 marzo). Le altre due<br />

consuete “zoomate” del mese le dedichiamo<br />

invece a due film europei parecchio interessanti.<br />

Il primo è il francese “La Voltapagine”<br />

di Denis Dercourt, thriller psicologico piccolo<br />

borghese con la bravissima Déborah François.<br />

Il film è la storia di un’ossessione musicale<br />

sulla scorta di quel capolavoro che è “La Pianista”<br />

di Michael Haneke, ma che ricorda anche<br />

i gialli glaciali di Claude Chabrol, per il quale<br />

Dercourt non nasconde una certa devozione.<br />

Il secondo è un film tedesco, “Requiem” di<br />

Hans Christian Schmid. Il film è tratto da una<br />

storia vera, la stessa che ha ispirato lo stereotipato<br />

horror statunitense “The Exorcism of<br />

Emily Rose”. Ma qui siamo lontani anni luce<br />

dall’horror, piuttosto Schmid guarda al Ken<br />

Loach di “Family Life”, raccontando una storia<br />

drammatica su come un ambiente familiare<br />

perbenista e bigotto porti alla pazzia una giovane<br />

studentessa (enorme l’interpretazione<br />

della giovane Sandra Huller, Orso d’Argento a<br />

Berlino). Da vedere!!

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