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8 Primo Piano<br />
Giugno 2009<br />
SCIOPERO GENERALE<br />
In 20 mila in piazza<br />
per difendere il lavoro<br />
Proclamato da CGIL-CISL-UIL - Massiccia partecipazione alla protesta - Mobilitazione in<br />
difesa dell’apparato industriale - Da tutta l’Isola per sfilare in corteo nelle vie di Cagliari<br />
L a<br />
risposta è no. Un no che<br />
non ammette repliche,<br />
gridato con rabbia dagli oltre<br />
20 mila sardi che il 10 luglio<br />
hanno sfilato per le strade del<br />
centro di Cagliari: l’industria<br />
in <strong>Sardegna</strong> non si tocca, le<br />
fabbriche non devono chiudere.<br />
La manifestazione indetta dai<br />
sindacati per protestare contro<br />
la crisi economica ed<br />
occupazionale che colpisce<br />
l’Isola (33 mila disoccupati in<br />
più nei primi cinque mesi<br />
dell’anno) è andata oltre le più<br />
rosee previsioni degli<br />
organizzatori, che si<br />
aspettavano “appena” 10 mila<br />
presenza: i partecipanti sono<br />
stati 20 mila per i sindacati e<br />
15 mila per la Questura. Cifre<br />
approssimate per difetto, che fanno fatica<br />
a contenere la marea umana lunga un<br />
chilometro che ha impiegato un’ora e<br />
cinque minuti per sfilare davanti al<br />
Consiglio regionale, terminale ideale di<br />
una mobilitazione che mirava, prima di<br />
ogni altra cosa, a sensibilizzare la<br />
politica verso i problemi di un comparto<br />
troppo a lungo abbandonato a se stesso.<br />
A riempire di contenuti una giornata di<br />
mobilitazione già convocata e che<br />
sembrava peccare di eccessiva genericità<br />
a fronte delle molteplici e variegate<br />
situazioni di crisi che colpiscono<br />
l’apparato industriale sardo ci ha<br />
pensato l’Eni, che ha deciso di chiudere<br />
per almeno due mesi a partire dal 1°<br />
agosto il cracking, il cuore produttivo<br />
dello stabilimento Polimeri Europa di<br />
Porto Torres, mettendo a rischio il posto<br />
di 3.500 lavoratori tra diretti e indotto.<br />
Le rassicurazioni dell’azienda che ha nel<br />
Ministero del Tesoro l’azionista di riferimento<br />
non hanno convinto nessuno di qua del Tirreno:<br />
sono le stesse fornite oltre un anno fa quando<br />
venne chiusa la linea fenolo-cumene della<br />
fabbrica turritana. Anche in quel caso,<br />
lo stop avrebbe dovuto essere temporaneo,<br />
ma la lavorazione non è mai ripartita.<br />
Così, Porto Torres è diventato il simbolo, oltre<br />
che la situazione di maggiore urgenza e gravità,<br />
della lotta dei sardi per il lavoro e lo sviluppo. La<br />
mattina del 10 luglio, le delegazioni si sono<br />
mosse all’alba da ogni angolo dell’Isola. Non<br />
soltanto lavoratori ma intere famiglie, padri e<br />
figli uniti a lottare per un presente dignitoso e<br />
per un futuro in cui l’unica speranza non sia<br />
rappresentata dall’emigrazione. Appuntamento<br />
alle 9:30 in piazza Garibaldi, partenza prevista<br />
per le 10. Il corteo si è snodato per via Sonnino,<br />
via XX Settembre e via Roma, per concludersi in<br />
piazza del Carmine con i comizi dei leader<br />
sindacali. Doveva essere lo sciopero di due soli<br />
comparti, l’industria e i servizi a rete, ma la<br />
rabbia esplosa dopo la decisione dell’Eni ha<br />
moltiplicato la voglia di mobilitazione.<br />
“Sono numeri da sciopero generale”,<br />
ha riconosciuto il segretario regionale<br />
di Giuseppe Mereu<br />
della Cisl, Mario Medde, che nel comizio<br />
conclusivo ha paventato per l’autunno, in<br />
mancanza di risposte adeguate dalla politica,<br />
la mobilitazione generale della <strong>Sardegna</strong>.<br />
Duri i toni contro il governo nazionale e l’Eni,<br />
mentre l’esecutivo regionale guidato da Ugo<br />
Cappellacci ha riscosso una fiducia condizionata<br />
grazie alle forti iniziative di confronto con la<br />
controparte romana promosse non appena<br />
ricevuta la funerea comunicazione dal colosso<br />
petrolchimico. Gli unici slogan contro il<br />
governatore sono venuti da una parte della Cgil e<br />
dagli operai delle fabbriche in crisi, che con il<br />
cambio alla guida della Regione speravano in un<br />
rapido superamento delle situazioni di difficoltà.<br />
Dietro le segreterie sindacali hanno marciato<br />
sindaci e presidenti di Provincia dei territori del<br />
malessere, Sulcis-Iglesiente e Sassarese in testa.<br />
Poi le rappresentanze delle fabbriche, una parata<br />
drammatica che sembrava non finire mai. La<br />
Otefal di Portovesme, che produce laminati in<br />
alluminio, nata di recente sulle ceneri dell’Ila e<br />
già in crisi, e con essa l’Eurallumina, contro la<br />
cui chiusura in marzo erano già scese in piazza<br />
15 mila persone. La Rockwool di Iglesias, in cui<br />
si lavora la lana di roccia per produrre pannelli<br />
fonoassorbenti e che, nonostante i conti in<br />
attivo, la proprietà ha deciso di chiudere per<br />
investire in Croazia risparmiando sulle tasse e<br />
sul costo del lavoro. La Keller di Villacidro, che<br />
allestisce vagoni ferroviari e che rischia di<br />
chiudere a causa della decisione di Trenitalia di<br />
sopprimere la linea merci su rotaia tra Golfo<br />
Aranci e Civitavecchia. Poi l’area di Ottana, in<br />
cui il miraggio dell’industrializzazione minaccia<br />
di lasciare il posto al deserto. Infine, Porto<br />
Torres, il gruppo più numeroso e arrabbiato, che<br />
non riesce a spiegarsi come un’azienda<br />
controllata dallo Stato possa cinicamente tenere<br />
per anni uno stabilimento in perdita senza<br />
investire un centesimo<br />
e poi decidere di chiuderlo<br />
perché antieconomico.<br />
Sotto il sole cocente di luglio<br />
appena mitigato dal maestrale,<br />
davanti agli sguardi incuriositi<br />
dei turisti appena sbarcati dalle<br />
navi da crociera attraccate al<br />
porto, accanto ai lavoratori<br />
hanno manifestato studenti,<br />
pensionati, disoccupati e<br />
precari. Presenti anche i<br />
politici: parlamentari e<br />
consiglieri regionali del<br />
centrosinistra in gran numero,<br />
oltre a dirigenti e militanti<br />
delle sigle indipendentiste e<br />
della sinistra radicale. Assente<br />
il centrodestra, ma Cappellacci<br />
avrebbe rimediato a<br />
manifestazione conclusa,<br />
facendo sentire la sua voce con<br />
una lettera aperta rivolta a tutti i sardi<br />
ed in particolare ai lavoratori in lotta.<br />
In piazza del Carmine, è stato il duro<br />
intervento di Enzo Costa, segretario<br />
regionale della Cgil, a dare il via ai<br />
comizi dopo le testimonianze di operai e<br />
disoccupati. Costa ha detto che “il<br />
sindacato chiede unità alla politica” e ha<br />
criticato governo e Regione per lo<br />
spostamento del G8 a L’Aquila e per “lo<br />
scippo” dei fondi per le aree<br />
sottoutilizzate, rivolgendo poi un appello<br />
al governatore in vista del confronto con<br />
l’esecutivo nazionale sulla “vertenza<br />
<strong>Sardegna</strong>” in programma il 17 luglio,<br />
affinché fossero coinvolti anche i<br />
sindacati: “Se Cappellacci non lo capisce,<br />
vuol dire che non rappresenta il popolo<br />
sardo”. Ma prima di tutto, “bisogna<br />
cambiare i piani dell’Eni e scongiurare la<br />
chiusura del petrolchimico”.<br />
“Il futuro dell’Isola è legato alla decisione<br />
politica di aggredire questa crisi senza<br />
precedenti”, ha detto Francesca Ticca (Uil), pur<br />
riconoscendo che la Regione “si è fatta trovare<br />
impreparata” dalla crisi economica globale: “Non<br />
c’è stata la capacità di creare ammortizzatori<br />
sociali adeguati o avviare processi di<br />
riqualificazione per rilanciare lo sviluppo”.<br />
Infine, Medde, che ha puntato il dito contro<br />
“le inadempienze dello Stato sull’Intesa<br />
istituzionale del 1999 e sugli accordi<br />
sottoscritti per l’energia, la chimica e il tessile”,<br />
auspicando “un piano di rinascita<br />
dell’Isola adeguato alle nuove dinamiche<br />
economiche e sociali”. Anche per lui,<br />
“la decisione dell’Eni deve essere subito ritirata”.<br />
Al termine della manifestazione è giunta<br />
la missiva di Cappellacci che, forte dell’enorme<br />
mobilitazione popolare, ha assunto toni drastici<br />
anche nei confronti del governo e non soltanto<br />
della multinazionale: “La <strong>Sardegna</strong> non fa<br />
più sconti a nessuno. Lo comprendano<br />
i vertici dell’Eni, che devono fare marcia<br />
indietro, ma anche il governo che non può<br />
consentire che un’azienda di cui lo Stato<br />
è azionista incameri profitti miliardari<br />
e lasci macerie e devastazioni sociali”.