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Metodi e strumenti di misura per l'esecuzione di test non distruttivi ...

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CASSINO<br />

DIPARTIMENTO DI AUTOMAZIONE ELETTROMAGNETISMO<br />

INGEGNERIA DELL’INFORMAZIONE E MATEMATICA INDUSTRIALE<br />

R SS I T A S C A SI N A S S T VD I ORVM V N I V E<br />

A.V.C. - DLXXXVIII<br />

SOL PER NOCTEM<br />

A.D. MC M LXX X<br />

Tesi <strong>di</strong> Dottorato <strong>di</strong> Ricerca in<br />

Ingegneria Elettrica e dell’Informazione<br />

(XVIII CICLO)<br />

<strong>Meto<strong>di</strong></strong> e Strumenti <strong>di</strong> Misura <strong>per</strong> l’Esecuzione<br />

<strong>di</strong> Test Non Distruttivi su Materiali Conduttori<br />

Marco Laracca<br />

Novembre 2005<br />

Settore scientifico <strong>di</strong>sciplinare ING-INF/07<br />

Misure Elettriche ed Elettroniche<br />

I


UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CASSINO<br />

DIPARTIMENTO DI AUTOMAZIONE ELETTROMAGNETISMO<br />

INGEGNERIA DELL’INFORMAZIONE E MATEMATICA INDUSTRIALE<br />

R SS I T A S C A SI N A S S T VD I ORVM V N I V E<br />

A.V.C. - DLXXXVIII<br />

SOL PER NOCTEM<br />

A.D. M C M LX X X<br />

I<br />

Tesi <strong>di</strong> Dottorato <strong>di</strong> Ricerca in<br />

Ingegneria Elettrica e dell’Informazione<br />

(XVIII CICLO)<br />

<strong>Meto<strong>di</strong></strong> e Strumenti <strong>di</strong> Misura <strong>per</strong> l’Esecuzione<br />

<strong>di</strong> Test Non Distruttivi su Materiali Conduttori<br />

Il Coor<strong>di</strong>natore Il Tutore<br />

Prof. Giovanni Busatto Prof. Andrea Bernieri<br />

Marco Laracca<br />

Novembre 2005<br />

Settore scientifico <strong>di</strong>sciplinare ING-INF/07<br />

Misure Elettriche ed Elettroniche


Ringraziamenti<br />

Dovuti e sentiti ringraziamenti vanno innanzitutto<br />

ai Proff. Giovanni Betta ed Andrea Bernieri <strong>per</strong><br />

aver <strong>per</strong>messo il raggiungimento <strong>di</strong> questo<br />

traguardo.<br />

Un sentito grazie va inoltre a tutto il gruppo<br />

Misure Elettriche ed Elettroniche, ed in<br />

particolare a Luigi che ha creduto in me sin<br />

dall’inizio, <strong>non</strong>ché al gruppo <strong>di</strong> Elettrotecnica<br />

<strong>per</strong> le fattive collaborazioni svolte.<br />

Infine, ma <strong>non</strong> <strong>per</strong> ultimi, un pensiero a tutta la<br />

mia famiglia ed a Clau<strong>di</strong>a.<br />

Questo progetto <strong>di</strong> ricerca è stato in parte<br />

supportato dal Ministero Italiano dell’Università<br />

e della Ricerca MIUR


In<strong>di</strong>ce<br />

In<strong>di</strong>ce<br />

Pagina<br />

Introduzione 1<br />

Capitolo 1 I controlli <strong>non</strong> <strong>di</strong>struttivi 7<br />

1.1 Generalità 7<br />

1.2 Aspetti tecnico-economici delle Prove <strong>non</strong> Distruttive 10<br />

1.3 Tipologia dei <strong>di</strong>fetti riscontrabili 13<br />

1.3.1 Difetti <strong>di</strong> produzione 14<br />

1.3.2 Difetti <strong>di</strong> esercizio 17<br />

1.4 I meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> indagine <strong>non</strong> <strong>di</strong>struttiva 19<br />

1.4.1 Esami visivi 20<br />

1.4.2 Ultrasuoni 21<br />

1.4.3 Liqui<strong>di</strong> penetranti 24<br />

1.4.4 Termografia 26<br />

1.4.5 Magnetoscopia 27<br />

1.4.6 Ra<strong>di</strong>ografia 31<br />

1.4.7 Ferrografia 33<br />

1.4.8 Olografia 34<br />

1.4.9 Correnti indotte 35<br />

1.4.9.1 La rilevabilità dei <strong>di</strong>fetti e la scelta della frequenza <strong>di</strong> lavoro 36<br />

1.4.9.2 Costituzione <strong>di</strong> un apparecchio tipo <strong>per</strong> ECT 39<br />

1.4.9.3 Applicazioni 42<br />

1.5 La <strong>per</strong>icolosità dei <strong>di</strong>fetti e l’affidabilità dei controlli <strong>non</strong> <strong>di</strong>struttivi 43<br />

1.6 Conclusioni 45<br />

Capitolo 2 I meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> indagine proposti 47<br />

2.1 Introduzione 47<br />

2.2 Il metodo basato sul sensore fluxset 51<br />

2.2.1 Il sensore fluxset 51<br />

2.2.1.1 Sviluppo del sensore fluxset 54<br />

2.2.2 Caratterizzazione metrologica del sensore fluxset 60<br />

2.2.3 Il metodo proposto <strong>per</strong> l’esecuzione del <strong>test</strong> <strong>non</strong> <strong>di</strong>struttivo 67<br />

2.2.4 Primi <strong>test</strong> s<strong>per</strong>imentali 70<br />

2.3 Il metodo basato sulla tomografia induttiva 74<br />

2.3.1 Il metodo 76<br />

2.3.2 L’algoritmo <strong>di</strong> inversione 80<br />

2.3.2.1 Soluzione del problema <strong>di</strong>retto 80<br />

2.3.2.2 Soluzione del problema inverso 83<br />

2.3.3 Il progetto della sonda 86<br />

2.3.3.1 Analisi <strong>di</strong> sensibilità 87<br />

2.3.3.1.1 Analisi al variare della <strong>di</strong>stanza tra le bobine 91<br />

2.3.3.1.2 Analisi al variare dell’altezza delle bobine 93<br />

2.3.3.1.3 Analisi al variare dello spessore delle bobine 94<br />

2.3.3.1.4 Analisi al variare del raggio interno delle bobine 94<br />

2.3.3.1.5 Conclusioni 96<br />

2.3.3.2 La sonda realizzata 97<br />

2.3.4 Le prime prove s<strong>per</strong>imentali 98


Capitolo 3 Sviluppo ed ottimizzazione del sistema basato sulla<br />

Sonda Fluxset<br />

In<strong>di</strong>ce<br />

3.1 Introduzione 102<br />

3.2 Realizzazione ed ottimizzazione della sonda bi-assiale 103<br />

3.2.1 Caratterizzazione della sonda 106<br />

3.2.1.1 Lo sviluppo della stazione automatica <strong>di</strong> <strong>misura</strong> 106<br />

3.2.1.2 Risultati s<strong>per</strong>imentali 108<br />

3.2.2 La procedura <strong>di</strong> calibrazione e taratura della sonda 111<br />

3.3 Lo strumento realizzato 119<br />

3.3.1 Architettura dello strumento 119<br />

3.3.2 L’unità <strong>di</strong> generazione delle forme d’onda 122<br />

3.3.3 L’unità della bobina <strong>di</strong> eccitazione 123<br />

3.3.4 L’unità <strong>di</strong> pilotaggio dei motori 124<br />

3.3.5 L’unità <strong>di</strong> acquisizione, elaborazione e controllo 125<br />

3.3.6 Ottimizzazione dell’algoritmo <strong>di</strong> elaborazione 126<br />

3.3.7 La verifica s<strong>per</strong>imentale 128<br />

3.3.7.1 La ripetibilità del sistema 129<br />

3.3.7.2 Il tempo <strong>di</strong> esecuzione del <strong>test</strong> 130<br />

3.3.7.3 L’accordo tra dati s<strong>per</strong>imentali e simulati 131<br />

3.4 La ricostruzione delle caratteristiche geometriche dei <strong>di</strong>fetti 133<br />

3.4.1 Il software <strong>di</strong> simulazione 134<br />

3.4.1.1 Simulazioni <strong>per</strong> cricche sottili 136<br />

3.4.1.2 Simulazioni <strong>per</strong> cricche <strong>di</strong> volume 138<br />

3.4.2 Analisi delle mappe <strong>di</strong> campo simulate 139<br />

3.4.3 La ricostruzione dei <strong>di</strong>fetti come problema <strong>di</strong> regressione 142<br />

3.4.4 La costruzione del database <strong>per</strong> il training set 147<br />

3.4.5 L’architettura software realizzata 148<br />

3.4.6 Risultati s<strong>per</strong>imentali 149<br />

Capitolo 4 Sviluppo ed ottimizzazione del sistema basato sulla<br />

Tomografia Induttiva<br />

4.1 Introduzione 151<br />

4.2 Analisi del software <strong>di</strong> inversione 152<br />

4.2.1 Il rumore ammissibile 152<br />

4.2.2 Estrazione <strong>di</strong> P (2) 154<br />

4.2.2.1 La frequenza come fattore <strong>di</strong> influenza nel processo <strong>di</strong> 154<br />

inversione<br />

4.2.2.2 Estrazione <strong>di</strong> P (2) al variare del parametro npk e delle frequenze 155<br />

4.3 Analisi del software <strong>di</strong> <strong>misura</strong> 158<br />

4.4 Ottimizzazione hardware 160<br />

4.4.1 Le mo<strong>di</strong>fiche software 161<br />

4.4.2 Le verifiche s<strong>per</strong>imentali 163<br />

Conclusioni 166<br />

Bibliografia 169<br />

102<br />

151


Introduzione<br />

Nelle moderne economie industriali, caratterizzate da una crescente complessità ed<br />

inter<strong>di</strong>pendenza tra i vari settori tecnici ed economici sia in ambito nazionale che<br />

internazionale, i temi della qualità, dell'affidabilità e della sicurezza sono da tempo<br />

all'attenzione <strong>di</strong> o<strong>per</strong>atori e stu<strong>di</strong>osi.<br />

Alla scadenza del 1993, con il completamento dell'assetto del Mercato Europeo, é stata<br />

liberalizzata la circolazione dei prodotti nei Paesi membri della Comunità Economica<br />

Europea, con tutti i vantaggi preve<strong>di</strong>bili nell'incremento del volume <strong>di</strong> scambio; ciò ha<br />

rafforzato nelle aziende la consapevolezza riguardo le problematiche connesse con la qualità,<br />

al fine <strong>di</strong> ottenere un prodotto affidabile, tecnicamente valido ed economicamente competitivo<br />

sia in ambito nazionale che internazionale.<br />

Tuttavia, <strong>per</strong> affrontare in modo efficace tali tematiche e presentarsi sul mercato con prodotti<br />

caratterizzati da un'elevata qualità ed affidabilità, occorre ovviamente essere in grado <strong>di</strong><br />

prevenire eventuali anomalie che possono alterare le caratteristiche strutturali e/o funzionali<br />

dei prodotti.<br />

In tale con<strong>test</strong>o, le Prove <strong>non</strong> Distruttive e, più in generale, la Normativa Tecnica Nazionale


Introduzione<br />

ed Internazionale che regola la loro corretta applicazione, assumono un ruolo <strong>di</strong> fondamentale<br />

importanza <strong>per</strong> assicurare la qualità e l'affidabilità <strong>di</strong> un prodotto. Infatti, senza alterare la<br />

struttura e/o geometria iniziale del manufatto, gli Esami <strong>non</strong> Distruttivi consentono <strong>di</strong><br />

verificarne l'integrità strutturale al fine <strong>di</strong> prevenire sia l'insorgere <strong>di</strong> <strong>di</strong>fetti durante le fasi <strong>di</strong><br />

lavorazione, sia il verificarsi <strong>di</strong> eventuali incidenti in fase <strong>di</strong> esercizio.<br />

Nello Stato Italiano, dal 30 luglio 1988 è in vigore il DPR n.224 del 24 maggio 1988, che<br />

recepisce la Direttiva CEE 85/374, emendata dalla Direttiva 99/34/EC, in materia <strong>di</strong><br />

responsabilità dei produttori <strong>per</strong> i danni provocati dai prodotti (e/o dai loro componenti)<br />

<strong>di</strong>fettosi.<br />

Questa legge, in previsione della liberalizzazione del Mercato Europeo (avvenuta il 1°<br />

Gennaio 1993), ha introdotto nel nostro Paese un regime <strong>di</strong> parziale responsabilità oggettiva<br />

che prescinde da qualsiasi colpa del produttore.<br />

E’ bene inoltre sottolineare che l'importanza della qualità va ben oltre l'obiettivo <strong>di</strong><br />

competitività delle imprese, in quanto investe molteplici aspetti, coinvolgendo <strong>non</strong> solo<br />

problemi <strong>di</strong> natura economica. E’ facile infatti intuire, che l'esistenza <strong>di</strong> una costante verifica<br />

dei cicli produttivi e dell'affidabilità dei manufatti risulta <strong>di</strong> interesse prioritario in tutti quei<br />

casi in cui siano preminenti gli aspetti <strong>di</strong> sicurezza preventiva verso l'uomo e verso l'ambiente;<br />

basti pensare a quei settori quali il nucleare, il petrolchimico, l’aerospaziale e similari, ove la<br />

qualità dei prodotti è <strong>di</strong> fondamentale importanza <strong>per</strong> la sicurezza <strong>di</strong> mezzi e <strong>per</strong>sone, <strong>non</strong>ché<br />

<strong>per</strong> la salvaguar<strong>di</strong>a dell’ambiente.<br />

Entrando nello specifico delle Prove Non Distruttive, queste rappresentano il complesso <strong>di</strong><br />

esami, prove e rilievi condotti impiegando meto<strong>di</strong> che <strong>non</strong> alterano il materiale e <strong>non</strong><br />

richiedono la <strong>di</strong>struzione o l’asportazione <strong>di</strong> campioni dalla struttura in esame; da qui la<br />

definizione <strong>di</strong> <strong>non</strong> Distruttive.<br />

I meto<strong>di</strong> più comunemente utilizzati sono gli ultrasuoni, i campi magnetici ed<br />

elettromagnetici, i liqui<strong>di</strong> penetranti, l’emissione acustica, le ra<strong>di</strong>azioni penetranti ad alta<br />

2


Introduzione<br />

energia, l’emissione termica, le correnti indotte etc. Significativamente alcune <strong>di</strong> esse sono<br />

derivate o conseguenti ad analoghe applicazioni sviluppate in campo <strong>di</strong>agnostico me<strong>di</strong>cale<br />

(basti pensare agli esami ra<strong>di</strong>ografici).<br />

I risultati delle indagini condotte applicando questi meto<strong>di</strong> sono alla base <strong>per</strong> la valutazione<br />

della qualità <strong>di</strong> un prodotto, <strong>per</strong> l’esame dell’integrità strutturale <strong>di</strong> un componente, <strong>per</strong> la<br />

<strong>di</strong>agnosi e ricerca delle cause <strong>di</strong> malfunzionamenti <strong>di</strong> macchinari.<br />

Le Prove Non Distruttive sono condotte su materiali quali i metalli, i compositi, le plastiche, i<br />

ceramici, su componenti quali i recipienti a pressione, le turbine, le caldaie, le valvole, le<br />

pompe, i motori, i reattori nucleari e dell’industria chimica e petrolchimica, su mezzi <strong>di</strong><br />

trasporto quali gli aerei, le navi, i treni, le funivie, gli autoveicoli, i razzi e le navicelle<br />

spaziali, su installazioni quali piattaforme <strong>per</strong> la ricerca e l’estrazione del petrolio, i gasdotti, i<br />

ponti, i viadotti, le <strong>di</strong>ghe, le fondamenta, le caverne, sui pen<strong>di</strong>i ed i suoli ed infine sulle o<strong>per</strong>e<br />

d’arte. Un campo <strong>di</strong> applicazioni quin<strong>di</strong> straor<strong>di</strong>nariamente esteso e <strong>di</strong> estrema importanza <strong>per</strong><br />

la qualità dei prodotti, <strong>per</strong> la sicurezza e l’affidabilità degli impianti, delle strutture, dei mezzi<br />

<strong>di</strong> trasporto e <strong>per</strong> la tutela dell’ambiente, dei beni strumentali e culturali<br />

E’ in tale con<strong>test</strong>o tecnico ed economico che si colloca l’attività <strong>di</strong> ricerca svolta, atta allo<br />

sviluppo <strong>di</strong> meto<strong>di</strong> e <strong>strumenti</strong> <strong>di</strong> <strong>misura</strong> <strong>per</strong> l’esecuzione <strong>di</strong> Prove <strong>non</strong> Distruttive con la<br />

tecnica delle Correnti Indotte (ECT-Eddy Current Testing).<br />

Seppur tecnologicamente avanzati, le tecniche e gli <strong>strumenti</strong> ECT attualmente in uso <strong>non</strong><br />

sono privi <strong>di</strong> problemi e limitazioni dovuti a: le frequenze <strong>di</strong> lavoro utilizzate, che<br />

sostanzialmente limitano le indagini alla ricerca <strong>di</strong> <strong>di</strong>fetti su<strong>per</strong>ficiali; l’impossibilità <strong>di</strong><br />

identificare oltre che la presenza anche le caratteristiche geometriche e <strong>di</strong>mensionali dei<br />

<strong>di</strong>fetti, aspetto invece <strong>di</strong> fondamentale importanza al fine sia <strong>di</strong> valutare con maggiore<br />

sensibilità l’accettabilità del componente sotto <strong>test</strong>, che <strong>di</strong> determinare le origini del <strong>di</strong>fetto<br />

nella catena <strong>di</strong> produzione o in esercizio, al fine <strong>di</strong> attuare le dovute azioni correttive.<br />

Risulta quin<strong>di</strong> evidente la necessità <strong>di</strong> continuare ad investire in questo campo <strong>di</strong> ricerca,<br />

3


Introduzione<br />

sviluppando nuove tecniche <strong>di</strong> indagine <strong>non</strong>ché progettando e realizzando nuove sonde e<br />

<strong>strumenti</strong> capaci <strong>di</strong> risolvere e su<strong>per</strong>are alcuni se <strong>non</strong> tutti i problemi e le limitazioni<br />

precedentemente menzionati e/o porsi all’avanguar<strong>di</strong>a nella soluzione delle nuove frontiere<br />

(intese come nuove necessità ispettive) decretate dallo sviluppo tecnologico nei <strong>di</strong>versi settori<br />

<strong>di</strong>sciplinari.<br />

In tale con<strong>test</strong>o, tecnico, scientifico, economico e legislativo sono stati sviluppati due meto<strong>di</strong><br />

<strong>di</strong> <strong>misura</strong> capaci <strong>di</strong> eseguire Test Non Distruttivi con la tecnica delle correnti indotte, ognuno<br />

dei quali con uno specifico settore applicativo. Il primo, basato sul sensore <strong>di</strong> campo<br />

magnetico fluxset, capace <strong>di</strong> eseguire il Test Non Distruttivo anche a basse frequenze e <strong>di</strong><br />

indagare componenti <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni anche con geometrie complesse; il secondo, basato<br />

sull’ausilio <strong>di</strong> matrici <strong>di</strong> bobine, particolarmente adatto ad analisi <strong>di</strong> piccole aree su pezzi a<br />

geometria regolare senza l’ausilio <strong>di</strong> sistemi <strong>di</strong> movimentazione.<br />

Nel capitolo 2 vengono presentati entrambe i meto<strong>di</strong> ECT sviluppati. Rispetto al sistema<br />

basato sul sensore fluxset, è stato innanzitutto mostrato il principio <strong>di</strong> funzionamento e lo<br />

sviluppo del sensore fluxset (effettuato dal Research Institute for Technical Physics and<br />

Materials Science della Hungarian Academy of Sciences), quin<strong>di</strong> viene mostrata la<br />

caratterizzazione metrologica del sensore che ha <strong>per</strong>messo sia <strong>di</strong> valutarne le prestazioni che<br />

<strong>di</strong> acquisire le giuste conoscenze <strong>per</strong> la messa a punto del metodo <strong>di</strong> <strong>misura</strong> che sfruttasse<br />

detto sensore <strong>per</strong> l’esecuzione del Test Non Distruttivo.<br />

Il secondo metodo ricade nelle tecniche <strong>di</strong> analisi tomografiche ed è basato sull’ausilio <strong>di</strong> un<br />

opportuno algoritmo <strong>di</strong> inversione numerica (questa tecnica infatti, è tra quelle cosiddette<br />

model based, cioè basate sull’inversione numerica del modello matematico che governa il<br />

fenomeno elettromagnetico in esame). Viene quin<strong>di</strong> presentato l’algoritmo <strong>di</strong> inversione, il<br />

cui stu<strong>di</strong>o ha <strong>per</strong>messo <strong>di</strong> mettere a punto la procedura <strong>di</strong> <strong>misura</strong> <strong>non</strong>ché progettare e<br />

realizzare la sonda; questa <strong>per</strong>mette <strong>di</strong> effettuare una “fotografia elettromagnetica” del pezzo<br />

in esame fornendo in<strong>di</strong>cazioni tali da <strong>per</strong>mettere, tramite l’inversione numerica, <strong>di</strong> risalire alle<br />

4


caratteristiche geometriche e <strong>di</strong>mensionali dell’eventuale <strong>di</strong>fetto.<br />

Introduzione<br />

Per entrambe i meto<strong>di</strong> proposti, nel Capitolo 2 vengono anche riportate le prove s<strong>per</strong>imentali<br />

che hanno <strong>per</strong>messo la presa <strong>di</strong> coscienza delle potenzialità delle tecniche sviluppate <strong>non</strong>ché<br />

della necessità <strong>di</strong> appropriate fasi <strong>di</strong> sviluppo ed ottimizzazione, presentate nei capitoli 3 e 4.<br />

In particolare, nel capitolo 3 viene riportata l’evoluzione del sistema basato sul sensore<br />

fluxset. Dapprima è stata progettata, realizzata e caratterizzata una sonda bi-assiale che<br />

utilizza due sensori fluxset <strong>per</strong> l’esecuzione del <strong>test</strong> <strong>non</strong> <strong>di</strong>struttivo.<br />

L’attività <strong>di</strong> ricerca è poi proseguita mettendo a punto un sistema <strong>di</strong> auto calibrazione e<br />

taratura, che <strong>per</strong>mette, nella fase <strong>di</strong> <strong>misura</strong>, sia <strong>di</strong> tener conto dell’ambiente elettromagnetico<br />

<strong>di</strong> prova, sia <strong>di</strong> fornire risultati ripetibili ed espressi in Tesla, anche variando la sonda<br />

utilizzata <strong>per</strong> quella particolare <strong>misura</strong>. Assodata la bontà del sistema realizzato,<br />

nell’in<strong>di</strong>viduazione dei <strong>di</strong>fetti, l’attenzione si è rivolta alla sua prototipizzazione, progettando<br />

realizzando e <strong>test</strong>ando uno strumento compatto, che assolva alle <strong>di</strong>verse funzioni <strong>di</strong><br />

alimentazione della sonda, acquisizione ed elaborazione dei segnali provenienti dai sensori<br />

fluxset, pilotaggio del sistema <strong>di</strong> movimentazione <strong>non</strong>ché la gestione ed alimentazione del<br />

sistema <strong>di</strong> auto calibrazione e taratura. La messa in o<strong>per</strong>a dello strumento è stata resa<br />

possibile anche dal contemporaneo sviluppo ed ottimizzazione degli algoritmi <strong>di</strong> elaborazione<br />

dei segnali acquisiti, atti all’estrazione delle informazioni riguardanti la presenza dei <strong>di</strong>fetti.<br />

Infatti, nella realizzazione <strong>di</strong> uno strumento che effettui l’intera procedura <strong>di</strong> analisi <strong>non</strong><br />

<strong>di</strong>struttiva, oltre alla precisione nell’in<strong>di</strong>viduazione dei <strong>di</strong>fetti, il software <strong>di</strong> gestione ed<br />

elaborazione necessita anche <strong>di</strong> caratteristiche quali la ridotta occupazione <strong>di</strong> memoria<br />

(installazione on-board) e la velocità <strong>di</strong> calcolo (elaborazione in real time); queste specifiche<br />

progettuali, sono state ottem<strong>per</strong>ate effettuando analisi in frequenza, sfruttando l’algoritmo <strong>di</strong><br />

Goertzel.<br />

E’ stato infine, in seguito ad un’accurata analisi del problema, sviluppato un algoritmo <strong>di</strong><br />

elaborazione dei dati <strong>di</strong> <strong>misura</strong>, basato sulle Support Vector Machine (SVM), che <strong>per</strong>mette <strong>di</strong><br />

5


Introduzione<br />

identificare oltre che la presenza anche la posizione, la forma e le <strong>di</strong>mensioni geometriche dei<br />

<strong>di</strong>fetti.<br />

Nel capitolo 4 viene infine riportato lo sviluppo e l’ottimizzazione della tecnica tomografica,<br />

attuato sia da un punto <strong>di</strong> vista software che hardware. In particolare, una fase <strong>di</strong><br />

caratterizzazione sia del software <strong>di</strong> inversione che del software <strong>di</strong> <strong>misura</strong> realizzato, ha<br />

<strong>per</strong>messo da un lato <strong>di</strong> determinare i valori più appropriati <strong>di</strong> alcuni parametri dell’inversione<br />

numerica, dall’altro <strong>di</strong> fornire le giuste in<strong>di</strong>cazioni <strong>per</strong> lo sviluppo della sonda. Per questa, con<br />

l’obiettivo <strong>di</strong> innalzare sia la sensibilità della sonda rispetto ai <strong>di</strong>fetti che il livello dei segnali<br />

e ridurre l’incertezza <strong>di</strong> <strong>misura</strong>, è stata ideata una particolare geometria utilizzando un<br />

supporto in ferrite.<br />

6


1.1 Generalità<br />

Capitolo 1<br />

I controlli <strong>non</strong> <strong>di</strong>struttivi<br />

Le Prove <strong>non</strong> Distruttive (PnD) sono il complesso <strong>di</strong> esami, prove e rilievi condotti<br />

impiegando meto<strong>di</strong> che <strong>non</strong> alterano il materiale e <strong>non</strong> richiedono la <strong>di</strong>struzione o<br />

l’asportazione <strong>di</strong> campioni dalla struttura in esame. Da qui la definizione <strong>di</strong> <strong>non</strong> Distruttive.<br />

Per chiarezza si può <strong>di</strong>re che in contrapposizione sono invece Prove Distruttive quelle<br />

usualmente adottate nei laboratori prove materiali <strong>per</strong> determinare, su campioni e provette, le<br />

caratteristiche meccaniche, chimiche o metallografiche dei materiali ed a seguito delle quali il<br />

pezzo esaminato <strong>non</strong> è più utilizzabile [1], [5].<br />

I meto<strong>di</strong> più comunemente utilizzati sono gli ultrasuoni, i campi magnetici ed<br />

elettromagnetici, i liqui<strong>di</strong> penetranti, la emissione acustica, le ra<strong>di</strong>azioni penetranti ad alta<br />

energia, la emissione termica, etc. I risultati delle indagini condotte applicando questi meto<strong>di</strong><br />

sono alla base <strong>per</strong> la valutazione della qualità <strong>di</strong> un prodotto, <strong>per</strong> l’esame dell’integrità


Capitolo 1 I controlli <strong>non</strong> <strong>di</strong>struttivi<br />

strutturale <strong>di</strong> un componente, <strong>per</strong> la <strong>di</strong>agnosi e ricerca delle cause <strong>di</strong> malfunzionamenti <strong>di</strong><br />

macchinari. La storia dell’applicazione industriale <strong>di</strong> questi mezzi <strong>di</strong> indagine è piuttosto<br />

recente; <strong>per</strong> il loro carattere <strong>non</strong> <strong>di</strong>struttivo, significativamente alcuni <strong>di</strong> essi sono derivati o<br />

conseguenti ad analoghe applicazioni sviluppate in campo <strong>di</strong>agnostico me<strong>di</strong>cale (basti pensare<br />

agli esami ra<strong>di</strong>ografici). Le PnD sono condotte su materiali quali i metalli, i compositi, le<br />

plastiche, i ceramici, su componenti quali i recipienti a pressione, le turbine, le caldaie, le<br />

valvole, le pompe, i motori, i reattori nucleari e dell’industria chimica e petrolchimica, su<br />

mezzi <strong>di</strong> trasporto quali gli aerei, le navi, i treni, le funivie, gli autoveicoli, i razzi e le<br />

navicelle spaziali, su installazioni quali piattaforme <strong>per</strong> la ricerca e l’estrazione del petrolio, i<br />

gasdotti, i ponti, i viadotti, le <strong>di</strong>ghe, le fondamenta, le caverne, sui pen<strong>di</strong>i ed i suoli ed infine<br />

sulle o<strong>per</strong>e d’arte. Un campo <strong>di</strong> applicazioni quin<strong>di</strong> straor<strong>di</strong>nariamente esteso e <strong>di</strong> estrema<br />

importanza <strong>per</strong> la qualità dei prodotti, <strong>per</strong> la sicurezza e l’affidabilità degli impianti, delle<br />

strutture, dei mezzi <strong>di</strong> trasporto e <strong>per</strong> la tutela dell’ambiente, dei beni strumentali e culturali<br />

[1]-[5].<br />

E’ opinione affermata dai tecnici del settore, che l’argomento delle Prove <strong>non</strong> Distruttive <strong>non</strong><br />

è <strong>di</strong>sgiungibile da quello del Controllo della Qualità e che una conoscenza delle prime<br />

puramente tecnologica e completamente <strong>di</strong>staccata dai concetti e principi che governano il<br />

secondo, sarebbe una conoscenza incompleta e comunque menomata [4]. Una visione più<br />

ampia della collocazione e del ruolo delle Prove <strong>non</strong> Distruttive nel sistema industriale <strong>non</strong><br />

può quin<strong>di</strong> prescindere da una descrizione, seppur sintetica, del sistema <strong>di</strong> Controllo della<br />

Qualità.<br />

L’accezione comune dell’espressione Controllo della Qualità in<strong>di</strong>ca la funzione <strong>di</strong> verifica<br />

che, un dato prodotto o un dato processo, risponda, in caratteristiche chimico-fisico-<br />

<strong>di</strong>mensionali, ai livelli qualitativi prefissati. Si definisce infatti Controllo della Qualità (C.Q.)<br />

quell’insieme <strong>di</strong> attività <strong>di</strong> garanzia della qualità che <strong>per</strong>mettono <strong>di</strong> rilevare e <strong>misura</strong>re le<br />

caratteristiche <strong>di</strong> una parte, <strong>di</strong> un proce<strong>di</strong>mento o <strong>di</strong> un impianto verificandolo a fronte <strong>di</strong><br />

8


Capitolo 1 I controlli <strong>non</strong> <strong>di</strong>struttivi<br />

parametri e valori preventivamente definiti.<br />

Il C.Q. si attua essenzialmente nelle stazioni <strong>di</strong> controllo posizionate strategicamente<br />

sulla linea <strong>di</strong> produzione, nella fase <strong>di</strong> collaudo finale, nella fase <strong>di</strong> ispezione al ricevimento,<br />

nelle fasi <strong>di</strong> manutenzione programmata degli impianti ed in quelle <strong>di</strong> ispezioni in esercizio.<br />

Va sottolineato che la funzione del C.Q. <strong>non</strong> è solo una funzione esecutiva <strong>di</strong> prove ed esami,<br />

ma è anche e soprattutto una gestione dei risultati, una elaborazione <strong>di</strong>agnostica degli stessi,<br />

una attività <strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduazione <strong>di</strong> eventuali azioni correttive e <strong>di</strong> informativa. In altre parole<br />

l’insieme degli esiti dei collau<strong>di</strong> e la loro interpretazione, <strong>per</strong>mette al Controllo <strong>di</strong> localizzare<br />

le fasi <strong>di</strong> lavorazione ove più frequentemente si originano le cause <strong>di</strong> scarto ed i motivi che le<br />

producono. Ciò induce ad intervenire con le verifiche <strong>di</strong> qualità sempre più a monte nel<br />

processo produttivo, sino all’origine, ossia ai materiali base da lavorare. Tale cammino è<br />

fortemente coa<strong>di</strong>uvato dallo sviluppo dei mezzi <strong>di</strong> indagine che la tecnica ha messo a<br />

<strong>di</strong>sposizione <strong>per</strong> gli esami <strong>non</strong> <strong>di</strong>struttivi dei materiali e dei prodotti <strong>di</strong> lavorazione. In<br />

quest’ottica, meglio si comprende quali effettivamente sono la collocazione e il ruolo del<br />

Controllo della Qualità nell’ambito del sistema industriale e, in un tale sistema, qual è il ruolo<br />

delle Prove <strong>non</strong> Distruttive, che del Controllo della Qualità rappresentano uno dei principali<br />

mezzi, o <strong>per</strong> meglio <strong>di</strong>re uno dei principali settori o<strong>per</strong>ativi [4].<br />

L’importanza delle Prove <strong>non</strong> Distruttive è ancora più chiara se si considera che <strong>non</strong> è<br />

possibile costruire ed esercire materiali senza generare <strong>di</strong>fetti, e cioè che è un grave errore<br />

pensare <strong>di</strong> poter costruire senza <strong>di</strong>fetti materiali o prodotti, o pensare che questi <strong>non</strong> <strong>per</strong>dano<br />

le loro caratteristiche nel tempo. Come nel campo delle misure esiste un sistema <strong>di</strong> tolleranze<br />

così <strong>per</strong> i <strong>di</strong>fetti si può definire un modello <strong>di</strong> <strong>di</strong>fettosità accettabile, tale cioè da <strong>non</strong><br />

compromettere l’idoneità all’impiego del prodotto. E’ quin<strong>di</strong> importante scoprire anomalie<br />

<strong>per</strong> confrontarle con gli standard <strong>di</strong> accettazione che fanno parte delle specifiche <strong>di</strong> prodotto<br />

[6]-[8].<br />

9


Capitolo 1 I controlli <strong>non</strong> <strong>di</strong>struttivi<br />

1.2 Aspetti tecnico-economici delle Prove <strong>non</strong> Distruttive<br />

Un’analisi dell’argomento costo della qualità implica uno stu<strong>di</strong>o molto vasto, molteplici<br />

essendo i fattori che vanno presi in considerazione. Se infatti è indubitabile che ad un risultato<br />

o ad un prodotto <strong>di</strong> qualità più elevata corrisponda un costo finale parallelamente più elevato,<br />

è anche vero che un pari livello <strong>di</strong> qualità finale può essere raggiunto con costi maggiori o<br />

minori. Questa analisi, che lungi dall’essere esaustiva, <strong>per</strong>mette <strong>di</strong> avere un quadro chiaro<br />

degli aspetti e delle problematiche tecnico-economiche relative alla costituzione <strong>di</strong> un servizio<br />

PnD, sia nei riguar<strong>di</strong> della produzione che della manutenzione <strong>di</strong> componenti, strutture e<br />

prodotti in genere. L’attenzione sarà inizialmente focalizzata ai fattori sia <strong>di</strong> costo che <strong>di</strong><br />

beneficio seguenti la costituzione <strong>di</strong> un servizio PnD <strong>per</strong> un dato processo produttivo, ovvero<br />

relativo alle prove che rientrano nella classe delle ispezioni <strong>non</strong> <strong>di</strong>struttive in produzione<br />

(preservice inspection).<br />

Nello stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> progetto <strong>per</strong> la costituzione <strong>di</strong> un servizio PnD vanno presi in considerazione:<br />

- definizione degli obiettivi da raggiungersi sul prodotto con l’introduzione del<br />

controllo PnD;<br />

- in<strong>di</strong>viduazione dei mezzi effettivamente necessari <strong>per</strong> raggiungere tali obiettivi;<br />

- utilizzazione al meglio <strong>di</strong> queste attività PnD, sia come strutture e punti <strong>di</strong> intervento,<br />

sia come dati informativi ottenibili <strong>per</strong> il miglioramento del processo produttivo e<br />

riduzione degli scarti.<br />

I fattori economici da considerare sono:<br />

- quantizzazione del costo della gestione del servizio, che comprenderà, i costi <strong>di</strong>retti<br />

(apparecchiature, ammortamenti, materiali <strong>di</strong> consumo, <strong>per</strong>sonale, utenze e<br />

installazioni, manutenzioni, etc.), i costi in<strong>di</strong>retti (aggiornamenti tecnico culturali,<br />

interventi assicurativi, legali e <strong>di</strong> fisica sanitaria, quote spese generali della società,<br />

etc.), e i costi derivanti (onere degli scarti, rallentamenti o varianti al <strong>per</strong>corso della<br />

linea produttiva, etc.);<br />

10


Capitolo 1 I controlli <strong>non</strong> <strong>di</strong>struttivi<br />

- in<strong>di</strong>viduazione <strong>di</strong> possibili interventi migliorativi intesi come spesa da preventivare<br />

<strong>per</strong> gli ammodernamenti tecnologici del sistema;<br />

- valutazione del grado <strong>di</strong> utilizzazione dei risultati forniti dal controllo, che <strong>non</strong> va nel<br />

computo dei costi ma in una valutazione del rapporto spese-benefici.<br />

Una quantificazione in termini economici dei fattori che concorrono a costituire i benefici è<br />

sicuramente più ardua. Verranno quin<strong>di</strong> solo in<strong>di</strong>cati una serie <strong>di</strong> fattori <strong>di</strong> cui tener conto in<br />

un’analisi, in termini economici, dei benefici derivanti dalla costituzione <strong>di</strong> un servizio PnD.<br />

Essi sono <strong>di</strong> tipo <strong>di</strong>retto (riduzione degli scarti <strong>di</strong> produzione, riduzione dei reclami da parte<br />

degli utilizzatori, riduzione <strong>di</strong> tempi <strong>di</strong> lavorazione <strong>per</strong> introduzione <strong>di</strong> sistemi più idonei e <strong>di</strong><br />

materiali più consoni a seguito delle <strong>di</strong>agnosi elaborate dal servizio CnD, etc.) e <strong>di</strong> tipo<br />

in<strong>di</strong>retto (miglioramento dell’immagine della società sul mercato, riflessi indotti sulla<br />

professionalità degli addetti alle lavorazioni, <strong>di</strong>minuzione dei rischi civili e dei premi<br />

assicurativi, riduzione dei rischi socio-ecologici).<br />

In una trattazione economica delle prove <strong>non</strong> Distruttive ed in particolare dei benefici<br />

seguenti alla costituzione <strong>di</strong> un servizio PnD, <strong>non</strong> possono <strong>non</strong> essere menzionati alcuni<br />

aspetti legislativi. Nello Stato Italiano infatti, dal 30 luglio 1988 è in vigore il DPR n.224 del<br />

24 maggio 1988, che recepisce la Direttiva della Comunità Europea 85/374/CE<br />

(successivamente mo<strong>di</strong>ficata dalla Direttiva 99/34/CE) in materia <strong>di</strong> responsabilità dei<br />

produttori <strong>per</strong> i danni provocati dai prodotti (e/o dai loro componenti) <strong>di</strong>fettosi [9].<br />

Questa legge, in previsione della liberalizzazione del Mercato Europeo (avvenuta il 1°<br />

Gennaio 1993), ha introdotto nel nostro Paese un regime <strong>di</strong> parziale responsabilità oggettiva<br />

che prescinde da qualsiasi colpa del produttore. Essa, infatti, impone al costruttore il<br />

risarcimento totale <strong>di</strong> tutti i danni subiti dal consumatore a causa della presenza del <strong>di</strong>fetto,<br />

anche se originariamente occulto, salvo quando il costruttore possa <strong>di</strong>mostrare che all’epoca<br />

della produzione <strong>non</strong> esistevano mezzi tecnologici atti a rilevarne la presenza. Col termine<br />

prodotto <strong>di</strong>fettoso, come inteso dalla legislazione sulla responsabilità da prodotto, <strong>non</strong> s'in<strong>di</strong>ca<br />

11


Capitolo 1 I controlli <strong>non</strong> <strong>di</strong>struttivi<br />

quello che <strong>non</strong> funziona o che risulta affetto da <strong>di</strong>fetti fisici, ma quello che presenta o<br />

presumibilmente poteva presentare un certo rischio (anche elevato) <strong>per</strong> la sicurezza<br />

dell'utilizzatore e che quin<strong>di</strong> <strong>non</strong> offre quella sicurezza che legittimamente ci si può attendere.<br />

In quest’ottica le conseguenze <strong>di</strong> un solo incidente potrebbero essere tanto gravi da<br />

compromettere la sopravvivenza dell'azienda stessa.<br />

Bisogna inoltre aggiungere che la complessità <strong>di</strong> un componente o meccanismo (<strong>per</strong> esempio<br />

un organo meccanico, un’autovettura, un giocattolo, etc.), può essere tale da farne lievitare il<br />

costo <strong>di</strong> produzione fino a parecchi or<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> grandezza su<strong>per</strong>iore a quello delle sole materie<br />

prime. Pertanto l’esistenza <strong>di</strong> un <strong>di</strong>fetto, già contenuto nel materiale <strong>di</strong> partenza o<br />

accidentalmente prodotto durante le fasi <strong>di</strong> lavorazione (fucinatura, laminazione, stampaggio,<br />

trattamento termico, lavorazioni meccaniche, trattamenti <strong>di</strong> finitura su<strong>per</strong>ficiale, etc.), può<br />

causare <strong>per</strong><strong>di</strong>te economiche tanto maggiori quanto più tar<strong>di</strong> sia sco<strong>per</strong>to il <strong>di</strong>fetto.<br />

Diventa quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> fondamentale importanza, se <strong>non</strong> in<strong>di</strong>spensabile, la possibilità <strong>di</strong><br />

ispezionare sia il materiale <strong>di</strong> partenza sia il prodotto, durante e dopo ogni singola fase <strong>di</strong><br />

lavorazione, alla ricerca <strong>di</strong> eventuali <strong>di</strong>fetti che potrebbero precluderne il corretto impiego o<br />

peggiorarne l’affidabilità e la sicurezza. L’implementazione <strong>di</strong> un sistema C.Q. con l’impiego<br />

<strong>di</strong> prove <strong>non</strong> <strong>di</strong>struttive, può risolvere egregiamente un enorme numero <strong>di</strong> problemi,<br />

garantendo un maggior grado d’affidabilità e sicurezza al prodotto stesso e<br />

contemporaneamente rivelarsi, a me<strong>di</strong>o e lungo termine, un ottimo investimento sia<br />

d’immagine, che <strong>di</strong> profitto.<br />

Concludendo questa breve analisi economica delle prove <strong>non</strong> <strong>di</strong>struttive si vogliono chiarire<br />

alcuni aspetti e problematiche caratterizzanti le ispezioni <strong>non</strong> <strong>di</strong>struttive in esercizio (inservice<br />

inspection). Queste sono rappresentate da quella classe <strong>di</strong> prove <strong>per</strong> la verifica dei materiali,<br />

delle strutture e dei prodotti, che in seguito alla loro utilizzazione possono <strong>per</strong>dere le proprie<br />

caratteristiche nel tempo. Rientrano quin<strong>di</strong> nelle procedure <strong>di</strong> manutenzione preventiva, sia<br />

or<strong>di</strong>naria che straor<strong>di</strong>naria, <strong>di</strong> notevole importanza <strong>per</strong> la sicurezza <strong>di</strong> mezzi e <strong>per</strong>sone in quei<br />

12


Capitolo 1 I controlli <strong>non</strong> <strong>di</strong>struttivi<br />

settori particolarmente sensibili, basti pensare al nucleare, al petrolchimico, all’aeronautico,<br />

etc [6]-[8]. Particolare rilevanza viene <strong>per</strong>ò assunta anche nei confronti degli aspetti<br />

economici in termini si <strong>di</strong> costo ma anche <strong>di</strong> beneficio relativi all’utilizzo delle PnD<br />

nell’ambito della manutenzione.<br />

Le voci <strong>di</strong> costo dell’inservice inspection sono molto simili a quelle relative alla preservice<br />

inspection (le ispezioni in produzione), anche se vi sono alcune <strong>di</strong>fferenze tra cui si possono<br />

menzionate:<br />

- l’accessibilità ai componenti da ispezionare (è essenziale realizzare ponteggi,<br />

illuminazione e quant’altro necessario all’esecuzione dell’ispezione);<br />

- la preparazione su<strong>per</strong>ficiale dei componenti (i componenti possono presentare<br />

fenomeni <strong>di</strong> ossidazione o danneggiamenti causati dalle varie fasi del montaggio);<br />

- qualificazione del <strong>per</strong>sonale addetto alle PnD (l’efficacia delle PnD in esercizio è<br />

basata principalmente sulla loro ripetibilità, è quin<strong>di</strong> necessario più che mai che le<br />

prove vengano eseguite da <strong>per</strong>sonale altamente specializzato).<br />

Per quanto concerne i benefici economici dell’inservice inspection, può essere sicuramente<br />

menzionata la riduzione dei fermi <strong>di</strong> produzione, grazie all’attuazione <strong>di</strong> manutenzioni<br />

pre<strong>di</strong>ttive rispetto ad improvvise rotture dei componenti d’impianto che oltre ad evolvere in<br />

rotture <strong>di</strong> altri componenti, <strong>non</strong> garantiscono la <strong>di</strong>sponibilità imme<strong>di</strong>ata sia dei componenti <strong>di</strong><br />

ricambio che degli o<strong>per</strong>ai specializzati alla riparazione.<br />

1.3 Tipologia dei <strong>di</strong>fetti riscontrabili<br />

E’ utile, analizzare, almeno qualitativamente, le tipologie <strong>di</strong> <strong>di</strong>fetti che è possibile riscontrare<br />

nei pezzi che dovranno poi essere sottoposti a <strong>test</strong> <strong>di</strong> indagine <strong>non</strong> <strong>di</strong>struttiva. La straor<strong>di</strong>naria<br />

varietà <strong>di</strong> <strong>di</strong>fetti riscontrabile, <strong>per</strong>mette la comprensione delle <strong>di</strong>fficoltà affrontate dagli<br />

o<strong>per</strong>atori del settore e dello sviluppo <strong>di</strong> molteplici tecniche <strong>di</strong> indagine, ognuna con proprie<br />

peculiarità, e quin<strong>di</strong> naturale pre<strong>di</strong>sposizione ad essere applicata al caso specifico.<br />

13


Capitolo 1 I controlli <strong>non</strong> <strong>di</strong>struttivi<br />

I <strong>di</strong>fetti presenti nei materiali sono numerosissimi e provengono dalle cause più <strong>di</strong>sparate; essi<br />

possono preesistere alla messa in servizio del materiale o essere conseguenza dell’esercizio.<br />

Si può quin<strong>di</strong> o<strong>per</strong>are una prima classificazione:<br />

1.3.1 Difetti <strong>di</strong> produzione<br />

- <strong>di</strong>fetti <strong>di</strong> produzione<br />

- <strong>di</strong>fetti <strong>di</strong> esercizio<br />

Sono essenzialmente tutti i <strong>di</strong>fetti insiti nella realizzazione, a partire dalle materie prime, <strong>di</strong><br />

pezzi finiti <strong>di</strong> materiali metallici ferrosi o manufatti <strong>di</strong> alluminio e sue leghe. Per semplicità <strong>di</strong><br />

trattazione sud<strong>di</strong>videremo i <strong>di</strong>fetti in cinque classi:<br />

a) Difetti congeniti nel materiale.<br />

Sono così definiti quei <strong>di</strong>fetti che insorgono durante la elaborazione in forno del bagno<br />

metallico (inclusione <strong>di</strong> ossi<strong>di</strong>, inclusione <strong>di</strong> solfuri, fiocchi).<br />

b) Difetti che insorgono nell’elaborazione del bagno metallico.<br />

Nell’elaborazione del bagno metallico possono venire a crearsi nell’acciaio <strong>di</strong>fetti che<br />

sono praticamente inevitabili <strong>per</strong>ché conseguenza proprio della necessità <strong>di</strong> <strong>di</strong>sossidare il<br />

bagno metallico stesso. Si parla cioè delle inclusioni endogene, soprattutto <strong>di</strong> silice ed<br />

alluminia. Si noti che le inclusioni <strong>di</strong> ossi<strong>di</strong> e solfuri, <strong>di</strong> cui si è parlato, sono da<br />

considerarsi <strong>di</strong>fetti congeniti del materiale, a <strong>di</strong>fferenza delle inclusioni <strong>di</strong> silicati e<br />

alluminia, in quanto le prime derivano da <strong>non</strong> corrette o<strong>per</strong>azioni metallurgiche (sono<br />

quin<strong>di</strong> <strong>di</strong>fetti evitabili), mentre le seconde sono la naturale conseguenza <strong>di</strong> <strong>di</strong>sossidazione<br />

e calmatura dell’acciaio (processi necessari alla produzione dell'acciaio, quin<strong>di</strong> questi<br />

<strong>di</strong>fetti sono inevitabili).<br />

c) Difetti che insorgono durante il colaggio (lingotti e getti)<br />

Il colaggio è la fase <strong>di</strong> produzione dell’acciaio nella quale è possibile che compaia il<br />

maggior numero <strong>di</strong> <strong>di</strong>fetti sia nel colaggio in lingotti che, ancor più, in getti. Le tipologie<br />

14


Capitolo 1 I controlli <strong>non</strong> <strong>di</strong>struttivi<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>fetti riscontrabili in questa categoria sono: inclusioni, <strong>di</strong>fetti <strong>di</strong> cristallizzazione,<br />

<strong>di</strong>fetti su<strong>per</strong>ficiali, <strong>di</strong>fetti da segregazione, <strong>di</strong>fetti da cavità <strong>di</strong> ritiro, cricche, <strong>di</strong>fetti dovuti<br />

a raffreddatori o supporti <strong>non</strong> fusi.<br />

d) Difetti legati alle lavorazioni plastiche a caldo e a freddo<br />

Le lavorazioni a caldo consentono <strong>di</strong> passare dal pezzo colato (in genere lingotto) al pezzo<br />

interme<strong>di</strong>o o finito. Per l’esecuzione <strong>di</strong> questo tipo <strong>di</strong> lavorazione sono <strong>di</strong>sponibili vari<br />

mezzi quali forgia, pressa e laminazione, ciascuno adatto <strong>per</strong> una particolare applicazione,<br />

<strong>per</strong> cui la bontà finale <strong>di</strong> un manufatto <strong>di</strong>pende anche dall’idoneità del mezzo <strong>di</strong><br />

lavorazione scelto.<br />

Tra le varie possibilità <strong>di</strong> origine <strong>di</strong> <strong>di</strong>fetti nelle lavorazioni a caldo possono ricordarsi le<br />

seguenti:<br />

- Formatura a tem<strong>per</strong>atura troppo bassa. Essa può dar luogo a tensioni <strong>di</strong> deformazione<br />

troppo alte con conseguente separazione interna e comparsa <strong>di</strong> cricche <strong>di</strong> fucinatura.<br />

- Formatura a tem<strong>per</strong>atura troppo alta. Essa provoca l’ingrossamento del grano che<br />

<strong>di</strong>minuisce sensibilmente le caratteristiche finali <strong>di</strong> tenacità del pezzo. A tem<strong>per</strong>atura<br />

ancora maggiore interviene anche una ossidazione intergranulare e il fenomeno è detto<br />

bruciatura.<br />

- Riscaldamento e raffreddamento troppo veloce. Esso può provocare la comparsa <strong>di</strong><br />

cricche interne e, in casi gravi, anche <strong>di</strong> cricche esterne; la causa è sempre da ricercare<br />

in effetti <strong>di</strong> sollecitazione conseguente a gra<strong>di</strong>enti termici <strong>di</strong>fferenziali.<br />

- Sono inoltre da annoverare nei <strong>di</strong>fetti da lavorazione a caldo le deformazioni con<br />

inglobamento <strong>di</strong> scoria nel laminato, le deformazioni con ripiegatura <strong>di</strong> <strong>di</strong>fetti<br />

su<strong>per</strong>ficiali, le deformazioni con strappo del materiale.<br />

- Le lavorazioni a freddo sono tutte quelle che avvengono a tem<strong>per</strong>atura inferiore a<br />

quella <strong>di</strong> ricristallizzazione del materiale. Nelle lavorazioni a freddo la forma finale<br />

viene <strong>di</strong> regola raggiunta in più gra<strong>di</strong>ni attraverso cicli successivi <strong>di</strong> incru<strong>di</strong>mento e<br />

15


Capitolo 1 I controlli <strong>non</strong> <strong>di</strong>struttivi<br />

ricottura. Di regola il <strong>di</strong>fetto che insorge nella lavorazione a freddo è sempre del tipo <strong>di</strong><br />

strappamento del materiale, spesso sottoforma <strong>di</strong> strappi interni che riducono la<br />

sezione utile e provocano poi la rottura in esercizio.<br />

e) Difetti conseguenti a inidoneo trattamento termico<br />

I <strong>di</strong>fetti conseguenti a <strong>non</strong> idoneo trattamento termico possono essere <strong>di</strong> due tipi:<br />

- Difetti strutturali.<br />

Essi consistono nel <strong>non</strong> ottenere il tipo <strong>di</strong> struttura e le caratteristiche meccaniche<br />

previste con il trattamento termico prescelto. Questo tipo <strong>di</strong> problema esula dalla<br />

tipologia <strong>di</strong> <strong>di</strong>fetti in<strong>di</strong>viduabili me<strong>di</strong>ante PnD.<br />

- Lesioni.<br />

Esse si originano, <strong>di</strong> regola, quando viene scelto un trattamento termico errato nei<br />

confronti dell’acciaio impiegato, o il trattamento viene condotto in modo errato. Si<br />

tratta quasi sempre <strong>di</strong> tem<strong>per</strong>ature troppo alte o troppo basse o <strong>di</strong> <strong>non</strong> valutare in modo<br />

adeguato i cicli <strong>di</strong> riscaldo o raffreddamento in funzione delle <strong>di</strong>mensioni del pezzo. Il<br />

<strong>per</strong>icolo è costituito dalle tensioni termiche che si palesa nei gravi fenomeni delle<br />

cricche <strong>di</strong> tempra.<br />

f) Difetti <strong>di</strong> saldatura<br />

Nella categoria dei <strong>di</strong>fetti <strong>di</strong> produzione possiamo includere anche la classe dei <strong>di</strong>fetti <strong>di</strong><br />

saldatura. Saldatura intesa come parte del processo produttivo al fine <strong>di</strong> ottenere un<br />

prodotto finito.<br />

L’affidabilità delle strutture saldate risulta <strong>di</strong> primaria importanza, soprattutto nel caso <strong>di</strong><br />

materiali ad altissima resistenza <strong>per</strong> impieghi in con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> esercizio severe. Sono<br />

infatti noti esempi <strong>di</strong> rotture premature e catastrofiche <strong>di</strong> strutture i cui <strong>di</strong>fetti <strong>di</strong> saldatura<br />

avevano giocato un ruolo preponderante nel verificarsi del fenomeno. Limiteremo a questo<br />

semplice accenno la problematica relativa ai <strong>di</strong>fetti <strong>di</strong> saldatura.<br />

16


Capitolo 1 I controlli <strong>non</strong> <strong>di</strong>struttivi<br />

1.3.2 Difetti <strong>di</strong> esercizio<br />

Nel corso dell’esercizio un materiale metallico può andare soggetto a vari inconvenienti tra i<br />

quali alcuni meritano particolare considerazione in quanto responsabili della maggior parte<br />

delle rotture in esercizio degli organi <strong>di</strong> macchina. I più importanti, a questo proposito, sono<br />

dovuti ai seguenti fenomeni:<br />

- Invecchiamento;<br />

- Usura;<br />

- Fatica;<br />

- Corrosione;<br />

- Erosione;<br />

a) L’invecchiamento<br />

Si definisce invecchiamento quel fenomeno che provoca la variazione nel tempo delle<br />

caratteristiche meccaniche <strong>di</strong> un materiale metallico. Gli elementi responsabili<br />

dell’invecchiamento negli acciai dolci sono: carbonio, ossigeno e azoto. Di essi il più<br />

nocivo è certamente l’azoto anche se l’ossigeno esplica gravi effetti poco considerati.<br />

Molte sono state le spiegazioni del fenomeno; quella che oggi gode <strong>di</strong> maggior cre<strong>di</strong>to<br />

prevede un’interazione degli elementi separati in forma submicroscopica al bordo dei<br />

grani con le <strong>di</strong>slocazioni presenti nel metallo, bloccaggio <strong>di</strong> queste e conseguente<br />

infragilimento del materiale.<br />

b) L’usura<br />

L’usura è un tipico fenomeno <strong>di</strong> danneggiamento su<strong>per</strong>ficiale che può realizzarsi in un<br />

gran numero <strong>di</strong> mo<strong>di</strong> e in con<strong>di</strong>zioni molto <strong>di</strong>verse. L’analisi del fenomeno è molto<br />

complicata <strong>per</strong>ché esso risulta funzione <strong>di</strong> un gran numero <strong>di</strong> variabili quali: il tipo <strong>di</strong><br />

carico, l’ambiente in cui il pezzo lavora, la velocità relativa delle parti in contatto, la<br />

tem<strong>per</strong>atura <strong>di</strong> lavoro dei pezzi, la natura del lubrificante, la mutua compatibilità dei<br />

metalli accoppiati, la presenza <strong>di</strong> sostanze estranee.<br />

17


Capitolo 1 I controlli <strong>non</strong> <strong>di</strong>struttivi<br />

Si può affermare che tutti gli organi <strong>di</strong> macchina che trasmettono azioni meccaniche <strong>per</strong><br />

attrito radente o volvente subiscono usura. Questo provoca un’asportazione <strong>di</strong> materiale<br />

dalle su<strong>per</strong>fici, il quale può allontanarsi o rimanere in loco aggravando l’usura <strong>per</strong> effetto<br />

abrasivo.<br />

c) La fatica<br />

La rottura <strong>di</strong> fatica è il fenomeno <strong>di</strong> rottura <strong>di</strong> un acciaio a un livello <strong>di</strong> sollecitazione<br />

inferiore al limite elastico del materiale, a causa della ripetizione dello sforzo <strong>per</strong> un<br />

numero sufficiente <strong>di</strong> volte. Le teorie proposte <strong>per</strong> interpretare il meccanismo della rottura<br />

<strong>per</strong> fatica sono più <strong>di</strong> una e <strong>non</strong> sono in completo accordo tra <strong>di</strong> loro se <strong>non</strong> su alcuni<br />

concetti fondamentali. Una caratteristica tipica ed importantissima dal punto <strong>di</strong> vista<br />

pratico delle rotture <strong>per</strong> fatica è che esse avvengono <strong>per</strong> sollecitazioni inferiori alla<br />

resistenza a trazione statica. Ciò è dovuto essenzialmente a due ragioni:<br />

- la sollecitazione nei vari punti del materiale <strong>non</strong> è uniforme, ma presenta delle punte<br />

dovute alla presenza <strong>di</strong> intagli o <strong>di</strong>fetti su<strong>per</strong>ficiali od interni;<br />

- il materiale <strong>non</strong> è omogeneo ed isotropo.<br />

Detto in parole molto semplici la rottura a fatica è causata da <strong>di</strong>fetti preesistenti sul pezzo.<br />

d) La corrosione<br />

Si definisce corrosione <strong>di</strong> un materiale metallico il fenomeno <strong>di</strong> natura chimico-fisica che<br />

provoca il graduale deca<strong>di</strong>mento delle caratteristiche del materiale con il concorso<br />

dell’ambiente che lo circonda. Praticamente i metalli manifestano una tendenza a<br />

combinarsi con ossigeno, zolfo, anidride carbonica ecc., variabile da metallo a metallo a<br />

seconda dell’affinità del metallo <strong>per</strong> quell’elemento, della possibilità del metallo ad<br />

autoproteggersi formando sulla sua su<strong>per</strong>ficie strati <strong>di</strong> prodotti <strong>di</strong> corrosione, o infine,<br />

della protezione passiva del metallo stesso (verniciatura). La conseguenza è un lento<br />

deterioramento del metallo che, se <strong>non</strong> tenuta opportunamente sotto controllo, può portare<br />

alla rottura del pezzo.<br />

18


Capitolo 1 I controlli <strong>non</strong> <strong>di</strong>struttivi<br />

e) L’erosione<br />

L’erosione si <strong>di</strong>fferenzia dalla corrosione, <strong>per</strong> il fatto che avviene preminentemente <strong>per</strong><br />

azione meccanica e <strong>non</strong> chimica ed è dovuta ad un liquido che, in genere, scorre<br />

vorticosamente a contatto con una su<strong>per</strong>ficie metallica. Esempi <strong>di</strong> erosione si hanno in<br />

pale d’elica, giranti e statori <strong>di</strong> turbine idrauliche, valvole ad ugello <strong>per</strong> la regolazione<br />

della portata dei flui<strong>di</strong>, tubazioni con liqui<strong>di</strong> che viaggiano in moto turbolento. L’azione<br />

erosiva del liquido è simile, <strong>per</strong> certi aspetti, al fenomeno dell’usura, a parte il fatto che<br />

uno dei due materiali è un liquido; gli effetti sono sostanzialmente gli stessi e cioè vi è<br />

l’asportazione <strong>di</strong> materiale dalle su<strong>per</strong>fici con conseguente riduzione dello spessore del<br />

pezzo.<br />

1.4 I meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> indagine <strong>non</strong> <strong>di</strong>struttiva<br />

L’esigenza <strong>di</strong> rilevare una notevole varietà <strong>di</strong> <strong>di</strong>fetti in pezzi aventi le forme più <strong>di</strong>sparate e<br />

realizzati con tipi <strong>di</strong> materiali <strong>di</strong>versi ha portato allo sviluppo <strong>di</strong> un notevole numero <strong>di</strong><br />

tecniche <strong>di</strong> indagine <strong>non</strong> <strong>di</strong>struttiva.<br />

In letteratura sono state proposte numerose classificazioni al fine <strong>di</strong> sud<strong>di</strong>videre le tecniche in<br />

classi omogenee, ma il confine tra le varie prestazioni e caratteristiche <strong>non</strong> è ben definito.<br />

Nonostante ciò, spesso, la classificazione più utilizzata è quella che sud<strong>di</strong>vide le tecniche <strong>di</strong><br />

Controllo <strong>non</strong> Distruttivo in base al loro campo <strong>di</strong> applicabilità; esse infatti sono raggruppate<br />

in tre classi:<br />

- su<strong>per</strong>ficiali, idonee ad esaminare i materiali solo a livello su<strong>per</strong>ficiale;<br />

- volumetriche, idonee a rilevare <strong>di</strong>scontinuità site all’interno dei materiali;<br />

- globali, idonee a verificare lo stato <strong>di</strong> un componente nella sua globalità.<br />

Un altro fattore con<strong>di</strong>zionante è legato al tipo <strong>di</strong> materiale <strong>test</strong>ato, infatti <strong>non</strong> tutti i meto<strong>di</strong> si<br />

prestano ad indagare la vasta gamma <strong>di</strong> materiali impiegati in tutti i campi che necessitano <strong>di</strong><br />

un’indagine <strong>di</strong> tipo <strong>non</strong> <strong>di</strong>struttivo.<br />

19


Capitolo 1 I controlli <strong>non</strong> <strong>di</strong>struttivi<br />

Nel seguito si riporta una panoramica sulle tecniche maggiormente utilizzate nei vari settori<br />

industriali.<br />

1.4.1 Esami visivi<br />

Probabilmente il più importante metodo <strong>di</strong> indagine <strong>non</strong> <strong>di</strong>struttiva <strong>di</strong> qualsiasi oggetto è<br />

l’esame visivo. Infatti, in senso lato, tutti i risultati <strong>di</strong> ogni metodo <strong>di</strong> indagine devono essere<br />

visualizzati dall’o<strong>per</strong>atore, <strong>per</strong> la loro registrazione ed interpretazione. Tuttavia <strong>per</strong> esame<br />

visivo si intende soltanto l’ispezione degli oggetti ad occhio nudo o col solo ausilio <strong>di</strong> lenti od<br />

endoscopi a basso ingran<strong>di</strong>mento. Il principio si basa sull’impiego della luce come mezzo<br />

rivelatore dei <strong>di</strong>fetti. Analizzando la <strong>di</strong>rezione, l’ampiezza e la fase della luce riflessa o<br />

<strong>di</strong>ffusa dalla su<strong>per</strong>ficie <strong>di</strong> un oggetto opaco, o trasmessa all’interno <strong>di</strong> un mezzo trasparente,<br />

si possono ottenere informazioni sullo stato fisico dell’oggetto in esame. Sebbene sia il<br />

metodo più naturale, richiede una <strong>di</strong>screta pre<strong>di</strong>sposizione all’osservazione ed una notevole<br />

es<strong>per</strong>ienza, affinché possa rivelare all’o<strong>per</strong>atore tutte le informazioni utili, potenzialmente<br />

<strong>di</strong>sponibili. Anche il solo esame ad occhio nudo è molto più complesso <strong>di</strong> quanto <strong>non</strong> si creda<br />

e richiede una buona conoscenza dell’ottica e dell’illuminazione.<br />

Gli esami visivi, come anche suggerito dalla norma <strong>di</strong> riferimento UNI EN 13018 [10],<br />

vengono generalmente sud<strong>di</strong>visi in:<br />

- esami visivi <strong>di</strong>retti: possono essere utilizzati quando sia possibile accedere con gli occhi<br />

ad una <strong>di</strong>stanza dalla su<strong>per</strong>ficie in esame <strong>non</strong> maggiore <strong>di</strong> circa 60 cm con una<br />

angolazione <strong>non</strong> inferiore a 30°.<br />

- esami visivi remotizzati: vengono generalmente utilizzati quando <strong>non</strong> sia possibile<br />

accedere <strong>di</strong>rettamente all’oggetto od alla su<strong>per</strong>ficie in esame. Allo scopo vengono<br />

utilizzate apparecchiature più o meno sofisticate, quali ad esempio specchi, telescopi,<br />

endoscopi, fibre ottiche, telecamere, ecc. In ogni caso, qualunque sia il mezzo utilizzato,<br />

gli <strong>strumenti</strong> debbono avere una risoluzione almeno equivalente a quella dell’occhio<br />

umano.<br />

20


Capitolo 1 I controlli <strong>non</strong> <strong>di</strong>struttivi<br />

Per la corretta applicazione <strong>di</strong> questo metodo <strong>di</strong> esame <strong>non</strong> <strong>di</strong>struttivo, risulta essenziale<br />

l’esatta conoscenza delle anomalie o del tipo <strong>di</strong> <strong>di</strong>fetto che si intende rilevare. Il vantaggio <strong>di</strong><br />

questo metodo, nell’applicazione remotizzata, è che <strong>per</strong>mette un controllo visivo a <strong>di</strong>stanza<br />

senza smontare particolari da controllare. Gli svantaggi sono essenzialmente: l’impossibilità<br />

<strong>di</strong> utilizzo senza un accesso <strong>di</strong>retto alla zona d’esame (è necessario avere un foro d’accesso) e<br />

la soggettività del metodo <strong>di</strong>pendente dal parere dell’o<strong>per</strong>atore e dalla sua es<strong>per</strong>ienza.<br />

I prodotti controllabili sono: motori, condotte <strong>di</strong> flui<strong>di</strong>, serbatoi, vani nascosti, carrelli <strong>di</strong><br />

atterraggio <strong>di</strong> aerei, ecc.<br />

1.4.2 Ultrasuoni<br />

Col termine ultrasuoni si intendono vari tipi <strong>di</strong> onde elastiche, atte a propagarsi in un<br />

materiale <strong>per</strong> il quale sia possibile definirne le caratteristiche elastiche e la densità. Queste<br />

onde sono costituite da vibrazioni elastiche <strong>di</strong> particelle <strong>di</strong> materia e possono quin<strong>di</strong> avvenire<br />

in un mezzo solido, liquido, o gassoso. Non possono esistere in assenza <strong>di</strong> materia,<br />

contrariamente alle onde luminose che, essendo <strong>di</strong> natura elettromagnetica, si propagano<br />

anche nel vuoto. Come <strong>per</strong> tutti i fenomeni ondulatori, anche gli ultrasuoni sono caratterizzati<br />

da parametri fisici quali: la frequenza, la lunghezza d’onda, la velocità <strong>di</strong> propagazione,<br />

l’intensità, ecc. Inoltre nella loro propagazione, analogamente alle onde luminose, subiscono i<br />

noti fenomeni della riflessione, rifrazione e <strong>di</strong>ffrazione, quando incontrano <strong>di</strong>scontinuità od<br />

ostacoli.<br />

In generale, quando un'onda attraversa la su<strong>per</strong>ficie <strong>di</strong> separazione fra due mezzi, la <strong>di</strong>rezione<br />

<strong>di</strong> propagazione subisce una variazione: questo fenomeno si definisce rifrazione, ed è dovuto<br />

al fatto che la velocità <strong>di</strong> propagazione <strong>di</strong>pende dal mezzo in cui essa avviene.<br />

La riflessione si ha ogni volta che un'onda incide sulla su<strong>per</strong>ficie <strong>di</strong> separazione tra due<br />

mezzi, separandosi in due componenti: una prosegue nel secondo mezzo, subendo<br />

rifrazione, l'altra viene riflessa all'interno del primo mezzo.<br />

21


Capitolo 1 I controlli <strong>non</strong> <strong>di</strong>struttivi<br />

Inoltre tutte le onde (a parte quelle mono<strong>di</strong>mensionali, proprie <strong>di</strong> una corda), se passano<br />

attraverso piccole a<strong>per</strong>ture o incontrano un ostacolo sul loro cammino, deviano dalla<br />

<strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> propagazione rettilinea, e si sparpagliano in <strong>di</strong>rezioni <strong>di</strong>verse. Questo<br />

fenomeno, detto <strong>di</strong>ffrazione, <strong>di</strong>venta particolarmente intenso quando l'a<strong>per</strong>tura, attraverso<br />

cui l'onda s’insinua, è piccola rispetto alla sua lunghezza d'onda.<br />

La Norma <strong>di</strong> riferimento, la UNI EN 583-1 [11], prevede che si utilizzino ultrasuoni<br />

longitu<strong>di</strong>nali o trasversali, <strong>di</strong> frequenza tipicamente compresa tra 1 e 10 MHz; negli ultimi<br />

tempi, in un con<strong>test</strong>o applicativo più ampio, il range si è esteso a 20 kHz-200 MHz.<br />

La generazione <strong>di</strong> un fascio <strong>di</strong> ultrasuoni la si ottiene <strong>per</strong> mezzo <strong>di</strong> trasduttori, ossia<br />

<strong>di</strong>spositivi capaci <strong>di</strong> trasformare energia da una forma in un’altra. Nel caso degli ultrasuoni<br />

sono utilizzati trasduttori che trasformano energia elettrica in energia meccanica e viceversa,<br />

sfruttando gli effetti: piezoelettrico, elettrostrittivo, magnetostrittivo ed elettromagnetico.<br />

L’applicazione degli ultrasuoni alle PnD è, a tutt’oggi, uno dei meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> analisi<br />

maggiormente utilizzato <strong>per</strong> l’ispezione volumetrica dei materiali che consentono un suo<br />

utilizzo <strong>di</strong>retto.<br />

I trasduttori trasmettono all'interno del componente in esame una serie <strong>di</strong> "impulsi<br />

ultrasonori" i quali, una volta attraversato il materiale e raggiunto il fondo, vengono riflessi<br />

e ricevuti da un'adeguata strumentazione che li elabora opportunamente. A seconda della<br />

geometria e del tipo <strong>di</strong> materiale in esame, possono essere impiegate <strong>di</strong>fferenti tecniche<br />

o<strong>per</strong>ative: alcune prevedono l'utilizzo <strong>di</strong> sonde che fungono contemporaneamente da<br />

trasmettitori e ricevitori degli ultrasuoni (tecnica in Riflessione), altre invece utilizzano due<br />

trasduttori <strong>di</strong>versi, uno <strong>per</strong> l'emissione e l'altro <strong>per</strong> la ricezione (tecnica in Trasparenza).<br />

In ogni caso il fascio ultrasonoro, così come esce dal trasduttore è caratterizzato dalla sua<br />

forma geometrica (<strong>di</strong>mensioni e campo). Il segnale ultrasonoro in ricezione (riflesso o<br />

trasmesso) è invece caratterizzato da due parametri fondamentali e precisamente l'ampiezza<br />

(valore <strong>di</strong> picco dell'impulso elettronico mostrato sullo schermo dello strumento in una<br />

22


Capitolo 1 I controlli <strong>non</strong> <strong>di</strong>struttivi<br />

particolare rappresentazione denominata A-scan) ed il tempo <strong>di</strong> volo (tempo intercorso tra<br />

l'impulso <strong>di</strong> trasmissione e quello <strong>di</strong> ricezione, in<strong>di</strong>cato dalla <strong>di</strong>stanza tra i due impulsi<br />

mostrati sullo schermo) che fornisce la <strong>misura</strong> in<strong>di</strong>retta del <strong>per</strong>corso effettuato dall'onda<br />

ultrasonora nel mezzo. In altre parole il segnale <strong>di</strong> partenza degli ultrasuoni (chiamato "eco<br />

<strong>di</strong> partenza") e quello riflesso dalla su<strong>per</strong>ficie opposta a quella d'entrata (chiamato "eco <strong>di</strong><br />

fondo"), vengono visualizzati sullo schermo dello strumento con dei picchi, la cui <strong>di</strong>stanza<br />

risulta proporzionale al tempo che gli ultrasuoni impiegano <strong>per</strong> <strong>per</strong>correre il viaggio <strong>di</strong><br />

andata e <strong>di</strong> ritorno dalla sonda alla su<strong>per</strong>ficie riflettente presente all'interno del materiale.<br />

Se durante tale <strong>per</strong>corso il fascio ultrasonoro incontra delle <strong>di</strong>scontinuità esse fungono da<br />

riflettori, e sullo schermo, tra i due precedenti picchi (eco <strong>di</strong> partenza ed eco <strong>di</strong> fondo), ne<br />

compariranno degli altri che rappresentano delle in<strong>di</strong>cazioni relative al tipo <strong>di</strong> <strong>di</strong>scontinuità<br />

incontrate (fig. 1.1).<br />

La localizzazione ed il <strong>di</strong>mensionamento dei <strong>di</strong>fetti avviene generalmente attraverso un<br />

processo <strong>di</strong> correlazione tra le caratteristiche del fascio ultrasonoro, le caratteristiche fisiche<br />

e geometriche del materiale, i parametri ampiezza e tempo <strong>di</strong> volo precedentemente descritti<br />

e le coor<strong>di</strong>nate della traiettoria <strong>di</strong> scansione.<br />

I campi <strong>di</strong> applicazione sono i più svariati, essendo il metodo applicabile anche a materiali<br />

<strong>non</strong> metallici. Esso possiede molti vantaggi:<br />

Fig. 1.1 Metodo <strong>per</strong> riflessione con trasduttori rice-trasmittenti.<br />

23


Capitolo 1 I controlli <strong>non</strong> <strong>di</strong>struttivi<br />

- elevata sensibilità, che <strong>per</strong>mette <strong>di</strong> rilevare anche <strong>di</strong>fetti molto piccoli;<br />

- buon potere <strong>di</strong> penetrazione, che consente <strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduare anche <strong>di</strong>fetti interni;<br />

- accurata determinazione della posizione e dell’entità delle im<strong>per</strong>fezioni;<br />

- veloce tempo <strong>di</strong> risposta.<br />

Di contro, il metodo <strong>di</strong> indagine ad ultrasuoni può presentare delle <strong>di</strong>fficoltà interpretative<br />

specialmente se l’oggetto esaminato presenta geometrie complesse, ci si affida in tal caso a<br />

trattamenti del segnale più sofisticati e all’es<strong>per</strong>ienza dell’o<strong>per</strong>atore.<br />

1.4.3 Liqui<strong>di</strong> penetranti<br />

L’ispezione me<strong>di</strong>ante liqui<strong>di</strong> penetranti (LP) è da oltre 50 anni il metodo più semplice e meno<br />

costoso <strong>per</strong> rilevare <strong>di</strong>scontinuità e cricche <strong>di</strong> vario genere. E’ un metodo molto pratico <strong>per</strong>ché<br />

è applicabile a qualsiasi tipo <strong>di</strong> materiale <strong>non</strong> poroso. Esso consiste nello stendere sulla<br />

su<strong>per</strong>ficie in esame uno speciale mezzo liquido (<strong>di</strong> solito oleoso e <strong>di</strong> colore variabile e/o<br />

fluorescente), dotato <strong>di</strong> bassa tensione su<strong>per</strong>ficiale, buona bagnabilità e particolari proprietà<br />

fisiche che ne consentono la penetrazione <strong>per</strong> capillarità all’interno delle <strong>di</strong>scontinuità. Dopo<br />

aver rimosso il liquido eccedente dal pezzo me<strong>di</strong>ante un lavaggio con acqua corrente fredda<br />

(l’acqua ha una tensione su<strong>per</strong>ficiale più elevata e una bagnabilità peggiore rispetto al liquido<br />

penetrante <strong>per</strong> cui <strong>non</strong> lo rimuove dalle fessure nelle quali è penetrato) si applica, su tutta la<br />

su<strong>per</strong>ficie da esaminare, uno speciale materiale assorbente, detto rilevatore, che riporta in<br />

su<strong>per</strong>ficie il liquido introdottosi nella <strong>di</strong>scontinuità in modo da lasciare un segnale <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>mensioni maggiori del <strong>di</strong>fetto che lo ha generato e fornire così una in<strong>di</strong>cazione visibile dello<br />

stesso.<br />

Rispetto all’ispezione visiva, questo metodo rende più agevole <strong>per</strong> l’o<strong>per</strong>atore la valutazione<br />

dei <strong>di</strong>fetti, essenzialmente <strong>per</strong>ché le in<strong>di</strong>cazioni fornite hanno <strong>di</strong>mensioni significativamente<br />

maggiori <strong>di</strong> quelle del <strong>di</strong>fetto e ciò rende possibile in<strong>di</strong>viduare anche cricche aventi<br />

<strong>di</strong>mensioni al <strong>di</strong> sotto della soglia <strong>di</strong> risoluzione dell’occhio umano.<br />

24


Capitolo 1 I controlli <strong>non</strong> <strong>di</strong>struttivi<br />

La Norma <strong>di</strong> riferimento <strong>per</strong> la tecnica <strong>di</strong> Controllo <strong>non</strong> Distruttivo con liqui<strong>di</strong> penetranti è la<br />

UNI EN 571-1 [12]; essa prevede che la procedura <strong>di</strong> controllo venga effettuata nelle seguenti<br />

sette fasi:<br />

- ppreparazione della su<strong>per</strong>ficie da esaminare;<br />

- applicazione del liquido penetrante;<br />

- rimozione del penetrante, ricorrendo, se necessario, all’applicazione <strong>di</strong> un<br />

emulsificatore;<br />

- asciugatura della su<strong>per</strong>ficie;<br />

- applicazione del rivelatore;<br />

- ispezione;<br />

- pulizia finale.<br />

La preparazione della su<strong>per</strong>ficie è uno dei passi più critici, in quanto deve eliminare<br />

completamente qualunque traccia <strong>di</strong> acqua, olio, grassi o altre sostanze che possono impe<strong>di</strong>re<br />

o limitare l’accesso del liquido penetrante all’interno dei <strong>di</strong>fetti. La Norma impone alcuni<br />

accorgimenti da prendere nelle <strong>di</strong>verse fasi del controllo; ad esempio il tempo <strong>di</strong> penetrazione<br />

deve essere compreso tra 5 e 60 minuti, in <strong>di</strong>pendenza della caratteristica specifica del<br />

prodotto impiegato ed è variabile in funzione del tipo <strong>di</strong> applicazione che si effettua.<br />

L’ispezione con liqui<strong>di</strong> penetranti è uno dei meto<strong>di</strong> <strong>non</strong> <strong>di</strong>struttivi più utilizzati grazie alla sua<br />

facilità <strong>di</strong> impiego e alla sua flessibilità. Può essere effettuata su qualsiasi su<strong>per</strong>ficie <strong>non</strong><br />

porosa <strong>di</strong> materiali metallici e <strong>non</strong> metallici (vetro, gomma, plastica, ceramica, acciaio,<br />

alluminio, titanio, ecc.).<br />

I vantaggi maggiori <strong>di</strong> questa tecnica sono l’alta sensibilità alle piccole <strong>di</strong>scontinuità<br />

su<strong>per</strong>ficiali, il basso costo, la facile esecuzione ed interpretazione; <strong>per</strong> contro si ha che:<br />

possono essere rilevati solo <strong>di</strong>fetti su<strong>per</strong>ficiali, occorre una preparazione accurata della<br />

su<strong>per</strong>ficie da <strong>test</strong>are, il tempo richiesto è elevato, la qualità della prova <strong>di</strong>pende<br />

dall’es<strong>per</strong>ienza dell’o<strong>per</strong>atore.<br />

25


Capitolo 1 I controlli <strong>non</strong> <strong>di</strong>struttivi<br />

1.4.4 Termografia<br />

L’analisi termografica si effettua con particolari sensori all’infrarosso che in<strong>di</strong>viduano la<br />

tem<strong>per</strong>atura presente nelle varie zone dell’oggetto esaminato. I segnali provenienti dai sensori<br />

sono opportunamente trattati in modo da ottenere dei <strong>di</strong>agrammi o delle immagini che<br />

consentono, in modo rapido, <strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduare l’andamento della tem<strong>per</strong>atura sulla su<strong>per</strong>ficie<br />

dell’oggetto controllato.<br />

Questo metodo <strong>di</strong> <strong>di</strong>agnosi è in<strong>di</strong>cato in quei processi in cui si ha che fare con flussi <strong>di</strong> calore,<br />

il quale può essere prodotto da un processo d’attrito, un fluido attraverso una conduttura, la<br />

produzione <strong>di</strong> calore <strong>per</strong> effetto Joule, particolari processi <strong>di</strong> produzione, etc. Si tratta più che<br />

altro <strong>di</strong> un utile sistema <strong>di</strong> controllo <strong>per</strong> <strong>di</strong>agnosticare, in tempo utile, un funzionamento<br />

<strong>di</strong>fettoso prima che questo comporti danni maggiori o <strong>per</strong>icoli <strong>per</strong> l’incolumità delle <strong>per</strong>sone.<br />

La termografia viene comunemente applicata in meccanica <strong>per</strong> controllare gli elementi in<br />

movimento rotatorio (in fig.1.2 è mostrato un esempio <strong>di</strong> applicazione). Con essa si può<br />

in<strong>di</strong>viduare la produzione eccessiva <strong>di</strong> calore dovuto alla frizione prodotta da cuscinetti<br />

<strong>di</strong>fettosi, lubrificazione insufficiente, <strong>di</strong>sassamento, uso scorretto e normale usura. I<br />

meccanismi ispezionabili con la termografia ad infrarossi comprendono ingranaggi, alberi,<br />

<strong>di</strong>spositivi d’accoppiamento, cinture trapezoidali, pulegge, sistemi d’azionamento a catena,<br />

freni, frizioni etc. Possono essere sottoposti a termografia anche impianti e macchine<br />

elettriche <strong>per</strong> in<strong>di</strong>viduare situazioni d’eccessiva <strong>di</strong>ssipazione <strong>di</strong> potenza e quin<strong>di</strong> sovraccarico<br />

elettrico <strong>di</strong> linee o trasformatori, sovraccarico <strong>di</strong> motori, eccessiva usura delle spazzole dei<br />

motori, etc. In impianti chimici e petrolchimici si possono in<strong>di</strong>viduare situazioni <strong>di</strong> eccessiva<br />

corrosione <strong>di</strong> condutture o <strong>di</strong>s<strong>per</strong>sioni <strong>di</strong> calore indesiderate così da evitare fughe <strong>di</strong> gas o<br />

liqui<strong>di</strong> <strong>per</strong>icolosi.<br />

La termografia ad infrarosso <strong>per</strong>mette, inoltre, un monitoraggio dei processi produttivi che<br />

producono calore, onde verificare la correttezza degli standard costruttivi o la conformità a<br />

specifiche costruttive.<br />

26


Capitolo 1 I controlli <strong>non</strong> <strong>di</strong>struttivi<br />

Fig. 1.2 L’analisi termografica ad infrarossi rileva l’eccessivo calore sviluppato da un cuscinetto usurato<br />

Questo metodo <strong>di</strong> indagine è particolarmente adatto <strong>per</strong> controllare il corretto funzionamento<br />

<strong>di</strong> un sistema, <strong>per</strong>mettendo la <strong>di</strong>agnosi senza fermare il processo, si presta molto ad un<br />

monitoraggio a <strong>di</strong>stanza che può essere effettuato anche con continuità, può essere facilmente<br />

inserito in un sistema automatizzato. Anche se <strong>non</strong> sempre viene rilevato con esattezza il tipo<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>fetto esistente, <strong>per</strong>ò esso è in<strong>di</strong>viduato molto precocemente, prima che il danneggiamento<br />

sia evidente e comporti gravi rischi. In<strong>di</strong>viduata l’anomalia spesso si ha il tempo <strong>di</strong> intervenire<br />

opportunamente, nell'evenienza senza bloccare il processo, e, se è necessario, anche con altri<br />

sistemi <strong>di</strong> indagine si può in<strong>di</strong>viduare con esattezza l’entità e il tipo <strong>di</strong> <strong>di</strong>fetto.<br />

1.4.5 Magnetoscopia<br />

Il metodo magnetoscopico consiste nel produrre un campo magnetico <strong>di</strong>s<strong>per</strong>so in<br />

corrispondenza dei <strong>di</strong>fetti su<strong>per</strong>ficiali, o sub su<strong>per</strong>ficiali (con certe limitazioni in quest’ultimo<br />

caso), me<strong>di</strong>ante una opportuna magnetizzazione del pezzo in esame. La rivelazione dei <strong>di</strong>fetti<br />

viene fatta grazie alla captazione dei corrispondenti campi magnetici <strong>di</strong>s<strong>per</strong>si. I proce<strong>di</strong>mento<br />

più <strong>di</strong>ffuso <strong>per</strong> ottenere la rivelazione è quello delle polveri, o particelle, magnetiche; esso<br />

<strong>per</strong>ò è sostanzialmente basato sull’osservazione visiva delle in<strong>di</strong>cazioni ottenute, con tutte le<br />

conseguenze derivanti dalla soggettività dell’intervento dell’uomo. A ciò in certi casi (ove è<br />

possibile ed economicamente accettabile) si sop<strong>per</strong>isce me<strong>di</strong>ante la rilevazione strumentale.<br />

Scaturiscono quin<strong>di</strong> tre proce<strong>di</strong>menti fondamentali <strong>di</strong> rilevazione del campo magnetico<br />

<strong>di</strong>s<strong>per</strong>so:<br />

27


Capitolo 1 I controlli <strong>non</strong> <strong>di</strong>struttivi<br />

- polveri magnetiche (metodo magnetoscopico);<br />

- sonde magnetiche (sonde <strong>di</strong> Hall, sonde <strong>di</strong> Förster);<br />

- nastri magnetici (magnetografia).<br />

Le tecniche <strong>di</strong> magnetizzazione sono fondamentalmente due: magnetizzazione col sistema<br />

elettrico, <strong>per</strong> ottenere la quale nel pezzo in esame viene inviata una corrente elettrica (ve<strong>di</strong> fig.<br />

1.3); magnetizzazione col sistema magnetico, <strong>per</strong> ottenere la quale il pezzo in esame viene<br />

immerso in un campo magnetico (ve<strong>di</strong> fig. 1.4).<br />

In assenza <strong>di</strong> <strong>di</strong>fetti le linee <strong>di</strong> campo sono tutte parallele ed equi<strong>di</strong>stanti, mentre in presenza<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>fetti, su<strong>per</strong>ficiali o sub su<strong>per</strong>ficiali, queste vengono deviate anche al <strong>di</strong> fuori del contorno<br />

geometrico del pezzo: quin<strong>di</strong> in corrispondenza della <strong>di</strong>scontinuità viene a formarsi un campo<br />

magnetico <strong>di</strong>s<strong>per</strong>so.<br />

Fig. 1.3 Magnetizzazione me<strong>di</strong>ante passaggio <strong>di</strong> corrente nel pezzo.<br />

28


Capitolo 1 I controlli <strong>non</strong> <strong>di</strong>struttivi<br />

La rilevazione <strong>di</strong> questo, me<strong>di</strong>ante un qualsiasi mezzo, rappresenta il <strong>test</strong>imone del <strong>di</strong>fetto<br />

stesso. In linea <strong>di</strong> principio la rivelazione del campo magnetico <strong>di</strong>s<strong>per</strong>so può avvenire <strong>per</strong><br />

mezzo <strong>di</strong> apposite sonde <strong>di</strong> tipo pick-up, tuttavia questa tecnica <strong>non</strong> è <strong>di</strong> impiego universale<br />

<strong>per</strong> le <strong>di</strong>fficoltà connesse con la geometria più o meno complessa dei pezzi che si incontrano<br />

nella pratica. Il metodo più <strong>di</strong>ffuso è invece quello delle particelle magnetiche, consistente<br />

nello spruzzare in prossimità del campo magnetico <strong>di</strong>s<strong>per</strong>so delle fini particelle, o polveri, <strong>di</strong><br />

materiale ferromagnetico. Il risultato è che le particelle sono attirate a ridosso della<br />

<strong>di</strong>scontinuità <strong>per</strong> cui formano un accumulo sufficientemente consistente da essere osservabile<br />

<strong>di</strong>rettamente ad occhio, anche se <strong>non</strong> lo era il <strong>di</strong>fetto. Il corretto svolgimento dell’esame<br />

magnetoscopico richiede le seguenti fasi esecutive, come anche imposto dalla specifica norma<br />

<strong>di</strong> riferimento UNI EN ISO 9934-1 [13]<br />

Fig. 1.4 Magnetizzazione col sistema magnetico.<br />

- Preparazione dei pezzi. Consiste essenzialmente nel preparare la su<strong>per</strong>ficie ripulendola<br />

da depositi o tracce <strong>di</strong> grassi, oli e sostanze contaminanti in genere. La pulizia è<br />

necessaria <strong>per</strong> evitare che il grasso o lo sporco trattenga del rivelatore <strong>per</strong> aderenza,<br />

causando delle tracce <strong>di</strong> <strong>di</strong>sturbo, ovvero <strong>non</strong> corrispondenti a <strong>di</strong>fetti reali;<br />

- Magnetizzazione. Essa rappresenta la fase fondamentale dell’intero esame e deve essere<br />

eseguita con accortezza. La <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> magnetizzazione deve essere <strong>per</strong> quanto<br />

possibile <strong>per</strong>pen<strong>di</strong>colare alla <strong>di</strong>rezione presunta dei <strong>di</strong>fetti; se ciò <strong>non</strong> è noto, occorre<br />

eseguire più <strong>di</strong> un esame con due magnetizzazioni tra loro <strong>per</strong>pen<strong>di</strong>colari, onde<br />

assicurare la rivelazione dei <strong>di</strong>fetti in<strong>di</strong>pendentemente dalla loro giacitura;<br />

29


Capitolo 1 I controlli <strong>non</strong> <strong>di</strong>struttivi<br />

- Irrorazione del rivelatore. Bisogna fare una <strong>di</strong>stinzione tra due possibili tecniche <strong>di</strong><br />

analisi. Il metodo continuo, ove, <strong>per</strong> l’in<strong>di</strong>viduazione del <strong>di</strong>fetto, si sfrutta il campo<br />

magnetico imposto dall’esterno; in tal caso il rivelatore è irrorato prima e durante<br />

l’applicazione della magnetizzazione, l’irrorazione deve <strong>per</strong>ò cessare un attimo prima<br />

che cessi la magnetizzazione, in modo da evitare che <strong>per</strong> l’azione meccanica del getto<br />

parte dell’in<strong>di</strong>cazione venga cancellata. In tal modo l’entità dell’in<strong>di</strong>cazione ottenuta è la<br />

massima possibile, essendo stata prodotta mentre era massima l’azione attrattiva del<br />

campo <strong>di</strong>s<strong>per</strong>so. Il metodo residuo, ove, <strong>per</strong> l’in<strong>di</strong>viduazione del <strong>di</strong>fetto, si sfrutta il<br />

magnetismo residuo del pezzo; in tal caso il rivelatore è irrorato solo dopo che è cessata<br />

la magnetizzazione. Le in<strong>di</strong>cazioni così ottenute sono meno marcate a causa del più<br />

debole campo magnetico <strong>di</strong>s<strong>per</strong>so.<br />

Il metodo continuo è quello <strong>di</strong> gran lunga più usato, essendo più sensibile,tuttavia in certi<br />

casi il metodo residuo è preferito <strong>per</strong> evitare <strong>di</strong> rilevare <strong>di</strong>fetti irrilevanti in pezzi grezzi.<br />

- Smagnetizzazione. E’ necessaria <strong>per</strong> eliminare l’eventuale magnetismo residuo dai<br />

pezzi. Essa avviene generalmente <strong>per</strong> passaggio dei pezzi attraverso un tunnel <strong>di</strong><br />

smagnetizzazione dove essi subiscono una sequenza <strong>di</strong> cicli <strong>di</strong> isteresi magnetica<br />

simmetrici decrescenti. Per pezzi <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni, od in casi speciali, la<br />

smagnetizzazione può essere fatta con passaggio <strong>di</strong>retto <strong>di</strong> corrente a cicli decrescenti.<br />

In conclusione la tecnica magnetoscopica è applicabile su tutti i materiali ferromagnetici <strong>per</strong><br />

la ricerca <strong>di</strong> <strong>di</strong>fetti su<strong>per</strong>ficiali o subsu<strong>per</strong>ficiali. E’ un CnD più rapido, meno laborioso e più<br />

efficace <strong>di</strong> quello con i liqui<strong>di</strong> penetranti.<br />

Essa è poco adatta <strong>per</strong> l’esame <strong>di</strong> pezzi con su<strong>per</strong>fici troppo scabrose, rugose, filettate e <strong>di</strong><br />

geometria troppo complessa. Infatti in tali casi presenta il grosso inconveniente, già citato <strong>per</strong><br />

i liqui<strong>di</strong> penetranti, della necessità <strong>di</strong> un o<strong>per</strong>atore es<strong>per</strong>to e particolarmente attento. E’ un<br />

processo <strong>di</strong>fficilmente automatizzabile se <strong>non</strong> con l’impiego <strong>di</strong> rivelatori a sonda, <strong>per</strong>altro più<br />

costosi e <strong>non</strong> sempre utilizzabili.<br />

30


Capitolo 1 I controlli <strong>non</strong> <strong>di</strong>struttivi<br />

1.4.6 Ra<strong>di</strong>ografia<br />

La ra<strong>di</strong>ografia industriale (RT) è impiegata generalmente <strong>per</strong> esaminare lo stato <strong>di</strong> integrità<br />

interna dei materiali me<strong>di</strong>ante la rappresentazione della relativa immagine su una pellicola<br />

ra<strong>di</strong>ografica (o illuminando uno schermo rivelatore, ra<strong>di</strong>oscopia), ottenuta con raggi X o γ. Il<br />

metodo ra<strong>di</strong>ografico si basa sull’attenuazione <strong>di</strong>fferenziale che i suddetti raggi subiscono<br />

nell’attraversamento del materiale e sul conseguente grado <strong>di</strong> annerimento prodotto sulla<br />

pellicola ra<strong>di</strong>ografica esposta alle ra<strong>di</strong>azioni da questo trasmesse (in fig. 1.5 è riportato un<br />

esempio).<br />

Dall’immagine ottenuta si possono ricavare innumerevoli informazioni:<br />

- in<strong>di</strong>viduazione <strong>di</strong> <strong>di</strong>fetti interni;<br />

- variazioni della struttura reticolare del materiale, causato da stress interno o presenza<br />

<strong>di</strong> impurità;<br />

- <strong>di</strong>scontinuità del materiale più denso in alcune zone e più espanso in altre.<br />

Questo sistema <strong>di</strong> indagine è applicato <strong>per</strong> il controllo <strong>di</strong> pezzi <strong>per</strong> prevenire rotture e <strong>per</strong> il<br />

controllo <strong>di</strong> qualità <strong>di</strong> tipo macroscopico (presenza <strong>di</strong> incrinature, cavità etc.) o reticolare<br />

(presenza <strong>di</strong> impurità, omogeneità del materiale, etc.) e può essere utilizzato anche <strong>per</strong><br />

Fig. 1.5 Ra<strong>di</strong>ografia ai Raggi X <strong>di</strong> un isolatore elettrico.<br />

31


Capitolo 1 I controlli <strong>non</strong> <strong>di</strong>struttivi<br />

materiali <strong>non</strong> metallici. Le immagini bi<strong>di</strong>mensionali che si ottengono, in genere, <strong>non</strong><br />

forniscono informazioni sulla profon<strong>di</strong>tà del <strong>di</strong>fetto, esse si possono avere, <strong>per</strong>ò, effettuando<br />

ra<strong>di</strong>ografie su più lati dell’oggetto o con esame agli ultrasuoni.<br />

L’indagine ra<strong>di</strong>ografica è molto efficiente e rapida nel caso <strong>di</strong> oggetti <strong>di</strong> semplice geometria,<br />

consente analisi approfon<strong>di</strong>te e molto mirate. L’interpretazione dei risultati può essere<br />

imme<strong>di</strong>ata <strong>per</strong> oggetti <strong>di</strong> semplice geometria o richiedere adeguata es<strong>per</strong>ienza dell’o<strong>per</strong>atore<br />

se l’oggetto possiede una geometria complicata. Nell’ultimo caso si richiedono analisi più<br />

complesse.<br />

Anche se le applicazioni sono le più svariate (<strong>non</strong> solo in campo industriale), l’utilizzo <strong>di</strong><br />

questa tecnica <strong>di</strong> PnD è limitata dalle costose apparecchiature che richiede, soprattutto <strong>per</strong><br />

quanto riguarda la protezione degli o<strong>per</strong>atori dalle ra<strong>di</strong>azioni e dalle sorgenti <strong>di</strong> raggi.<br />

Infatti <strong>per</strong> legge è obbligatorio o<strong>per</strong>are i <strong>test</strong> in adatti locali <strong>di</strong> irraggiamento (bunker),<br />

opportunamente protetti con schermature <strong>di</strong> piombo o con pareti <strong>di</strong> cemento armato, e dotati<br />

<strong>di</strong> opportuni allarmi che impe<strong>di</strong>scano agli o<strong>per</strong>atori <strong>di</strong> dare il via all’emissione <strong>di</strong> raggi X,<br />

finché le porte d’accesso al bunker <strong>non</strong> siano state chiuse e le dovute protezioni inserite.<br />

Anche nelle applicazioni esterne (<strong>per</strong> controlli in o<strong>per</strong>a su impianti e cantieri industriali),<br />

me<strong>di</strong>ante unità ra<strong>di</strong>ografiche mobili, è necessario, <strong>per</strong> legge, o<strong>per</strong>are opportuni accorgimenti<br />

<strong>per</strong> la protezione e l’incolumità dei lavoratori e della popolazione.<br />

Tutte le <strong>di</strong>sposizioni a riguardo sono riportate nella Norma <strong>di</strong> riferimento <strong>per</strong> questo tipo <strong>di</strong><br />

controllo, la UNI EN 444 [14], dove è esplicitamente contenuta la seguente avvertenza:<br />

“L’esposizione del corpo umano o <strong>di</strong> sue parti ai raggi X o γ può essere gravemente nociva<br />

<strong>per</strong> la salute. Ovunque siano in uso apparecchiature a raggi X o sorgenti ra<strong>di</strong>oattive devono<br />

essere applicate le <strong>di</strong>sposizioni legislative vigenti”.<br />

La scelta tra l’utilizzo <strong>di</strong> raggi X o raggi γ (che hanno un maggiore potere <strong>di</strong> penetrazione)<br />

<strong>di</strong>pende dallo scopo dell’indagine e dal tipo <strong>di</strong> materiale da <strong>test</strong>are.<br />

I raggi X anche più potenti <strong>non</strong> su<strong>per</strong>ano spessori d'acciaio su<strong>per</strong>iori a circa 70 mm; mentre i<br />

32


Capitolo 1 I controlli <strong>non</strong> <strong>di</strong>struttivi<br />

raggi γ, anche nei casi migliori, <strong>non</strong> su<strong>per</strong>ano i 180 mm.<br />

Il sistema PnD ra<strong>di</strong>ografico è spesso utilizzato dopo l’esecuzione <strong>di</strong> <strong>test</strong> con altri meto<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />

indagine <strong>per</strong> avere degli esami più approfon<strong>di</strong>ti e precisi.<br />

In conclusione il sistema <strong>di</strong> indagine ra<strong>di</strong>ografico è una tecnica che <strong>per</strong>mette la ricerca <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>fetti interni ed esterni ai materiali, è applicabile su tutti i materiali (ghisa, acciai, alluminio e<br />

leghe leggere, materiali compositi, ceramiche, plastiche, ecc.). Un grosso vantaggio <strong>di</strong> questo<br />

metodo è che è assoluto, cioè, <strong>non</strong> richiede procedure complesse <strong>di</strong> calibratura o<br />

comparazione con campioni <strong>di</strong> confronto. Le limitazioni sono legate allo spessore massimo e<br />

alla complessità geometrica dei pezzi da esaminare, alla forma e giacitura dei <strong>di</strong>fetti e<br />

soprattutto all’elevato costo delle attrezzature e della loro manutenzione.<br />

1.4.7 Ferrografia<br />

L’esame ferrografico è una tecnica PnD <strong>di</strong> tipo innovativo, generalmente applicata nel settore<br />

aeronautico <strong>per</strong> l’esame degli oli lubrificanti dei motori a reazione, allo scopo <strong>di</strong> fornire utili<br />

informazioni <strong>per</strong> l’in<strong>di</strong>viduazione e/o localizzazione del componente critico. Essa è infatti,<br />

una tecnica <strong>di</strong> analisi delle particelle <strong>di</strong> usura avente l’obiettivo <strong>di</strong> definire e localizzare i<br />

processi tribologici nei sistemi il cui funzionamento si basa su processi <strong>di</strong> <strong>di</strong>namica fisica<br />

(organi in mutuo movimento). L’analisi ferrografica si effettua attraverso le seguenti fasi<br />

o<strong>per</strong>ative:<br />

- raccolta <strong>di</strong> frammenti <strong>di</strong> usura che si accumulano nei lubrificanti o nei flui<strong>di</strong> <strong>di</strong> processo<br />

e <strong>di</strong> deposito, <strong>di</strong>sposizione <strong>di</strong> questi su <strong>di</strong> un substrato trasparente, in modo da poter<br />

essere agevolmente stu<strong>di</strong>ati;<br />

- selezione e separazione delle particelle in due gruppi, rispettivamente <strong>di</strong> usura severa<br />

(maggiore <strong>di</strong> 10 µm) e <strong>di</strong> usura normale (minore <strong>di</strong> 10 µm).<br />

- stu<strong>di</strong>o al microscopio dei frammenti significativi con successiva definizione <strong>di</strong><br />

morfologia e natura;<br />

- definizione dei materiali costitutivi.<br />

33


Capitolo 1 I controlli <strong>non</strong> <strong>di</strong>struttivi<br />

Il principale vantaggio della tecnica ferrografica deriva dalla possibilità <strong>di</strong> associare ad ogni<br />

processo <strong>di</strong> <strong>misura</strong> un termine quantitativo (densità <strong>di</strong> particelle prodotte) ed un termine <strong>di</strong><br />

severità (<strong>di</strong>stribuzione <strong>di</strong>mensionale delle particelle). In definitiva l’analisi ferrografica è in<br />

grado <strong>di</strong> fornire sia la stima qualitativa e quantitativa dei residui ferrosi presenti nell’olio sia<br />

la loro <strong>di</strong>stribuzione <strong>di</strong>mensionale, e risulta un metodo <strong>di</strong>agnostico <strong>di</strong> proficua utilizzazione<br />

<strong>per</strong> una completa valutazione dei processi <strong>di</strong> usura all’interno del motore. E’ un esame molto<br />

specialistico e <strong>per</strong>mette <strong>di</strong> valutare solo <strong>di</strong>fetti <strong>di</strong> esercizio quale l’usura.<br />

1.4.8 Olografia<br />

L’olografia è un metodo <strong>di</strong> registrazione del campo della luce <strong>di</strong>ffusa da un oggetto su una<br />

lastra fotografica (ologramma) con riproduzione tri<strong>di</strong>mensionale delle immagini. E’ un<br />

metodo <strong>non</strong> <strong>di</strong>struttivo <strong>di</strong> tipo prevalentemente ottico che si avvale <strong>di</strong> sorgenti luminose<br />

(laser) e sfrutta la proprietà ondulatoria della luce e il fenomeno dell’interferenza.<br />

Uno degli esempi più significativi della proprietà olografica è denominato interferometria<br />

olografica; essa consiste nel registrare sullo stesso ologramma due immagini <strong>di</strong> uno stesso<br />

oggetto in con<strong>di</strong>zioni leggermente <strong>di</strong>verse, evidenziando, me<strong>di</strong>ante la sovrapposizione dei<br />

campi ondulatori le deformazioni presenti sotto forma <strong>di</strong> un sistema <strong>di</strong> frange <strong>di</strong> interferenza.<br />

Attualmente questa tecnica <strong>non</strong> è molto sviluppata ma si intravedono in un futuro prossimo<br />

numerosi vantaggi, come ad esempio l’alta sensibilità alle deformazioni dell’oggetto in<br />

esame, la possibilità <strong>di</strong> utilizzo del processamento <strong>di</strong>gitale delle immagini <strong>per</strong> automatizzare<br />

le valutazioni dei risultati, la capacità <strong>di</strong> ispezione panoramica e la possibilità <strong>di</strong> indagare<br />

componenti <strong>di</strong> svariata forma, costituzione e <strong>di</strong>mensioni.<br />

34


Capitolo 1 I controlli <strong>non</strong> <strong>di</strong>struttivi<br />

1.4.9 Correnti indotte<br />

Il metodo delle correnti indotte ECT (Eddy Current Testing) si inserisce fra i meto<strong>di</strong> <strong>non</strong><br />

<strong>di</strong>struttivi fondamentali ed è utilizzato a livello industriale <strong>per</strong> il controllo dei materiali<br />

metallici sia allo stato <strong>di</strong> semiprodotto (barre, tubi, etc.), che <strong>di</strong> particolari finiti <strong>di</strong> lavorazione<br />

meccanica [4]-[5], [15]-[18]. Per mezzo delle correnti indotte è possibile effettuare vari tipi <strong>di</strong><br />

esami:<br />

- rilevamento <strong>di</strong> <strong>di</strong>fetti su<strong>per</strong>ficiali e subsu<strong>per</strong>ficiali;<br />

- selezione <strong>di</strong> materiali <strong>per</strong> in<strong>di</strong>viduare <strong>di</strong>fferenze <strong>di</strong> composizione o <strong>di</strong> struttura;<br />

- <strong>misura</strong> <strong>di</strong> spessori <strong>di</strong> rivestimenti protettivi.<br />

A seconda dello specifico tipo <strong>di</strong> esame e <strong>di</strong> impiego (su manufatti o su semiprodotti) le<br />

apparecchiature utilizzate presentano un grado <strong>di</strong> sofisticazione strumentale più o meno<br />

spinto. L’esame con correnti indotte consente, come le altre tecniche <strong>di</strong> esame <strong>non</strong> <strong>di</strong>struttivo,<br />

sia <strong>di</strong> selezionare i materiali originariamente <strong>di</strong>fettosi evitando i costi derivanti dalle<br />

successive lavorazioni sia <strong>di</strong> verificare l’integrità del materiale a fine lavorazione o in<br />

servizio. Oltre ad una grande varietà <strong>di</strong> applicazioni, offre numerosi altri vantaggi: elevata<br />

sensibilità d’esame, intesa come capacità <strong>di</strong> rilevare <strong>di</strong>fetti <strong>di</strong> piccole <strong>di</strong>mensioni, grande<br />

a) b) c)<br />

Iex<br />

H0<br />

Iex<br />

Ji<br />

H0<br />

Hr<br />

Materiale in esame Materiale in esame<br />

Fig. 1.6 Bobina in aria a); bobina a contatto con il materiale in assenza b) ed in presenza c) <strong>di</strong> <strong>di</strong>fetto.<br />

Iex<br />

Jp<br />

H0<br />

Jp<br />

Jp<br />

35


Capitolo 1 I controlli <strong>non</strong> <strong>di</strong>struttivi<br />

affidabilità, rapi<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> esecuzione, basso costo <strong>di</strong> esercizio. Risulta <strong>di</strong> grande utilità il poter<br />

eseguire l’indagine senza che vi sia contatto <strong>di</strong>retto tra sonda e pezzo in prova, <strong>per</strong>mettendo<br />

così <strong>di</strong> esaminare pezzi in movimento. Ad esempio, in campo metallurgico è possibile il<br />

controllo dei materiali <strong>di</strong>rettamente all’uscita delle trafile e dei laminatoi, <strong>non</strong>ostante la loro<br />

elevata velocità e tem<strong>per</strong>atura. Per la stessa ragione, in campo artistico ed archeologico, <strong>non</strong><br />

esistono rischi <strong>di</strong> danneggiamento delle o<strong>per</strong>e d’arte o dei re<strong>per</strong>ti durante i controlli.<br />

Il principio <strong>di</strong> funzionamento del metodo consiste fondamentalmente nell’indurre un campo<br />

magnetico alternato, creato attraverso apposite bobine, nel pezzo in esame; in ossequio alla<br />

legge <strong>di</strong> Lenz il materiale <strong>di</strong>viene sede <strong>di</strong> una f.e.m. indotta la quale, agendo in un mezzo con<br />

conducibilità elettrica σ > 0, provoca una circolazione <strong>di</strong> corrente elettrica in seno al pezzo<br />

stesso (corrente indotta). Il verso <strong>di</strong> circolazione <strong>di</strong> tale corrente sarà tale da produrre a sua<br />

volta un campo magnetico opposto a quello del campo magnetizzante esterno (fig. 1.6).<br />

La presenza <strong>di</strong> <strong>di</strong>fetti su<strong>per</strong>ficiali o subsu<strong>per</strong>ficiali allungano, in <strong>misura</strong> più o meno grande, a<br />

seconda dell’entità, il <strong>per</strong>corso delle correnti indotte nel pezzo variandone <strong>di</strong> conseguenza il<br />

valore della conducibilità σ e della <strong>per</strong>meabilità µ (fig. 1.6c).<br />

Di conseguenza anche il campo magnetico associato a tali correnti varia in maniera analoga e<br />

viene analizzato valutando i suoi effetti sulla corrente o sulla tensione della bobina inducente,<br />

oppure sulla corrente o sulla tensione indotta in un altro avvolgimento posto, anch’esso in<br />

prossimità della su<strong>per</strong>ficie dell’oggetto <strong>test</strong>ato.<br />

1.4.9.1 La rilevabilità dei <strong>di</strong>fetti e la scelta della frequenza <strong>di</strong> lavoro<br />

L'esame ECT è essenzialmente un metodo <strong>di</strong> controllo su<strong>per</strong>ficiale in quanto, a causa<br />

dell’effetto pellicolare, in un conduttore piano l’intensità <strong>di</strong> corrente decresce in modo<br />

esponenziale con la penetrazione e, in generale, maggiore sarà la frequenza f, la <strong>per</strong>meabilità<br />

µ e la conducibilità σ, minore sarà la profon<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> penetrazione. Considerando una geometria<br />

mono<strong>di</strong>mensionale dove il semispazio x>0 sia occupato da materiale conduttore omogeneo, il<br />

36


Capitolo 1 I controlli <strong>non</strong> <strong>di</strong>struttivi<br />

modulo delle correnti indotte segue la legge:<br />

-<br />

J(x)<br />

- δ/x<br />

= J 0 ⋅ e dove:<br />

δ = 1/ πµ σ è lo spessore <strong>di</strong> penetrazione;<br />

0 f<br />

- J(x) è il modulo del vettore densità <strong>di</strong> corrente funzione della profon<strong>di</strong>tà x;<br />

- J0 è il modulo della densità <strong>di</strong> corrente sulla su<strong>per</strong>ficie del conduttore (<strong>per</strong> x=0).<br />

Il modulo delle correnti ad una profon<strong>di</strong>tà x=δ è circa il 37% <strong>di</strong> quello in su<strong>per</strong>ficie e il valore<br />

<strong>di</strong> δ presenta una notevole <strong>di</strong>minuzione all’aumentare della frequenza del campo inducente<br />

(questo fenomeno è illustrato in fig. 1.7). All’aumentare della frequenza, la corrente indotta <strong>di</strong><br />

addensa sulla su<strong>per</strong>ficie dell’oggetto esaminato <strong>per</strong> cui <strong>non</strong> saranno rilevati <strong>di</strong>fetti<br />

sottosu<strong>per</strong>ficiali, d’altro canto, aumentando la frequenza del campo inducente, a parità <strong>di</strong> altre<br />

con<strong>di</strong>zioni, aumenta anche l’ampiezza delle correnti. Una maggiore ampiezza delle correnti<br />

comporta una più semplice elaborazione del segnale <strong>di</strong>stinguendolo con maggiore facilità dai<br />

<strong>di</strong>sturbi aleatori sovrapposti. Spesso si tende ad utilizzare frequenze alquanto elevate, anche<br />

se la scelta è dettata dalle particolarità dell’esame che deve essere effettuato.<br />

Da quanto fin qui esposto risulta evidente che la possibilità <strong>di</strong> rilevare <strong>di</strong>fetti, <strong>di</strong>slocati nella<br />

sezione del materiale, è subor<strong>di</strong>nata:<br />

Penetrazione<br />

Forza delle<br />

correnti indotte<br />

0 37% 100%<br />

Fig. 1.7 Penetrazione delle correnti indotte nei materiali.<br />

δ<br />

37


Capitolo 1 I controlli <strong>non</strong> <strong>di</strong>struttivi<br />

- alla con<strong>di</strong>zione che le correnti indotte penetrino in profon<strong>di</strong>tà nel materiale, fino ad<br />

interessare tutto lo spessore del manufatto o comunque la porzione esterna <strong>di</strong> esso che si<br />

intende esplorare al fine <strong>di</strong> rivelare <strong>di</strong>fetti <strong>non</strong> accettabili;<br />

- alla con<strong>di</strong>zione che i segnali associati alla presenza <strong>di</strong> <strong>di</strong>fetti siano <strong>di</strong>scriminabili rispetto<br />

ai segnali originati da cause estranee ai criteri <strong>di</strong> accettabilità del prodotto.<br />

Il problema della rilevabilità dei <strong>di</strong>fetti nei manufatti può essere affrontato, almeno <strong>per</strong> quanto<br />

attiene la seconda con<strong>di</strong>zione, scegliendo <strong>di</strong> volta in volta il valore ottimale della frequenza<br />

del campo magnetico indotto; è intuibile che il valore selezionato <strong>per</strong> tale parametro deve<br />

risultare dal compromesso tra la necessità <strong>di</strong> penetrare una data porzione del materiale e<br />

quella <strong>di</strong> ottenere sfasamenti quanto maggiori possibili tra il segnale utile associato ai <strong>di</strong>fetti e<br />

quelli associati a tutte le altre cause <strong>non</strong> interessanti il controllo e costituenti quello che<br />

normalmente viene designato come rumore <strong>di</strong> fondo, ovvero <strong>di</strong>sturbo.<br />

Per quanto attiene alla prima con<strong>di</strong>zione invece, rileviamo che essa impone che il <strong>di</strong>fetto, <strong>per</strong><br />

essere rilevato, debba essere situato entro lo spessore <strong>di</strong> conduzione delle correnti indotte in<br />

modo da costituire elemento <strong>di</strong> <strong>per</strong>turbazione; ciò tuttavia <strong>non</strong> è sufficiente, essendo<br />

in<strong>di</strong>spensabile anche che la <strong>per</strong>turbazione abbia entità tale da poter essere sicuramente<br />

rilevabile dall’esterno. Tenendo allora presente la <strong>di</strong>versa <strong>di</strong>stribuzione che assumono le<br />

correnti indotte nella sezione del conduttore, è evidente che tutti i <strong>di</strong>fetti affioranti alla<br />

su<strong>per</strong>ficie, intercettando gli strati a maggiore densità <strong>di</strong> corrente indotta, saranno sicuramente<br />

rilevabili, mentre lo stesso può <strong>non</strong> accadere <strong>per</strong> i <strong>di</strong>fetti <strong>non</strong> affioranti che interessano solo<br />

gli strati più interni <strong>di</strong> conduzione ai quali, <strong>per</strong> certi valori <strong>di</strong> frequenza, compete una densità<br />

<strong>di</strong> corrente <strong>per</strong>centualmente molto bassa rispetto a quella degli strati esterni.<br />

E’ <strong>per</strong> questa ragione che normalmente si ritiene che la rilevabilità <strong>di</strong> un <strong>di</strong>fetto sia assicurata,<br />

purché questo sia ubicato entro la zona <strong>di</strong> conduzione, ad una profon<strong>di</strong>tà <strong>per</strong> cui la densità <strong>di</strong><br />

corrente indotta sia ancora pari a circa il 37% della densità <strong>di</strong> corrente dello strato su<strong>per</strong>ficiale<br />

(cioè entro lo spessore <strong>di</strong> penetrazione).<br />

38


Capitolo 1 I controlli <strong>non</strong> <strong>di</strong>struttivi<br />

Risulta quin<strong>di</strong> evidente come la scelta della frequenza <strong>di</strong> lavoro rappresenta una fase molto<br />

importante nell’esecuzione <strong>di</strong> ECT. Questa viene fatta in funzione del tipo <strong>di</strong> materiale che si<br />

va ad indagare, del tipo <strong>di</strong> <strong>di</strong>fetto, del tipo <strong>di</strong> sonda usata, della velocità <strong>di</strong> esecuzione della<br />

prova, degli obiettivi della prova (se si vuole solo rilevare la presenza del <strong>di</strong>fetto o anche<br />

fornire informazioni aggiuntive) e quin<strong>di</strong> della precisione che si vuole garantire nella <strong>misura</strong>.<br />

Ad esempio, la rilevazione <strong>di</strong> <strong>di</strong>fetti su<strong>per</strong>ficiali viene normalmente eseguita me<strong>di</strong>ante sonde a<br />

“penna”, utilizzando frequenze che vanno dai 100kHz ad alcuni MHz in funzione del<br />

materiale esaminato: 2MHz <strong>per</strong> l’alluminio, 6MHz <strong>per</strong> il titanio, 100-200kHz <strong>per</strong> materiali<br />

ferrosi. La rilevazione dei <strong>di</strong>fetti sottosu<strong>per</strong>ficiali, ad esempio nelle applicazioni aeronautiche,<br />

vengono effettuate con frequenze molto basse (dell’or<strong>di</strong>ne del kHz), che riescano a garantire<br />

spessori <strong>di</strong> penetrazione <strong>di</strong> 10mm ed oltre.<br />

1.4.9.2 Costituzione <strong>di</strong> un apparecchio tipo <strong>per</strong> ECT<br />

Un generico apparecchio <strong>per</strong> il controllo dei materiali con correnti indotte deve assolvere alle<br />

seguenti funzioni fondamentali:<br />

- creare un campo magnetico variabile tale che, concatenandosi attraverso il materiale in<br />

esame, generi in esso un flusso <strong>di</strong> correnti indotte; il generatore che fornisce la corrente<br />

<strong>per</strong> la creazione <strong>di</strong> tale campo dovrà consentire che l’intensità <strong>di</strong> questo, e la sua<br />

frequenza, possano essere scelte secondo necessità.<br />

- rilevare le mo<strong>di</strong>ficazioni del campo, associate alla variazione delle correnti indotte.<br />

- elaborare il segnale originato dall’evento anomalo onde <strong>di</strong>scriminare l’informazione utile<br />

ai fini della selezione del manufatto.<br />

Le prime due funzioni sono affidate ad opportuni avvolgimenti in genere solenoidali, mentre<br />

la terza viene espletata da una catena elettronica <strong>di</strong> elaborazione e valutazione del segnale.<br />

A seconda della tipologia del prodotto da controllare, e del conseguente sistema adottato <strong>per</strong> il<br />

prelievo del segnale, si può avere la separazione tra la funzione generatrice del campo e quella<br />

39


Capitolo 1 I controlli <strong>non</strong> <strong>di</strong>struttivi<br />

<strong>di</strong> rivelazione del segnale, attribuendo ciascuna <strong>di</strong> queste a due avvolgimenti separati (bobina<br />

<strong>di</strong> campo e bobina <strong>di</strong> <strong>misura</strong>), ovvero le due funzioni possono far capo ad un’unica bobina che<br />

assolve sia al compito <strong>di</strong> induttore che <strong>di</strong> rivelatore.<br />

Così <strong>per</strong> materiali a sezione geometrica regolare (poligonale, circolare, tubolare, ecc.) <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>mensioni contenute, le due funzioni sono scisse normalmente tra loro e fanno capo a due<br />

bobine coassiali realizzate in maniera tale da avvolgere il manufatto sotto controllo. Questo<br />

viene fatto scorrere entro le bobine quin<strong>di</strong> esposto progressivamente al campo magnetizzante;<br />

così viene realizzato il controllo del completo manufatto a meno <strong>di</strong> due brevi tratti <strong>di</strong><br />

estremità (ve<strong>di</strong> fig. 1.8).<br />

Quando le <strong>di</strong>mensioni del manufatto da controllare, ovvero la sua conformazione, <strong>non</strong><br />

consentono la soluzione della bobina avvolgente, viene a cadere la possibilità <strong>di</strong> esplorare<br />

contemporaneamente la sua sezione intera, e <strong>di</strong> conseguenza il controllo può essere eseguito<br />

soltanto <strong>per</strong> punti, in corrispondenza <strong>di</strong> ciascuno dei quali il controllo coinvolge solo una<br />

porzione del manufatto<br />

Si <strong>di</strong>ce allora che il complesso induttore-rivelatore è realizzato in forma da tastatore o con<br />

<strong>test</strong>ina pick-up; in fig. 1.9 sono mostrate in modo schematico questo tipo <strong>di</strong> realizzazioni in<br />

cui le due funzioni fondamentali, quali l’eccitazione e la rivelazione del segnale, possono<br />

essere svolte da un’unica bobina o separate.<br />

.<br />

Fig. 1.8 Schema <strong>di</strong> principio del complesso <strong>di</strong> eccitazione e <strong>di</strong> rivelazione <strong>per</strong> un apparecchio <strong>di</strong> controllo a<br />

correnti indotte a bobine avvolgenti.<br />

40


Capitolo 1 I controlli <strong>non</strong> <strong>di</strong>struttivi<br />

excitation<br />

& pick-up<br />

coil<br />

J<br />

H0<br />

Hr<br />

Accanto a queste due versioni principali, il complesso induttore-rivelatore ne può assumere<br />

altre in relazione alle <strong>di</strong>verse necessità <strong>di</strong> controllo, tra le quali si può citare ad esempio quello<br />

relativo all’esame <strong>di</strong> manufatti tubolari, eseguito <strong>per</strong>ò dall’interno, come nel caso <strong>di</strong> caldaie,<br />

scambiatori <strong>di</strong> calore ecc (ve<strong>di</strong> fig. 1.10).<br />

Bisogna infine <strong>di</strong>re che nell’esecuzione <strong>di</strong> un controllo ECT, alcuni fattori ne ostacolano uno<br />

svolgimento affidabile ed economico. Tra questi vanno citati:<br />

- variazioni <strong>di</strong>mensionali dei prodotti controllati con bobina avvolgente, mo<strong>di</strong>ficano il<br />

fattore <strong>di</strong> accoppiamento magnetico con conseguente variazione del segnale , al <strong>di</strong> là dello<br />

stato <strong>di</strong> integrità. Nel caso invece che il controllo venga effettuato con sonde a tastatore un<br />

fenomeno analogo è provocato dalle variazioni inevitabili della <strong>di</strong>stanza intercorrente tra<br />

la su<strong>per</strong>ficie in esame e la sonda (lift-off);<br />

- rugosità su<strong>per</strong>ficiale del manufatto in esame, la quale provoca un incremento del rumore<br />

<strong>di</strong> fondo del segnale;<br />

a)<br />

pick-up<br />

coil<br />

J<br />

H0<br />

Hr<br />

excitation<br />

coil<br />

b)<br />

J<br />

H0<br />

Hr<br />

excitation<br />

coil<br />

Fig. 1.9 Schema <strong>di</strong> principio del complesso <strong>di</strong> eccitazione e <strong>di</strong> rivelazione <strong>per</strong> un apparecchio <strong>di</strong> controllo a<br />

correnti indotte e bobina a tastatore: a) eccitazione e rivelazione sono affidate ad un’unica bobina; b) le<br />

due funzioni sono affidate a due bobine separate; c) esempio <strong>di</strong> applicazione <strong>di</strong> bobina a tastatore su tubi.<br />

pick-up<br />

coil<br />

Fig. 1.10 Sonda <strong>per</strong> il controllo interno dei tubi.<br />

c)<br />

41


Capitolo 1 I controlli <strong>non</strong> <strong>di</strong>struttivi<br />

- incorretta centratura del manufatto all’interno della bobina avvolgente e presenza <strong>di</strong><br />

vibrazioni durante il controllo;<br />

- variazione localizzata della <strong>per</strong>meabilità magnetica del pezzo in esame, i segnali ad essa<br />

associati hanno, generalmente, intensità maggiore <strong>di</strong> quelli provocati dalla presenza <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>fetti;<br />

- variazione localizzata della resistività del pezzo in esame.<br />

La necessità <strong>di</strong> eliminare i segnali spuri provenienti da queste e da altre cause, impone<br />

l’introduzione <strong>di</strong> apparecchi particolari senza i quali <strong>non</strong> sarebbe possibile effettuare<br />

vantaggiosamente il controllo, in modo particolare nei processi automatizzati. E’ evidente che<br />

ciò comporta una complicazione strumentale e <strong>di</strong> processo che va ad influire sulla semplicità<br />

ed economicità del metodo.<br />

1.4.9.3 Applicazioni<br />

Per il suo principio <strong>di</strong> funzionamento l’ECT può essere utilizzato solo con materiali<br />

conduttori, ma ciò <strong>non</strong> rappresenta un grosso limite, poiché la maggior parte dei manufatti che<br />

posseggono dei requisiti <strong>di</strong> elevata resistenza meccanica e alla corrosione sono costruiti in<br />

metallo e proprio su questi oggetti sono effettuati il maggior numero <strong>di</strong> <strong>test</strong> <strong>non</strong> <strong>di</strong>struttivi <strong>per</strong><br />

prevenire rotture improvvise. Sono quin<strong>di</strong> esaminabili tutti gli oggetti in ferro o acciaio, in<br />

alluminio o lega d’alluminio, anche materiali <strong>non</strong> metallici ma conduttori come i composti<br />

della grafite. Tale metodo risulta a tutt’oggi una valida alternativa alla <strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong><br />

applicazione del controllo magnetoscopico <strong>per</strong> l’esame dei componenti realizzati in acciaio<br />

inossidabile austenitico. Particolare importanza assume il fatto che, <strong>non</strong> essendo necessario il<br />

contatto fisico tra sonda e su<strong>per</strong>ficie in esame, risulta possibile il controllo <strong>di</strong> manufatti in<br />

movimento e <strong>di</strong> componenti caratterizzati da particolari geometrie o tem<strong>per</strong>ature su<strong>per</strong>ficiali<br />

molto elevate. Oltre al campo metallurgico, il metodo delle correnti indotte è ampiamente<br />

utilizzato nel settore aeronautico; la sua applicazione risulta largamente <strong>di</strong>ffusa sia <strong>per</strong> la<br />

42


Capitolo 1 I controlli <strong>non</strong> <strong>di</strong>struttivi<br />

buona conduttività elettrica dei materiali in esame sia <strong>per</strong> la <strong>di</strong>fettologia su<strong>per</strong>ficiale che si<br />

presta ad essere rilevata con questo metodo <strong>di</strong> analisi.<br />

Al fine <strong>di</strong> evidenziare incrinature, anche allo stato nascente, in modo sia da intervenire<br />

preventivamente su possibili fenomeni <strong>di</strong> rottura che da avere dei criteri oggettivi <strong>di</strong> esame,<br />

vengono spesso utilizzati dei campioni <strong>di</strong> riferimento. I campioni (standard <strong>di</strong> riferimento)<br />

presentano una serie <strong>di</strong> <strong>di</strong>scontinuità (<strong>di</strong>fetti) aventi <strong>di</strong>mensioni e geometrie note, e<br />

consentono <strong>di</strong> definire e registrare i parametri significativi del segnale strumentale, che<br />

risulterà <strong>di</strong> riferimento durante l'ispezione.<br />

Il sistema presenta, come visto, alcuni inconvenienti legati al trattamento dei segnali, che<br />

possono essere influenzati da <strong>di</strong>sturbo e l’indagine può essere complicata da una geometria<br />

<strong>non</strong> semplice dell’oggetto esaminato, che <strong>non</strong> consente un’aderenza della sonda alla<br />

su<strong>per</strong>ficie; è <strong>per</strong>ò <strong>di</strong> uso relativamente semplice, <strong>per</strong>mette confronti oggettivi ed il controllo è<br />

facilmente inseribile in un processo automatizzato. Eventualmente l’oggetto risultato <strong>di</strong>fettoso<br />

all’indagine ECT è inviato ad ulteriori esami più complessi e accurati (liqui<strong>di</strong> penetranti,<br />

ra<strong>di</strong>oscopia, ultrasuoni) <strong>per</strong> in<strong>di</strong>viduare l’esatta entità del danno e se questo può comportare<br />

rotture.<br />

1.5 La <strong>per</strong>icolosità dei <strong>di</strong>fetti e l’affidabilità dei controlli <strong>non</strong> <strong>di</strong>struttivi<br />

Le informazioni circa la <strong>di</strong>fettosità del materiale, fornite dai vari meto<strong>di</strong> <strong>non</strong> <strong>di</strong>struttivi, sono<br />

quasi mai <strong>di</strong>rettamente traducibili in termini quantitativi <strong>di</strong> danno, ovvero <strong>di</strong> minor resistenza<br />

del manufatto in servizio. Infatti si tratta <strong>di</strong> informazioni in<strong>di</strong>rette, costituite da tracce<br />

su<strong>per</strong>ficiali, immagini, segnali elettrici, che in qualche modo devono essere “tarati” rispetto<br />

alla caratteristica resistenziale <strong>di</strong> cui si vuole valutare il deca<strong>di</strong>mento in funzione dei <strong>di</strong>fetti<br />

rilevati. Per chiarire la relazione esistente tra il risultato della prova <strong>non</strong> <strong>di</strong>struttiva e la<br />

capacità del particolare esaminato <strong>di</strong> sopportare gli sforzi al quale è destinato, occorre<br />

innanzitutto definire una classificazione dei <strong>di</strong>fetti secondo la loro <strong>per</strong>icolosità ed, in<br />

43


Capitolo 1 I controlli <strong>non</strong> <strong>di</strong>struttivi<br />

particolare, si deve giungere a stabilire il limite <strong>di</strong> accettabilità <strong>per</strong> ciascun tipo <strong>di</strong> <strong>di</strong>fetto. Le<br />

prove <strong>di</strong>struttive utili a questo fine possono essere <strong>di</strong> vario tipo: funzionamento, sovraccarico,<br />

fatica. Generalmente queste prove sono assai complesse e la loro esecuzione corretta risulta<br />

lunga e costosa: accade così che spesso <strong>non</strong> possono essere espletate completamente. In questi<br />

casi è assai critico scegliere il giusto livello <strong>di</strong> qualità: se questo e mantenuto troppo alto si<br />

incorre nello scarto <strong>di</strong> materiali che potrebbero funzionare regolarmente <strong>non</strong>ostante i <strong>di</strong>fetti<br />

accertati; se è mantenuto troppo basso si rischia <strong>di</strong> avere rotture in servizio dei materiali<br />

esaminati. Senza entrare nel dettaglio dell’argomento, ampiamente trattato dalle moderne<br />

teorie sulla meccanica della frattura, sarà bene accennare a due orientamenti fondamentali<br />

nella filosofia ispiratrice del progetto <strong>di</strong> una struttura complessa. Se essa è concepita in modo<br />

che gli sforzi siano sopportati singolarmente da particolari tutti essenziali, tali che la rottura <strong>di</strong><br />

uno <strong>di</strong> questi comporti la catastrofe 1 , allora la sua integrità dovrà essere assicurata fino al<br />

termine della sua vita, garantendo che essa <strong>non</strong> contenga <strong>di</strong>fetti suscettibili <strong>di</strong> propagarsi a<br />

<strong>di</strong>mensioni critiche in esercizio; ossia, la vita sicura (safe-life) della struttura deve essere<br />

garantita con controlli molto severi ed il criterio <strong>di</strong> tollerabilità dei <strong>di</strong>fetti sarà <strong>di</strong> conseguenza<br />

molto restrittivo.<br />

Se invece la struttura è concepita in modo composito, tale che gli sforzi siano <strong>di</strong>stribuiti fra<br />

più elementi in parallelo (quin<strong>di</strong> <strong>non</strong> singolarmente essenziali), e la rottura <strong>di</strong> uno <strong>di</strong> questi sia<br />

tollerata dai rimanenti, allora è evitata la catastrofe e quel elemento sarà poi sostituito con<br />

minimo danno. Ad esempio, una giunzione effettuata con un solo bullone richiede che i due<br />

fori passanti ed il bullone stesso <strong>non</strong> presentino inneschi <strong>di</strong> cricche, altrimenti <strong>per</strong> fatica si<br />

giungerebbe alla catastrofe; invece se è effettuata con sei bulloni <strong>di</strong> minor sezione, ma<br />

proporzionati in modo che cinque <strong>di</strong> essi siano ancora sufficienti a sopportare lo sforzo, la<br />

catastrofe sarà evitata.<br />

1 1 Catastrofe intesa come grave danno apportato a cose e soprattutto a <strong>per</strong>sone.<br />

44


Capitolo 1 I controlli <strong>non</strong> <strong>di</strong>struttivi<br />

In conclusione, la molteplicità <strong>di</strong> fattori che concorrono a determinare la <strong>per</strong>icolosità dei<br />

<strong>di</strong>fetti, e la <strong>di</strong>fficoltà estrema <strong>di</strong> una loro completa analisi (talvolta <strong>non</strong> sono neppure<br />

accertabili con sicurezza la forma e le <strong>di</strong>mensioni del <strong>di</strong>fetto), rendono conto della situazione<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>sagio <strong>di</strong> chi deve deliberare l’accettazione dei materiali. L’assenza assoluta dei <strong>di</strong>fetti <strong>non</strong><br />

è generalmente possibile e <strong>non</strong> si può quin<strong>di</strong> pretenderla nei materiali. Inoltre <strong>non</strong> devono<br />

essere <strong>di</strong>menticate altre considerazioni: economia, durata, prestigio, oltre alla sicurezza.<br />

In particolare, dalle considerazioni <strong>di</strong> economia <strong>non</strong> si può prescindere in nessuna attività<br />

industriale, e questo impone ogni sforzo <strong>per</strong> <strong>di</strong>stinguere tra i <strong>di</strong>fetti che realmente<br />

pregiu<strong>di</strong>cano la resistenza dei materiali e quelli che sono innocui. In termini <strong>di</strong> affidabilità, la<br />

durata, cioè la vita me<strong>di</strong>a che si pretende da un complesso meccanico, è un altro dato <strong>di</strong><br />

interesse: sarebbe infatti fuori luogo pretendere da un particolare la resistenza a un numero <strong>di</strong><br />

cicli molto maggiore <strong>di</strong> quello che si verificherà nell’intera vita presunta del complesso.<br />

Le considerazioni <strong>di</strong> prestigio <strong>non</strong> sono argomenti strettamente tecnici, ma si deve riconoscere<br />

che spesso assumono notevole importanza: così, ad esempio, in sede <strong>di</strong> valutazione<br />

commerciale è preferito un particolare esente da <strong>di</strong>fetti, anche se si tratta <strong>di</strong> <strong>di</strong>fetti<br />

assolutamente innocui; oppure, in caso <strong>di</strong> incidenti, la presenza <strong>di</strong> <strong>di</strong>fetti nel materiale, anche<br />

quando essi sicuramente <strong>non</strong> sono imputabili <strong>di</strong> alcun concorso alla rottura, ha una negativa<br />

influenza psicologica su chi indaga. In conclusione, i giu<strong>di</strong>zi <strong>di</strong> accettazione dovranno<br />

contem<strong>per</strong>are <strong>di</strong>versi criteri talvolta contrastanti, ciascuno dei quali, <strong>di</strong> caso in caso, può avere<br />

maggiore o minore importanza. L’unico criterio che in nessun caso può essere trascurato è<br />

quello della sicurezza.<br />

1.6 Conclusioni<br />

I Controlli <strong>non</strong> Distruttivi sono <strong>di</strong>ventati oggigiorno <strong>di</strong> fondamentale importanza <strong>non</strong> solo in<br />

quei settori critici quali il nucleare, il petrolchimico, l’aeronautico e l’aerospaziale, ove la<br />

sicurezza è il bene primario e viene preservata con stringenti controlli <strong>di</strong> qualità sui<br />

45


Capitolo 1 I controlli <strong>non</strong> <strong>di</strong>struttivi<br />

componenti utilizzati.<br />

Infatti, mentre in passato le aziende sceglievano <strong>per</strong> volontà propria <strong>di</strong> implementare un<br />

sistema <strong>di</strong> Controllo della Qualità <strong>per</strong> ottenere benefici quali riduzione degli scarti, maggiore<br />

prestigio, ecc., oggigiorno esistono precise <strong>di</strong>sposizioni legislative a garanzia della qualità dei<br />

prodotti. Questo, insieme ad altri fattori, ha portato negli ultimi decenni allo sviluppo <strong>di</strong><br />

molteplici tecniche <strong>di</strong> indagine <strong>non</strong> <strong>di</strong>struttiva che risultano spesso complementari tra loro.<br />

Ognuna ha dei pregi, dei <strong>di</strong>fetti e dei limiti che le rendono applicabili solo in specifici settori e<br />

<strong>per</strong> la ricerca <strong>di</strong> <strong>di</strong>fetti ben definiti. Alcune <strong>di</strong> queste posseggono requisiti <strong>di</strong> sensibilità,<br />

affidabilità e versatilità molto alti, ma hanno <strong>di</strong> contro elevati costi quin<strong>di</strong> vengono utilizzate<br />

anch’esse solo <strong>per</strong> scopi specifici. Il metodo ECT è tra i più <strong>di</strong>ffusi in ambito industriale<br />

<strong>per</strong>ché ben si adatta alle esigenze del settore. Infatti richiede apparecchiature poco costose, è<br />

<strong>di</strong> semplice impiego, è facilmente automatizzabile ed è oggettivo prescindendo<br />

dall’es<strong>per</strong>ienza e dall’abilità dell’o<strong>per</strong>atore.<br />

46


2.1 Introduzione<br />

Capitolo 2<br />

I meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> indagine proposti<br />

Fattori <strong>di</strong> tipo tecnico, economico e legislativo hanno trainato, negli ultimi decenni, lo<br />

sviluppo delle PnD sia in termini <strong>di</strong> nascita <strong>di</strong> nuove tecniche <strong>di</strong> indagine che <strong>di</strong><br />

miglioramento delle prestazioni <strong>di</strong> tecniche già esistenti.<br />

Dal punto <strong>di</strong> vista tecnico, si ha la necessità <strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduare la <strong>di</strong>fettosità <strong>di</strong> materiali sempre<br />

più avanzati, rispondenti a più stringenti requisiti <strong>di</strong> resistenza e leggerezza, richiesti da alcuni<br />

settori car<strong>di</strong>ne quali l’aerospaziale, il nucleare, il petrolchimico, etc.<br />

Per quanto concerne l’aspetto economico, la possibilità <strong>di</strong> effettuare l’analisi dei materiali con<br />

costi minori, a parità <strong>di</strong> precisione nell’in<strong>di</strong>viduazione delle anomalie, già <strong>di</strong> <strong>per</strong> se giustifica<br />

gli investimenti in questo settore della ricerca scientifica. Bisogna <strong>per</strong>ò <strong>di</strong>re che negli ultimi<br />

anni si è avuta un’evoluzione del concetto economico connesso alla qualità, e quin<strong>di</strong> ai<br />

controlli <strong>non</strong> <strong>di</strong>struttivi, passando da un nozione <strong>di</strong> costo associato all’implementazione <strong>di</strong> un


Capitolo 2 I meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> indagine proposti<br />

sistema <strong>di</strong> controllo della qualità, ad una nozione <strong>di</strong> investimento e <strong>di</strong> risparmio economico<br />

dovuti alla riduzione degli scarti <strong>di</strong> produzione, all’ottimizzazione del processo produttivo, al<br />

miglioramento dell’immagine dell’azienda sul mercato.<br />

Alla scadenza del 1993 infatti, con il completamento dell'assetto del Mercato Europeo, é stata<br />

liberalizzata la circolazione dei prodotti nei Paesi membri della Comunità Economica<br />

Europea, con tutti i vantaggi preve<strong>di</strong>bili nell'incremento del volume <strong>di</strong> scambio; ciò ha<br />

rafforzato nelle aziende la consapevolezza riguardo le problematiche connesse con la qualità,<br />

al fine <strong>di</strong> ottenere un prodotto affidabile, tecnicamente valido ed economicamente competitivo<br />

sia in ambito nazionale che internazionale.<br />

Infine, recependo l’importanza degli aspetti connessi alla qualità <strong>di</strong> prodotti e servizi, i<br />

legislatori nazionali ed internazionali hanno emanato precise <strong>di</strong>rettive sulla responsabilità<br />

civile da prodotto <strong>di</strong>fettoso [9], introducendo un regime <strong>di</strong> parziale responsabilità oggettiva<br />

che prescinde da qualsiasi colpa del produttore.<br />

E’ in tale con<strong>test</strong>o tecnico ed economico che si colloca l’attività <strong>di</strong> ricerca svolta, atta allo<br />

sviluppo <strong>di</strong> meto<strong>di</strong> e <strong>strumenti</strong> <strong>di</strong> <strong>misura</strong> <strong>per</strong> l’esecuzione <strong>di</strong> Prove <strong>non</strong> Distruttive con la<br />

tecnica delle Correnti Indotte.<br />

Seppur tecnologicamente avanzati, le tecniche e gli <strong>strumenti</strong> ECT attualmente in uso <strong>non</strong><br />

sono privi <strong>di</strong> problemi e limitazioni.<br />

i. Uno dei maggiori limiti è rappresentato dalla scarsa penetrazione delle correnti indotte<br />

nel materiale da <strong>test</strong>are (effetto pellicolare), che determina grosse <strong>di</strong>fficoltà<br />

nell’in<strong>di</strong>viduazione <strong>di</strong> <strong>di</strong>fetti situati in profon<strong>di</strong>tà nel componente sotto esame. Infatti, se<br />

da un lato bassi valori o<strong>per</strong>ativi delle frequenze utilizzate comportano un incremento<br />

dello spessore <strong>di</strong> penetrazione delle correnti indotte nel pezzo, decretando la possibilità <strong>di</strong><br />

in<strong>di</strong>viduare <strong>di</strong>fetti posti a maggiori profon<strong>di</strong>tà, dall’altro provocano un deca<strong>di</strong>mento<br />

dell’ampiezza delle correnti indotte con conseguente riduzione dei segnali. La situazione<br />

si capovolge utilizzando elevati valori o<strong>per</strong>ativi <strong>di</strong> frequenza.<br />

48


Capitolo 2 I meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> indagine proposti<br />

ii. Sia <strong>per</strong> ragioni economiche che <strong>di</strong> sicurezza, in molte applicazioni è <strong>di</strong> fondamentale<br />

importanza l’accurata conoscenza delle caratteristiche geometrico-<strong>di</strong>mensionali dei<br />

<strong>di</strong>fetti. Queste informazioni infatti, <strong>per</strong>mettono sia <strong>di</strong> valutare con maggiore sensibilità<br />

l’accettabilità del componente sotto <strong>test</strong>, che <strong>di</strong> determinare le origini del <strong>di</strong>fetto nella<br />

catena <strong>di</strong> produzione o in esercizio, al fine <strong>di</strong> attuare le dovute azioni correttive.<br />

Tipicamente, nel campo dell’ECT attualmente in uso, la selezione dei componenti viene<br />

eseguita da o<strong>per</strong>atori es<strong>per</strong>ti che decidono l’accettabilità del pezzo sotto <strong>test</strong> analizzando<br />

visivamente la risposta dello strumento (<strong>per</strong> esempio analizzando il piano delle<br />

impedenze). La strumentazione moderna <strong>per</strong>mette <strong>di</strong> selezionare automaticamente i<br />

componenti <strong>di</strong>fettosi ma semplicemente comparando il livello dei segnali <strong>misura</strong>ti con<br />

opportune soglie predefinite. Esistono infine sul mercato <strong>strumenti</strong> più sofisticati, basati<br />

su tecnologie <strong>di</strong>gitali e unità <strong>di</strong> acquisizione dati, che o<strong>per</strong>ano su reti <strong>di</strong> workstation<br />

de<strong>di</strong>cate. Questi <strong>per</strong>mettono <strong>di</strong> controllare i sistemi <strong>di</strong> movimentazione atti<br />

all’esecuzione dei <strong>test</strong>, effettuare sofisticate analisi dei dati acquisiti, attivando opportuni<br />

allarmi (quando occorrono determinate con<strong>di</strong>zioni) e generando segnali <strong>per</strong> marcare o<br />

scartare il componente esaminato [21]. Questi <strong>strumenti</strong> <strong>per</strong>mettono <strong>di</strong> avere<br />

informazioni anche su particolari tipologie <strong>di</strong> <strong>di</strong>fetti, ma, in ogni caso, la ricostruzione<br />

della forma del <strong>di</strong>fetto con i valori numerici delle sue caratteristiche geometriche e della<br />

relativa incertezza, è ancora una questione a<strong>per</strong>ta, come confermato dall’attenzione che la<br />

comunità scientifica internazionale pone a questo aspetto [22]-[28].<br />

iii. La realizzazione <strong>di</strong> <strong>strumenti</strong> e sonde ECT ad elevate prestazioni ha incrementato sia i<br />

costi che la loro complessità tecnologica.<br />

Da tutte queste considerazioni, risulta evidente come sia possibile, ma soprattutto necessario,<br />

continuare ad investire in questo campo <strong>di</strong> ricerca, sviluppando nuove tecniche <strong>di</strong> indagine<br />

<strong>non</strong>ché progettando e realizzando nuove sonde e <strong>strumenti</strong> capaci <strong>di</strong> risolvere e su<strong>per</strong>are<br />

alcuni se <strong>non</strong> tutti i problemi e le limitazioni precedentemente menzionati e/o porsi<br />

49


Capitolo 2 I meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> indagine proposti<br />

all’avanguar<strong>di</strong>a nella soluzione delle nuove frontiere (intese come nuove necessità ispettive)<br />

decretate dallo sviluppo tecnologico nei <strong>di</strong>versi settori <strong>di</strong>sciplinari.<br />

E’ in quest’ottica che si pone l’attività <strong>di</strong> ricerca svolta, sviluppando, come già menzionato,<br />

meto<strong>di</strong> e <strong>strumenti</strong> <strong>di</strong> <strong>misura</strong> <strong>per</strong> l’esecuzione <strong>di</strong> Prove <strong>non</strong> Distruttive con la tecnica delle<br />

Correnti Indotte.<br />

Sono state messe a punto due tecniche d’indagine ispettiva, l’una fondata sul sensore <strong>di</strong><br />

campo magnetico innovativo fluxset [29]-[33], l’altra sulla tomografia induttiva [34]-[35].<br />

In seguito alla messa a punto dei meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> <strong>misura</strong>, l’attività <strong>di</strong> ricerca è proseguita:<br />

a) progettando, realizzando e caratterizzando le sonde, atte all’implementazione dei<br />

meto<strong>di</strong> proposti nell’esecuzione <strong>di</strong> Test <strong>non</strong> Distruttivi [31], [34], [35];<br />

b) sviluppando un sistema <strong>di</strong> auto calibrazione e taratura delle sonde, che <strong>per</strong>mette sia<br />

<strong>di</strong> tener conto dell’ambiente elettromagnetico <strong>di</strong> prova, sia <strong>di</strong> fornire risultati<br />

ripetibili ed espressi in Tesla [29];<br />

c) assodata la bontà del sistema realizzato, nell’in<strong>di</strong>viduazione dei <strong>di</strong>fetti, l’attenzione<br />

si è rivolta alla sua prototipizzazione, progettando, realizzando e <strong>test</strong>ando uno<br />

strumento compatto che assolva alle <strong>di</strong>verse funzioni <strong>di</strong> alimentazione della sonda,<br />

acquisizione ed elaborazione dei segnali provenienti dai sensori fluxset, pilotaggio<br />

del sistema <strong>di</strong> movimentazione <strong>non</strong>ché la gestione ed alimentazione del sistema <strong>di</strong><br />

auto calibrazione e taratura [30], [32].<br />

d) la messa in o<strong>per</strong>a dello strumento è stata resa possibile anche dal contemporaneo<br />

sviluppo ed ottimizzazione degli algoritmi <strong>di</strong> elaborazione dei segnali acquisiti, atti<br />

all’estrazione delle informazioni riguardanti la presenza dei <strong>di</strong>fetti. Infatti, nella<br />

realizzazione <strong>di</strong> uno strumento che effettui l’intera procedura <strong>di</strong> analisi <strong>non</strong><br />

<strong>di</strong>struttiva, oltre alla precisione nell’in<strong>di</strong>viduazione dei <strong>di</strong>fetti, il software <strong>di</strong> gestione<br />

ed elaborazione necessita anche <strong>di</strong> caratteristiche quali la ridotta occupazione <strong>di</strong><br />

50


Capitolo 2 I meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> indagine proposti<br />

memoria (installazione on-board) e la velocità <strong>di</strong> calcolo (elaborazione in real time)<br />

[30], [32];<br />

e) lo stu<strong>di</strong>o e la messa a punto <strong>di</strong> una tecnica <strong>di</strong> elaborazione dei segnali, basata sulle<br />

Support Vector Machine (SVM), capace <strong>di</strong> fornire precise informazioni <strong>non</strong> solo<br />

sulla presenza del <strong>di</strong>fetto ma anche della sua posizione, forma, <strong>di</strong>mensioni<br />

geometriche e relativa incertezza [33].<br />

In seguito alla presentazione delle tecniche <strong>di</strong> indagine proposte, verranno esposte in dettaglio<br />

tutte le attività summenzionate, mostrando illustrando e commentando le scelte fatte e le<br />

motivazioni generanti <strong>non</strong>ché i risultati s<strong>per</strong>imentali ottenuti.<br />

2.2 Il metodo basato sul sensore fluxset<br />

Al fine <strong>di</strong> risolvere alcuni dei summenzionati problemi delle tecniche ECT attualmente in uso,<br />

in letteratura sono stati proposti sensori <strong>di</strong> campo magnetico basati su principi <strong>di</strong><br />

funzionamento alternativi [36]-[39].<br />

Caratteristiche peculiari <strong>di</strong> questi sensori sono la presenza <strong>di</strong> due avvolgimenti, <strong>di</strong> driving e <strong>di</strong><br />

pickup, e <strong>di</strong> un nucleo ferromagnetico. Lasciando a letture specifiche un’esaustiva trattazione<br />

sia dei principi <strong>di</strong> funzionamento che delle potenzialità <strong>di</strong> questi sensori, l’attenzione sarà<br />

posta sul sensore fluxset che, tra gli altri, è stato scelto nello sviluppo <strong>di</strong> questa attività <strong>di</strong><br />

ricerca.<br />

2.2.1 Il sensore fluxset<br />

I sensori fluxset sono nati <strong>per</strong> la <strong>misura</strong>zione, con buon grado <strong>di</strong> precisione, <strong>di</strong> campi<br />

magnetici <strong>di</strong> bassa intensità, coprendo un range <strong>di</strong> frequenze che va dalla continua a circa 100<br />

kHz [39]-[41]. Dal punto <strong>di</strong> vista costruttivo il fluxset è costituito da due solenoi<strong>di</strong>, detti <strong>di</strong><br />

driver (o driving) e <strong>di</strong> pick-up, avvolti su <strong>di</strong> un nucleo ferromagnetico in modo coassiale e<br />

<strong>di</strong>sposti l’uno internamente all’altro (fig. 2.1).<br />

In fig. 2.2 viene invece mostrata una fotografia del sensore fluxset; il confronto con una<br />

51


Capitolo 2 I meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> indagine proposti<br />

moneta da 1 euro rende conto delle sue ridotte <strong>di</strong>mensioni geometriche.<br />

Nella rappresentazione schematica <strong>di</strong> fig. 2.1 l’avvolgimento <strong>di</strong> driver è posizionato<br />

internamente a quello <strong>di</strong> pick-up; questa, come verrà meglio illustrato in seguito, <strong>non</strong> è l’unica<br />

soluzione possibile ne la migliore.<br />

Solenoide <strong>di</strong><br />

Pickup<br />

vs(t)<br />

Solenoide <strong>di</strong><br />

Driving<br />

Nucleo<br />

ferromagnetico<br />

Il nucleo è costituito da una lamina molto sottile (or<strong>di</strong>ne dei 10 µm) <strong>di</strong> vetro metallico: un<br />

ie(t)<br />

Fig. 2.1 Rappresentazione schematica <strong>di</strong> un sensore fluxset.<br />

Fig. 2.2 Una foto del sensore fluxset.<br />

52


Capitolo 2 I meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> indagine proposti<br />

ottimo materiale magnetico dolce, caratterizzato da elevata <strong>per</strong>meabilità iniziale (µr = 85000)<br />

e basso campo <strong>di</strong> saturazione (Bs = 0.65 T).<br />

Il principio <strong>di</strong> funzionamento del sensore fluxset è il seguente: si alimenta l’avvolgimento <strong>di</strong><br />

comando (driver) con una corrente ie(t) <strong>di</strong> forma d’onda triangolare che magnetizza<br />

<strong>per</strong>io<strong>di</strong>camente il nucleo ferromagnetico fino alla saturazione, quin<strong>di</strong>, ai capi<br />

dell’avvolgimento <strong>di</strong> pick-up, si preleva il segnale in tensione vs(t), il cui andamento è<br />

riportato in fig. 2.3.<br />

In assenza <strong>di</strong> campo magnetico esterno e in con<strong>di</strong>zioni ideali, la tensione vs(t) è pressoché<br />

simmetrica (fig. 2.3 b)). Quando un campo esterno è sovrapposto all’eccitazione <strong>per</strong>io<strong>di</strong>ca, il<br />

tempo necessario a saturare il nucleo in una <strong>di</strong>rezione (ad esempio <strong>per</strong> valori positivi della<br />

corrente <strong>di</strong> driving) è più elevato <strong>di</strong> quello speso <strong>per</strong> la saturazione nella <strong>di</strong>rezione opposta<br />

(<strong>per</strong> valori negativi della corrente <strong>di</strong> driving); ne consegue uno shift del segnale <strong>di</strong> pick-up che<br />

<strong>per</strong>de la sua simmetria (fig. 2.3 c)). In conclusione alimentando opportunamente il sensore e<br />

Fig. 2.3 a) segnale dell’avvolgimento <strong>di</strong> driving - b) segnale dell’avvolgimento <strong>di</strong> pick-up in assenza <strong>di</strong><br />

campo magnetico esterno - c) segnale dell’avvolgimento <strong>di</strong> pick-up in presenza <strong>di</strong> campo magnetico<br />

esterno.<br />

Si noti come, essendo il segnale dell’avvolgimento <strong>di</strong> pick-up la derivata del flusso con esso concatenato,<br />

assume valore nullo quando la corrente nella bobina <strong>di</strong> driving è tale da portare il nucleo alla saturazione<br />

(con<strong>di</strong>zione <strong>per</strong> la quale il flusso è costante); assume invece valore elevato quando detta corrente<br />

magnetizza il nucleo nella zona lineare ad alta <strong>per</strong>meabilità.<br />

53


Capitolo 2 I meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> indagine proposti<br />

con una adatta geometria del nucleo, lo shift del segnale vs(t) <strong>di</strong>pende solo dal valore e dal<br />

segno della componente del campo esterno, parallela all’asse del nucleo stesso.<br />

I principali vantaggi del sensore fluxset sono:<br />

elevato rapporto S/N (segnale / rumore);<br />

elevata sensibilità (10 – 50 nT);<br />

buona linearità;<br />

<strong>di</strong>mensioni ridotte (intorno ai 5 mm);<br />

alta risoluzione spaziale (fino al decimo <strong>di</strong> mm, molto minore delle <strong>di</strong>mensioni del<br />

<strong>di</strong>spositivo);<br />

ampio intervallo o<strong>per</strong>ativo <strong>di</strong> tem<strong>per</strong>atura (da -200 a +200 °C).<br />

La sensibilità del fluxset è praticamente in<strong>di</strong>pendente dalla frequenza del campo <strong>misura</strong>to, a<br />

patto che la frequenza <strong>di</strong> driver sia almeno il doppio della più alta frequenza del campo<br />

magnetico che deve essere rilevato. Si hanno buone prestazioni <strong>di</strong> funzionamento anche <strong>per</strong><br />

basse frequenze del campo magnetico <strong>misura</strong>to, caratteristica questa che <strong>per</strong>mette <strong>di</strong> su<strong>per</strong>are<br />

uno dei grossi limite dei sistemi <strong>di</strong> indagine <strong>di</strong> tipo induttivo normalmente utilizzati, le cui<br />

proprietà sono molto legate al valore della frequenza <strong>di</strong> funzionamento (questo aspetto verrà<br />

meglio evidenziato nel § 2.2.3). Altra peculiarità del fluxset è quella <strong>di</strong> rilevare solo<br />

componenti assiali <strong>di</strong> campo (cioè <strong>di</strong>rette lungo l’asse del sensore).<br />

Tutte queste caratteristiche unite al basso costo, sia del sensore che del sistema <strong>di</strong> rilevamento<br />

ed elaborazione dati, e alla sufficiente robustezza, rende il sensore fluxset particolarmente<br />

adatto ad applicazioni industriali.<br />

2.2.1.1 Sviluppo del sensore fluxset<br />

L’accuratezza delle misure <strong>di</strong> campo <strong>per</strong> mezzo del sensore fluxset, <strong>di</strong>pende<br />

fondamentalmente dalla forma dell’impulso <strong>di</strong> tensione rilevato ai capi dell’avvolgimento <strong>di</strong><br />

pick-up. E’ infatti intuibile, che una più puntuale rilevazione del segnale <strong>di</strong> tensione rende<br />

54


Capitolo 2 I meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> indagine proposti<br />

possibile in<strong>di</strong>viduare anche piccole <strong>di</strong>fferenze <strong>di</strong> tempo, determinando misure <strong>di</strong> campo più<br />

accurate. La forma dell’impulso <strong>di</strong> tensione <strong>di</strong>pende essenzialmente dalla natura e dalla<br />

geometria del nucleo ferromagnetico; infatti, più è uniforme il campo nel nucleo (cioè le<br />

<strong>di</strong>fferenti regioni raggiungono la saturazione nello stesso istante), più regolare risulta il<br />

segnale prelevato ai capi dell’avvolgimento <strong>di</strong> pick-up. La natura del nucleo e gli eventuali<br />

trattamenti subiti determinano, più in generale, il comportamento del sensore. Vi è un’altra<br />

caratteristica del sensore fluxset che può essere ottimizzata: la massima frequenza <strong>di</strong> driving<br />

raggiungibile; risultati s<strong>per</strong>imentali mostrano che tale caratteristica <strong>di</strong>pende fortemente dalla<br />

geometria del sensore.<br />

Sono quin<strong>di</strong> stati effettuati numerosi stu<strong>di</strong> atti a determinare la migliore geometria e<br />

composizione chimica del nucleo, ed in<strong>di</strong>viduare la geometria del sensore che meglio ne<br />

ottimizzano le prestazioni [39]-[41].<br />

Ottimizzazione del nucleo<br />

Dalla costituzione e forma del nucleo magnetico, <strong>di</strong>pendono la sensibilità e la stabilità <strong>di</strong><br />

funzionamento alle variazioni <strong>di</strong> tem<strong>per</strong>atura e frequenza <strong>di</strong> lavoro del sensore fluxset. Le<br />

caratteristiche che deve avere il nucleo magnetico, affinché il suo uso nel sensore fluxset sia<br />

considerato ottimale, sono: elevata <strong>per</strong>meabilità iniziale, bassi valori del campo coercitivo e<br />

del campo saturante. E’ inoltre auspicabile un livello minimo <strong>di</strong> magnetostrizione (fenomeno<br />

<strong>per</strong> il quale i corpi ferromagnetici sottoposti ad un campo magnetico subiscono lievi<br />

alterazioni <strong>di</strong>mensionali) e <strong>di</strong> <strong>di</strong>latazione termica <strong>per</strong> assicurare la stabilità della sonda alle<br />

deformazioni meccaniche. Le ricerche condotte hanno portato alla conclusione che i migliori<br />

risultati si ottengono con un nucleo realizzato da lamine amorfe <strong>di</strong> materiale magnetico dolce.<br />

Il basso livello <strong>di</strong> magnetostrizione è assicurato invece dalla composizione chimica<br />

Fe7Co53Ni17Cr3Si5B15. Al fine <strong>di</strong> aumentare la sensibilità del sensore, è possibile migliorare<br />

ulteriormente le caratteristiche magnetiche del nucleo attraverso opportuni trattamenti<br />

55


Capitolo 2 I meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> indagine proposti<br />

tecnologici <strong>di</strong> levigatura su<strong>per</strong>ficiale e termico. Il trattamento termico consiste in un processo<br />

<strong>di</strong> ricottura in atmosfera d’idrogeno alla tem<strong>per</strong>atura <strong>di</strong> 350°C <strong>per</strong> un’ora. Tale processo<br />

incrementa la <strong>per</strong>meabilità e l’omogeneità del materiale; ciò comporta fronti più ripi<strong>di</strong> e<br />

maggiore regolarità del segnale <strong>di</strong> pick-up con conseguente aumento <strong>di</strong> sensibilità e maggiore<br />

linearità <strong>di</strong> risposta del sensore.<br />

La fase <strong>di</strong> levigatura rende minime le im<strong>per</strong>fezioni su<strong>per</strong>ficiali ed è realizzata in due tempi<br />

eseguendo dapprima una levigatura grossolana, quin<strong>di</strong>, una più fine. Questo trattamento<br />

<strong>di</strong>minuisce il livello <strong>di</strong> saturazione ed il valore del campo coercitivo, ciò comporta un segnale<br />

<strong>di</strong> uscita del sensore più stretto a parità <strong>di</strong> valore massimo.<br />

Un’ulteriore caratteristica che influenza le prestazioni del sensore, è la geometria del nucleo.<br />

In tal senso l’obiettivo dell’ottimizzazione è ottenere una magnetizzazione quanto più<br />

possibile omogenea del nucleo stesso; ciò corrisponde alla necessità <strong>di</strong> avere un segnale <strong>di</strong><br />

pick-up quanto più possibile vicino ad un’onda rettangolare, in<strong>di</strong> un incremento in sensibilità<br />

del sensore. Gli es<strong>per</strong>imenti effettuati hanno <strong>di</strong>mostrato che la geometria ottimale è quella<br />

ellittica; tuttavia, tali stu<strong>di</strong>, hanno anche evidenziato che il miglioramento delle prestazioni del<br />

sensore derivanti dall’utilizzo <strong>di</strong> un nucleo ellittico anziché rettangolare, <strong>non</strong> sono tali da<br />

giustificare l’applicazione <strong>di</strong> procedure <strong>di</strong> sagomatura sofisticate e <strong>di</strong> <strong>di</strong>fficile realizzazione.<br />

Ottimizzazione geometrica del sensore<br />

La geometria del sensore ha una notevole influenza sulla massima frequenza <strong>di</strong> driving<br />

raggiungibile, sulla sensibilità e sulla risoluzione spaziale del <strong>di</strong>spositivo. Per aumentare la<br />

risoluzione spaziale, poiché il sensore rileva il campo me<strong>di</strong>o nella regione del nucleo, è<br />

auspicabile ridurre il più possibile le <strong>di</strong>mensioni del trasduttore, ma la conseguente<br />

<strong>di</strong>minuzione del volume del nucleo, comporta anche una minore sensibilità. Differenti sono<br />

state, quin<strong>di</strong>, le geometrie realizzate e s<strong>per</strong>imentate al fine <strong>di</strong> determinare quella che <strong>per</strong>metta<br />

<strong>di</strong> associare a <strong>di</strong>mensioni ridotte, un’elevata sensibilità.<br />

56


Capitolo 2 I meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> indagine proposti<br />

Il primo modello <strong>di</strong> fluxset risale al 1997: esso presenta sezione circolare e avvolgimento <strong>di</strong><br />

pick-up interno a quello <strong>di</strong> driver (fig. 2.4).<br />

Questa geometria presenta un elevato traferro tra nucleo ed avvolgimento <strong>di</strong> driving; ciò<br />

comporta un piccolo valore del flusso che investe il nucleo rispetto al flusso totale, con<br />

Bobina <strong>di</strong><br />

Pick-up<br />

(Interna)<br />

conseguente riduzione della sensibilità del sensore. E’ stata quin<strong>di</strong> realizzata la serie #2 dei<br />

sensori fluxset, la quale presenta una sezione ellittica atta alla riduzione del traferro (fig. 2.5).<br />

Dai dati costruttivi si evidenzia come la riduzione del traferro <strong>per</strong>mette <strong>di</strong> raggiungere la<br />

saturazione del nucleo con minori correnti <strong>di</strong> driver; il sensore può essere così pilotato con<br />

segnali <strong>di</strong> minore potenza ed è possibile, a parità <strong>di</strong> prestazioni, ridurre il numero <strong>di</strong> spire<br />

degli avvolgimenti <strong>di</strong> pick-up e <strong>di</strong> driver.<br />

Bobina <strong>di</strong><br />

Driving<br />

(Esterna)<br />

(d2) Diametro: ~2.0 mm (d2) Diametro: ~2.0 mm<br />

(l1) Lunghezza: ~5.0 mm (l2) Lunghezza: ~9.0 mm<br />

(n1) Numero spire: 100 (n2) Numero spire: 470<br />

Nucleo<br />

Magnetico<br />

(Nastro) Altri Dati<br />

(l3) Lunghezza: ~9.5 mm Filo Diametro: ~30 µm<br />

(l4) Larghezza: ~0.6 mm Filo Materiale Rame<br />

· Spessore: ~20 µm<br />

Fig. 2.4 Sensore Fluxset 97 serie #1: principali caratteristiche geometriche.<br />

57


Capitolo 2 I meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> indagine proposti<br />

Bobina <strong>di</strong><br />

Pick-up<br />

(Interna)<br />

Bobina <strong>di</strong><br />

Driving<br />

L’evoluzione dei sensori è quin<strong>di</strong> protesa alla riduzione del traferro adottando geometrie<br />

sempre più schiacciate. Si giunge così all’ultima versione del sensore fluxset (fig. 2.6), datata<br />

1999. La riduzione del numero <strong>di</strong> spire dell’avvolgimento <strong>di</strong> driver comporta una <strong>di</strong>minuzione<br />

della sua impedenza con conseguente aumento della frequenza <strong>di</strong> funzionamento del sensore;<br />

questa circostanza è ben evidenziata dal confronto dei dati costruttivi.<br />

(Esterna)<br />

(d21) Diametro: ~0.5 mm (d2) Diametro: ~0.5 mm<br />

(d22) Diametro: ~1.0 mm (d22) Diametro: ~1.0 mm<br />

(l1) Lunghezza: ~3.0 mm (l2) Lunghezza: ~5.0 mm<br />

(n1) Numero spire: 55 (n2) Numero spire: 420<br />

(n1) Resistenza: ~3.0 Ohm (n2) Resistenza: ~16.7 Ohm<br />

Nucleo<br />

Magnetico<br />

(Nastro) Altri Dati<br />

(l3) Lunghezza: ~5.1 mm Filo Diametro: ~30 µm<br />

(l4) Larghezza: ~0.6 mm Filo Materiale Rame<br />

· Spessore: ~20 µm (d11) Diametro: ~0.2 mm<br />

· -- -- (d12) Diametro: ~0.7 mm<br />

Fig. 2.5 Sensore Fluxset 97 serie #2: principali caratteristiche geometriche.<br />

Si arriva così all’ultima versione del fluxset, il cui avvolgimento <strong>di</strong> driver può essere pilotato<br />

da segnali ad onda triangolare con frequenze che possono raggiungere i 250 kHz. Oltre tali<br />

valori la forma d’onda del segnale <strong>di</strong> pick-up subisce delle deformazioni che rendono meno<br />

affidabile, o comunque più complesso, l’utilizzo del sensore in <strong>test</strong> <strong>non</strong> <strong>di</strong>struttivi.<br />

58


Capitolo 2 I meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> indagine proposti<br />

Simbolo Significato Simbolo Significato<br />

l Lunghezza a Altezza delle bobine<br />

n Numero <strong>di</strong> spire b Larghezza delle bobine<br />

R Resistenza Th Spessore del nucleo<br />

L Induttanza Cpick-up/driving Accoppiamento capacitivo tra le bobine<br />

Fluxset #7A<br />

Bobina <strong>di</strong> driving:<br />

Bobina <strong>di</strong> Pick-up:<br />

Altri dati:<br />

Ulteriore accorgimento adottato nelle ultime realizzazioni del sensore, è stato porre<br />

l’avvolgimento <strong>di</strong> driver all’interno <strong>di</strong> quello <strong>di</strong> pick-up, al fine <strong>di</strong> avere una più omogenea<br />

eccitazione del nucleo ferromagnetico.<br />

l1<br />

n1<br />

l2<br />

n2<br />

2 mm<br />

30<br />

0.4 mm<br />

5<br />

a 0.45 mm<br />

b 1.40 mm<br />

l3<br />

10 mm<br />

l4 ~0.6 mm<br />

Th ~20 µm<br />

Fluxset #7B<br />

Bobina <strong>di</strong> driving:<br />

Bobina <strong>di</strong> Pick-up:<br />

Altri dati:<br />

l1<br />

n1<br />

l2<br />

n2<br />

2 mm<br />

30<br />

0.4 mm<br />

5<br />

a 0.45 mm<br />

b 1.40 mm<br />

l3<br />

5 mm<br />

l4 ~0.6 mm<br />

Th ~20 µm<br />

Fig. 2.6 Sensore Fluxset 99 serie #7: principali caratteristiche geometriche.<br />

59


Capitolo 2 I meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> indagine proposti<br />

2.2.2 Caratterizzazione metrologica del sensore fluxset<br />

In seguito allo stu<strong>di</strong>o teorico del sensore fluxset (sia in termini <strong>di</strong> principio <strong>di</strong> funzionamento<br />

che <strong>di</strong> caratteristiche fisiche, geometriche e costruttive), ma propedeutica alla messa a punto<br />

del metodo <strong>di</strong> <strong>misura</strong> che sfruttasse detto sensore <strong>per</strong> l’analisi <strong>non</strong> invasiva, è stata effettuata<br />

la caratterizzazione metrologica del fluxset. L’obiettivo è stato raggiunto in due fasi <strong>di</strong>stinte:<br />

(i) lo stu<strong>di</strong>o e la scelta dei parametri <strong>di</strong> trasduzione dell’asimmetria del segnale prelevato ai<br />

capi dell’avvolgimento <strong>di</strong> pickup in valori <strong>di</strong> campo magnetico <strong>misura</strong>to, che hanno portato<br />

alla determinazione della funzione <strong>di</strong> conversione del sensore; (ii) la messa a punto <strong>di</strong> una<br />

procedura attraverso la quale è stato possibile caratterizzare la funzione <strong>di</strong> conversione<br />

definita, determinando le principali caratteristiche metrologiche del sensore fluxset [42].<br />

(i) L’estrapolazione delle informazioni relative al campo magnetico, dall’asimmetria del<br />

segnale, è stata effettuata seguendo tre <strong>di</strong>versi approcci:<br />

a) approccio nel dominio del tempo;<br />

b) approccio nel dominio delle ampiezze;<br />

c) approccio nel dominio delle frequenze.<br />

a) Nel dominio del tempo, vengono <strong>misura</strong>ti gli intervalli <strong>di</strong> tempo t1 e t2 (tempi <strong>di</strong> salita<br />

e <strong>di</strong> <strong>di</strong>scesa, rispettivamente) tra il passaggio <strong>per</strong> lo zero (sia positivo che negativo) del<br />

segnale prelevato dall’avvolgimento <strong>di</strong> pick-up e il raggiungimento <strong>di</strong> una determinata<br />

soglia (ve<strong>di</strong> fig. 2.7). In assenza <strong>di</strong> campo esterno la <strong>di</strong>fferenza (∆t = t1-t2) tra questi<br />

intervalli <strong>di</strong> tempo è nulla, mentre <strong>di</strong>venta sempre più grande all’aumentare del campo<br />

magnetico da <strong>misura</strong>re.<br />

b) Nel dominio delle ampiezze, noto il <strong>per</strong>iodo del segnale T si effettuano due<br />

integrazioni: una dall’istante <strong>di</strong> passaggio <strong>per</strong> lo zero in salita fino a T/4, l’altra da T/4<br />

al successivo passaggio <strong>per</strong> lo zero. Si ottengono così due aree (in<strong>di</strong>cate con A1 e A2 in<br />

fig. 2.7) la cui <strong>di</strong>fferenza (∆A = A1 - A2) è proporzionale al campo magnetico esterno.<br />

60


Capitolo 2 I meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> indagine proposti<br />

Fig. 2.7 Parametri caratteristici considerati <strong>per</strong> <strong>misura</strong>re il campo magnetico dall’asimmetria del<br />

segnale <strong>di</strong> pickup.<br />

c) Nel dominio delle frequenze, si effettua l’FFT del segnale <strong>di</strong> uscita del sensore. In<br />

assenza <strong>di</strong> campo magnetico esterno detto segnale è simmetrico, quin<strong>di</strong> il suo spettro<br />

<strong>di</strong> Fourier contiene solo armoniche <strong>di</strong>spari. La presenza <strong>di</strong> un campo esterno<br />

asimmetrizzando la forma d’onda del segnale, fa comparire anche armoniche pari. In<br />

particolare l’ampiezza della seconda armonica (V2nd) rappresenta un ottimo in<strong>di</strong>catore<br />

del grado <strong>di</strong> asimmetria e quin<strong>di</strong> del campo magnetico.<br />

(ii) I tre approcci definiti al punto (i) sono stati confrontati al fine <strong>di</strong> evidenziare quale<br />

<strong>per</strong>mette <strong>di</strong> fornire le migliori prestazioni metrologiche del sensore. In fig. 2.8 è mostrata<br />

la stazione <strong>di</strong> <strong>misura</strong> messa a punto a tal uopo.<br />

Il sensore fluxset F è stato tarato me<strong>di</strong>ante confronto con un Gauss/Tesla Meter (FH27)<br />

con una sonda ad effetto Hall (HS SAF 99) entrambe della F. W. Bell. Il campo magnetico<br />

è stato generato da un opportuno solenoide S in cui sono stati inseriti sia il sensore fluxset<br />

che la sonda ad effetto Hall. Variando l’ampiezza e la frequenza della corrente nel<br />

solenoide S (me<strong>di</strong>ante il generatore <strong>di</strong> segnale G1), è stato possibile produrre un campo<br />

61


Capitolo 2 I meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> indagine proposti<br />

Fig. 2.8 Stazione <strong>di</strong> <strong>misura</strong> realizzata <strong>per</strong> caratterizzare il sensore <strong>di</strong> campo magnetico fluxset.<br />

magnetico sinusoidale <strong>di</strong> ampiezza e frequenza selezionabile. L’avvolgimento della<br />

bobina <strong>di</strong> driving del sensore fluxset è stata alimentata da una corrente triangolare<br />

(Imax=17.5 mA) fornita dal generatore <strong>di</strong> segnali G2. Sono state quin<strong>di</strong> acquisite sia la<br />

corrente <strong>di</strong> driving (come caduta <strong>di</strong> tensione sullo shunt R) che la tensione ai capi della<br />

bobina <strong>di</strong> pickup, me<strong>di</strong>ante l’oscilloscopio <strong>di</strong>gitale Tektronix TDS520, utilizzando una<br />

frequenza <strong>di</strong> campionamento <strong>di</strong> 5MHz. Un software <strong>di</strong> <strong>misura</strong>, sviluppato in ambiente<br />

LabVIEW, ha <strong>per</strong>messo la gestione automatica dell’intera procedura <strong>di</strong> <strong>misura</strong>.<br />

Un primo gruppo <strong>di</strong> <strong>test</strong> è stato eseguito alimentando il solenoide S con una corrente<br />

costante e variando la sua ampiezza. Per ogni valore <strong>di</strong> corrente è stato sia <strong>misura</strong>to il<br />

campo magnetico me<strong>di</strong>ante la sonda ad effetto Hall che acquisiti i segnali delle bobine <strong>di</strong><br />

driving e pickup del sensore fluxset. Questi sono stati quin<strong>di</strong> elaborati al fine <strong>di</strong> ottenere i<br />

parametri precedentemente definiti (∆t, ∆A, V2nd), analizzando 5 <strong>per</strong>io<strong>di</strong> dei segnali<br />

acquisiti. I valori così ottenuti sono stati confrontati con quelli <strong>misura</strong>ti dalla sonda ad<br />

effetto Hall. Fig. 2.9 mostra i risultati conseguiti insieme alle relative curve <strong>di</strong> regressione,<br />

rappresentanti le caratteristiche nominali del sensore in funzione dei <strong>di</strong>versi parametri ∆t,<br />

∆A e V2nd. Dalle caratteristiche riportate e dai valori assunti dal coefficiente <strong>di</strong><br />

correlazione R2 ad esse associato, è possibile notare l’ottima linearità del sensore; solo nel<br />

caso dell’analisi nel dominio della frequenza si evidenziano alcuni effetti <strong>di</strong> saturazione.<br />

62


Capitolo 2 I meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> indagine proposti<br />

Fig. 2.9 Caratteristiche nominali del sensore<br />

fluxset in funzione dei parametri ∆t, ∆A, V2nd.<br />

Si può inoltre notare come quest’ultima<br />

caratteristica sia anche <strong>non</strong> monotona,<br />

anche se il valore della fase della seconda<br />

armonica del segnale, <strong>per</strong>mette sempre <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>stinguere campi magnetici positivi (Φ ≈<br />

-90°) da quelli negativi (Φ ≈ 90°).<br />

Sulla base delle caratteristiche così<br />

determinate sono state effettuate prove atte<br />

alla determinazione delle principali<br />

caratteristiche metrologiche del sensore.<br />

Il campo magnetico prodotto dal solenoide<br />

S, <strong>per</strong> <strong>di</strong>fferenti valori della corrente ad<br />

esso applicata, è stato <strong>misura</strong>to sia<br />

me<strong>di</strong>ante sonda ad effetto Hall che il<br />

sensore fluxset (sulla base delle<br />

caratteristiche ottenute in precedenza). In tutto il range <strong>di</strong> campo indagato, il sensore<br />

fluxset ha <strong>di</strong>mostrato buona ripetibilità e linearità, senza significanti effetti <strong>di</strong> bias (ve<strong>di</strong><br />

tab. 2.1).<br />

Sono stati infine effettuati <strong>test</strong> al fine <strong>di</strong> verificare gli effetti <strong>di</strong> possibili fattori <strong>di</strong><br />

influenza, in particolare del valore della corrente <strong>di</strong> alimentazione dell’avvolgimento <strong>di</strong><br />

driving. I risultati ottenuti hanno mostrato una bassa incidenza della variazione <strong>di</strong> questo<br />

fattore sul valore <strong>di</strong> campo <strong>misura</strong>to (errori contenuti in pochi µT <strong>per</strong> variazioni della<br />

corrente <strong>di</strong> driving <strong>di</strong> ±10%).<br />

Un confronto delle caratteristiche ottenute con i tre <strong>di</strong>fferenti approcci mette in evidenza<br />

come, seppur gli andamenti <strong>di</strong> campo nei tre casi risultano simili, l’approccio nel dominio del<br />

tempo è quello che fornisce le prestazioni migliori. Si e quin<strong>di</strong> approfon<strong>di</strong>to tale approccio<br />

63


Capitolo 2 I meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> indagine proposti<br />

passando ad una fase <strong>di</strong> ottimizzazione. Infatti, variando le con<strong>di</strong>zioni o<strong>per</strong>ative <strong>di</strong><br />

funzionamento, la caratteristica <strong>di</strong> uscita del sensore risulta <strong>di</strong> volta in volta <strong>di</strong>versa.<br />

L’obiettivo prefissatosi è stato dunque l’ottimizzazione delle con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> risposta del<br />

sensore in riguardo alla linearità, alla sensibilità ed alla risoluzione della sua caratteristica.<br />

Questi obiettivi sono stati raggiunti me<strong>di</strong>ante (i) l’implementazione <strong>di</strong> un nuovo e migliore<br />

algoritmo <strong>di</strong> elaborazione dei segnali ed (ii) un’ottimizzazione s<strong>per</strong>imentale dei parametri <strong>di</strong><br />

funzionamento del sensore [43].<br />

(i) Rispetto al software <strong>di</strong> elaborazione precedentemente realizzato, sono stati apportati due<br />

cambiamenti fondamentali.<br />

Parametri <strong>misura</strong>ti<br />

∆t ∆A V2nd<br />

Sensibilità 28 µT/µs 5.9 µT/(V·µs) 3.9 µT/mV<br />

Ripetibilità [%F.S] 0.73 0.63 0.36<br />

Errore <strong>di</strong> <strong>non</strong><br />

linearità [%F.S]<br />

2.3 3.9 8.0<br />

Tab. 2.1 Principali caratteristiche metrologiche del sensore fluxset<br />

- Un <strong>di</strong>verso metodo <strong>per</strong> il calcolo dei tempi <strong>di</strong> salita e <strong>di</strong> <strong>di</strong>scesa.<br />

Viene svolta una interpolazione lineare ai minimi quadrati ottenendo la linearizzazione (la<br />

migliore retta interpolante) del fronte <strong>di</strong> salita del segnale; il tempo <strong>di</strong> salita viene<br />

calcolato tenendo conto dell’intervallo temporale (in punti <strong>di</strong> acquisizione) esistente tra il<br />

passaggio <strong>per</strong> lo zero del segnale <strong>di</strong> pick-up, verso valori positivi, e il passaggio <strong>per</strong> lo<br />

zero della retta interpolante il fronte <strong>di</strong> salita (fig. 2.10).<br />

Analogo è il rilevamento dei tempi <strong>di</strong> <strong>di</strong>scesa, intesi come lasso temporale esistente tra il<br />

passaggio <strong>per</strong> lo zero del segnale <strong>di</strong> pick-up, verso valori negativi, e quello della retta<br />

interpolante il fronte <strong>di</strong> <strong>di</strong>scesa. Da notare come, partendo da una caratteristica intrinseca<br />

del sensore fluxset, avente il massimo del segnale <strong>di</strong> driving in corrispondenza dello zero<br />

64


Capitolo 2 I meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> indagine proposti<br />

Fig. 2.10 Rilevamento dei tempi <strong>di</strong> salita: a) retta interpolante ilfronte <strong>di</strong> salita, b)<br />

retta <strong>di</strong> riferimento.<br />

del segnale <strong>di</strong> pickup, quest’ultimo viene preso in corrispondenza del massimo del segnale<br />

<strong>di</strong> driving. In questo modo si riduce l’inevitabile incertezza legata alla valutazione dello<br />

zero del segnale <strong>di</strong> pickup (tipicamente rumoroso) migliorando la ripetibilità della <strong>misura</strong>.<br />

Questo metodo <strong>di</strong> determinazione dei tempi <strong>di</strong> salita e <strong>di</strong> <strong>di</strong>scesa è caratterizzato da un’alta<br />

ripetibilità, un’in<strong>di</strong>pendenza dal valore del livello <strong>di</strong> riferimento scelto e una bassa<br />

sensibilità al rumore sovrapposto al segnale <strong>di</strong> pick-up.<br />

E’ chiaro quin<strong>di</strong> come il parametro ∆t sia in grado <strong>di</strong> fornire informazioni riguardo il<br />

campo magnetico <strong>misura</strong>to dal sensore fluxset. Non è altrettanto chiaro <strong>per</strong>ò, come sia<br />

possibile avere, nel caso <strong>di</strong> campi magnetici variabili nel tempo (ad esempio sinusoidali),<br />

informazioni sul modulo e sulla fase <strong>di</strong> detto campo. Al fine <strong>di</strong> chiarire questo aspetto<br />

analizziamo il seguente esempio. Supponiamo <strong>di</strong> voler <strong>misura</strong>re un campo magnetico<br />

sinusoidale ad 1kHz e <strong>di</strong> alimentare l’avvolgimento <strong>di</strong> driving con un segnale triangolare a<br />

25kHz. E’ chiaro che in queste con<strong>di</strong>zioni, si avranno 25 <strong>per</strong>io<strong>di</strong> del segnale <strong>di</strong> pickup<br />

(isofrequenziale a quello <strong>di</strong> driving) in un <strong>per</strong>iodo del campo magnetico da <strong>misura</strong>re.<br />

65


Capitolo 2 I meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> indagine proposti<br />

Considerando come finestra <strong>di</strong> osservazione un <strong>per</strong>iodo del campo magnetico B, si avrà<br />

una <strong>di</strong>versa <strong>di</strong>ssimmetrizzazione del segnale <strong>di</strong> pickup, in funzione del valore<br />

istantaneamente assunto da B, che comporterà <strong>di</strong>fferenti valori del parametro ∆t. In<br />

particolare, si avranno 25 misure del parametro ∆t il cui <strong>di</strong>agramma costituisce anch’esso<br />

una sinusoide a frequenza 1kHz (tenendo conto del segno <strong>di</strong> ∆t, <strong>di</strong>pendente dal verso della<br />

<strong>di</strong>ssimmetrizzazione del segnale <strong>di</strong> pickup corrispondente ai valori positivi o negativi<br />

assunti da B nella finestra <strong>di</strong> osservazione).<br />

Il modulo (∆tM) e la fase (∆tφ) del segnale corrispondente ai valori <strong>di</strong> ∆t valutati, sono<br />

proporzionali al modulo ed alla fase del campo magnetico <strong>misura</strong>to. Questa precisazione<br />

rende conto <strong>di</strong> un limite del sensore fluxset, in termini <strong>di</strong> frequenza del campo magnetico<br />

<strong>misura</strong>bile, che deve essere inferiore alla frequenza del segnale <strong>di</strong> alimentazione<br />

dell’avvolgimento <strong>di</strong> driving.<br />

- Implementazione <strong>di</strong> un filtraggio numerico del segnale <strong>di</strong> pick-up.<br />

Vengono così ridotti il rumore sovrapposto e le armoniche ad alta frequenza. Questi due<br />

elementi <strong>di</strong> <strong>di</strong>sturbo, infatti, sono fonte <strong>di</strong> oscillazioni indesiderate dei fronti del segnale e<br />

causano errori <strong>di</strong> valutazione dei parametri temporali da rilevare.<br />

Nel processo <strong>di</strong> ottimizzazione sono state ricavate <strong>di</strong>verse caratteristiche del sensore al variare<br />

<strong>di</strong> opportuni parametri, al fine <strong>di</strong> determinare la combinazione che <strong>per</strong>metta <strong>di</strong> ottenere la<br />

migliore caratteristica <strong>di</strong> uscita. In particolare tale processo è stato sviluppato nei seguenti<br />

punti:<br />

- analisi della risposta del sensore al variare della corrente <strong>di</strong> driver;<br />

- valutazione della migliore frequenza <strong>di</strong> taglio (<strong>per</strong> ogni valore della corrente <strong>di</strong> driver<br />

si elabora il segnale <strong>di</strong> pick-up, imponendogli un filtraggio a <strong>di</strong>fferenti frequenze);<br />

- valutazione del miglior filtro (ottenuta la corrente <strong>di</strong> driver e la frequenza <strong>di</strong> taglio che<br />

producono la migliore caratteristica, si cambia, nell’elaborazione del segnale, il tipo <strong>di</strong><br />

filtro applicato);<br />

66


Capitolo 2 I meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> indagine proposti<br />

- valutazione della più bassa frequenza <strong>di</strong> campionamento (fissati tutti gli altri parametri<br />

alle con<strong>di</strong>zioni ottimali, vengono acquisiti i segnali a frequenze <strong>di</strong> campionamento<br />

decrescenti, al fine <strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduare il valore oltre il quale si ha un significativo<br />

deca<strong>di</strong>mento della qualità <strong>di</strong> risposta del sensore).<br />

La scelta delle migliori caratteristiche <strong>di</strong> uscita del sensore è stata effettuata adottando<br />

come parametri <strong>di</strong> selezione la linearità e la sensibilità; i risultati ottenuti hanno portato<br />

alle seguenti modalità <strong>di</strong> alimentazione del sensore ed elaborazione del segnale che<br />

rendono ottimale la caratteristica <strong>di</strong> uscita:<br />

corrente <strong>di</strong> driver 24mA senza filtraggio;<br />

corrente <strong>di</strong> driver 21mA con filtro ellittico a frequenza <strong>di</strong> taglio Fc/4;<br />

corrente <strong>di</strong> driver 30mA con filtro Chebyshev a frequenza <strong>di</strong> taglio Fc/16.<br />

Fissate comunque le altre con<strong>di</strong>zioni, cioè segnale <strong>di</strong> driver ad onda triangolare a 25kHz e<br />

frequenza <strong>di</strong> campionamento a 5MHz.<br />

Concludendo, la caratterizzazione metrologica del sensore fluxset ha <strong>per</strong>messo <strong>di</strong> determinare<br />

un metodo <strong>per</strong> l’estrapolazione delle informazioni relative al campo magnetico <strong>misura</strong>to,<br />

in<strong>di</strong>viduando e sviluppando un software <strong>di</strong> elaborazione del segnale <strong>di</strong> uscita del sensore che<br />

<strong>per</strong>mettesse <strong>di</strong> fornire le migliori prestazioni del sensore in termini <strong>di</strong> linearità, sensibilità,<br />

ripetibilità e sensibilità ai fattori <strong>di</strong> influenza quali il rumore sovrapposto al segnale <strong>di</strong> pick-up<br />

e la variazione della corrente <strong>di</strong> driving.<br />

2.2.3 Il metodo proposto <strong>per</strong> l’esecuzione del <strong>test</strong> <strong>non</strong> <strong>di</strong>struttivo<br />

Note le caratteristiche metrologiche del sensore fluxset, è stato possibile mettere a punto un<br />

metodo ed una sonda, <strong>per</strong> l’esecuzione <strong>di</strong> <strong>test</strong> <strong>non</strong> <strong>di</strong>struttivi con il metodo delle correnti<br />

indotte basati su detto sensore.<br />

Con il termine sonda si è soliti in<strong>di</strong>care un apparato, <strong>per</strong> le tecniche <strong>di</strong> indagine ECT, che<br />

include un solenoide eccitatore, preposto a creare il campo magnetico che induce le eddy<br />

67


Capitolo 2 I meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> indagine proposti<br />

current nel campione da esaminare, e il sensore che ha il compito <strong>di</strong> rilevare il campo<br />

magnetico a sua volta prodotto dalle eddy current (c.f.r. §1.4.9). Nel caso in esame<br />

quest’ultimo è costituito dal sensore fluxset.<br />

La sonda realizzata è costituita da un solenoide <strong>di</strong> eccitazione avvolto su <strong>di</strong> un materiale<br />

<strong>di</strong>amagnetico, sulla base del quale viene posto il sensore fluxset <strong>di</strong>sposto ortogonalmente<br />

all’asse del solenoide, come illustrato in fig. 2.11. La determinazione delle caratteristiche<br />

fisiche e geometriche del primo prototipo della sonda è stata ottenuta sia dalle conoscenze<br />

fisiche del fenomeno in esame che me<strong>di</strong>ante l’ausilio <strong>di</strong> un opportuno software <strong>di</strong> simulazione<br />

[44].<br />

Di seguito viene esposto il principio <strong>di</strong> funzionamento della sonda, e quin<strong>di</strong> il metodo<br />

proposto <strong>per</strong> il <strong>test</strong> <strong>non</strong> <strong>di</strong>struttivo. Nell’esecuzione del <strong>test</strong>, la sonda viene posta<br />

ortogonalmente al pezzo in esame e, alimentando il solenoide <strong>di</strong> eccitazione con una corrente<br />

alternata sinusoidale, si genera un campo magnetico variabile che investe il provino. In<br />

ossequio alla legge <strong>di</strong> Lenz il materiale <strong>di</strong>viene sede <strong>di</strong> una f.e.m. indotta la quale, agendo in<br />

un mezzo con conducibilità elettrica σ > 0, provoca una circolazione <strong>di</strong> corrente in seno al<br />

pezzo stesso. In assenza <strong>di</strong> <strong>di</strong>fetti su<strong>per</strong>ficiali o subsu<strong>per</strong>ficiali la circolazione <strong>di</strong> tale corrente<br />

sarà tale da produrre un campo magnetico opposto a quello del campo magnetizzante esterno.<br />

In queste con<strong>di</strong>zioni, i due campi magnetici <strong>di</strong> induzione e <strong>di</strong> reazione sono ortogonali al<br />

fluxset<br />

Fig. 2.11 Schematizzazione del primo prototipo <strong>di</strong> sonda fluxset realizzato.<br />

x<br />

z<br />

y<br />

Bobina <strong>di</strong><br />

eccitazione<br />

Supporto<br />

<strong>di</strong>amagnetico<br />

68


Capitolo 2 I meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> indagine proposti<br />

pezzo in esame quin<strong>di</strong> al sensore fluxset (fig. 2.12a). Questi <strong>non</strong> vengono quin<strong>di</strong> rilevati dal<br />

fluxset che <strong>per</strong> sua natura <strong>per</strong>cepisce solo componenti <strong>di</strong> campo parallele al suo asse, così il<br />

segnale <strong>di</strong> pick-up risulta simmetrico. In presenza <strong>di</strong> <strong>di</strong>fetti ed in <strong>di</strong>pendenza della loro<br />

tipologia si ha una <strong>per</strong>turbazione della <strong>di</strong>stribuzione delle correnti indotte nel pezzo:<br />

generalmente vi sarà una componente <strong>di</strong> correnti indotte che su<strong>per</strong>erà la cricca sviluppando<br />

<strong>per</strong>corsi ad essa sottostanti Jt ed un’altra componente che si richiude intorno alla cricca Js<br />

(fig. 2.12b).<br />

Rispetto al sistema <strong>di</strong> riferimento in<strong>di</strong>cato in fig 2.12, le componenti <strong>di</strong> tipo Jt generano un<br />

campo magnetico nella <strong>di</strong>rezione x (Bx ) mentre le componenti <strong>di</strong> tipo Js generano un campo<br />

magnetico in tutte le <strong>di</strong>rezioni (<strong>di</strong> tipo a fontana). Le componenti <strong>di</strong> campo dovute alla<br />

<strong>per</strong>turbazione delle correnti indotte, cioè alla presenza del <strong>di</strong>fetto, vengono rilevate dal<br />

sensore con conseguente mo<strong>di</strong>fica della forma d’onda del segnale <strong>di</strong> pick-up che <strong>per</strong>de la sua<br />

simmetria. Analizzando il segnale <strong>di</strong> uscita del pick-up e quantificando con il parametro ∆t<br />

(c.f.r. §2.2.2) il grado <strong>di</strong> asimmetria della sua forma d’onda, si può in<strong>di</strong>viduare la presenza del<br />

<strong>di</strong>fetto. Per un’analisi più dettagliata del fenomeno, è necessario osservare che la suddetta<br />

<strong>per</strong>turbazione delle correnti, del tutto generale, <strong>di</strong>pende dalle <strong>di</strong>mensioni del <strong>di</strong>fetto e dalla<br />

Iex<br />

Ji<br />

H 0<br />

a) b)<br />

Hr<br />

z<br />

Fig. 2.12 Andamento delle correnti indotte e dei campi magnetici <strong>di</strong> induzione e <strong>di</strong> reazione, in assenza a)<br />

ed in presenza b) <strong>di</strong> un <strong>di</strong>fetto.<br />

69<br />

x<br />

y<br />

Iex<br />

Js<br />

H 0<br />

Jt<br />

Js


Capitolo 2 I meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> indagine proposti<br />

frequenza del campo inducente: infatti una cricca più larga che profonda comporta quasi<br />

esclusivamente correnti <strong>di</strong> tipo Jt, viceversa si avranno in prevalenza componenti <strong>di</strong> tipo Js<br />

(valutazioni queste, che risultano ancora più evidenti nei casi limite <strong>di</strong> <strong>di</strong>fetti passanti o che<br />

occupino l’intera lunghezza del pezzo in esame); queste considerazioni sono ovviamente<br />

<strong>di</strong>pendenti dalla frequenza <strong>di</strong> lavoro cioè dallo spessore <strong>di</strong> penetrazione. Come vedremo in<br />

seguito, ciò assumerà il giusto peso nelle motivazioni che hanno spinto la realizzazione <strong>di</strong> una<br />

sonda bi<strong>di</strong>mensionale.<br />

A questo punto, noto il funzionamento della sonda fluxset in un sistema ECT, meglio si<br />

comprende come il suo utilizzo su<strong>per</strong>i i limiti intrinseci dei meto<strong>di</strong> tra<strong>di</strong>zionali. Infatti, come<br />

detto nel § 1.4.9, le tecniche tra<strong>di</strong>zionali sono limitate dai bassi valori delle correnti indotte e<br />

quin<strong>di</strong> dei campi da esse generati che rappresentano la fonte del segnale <strong>di</strong> output dei sensori;<br />

così si spinge sulle frequenze <strong>di</strong> funzionamento andando ad incidere sulla rilevabilità <strong>di</strong> <strong>di</strong>fetti<br />

subsu<strong>per</strong>ficiali. Nel sensore fluxset, invece, l’ampiezza del segnale <strong>di</strong> output è in<strong>di</strong>pendente<br />

dal campo esterno dovuto alle correnti indotte, <strong>di</strong>pendendo dalla saturazione del nucleo<br />

imposta dall’avvolgimento <strong>di</strong> driving. La presenza <strong>di</strong> un <strong>di</strong>fetto provoca solo lo shift del<br />

segnale <strong>di</strong> output, così la rilevabilità dei <strong>di</strong>fetti è svincolata dall’ampiezza del segnale ed è<br />

legata solo alla sua asimmetria. In definitiva si passa da sistemi ove l’informazione sulla<br />

presenza del <strong>di</strong>fetto è contenuta nell’ampiezza del segnale <strong>di</strong> uscita, ad un sistema ove questa<br />

informazione è contenuta nello shift del segnale <strong>di</strong> output a parità <strong>di</strong> ampiezza.<br />

2.2.4 Primi <strong>test</strong> s<strong>per</strong>imentali<br />

Al fine sia <strong>di</strong> verificare la bontà del metodo proposto che <strong>di</strong> provare la qualità della sonda<br />

realizzata, in termini <strong>di</strong> capacità nell’in<strong>di</strong>viduazione <strong>di</strong> <strong>di</strong>fetti, sono stati eseguiti <strong>di</strong>versi <strong>test</strong><br />

s<strong>per</strong>imentali su pezzi con <strong>di</strong>fetti noti [42], [43], [45].<br />

Il primo passo è stato la messa a punto della stazione automatica <strong>di</strong> <strong>misura</strong>, riportata<br />

schematicamente in fig. 2.13, che <strong>per</strong>mettesse <strong>di</strong> eseguire il <strong>test</strong> <strong>non</strong> <strong>di</strong>struttivo utilizzando il<br />

70


Capitolo 2 I meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> indagine proposti<br />

metodo e la sonda realizzati.<br />

L’amplificatore o<strong>per</strong>azionale Kepko 20-20, alimentato me<strong>di</strong>ante il generatore <strong>di</strong> segnali G1<br />

(Hewlett Packard 33120A) <strong>per</strong>mette <strong>di</strong> alimentare, con segnale sinusoidale (740mA - 1kHz),<br />

la bobina <strong>di</strong> eccitazione atta all’induzione delle correnti nel pezzo sotto <strong>test</strong>. Il generatore <strong>di</strong><br />

segnali G2 (gemello <strong>di</strong> G1) <strong>per</strong>mette <strong>di</strong> alimentare, con segnale triangolare (24mA – 25kHz),<br />

l’avvolgimento <strong>di</strong> driving del sensore fluxset in modo da saturarne il nucleo. Il sistema <strong>di</strong><br />

acquisizione dati, costituito da un oscilloscopio Tektronix TDS520D, <strong>per</strong>mette <strong>di</strong> acquisire sia<br />

il segnale <strong>di</strong> driving (me<strong>di</strong>ante lo shunt R) che il segnale <strong>di</strong> pickup con una frequenza <strong>di</strong><br />

campionamento <strong>di</strong> 5MHz.<br />

L’intero sistema viene gestito automaticamente me<strong>di</strong>ante un Personal Computer che, <strong>per</strong>altro,<br />

controlla anche il sistema <strong>di</strong> movimentazione (<strong>non</strong> riportato in fig. 2.13) consentendo lo<br />

spostamento della sonda fluxset sul pezzo sotto <strong>test</strong>.<br />

Bobina <strong>di</strong><br />

eccitazione<br />

Fig. 2.13 Stazione <strong>di</strong> <strong>misura</strong> messa a punto <strong>per</strong> l’esecuzione del <strong>test</strong> <strong>non</strong> <strong>di</strong>struttivo.<br />

In fig. 2.14 è riportato sia l’ampiezza (∆tM) che la fase (∆tφ) del parametro ∆t ottenute<br />

71


Capitolo 2 I meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> indagine proposti<br />

scandendo un pezzo <strong>di</strong> rame con un <strong>di</strong>fetto noto, le cui caratteristiche sono anch’esse riportate<br />

in fig.2.14.<br />

<strong>di</strong>fetto<br />

Fig. 2.14 Andamento <strong>di</strong> ∆tM a) e ∆tφ b) <strong>per</strong> una scansione mono-<strong>di</strong>mensionale della sonda fluxset<br />

realizzata sul provino <strong>di</strong> rame specificato in c).<br />

a)<br />

b)<br />

c)<br />

72


Capitolo 2 I meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> indagine proposti<br />

L’analisi dei risultati riportati in fig. 2.14, come anche degli altri <strong>test</strong> eseguiti su pezzi<br />

costituiti da materiali <strong>di</strong>versi con <strong>di</strong>fetti <strong>di</strong>fferenti sia in forma che <strong>di</strong>mensioni (<strong>non</strong> riportati<br />

<strong>per</strong> brevità espositiva), mostrano la vali<strong>di</strong>tà del metodo e della sonda realizzata <strong>non</strong>ché<br />

dell’algoritmo sviluppato e delle modalità <strong>di</strong> pilotaggio definite in fase <strong>di</strong> caratterizzazione.<br />

Il sistema è risultato efficiente nell’in<strong>di</strong>viduazione delle cricche, presentando <strong>per</strong>ò alcuni<br />

limiti <strong>di</strong> generalizzazione: infatti in alcuni casi, <strong>per</strong> particolari scansioni rispetto alla cricca, il<br />

sistema si trova ad o<strong>per</strong>are in altrettanto particolari con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> simmetria da <strong>non</strong> <strong>per</strong>mettere<br />

<strong>di</strong> avere alcuna informazione sulla presenza della cricca. E’ questo il caso, ad esempio, <strong>di</strong> una<br />

scansione longitu<strong>di</strong>nale passante sulla cricca, come mostrato in fig. 2.15.<br />

Risulta chiara la necessità <strong>di</strong> sviluppo ed ottimizzazione del sistema al fine sia <strong>di</strong> su<strong>per</strong>are i<br />

limiti evidenziati che <strong>di</strong> avere a <strong>di</strong>sposizione maggiori informazioni così da riuscire ad<br />

in<strong>di</strong>viduare delle precise correlazioni tra i segnali <strong>di</strong> output dei sensori e le caratteristiche del<br />

sonda<br />

cricca<br />

Pezzo in esame<br />

Fig. 2.15 Esempio <strong>di</strong> scansione che <strong>non</strong><br />

<strong>per</strong>mette l’in<strong>di</strong>viduazione della presenza del<br />

<strong>di</strong>fetto.<br />

<strong>di</strong>fetto. L’obiettivo è quello <strong>di</strong> generalizzare il<br />

sistema messo a punto, realizzando uno<br />

strumento compatto capace <strong>di</strong> eseguire il <strong>test</strong><br />

<strong>non</strong> <strong>di</strong>struttivo con il metodo proposto, fornendo<br />

<strong>non</strong> solo in<strong>di</strong>cazioni riguardo la presenza del<br />

<strong>di</strong>fetto, ma anche sulla sua posizione e sulle sue<br />

caratteristiche geometriche e <strong>di</strong>mensionali<br />

corredate dalla relativa incertezza.<br />

73


Capitolo 2 I meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> indagine proposti<br />

2.3 Il metodo basato sulla tomografia induttiva<br />

Con il termine Tomografia, dal greco tòmos “sezione, taglio” e grafia “stu<strong>di</strong>o”, si intende<br />

definire l’insieme delle tecniche con le quali si è in grado <strong>di</strong> esplorare un oggetto a varie<br />

profon<strong>di</strong>tà. Utilizzando un elaboratore elettronico ed adeguati software è possibile risalire alla<br />

mappa <strong>di</strong> eventuali lesioni interne all’oggetto <strong>non</strong> apprezzabili con i meto<strong>di</strong> ispettivi più<br />

comuni.<br />

In alcune <strong>di</strong>scipline tale tecnica <strong>di</strong> ispezione <strong>non</strong> invasiva è già largamente usata, basti<br />

pensare alla moderna me<strong>di</strong>cina nucleare, ove normalmente si eseguono:<br />

Tomografia ai raggi X, comunemente nota con il nome <strong>di</strong> TAC (Tomografia Assiale<br />

Computerizzata). E’ un esame ra<strong>di</strong>ologico che utilizza raggi X emessi da una speciale<br />

apparecchiatura computerizzata e fornisce immagini in sezione trasversale dell'organo.<br />

La TAC, a <strong>di</strong>fferenza delle immagini ra<strong>di</strong>ografiche, oltre a fornire immagini<br />

tri<strong>di</strong>mensionali, consente <strong>di</strong> <strong>di</strong>stinguere i muscoli dalle ossa, le strutture solide da quelle<br />

liquide. L'apparecchiatura <strong>per</strong> effettuare la TAC è composta da una struttura simile a un<br />

grande anello (gantry), e da un lettino, in cui viene fatto sdraiare il paziente (fig. 2.16). I<br />

raggi X che passano attraverso l'organo, vengono raccolti da una struttura <strong>di</strong> ricezione<br />

(detettori) e vengono trasformati in immagini me<strong>di</strong>ante un computer.<br />

Fig. 2.16 Stazione <strong>di</strong> controllo <strong>per</strong> l’esecuzione della TAC<br />

74


Capitolo 2 I meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> indagine proposti<br />

Tomografia a variazione <strong>di</strong> campo magnetico (risonanza magnetica). La Risonanza<br />

Magnetica (RM), è una meto<strong>di</strong>ca d'indagine che sfrutta le proprietà delle onde<br />

elettromagnetiche, generate da un campo magnetico d'elevata intensità, che investendo<br />

il corpo della <strong>per</strong>sona che vi si sottopone, determina una temporanea alterazione degli<br />

atomi <strong>di</strong> idrogeno <strong>di</strong> cui sono in gran parte costituiti i tessuti che formano gli organi e<br />

gli apparati. Tale alterazione indotta dal campo magnetico produce alcuni segnali che<br />

l'apparecchiatura computerizzata capta e poi elabora trasformandoli in immagini.<br />

L'indagine RM, a <strong>di</strong>fferenza della TAC, fornisce immagini <strong>di</strong> sezioni del corpo <strong>non</strong> solo<br />

sui piani assiali, ma anche su tutti gli altri piani possibili.<br />

Come già accaduto <strong>per</strong> altre tecniche <strong>di</strong> indagine <strong>non</strong> <strong>di</strong>struttive, partendo dall’es<strong>per</strong>ienza<br />

acquisita nel campo della <strong>di</strong>agnostica me<strong>di</strong>cale, sono state messe a punto metodologie<br />

applicabili in altri campi scientifici.<br />

A conferma <strong>di</strong> ciò, ad esempio, anche nel campo della geologia si eseguono oggigiorno esami<br />

tomografici quale la tomografia a variazione <strong>di</strong> resistenza, <strong>per</strong> lo stu<strong>di</strong>o del sottosuolo e <strong>di</strong><br />

corsi d’acqua sotterranei.<br />

Il metodo che verrà proposto si colloca invece nel campo della <strong>di</strong>agnostica industriale, ed è<br />

possibile identificarlo come una tomografia a variazione <strong>di</strong> impedenza [34], [35]. Infatti,<br />

alimentando la sonda con correnti a <strong>di</strong>verse frequenze (ottenendo così <strong>di</strong>versi spessori <strong>di</strong><br />

penetrazione delle correnti indotte) si ottiene la matrice delle impedenze a <strong>di</strong>verse profon<strong>di</strong>tà<br />

del materiale in esame; si ha così una “fotografia elettromagnetica” del pezzo che,<br />

congiuntamente all’uso <strong>di</strong> un adeguato algoritmo <strong>di</strong> elaborazione, produce in modo puntuale<br />

la mappa degli eventuali <strong>di</strong>fetti su<strong>per</strong>ficiali e/o sub-su<strong>per</strong>ficiali presenti nel materiale in<br />

esame.<br />

Verrà <strong>di</strong> seguito descritto il principio <strong>di</strong> funzionamento del metodo, congiuntamente alla<br />

tipologia <strong>di</strong> sonda necessaria <strong>per</strong> attuarlo. Infine verranno mostrati sia lo stu<strong>di</strong>o atto alla<br />

75


Capitolo 2 I meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> indagine proposti<br />

determinazione delle caratteristiche della sonda sia le prove s<strong>per</strong>imentali effettuate sulla sonda<br />

realizzata.<br />

2.3.1 Il metodo<br />

La messa a punto e lo sviluppo <strong>di</strong> meto<strong>di</strong> ed algoritmi <strong>per</strong> l’esecuzione <strong>di</strong> <strong>test</strong> <strong>non</strong> <strong>di</strong>struttivi,<br />

richiede lo stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> tre problemi strettamente connessi tra loro:<br />

i) problema inverso;<br />

ii) problema <strong>di</strong>retto;<br />

iii) adeguata <strong>misura</strong> delle grandezze elettromagnetiche d’interesse.<br />

La soluzione del problema inverso (i) prevede, partendo dalle misure s<strong>per</strong>imentali delle<br />

grandezze elettromagnetiche, la corretta stima dei valori della conducibilità elettrica del<br />

materiale in esame, da cui si risale alle caratteristiche dei <strong>di</strong>fetti; in questo processo è<br />

necessario tenere in conto la presenza <strong>di</strong> eventuali <strong>di</strong>sturbi elettromagnetici (rumore) che<br />

possono in qualche modo ridurre la qualità delle misure ed inficiare i risultati ottenuti.<br />

Dualmente, il problema <strong>di</strong>retto (ii) concerne il calcolo delle grandezze elettromagnetiche<br />

partendo dalle caratteristiche chimiche, fisiche e <strong>di</strong>mensionali del materiale sotto <strong>test</strong>. Questo<br />

rappresenta un punto fondamentale solo nelle fasi <strong>di</strong> messa a punto degli algoritmi ed<br />

eventualmente <strong>di</strong> progettazione delle sonde; infatti la soluzione del problema <strong>di</strong>retto <strong>non</strong><br />

viene utilizzata durante l’esecuzione del <strong>test</strong> <strong>non</strong> <strong>di</strong>struttivo.<br />

Relativamente al punto (iii), l’adeguata <strong>misura</strong> delle grandezze elettromagnetiche viene<br />

eseguita utilizzando, e/o progettando, opportune sonde e sistemi <strong>di</strong> <strong>misura</strong> atti sia<br />

all’induzione delle correnti indotte nel materiale in esame che alla rilevazione dei segnali<br />

dovuti al campo <strong>di</strong> reazione. In questa fase ci si pongono innanzi tutte le problematiche<br />

classiche dei meto<strong>di</strong> ECT, dovute sostanzialmente alla scelta della frequenza <strong>di</strong> lavoro, da cui<br />

<strong>di</strong>pende l’ampiezza delle correnti indotte quin<strong>di</strong> dei segnali da <strong>misura</strong>re, e conseguentemente<br />

la rilevabilità dei <strong>di</strong>fetti sub-su<strong>per</strong>ficiali.<br />

76


Capitolo 2 I meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> indagine proposti<br />

Come visto nel § 1.4.9, i meto<strong>di</strong> attualmente in uso <strong>per</strong> l’esecuzione <strong>di</strong> un <strong>test</strong> <strong>non</strong> <strong>di</strong>struttivo<br />

con la tecnica delle correnti indotte sono basati sulla generazione, me<strong>di</strong>ante un’apposita<br />

bobina <strong>di</strong> eccitazione, delle correnti indotte nel pezzo sotto esame e la successiva captazione,<br />

me<strong>di</strong>ante una bobina <strong>di</strong> pickup, del segnale prodotto dal campo <strong>di</strong> reazione. Viene quin<strong>di</strong><br />

<strong>misura</strong>ta la variazione <strong>di</strong> impedenza Ż= Vpickup/ Ieccitazione, successivamente elaborata da<br />

appropriati algoritmi <strong>di</strong> elaborazione, che, dalla conoscenza <strong>di</strong> Ż, traggono le informazioni<br />

inerenti la <strong>di</strong>fettosità del componente.<br />

L’impedenza Ż così ottenuta rappresenta, <strong>per</strong>ò, solo l’area del provino in esame co<strong>per</strong>ta dal<br />

sensore durante la sessione <strong>di</strong> <strong>misura</strong>. Per ottenere informazioni sull’intero pezzo in prova<br />

possono essere adottati due <strong>di</strong>fferenti approcci:<br />

1) utilizzare una singolo set <strong>di</strong> eccitazione/pick-up dotando la sonda <strong>di</strong> un adeguato sistema<br />

<strong>di</strong> movimentazione;<br />

2) Utilizzare una sonda con più set <strong>di</strong> eccitazione/pick-up in modo tale da coprire<br />

interamente l’area del provino da <strong>test</strong>are facendo a meno del sistema <strong>di</strong> movimentazione<br />

citato.<br />

L’approccio riportato al punto 1), <strong>per</strong>mette <strong>di</strong> avere vantaggi sia in termini <strong>di</strong> semplicità<br />

costruttiva del sensore, che in termini computazionali del relativo algoritmo <strong>di</strong> elaborazione<br />

dei dati acquisiti; <strong>per</strong> contro, <strong>per</strong>ò, l’esecuzione dell’indagine sull’intero pezzo in prova, è<br />

Fig. 2.17 Rappresentazione del <strong>per</strong>corso della sonda durante una scansione del provino.<br />

77


Capitolo 2 I meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> indagine proposti<br />

inesorabilmente legata all’utilizzo <strong>di</strong> un sistema automatico <strong>di</strong> movimentazione de<strong>di</strong>cato alle<br />

specifiche esigenze che il metodo stesso richiede. Tale sistema, prevede il posizionamento<br />

della sonda sull’oggetto in prova seguendo <strong>per</strong>corsi prestabiliti ed effettuando il processo <strong>di</strong><br />

<strong>misura</strong> in ogni punto della scansione (fig. 2.17).<br />

Questo modo <strong>di</strong> o<strong>per</strong>are, generalmente utilizzato <strong>per</strong> l’esecuzione <strong>di</strong> <strong>test</strong> ECT, <strong>non</strong> è <strong>per</strong>ò<br />

esente da problemi:<br />

i tempi <strong>di</strong> scansione possono <strong>di</strong>ventare inaccettabili <strong>per</strong> pezzi <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni<br />

rendendo improponibile l’utilizzo in linea del metodo; questo problema può essere<br />

ridotto prevedendo strategie <strong>di</strong> scansione adattative, ove il <strong>per</strong>corso <strong>di</strong> scansione viene<br />

continuamente adattato in funzione dei risultati dell’elaborazione dei segnali al passo<br />

precedente. Ovviamente ciò comporta una maggiore complessità degli algoritmi <strong>di</strong><br />

elaborazione e controllo;<br />

l’ausilio del sistema <strong>di</strong> movimentazione rende lo strumento poco portatile, quin<strong>di</strong> <strong>non</strong><br />

utilizzabile in loco;<br />

l’accuratezza con cui si in<strong>di</strong>viduano le caratteristiche del <strong>di</strong>fetto <strong>di</strong>pende anche dalla<br />

precisione con cui il movimentatore fornisce la posizione della sonda nei <strong>di</strong>versi punti <strong>di</strong><br />

scansione. Questo spinge nell’utilizzo <strong>di</strong> sistemi <strong>di</strong> movimentazione sofisticati con<br />

conseguente incremento dei costi.<br />

L’approccio <strong>di</strong> cui al punto 2), <strong>per</strong>mette una più rapida scansione dell’oggetto in prova senza<br />

la necessità <strong>di</strong> un sistema <strong>di</strong> movimentazione. Inoltre, l’adozione <strong>di</strong> una sonda <strong>di</strong> questo tipo,<br />

<strong>per</strong>mette <strong>di</strong> eliminare tutti i problemi legati alla scelta della corretta <strong>di</strong>rezione con la quale<br />

scansionare il pezzo in esame. Di contro, nasce l’esigenza <strong>di</strong> algoritmi <strong>di</strong> elaborazione dei<br />

segnali più complessi.<br />

I vantaggi <strong>di</strong> una soluzione <strong>di</strong> questo tipo sono comunque evidenti, ed è <strong>per</strong> questo motivo<br />

che la comunità scientifica internazionale sta volgendo l’attenzione in questa <strong>di</strong>rezione.<br />

78


Capitolo 2 I meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> indagine proposti<br />

La tecnica proposta è fondata su questo secondo approccio ed è basata sulla <strong>misura</strong> delle<br />

variazioni <strong>di</strong> resistività nei materiali conduttori dovute alla presenza del <strong>di</strong>fetto. La sonda,<br />

costituita da una matrice <strong>di</strong> bobine (fig. 2.18), induce le correnti indotte nel materiale sotto<br />

<strong>test</strong> e preleva il segnale in tensione dovuto al campo <strong>di</strong> reazione.<br />

In particolare, durante la sessione <strong>di</strong> <strong>misura</strong> una delle bobine costituenti la sonda (la bobina <strong>di</strong><br />

eccitazione) viene alimentata da un’appropriata corrente che induce il campo primario nel<br />

provino, mentre ai capi <strong>di</strong> tutte le altre bobine (bobine <strong>di</strong> pick-up), viene prelevato il segnale<br />

in tensione relativo al campo <strong>di</strong> reazione. Iterando questa procedura, usando come bobine <strong>di</strong><br />

eccitazione e <strong>di</strong> pick-up tutte le bobine costituenti la sonda, è possibile ottenere la matrice<br />

delle mutue impedenze Ż = {Zij}, dove ogni elemento è relativo all’i-esima bobina <strong>di</strong><br />

eccitazione ed alla j-esima bobina <strong>di</strong> pick-up. La matrice delle impedenze così ottenuta,<br />

possiede il contenuto informativo relativo alla presenza <strong>di</strong> <strong>di</strong>fetti nel pezzo in prova; tali<br />

informazioni vengono estratte elaborando, con un opportuno algoritmo, la matrice Ż così<br />

ottenuta (problema inverso). In particolare, l’algoritmo realizzato <strong>per</strong>mette <strong>non</strong> solo <strong>di</strong> fornire<br />

informazioni sulla presenza e sulla localizzazione del <strong>di</strong>fetto ma anche <strong>di</strong> ricostruire le<br />

caratteristiche geometriche e <strong>di</strong>mensionali del <strong>di</strong>fetto stesso, partendo dai valori <strong>di</strong> Ż ottenuti<br />

a <strong>di</strong>verse frequenze.<br />

Fig. 2.18 Esempio <strong>di</strong> sensore bi<strong>di</strong>mensionale.<br />

Ovviamente, la fedeltà con cui il processo <strong>di</strong> elaborazione ricostruisce le caratteristiche del<br />

79


Capitolo 2 I meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> indagine proposti<br />

<strong>di</strong>fetto, <strong>di</strong>pende fortemente dalla qualità dei dati contenuti nella matrice delle impedenze, e<br />

quin<strong>di</strong> dalla qualità delle misure effettuate.<br />

In ultima analisi, si può affermare che il <strong>test</strong> <strong>non</strong> <strong>di</strong>struttivo eseguito con il metodo proposto,<br />

<strong>per</strong>mette <strong>di</strong> indagare la <strong>di</strong>fettosità <strong>di</strong> un componente effettuando una “fotografia<br />

elettromagnetica” del pezzo in prova. In quest’ottica le tecniche ispettive ECT, possono essere<br />

viste nell’ambito più generale delle ispezioni Tomografiche.<br />

E’ utile sottolineare che, la capacità <strong>di</strong> valutate le caratteristiche geometriche e <strong>di</strong>mensionali<br />

dei <strong>di</strong>fetti, offre, al metodo proposto, enormi potenzialità applicative in quanto risolve uno dei<br />

grossi limiti delle attuali tecniche NDT.<br />

2.3.2 L’algoritmo <strong>di</strong> inversione<br />

Il software rappresenta una tecnica innovativa <strong>per</strong> risolvere problemi elettromagnetici in<br />

presenza <strong>di</strong> un pezzo <strong>di</strong> materiale conduttore ciccato, sfruttando le potenzialità delle tecniche<br />

<strong>di</strong> soluzione numeriche ed, in particolare, del metodo agli elementi finiti [46]-[49]. Nella sua<br />

realizzazione, l’attenzione è stata ristretta al problema dei <strong>test</strong> <strong>non</strong> <strong>di</strong>struttivi me<strong>di</strong>ante il<br />

metodo delle correnti indotte <strong>per</strong> <strong>di</strong>fetti in piastre metalliche <strong>non</strong> ferromagnetiche. In<br />

particolare, è stato realizzato ad hoc <strong>per</strong> essere applicato al metodo proposto. Questo<br />

algoritmo <strong>per</strong>mette sia la soluzione del problema <strong>di</strong>retto (calcolo del campo elettromagnetico<br />

partendo dalla conoscenza delle caratteristiche del materiale) che <strong>di</strong> quello inverso (estrazione<br />

delle caratteristiche del <strong>di</strong>fetto partendo dalla conoscenza del campo elettromagnetico).<br />

Nell’ottica <strong>di</strong> un utilizzo come algoritmo <strong>di</strong> elaborazione, nell’esecuzione del <strong>test</strong> <strong>non</strong><br />

<strong>di</strong>struttivo con il metodo proposto, è necessaria solo la soluzione del problema inverso. Come<br />

verrà meglio evidenziato in seguito, la possibilità <strong>di</strong> risolvere anche il problema <strong>di</strong>retto ha<br />

<strong>per</strong>ò <strong>per</strong>messo una semplice fase <strong>di</strong> progettazione della sonda.<br />

2.3.2.1 Soluzione del problema <strong>di</strong>retto<br />

In questa fase, <strong>per</strong> problema <strong>di</strong>retto si intende il calcolo numerico, e <strong>non</strong> la <strong>misura</strong>, del campo<br />

80


Capitolo 2 I meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> indagine proposti<br />

elettromagnetico in presenza <strong>di</strong> una assegnata sorgente ed una cricca volumetrica<br />

<strong>per</strong>fettamente isolante in un materiale conduttore. Il problema viene posto <strong>di</strong>videndo il<br />

materiale in esame in due domini a <strong>di</strong>versa conducibilità; uno rappresentativo del <strong>di</strong>fetto<br />

l’altro della parte “sana”. Praticamente il metodo è basato sulla considerazione che in tutte le<br />

situazioni reali, una cricca <strong>di</strong> volume V0 è contenuta in una regione (nota a priori) VT che è<br />

“piccola” in confronto a Vc, il volume occupato dal materiale conduttore. E’ proprio<br />

sfruttando il vincolo V0⊆V T che questo metodo risolutivo del problema <strong>di</strong>retto, <strong>per</strong>mette <strong>di</strong><br />

ridurre il costo computazionale.<br />

Come usuale, si assume <strong>di</strong> trascurare la corrente <strong>di</strong> spostamento e quin<strong>di</strong> che su ∂Vc è nulla la<br />

componente normale della densità <strong>di</strong> corrente. Sia ( ) = δ ( ) + ( )<br />

J r J r J r la densità <strong>di</strong><br />

corrente indotta nel materiale conduttore in presenza della cricca, dove J 0 è la densità <strong>di</strong><br />

corrente (im<strong>per</strong>turbata) in assenza della cricca. Sia δ ( ) δI(<br />

)<br />

J r = ∑ lJl r la rappresentazione<br />

<strong>di</strong>screta <strong>di</strong> δ J dove Jl =∇× N l è la l-esima funzione <strong>di</strong> forma, N l è una funzione <strong>di</strong> forma<br />

basata sugli elementi <strong>di</strong> lato e, N l è l-esimo grado <strong>di</strong> libertà. L’unicità della soluzione e la<br />

con<strong>di</strong>zione δ J⋅ n ˆ = 0 su ∂V c possono essere imposte, me<strong>di</strong>ante la decomposizione albero-<br />

coalbero (metodo esemplificativo, in uso nell’elettrotecnica <strong>per</strong> lo stu<strong>di</strong>o dei no<strong>di</strong><br />

rappresentativi <strong>di</strong> una rete elettrica).<br />

Sia P la matrice i cui elementi sono definiti da P = J ⋅J<br />

dr,<br />

K una matrice la cui<br />

∫<br />

ij i j<br />

VT<br />

colonne sono una base ortonormale <strong>per</strong> lo spazio nullo <strong>di</strong> P , ed R una matrice le cui righe<br />

sono una base ortonormale dello spazio lineare generato dalle righe <strong>di</strong> P . Introducendo il<br />

cambio <strong>di</strong> variabile:<br />

(1) δI<br />

= KδX<br />

+ R δY<br />

T<br />

l<br />

0<br />

81


Capitolo 2 I meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> indagine proposti<br />

dove δ X e δ Y sono i nuovi gra<strong>di</strong> <strong>di</strong> libertà, è possibile mostrare che la densità <strong>di</strong> corrente<br />

associata al termine Kδ X è nulla in VT e che la densità <strong>di</strong> corrente associata al termine<br />

T ( R δ Y)<br />

è <strong>non</strong> nulla in VT.<br />

Per imporre che il volume V0 sia occupato dalla cricca, cioè che J( r) = 0 in V0, richie<strong>di</strong>amo<br />

∫ ∫<br />

2 2<br />

0<br />

V0 V0 δ<br />

che ( ) = ( ) + ( )<br />

J r dr J r J r dr<br />

sia minimo (figure 2.19, 2.20).<br />

Tenuto conto del cambio <strong>di</strong> variabili eseguito<br />

con la (1) e che il termine Kδ X è associato a<br />

una densità <strong>di</strong> corrente nulla in V0⊆V T si ha:<br />

T<br />

(2) P R δY<br />

= w<br />

0<br />

0<br />

con P ∫ J ⋅ J dr<br />

e w = −∫<br />

J ⋅ J dr<br />

.<br />

0,<br />

ij =<br />

V0<br />

i<br />

j<br />

0,<br />

i<br />

La soluzione generale della (2) è<br />

δ Y = K% δα + δy<br />

dove<br />

0 0<br />

V0<br />

i<br />

a) b)<br />

Fig. 2.19 a) Distribuzione della densità <strong>di</strong> corrente J in presenza <strong>di</strong> <strong>di</strong>fetto; b) <strong>di</strong>stribuzione della densità<br />

<strong>di</strong> corrente J0 in assenza <strong>di</strong> <strong>di</strong>fetto.<br />

0<br />

Fig. 2.20 Distribuzione della densità <strong>di</strong><br />

corrente δJ.<br />

δ y è una soluzione particolare, le colonne <strong>di</strong><br />

0<br />

K<br />

0<br />

% sono una base<br />

ortonormale <strong>per</strong> lo spazio nullo <strong>di</strong> P e δα è un vettore <strong>di</strong> nuovi gra<strong>di</strong> <strong>di</strong> libertà. Per<br />

0<br />

82


Capitolo 2 I meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> indagine proposti<br />

determinare i gra<strong>di</strong> <strong>di</strong> libertà δ X e δα , applichiamo il metodo <strong>di</strong> Galerkin all’equazione<br />

j ( ') 'd '<br />

4<br />

µ<br />

η r δJ r =− ω δ − −∇δϕ<br />

π ∫ J r r r r ; ∀r∈Vc \ V 0,<br />

con il vincolo che<br />

integrale ( ) ( ) 0<br />

0 0<br />

Vc<br />

T<br />

δI = KδX+ R K% α + y (η è la resistività del conduttore, ω è la pulsazione angolare).<br />

Il risultato finale è:<br />

% % % % δα % δ y ,<br />

T T −1 T −1<br />

(3) ( K Z K − K Z Z Z K ) = K ( Z Z Z −Z<br />

yy yx xx xy yx xx xy yy )<br />

0 0 0 0 0 0<br />

dove Z xx , Z xy , Z yx e Z yy sono opportune matrici che possono essere pre-calcolate, ed inoltre<br />

è possibile mostrare che:<br />

−1<br />

(4) δ X =−Z Z ( K δα −δ<br />

y )<br />

xx xy<br />

% .<br />

0 0<br />

Il sistema (3) è <strong>di</strong> rapido assemblaggio in quanto, dato V0, è necessario ricalcolare<br />

K<br />

0<br />

% ,<br />

δ y e<br />

0<br />

formare alcuni prodotti matriciali. Inoltre, il sistema (3) è <strong>di</strong> rapida soluzione in quanto il<br />

numero <strong>di</strong> componenti <strong>di</strong> δα è dell’or<strong>di</strong>ne del numero dei gra<strong>di</strong> <strong>di</strong> libertà <strong>di</strong> δ J associati a<br />

correnti <strong>non</strong> nulle in VT\ V 0 il quale, a sua volta, è notevolmente inferiore al numero totale<br />

dei gra<strong>di</strong> <strong>di</strong> libertà.<br />

Da quanto appena esposto, si evince che nella soluzione del problema <strong>di</strong>retto, il software<br />

scelto, suffraga pienamente i requisiti richiesti, in particolare, si è visto che oltre a sussistere<br />

l’invarianza funzionale <strong>per</strong> trasformazioni <strong>di</strong> variabili, si ha una notevole riduzione dei gra<strong>di</strong><br />

<strong>di</strong> libertà del problema con conseguente riduzione degli oneri computazionali.<br />

2.3.2.2 Soluzione del problema inverso<br />

Come già descritto in precedenza, il problema inverso consiste nella ricostruzione della<br />

posizione e forma <strong>di</strong> un eventuale <strong>di</strong>fetto presente sul provino sotto <strong>test</strong>, attraverso la<br />

conoscenza <strong>di</strong> alcune grandezze <strong>misura</strong>te me<strong>di</strong>ante la tecnica ispettiva in oggetto.<br />

83


Capitolo 2 I meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> indagine proposti<br />

Il metodo consiste nell’in<strong>di</strong>viduare qual è il set <strong>di</strong> facce della <strong>di</strong>scretizzazione in elementi<br />

finiti (mesh) che appartiene al <strong>di</strong>fetto. Di conseguenza, <strong>di</strong> ciascuna faccia della mesh è<br />

necessario capire se appartiene o meno al <strong>di</strong>fetto, quin<strong>di</strong> si può affermare che il problema è <strong>di</strong><br />

natura binaria. Una volta accertato che una faccia appartiene proprio al <strong>di</strong>fetto, il valore del<br />

flusso <strong>di</strong> corrente che l’attraversa è noto, in quanto deve essere l’opposto del valore<br />

im<strong>per</strong>turbato. Al contrario se la faccia <strong>non</strong> appartiene al <strong>di</strong>fetto, il valore del flusso <strong>di</strong> corrente<br />

è incognito. Naturalmente, una descrizione del <strong>di</strong>fetto così realizzata, <strong>di</strong>venta sempre più<br />

accurata man mano che la <strong>di</strong>scretizzazione si raffina, aumentando <strong>per</strong>ò allo stesso tempo, il<br />

lavoro computazionale necessario <strong>per</strong> giungere alla soluzione. In particolare, si assume che il<br />

mezzo materiale sia un conduttore con proprietà <strong>di</strong>amagnetiche, abbia una resistività<br />

omogenea <strong>di</strong> valore η b e che l’inclusione sia anch’essa rappresentata da resistività omogenea<br />

<strong>di</strong> valore η i . Inoltre, si assume che il sistema <strong>di</strong> <strong>misura</strong> sia costituito da N bobine e che la<br />

<strong>misura</strong> della matrice delle impedenze mutue tra le bobine è data dalla Zcoil.<br />

Il modello numerico <strong>per</strong> il calcolo delle correnti indotte nel dominio della frequenza <strong>per</strong> un<br />

materiale conduttore, lineare e <strong>di</strong>amagnetico, è ottenuto utilizzando il metodo <strong>di</strong> Galerkin, con<br />

funzioni <strong>di</strong> forma basate sugli “elementi <strong>di</strong> lato” <strong>per</strong> rappresentare il potenziale vettore<br />

elettrico ( J =∇× T, T( x) =∑ IkT k(<br />

x)).<br />

In questo modo si ottiene: ZI = U<br />

dove = + jω<br />

k<br />

Z R L, = { R } , = { L } , = { I } , = { U }<br />

elettromagnetici, si ha:<br />

R L I U , e applicando la teoria dei campi<br />

ij ij k k<br />

µ ∇× T( ) ( ')<br />

0 i x ⋅∇× Tj x<br />

Lij =<br />

dVdV,<br />

4π<br />

∫∫ '<br />

x−x Vc Vc<br />

Ui =−jω∫∇× Ti⋅A0 dV,<br />

Vc<br />

Rij = ∫ ∇× Ti⋅η∇× TjdV<br />

,<br />

Vc<br />

84


Capitolo 2 I meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> indagine proposti<br />

dove Vc è il dominio conduttore, ω è la pulsazione angolare, η è la resistività del materiale<br />

conduttore e A0 è il potenziale vettore prodotto dalle bobine.<br />

A partire da questo modello numerico, si può risolvere il problema del calcolo <strong>di</strong> Zcoil <strong>per</strong><br />

un’assegnata posizione e forma dell’inclusione. In particolare, si ha che la matrice Zcoil si può<br />

scrivere come Zcoil = ω 2 M T Z -1 M+Z0 dove Z0 è la matrice (nota) delle impedenze in assenza<br />

del materiale conduttore, = { M }<br />

M con<br />

ik<br />

M ∫ T x A x dV ed<br />

ik ∇× i( ) ⋅<br />

0<br />

k ( ) ,<br />

Vc<br />

0<br />

A k è il potenziale<br />

vettore prodotto da una corrente unitaria circolante nella k-esima bobina quando è posta nello<br />

spazio libero.<br />

Z Z Z si ricava<br />

∗<br />

Sviluppando in serie <strong>di</strong> potenze rispetto ad ω la matrice <strong>di</strong>fferenza coil = 0 − coil ,<br />

R = Re Z = ω P + O(<br />

ω ) con<br />

∗ ∗ 2 (2) 4<br />

che { }<br />

(5)<br />

coil coil<br />

=−<br />

(2) T −1<br />

P M R M . (momento del secondo or<strong>di</strong>ne)<br />

Affinché il modello matematico, utilizzato <strong>per</strong> la soluzione del problema inverso, ammetta<br />

una corretta procedura <strong>di</strong> inversione, deve essere verificata la seguente proprietà:<br />

(6)<br />

dove<br />

η ( x) ≥η ( x)<br />

⇒P −P<br />

è una matrice semi-definita positiva<br />

(2) (2)<br />

1 2 1 2<br />

(2)<br />

P k è il momento del secondo or<strong>di</strong>ne (calcolato me<strong>di</strong>ante la (5)), corrispondente alla<br />

resistività ηk.<br />

Particolarizzando la (6) al problema dell’identificazione della posizione e forma delle<br />

inclusioni, si ricava:<br />

(7)<br />

D ⊆D ⇒P −P<br />

è una matrice semi-definita positiva<br />

(2) (2)<br />

β α α β<br />

dove Dα e Dβ sono sottoinsiemi del dominio conduttore Vc, e<br />

(2)<br />

P k è il momento del secondo<br />

or<strong>di</strong>ne associato alla resistività ηk corrispondente ad un’inclusione in Dk ,cioè ηk( x)<br />

= ηi<br />

in Dk<br />

e η ( x)<br />

= η in Vc\ Dk.<br />

k b<br />

85


Capitolo 2 I meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> indagine proposti<br />

L’algoritmo <strong>di</strong> inversione utilizza come dato, il momento del secondo or<strong>di</strong>ne P(2) che si può<br />

estrarre, a partire da misure <strong>di</strong> Z*coil, <strong>per</strong> <strong>di</strong>versi valori della frequenza. In particolare,<br />

sud<strong>di</strong>viso il dominio conduttore in S sottoinsiemi <strong>non</strong> sovrapposti Ω1,…,ΩS, si effettua un <strong>test</strong><br />

basato sulla (7) <strong>per</strong> identificare gli insiemi Ωk can<strong>di</strong>dati ad essere contenuti in V, il dominio<br />

occupato dall’inclusione. Per essere più specifici, assunto che V sia unione <strong>di</strong> alcuni o tutti gli<br />

insiemi Ωk, si costruisce una stima V facendo l’unione degli Ωk tali che P(2) −P sia una<br />

matrice semi-definita positiva, dove<br />

(2)<br />

P k è il momento del secondo or<strong>di</strong>ne associato ad una<br />

inclusione in Ωk. Si noti che in questo modo V⊆V. Nella pratica V può <strong>non</strong> essere unione <strong>di</strong><br />

Ωk e la matrice P(2) può essere affetta da errori.<br />

In questo caso <strong>per</strong> avere la certezza <strong>di</strong> <strong>di</strong>scriminare correttamente gli insiemi Ωk can<strong>di</strong>tati<br />

all’occupazione del dominio del <strong>di</strong>fetto, si ha la convenienza <strong>di</strong> introdurre la quantità sk<br />

definita da:<br />

(8)<br />

⎛<br />

k = ⎜∑ ⎞⎛<br />

k, j⎟⎜∑ −1<br />

⎞<br />

k, j ⎟ ,<br />

j j<br />

s λ λ<br />

⎝ ⎠⎝ ⎠<br />

dove λ k, j è l’autovalore j-esimo della matrice P(2)<br />

e solo se P(2)<br />

con soglia Vε, con<br />

Da un punto <strong>di</strong> vista prettamente misuristico, il metodo proposto presenta due aspetti critici,<br />

86<br />

(2)<br />

k<br />

(2)<br />

−P k . Si noti che sk è uguale all’unità, se<br />

(2)<br />

−Pk è una matrice semi-definita positiva. Si definisce quin<strong>di</strong> la ricostruzione<br />

V = U Ω , e si sceglie il valore ottimale della soglia ε, minimizzando il<br />

ε<br />

k\ sk≥ε<br />

funzionale Ψ( ε ) = P(2)<br />

norma <strong>di</strong> Frobenius.<br />

k<br />

(2)<br />

ε<br />

2<br />

−P , dove è un’opportuna norma matriciale come la<br />

Si noti che il costo computazionale dell’algoritmo <strong>di</strong> inversione cresce linearmente con S<br />

(cioè all’aumentare degli insiemi Ωk) e che sk richiede il calcolo degli autovalori <strong>di</strong> una<br />

matrice N×N ove N è il numero <strong>di</strong> bobine del sistema <strong>di</strong> <strong>misura</strong>.<br />

2.3.3 Il progetto della sonda


Capitolo 2 I meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> indagine proposti<br />

classici dei meto<strong>di</strong> ECT che utilizzano sonde realizzate con bobine:<br />

a. il basso valore dell’ampiezza delle tensioni indotte sulle bobine;<br />

b. la scarsa variazione degli elementi della matrice delle impedenze determinata in<br />

assenza ed in presenza <strong>di</strong> <strong>di</strong>fetto.<br />

E’ necessario quin<strong>di</strong> porre particolare attenzione sia alla progettazione della sonda, onde<br />

evitare l’effetto <strong>di</strong> mascheramento dovuto all’inevitabile rumore ambientale (punto a.), che<br />

alla messa a punto della stazione <strong>di</strong> <strong>misura</strong>, al fine <strong>di</strong> migliorare le con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> rilevazione<br />

delle variazioni della matrice delle impedenze causata dalla presenza del <strong>di</strong>fetto (punto b.).<br />

Propedeutica alla sua realizzazione, è stata quin<strong>di</strong> effettuata un’analisi <strong>di</strong> sensibilità atta alla<br />

determinazione delle caratteristiche fisiche e <strong>di</strong> forzamento della sonda, che garantiscano i<br />

massimi valori della tensione indotta ai capi delle bobine <strong>di</strong> pick-up; è stato cioè eseguito un<br />

processo <strong>di</strong> ottimizzazione della sensibilità della sonda.<br />

2.3.3.1 Analisi <strong>di</strong> sensibilità<br />

Generalmente i processi <strong>di</strong> ottimizzazione (ricerca dei valori <strong>di</strong> ottimo <strong>di</strong> alcune grandezze,<br />

che massimizzano o minimizzano una determinata funzione) vengono eseguiti con<br />

determinate tecniche, in funzione del tipo <strong>di</strong> problema che si sta affrontando (ad esempio un<br />

problema <strong>di</strong> ottimizzazione vincolata può essere risolto con la tecnica dei moltiplicatori <strong>di</strong><br />

Lagrange). Il passo fondamentale è la realizzazione <strong>di</strong> un opportuno modello matematico che<br />

porta all’in<strong>di</strong>viduazione della funzione obiettivo (la funzione che si vuole massimizzare o<br />

minimizzare). Nel caso in esame risulta <strong>di</strong>fficile determinare la funzione obiettivo (<strong>di</strong>pendente<br />

dai parametri in gioco) che garantisca quelle caratteristiche <strong>di</strong> regolarità tali da poter applicare<br />

le tecniche suddette. In questo caso si è allora proceduto ad un tipo <strong>di</strong> ottimizzazione basato<br />

su tabelle <strong>di</strong> dati, in cui si investiga il comportamento del sistema al variare <strong>di</strong> tutte le<br />

grandezze in gioco, si costruiscono delle tabelle n-<strong>di</strong>mensionali (se n sono le grandezze<br />

esaminate) la cui analisi <strong>per</strong>mette <strong>di</strong> determinare la con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> ottimo.<br />

87


Capitolo 2 I meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> indagine proposti<br />

Innanzitutto, è stata effettuata un’analisi del problema al fine <strong>di</strong> determinare i parametri<br />

rispetto a cui investigare il comportamento della sonda; sono stati in<strong>di</strong>viduati i seguenti:<br />

- numero <strong>di</strong> bobine costituenti la sonda;<br />

- frequenza della corrente <strong>di</strong> eccitazione;<br />

- numero <strong>di</strong> spire della singola bobina;<br />

- <strong>di</strong>stanza del sensore dal pezzo da ispezionare;<br />

- <strong>di</strong>stanza tra le bobine;<br />

- altezza delle bobine;<br />

- raggio interno delle bobine;<br />

- spessore dell’avvolgimento delle bobine;<br />

- massimo livello <strong>di</strong> rumore accettabile sui segnali <strong>di</strong> tensione e corrente acquisiti.<br />

I parametri summenzionati, possono essere indagati seguendo due possibili approcci: (i)<br />

s<strong>per</strong>imentale, (ii) ambiente <strong>di</strong> simulazione.<br />

Un approccio puramente s<strong>per</strong>imentale al problema, necessiterebbe la realizzazione <strong>di</strong> un<br />

numero sufficiente <strong>di</strong> sonde <strong>di</strong>verse (in maniera da coprire l’intero campo <strong>di</strong> variazione <strong>di</strong><br />

tutti i parametri costruttivi da esaminare), ed un elevato numero <strong>di</strong> sessioni <strong>di</strong> <strong>misura</strong> (in<br />

modo da riuscire ad in<strong>di</strong>viduare tra i vari risultati, un set <strong>di</strong> parametri che ci consenta la<br />

realizzazione della sonda ottimale). E’ evidente che un approccio <strong>di</strong> questo tipo presenta<br />

alcuni svantaggi: in primo luogo, dovremo tener conto dei costi realizzativi <strong>di</strong> tutte le sonde<br />

richieste <strong>per</strong> l’analisi, in secondo luogo, vi saranno ulteriori costi, in termini <strong>di</strong> tempo<br />

de<strong>di</strong>cato all’esecuzione <strong>di</strong> tutte quelle sessioni <strong>di</strong> <strong>misura</strong>, atte al completamento del quadro<br />

investigativo sul comportamento della sonda, al variare dei suoi parametri caratteristici.<br />

Per ovviare agli oneri introdotti da un approccio puramente s<strong>per</strong>imentale, si è pensato <strong>di</strong><br />

eseguire l’analisi <strong>di</strong> sensibilità del sensore, o<strong>per</strong>ando in un ambiente <strong>di</strong> simulazione. Questo<br />

tipo <strong>di</strong> scelta, oltre ad eliminare tutti gli oneri menzionati, <strong>per</strong>mette <strong>di</strong> analizzare in modo più<br />

88


Capitolo 2 I meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> indagine proposti<br />

completo i campi <strong>di</strong> variazione <strong>di</strong> ogni singolo parametro, unitamente ad una puntuale<br />

collocazione del <strong>di</strong>fetto, sia in termini <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni, che in termini <strong>di</strong> posizione e forma.<br />

Questa scelta viene anche supportata dal fatto che già si <strong>di</strong>spone del software necessario (c.f.r.<br />

§ 2.3.2.1), capace cioè <strong>di</strong> fornire la matrice delle impedenze che una sonda costituita dalle<br />

caratteristiche geometriche, imposte nella fase <strong>di</strong> pianificazione della simulazione, avrebbe<br />

fornito.<br />

A questo punto, scelto il modo ed il mezzo con cui o<strong>per</strong>are, è necessario fare qualche<br />

considerazione riguardo la programmazione delle simulazioni da eseguire al fine <strong>di</strong> compiere<br />

la voluta analisi <strong>di</strong> sensibilità. Ci si rende subito conto che, a causa del numero considerevole<br />

delle variabili in gioco, se effettuassimo un’analisi della variazione del singolo parametro<br />

(mantenendo tutti gli altri costanti), otterremmo sicuramente dei risultati poco degni <strong>di</strong><br />

attenzione s<strong>per</strong>imentale.<br />

Per su<strong>per</strong>are tali <strong>di</strong>fficoltà, sulla base dell’es<strong>per</strong>ienza maturata nel campo ECT ed in seguito<br />

ad un’attenta analisi dei principi fisici che regolano il metodo stesso, è stato ridotto il numero<br />

complessivo delle variabili, fissando a priori i valori <strong>di</strong> alcune <strong>di</strong> esse, ed effettuando le<br />

dovute investigazioni al variare <strong>di</strong> più parametri contemporaneamente.<br />

Sono stati quin<strong>di</strong> vincolati i campi <strong>di</strong> variabilità delle seguenti variabili.<br />

- Frequenza della corrente <strong>di</strong> eccitazione. Considerando che un elevato valore <strong>di</strong><br />

frequenza, implica una maggiore ampiezza della tensione indotta sulle bobine <strong>di</strong> pick-up,<br />

i valori della frequenza del segnale <strong>di</strong> eccitazione, sono scelti in base al corrispondente<br />

spessore <strong>di</strong> penetrazione delle correnti indotte nel provino in esame. Lo spessore <strong>di</strong><br />

penetrazione relativo al range <strong>di</strong> frequenza usato, <strong>non</strong> dovrà essere inferiore a quello del<br />

provino in esame o alla parte <strong>di</strong> esso che si vuole investigare.<br />

- Numero <strong>di</strong> bobine costituenti il sensore. E’ questo un parametro che <strong>non</strong> necessita <strong>di</strong><br />

alcun tipo <strong>di</strong> analisi particolare; infatti basta pensare ai principi della fisica che regolano<br />

il metodo ispettivo proposto, <strong>per</strong> dedurre che al crescere del numero <strong>di</strong> bobine presenti<br />

89


Capitolo 2 I meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> indagine proposti<br />

sulla sonda, si ha una corrispondente crescita della risoluzione della sonda stessa (fissate<br />

che siano le sue <strong>di</strong>mensioni estreme). Il valore <strong>di</strong> questo parametro sarà quin<strong>di</strong> scelto in<br />

funzione <strong>di</strong> quelle che saranno l’inter<strong>di</strong>stanza ottimale tra le bobine e le <strong>di</strong>mensioni<br />

massime della sonda (atte a garantire che la <strong>di</strong>stanza tra le bobine estreme sia tale da <strong>non</strong><br />

impe<strong>di</strong>re alla bobina <strong>di</strong> pick-up <strong>di</strong> rilevare il campo <strong>di</strong> reazione).<br />

- Numero <strong>di</strong> spire della singola bobina. Dalla fisica dei campi magnetici sappiamo che il<br />

valore del campo generato da una bobina, è proporzionale al numero <strong>di</strong> spire con le quali<br />

è stato <strong>di</strong>mensionato il suo avvolgimento. In base a ciò, ci si aspetta che al crescere del<br />

numero delle spire si ottenga, attraverso un legame <strong>di</strong> tipo lineare, un aumento del valore<br />

del campo a parità <strong>di</strong> corrente. Il numero <strong>di</strong> spire sarà quin<strong>di</strong> il massimo possibile<br />

compatibilmente con la sezione del filo, le <strong>di</strong>mensioni ottimali <strong>di</strong> altezza, raggio e<br />

spessore della bobina <strong>non</strong>ché del massimo valore <strong>di</strong> auto impedenza della bobina che<br />

potrebbe ridurre la sensibilità <strong>di</strong> rilevazione della variazione <strong>di</strong> impedenza dovuta alla<br />

presenza del <strong>di</strong>fetto.<br />

- Distanza del sensore dal pezzo da ispezionare. Il valore <strong>di</strong> tale parametro viene fissato,<br />

partendo da assunzioni oggettive <strong>di</strong> carattere s<strong>per</strong>imentale, ad 1mm.<br />

Prima <strong>di</strong> presentare i risultati ottenuti dall’analisi <strong>di</strong> sensibilità, è necessario precisare alcuni<br />

aspetti, sia rispetto alle modalità <strong>di</strong> simulazione adottate sia rispetto alla presentazione dei<br />

risultati, che ne <strong>per</strong>metteranno una corretta comprensione ed interpretazione.<br />

i Dalle considerazioni fatte ed avendo lasciato <strong>non</strong> vincolato il numero <strong>di</strong> bobine della<br />

sonda, si è preferito considerare solo due bobine nel processo <strong>di</strong> simulazione. Questo<br />

modo <strong>di</strong> o<strong>per</strong>are infatti, <strong>per</strong>metterà sia una notevole riduzione dello sforzo<br />

computazionale, e conseguentemente i tempi <strong>di</strong> esecuzione della singola simulazione,<br />

che una più semplice analisi dei risultati ottenuti. Infatti lo scopo è quello <strong>di</strong><br />

massimizzare il mutuo accoppiamento tra le bobine e questo può essere analizzato tra<br />

solo due bobine, con il vantaggio <strong>di</strong> avere in uscita alle simulazioni degli elementi e <strong>non</strong><br />

90


Capitolo 2 I meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> indagine proposti<br />

delle matrici. I parametri costruttivi della<br />

sonda in esame saranno analizzati, ove<br />

possibile, al variare della frequenza e/o<br />

della <strong>di</strong>stanza tra le bobine, in maniera tale<br />

da avere in<strong>di</strong>cazioni sulle tendenze dei<br />

singoli parametri, in funzione <strong>di</strong> più<br />

grandezze contemporaneamente.<br />

ii La massimizzazione del valore assunto<br />

dall’impedenza rilevata tra le bobine<br />

equivale ad una massimizzazione della<br />

tensione indotta sulle bobine <strong>di</strong> pickup. Infatti, durante una sessione <strong>di</strong> <strong>misura</strong>, il valore<br />

della corrente <strong>di</strong> eccitazione viene mantenuto costante (alimentazione a corrente<br />

impressa), ne risulta che il valore della tensione, a meno <strong>di</strong> una costante <strong>di</strong><br />

proporzionalità, è legato <strong>di</strong>rettamente al valore <strong>di</strong> impedenza, dalla quale poi l’algoritmo<br />

<strong>di</strong> ricostruzione, estrapolerà le informazioni relative al <strong>di</strong>fetto. Nella presentazione dei<br />

risultati verrà quin<strong>di</strong> posta particolare attenzione alla tendenza dei valori dell’impedenza<br />

in luogo della tensione indotta.<br />

iii Tutte le simulazioni sono state eseguite al variare della frequenza (nel range 500÷1500<br />

Hz con step <strong>di</strong> 250Hz), in modo tale <strong>di</strong> investigare il provino alle <strong>di</strong>verse profon<strong>di</strong>tà.<br />

iv Ad ogni parametro è stato associato un valore <strong>di</strong> default (riportato in tab. 2.2), ottenendo<br />

un set <strong>di</strong> valori rispetto ai quali sono state poi imposte le variazioni del caso.<br />

2.3.3.1.1 Analisi al variare della <strong>di</strong>stanza tra le bobine<br />

Parametro Costruttivo Valore <strong>di</strong> Default<br />

Distanza tra i centri delle<br />

bobine lungo l’asse x<br />

Distanza tra i centri delle<br />

bobine lungo l’asse y<br />

10 [mm]<br />

24 [mm]<br />

Raggio interno bobina 2 [mm]<br />

Altezza bobina 5 [mm]<br />

Spessore bobina 2.5 [mm]<br />

Numero spire 128<br />

Distanza sonda-provino 1 [mm]<br />

Resistività del provino<br />

Numero <strong>di</strong> bobine lungo<br />

gli assi <strong>di</strong> riferimento<br />

0.2825e-7<br />

[Ω mm 2 / m]<br />

La simulazione è stata eseguita imponendo un provino <strong>di</strong> alluminio delle <strong>di</strong>mensioni <strong>di</strong> 60×60<br />

mm, avente uno spessore pari a 2 mm, sul quale è stato imposto un <strong>di</strong>fetto passante dalle<br />

<strong>di</strong>mensioni <strong>di</strong> 4×4 mm, posto in modo da essere centrato rispetto alla congiungente dei centri<br />

2 × 2<br />

Tab. 2.2 Valori iniziali dei parametri<br />

costruttivi della singola bobina.<br />

91


Capitolo 2 I meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> indagine proposti<br />

delle due bobine <strong>di</strong> cui è stata mo<strong>di</strong>ficata la <strong>di</strong>stanza (fig. 2.21). Questa è stata variata<br />

partendo da un valore minimo <strong>di</strong> 10 mm <strong>per</strong> il quale le bobine sono tangenti ed il loro punto<br />

<strong>di</strong> contatto corrisponde al centro del <strong>di</strong>fetto, sino ad un valore massimo <strong>di</strong> 46 mm (con passo 4<br />

mm) <strong>per</strong> il quale le bobine sono ad una <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> 2,5 mm dal bordo del provino.<br />

In fig. 2.22, è riportato l’andamento dell’impedenza (Z) in funzione della <strong>di</strong>stanza tra gli assi,<br />

<strong>per</strong> <strong>di</strong>versi valori <strong>di</strong> frequenza compresi tra 500 Hz e 1250 Hz.<br />

Fig. 2.21 Variazioni <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza imposte (le <strong>di</strong>mensioni sono espresse in mm)<br />

Z<br />

[Ω]<br />

× 10 -4<br />

d [mm]<br />

Fig. 2.22 Andamenti <strong>di</strong> Z al variare della <strong>di</strong>stanza “d” tra i centri delle bobine, <strong>per</strong> <strong>di</strong>versi valori della<br />

frequenza.<br />

92


Capitolo 2 I meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> indagine proposti<br />

Si può notare come il valore già molto piccolo dell’impedenza decresce velocemente<br />

all’aumentare della <strong>di</strong>stanza delle bobine, e che <strong>per</strong> <strong>di</strong>stanze su<strong>per</strong>iori ai 30 mm scende al<br />

<strong>di</strong>sotto <strong>di</strong> 0.5·10 -4 Ω. E’ possibile inoltre notare che gli andamenti <strong>di</strong> Z sono molto simili al<br />

variare della frequenza e, come ci si aspettava, crescenti all’aumentare della frequenza.<br />

Sono state inoltre eseguite analisi al variare della <strong>di</strong>stanza tra le bobine secondo <strong>di</strong>verse<br />

<strong>di</strong>rezioni rispetto al <strong>di</strong>fetto, ottenendo risultati analoghi.<br />

2.3.3.1.2 Analisi al variare dell’altezza delle bobine<br />

Osservando che la variazione dell’altezza della bobina, comporta variazioni nelle <strong>di</strong>mensioni<br />

dell’avvolgimento atto a generare (captare) il campo, questo causerà sia variazioni nella<br />

mutua che nell’auto-impedenza. In conseguenza <strong>di</strong> ciò, <strong>per</strong> questo parametro, come <strong>per</strong> tutti<br />

quelli che rientrano in questa categoria, i risultati saranno completi anche delle variazioni<br />

dell’auto-impedenza.<br />

L’altezza della bobina è stata variata da 5mm a 45mm (assumendo i valori: [5, 10, 15, 30, 45]<br />

mm) e <strong>per</strong> ogni valore dell’altezza è stata variata anche la <strong>di</strong>stanza tra le bobine. Nelle figure<br />

2.23 e 2.24, sono riportati, rispettivamente, gli andamenti <strong>di</strong> auto e mutua impedenza (Z) al<br />

variare dell’altezza (h) e della <strong>di</strong>stanza (d) tra le bobine, <strong>per</strong> tre <strong>di</strong>fferenti valori <strong>di</strong> frequenza.<br />

Dall’analisi <strong>di</strong> fig. 2.23, è possibile trarre le seguenti considerazioni <strong>per</strong> la mutua impedenza:<br />

- decresce all’aumentare dell’altezza delle bobine;<br />

- decresce all’aumentare della <strong>di</strong>stanza tra i centri delle bobine;<br />

Z<br />

[Ω]<br />

× 10 -5<br />

h [mm]<br />

d [mm]<br />

× 10 -4<br />

× 10 -4<br />

a) b) c)<br />

Z<br />

Z<br />

[Ω]<br />

h [mm]<br />

Fig. 2.23 Andamenti della mutua impedenza al variare dell’altezza “h” e della <strong>di</strong>stanza “d” tra i centri<br />

delle bobine <strong>per</strong> f=500Hz a), f=1000Hz b) ed f=1500Hz c).<br />

93<br />

d [mm]<br />

[Ω]<br />

h [mm]<br />

d [mm]


Capitolo 2 I meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> indagine proposti<br />

- cresce all’aumentare del valore della frequenza;<br />

- <strong>per</strong> valori <strong>di</strong> h maggiori <strong>di</strong> 30 mm la mutaimpedenza presenta variazioni trascurabili<br />

Z<br />

[Ω]<br />

rispetto alla <strong>di</strong>stanza tra le bobine.<br />

× 10 -4<br />

h [mm]<br />

Dall’analisi <strong>di</strong> fig. 2.24, è possibile trarre le seguenti considerazioni <strong>per</strong> l’auto impedenza:<br />

- all’aumentare <strong>di</strong> h si ha un decremento dell’auto-impedenza, dovuto alla peggiore<br />

<strong>di</strong>stribuzione dell’avvolgimento della bobina, con conseguente <strong>di</strong>s<strong>per</strong>sione <strong>di</strong> campo;<br />

- come ovvio, i valori dell’auto-impedenza sono completamente in<strong>di</strong>pendenti<br />

dall’inter<strong>di</strong>stanza delle bobine.<br />

a) b) c)<br />

d [mm]<br />

In definitiva, sia l’auto che la mutua impedenza crescono al <strong>di</strong>minuire dell’altezza della<br />

bobina. Questo risultato costituisce un primo importante in<strong>di</strong>catore nel <strong>di</strong>mensionamento<br />

delle caratteristiche delle bobine costituenti la sonda.<br />

2.3.3.1.3 Analisi al variare dello spessore delle bobine<br />

L’indagine <strong>di</strong> questo parametro <strong>non</strong> è stata effettuata in quanto <strong>non</strong> <strong>per</strong>messo dal software <strong>di</strong><br />

simulazione. Per esso e stato quin<strong>di</strong> assunto un valore fisicamente congruente.<br />

2.3.3.1.4 Analisi al variare del raggio interno delle bobine<br />

Z<br />

[Ω]<br />

× 10 -3<br />

La simulazione è stata eseguita variando il raggio interno “r” della bobina da 2mm a 12mm<br />

con passo 2mm e <strong>per</strong> ogni valore del raggio è stata variata la <strong>di</strong>stanza “d” tra i centri delle<br />

Z<br />

[Ω]<br />

× 10 -3<br />

d [mm]<br />

h [mm] d [mm]<br />

h [mm]<br />

Fig. 2.24 Andamenti dell’auto impedenza al variare dell’altezza “h” e della <strong>di</strong>stanza “d” tra i centri delle<br />

bobine <strong>per</strong> f=500Hz a), f=1000Hz b) ed f=1500Hz c).<br />

94


Capitolo 2 I meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> indagine proposti<br />

Z<br />

[Ω]<br />

r [mm]<br />

× 10 -3<br />

d [mm]<br />

bobine da 10mm a 30mm con passo 4mm.<br />

Nelle figure 2.25 e 2.26, sono riportati, rispettivamente, gli andamenti <strong>di</strong> auto e mutua<br />

impedenza (Z) al variare del raggio interno (r) e della <strong>di</strong>stanza (d) tra le bobine, <strong>per</strong> tre<br />

<strong>di</strong>fferenti valori <strong>di</strong> frequenza.<br />

Dall’analisi <strong>di</strong> fig. 2.25, è possibile trarre le seguenti considerazioni <strong>per</strong> la mutua impedenza:<br />

- cresce all’aumentare del raggio delle bobine;<br />

- decresce all’aumentare della <strong>di</strong>stanza tra i centri delle bobine;<br />

- cresce all’aumentare del valore della frequenza.<br />

Dall’analisi <strong>di</strong> fig. 2.26, è possibile trarre le seguenti considerazioni <strong>per</strong> l’auto-impedenza:<br />

- cresce all’aumentare del raggio delle bobine;<br />

a) b) c)<br />

× 10 -3<br />

- cresce all’aumentare del valore della frequenza,<br />

- si nota una variazione con la <strong>di</strong>stanza delle bobine dovuta essenzialmente agli effetti <strong>di</strong><br />

bordo causati dall’elevato valore del raggio interno.<br />

Z<br />

[Ω]<br />

Z<br />

[Ω]<br />

× 10 -3<br />

r [mm]<br />

d [mm]<br />

r [mm]<br />

d [mm]<br />

Fig. 2.25 Andamenti della mutua impedenza al variare raggio interno “r” e della <strong>di</strong>stanza “d” tra i centri<br />

delle bobine <strong>per</strong> f=500Hz a), f=1000Hz b) ed f=1500Hz c).<br />

Z<br />

[Ω]<br />

× 10 -3<br />

r [mm]<br />

d [mm]<br />

a) b) c)<br />

Z<br />

[Ω]<br />

× 10 -3<br />

r [mm]<br />

Fig. 2.26 Andamenti dell’auto impedenza al variare raggio interno “r” e della <strong>di</strong>stanza “d” tra i centri<br />

delle bobine <strong>per</strong> f=500Hz a), f=1000Hz b) ed f=1500Hz c).<br />

d [mm]<br />

Z<br />

[Ω]<br />

× 10 -3<br />

r [mm]<br />

d [mm]<br />

95


Capitolo 2 I meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> indagine proposti<br />

2.3.3.1.5 Conclusioni<br />

L’analisi definitiva e complessiva dei risultati ottenuti, <strong>non</strong> ha portato banalmente alla scelta<br />

dei parametri ottimali della sonda. Infatti le simulazioni, <strong>per</strong> ogni parametro, <strong>non</strong> hanno<br />

prodotto andamenti tali da stabilire un valore <strong>di</strong> massimo assoluto. In altri termini, la funzione<br />

che si vuole massimizzare, e cioè la tensione indotta ai capi delle bobine quin<strong>di</strong> l’impedenza<br />

Z, <strong>non</strong> presenta massimi o minimi locali al variare dei <strong>di</strong>versi parametri, ma andamenti <strong>di</strong> tipo<br />

monotoni crescenti o decrescenti.<br />

Infatti, se si riassumono i risultati ottenuti, la funzione Z presenta i seguenti andamenti:<br />

- Diminuisce al crescere dell’altezza delle bobine;<br />

- Diminuisce al crescere della <strong>di</strong>stanza tra i centri delle bobine;<br />

- Aumenta al crescere del raggio interno delle bobine;<br />

- Aumenta al crescere del numero <strong>di</strong> spire;<br />

- Aumenta al crescere della frequenza della corrente <strong>di</strong> eccitazione;<br />

- Diminuisce al crescere del liftoff.<br />

Ovviamente è inimmaginabile la realizzazione <strong>di</strong> bobine ad altezza nulla od a raggio infinito o<br />

con un numero <strong>di</strong> spire infinito, etc. Ciò è impensabile sia da un punto <strong>di</strong> vista fisico-<br />

costruttivo che <strong>di</strong> legame tra i <strong>di</strong>versi parametri (ad esempio, estremizzando, <strong>non</strong> si può avere<br />

un numero <strong>di</strong> spire infinito con un’altezza nulla, fissato lo spessore).<br />

A questo punto l’unico modo <strong>di</strong> procedere nel processo <strong>di</strong> ottimizzazione e quello <strong>di</strong> porre il<br />

problema in termini <strong>di</strong> massimizzazione (o minimizzazione) vincolata. Bisogna cioè imporre<br />

dei vincoli alla variabilità dei parametri oggetto dell’analisi. La scelta dei vincoli <strong>non</strong> può che<br />

derivare dalla conoscenza del fenomeno fisico che si sta analizzando e dalla pratica<br />

s<strong>per</strong>imentale.<br />

Ad esempio si è visto come al crescere del raggio della bobina aumenti il valore <strong>di</strong> Z; è anche<br />

evidente <strong>per</strong>ò, che con una bobina ad elevato raggio <strong>non</strong> si riesce ad avere alcun tipo <strong>di</strong><br />

informazione riguardo i <strong>di</strong>fetti <strong>di</strong> piccole <strong>di</strong>mensioni. Quin<strong>di</strong> se da un lato, aumentando r,<br />

96


Capitolo 2 I meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> indagine proposti<br />

migliora la qualità dei segnali rilevabili, dall’altro peggiorano le prestazioni complessive della<br />

sonda in termini <strong>di</strong> risoluzione nell’in<strong>di</strong>viduazione dei <strong>di</strong>fetti. O<strong>per</strong>ando quin<strong>di</strong> una scelta<br />

opportuna dei vincoli, si è giunti all’identificazione delle caratteristiche costruttive con cui<br />

realizzare una prima sonda che possa essere utilizzata in modo proficuo <strong>per</strong> i primi <strong>test</strong><br />

s<strong>per</strong>imentali.<br />

Ovviamente, è solo a valle <strong>di</strong> una verifica s<strong>per</strong>imentale, tenendo conto delle in<strong>di</strong>cazioni<br />

fornite dall’analisi fatta, che si può pensare <strong>di</strong> effettuare quella ulteriore calibrazione<br />

necessaria a raggiungere le caratteristiche ottimali della sonda.<br />

2.3.3.2 La sonda realizzata<br />

L’analisi effettuata ha portato alla scelta dei seguenti parametri costruttivi della sonda:<br />

- numero <strong>di</strong> bobine costituenti il sensore: 16<br />

- <strong>di</strong>stanza tra il centro delle bobine: 15 [mm]<br />

- altezza delle bobine: 6.75 [mm]<br />

- raggio interno delle bobine: 3.75 [mm]<br />

- spessore dell’avvolgimento delle bobine: 0.75 [mm]<br />

- sezione del filo dell’avvolgimento: 0.25 [mm]<br />

- <strong>di</strong>ametro interno della bobina: 7.5 [mm]<br />

- <strong>di</strong>ametro esterno della bobina: 9.0 [mm]<br />

- numero <strong>di</strong> spire <strong>per</strong> bobina 80<br />

Affinché la sonda realizzata sia funzionale, rispetto all’applicazione del metodo <strong>di</strong> indagine<br />

<strong>non</strong> <strong>di</strong>struttivo proposto, deve inoltre garantire che:<br />

- le bobine siano <strong>per</strong>fettamente parallele ed equi<strong>di</strong>stanti tra loro, ortogonali alla piastra <strong>di</strong><br />

supporto, avente uno spessore tale da <strong>non</strong> <strong>per</strong>mettere nessun tipo <strong>di</strong> deformazione<br />

meccanica;<br />

97


Capitolo 2 I meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> indagine proposti<br />

- l’avvolgimento della singola bobina sia realizzato con un conduttore <strong>di</strong> <strong>di</strong>ametro tale, da<br />

consentire il passaggio <strong>di</strong> una corrente <strong>di</strong> circa 500 mA;<br />

- il numero <strong>di</strong> spire della singola bobina sia, compatibilmente con le <strong>di</strong>mensioni della<br />

bobina stessa, il più grande possibile, in maniera tale da massimizzare il campo prodotto.<br />

2.3.4 Le prime prove s<strong>per</strong>imentali<br />

Al fine sia <strong>di</strong> verificare la bontà del metodo tomografico proposto che <strong>di</strong> provare la qualità<br />

della sonda realizzata, sono stati eseguiti <strong>di</strong>versi <strong>test</strong> s<strong>per</strong>imentali su pezzi con <strong>di</strong>fetti noti.<br />

Il primo passo è stato la messa a punto della stazione automatica <strong>di</strong> <strong>misura</strong>, che <strong>per</strong>mettesse <strong>di</strong><br />

eseguire il <strong>test</strong> <strong>non</strong> <strong>di</strong>struttivo utilizzando il metodo proposto; capace cioè <strong>di</strong> fornire<br />

un’opportuna corrente d’eccitazione alla matrice <strong>di</strong> sensori, ed acquisire i segnali <strong>di</strong> tensione<br />

dalle bobine <strong>di</strong> pick-up, ottenendo così, la matrice delle impedenze conforme alla successiva<br />

fase <strong>di</strong> processamento dei dati.<br />

In particolare, l’accuratezza richiesta nella fase <strong>di</strong> <strong>misura</strong>, insieme alla piccola ampiezza dei<br />

segnali in tensione da acquisire, hanno imposto la scelta <strong>di</strong> appropriati <strong>di</strong>spositivi <strong>di</strong><br />

acquisizione e con<strong>di</strong>zionamento dati.<br />

Fig. 2.27 Il prototipo <strong>di</strong> sonda realizzato<br />

98


Capitolo 2 I meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> indagine proposti<br />

In fig. 2.28 è riportato lo schema a blocchi della stazione <strong>di</strong> <strong>misura</strong> realizzata, composta da<br />

quattro unità fondamentali:<br />

a) Gestione ed elaborazione <strong>di</strong>gitale. E’ essenzialmente costituita da un PC su cui è installato<br />

il software <strong>di</strong> <strong>misura</strong>, sviluppato ad hoc, che gestisce l’intera sessione <strong>di</strong> <strong>misura</strong> attraverso<br />

l’interfaccia IEEE488. In particolare, oltre a pilotare gli <strong>strumenti</strong> della stazione <strong>di</strong> <strong>misura</strong>,<br />

memorizza ed elabora i dati acquisiti, restituendo la matrice delle impedenze.<br />

b) Generazione del segnale <strong>di</strong> eccitazione. Viene utilizzata <strong>per</strong> alimentare la sonda (con<br />

segnali <strong>di</strong> ampiezza e frequenza noti). E’ composta da un amplificatore o<strong>per</strong>azionale<br />

bipolare (AMP) KEPKO 20-20, e da un generatore <strong>di</strong> frequenza (G) HP33120A;<br />

c) Acquisizione e <strong>misura</strong>. E’ composta da un oscilloscopio <strong>di</strong>gitale TEKTRONIX TDS520<br />

(DATA ACQ.), e da un multimetro KEYTHLEY 7200 (6.5 <strong>di</strong>git), equipaggiato con una<br />

scheda multiplexer, che <strong>per</strong>mette la connessione della sonda alle unità <strong>di</strong> generazione ed<br />

acquisizione;<br />

AMP<br />

M U X<br />

PC<br />

G<br />

IEEE488 bus<br />

IEEE488 bus<br />

Fig. 2.28 La stazione <strong>di</strong> <strong>misura</strong> realizzata: a) unità <strong>di</strong> gestione ed elaborazione dei segnali; b) unità <strong>di</strong><br />

generazione; c) unità <strong>di</strong> <strong>misura</strong>; d) sonda.<br />

DATA<br />

ACQ<br />

a)<br />

b)<br />

c)<br />

d)<br />

99


Capitolo 2 I meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> indagine proposti<br />

d) Sonda. E’ la sonda realizzata, che viene collegata alla stazione <strong>di</strong> <strong>misura</strong> me<strong>di</strong>ante cavi<br />

schermati in modo da evitare interferenze elettromagnetiche che potrebbero inficiare il<br />

risultato della sessione <strong>di</strong> <strong>misura</strong>.<br />

La procedura imposta dal software <strong>di</strong> <strong>misura</strong>, <strong>per</strong> eseguire un’intera sessione <strong>di</strong> <strong>misura</strong> è la<br />

seguente:<br />

Il multiplexer, connette una bobina all’unità <strong>di</strong> generazione, e in modo alternativo, tutte le<br />

restanti bobine all’unità <strong>di</strong> acquisizione e <strong>misura</strong>;<br />

La procedura sopra riportata viene ripetuta <strong>per</strong> tutte la bobine presenti sulla sonda;<br />

L’oscilloscopio acquisisce il segnale in tensione relativo alla corrente <strong>di</strong> eccitazione con la<br />

quale viene alimentata la sonda, e la tensione indotta ai capi delle bobine <strong>di</strong> pick-up; i<br />

segnali così acquisiti, vengono inviati, attraverso l’interfaccia IEEE-488, all’unità <strong>di</strong><br />

elaborazione <strong>di</strong>gitale.<br />

Il multimetro, oltre che la gestione del multiplexer, <strong>per</strong>mette <strong>di</strong> <strong>misura</strong>re, con estrema<br />

precisione, il valore efficace sia della corrente impressa dall’unità <strong>di</strong> generazione, che<br />

delle tensioni ai capi delle bobine <strong>di</strong> pick-up.<br />

I dati così acquisiti, vendono processati <strong>per</strong> determinare la matrice delle impedenze. In<br />

particolare, viene eseguita una regressione sinusoidale dei segnali <strong>di</strong> tensione e corrente<br />

acquisiti, al fine <strong>di</strong> determinarne la fase e quin<strong>di</strong> lo sfasamento.<br />

Stimato lo sfasamento tra i due segnali (tensione e corrente), e dalla conoscenza dei loro<br />

valori efficaci (<strong>misura</strong>ti con il multimetro), il software effettua il calcolo della parte reale<br />

ed immaginaria dell’impedenza, me<strong>di</strong>ante la:<br />

Vij<br />

Z = ⋅ cos + sin<br />

I<br />

( φ j φ )<br />

ij ij ij<br />

Questa procedura è ripetuta <strong>per</strong> i segnali relativi a tutte le bobine, ottenendo così la<br />

matrice delle impedenze desiderata.<br />

Questa matrice, contenente le informazioni sulla <strong>di</strong>fettosità del provino in esame, viene poi<br />

100


Capitolo 2 I meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> indagine proposti<br />

fornita in ingresso all’algoritmo <strong>di</strong> inversione che <strong>per</strong>mette <strong>di</strong> risalire alla posizione ed alle<br />

caratteristiche geometriche e <strong>di</strong>mensionali del <strong>di</strong>fetto.<br />

Le prove s<strong>per</strong>imentali effettuate su provini con <strong>di</strong>fetti noti, me<strong>di</strong>ante l’uso della sonda e della<br />

stazione <strong>di</strong> <strong>misura</strong> realizzata, hanno <strong>per</strong>messo <strong>di</strong> verificare la bontà del metodo <strong>di</strong> <strong>misura</strong><br />

proposto ma hanno anche mostrato, come ci si aspettava, la necessità <strong>di</strong> una successiva fase <strong>di</strong><br />

calibrazione ed ottimizzazione s<strong>per</strong>imentale dell’intero sistema (esposta in dettaglio nel<br />

capitolo 4).<br />

L’analisi <strong>di</strong> sensibilità infatti, ha <strong>per</strong>messo <strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduare le caratteristiche della sonda che<br />

massimizzano la tensione indotta sulle bobine, fornendo dei valori <strong>di</strong> partenza <strong>per</strong> la<br />

realizzazione del primo prototipo. La stazione <strong>di</strong> <strong>misura</strong> è stata messa a punto avendo come<br />

obiettivo la riduzione dell’incertezza <strong>di</strong> <strong>misura</strong>. Non era <strong>per</strong>ò possibile prevedere la risposta<br />

dell’intero sistema <strong>di</strong> <strong>misura</strong> sviluppato, nelle con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> funzionamento reali, che tenesse<br />

conto del:<br />

- rumore elettromagnetico presente nell’ambiente <strong>di</strong> prova;<br />

- sensibilità nella variazione della matrice dell’impedenza tra le con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> presenza ed<br />

assenza <strong>di</strong> <strong>di</strong>fetto.<br />

Questi aspetti fanno si che, in molti casi, l’in<strong>di</strong>viduazione della presenza del <strong>di</strong>fetto e/o la<br />

ricostruzione delle sue caratteristiche geometriche e <strong>di</strong>mensionali, <strong>di</strong>venta quasi impossibile.<br />

101


Capitolo 3<br />

Sviluppo ed ottimizzazione del sistema<br />

basato sulla Sonda Fluxset<br />

3.1 Introduzione<br />

Con l’obiettivo <strong>di</strong> sviluppare e realizzare un sistema <strong>di</strong> <strong>misura</strong> oggettivo e versatile, capace<br />

quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> eseguire il <strong>test</strong> <strong>non</strong> <strong>di</strong>struttivo senza limitazioni e falsi negativi nella rilevazione dei<br />

<strong>di</strong>fetti, è necessario su<strong>per</strong>are i limiti evidenziati dai <strong>test</strong> s<strong>per</strong>imentali eseguiti con l’ausilio<br />

della sonda fluxset realizzata (c.f.r. §2.2.4).<br />

In particolare, il principale limite del prototipo realizzato è costituito dalla natura qualitativa<br />

dei risultati ottenibili, sia <strong>per</strong> la loro <strong>di</strong>pendenza dall’orientamento relativo sonda-<strong>di</strong>fetto sia<br />

<strong>per</strong> la scarsità <strong>di</strong> informazioni in essi contenute che rendono <strong>di</strong>fficile una valutazione<br />

quantitativa delle caratteristiche del <strong>di</strong>fetto.<br />

Verranno <strong>di</strong> seguito evidenziati i passi chiave che hanno portato <strong>non</strong> solo alla soluzione dei<br />

problemi summenzionati ma alla realizzazione <strong>di</strong> uno strumento <strong>di</strong> <strong>misura</strong> capace <strong>di</strong> eseguire


Capitolo 3 Sviluppo ed ottimizzazione del sistema basato sulla Sonda Fluxset<br />

il <strong>test</strong> <strong>non</strong> <strong>di</strong>struttivo, fornendo, oltre alle in<strong>di</strong>cazioni circa la presenza e la posizione del<br />

<strong>di</strong>fetto, anche le sue caratteristiche geometriche e <strong>di</strong>mensionali.<br />

3.2 Realizzazione ed ottimizzazione della sonda bi-assiale<br />

Al fine sia <strong>di</strong> incrementare le informazioni ottenibili dalla sonda che <strong>di</strong> evitare falsi negativi<br />

dovuti a particolari orientamenti sonda-<strong>di</strong>fetto, è stata realizzata una sonda bi-assiale,<br />

utilizzando due sensori fluxset [31]. In particolare, la sonda realizzata è costituita da un<br />

solenoide <strong>di</strong> eccitazione (100 spire in rame smaltato da 0.12mm 2 ) avvolto su un supporto <strong>di</strong><br />

materiale <strong>di</strong>amagnetico, sulla base del quale vengono posti due sensori fluxset collocati<br />

ortogonalmente tra loro e rispetto all’asse del solenoide, come illustrato in fig. 3.1.<br />

Supporto<br />

Il principio <strong>di</strong> funzionamento della sonda è rimasto inalterato: in assenza <strong>di</strong> <strong>di</strong>fetto entrambe i<br />

sensori fluxset <strong>misura</strong>no un campo magnetico nullo; la presenza <strong>di</strong> un <strong>di</strong>fetto viene rilevata da<br />

entrambe i sensori me<strong>di</strong>ante variazioni <strong>di</strong> campo <strong>di</strong>pendenti dall’orientamento del <strong>di</strong>fetto<br />

rispetto alla sonda.<br />

40 mm<br />

Solenoide <strong>di</strong><br />

eccitazione<br />

22 mm<br />

fluxsets<br />

10 mm<br />

Nella realizzazione della sonda proposta, è stato innanzitutto verificato che i due sensori <strong>non</strong><br />

interferissero (falsando le misure o riducendo la sensibilità e/o linearità <strong>di</strong> risposta <strong>di</strong> uno <strong>di</strong><br />

essi o <strong>di</strong> entrambe; considerando anche che i due fluxset sono sovrapposti, quin<strong>di</strong> posizionati<br />

a <strong>di</strong>stanze <strong>di</strong>verse rispetto al pezzo in esame).<br />

z<br />

x fluxsets y<br />

Fig. 3.1 La sonda fluxset bi-assiale realizzata<br />

Solenoide <strong>di</strong><br />

eccitazione<br />

Supporto<br />

103


Capitolo 3 Sviluppo ed ottimizzazione del sistema basato sulla Sonda Fluxset<br />

A tal fine la sonda è stata realizzata in due fasi successive: dapprima con un solo sensore e,<br />

successivamente, si è installato anche il secondo. In particolare:<br />

- E’ stata costruita la sonda mono-assiale (con un solo sensore fluxset) e sono stati eseguiti<br />

<strong>di</strong>versi <strong>test</strong> su provini con <strong>di</strong>fetti noti;<br />

- La stessa procedura è stata eseguita <strong>per</strong> la sonda bi-assiale inserendo anche il secondo<br />

fluxset;<br />

- Il confronto dei dati ottenuti (<strong>di</strong> cui un esempio è riportato in fig. 3.2), ha <strong>di</strong>mostrato come<br />

i sensori <strong>non</strong> interferiscano.<br />

Nell’esecuzione <strong>di</strong> questi <strong>test</strong> è stato <strong>per</strong>ò evidenziato un altro aspetto degno <strong>di</strong> attenzione,<br />

riguardante la risoluzione della sonda (intesa come le <strong>di</strong>mensioni minime del <strong>di</strong>fetto<br />

rilevabile), in<strong>di</strong>pendentemente se mono o bi-assiale. Infatti, <strong>di</strong>fetti <strong>di</strong> lunghezza inferiore al<br />

centimetro provocavano variazioni dei segnali <strong>di</strong> pickup comparabili con il rumore<br />

sonda cricca<br />

Supporto<br />

Materiale<br />

a)<br />

c)<br />

y<br />

0.4mm<br />

sonda cricca<br />

Materiale<br />

Fig. 3.2 a) Scansione effettuata con la sonda monosensore; c) Andamento del modulo del campo relativo<br />

alla scansione a); b) Scansione effettuata con la sonda multisensore; d) Andamento del modulo del campo<br />

del sensore ortogonale alla cricca, relativo alla scansione b)<br />

104<br />

x<br />

x [mm] x [mm]<br />

b)<br />

d)


Capitolo 3 Sviluppo ed ottimizzazione del sistema basato sulla Sonda Fluxset<br />

elettromagnetico presente. L’analisi <strong>di</strong> questo fenomeno ha portato all’ottimizzazione delle<br />

<strong>di</strong>mensioni geometriche della bobina <strong>di</strong> eccitazione, tenendo conto <strong>di</strong> due opposte esigenze:<br />

più grande è il <strong>di</strong>ametro della bobina <strong>di</strong> eccitazione minori sono gli effetti <strong>di</strong> bordo sui sensori<br />

fluxset; più piccolo è il <strong>di</strong>ametro della bobina <strong>di</strong> eccitazione migliore è la risoluzione spaziale<br />

della sonda.<br />

Fissate le <strong>di</strong>mensioni geometriche dei sensori fluxset, è stata quin<strong>di</strong> effettuata una scelta <strong>di</strong><br />

compromesso che ha condotto all’identificazione delle caratteristiche geometriche riportate in<br />

fig. 3.1.<br />

Bisogna inoltre evidenziare come i risultati delle prove eseguite con la sonda bi-assiale,<br />

o<strong>per</strong>ando scansioni mono<strong>di</strong>mensionali sul pezzo, abbiano si evidenziato la bontà della scelta<br />

fatta, ma informazioni più dettagliate potrebbero <strong>per</strong>venire dalla realizzazione <strong>di</strong> serie <strong>di</strong><br />

scansioni intorno al <strong>di</strong>fetto (fig. 3.3), atte alla determinazione <strong>di</strong> mappe <strong>di</strong> campo. E’ quin<strong>di</strong><br />

questa la scelta effettuata, che, come sarà meglio chiarito in seguito, unita all’utilizzo della<br />

sonda bi-assiale, <strong>per</strong>mette <strong>di</strong> avere ottime prestazioni sia in termini <strong>di</strong> rilevazione che <strong>di</strong><br />

valutazione quantitativa delle caratteristiche del <strong>di</strong>fetto.<br />

Va infine osservato che se da un lato la soluzione della sonda bi-assiale e dell’esecuzione <strong>di</strong><br />

sonda<br />

<strong>di</strong>fetto<br />

passo <strong>di</strong> scansione<br />

y<br />

x<br />

sonda <strong>di</strong>fetto<br />

passo <strong>di</strong> scansione<br />

Materiale a)<br />

Materiale b)<br />

Fig. 3.3 Esempi <strong>di</strong> scansioni <strong>per</strong> la realizzazione <strong>di</strong> mappe <strong>di</strong> campo<br />

105


Capitolo 3 Sviluppo ed ottimizzazione del sistema basato sulla Sonda Fluxset<br />

serie <strong>di</strong> scansioni <strong>per</strong>mette <strong>di</strong> risolvere i summenzionati limiti del sistema precedente,<br />

dall’altro si ha una sonda maggiormente complessa così come, <strong>di</strong> riflesso, la stazione <strong>di</strong><br />

<strong>misura</strong> che deve alimentare le bobine <strong>di</strong> driving ed acquisire i segnali <strong>di</strong> pickup <strong>di</strong> due sensori<br />

fluxset, <strong>non</strong>ché alimentare e gestire un sistema automatico <strong>di</strong> scansione <strong>per</strong> la<br />

movimentazione della sonda sul pezzo in esame.<br />

3.2.1 Caratterizzazione della sonda<br />

E’ necessario sottolineare che, in questa fase, <strong>per</strong> caratterizzazione s’intende la correlazione<br />

degli andamenti <strong>di</strong> campo in funzione <strong>di</strong> <strong>di</strong>verse tipologie <strong>di</strong> <strong>di</strong>fetti e delle <strong>di</strong>verse possibili<br />

<strong>di</strong>rezioni <strong>di</strong> scansione rispetto ai <strong>di</strong>fetti stessi. Va inoltre verificato che le informazioni<br />

ricavabili dall’utilizzo dei due sensori siano necessarie e sufficienti a descrivere le<br />

caratteristiche geometriche e <strong>di</strong>mensionali del <strong>di</strong>fetto.<br />

In realtà in questo paragrafo verrà presentata una primissima caratterizzazione atta a mostrare<br />

la tipologia <strong>di</strong> dati ottenibili dalla sonda bi-assiale e come questi <strong>per</strong>mettano <strong>di</strong> ottenere<br />

informazioni quantitative sulle caratteristiche dei <strong>di</strong>fetti. Sarà poi nel §3.4 che verrà meglio<br />

evidenziata la strategia e l’algoritmo <strong>di</strong> elaborazione sviluppati a tal uopo.<br />

3.2.1.1 Lo sviluppo della stazione automatica <strong>di</strong> <strong>misura</strong><br />

Come accennato nel paragrafo precedente, lo sviluppo del sistema ha portato parallelamente<br />

anche ad una complicazione della stazione automatica <strong>di</strong> <strong>misura</strong>.<br />

In fig. 3.4 è mostrato lo schema a blocchi, rappresentativo della stazione automatica <strong>di</strong> <strong>misura</strong><br />

messa a punto, in cui vengono evidenziati i collegamenti logici tra le varie parti del sistema.<br />

L’esecuzione del <strong>test</strong> <strong>non</strong> <strong>di</strong>struttivo segue la seguente procedura:<br />

- La sonda fluxset viene connessa elettricamente alla stazione <strong>di</strong> <strong>misura</strong> e meccanicamente<br />

al sistema si scansione;<br />

106


Capitolo 3 Sviluppo ed ottimizzazione del sistema basato sulla Sonda Fluxset<br />

Sezione del SW<br />

<strong>di</strong> automazione<br />

LabView<br />

Automation<br />

Software<br />

National<br />

Instruments<br />

DAQ Drivers<br />

- Definita l’area ed il passo <strong>di</strong> scansione che si vuole realizzare, viene generata la matrice<br />

contenente i punti <strong>di</strong> <strong>misura</strong> e posizionato il pezzo in prova, regolandone la <strong>di</strong>stanza dalla<br />

sonda.<br />

Sezione del SW<br />

<strong>di</strong> <strong>misura</strong><br />

C++<br />

Measurement<br />

Software<br />

Personal<br />

Computer<br />

National<br />

Instruments<br />

AT-MIO-16E-<br />

IEEE 488 Bus<br />

Scheda <strong>di</strong><br />

controllo<br />

motore x<br />

Circuito <strong>di</strong><br />

Con<strong>di</strong>z.<br />

Sezione elettrica <strong>di</strong> movimentazione<br />

- Alimentato l’intero sistema (movimentatore – sonda) viene lanciato il programma <strong>di</strong><br />

gestione automatica del sistema <strong>di</strong> scansione realizzato in ambiente LabVIEW TM . Questo<br />

comanda i motori <strong>per</strong> il posizionamento della sonda nei vari punti <strong>di</strong> <strong>misura</strong>,<br />

precedentemente definiti; in ogni punto inoltre, comanda il software <strong>di</strong> <strong>misura</strong> che<br />

acquisisce e memorizza i dati in opportuni file, restituendo al programma <strong>di</strong> gestione il<br />

benestare <strong>per</strong> il movimento al successivo punto <strong>di</strong> <strong>misura</strong>.<br />

- I dati acquisiti vengono successivamente elaborati da un programma <strong>di</strong> elaborazione che<br />

applicando gli approcci descritti nel §2.2.2 <strong>per</strong>mette <strong>di</strong> definire il valore del campo<br />

magnetico nei <strong>di</strong>versi punti <strong>di</strong> <strong>misura</strong>.<br />

Sezione <strong>di</strong><br />

Misura<br />

DATA<br />

ACQ<br />

Sonda NDT<br />

Sezione<br />

meccanica<br />

scansione<br />

Scheda <strong>di</strong><br />

controllo<br />

motore y<br />

In fig. 3.4 è anche mostrato un dettaglio del sistema <strong>di</strong> alimentazione della sonda ed<br />

acquisizione dei segnali <strong>di</strong> pickup. Questo può essere <strong>di</strong>viso in due parti fondamentali:<br />

- Circuito <strong>per</strong> l’alimentazione degli avvolgimenti <strong>di</strong> driver ed il rilevamento dei segnali <strong>di</strong><br />

pickup (circuito sensore), costituito dai seguenti elementi:<br />

x-y<br />

G1 G2 G3<br />

Bobina <strong>di</strong><br />

eccitazione<br />

Sonda NDT<br />

IEEE488 bus<br />

- G2, G3: generatori <strong>di</strong> funzioni HEWLETT PACKARD 33120A, utilizzati <strong>per</strong><br />

AMP<br />

Fig. 3.4 La stazione <strong>di</strong> <strong>misura</strong> realizzata.<br />

fluxsets<br />

DATA<br />

ACQ<br />

107


Capitolo 3 Sviluppo ed ottimizzazione del sistema basato sulla Sonda Fluxset<br />

l’alimentazione degli avvolgimenti <strong>di</strong> driver dei due fluxset;<br />

- DATA ACQ: oscilloscopio a doppia traccia TEKTRONIX TDS520D <strong>per</strong> la<br />

visualizzazione ed acquisizione dei segnali <strong>di</strong> pickup dei due sensori che vengono<br />

inviati all’unità <strong>di</strong> controllo me<strong>di</strong>ante l’interfaccia IEEE 488.<br />

- Circuito <strong>di</strong> alimentazione della bobina <strong>di</strong> campo (circuito <strong>di</strong> eccitazione), costituito da:<br />

- G1: generatore <strong>di</strong> funzioni HEWLETT PACKARD 33120 A, sincronizzato con i<br />

generatori G2 e G3;<br />

- AMP: amplificatore o<strong>per</strong>azionale KEPKO 20-20.<br />

L’insieme dei due <strong>di</strong>spositivi <strong>per</strong>mette <strong>di</strong> pilotare in AC, con la necessaria potenza, la<br />

bobina <strong>di</strong> eccitazione.<br />

3.2.1.2 Risultati s<strong>per</strong>imentali<br />

Vengono <strong>di</strong> seguito riportati alcuni dei risultati ottenuti applicando la procedura descritta in<br />

§3.2.1.1 su provini con <strong>di</strong>fetti noti. I risultati così conseguiti sono stati anche confrontati con<br />

quelli ottenuti, imponendo le stesse con<strong>di</strong>zioni o<strong>per</strong>ative, me<strong>di</strong>ante un opportuno algoritmo <strong>di</strong><br />

simulazione. La scelta, così come la descrizione dell’algoritmo <strong>di</strong> simulazione usato, verrà<br />

esposta nel §3.4.<br />

Provino in rame con cricca passante <strong>di</strong> 10mm<br />

Questa prova è stata effettuata su un provino in rame dello spessore <strong>di</strong> 2mm, avente una cricca<br />

passante <strong>di</strong> 10mm. La scansione eseguita è illustrata in fig. 3.5, in cui sono evidenziate le<br />

<strong>di</strong>mensioni dell’area scan<strong>di</strong>ta e le caratteristiche della cricca.<br />

I risultati ottenuti dall’elaborazione dei segnali acquisiti, sono rappresentati in fig. 3.6. La<br />

variazione <strong>di</strong> fase del sensore x (ortogonale al <strong>di</strong>fetto) è <strong>di</strong> circa 150° ed avviene in x=10mm,<br />

punto in cui è posizionata la cricca; la variazione <strong>di</strong> fase del sensore y (parallelo al <strong>di</strong>fetto) è<br />

<strong>di</strong> circa 150° ed avviene in y = 12mm, punto in cui è posizionato il centro della cricca; la<br />

<strong>di</strong>stanza tra i picchi del modulo del campo <strong>misura</strong>to dal sensore x, è 10mm, pari esattamente<br />

108


Capitolo 3 Sviluppo ed ottimizzazione del sistema basato sulla Sonda Fluxset<br />

10mm<br />

y<br />

z<br />

x<br />

20mm<br />

crack<br />

2mm<br />

25mm<br />

Fig. 3.5 Su<strong>per</strong>ficie si scansione e<br />

caratteristiche della cricca.<br />

alla lunghezza della cricca. Si può notare la presenza<br />

<strong>di</strong> un fenomeno <strong>di</strong> deriva dovuto all’im<strong>per</strong>fetto<br />

parallelismo tra il pezzo e la su<strong>per</strong>ficie <strong>di</strong> scansione<br />

della sonda ed alla variazione <strong>di</strong> liftoff. Questo è<br />

dovuto alla scarsa qualità del sistema <strong>di</strong><br />

movimentazione utilizzato in questa fase,<br />

successivamente sostituito.<br />

Il confronto con le corrispondenti mappe simulate<br />

(riportate in fig. 3.7), evidenzia il buon accordo tra i<br />

dati s<strong>per</strong>imentali e quelli simulati, confermando la correttezza <strong>di</strong> questi ultimi.<br />

L’analisi della prova riportata (come anche <strong>di</strong> tutte le altre prove eseguite, che hanno mostrato<br />

comportamenti similari e <strong>non</strong> sono state esposte solo <strong>per</strong> brevità espositiva) hanno confermato<br />

l’efficienza dell’idea della sonda bi-assiale, insieme con la scelta <strong>di</strong> eseguire scansioni<br />

y [mm]<br />

y [mm]<br />

x [mm]<br />

x [mm]<br />

a) b)<br />

c) d)<br />

Fig. 3.6 Mappe <strong>di</strong> campo s<strong>per</strong>imentali. a), c) Modulo e fase del sensore posto sull’asse x (ortogonale alla<br />

cricca); b), d) Modulo e fase del sensore posto sull’asse y (parallelo alla cricca).<br />

109<br />

y [mm]<br />

y [mm]<br />

x [mm]<br />

x [mm]


Capitolo 3 Sviluppo ed ottimizzazione del sistema basato sulla Sonda Fluxset<br />

bi<strong>di</strong>mensionali del pezzo ottenendo mappe <strong>di</strong> campo. Infatti, nelle con<strong>di</strong>zioni attuali, si<br />

su<strong>per</strong>ano i limiti evidenziati con il precedente sistema sia nei confronti dei falsi negativi che<br />

della quantità e qualità delle informazioni ottenibili dall’esame <strong>non</strong> <strong>di</strong>struttivo. Sono chiare le<br />

correlazioni tra le mappe <strong>di</strong> campo magnetico <strong>misura</strong>te e la presenza, <strong>non</strong>ché la posizione<br />

della cricca. Un esame attento <strong>per</strong>mette anche <strong>di</strong> fornire in<strong>di</strong>cazioni riguardo le caratteristiche<br />

del <strong>di</strong>fetto. Questo risultato rappresenta la base <strong>di</strong> partenza <strong>per</strong> lo sviluppo <strong>di</strong> un sistema<br />

automatico ed oggettivo che analizzi a fondo i risultati ottenuti e fornisca tutte le grandezze <strong>di</strong><br />

interesse.<br />

y [mm]<br />

y [mm]<br />

Questo aspetto verrà meglio affrontato ed illustrato nel §3.4. Qui si vuole invece porre<br />

l’attenzione su altri due punti:<br />

a) b)<br />

c)<br />

x [mm]<br />

y [mm]<br />

y [mm]<br />

x [mm]<br />

Fig. 3.7 Mappe <strong>di</strong> campo simulate. a), c) Modulo e fase del sensore posto sull’asse x (ortogonale alla<br />

cricca); b), d) Modulo e fase del sensore posto sull’asse y (parallelo alla cricca).<br />

i. Il confronto tra i dati simulati e quelli s<strong>per</strong>imentali è stato fatto in termini relativi e<br />

<strong>non</strong> assoluti. Infatti i valori simulati <strong>di</strong> campo sono espressi in Tesla, mentre quelli<br />

reali sono ottenuti in termini <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza temporale tra la migliore retta interpolante il<br />

d)<br />

x [mm]<br />

110


Capitolo 3 Sviluppo ed ottimizzazione del sistema basato sulla Sonda Fluxset<br />

fronte <strong>di</strong> salita del segnale <strong>di</strong> pickup ed il suo passaggio <strong>per</strong> lo zero, quin<strong>di</strong> espresso<br />

in secon<strong>di</strong> (c.f.r. §2.2.2). E’ evidente che una taratura <strong>per</strong> il riporto in Tesla è<br />

necessaria, sia <strong>per</strong> un confronto tra dati simulati e s<strong>per</strong>imentali che tra dati<br />

s<strong>per</strong>imentali ottenuti con <strong>di</strong>fferenti sensori [29].<br />

ii. Benché l’elaborazione dei segnali nel dominio del tempo ha mostrato avere le<br />

migliori prestazioni in termini <strong>di</strong> precisione (c.f.r. §2.2.2), il programma basato su<br />

tale approccio è risultato pesante nei confronti dei tempi <strong>di</strong> elaborazione; ne<br />

consegue un <strong>di</strong>fficile utilizzo in sistemi automatici <strong>di</strong> <strong>misura</strong>.<br />

A valle dell’analisi <strong>di</strong> questi due aspetti, si è deciso <strong>di</strong> o<strong>per</strong>are, prima <strong>di</strong> effettuare la taratura<br />

della sonda, un nuovo confronto tra le potenzialità dei tre approcci messi a punto <strong>per</strong><br />

l’estrazione delle informazioni relative al campo magnetico, tenendo conto come parametri <strong>di</strong><br />

selezione oltre che la precisione la rapi<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> esecuzione del co<strong>di</strong>ce.<br />

Come risultato <strong>di</strong> questo nuovo confronto, è stato sviluppato un nuovo algoritmo <strong>di</strong><br />

elaborazione basato sull’approccio nel dominio della frequenza. Il co<strong>di</strong>ce quin<strong>di</strong> realizza la<br />

trasformata <strong>di</strong> Fourier veloce (FFT) del segnale acquisito, ne estrae la seconda armonica (è<br />

quella che maggiormente rappresenta l’asimmetria del segnale <strong>di</strong> pickup e quin<strong>di</strong> il campo<br />

magnetico <strong>misura</strong>to) <strong>di</strong> cui viene calcolato il modulo e la fase.<br />

E’ rispetto all’utilizzo <strong>di</strong> questo nuovo algoritmo che è stata eseguita la fase <strong>di</strong> taratura e<br />

calibrazione della sonda fluxset riportata nel prossimo paragrafo.<br />

3.2.2 La procedura <strong>di</strong> calibrazione e taratura della sonda<br />

La taratura <strong>di</strong> una sonda può essere effettuata seguendo <strong>di</strong>versi approcci. Il più semplice è<br />

rappresentato dall’uso <strong>di</strong> una sonda <strong>di</strong> campo magnetico <strong>di</strong> riferimento, attraverso il confronto<br />

delle uscite delle due sonde spaziando tutto il range <strong>di</strong> funzionamento con un appropriato<br />

numero <strong>di</strong> punti. In questo caso un approccio <strong>di</strong> questo tipo <strong>non</strong> può essere adottato <strong>per</strong> le<br />

seguenti ragioni:<br />

111


Capitolo 3 Sviluppo ed ottimizzazione del sistema basato sulla Sonda Fluxset<br />

i. Le <strong>di</strong>mensioni del sensore fluxset sono <strong>di</strong> gran lunga inferiori alle <strong>di</strong>mensioni delle<br />

sonde <strong>di</strong> campo magnetico in commercio. Questa circostanza influenza <strong>non</strong> poco la<br />

sensibilità spaziale <strong>di</strong> quest’ultime rendendo quasi impossibile che la sonda <strong>di</strong><br />

riferimento e la sonda fluxset sentano esattamente lo stesso campo magnetico.<br />

ii. La sonda <strong>di</strong> riferimento e la sonda fluxset <strong>non</strong> possono essere posizionate<br />

contemporaneamente nello stesso punto; come conseguenza, tenendo anche conto<br />

della loro elevata sensibilità, le misure potrebbero riferirsi a <strong>di</strong>fferenti con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong><br />

campo magnetico.<br />

Al fine <strong>di</strong> su<strong>per</strong>are questi problemi, è stato seguito un approccio <strong>di</strong>fferente basato sull’utilizzo<br />

<strong>di</strong> un sistema capace <strong>di</strong> generare un campo magnetico <strong>di</strong> riferimento. In questo modo il campo<br />

magnetico <strong>misura</strong>to dalla sonda fluxset viene confrontato con quello generato dal sistema <strong>di</strong><br />

riferimento nel punto in cui è posizionato il sensore.<br />

Il sistema <strong>di</strong> generazione del campo magnetico <strong>di</strong> riferimento realizzato, è semplicemente<br />

composto da una bobina capace <strong>di</strong> fornire un campo magnetico noto grazie all’ausilio <strong>di</strong> un<br />

opportuno software <strong>di</strong> simulazione. In particolare, la bobina è stata realizzata avvolgendo 105<br />

spire in rame su <strong>di</strong> un supporto in legno a sezione rettangolare, come mostrato in fig.3.8, dove<br />

sono anche riportate le caratteristiche geometriche.<br />

Questa soluzione assicura la stabilità e la robustezza necessarie a garantire la ripetibilità del<br />

processo <strong>di</strong> taratura. Il valore del campo magnetico generato viene ottenuto attraverso un<br />

6mm<br />

bobina supporto<br />

41mm<br />

120mm<br />

30mm<br />

Fig. 3.8 La bobina <strong>di</strong> generazione del campo <strong>di</strong> riferimento.<br />

112


Capitolo 3 Sviluppo ed ottimizzazione del sistema basato sulla Sonda Fluxset<br />

software s<strong>per</strong>imentale capace <strong>di</strong> calcolare la <strong>di</strong>stribuzione spaziale del campo magnetico in<br />

una regione 3D quando si è in presenza <strong>di</strong> una sorgente regolare (è questo il motivo <strong>per</strong> cui si<br />

è scelta la struttura riportata in fig. 3.8) [50]-[52]. In particolare, il calcolo della “geometria”<br />

del campo magnetico è basato su meto<strong>di</strong> integrali e <strong>di</strong> bordo in sottodomini cartesiani <strong>di</strong> base<br />

utilizzando formulazioni analitiche compatte.<br />

Prima <strong>di</strong> utilizzare il generatore del campo magnetico <strong>di</strong> riferimento realizzato <strong>per</strong> la taratura<br />

della sonda fluxset, questo è stato s<strong>per</strong>imentalmente <strong>test</strong>ato confrontando i valori <strong>di</strong> campo<br />

forniti dal software, <strong>per</strong> un dato punto nello spazio, con quelli <strong>misura</strong>ti s<strong>per</strong>imentalmente<br />

me<strong>di</strong>ante una sonda <strong>di</strong> campo magnetico <strong>di</strong> riferimento. In particolare la sonda <strong>di</strong> riferimento<br />

(SH27 GaussMeter by Magnet Physik) è stata posizionata con il suo centro a 2.5mm sulla<br />

bobina <strong>di</strong> generazione al centro della stessa (ve<strong>di</strong> fig. 3.9).<br />

Il <strong>test</strong> è stato eseguito alimentando la bobina <strong>di</strong> generazione con una corrente continua il cui<br />

valore è stato fatto variare nel range [–150, 150] mA con step <strong>di</strong> 10 mA, corrispondente a [-<br />

27, 27] µT del campo magnetico. Settato il Gaussimetro ad un fondo scala <strong>di</strong> 30 µT, in cui<br />

ammette 0.14 µT <strong>di</strong> incertezza, <strong>per</strong> ogni valore <strong>di</strong> corrente è stato <strong>misura</strong>to il relativo campo<br />

magnetico (a cui è stato sottratto il campo magnetico <strong>misura</strong>to dal gaussimetro <strong>per</strong> una<br />

corrente nulla nella bobina <strong>di</strong> generazione) e confrontato con quello calcolato dal software.<br />

I risultati ottenuti sono riportati in fig. 3.10 dove è possibile osservare l’ottimo accordo tra i<br />

valori <strong>di</strong> campo magnetico <strong>misura</strong>ti e teorici, che confermano la bontà del sistema <strong>di</strong><br />

generazione del campo magnetico <strong>di</strong> riferimento realizzato. Si è quin<strong>di</strong> passati alla fase <strong>di</strong><br />

taratura della sonda bi-assiale proposta utilizzando tale sistema.<br />

Sonda SH27<br />

Bobina <strong>di</strong> generazione del<br />

campo <strong>di</strong> riferimento<br />

Fig. 3.9 La procedura <strong>di</strong> verifica s<strong>per</strong>imentale della bobina <strong>di</strong> generazione.<br />

z<br />

y<br />

x<br />

113


Capitolo 3 Sviluppo ed ottimizzazione del sistema basato sulla Sonda Fluxset<br />

Al fine <strong>di</strong> collocare correttamente la sonda sotto <strong>test</strong> (la sonda fluxset bi-assiale) sulla bobina<br />

<strong>di</strong> riferimento (bobina <strong>di</strong> taratura), è stato utilizzato un sistema meccanico <strong>di</strong> posizionamento<br />

micrometrico capace <strong>di</strong> spostare, con elevata risoluzione e ripetibilità, la sonda al centro della<br />

bobina stessa.<br />

3,00E-05<br />

2,50E-05<br />

2,00E-05<br />

1,50E-05<br />

1,00E-05<br />

5,00E-06<br />

0,00E+00<br />

B [T]<br />

Teorico<br />

Misurato<br />

-150 -100 -50 0 50 100 150<br />

I [mA]<br />

Fig. 3.10 Confronto tra i valori teorici <strong>di</strong> campo e quelli <strong>misura</strong>ti con il Gaussimetro.<br />

La sonda sotto <strong>test</strong> è stata quin<strong>di</strong> posizionata al centro ed un millimetro sopra la bobina <strong>di</strong><br />

generazione (ve<strong>di</strong> fig. 3.11). In queste con<strong>di</strong>zioni è iniziata la procedura <strong>di</strong> taratura, eseguita<br />

alimentando entrambe gli avvolgimenti <strong>di</strong> driving dei sensori fluxset con una corrente<br />

triangolare <strong>di</strong> 25mA, e la bobina <strong>di</strong> eccitazione della sonda fluxset con una corrente<br />

sinusoidale <strong>di</strong> 500mA (valore normalmente usato durante il <strong>test</strong> <strong>non</strong> <strong>di</strong>struttivo).<br />

E’ stata quin<strong>di</strong> alimentata la bobina <strong>di</strong> riferimento, con una corrente continua il cui valore è<br />

stato fatto variare nel range [–150, 150] mA con step <strong>di</strong> 10 mA, e sono stati acquisiti ed<br />

y<br />

x<br />

Sistema<br />

micrometrico<br />

Bobina <strong>di</strong><br />

eccitazione<br />

Bobina <strong>di</strong> taratura<br />

Sonda sotto <strong>test</strong><br />

z Fluxsets<br />

Fig. 3.11 Confronto tra i valori teorici <strong>di</strong> campo e quelli <strong>misura</strong>ti con il Gaussimetro.<br />

114


Capitolo 3 Sviluppo ed ottimizzazione del sistema basato sulla Sonda Fluxset<br />

elaborati (me<strong>di</strong>ante l’algoritmo nel dominio della frequenza) i segnali <strong>di</strong> pickup <strong>di</strong> entrambe i<br />

sensori fluxset. La procedura è stata successivamente ripetuta ruotando <strong>di</strong> 90° la bobina <strong>di</strong><br />

riferimento. I risultati ottenuti sono riportati in fig. 3.12 dove vengono mostrati sia i valori <strong>di</strong><br />

campo magnetico teorici che quelli <strong>misura</strong>ti dal sensore fluxset posto nella <strong>di</strong>rezione x quando<br />

la bobina <strong>di</strong> riferimento genera il campo lungo tale <strong>di</strong>rezione. In questa configurazione, il<br />

campo magnetico <strong>misura</strong>to dal sensore fluxset posto nella <strong>di</strong>rezione y è praticamente nullo e<br />

comparabile con il rumore elettromagnetico, quin<strong>di</strong> <strong>non</strong> viene riportato.<br />

Come mostrato in fig. 3.12, l’ampiezza del campo <strong>misura</strong>to dalla sonda e sempre <strong>di</strong>verso da<br />

zero manifestando un incremento lineare all’aumentare della corrente <strong>di</strong> eccitazione della<br />

bobina <strong>di</strong> taratura. La fase è invece praticamente costante e sempre negativa. Questo<br />

comportamento è ampiamente <strong>di</strong>verso da quello teorico, anch’esso riportato in fig. 3.12.<br />

Un’analisi approfon<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> questi risultati e <strong>di</strong> <strong>test</strong> effettuati <strong>per</strong> indagare questo<br />

comportamento, ha portato alla conclusione che questo <strong>di</strong>saccordo è dovuto ai seguenti<br />

fattori:<br />

(a) la sonda fluxset sente <strong>non</strong> solo il campo generato dalla bobina <strong>di</strong> taratura ma anche il<br />

campo elettromagnetico dell’ambiente <strong>di</strong> prova;<br />

(b) la struttura della sonda fluxset <strong>non</strong> è <strong>per</strong>fettamente simmetrica, conseguentemente essa<br />

sente anche il campo magnetico dovuto agli effetti <strong>di</strong> bordo causati dalla bobina <strong>di</strong><br />

eccitazione della sonda stessa.<br />

E’ evidente che questi effetti devono essere compensati al fine sia <strong>di</strong> evitare <strong>per</strong><strong>di</strong>te <strong>di</strong><br />

30<br />

[uT]<br />

25<br />

(a)<br />

20<br />

15<br />

10<br />

5<br />

Teorico [uT]<br />

Misurato [V]<br />

3,0E-04<br />

[V]<br />

2,5E-04<br />

2,0E-04<br />

1,5E-04<br />

1,0E-04<br />

5,0E-05<br />

0<br />

0,0E+00<br />

-150 -100 -50 0<br />

I [mA]<br />

50 100 150<br />

0<br />

[rad]<br />

-0,5<br />

-2<br />

-2,5<br />

Teorico<br />

Misurato<br />

(b)<br />

-3<br />

-3,5<br />

-150 -100 -50 0<br />

I [mA]<br />

50 100 150<br />

Fig. 3.12 Campo magnetico teorico e <strong>misura</strong>to durante la prima fase <strong>di</strong> taratura: (a) ampiezza, (b) fase.<br />

115<br />

-1<br />

-1,5


Capitolo 3 Sviluppo ed ottimizzazione del sistema basato sulla Sonda Fluxset<br />

sensibilità della sonda che <strong>di</strong> <strong>per</strong>dere la possibilità <strong>di</strong> <strong>misura</strong>re ed usare la fase del campo<br />

magnetico.<br />

Bisogna inoltre sottolineare che questi effetti variano al variare delle con<strong>di</strong>zioni o<strong>per</strong>ative <strong>di</strong><br />

funzionamento (corrente della bobina <strong>di</strong> eccitazione, pezzo sotto <strong>test</strong>, rumore<br />

elettromagnetico, etc.), <strong>non</strong> possono essere quin<strong>di</strong> compensati definitivamente in fase <strong>di</strong><br />

progettazione.<br />

Al fine <strong>di</strong> su<strong>per</strong>are questi problemi, è stata sviluppata una procedura automatica <strong>di</strong><br />

calibrazione capace <strong>di</strong> rendere simmetrica l’uscita della sonda in assenza del campo<br />

magnetico oggetto della <strong>misura</strong> (nel caso specifico, in assenza del campo magnetico dovuto<br />

alla presenza <strong>di</strong> un <strong>di</strong>fetto nel pezzo sotto <strong>test</strong>). In pratica questo sistema può essere visto<br />

come una procedura <strong>di</strong> azzeramento, molto <strong>di</strong>ffusa in molte applicazioni <strong>di</strong> <strong>misura</strong>.<br />

Questa procedura <strong>di</strong> azzeramento è basata su una combinazione <strong>di</strong> approcci hardware e<br />

software ed è composta dai seguenti passi:<br />

i. la sonda fluxset viene posizionata nelle stesse con<strong>di</strong>zioni o<strong>per</strong>ative in cui verrà usata <strong>per</strong><br />

l’esecuzione della prova <strong>non</strong> <strong>di</strong>struttiva e sul pezzo in esame in una zona senza <strong>di</strong>fetto;<br />

ii. vengono alimentati gli avvolgimenti <strong>di</strong> driving dei due sensori fluxset e la bobina <strong>di</strong><br />

eccitazione con i segnali con cui verrà poi eseguito il <strong>test</strong> <strong>non</strong> <strong>di</strong>struttivo;<br />

iii. vengono acquisiti i segnali <strong>di</strong> pickup e ne viene eseguita l’FFT;<br />

iv. l’ampiezza e la fase della risposta <strong>di</strong> entrambe i sensori fluxset (ovvero l’ampiezza e la<br />

fase della seconda armonica dei segnali <strong>di</strong> pickup) viene analizzata e conseguentemente<br />

viene aggiunta o sottratta una piccola corrente continua negli avvolgimenti <strong>di</strong> driving dei<br />

due sensori fluxset finché i segnali <strong>di</strong> pickup <strong>non</strong> appaiono simmetrici (ovvero l’ampiezza<br />

della seconda armonica <strong>di</strong>venta nulla o minore <strong>di</strong> un’opportuna soglia <strong>di</strong>pendente<br />

dall’incertezza <strong>di</strong> <strong>misura</strong>); in questo modo si compensa la presenza <strong>di</strong> un’asimmetria in<br />

con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> campo nullo.<br />

Questa procedura deve essere ovviamente ripetuta ogni qual volta la sonda fluxset viene<br />

116


Capitolo 3 Sviluppo ed ottimizzazione del sistema basato sulla Sonda Fluxset<br />

30<br />

Teorico [uT]<br />

1,6E-04<br />

[uT]<br />

25<br />

20<br />

Misurato [V]<br />

[V]<br />

1,2E-04<br />

15<br />

10<br />

8,0E-05<br />

(a) 5<br />

4,0E-05<br />

0<br />

0,0E+00<br />

-150 -100 -50 0<br />

I [mA]<br />

50 100 150<br />

spostata o c’è un cambiamento nelle con<strong>di</strong>zioni ambientali o <strong>di</strong> eccitazione della sonda.<br />

Dopo aver messo a punto ed eseguito la procedura <strong>di</strong> azzeramento, è stata ripetuta la taratura<br />

della sonda utilizzando <strong>per</strong> essa le stesse con<strong>di</strong>zioni o<strong>per</strong>ative <strong>di</strong> eccitazione e posizione<br />

adottate durante la fase <strong>di</strong> azzeramento.<br />

I risultati ottenuti sono riportati in fig. 3.13 dove sono evidenti gli effetti benefici della<br />

procedura <strong>di</strong> azzeramento. In particolare, è possibile notare l’assenza <strong>di</strong> offset tra la<br />

caratteristica teorica e quella s<strong>per</strong>imentale, mentre la <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> sensibilità è dovuta<br />

principalmente alla specifica corrente <strong>di</strong> eccitazione utilizzata.<br />

Sono state quin<strong>di</strong> calcolate le costanti <strong>di</strong> taratura <strong>per</strong> entrambe i sensori fluxset, <strong>di</strong>videndo i<br />

coefficienti angolari delle caratteristiche s<strong>per</strong>imentali e teoriche rispettivamente, ottenendo i<br />

valori riportati in tab.3.1. Il <strong>di</strong>verso valore assunto dalle costanti <strong>di</strong> taratura dei sensori fluxset<br />

posizionati sui due assi è da attribuire <strong>di</strong>verso posizionamento dei due sensori rispetto alla<br />

bobina <strong>di</strong> eccitazione sia in termini <strong>di</strong> centratura che <strong>di</strong> posizione sull’asse z. I valori <strong>di</strong><br />

incertezza riportati in tab 3.1 sono stati calcolati portando in conto l’incertezza tipo del<br />

coefficiente angolare s<strong>per</strong>imentale, mentre<br />

quello teorico è stato assunto noto senza<br />

incertezza.<br />

Terminata la fase <strong>di</strong> taratura della sonda,<br />

sono stati eseguiti alcuni <strong>test</strong> s<strong>per</strong>imentali<br />

0,5<br />

[rad]<br />

0<br />

-0,5<br />

-1<br />

-1,5<br />

-2<br />

Teorico<br />

-2,5<br />

(b) -3<br />

-3,5<br />

Misurato<br />

-150 -100 -50 0<br />

I [mA]<br />

50 100 150<br />

Fig. 3.13 Campo magnetico teorico e <strong>misura</strong>to durante la fase <strong>di</strong> taratura effettuata in seguito alla<br />

procedura <strong>di</strong> azzeramento: (a) ampiezza, (b) fase.<br />

Sensore fluxset orientato<br />

lungo l’asse X<br />

Sensore fluxset orientato<br />

lungo l’asse Y<br />

COSTANTE DI TARATURA<br />

Valore[uT/mV] Incertezza[uT/mV]<br />

233.32 0.96<br />

260.5 1.5<br />

Tab. 3.1 Costanti <strong>di</strong> taratura <strong>per</strong> entrambe i<br />

sensori fluxset<br />

117


Capitolo 3 Sviluppo ed ottimizzazione del sistema basato sulla Sonda Fluxset<br />

5mm<br />

y<br />

z<br />

x<br />

atti alla verifica dell’efficacia, ai fini dell’esecuzione<br />

del <strong>test</strong> <strong>non</strong> <strong>di</strong>struttivo, della taratura e della procedura<br />

<strong>di</strong> calibrazione messa a punto, <strong>non</strong>ché dell’accordo<br />

quantitativo tra i risultati s<strong>per</strong>imentali e quelli ottenuti<br />

in simulazione.<br />

In fig. 3.15 sono riportati i risultati ottenuti scandendo<br />

un provino in alluminio dello spessore <strong>di</strong> 2mm con<br />

una cricca passante <strong>di</strong> 5mm, seguendo il <strong>per</strong>corso <strong>di</strong><br />

scansione riportato in fig. 3.14, con una risoluzione<br />

spaziale (passo) <strong>di</strong> 1mm. Il <strong>test</strong> è stato eseguito alimentando la bobina <strong>di</strong> eccitazione della<br />

sonda fluxset con una corrente sinusoidale (500mA, 1kHz) e gli avvolgimenti <strong>di</strong> driving dei<br />

sensori fluxset con correnti triangolari (25mA, 25kHz). Prima dell’esecuzione del <strong>test</strong>, è stata<br />

effettuata una preliminare fase <strong>di</strong> calibrazione seguendo la procedura descritta in precedenza.<br />

Fig. 3.15 mostra i valori <strong>di</strong> campo magnetico sia <strong>misura</strong>ti (a) che simulati (b), <strong>per</strong> il sensore<br />

posto sull’asse y, il cui confronto mette in evidenza il buon accordo sia qualitativo che<br />

quantitativo.<br />

15mm<br />

crack<br />

La procedura <strong>di</strong> taratura e calibrazione proposta ha quin<strong>di</strong> provato <strong>di</strong> essere ripetibile,<br />

accurata, veloce e facile da integrare in una stazione automatica <strong>di</strong> <strong>misura</strong> <strong>per</strong> un’auto taratura<br />

e compensazione della sonda.<br />

2mm<br />

20mm<br />

Fig. 3.14 Su<strong>per</strong>ficie si scansione e<br />

caratteristiche della cricca.<br />

B [uT]<br />

y [mm]<br />

x [mm]<br />

a) B [uT]<br />

b)<br />

Fig. 3.15 Ampiezza del campo magnetico <strong>misura</strong>to dal sensore y: (a) s<strong>per</strong>imentale, (b) simulato.<br />

y [mm]<br />

x [mm]<br />

118


Capitolo 3 Sviluppo ed ottimizzazione del sistema basato sulla Sonda Fluxset<br />

3.3 Lo strumento realizzato<br />

A questo punto dell’attività <strong>di</strong> ricerca è chiaro come il metodo e gli algoritmi <strong>di</strong> <strong>misura</strong> messi<br />

a punto, la sonda costruita e la procedura <strong>di</strong> auto taratura e calibrazione sviluppata, abbiano<br />

portato alla realizzazione <strong>di</strong> un sistema <strong>di</strong> <strong>misura</strong> <strong>per</strong> eseguire Test Non Distruttivi<br />

caratterizzato da elevate prestazioni in termini <strong>di</strong> identificazione dei <strong>di</strong>fetti e <strong>di</strong> su<strong>per</strong>amento<br />

<strong>di</strong> alcuni dei limiti delle tecniche ECT in uso.<br />

Tutte le stazioni <strong>di</strong> <strong>misura</strong> proposte sono <strong>per</strong>ò basate su strumentazione “general-purpose”<br />

cioè su singoli <strong>strumenti</strong> a<strong>di</strong>biti alle <strong>di</strong>verse funzioni <strong>di</strong> alimentazione delle sonde,<br />

acquisizione ed elaborazione dei segnali, alimentazione e pilotaggio del sistema <strong>di</strong><br />

movimentazione e così via. Ad esempio, oscilloscopi <strong>di</strong>gitali <strong>per</strong> l’acquisizione dei segnali,<br />

generatori <strong>di</strong> segnali <strong>per</strong> l’alimentazione dei sensori fluxset e della bobina <strong>di</strong> eccitazione, etc.<br />

Le stazioni <strong>di</strong> <strong>misura</strong> così realizzate, essenziali <strong>per</strong> fornire tutta la flessibilità necessaria nelle<br />

fasi <strong>di</strong> messa a punto del metodo, sviluppo ed ottimizzazione degli algoritmi <strong>di</strong> elaborazione<br />

così come della procedura <strong>di</strong> calibrazione e taratura, <strong>non</strong> sono <strong>per</strong>ò adeguate ad un utilizzo in<br />

applicazioni industriali, sia <strong>per</strong> l’elevato costo che <strong>per</strong> l’inadeguatezza all’ambiente<br />

industriale e la scarsa portabilità.<br />

E’ <strong>per</strong> questa ragione che è stato progettato e realizzato uno strumento <strong>di</strong> <strong>misura</strong> capace <strong>di</strong><br />

assolvere a tutte le funzioni necessarie all’esecuzione del <strong>test</strong> <strong>non</strong> <strong>di</strong>struttivo con il metodo<br />

proposto [30], [32].<br />

3.3.1 Architettura dello strumento<br />

Lo strumento è stato progettato e realizzato seguendo una filosofia <strong>di</strong> tipo modulare, costituito<br />

da cinque schede (unità) inserite su <strong>di</strong> un bus proprietario appositamente sviluppato.<br />

L’architettura dello strumento è riportata in fig. 3.16 dove si possono <strong>di</strong>stinguere:<br />

a) Unità <strong>di</strong> generazione delle forme d’onda (WGU, Waveform Generation Unit), <strong>per</strong><br />

l’alimentazione degli avvolgimenti <strong>di</strong> driving dei sensori fluxset;<br />

119


Capitolo 3 Sviluppo ed ottimizzazione del sistema basato sulla Sonda Fluxset<br />

b) Unità della bobina <strong>di</strong> eccitazione (ECU, Excitation Coil Unit), <strong>per</strong> l’alimentazione sia<br />

della bobina <strong>di</strong> eccitazione della sonda fluxset che della bobina <strong>di</strong> riferimento (taratura);<br />

c) Unità <strong>di</strong> pilotaggio dei motori (MDU, Motor Driver Unit), <strong>per</strong> l’alimentazione dei motori<br />

del sistema <strong>di</strong> movimentazione;<br />

d) Unità <strong>di</strong> acquisizione, elaborazione e controllo (AECU, Acquisition, Elaboration and<br />

Control Unit), <strong>per</strong> l’acquisizione e l’elaborazione dei segnali <strong>non</strong>ché la gestione del Test<br />

Non Distruttivo;<br />

a) Unità <strong>di</strong> alimentazione (PSU, Power Supply Unit), <strong>per</strong> l’alimentazione <strong>di</strong> tutte le unità<br />

summenzionate.<br />

PSU<br />

MDU<br />

M M M<br />

Ogni scheda è strutturalmente <strong>di</strong>visa in tre parti: (i) l’interfaccia con il bus; (ii) l’interfaccia<br />

lato utente; (iii) i circuiti <strong>di</strong> <strong>misura</strong>.<br />

L’interfaccia con il bus (i) è composta dal microcontrollore Motorola HC11 che gestisce la<br />

comunicazione con gli altri moduli e spe<strong>di</strong>sce i messaggi che arrivano dal controllore alle<br />

unità destinatarie (in<strong>di</strong>viduate me<strong>di</strong>ante in<strong>di</strong>rizzamento). Il microcontrollore inoltre processa i<br />

segnali <strong>di</strong> interrupt e <strong>di</strong> trigger.<br />

ECU<br />

WGU<br />

AECU<br />

PC<br />

RS232<br />

fluxset #1<br />

fluxset #2<br />

fluxset #3<br />

bobina <strong>di</strong><br />

eccitazione<br />

bobina <strong>di</strong><br />

riferimento<br />

<strong>di</strong>sponibile<br />

ingresso sincroniz-<br />

zazione esterna<br />

Fig. 3.16 Architettura dello strumento NDT proposto.<br />

120


Capitolo 3 Sviluppo ed ottimizzazione del sistema basato sulla Sonda Fluxset<br />

Fig. 3.17 Foto dello strumento NDT proposto.<br />

L’interfaccia lato utente (ii) è semplicemente<br />

basata su opportuni led che informano<br />

l’utente sulla stato della <strong>misura</strong> e dello<br />

strumento.<br />

I circuiti <strong>di</strong> <strong>misura</strong> (iii) sono rappresentati da<br />

tutto l’hardware necessario <strong>per</strong> lo specifico<br />

processo <strong>di</strong> <strong>misura</strong>.<br />

In fig. 3.17 è riportata una fotografia dello strumento realizzato ed il confronto con il<br />

multimetro palmare fornisce un’idea delle sue <strong>di</strong>mensioni reali.<br />

Prima <strong>di</strong> procedere nell’illustrazione delle singole unità, si vuole soffermare l’attenzione sulla<br />

scelta effettuata <strong>per</strong> la strategia <strong>di</strong> comunicazione tra le <strong>di</strong>verse unità. Infatti, l’architettura<br />

descritta necessita <strong>di</strong> un’opportuna interfaccia <strong>di</strong> comunicazione e nella sua scelta potrebbero<br />

essere seguiti due <strong>di</strong>fferenti approcci: l’utilizzo <strong>di</strong> un’interfaccia standard o la realizzazione <strong>di</strong><br />

una de<strong>di</strong>cata. La soluzione è stata dettata dalla necessità <strong>di</strong> avere una comunicazione<br />

<strong>per</strong>sonalizzata tra le <strong>di</strong>verse unità al fine <strong>di</strong> poter gestire al meglio l’intero sistema. E’ stata<br />

quin<strong>di</strong> sviluppata un’interfaccia de<strong>di</strong>cata con un bus a 32 linee, <strong>di</strong>vise in cinque gruppi<br />

funzionali:<br />

- Linee <strong>di</strong> alimentazione (3, 4, 8, 9, 12, 14, 16, 17);<br />

- Linee <strong>di</strong> massa analogiche e <strong>di</strong>gitali (5, 10, 11, 13, 15, 18);<br />

- Linee <strong>per</strong> la comunicazione <strong>di</strong> dati e coman<strong>di</strong> (1, 2, 6, 7, 19, 20);<br />

- Linee <strong>di</strong> sincronizzazione e <strong>di</strong> interrupt (21, 22, 23, 24);<br />

- Linee riservate <strong>per</strong> usi futuri (25-32).<br />

In tab. 3.2 è stata riportata una descrizione delle linee <strong>di</strong> dati, coman<strong>di</strong>, sincronizzazione ed<br />

interrupt. Le linee RXA0 e TXA rappresentano i canali bi-<strong>di</strong>rezionali ad alta velocità,<br />

realizzati in fibra ottica, che <strong>per</strong>mettono la comunicazione seriale con l’unità <strong>di</strong> elaborazione<br />

esterna. Le linee RXD e TXD sono i canali <strong>di</strong> comunicazione dell’interfaccia RS232 (57600-<br />

121


Capitolo 3 Sviluppo ed ottimizzazione del sistema basato sulla Sonda Fluxset<br />

#<br />

SIMBOLO<br />

LINEA<br />

DESCRIZIONE<br />

1 RXA0 Optical Fiber serial data in<br />

2 TXA Optical Fiber serial data out<br />

6 RXD RS 232 serial data in<br />

7 TXD RS 232 serial data out<br />

19 TXbus Common BUS TX<br />

20 RXbus Common BUS RX<br />

21 !PBRES Push button RESET<br />

22 TRIWAVE Waveform generator interrupt signal<br />

23 COIL Excitation coil generator interrupt signal<br />

24 SYNC Synchronization line<br />

Tab. 3.2 Descrizione delle linee <strong>di</strong> dati&coman<strong>di</strong> e<br />

sincronizzazione&interrupt<br />

115200 bps) utilizzata <strong>per</strong><br />

scambiare coman<strong>di</strong> e risposte ad<br />

eventi con un’unità <strong>di</strong> controllo<br />

basata su PC. TXbus ed RXbus<br />

sono due line seriali che<br />

<strong>per</strong>mettono la comunicazione tra i<br />

<strong>di</strong>versi moduli. Le linee<br />

TRIWAVE e COIL sono due line <strong>di</strong> interrupt che <strong>per</strong>mettono sia all’unità <strong>di</strong> generazione<br />

delle forme d’onda che a quella <strong>di</strong> generazione del segnale <strong>per</strong> la bobina <strong>di</strong> eccitazione, <strong>di</strong><br />

inviare una richiesta <strong>di</strong> servizio all’unità <strong>di</strong> controllo (DSP). La linea !PBRES <strong>per</strong>mette <strong>di</strong><br />

resettare qualunque scheda presente sullo strumento. Infine, la linea SYNC <strong>per</strong>mette <strong>di</strong><br />

sincronizzare il convertitore analogico <strong>di</strong>gitale con la generazione dei segnali <strong>di</strong> eccitazione e<br />

<strong>di</strong> driving.<br />

3.3.2 L’unità <strong>di</strong> generazione delle forme d’onda<br />

Lo schema a blocchi della scheda costituente l’unita WGU è riportata in fig. 3.18. Il compito<br />

principale <strong>di</strong> questa unità è l’alimentazione, con forme d’onda triangolare, degli avvolgimenti<br />

<strong>di</strong> driving dei sensori fluxset. Teoricamente sarebbe necessario un solo canale <strong>di</strong><br />

alimentazione, connettendo in serie o in parallelo gli avvolgimenti <strong>di</strong> driving. E’ stato <strong>per</strong>ò<br />

preferito avere generatori in<strong>di</strong>pendenti al fine <strong>di</strong> massimizzare la flessibilità del sistema ed<br />

ottimizzare in<strong>di</strong>pendentemente le con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> funzionamento <strong>di</strong> ogni sensore fluxset.<br />

La scheda, grazie al chip <strong>di</strong> generazione Maxim MAX038, è capace <strong>di</strong> generare sia forme<br />

d’onda triangolare che sinusoidali e quadre. In questo modo lo strumento può essere utilizzato<br />

anche con sonde a correnti indotte il cui principio <strong>di</strong> funzionamento sia <strong>di</strong>fferente da quello<br />

usato dalla sonda fluxset. La corrente <strong>di</strong> uscita può essere variata, tramite il microcontrollore,<br />

da 0.1 a 50 mA con passo <strong>di</strong> 0.1 mA. La definizione <strong>di</strong> questo range <strong>di</strong> variazione è stato<br />

122


Capitolo 3 Sviluppo ed ottimizzazione del sistema basato sulla Sonda Fluxset<br />

AECU<br />

definito me<strong>di</strong>ante <strong>test</strong> effettuati sul sensore fluxset atti a valutarne i migliori valori <strong>di</strong><br />

eccitazione. Una tensione continua variabile (± 10 V, step 0.01 V) può inoltre essere aggiunta<br />

al segnale <strong>di</strong> uscita al fine <strong>di</strong> <strong>per</strong>mettere la procedura <strong>di</strong> calibrazione automatica<br />

precedentemente descritta.<br />

external sync<br />

input<br />

external<br />

clock<br />

ext/int/DSP<br />

clock<br />

selector<br />

wave<br />

generator<br />

chip<br />

internal<br />

clock<br />

La banda <strong>di</strong> ogni canale è 10 MHz ma la massima frequenza <strong>per</strong> la generazione <strong>di</strong> forme<br />

d’onda triangolari è 200 kHz, variabile con step <strong>di</strong> 1 kHz. Anche questa scelta è dettata da<br />

conoscenze pregresse sul funzionamento ottimale dei sensori fluxset.<br />

Questa unità può funzionare sia me<strong>di</strong>ante un oscillatore interno a 20MHz sia tramite il clock<br />

interno al DSP che me<strong>di</strong>ante un segnale <strong>di</strong> sincronizzazione esterno.<br />

La gestione dell’intera unità, così come la comunicazione con le altre unità dello strumento, è<br />

affidata, come precedentemente evidenziato, al microcontrollore Motorola HC11.<br />

3.3.3 L’unità della bobina <strong>di</strong> eccitazione<br />

AC/DC<br />

coupling<br />

offset & I<br />

setting<br />

Il compito principale <strong>di</strong> questa unità è l’alimentazione, con forma d’onda sinusoidale, della<br />

bobina <strong>di</strong> eccitazione della sonda fluxset. Questa unità prevede inoltre un secondo canale<br />

de<strong>di</strong>cato all’alimentazione della bobina <strong>di</strong> taratura atta alla generazione del campo magnetico<br />

<strong>di</strong> riferimento utilizzato nella fase <strong>di</strong> taratura della sonda.<br />

µC<br />

PLL<br />

fluxset #1<br />

driving coil<br />

Freq 1-200 kHz<br />

fluxset #2<br />

driving coil<br />

AC/DC<br />

coupling<br />

offset & I<br />

setting<br />

fluxset #3<br />

driving coil<br />

AC/DC<br />

coupling<br />

offset & I<br />

setting<br />

WGU<br />

Fig. 3.18 Schema a blocchi dell’unità <strong>di</strong> generazione delle forme d’onda.<br />

123


Capitolo 3 Sviluppo ed ottimizzazione del sistema basato sulla Sonda Fluxset<br />

Il chip <strong>di</strong> generazione è lo stesso usato nella WGU, <strong>per</strong>mettendo anche in questo caso <strong>di</strong><br />

generare segnali sinusoidali, triangolari e quadri. In questo caso sono <strong>per</strong>ò necessari valori <strong>di</strong><br />

corrente più elevati cosicché a parità <strong>di</strong> prodotto banda guadagno si ha una riduzione della<br />

banda. In particolare, la corrente può essere variata con step <strong>di</strong> 10mA fino ad un valore<br />

Massimo <strong>di</strong> 1A, mentre la frequenza può essere variata fino a 20kHz utilizzando un prescaler<br />

che <strong>di</strong>vide il segnale <strong>di</strong> sincronizzazione <strong>di</strong> questa unità da 2 a 500 con step <strong>di</strong> 1.<br />

3.3.4 L’unità <strong>di</strong> pilotaggio dei motori<br />

E’ oramai evidente che un sistema che esegua <strong>test</strong> <strong>non</strong> <strong>di</strong>struttivi utilizzando sonde del tipo a<br />

tastatore (come la sonda fluxset realizzata), necessita <strong>di</strong> un sistema <strong>di</strong> movimentazione che<br />

<strong>per</strong>metta <strong>di</strong> scan<strong>di</strong>re il pezzo in esame al fine <strong>di</strong> ottenere tutte le informazioni necessarie ad<br />

identificare e caratterizzare l’eventuale <strong>di</strong>fetto presente. In particolare, la sonda deve essere<br />

posizionata nel punto <strong>di</strong> <strong>misura</strong>, in cui deve rimanere <strong>per</strong> il tempo necessario al<br />

completamento del processo <strong>di</strong> acquisizione, <strong>per</strong> poi essere posizionata nel successivo punto<br />

<strong>di</strong> <strong>misura</strong>. I punti <strong>di</strong> <strong>misura</strong> sono generalmente (ma <strong>non</strong> esclusivamente) posizionati lungo<br />

linee o griglie regolari ed il sistema NDT deve poter controllare la <strong>di</strong>stanza tra i punti.<br />

La scansione può essere eseguita sia usando sistemi <strong>di</strong> scansione complessi che pilotando<br />

<strong>di</strong>rettamente degli appropriate motori passo passo. Il sistema NDT realizzato <strong>per</strong>mette <strong>di</strong><br />

gestire entrambe queste strategie <strong>di</strong> scansione. In particolare, l’unità MDU <strong>per</strong>mette <strong>di</strong><br />

controllare tre motori passo passo fornendo una corrente massima <strong>di</strong> 3° <strong>per</strong> fase. Se<br />

necessario questa unità lascia la gestione della scansione ad un sistema <strong>di</strong> scansione de<strong>di</strong>cato.<br />

Questo è proprio ciò che accade nell’attuale configurazione del apparato realizzato in cui lo<br />

strumento è connesso ad un sistema <strong>di</strong> scansione realizzato ad hoc dal Research Institute for<br />

Technical Physics and Material Science (Hungary). Questo <strong>per</strong>mette <strong>di</strong> variare sia l’intervallo<br />

<strong>di</strong> tempo tra due punti <strong>di</strong> <strong>misura</strong> (con un valore minimo <strong>di</strong> 10ms) che il passo <strong>di</strong> scansione<br />

(con una risoluzione <strong>di</strong> 0.1mm). In tab. 3.3 sono riportate le caratteristiche salienti del sistema<br />

124


Capitolo 3 Sviluppo ed ottimizzazione del sistema basato sulla Sonda Fluxset<br />

X Axis Y Axis<br />

Z Axis<br />

(motorized) (motorized) (manual)<br />

Range of motion 300 mm 300 mm 50 mm<br />

Maximum<br />

scanning speed<br />

10 mm/s 10 mm/s -<br />

Resolution 0.1 mm 0.1 mm 0.1 mm<br />

Backlash 0.03 mm 0.03 mm -<br />

Repeatability 0.03 mm 0.03 mm 0.03 mm<br />

Moving part Head of the manipulator<br />

Maximum load 200 g<br />

Material Metal and plastic<br />

Base Plastic, with a grid with absolute x, y coor<strong>di</strong>nates<br />

Tab. 3.3 Principali caratteristiche del sistema <strong>di</strong> scansione adottato.<br />

<strong>di</strong> scansione in oggetto. Questo può essere pilotato via software ed accetta coor<strong>di</strong>nate globali<br />

e/o locali, in<strong>di</strong>pendentemente e/o simultaneamente controllando la scansione nelle <strong>di</strong>rezioni x,<br />

y e z. E’ provvisto <strong>di</strong> librerie che ne <strong>per</strong>mettono la programmazione in C++, Visual Basic o<br />

LabVIEW, consentendo anche l’implementazione <strong>di</strong> strategie <strong>di</strong> scansione adattative.<br />

3.3.5 L’unità <strong>di</strong> acquisizione, elaborazione e controllo<br />

Questa unità rappresenta il cuore dello strumento realizzato, in quanto controlla e gestisce<br />

tutti i processi <strong>di</strong> generazione, <strong>misura</strong> e comunicazione durante l’esecuzione della prova. In<br />

particolare, acquisisce i segnali dai sensori fluxset e lancia (sul DSP) il programma <strong>di</strong><br />

elaborazione nel dominio della frequenza <strong>per</strong> l’estrazione delle informazioni relative al<br />

modulo e fase del campo magnetico. Nella versione finale dello strumento verrà eseguita on<br />

board anche l’elaborazione che <strong>per</strong>mette <strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduare la presenza e le caratteristiche del<br />

<strong>di</strong>fetto. Nella versione attuale questa fase viene compiuta esternamente da un PC che riceve i<br />

risultati della prima elaborazione, ovvero le mappe <strong>di</strong> campo relative a modulo e fase del<br />

campo magnetico <strong>misura</strong>to dei due sensori fluxset, ed esegue un programma <strong>di</strong> elaborazione<br />

che estrae le caratteristiche dell’eventuale <strong>di</strong>fetto.<br />

In fig. 3.19 viene mostrato lo schema a blocchi dell’AECU. Il cuore è il DSP (Digital Signal<br />

Processor) a virgola mobile TMS320C32, con una fequenza <strong>di</strong> funzionamento <strong>di</strong> 40 MHz. A<br />

bordo sono anche installati una memoria RAM da 256 kword e tre convertitori A/D a 12-bit,<br />

125


Capitolo 3 Sviluppo ed ottimizzazione del sistema basato sulla Sonda Fluxset<br />

basati sul Burr Brown ADS801. La quantità <strong>di</strong> RAM installata <strong>per</strong>mette <strong>di</strong> acquisire fino a<br />

200000 punti (100000 <strong>per</strong> ogni sensore fluxset se vengono acquisiti contemporaneamente).<br />

Va sottolineato che la fase <strong>di</strong> acquisizione è sincronizzata con la linea <strong>di</strong> clock del DSP e che<br />

la memoria <strong>di</strong> acquisizione può essere usata come un buffer circolare <strong>per</strong>mettendo<br />

l’acquisizione continua. La frequenza <strong>di</strong> campionamento massima ammissibile è 20MHz.<br />

Va infine ricordato che questa unità garantisce, durante la procedura <strong>di</strong> <strong>misura</strong>, un controllo in<br />

tempo reale dello strumento, grazie alla gestione della porta RS232 connessa al PC ed alla<br />

sincronizzazione del processo <strong>di</strong> <strong>misura</strong> utilizzando le potenzialità offerte dal suo trigger<br />

hardware.<br />

waveform<br />

generation<br />

unit<br />

RAM<br />

AECU<br />

excitation coil<br />

unit<br />

DSP<br />

A/D<br />

converter<br />

filter<br />

signal<br />

amplifier<br />

fluxset #1<br />

pickup coil<br />

A/D<br />

converter<br />

3.3.6 Ottimizzazione dell’algoritmo <strong>di</strong> elaborazione<br />

A/D<br />

converter<br />

Lo sviluppo dello strumento <strong>di</strong> <strong>misura</strong> ha presupposto l’obiettivo <strong>di</strong> realizzare un sistema<br />

efficace, automatico ed a basso costo che fosse capace <strong>di</strong> fornire in “tempo reale” le<br />

in<strong>di</strong>cazioni riguardo la <strong>di</strong>fettosità del componente <strong>test</strong>ato. Questo obiettivo è stato coa<strong>di</strong>uvato<br />

dal contemporaneo sviluppo ed ottimizzazione degli algoritmi <strong>di</strong> elaborazione dei segnali<br />

filter<br />

signal<br />

amplifier<br />

fluxset #2<br />

pickup coil<br />

RS232<br />

PC<br />

filter<br />

signal<br />

amplifier<br />

fluxset #3<br />

pickup coil<br />

Fig. 3.19 Schema a blocchi dell’unità <strong>di</strong> acquisizione elaborazione e controllo.<br />

126


Capitolo 3 Sviluppo ed ottimizzazione del sistema basato sulla Sonda Fluxset<br />

acquisiti, atti all’estrazione delle informazioni riguardanti la presenza dei <strong>di</strong>fetti. Infatti, nella<br />

realizzazione <strong>di</strong> uno strumento che effettui l’intera procedura <strong>di</strong> analisi <strong>non</strong> <strong>di</strong>struttiva, oltre<br />

alla precisione nell’in<strong>di</strong>viduazione dei <strong>di</strong>fetti, il software <strong>di</strong> gestione ed elaborazione necessita<br />

anche <strong>di</strong> caratteristiche quali la ridotta occupazione <strong>di</strong> memoria (installazione on-board) e la<br />

velocità <strong>di</strong> calcolo (elaborazione in real time). Queste specifiche progettuali, sono state<br />

ottem<strong>per</strong>ate effettuando analisi in frequenza, sfruttando l’algoritmo <strong>di</strong> Goertzel.<br />

Infatti, come esaurientemente descritto in precedenza, il primo algoritmo <strong>di</strong> elaborazione<br />

utilizzato era basato su un approccio nel dominio del tempo che <strong>per</strong>metteva <strong>di</strong> avere le<br />

migliori prestazioni in termini <strong>di</strong> linearità, sensibilità e risoluzione della caratteristica del<br />

sensore ma presentava grossi limiti in termini <strong>di</strong> velocità <strong>di</strong> esecuzione. Si è quin<strong>di</strong> passati<br />

all’approccio nel dominio della frequenza effettuando l’FFT del segnale ed analizzando il<br />

comportamento della seconda armonica dei segnali <strong>di</strong> pickup.<br />

Al fine <strong>di</strong> meglio comprendere il passaggio dall’FFT all’algoritmo <strong>di</strong> Goertzel è bene chiarire<br />

alcuni aspetti riguardo la complessità <strong>di</strong> calcolo <strong>di</strong> questi algoritmi.<br />

L’analisi <strong>di</strong>gitale dei segnali nel dominio della frequenza è strettamente legata al calcolo della<br />

Trasformata Discreta <strong>di</strong> Fourier (DFT); questa <strong>per</strong>ò presenta il grosso problema <strong>di</strong> una<br />

complessità <strong>di</strong> calcolo <strong>di</strong> tipo N 2 se N è il numero <strong>di</strong> campioni su cui viene eseguita. Per<br />

questo è nata la necessità <strong>di</strong> avvalersi <strong>di</strong> algoritmi con complessità minori, quali la FFT. In<br />

realtà, l’acronimo FFT in<strong>di</strong>ca una classe <strong>di</strong> algoritmi efficienti <strong>per</strong> il calcolo della trasformata<br />

<strong>di</strong>screta <strong>di</strong> una sequenza <strong>per</strong>io<strong>di</strong>ca <strong>per</strong> cui, generalmente, si ha una complessità <strong>di</strong> calcolo del<br />

tipo N·log2(N). Questi algoritmi, se N è la lunghezza del time record, cioè il numero <strong>di</strong> punti,<br />

forniscono (N/2)+1 componenti spettrali del segnale.<br />

Goertzel <strong>non</strong> è considerato un algoritmo FFT in quanto ha una complessità <strong>di</strong> calcolo <strong>di</strong> tipo<br />

N 2 . Questo <strong>per</strong>ò <strong>per</strong>mette, volendo, il calcolo <strong>di</strong> un numero ridotto <strong>di</strong> componenti spettrali (al<br />

limite 1); in tal caso, se M è il numero <strong>di</strong> componenti che si vogliono calcolare, il peso totale<br />

dei calcoli è proporzionale ad M·N. Conseguenza vuole che quando M< log2(N) l’algoritmo<br />

127


Capitolo 3 Sviluppo ed ottimizzazione del sistema basato sulla Sonda Fluxset<br />

<strong>di</strong> Goertzel è più veloce <strong>di</strong> un algoritmo FFT. Al limite, quando è necessario il calcolo <strong>di</strong> una<br />

sola componente spettrale, la complessità <strong>di</strong> calcolo si riduce <strong>di</strong> log2(N).<br />

In aggiunta, l’algoritmo <strong>di</strong> Goertzel ha il grande vantaggio <strong>di</strong> poter processare i dati così come<br />

arrivano, mentre gli algoritmi FFT devono aspettare che siano <strong>di</strong>sponibili tutti i punti nella<br />

finestra. E’ quin<strong>di</strong> possibile ridurre significativamente la memoria dati necessaria.<br />

In seguito a questa breve descrizione degli algoritmi <strong>per</strong> l’analisi dei segnali nel dominio della<br />

frequenza, che lungi dall’essere esaustiva, risulta chiaro l’incremento <strong>di</strong> prestazioni ottenibili<br />

dall’ausilio dell’algoritmo <strong>di</strong> Goertzel nel caso in esame. Infatti, utilizzando ed accordando<br />

l’algoritmo <strong>di</strong> Goertzel <strong>per</strong> l’estrazione della sola seconda armonica del segnale <strong>di</strong> pickup, si è<br />

ottenuta una notevole riduzione sia dei tempi <strong>di</strong> calcolo che dell’occupazione in memoria.<br />

In definitiva, il software <strong>di</strong> gestione della procedura <strong>di</strong> <strong>misura</strong>, installato sullo strumento e<br />

gestito me<strong>di</strong>ante un PC, <strong>per</strong>mette <strong>di</strong>: effettuare la procedura <strong>di</strong> taratura e/o <strong>di</strong> calibrazione;<br />

gestire la comunicazione tra le <strong>di</strong>verse unità al fine <strong>di</strong> <strong>per</strong>mettere l’alimentazione della sonda<br />

e, quando necessario, della bobina <strong>di</strong> taratura; gestire il sistema <strong>di</strong> movimentazione; acquisire<br />

ed elaborare i segnali <strong>di</strong> pickup me<strong>di</strong>ante l’algoritmo <strong>di</strong> Goertzel; inviare al PC i dati relativi<br />

alle mappe <strong>di</strong> modulo e fase del campo magnetico <strong>misura</strong>to.<br />

3.3.7 La verifica s<strong>per</strong>imentale<br />

In seguito alla realizzazione dello strumento sono stati eseguiti numerosi <strong>test</strong> su provini con<br />

<strong>di</strong>fetti noti, al fine <strong>di</strong> verificarne le prestazioni e valutarne alcune caratteristiche d’interesse. In<br />

particolare:<br />

a) Verificare la correttezza ed il funzionamento della procedura automatica <strong>di</strong> taratura e<br />

calibrazione implementata sullo strumento;<br />

b) Valutare la ripetibilità del processo <strong>di</strong> <strong>misura</strong>, sia rispetto alla sonda che al sistema <strong>di</strong><br />

scansione;<br />

c) Misurare il tempo necessario ad eseguire la scansione <strong>di</strong> un’area definita;<br />

128


Capitolo 3 Sviluppo ed ottimizzazione del sistema basato sulla Sonda Fluxset<br />

d) Confermare il già accertato accordo tra dati s<strong>per</strong>imentali e simulati, con l’utilizzo dello<br />

strumento e l’implementazione sia della procedura <strong>di</strong> calibrazione che dell’algoritmo <strong>di</strong><br />

Goertzel.<br />

A tal uopo è stata allestita la stazione <strong>di</strong> <strong>misura</strong> utilizzando lo strumento realizzato ed in fig.<br />

3.20 ne viene riportata una foto con un particolare sulla sonda realizzata e descritta nel §3.2.<br />

L’avvolgimento <strong>di</strong> eccitazione della sonda è stato alimentato con una corrente sinusoidale<br />

(500mA, 5kHz), mentre entrambe gli avvolgimenti <strong>di</strong> driving dei sensori fluxset sono stati<br />

alimentati con una corrente triangolare (44mA, 50kHz). Va evidenziata la <strong>di</strong>fferenza nei<br />

segnali <strong>di</strong> forzamento dei sensori fluxset, rispetto alle prove riportate in precedenza, dovuta<br />

esclusivamente all’utilizzo <strong>di</strong> nuovi sensori caratterizzati da 20 spire dell’avvolgimento <strong>di</strong><br />

pickup e 30 <strong>di</strong> quello <strong>di</strong> driving.<br />

Prima dell’esecuzione <strong>di</strong> ogni prova, la sonda viene automaticamente posizionata in una zona<br />

senza <strong>di</strong>fetto e viene eseguita la procedura <strong>di</strong> calibrazione; ricor<strong>di</strong>amo infatti che questa<br />

procedura compensa il campo magnetico <strong>misura</strong>to dalla sonda anche in assenza <strong>di</strong> <strong>di</strong>fetti<br />

(offset) migliorando la sensibilità della sonda e rendendo valide le informazioni sulla fase del<br />

campo magnetico. Questo offset può variare con la corrente <strong>di</strong> eccitazione della sonda, con il<br />

pezzo in esame, con il rumore elettromagnetico presente, e deve quin<strong>di</strong> essere compensato<br />

<strong>di</strong>namicamente. La procedura <strong>di</strong> taratura invece, va eseguita solo se viene cambiata la sonda o<br />

le sue con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> lavoro o <strong>per</strong>io<strong>di</strong>camente <strong>per</strong> portare in conto l’invecchiamento della<br />

sonda stessa.<br />

3.3.7.1 La ripetibilità del sistema<br />

La verifica della ripetibilità del sistema è stata eseguita effettuando due set <strong>di</strong> misure:<br />

i. fissando la sonda in un punto qualunque del provino ed effettuando 60 misure del campo<br />

magnetico, al fine <strong>di</strong> evidenziare la ripetibilità della sonda e dell’algoritmo <strong>di</strong> <strong>misura</strong>;<br />

ii. effettuando una scansione in 60 step sul provino in una zona senza <strong>di</strong>fetto e <strong>misura</strong>ndo il<br />

129


Capitolo 3 Sviluppo ed ottimizzazione del sistema basato sulla Sonda Fluxset<br />

campo magnetico in ogni punto, al fine <strong>di</strong> evidenziare la variabilità dovuta al sistema <strong>di</strong><br />

scansione.<br />

I risultati ottenuti sono riportati in tab. 3.4 dove si può evidenziare l’elevata ripetibilità del<br />

sistema, garantita dal valore assunto dalla deviazione standard.<br />

3.3.7.2 Il tempo <strong>di</strong> esecuzione del <strong>test</strong><br />

Fig. 3.20 La stazione <strong>di</strong> <strong>misura</strong> definitiva.<br />

E’ stata effettuata una <strong>misura</strong> del tempo necessario ad eseguire il <strong>test</strong> <strong>non</strong> <strong>di</strong>struttivo su <strong>di</strong><br />

un’area definita. In particolare è stata scan<strong>di</strong>ta una regione <strong>di</strong> 20x20mm, su <strong>di</strong> un provino <strong>di</strong><br />

alluminio <strong>di</strong> 2mm <strong>di</strong> spessore con una cricca passante <strong>di</strong> 5mm, utilizzando la massima<br />

risoluzione spaziale consentita dal sistema <strong>di</strong> scansione (0.1mm), impiegando 2000s. E’ stata<br />

poi effettuata una procedura <strong>di</strong> decimazione atta ad identificare quale fosse il massimo valore<br />

<strong>di</strong> risoluzione spaziale che <strong>per</strong>mettesse l’identificazione del <strong>di</strong>fetto. Questa procedura ha<br />

130


Capitolo 3 Sviluppo ed ottimizzazione del sistema basato sulla Sonda Fluxset<br />

Ripetibilità <strong>di</strong> sonda ed algoritmo Ripetibilità del sistema <strong>di</strong> scansione<br />

Numero<br />

misure<br />

Valore<br />

me<strong>di</strong>o<br />

[µT]<br />

Deviazione<br />

standard<br />

[µT]<br />

evidenziato come con un passo <strong>di</strong> scansione <strong>di</strong> 3mm garantisce la possibilità <strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduare la<br />

presenza e le caratteristiche del <strong>di</strong>fetto e <strong>per</strong>mette un tempo <strong>di</strong> esecuzione del <strong>test</strong> <strong>di</strong> 67s.<br />

Ovviamente il valore <strong>di</strong> risoluzione massima determinato <strong>di</strong>pende dalle caratteristiche del<br />

<strong>di</strong>fetto da in<strong>di</strong>viduare e <strong>non</strong> può essere assunto valido in generale. Quest’analisi <strong>per</strong>ò assicura<br />

che utilizzando strategie <strong>di</strong> scansione adattative (ovvero risoluzioni spaziali variabili durante<br />

il <strong>test</strong> e <strong>di</strong>pendenti dalla risposta delle sonde) è possibile indagare accuratamente, ed in tempi<br />

accettabili, anche pezzi <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni.<br />

3.3.7.3 L’accordo tra dati s<strong>per</strong>imentali e simulati<br />

La prova riportata è stata effettuata scandendo un provino <strong>di</strong> alluminio dello spessore <strong>di</strong> 2mm<br />

con un <strong>di</strong>fetto passante <strong>di</strong> 5mm. La scansione eseguita è illustrata in fig. 3.21, in cui sono<br />

evidenziate le <strong>di</strong>mensioni dell’area scan<strong>di</strong>ta e<br />

le caratteristiche della cricca. In fig. 3.22 sono<br />

riportati i risultati ottenuti sia s<strong>per</strong>imentalmente<br />

che tramite il software <strong>di</strong> simulazione. L’analisi<br />

<strong>di</strong> questi risultati mette in evidenza l’ottimo<br />

accordo raggiunto tra dati simulati e<br />

s<strong>per</strong>imentali ma cosa molto più importante la<br />

capacità del sistema <strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduare la presenza<br />

del <strong>di</strong>fetto <strong>non</strong>ché la <strong>di</strong>sponibilità <strong>di</strong><br />

informazioni tali da poter estrarre anche le<br />

Numero<br />

misure<br />

Valore<br />

me<strong>di</strong>o<br />

[µT]<br />

Deviazione<br />

standard<br />

[µT]<br />

60 62.357 0.055 60 62.29 0.43<br />

Tab. 3.4 Valori me<strong>di</strong> e deviazioni standard del campo magnetico, ottenuti durante le<br />

verifiche <strong>di</strong> ripetibilità del sistema.<br />

y<br />

z<br />

5mm<br />

x<br />

20mm<br />

crack<br />

2mm<br />

30mm<br />

Fig. 3.21 Su<strong>per</strong>ficie si scansione e<br />

caratteristiche della cricca.<br />

131


Capitolo 3 Sviluppo ed ottimizzazione del sistema basato sulla Sonda Fluxset<br />

x [mm]<br />

x [mm]<br />

caratteristiche geometriche e <strong>di</strong>mensionali del <strong>di</strong>fetto oltre che la sua posizione. Ad esempio,<br />

un’analisi sommaria dei dati <strong>di</strong> fig. 3.22 <strong>per</strong>mette <strong>di</strong> affermare:<br />

- il sensore y ha un massimo in corrispondenza della posizione x=10mm, posizione del<br />

<strong>di</strong>fetto lungo tale asse;<br />

y [mm]<br />

y [mm]<br />

- i picchi del sensore y sono posizionati ad y=13.5mm ed y=18.5mm, posizione dei punti<br />

estremi del <strong>di</strong>fetto; la loro <strong>di</strong>stanza è 5mm, pari alla lunghezza della cricca.<br />

Analisi simili possono essere fatte anche <strong>per</strong> il sensore x.<br />

Queste informazioni hanno fornito le giuste motivazioni <strong>per</strong> lavorare allo sviluppo <strong>di</strong> un<br />

algoritmo capace <strong>di</strong> analizzare le mappe <strong>di</strong> campo e fornire, automaticamente ed<br />

oggettivamente, le caratteristiche del <strong>di</strong>fetto in termini <strong>di</strong> posizione e geometria, come verrà<br />

dettagliatamente illustrato nel prossimo paragrafo.<br />

a) b)<br />

c)<br />

x [mm]<br />

x [mm]<br />

y [mm]<br />

d)<br />

y [mm]<br />

Fig. 3.22 Mappe del modulo del campo magnetico simulate a), b) e s<strong>per</strong>imentali c), d) relative ai sensori<br />

posti sull’asse x (ortogonale al <strong>di</strong>fetto) b), d) ed y (parallelo al <strong>di</strong>fetto) a), c).<br />

132


Capitolo 3 Sviluppo ed ottimizzazione del sistema basato sulla Sonda Fluxset<br />

3.4 La ricostruzione delle caratteristiche geometriche dei <strong>di</strong>fetti<br />

Negli <strong>strumenti</strong> ECT attualmente in commercio, la selezione dei componenti viene<br />

tipicamente eseguita da un o<strong>per</strong>atore umano che decide l’accettabilità del componente sotto<br />

<strong>test</strong> valutando a vista le risposte delle sonde, ad esempio, il piano delle impedenze. Alcuni<br />

<strong>strumenti</strong> <strong>per</strong>mettono <strong>di</strong> selezionare automaticamente i componenti, utilizzando, ad esempio,<br />

dei comparatori che confrontano il livello dei segnali <strong>misura</strong>ti con opportune soglie<br />

prestabilite. Esistono infine <strong>strumenti</strong> più sofisticati, basati su tecnologie <strong>di</strong>gitali, che<br />

acquisiscono ed elaborano i dati, fornendo, quando si verificano determinate con<strong>di</strong>zioni, sia<br />

degli allarmi che dei segnali che provvedono alla marcatura od allo scarto del materiale sotto<br />

<strong>test</strong>. Questi <strong>strumenti</strong> <strong>per</strong>mettono <strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduare anche particolari tipi <strong>di</strong> <strong>di</strong>fetti, normalmente<br />

<strong>non</strong> rilevabili con altri <strong>strumenti</strong>, ma la ricostruzione della loro forma così come la<br />

determinazione del valore numerico delle loro caratteristiche geometriche e della relativa<br />

incertezza, è ancora una questione a<strong>per</strong>ta. Queste informazioni sono invece molto importanti<br />

sia al fine <strong>di</strong> effettuare al meglio la selezione dei componenti sia nel controllo del processo<br />

industriale come mezzo <strong>per</strong> trovare le cause che hanno generato il <strong>di</strong>fetto, accomunando sia<br />

ragioni <strong>di</strong> tipo economiche che <strong>di</strong> sicurezza.<br />

Differenti sono le soluzioni proposte dalla comunità scientifica internazionale <strong>per</strong> risolvere<br />

questo problema [53]-[58].<br />

La maggior parte <strong>di</strong> queste sfruttano i cosiddetti meto<strong>di</strong> basati su modelli (model-based<br />

methods), dove la ricostruzione della forma del <strong>di</strong>fetto è affidata ad algoritmi <strong>di</strong> inversione<br />

numerica dei dati <strong>misura</strong>ti; tuttavia, questi meto<strong>di</strong> sono generalmente limitati dalla<br />

complessità e dal grosso costo computazionale, che ne rende <strong>di</strong>fficile un’implementazione in<br />

applicazioni in tempo reale. L’alternativa è costituita dai meto<strong>di</strong> <strong>non</strong> basati su modelli<br />

(model-free methods). Anche in questo campo sono state proposte alcune soluzioni basate<br />

sull’ausilio <strong>di</strong> reti neurali, analisi delle immagini, etc.<br />

Come ultima fase nello sviluppo del sistema ECT che utilizza il sensore fluxset, si è quin<strong>di</strong><br />

133


Capitolo 3 Sviluppo ed ottimizzazione del sistema basato sulla Sonda Fluxset<br />

messa a punto una tecnica basata su Support Vector Machine (SVM), <strong>per</strong> la stima della forma<br />

e delle caratteristiche geometriche dei <strong>di</strong>fetti, che cade nella categoria dei meto<strong>di</strong> model-free.<br />

Gli stimoli giusti alla fattibilità <strong>di</strong> questa procedura <strong>di</strong> analisi sono stati forniti dai risultati<br />

ottenuti durante le fasi <strong>di</strong> <strong>test</strong> dello strumento realizzato (c.f.r. §3.3).<br />

Lo sviluppo <strong>di</strong> un algoritmo capace <strong>di</strong> analizzare le mappe <strong>di</strong> campo magnetico e fornire, in<br />

modo automatico ed oggettivo, le caratteristiche dell’eventuale <strong>di</strong>fetto, necessita <strong>di</strong> una<br />

preliminare fase <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o del comportamento delle mappe <strong>di</strong> campo al variare dei <strong>di</strong>fetti.<br />

Affinché ciò sia possibile è necessario avere a <strong>di</strong>sposizione un consistente numero <strong>di</strong> risultati<br />

da elaborare ed interpretare. Questa fase potrebbe essere compiuta <strong>per</strong> via s<strong>per</strong>imentale<br />

eseguendo numerose prove su pezzi <strong>di</strong>versi con <strong>di</strong>fferenti tipologie <strong>di</strong> <strong>di</strong>fetti noti.<br />

Bisognerebbe <strong>per</strong>ò avere a <strong>di</strong>sposizione un gran numero <strong>di</strong> campioni <strong>di</strong> materiali conduttore,<br />

con <strong>di</strong>fetti noti <strong>di</strong> varia forma e giacitura e, <strong>per</strong> ogni tipologia <strong>di</strong> <strong>di</strong>fetto, bisognerebbe <strong>test</strong>are<br />

il sistema anche su campioni <strong>di</strong> materiali <strong>di</strong>versi. Come è facilmente intuibile un’indagine <strong>di</strong><br />

questo tipo comporta un notevole impegno sia in termini economici che in termini <strong>di</strong> tempo <strong>di</strong><br />

esecuzione dei <strong>test</strong>, oltre alle <strong>di</strong>fficoltà relative alla realizzazione <strong>di</strong> campioni con <strong>di</strong>fetti noti<br />

interni.<br />

L’idea risolutiva è costituita dal passaggio ad un ambiente <strong>di</strong> simulazione, come spesso<br />

accade nella soluzione <strong>di</strong> problemi progettuali e <strong>di</strong> ricerca, attraverso il quale si possa ottenere<br />

la virtuale risposta dei sensori nelle con<strong>di</strong>zioni più <strong>di</strong>sparate.<br />

Ovviamente, propedeutica alla fase <strong>di</strong> caratterizzazione è <strong>di</strong> fondamentale importanza<br />

effettuare una verifica <strong>di</strong> rispondenza dei dati ottenuti in simulazione con quelli s<strong>per</strong>imentali.<br />

3.4.1 Il software <strong>di</strong> simulazione<br />

Per ottenere le mappe <strong>di</strong> campo è necessario avere a <strong>di</strong>sposizione un software <strong>di</strong> simulazione<br />

<strong>per</strong> la soluzione <strong>di</strong> problemi elettromagnetici che, oltre ad essere in grado <strong>di</strong> risolvere<br />

numericamente il problema fisico, <strong>di</strong>a la possibilità <strong>di</strong> variare i parametri <strong>di</strong> forzamento in<br />

134


Capitolo 3 Sviluppo ed ottimizzazione del sistema basato sulla Sonda Fluxset<br />

modo che questi rispondano alle con<strong>di</strong>zioni o<strong>per</strong>ative in cui lavorerà il sistema reale. E’<br />

inoltre necessario, se <strong>non</strong> fondamentale <strong>per</strong> lo scopo preposto, poter variare le <strong>di</strong>mensioni e la<br />

geometria del <strong>di</strong>fetto, e poterlo fare in modo semplice e flessibile.<br />

La scelta è risultata tutt’altro che semplice data la complessità e particolarità del problema da<br />

risolvere: infatti dovendo indurre correnti nel materiale da esaminare è necessario generare un<br />

campo magnetico variabile nel tempo, conseguentemente campo elettrico e magnetico <strong>non</strong><br />

sono <strong>di</strong>saccoppiati e <strong>per</strong> l’analisi del fenomeno è necessario utilizzare il modello quasi<br />

stazionario magnetico; questo è inoltre complicato dalla presenza <strong>di</strong> <strong>di</strong>scontinuità,<br />

rappresentate dai <strong>di</strong>fetti. I <strong>di</strong>versi software commerciali analizzati (quali, ad esempio, O<strong>per</strong>a,<br />

Mega, Femlab, ecc) sono risultati poco idonei <strong>non</strong> rispondendo, in parte o completamente,<br />

alle caratteristiche richieste.<br />

La scelta è quin<strong>di</strong> ricaduta su due software s<strong>per</strong>imentali, appositamente stu<strong>di</strong>ati <strong>per</strong> risolvere<br />

problemi elettromagnetici nell’ambito ECT, l’uno specializzato <strong>per</strong> le cricche sottili, l’altro<br />

<strong>per</strong> <strong>di</strong>fetti volumetrici.<br />

In linea <strong>di</strong> principio, la soluzione <strong>di</strong> problemi elettromagnetici viene raggiunta risolvendo il<br />

modello matematico rappresentato dalle equazioni <strong>di</strong> Maxwell; sostanzialmente, ciò può<br />

essere ottenuto me<strong>di</strong>ante l’ausilio <strong>di</strong> tecniche analitiche o tecniche numeriche. Quelle<br />

analitiche sono valide in casi semplici e vanno subito in crisi se la geometria <strong>di</strong>venta più<br />

complicata o se il mezzo presenta delle <strong>di</strong>somogeneità o <strong>non</strong> linearità. Le tecniche numeriche<br />

sono invece, tra le altre, quelle alle <strong>di</strong>fferenze finite, agli elementi <strong>di</strong> frontiera e agli elementi<br />

finiti; queste presentano caratteristiche tali da su<strong>per</strong>are i limiti intrinseci ai meto<strong>di</strong> analitici.<br />

Vista la complessità del fenomeno trattato, entrambe i software utilizzati affrontano il<br />

problema elettromagnetico con il metodo degli elementi finiti, che consente <strong>di</strong> approssimare<br />

un sistema <strong>di</strong> equazioni <strong>di</strong>fferenziali con un sistema <strong>di</strong> equazioni algebriche aventi un numero<br />

finito <strong>di</strong> incognite. Entrambe i software consentono la risoluzione sia del problema <strong>di</strong>retto,<br />

135


Capitolo 3 Sviluppo ed ottimizzazione del sistema basato sulla Sonda Fluxset<br />

date le <strong>di</strong>mensioni della cricca si determina il campo ad essa associato, sia del problema<br />

inverso, date le <strong>misura</strong>zioni esterne <strong>di</strong> campo si determina posizione e forma della cricca.<br />

3.4.1.1 Simulazioni <strong>per</strong> cricche sottili<br />

Verrà brevemente descritta la sequenza o<strong>per</strong>ativa con cui viene affrontato il problema<br />

elettromagnetico nel software <strong>di</strong> simulazione <strong>per</strong> cricche sottili. Il metodo utilizzato si basa su<br />

una formulazione integrale, che <strong>per</strong>mette <strong>di</strong> su<strong>per</strong>are alcune <strong>di</strong>fficoltà degli approcci <strong>di</strong> tipo<br />

<strong>di</strong>fferenziale [44]. In particolare, se raffrontato ad altri approcci numerici, presenta i seguenti<br />

vantaggi:<br />

- è necessario <strong>di</strong>scretizzare la sola regione conduttrice intorno al <strong>di</strong>fetto con conseguente<br />

riduzione dei tempi <strong>di</strong> elaborazione;<br />

- è possibile prendere in considerazione domini irregolari, contenenti gra<strong>di</strong>ni, bor<strong>di</strong> ed<br />

angoli, senza alcun particolare artificio ad hoc;<br />

- essendo realizzato ad hoc <strong>per</strong> problemi elettromagnetici in presenza <strong>di</strong> materiali conduttori<br />

criccati, <strong>per</strong>mette il trattamento <strong>di</strong> scale spaziali <strong>di</strong>fferenti (cricca-pezzo), grazie<br />

all’utilizzo della sovrapposizione degli effetti;<br />

- basso numero <strong>di</strong> incognite nel problema inverso che risulta essere particolarmente<br />

efficace;<br />

- <strong>per</strong>mette <strong>di</strong> risolvere, entro certi limiti, più problemi <strong>di</strong>retti senza dover riassemblare le<br />

matrici (caratteristica molto utile quando si risolve il problema inverso).<br />

Soluzione del problema <strong>di</strong>retto<br />

Il problema <strong>di</strong>retto consiste nel determinare la variazione <strong>di</strong> campo magnetico associato alla<br />

presenza <strong>di</strong> una particolare cricca predefinita.<br />

Restringendo l’attenzione alla classe <strong>di</strong> problemi ECT <strong>per</strong> cricche sottili in pezzi <strong>di</strong> materiale<br />

metallico <strong>non</strong> ferromagnetici, è possibile adottare alcune ipotesi semplificative. La prima<br />

assunzione è che lo spessore del <strong>di</strong>fetto è piccolo se comparato <strong>non</strong> solo alla sua profon<strong>di</strong>tà e<br />

136


Capitolo 3 Sviluppo ed ottimizzazione del sistema basato sulla Sonda Fluxset<br />

larghezza ma anche allo spessore <strong>di</strong> penetrazione relativo alla frequenza <strong>di</strong> eccitazione. Ciò<br />

<strong>per</strong>mette <strong>di</strong> schematizzare il <strong>di</strong>fetto come un crack a spessore zero, ad esempio come una<br />

su<strong>per</strong>ficie attraverso la quale il flusso <strong>di</strong> corrente è proibito. L’assenza <strong>di</strong> un mezzo <strong>non</strong><br />

lineare (materiale <strong>non</strong> ferromagnetico), <strong>per</strong>mette <strong>non</strong> solo <strong>di</strong> utilizzare la formulazione<br />

integrale ma anche <strong>di</strong> sfruttare il principio <strong>di</strong> sovrapposizione degli effetti, al fine <strong>di</strong><br />

migliorare l’accuratezza dei risultati numerici <strong>per</strong> un dato sforzo <strong>di</strong> calcolo.<br />

Il problema viene quin<strong>di</strong> <strong>di</strong>viso in due fasi applicando la sovrapposizione degli effetti: la<br />

soluzione <strong>di</strong> un problema im<strong>per</strong>turbato (in assenza <strong>di</strong> <strong>di</strong>fetto) sovrapposto alla <strong>per</strong>turbazione<br />

provocata dalla presenza del <strong>di</strong>fetto. In particolare, siccome la densità <strong>di</strong> corrente totale deve<br />

essere nulla nella regione ove è situata la cricca, la variazione della densità <strong>di</strong> corrente è<br />

imposto che sia esattamente l’opposto <strong>di</strong> quella im<strong>per</strong>turbata sulla cricca. Nella soluzione del<br />

problema elettromagnetico im<strong>per</strong>turbato, è possibile utilizzare meto<strong>di</strong> analitici <strong>per</strong> particolari<br />

forme <strong>di</strong> strutture conduttrici (ad esempio <strong>per</strong> una piastra indefinita). Queste forniscono<br />

approssimazioni accettabili nella maggior parte dei casi pratici, d’altra parte se gli effetti <strong>di</strong><br />

bordo <strong>non</strong> sono irrilevanti o la forma del campione <strong>non</strong> è ca<strong>non</strong>ica, il campo im<strong>per</strong>turbato<br />

viene determinato con meto<strong>di</strong> numerici.<br />

Il secondo passo <strong>per</strong> la soluzione del problema è la determinazione dell’andamento delle<br />

correnti indotte, mo<strong>di</strong>ficato dalla presenza del <strong>di</strong>fetto. Il crack viene descritto come una<br />

su<strong>per</strong>ficie Σd <strong>di</strong>scretizzata attraverso un set <strong>di</strong> facce <strong>di</strong> elementi finiti, caratterizzata dalla<br />

con<strong>di</strong>zione J·n = 0, dove J rappresenta la densità <strong>di</strong> corrente ed n il versore normale alla<br />

su<strong>per</strong>ficie. In linea <strong>di</strong> principio, viene definita una su<strong>per</strong>ficie all’interno della quale deve<br />

essere incluso il <strong>di</strong>fetto e la <strong>per</strong>turbazione <strong>di</strong> corrente viene determinata <strong>per</strong> tutte le possibili<br />

combinazioni <strong>di</strong> facce degli elementi finiti inclusi in tale dominio.<br />

E’ solo in una fase successiva che si specifica la geometria del <strong>di</strong>fetto <strong>per</strong> cui si vuole la<br />

soluzione, definendo le facce <strong>di</strong> elementi finiti che appartengono al <strong>di</strong>fetto stesso (fig. 3.23).<br />

Così la soluzione è generalizzata a tutti i possibili <strong>di</strong>fetti inclusi nel dominio prescelto: una<br />

137


Capitolo 3 Sviluppo ed ottimizzazione del sistema basato sulla Sonda Fluxset<br />

qualunque cricca all’interno del dominio può essere definita, ed è possibile ottenere <strong>per</strong> essa<br />

la soluzione del problema elettromagnetico senza dover effettuare una nuova elaborazione.<br />

Soluzione del problema inverso<br />

Per problema inverso si intende la determinazione delle caratteristiche del <strong>di</strong>fetto, partendo<br />

dalla conoscenza <strong>di</strong> <strong>misura</strong>zioni esterne <strong>di</strong> campo. Il metodo si basa sull’in<strong>di</strong>viduazione del<br />

set <strong>di</strong> facce del dominio <strong>di</strong> riferimento che appartengono al <strong>di</strong>fetto. Si ha un problema <strong>di</strong><br />

natura binaria, in quanto <strong>per</strong> ogni faccia è necessario conoscere se essa appartiene o meno al<br />

<strong>di</strong>fetto. Dopo aver ottenuto questa informazione, nel caso in cui la faccia appartenga al <strong>di</strong>fetto,<br />

si conosce anche il valore del flusso <strong>di</strong> corrente che l’attraversa, in quanto sappiamo che deve<br />

essere l’opposto del corrispondente valore im<strong>per</strong>turbato. Appare evidente che la descrizione<br />

del <strong>di</strong>fetto è tanto più accurata quanto più è fitta la <strong>di</strong>scretizzazione della su<strong>per</strong>ficie.<br />

Il problema inverso si risolve <strong>per</strong> iterazione del problema <strong>di</strong>retto: si effettuano <strong>di</strong>versi<br />

problemi <strong>di</strong>retti sullo stesso campione, <strong>per</strong> <strong>di</strong>fferenti geometrie <strong>di</strong> <strong>di</strong>fetti, fino a quando il<br />

campo ottenuto in simulazione è uguale a quello <strong>misura</strong>to.<br />

3.4.1.2 Simulazioni <strong>per</strong> cricche <strong>di</strong> volume<br />

A<br />

Fig. 3.23 Rappresentazione del dominio in cui deve essere incluso il <strong>di</strong>fetto (A) e delle facce degli elementi<br />

finiti che <strong>per</strong>mettono <strong>di</strong> definire la geometria del <strong>di</strong>fetto (B).<br />

Il software utilizzato descrive un modello numerico <strong>per</strong> il calcolo del campo elettromagnetico<br />

in presenza <strong>di</strong> una cricca volumetrica in un materiale conduttore. Si tratta <strong>di</strong> un metodo<br />

numerico <strong>per</strong> la risoluzione del problema <strong>di</strong>retto che riveste particolare importanza nell’ottica<br />

B<br />

138


Capitolo 3 Sviluppo ed ottimizzazione del sistema basato sulla Sonda Fluxset<br />

dell’implementazione <strong>di</strong> algoritmi <strong>di</strong> ricostruzione della posizione e della forma della cricca<br />

volumetrica a partire da misure del campo magnetico (problema inverso) [59].<br />

Come avviene nel caso <strong>di</strong> cricche sottili, si deve scegliere a priori una regione all’interno della<br />

quale sarà contenuto il <strong>di</strong>fetto, <strong>per</strong> ottenere a valle <strong>di</strong> un’unica fase <strong>di</strong> processing le mappe <strong>di</strong><br />

campo <strong>per</strong> tutti i possibili <strong>di</strong>fetti inclusi nella regione scelta.<br />

In linea <strong>di</strong> principio quin<strong>di</strong>, il software utilizzato <strong>per</strong> i <strong>di</strong>fetti volumetrici è simile a quello<br />

utilizzato <strong>per</strong> le cricche sottili.<br />

Il punto <strong>di</strong> partenza è che in tutte le situazioni realistiche una cricca <strong>di</strong> volume V0 è contenuta<br />

in una regione nota a priori VT. Sfruttando il vincolo V0 ⊆VT<br />

si riesce a ridurre il costo<br />

computazionale <strong>per</strong> la soluzione del problema <strong>di</strong>retto.<br />

Grazie alla linearità del sistema, il metodo sfrutta il principio <strong>di</strong> sovrapposizione degli effetti,<br />

calcolando la densità <strong>di</strong> corrente indotta nel materiale conduttore in presenza <strong>di</strong> cricca come<br />

() r = ∂J<br />

() r + J () r<br />

J 0<br />

dove:<br />

- J0 è la densità <strong>di</strong> corrente im<strong>per</strong>turbata, quin<strong>di</strong> in assenza <strong>di</strong> cricca;<br />

- ∂J è la variazione <strong>di</strong> densità <strong>di</strong> corrente.<br />

3.4.2 Analisi delle mappe <strong>di</strong> campo simulate<br />

Con l’ausilio dei mezzi <strong>di</strong> simulazione esposti, sono state eseguite numerose simulazioni atte<br />

ad ottenere le mappe <strong>di</strong> campo magnetico ed effettuarne una preliminare analisi che<br />

<strong>per</strong>mettesse <strong>di</strong> identificare quale potesse essere il mezzo più opportuno, <strong>per</strong> lo sviluppo<br />

dell’algoritmo <strong>di</strong> elaborazione.<br />

In prima analisi l’attenzione è stata focalizzata sulle cricche sottili. Nell’esecuzione delle<br />

simulazioni sono state imposte con<strong>di</strong>zioni o<strong>per</strong>ative collimanti con le situazioni reali <strong>di</strong> <strong>test</strong>.<br />

In particolare, le simulazioni sono state eseguite imponendo un provino <strong>di</strong> alluminio <strong>di</strong><br />

spessore 3 mm, una frequenza <strong>di</strong> lavoro <strong>di</strong> 1kHz, <strong>non</strong>ché le caratteristiche della sonda<br />

139


Capitolo 3 Sviluppo ed ottimizzazione del sistema basato sulla Sonda Fluxset<br />

realizzata. In base a questi parametri e soprattutto in base all’area <strong>di</strong> definizione della cricca<br />

(c.f.r. §3.4.1.1) è stata effettuata la scelta della mesh. Ricor<strong>di</strong>amo infatti che <strong>per</strong> gli algoritmi<br />

numerici la definizione della <strong>di</strong>scretizzazione è una fase cruciale rappresentando il sistema<br />

<strong>di</strong>screto che approssima quello continuo. La <strong>di</strong>mensione ed il grado <strong>di</strong> raffinamento della<br />

mesh vanno definiti, macroscopicamente, in funzione delle <strong>di</strong>mensioni della cricca e dello<br />

spessore <strong>di</strong> penetrazione, mentre in una fase successiva viene assestata me<strong>di</strong>ante opportuni<br />

<strong>test</strong> <strong>di</strong> consistenza.<br />

In fig. 3.24 è riportata la <strong>di</strong>scretizzazione utilizzata che <strong>per</strong>mette <strong>di</strong> imporre un <strong>di</strong>fetto<br />

massimo <strong>di</strong> 20mm <strong>di</strong> lunghezza (lungo l’asse x), 3mm <strong>di</strong> altezza (lungo l’asse z) ed un <strong>di</strong>fetto<br />

minimo <strong>di</strong> 1mm <strong>di</strong> lunghezza (lungo l’asse x), 0.5mm <strong>di</strong> altezza (lungo l’asse z); trattando il<br />

caso <strong>di</strong> cricche sottili, lo spessore viene invece imposto pari a 1µm (lungo l’asse y).<br />

In queste con<strong>di</strong>zioni o<strong>per</strong>ative, sono state eseguite numerose simulazioni variando le<br />

caratteristiche dei <strong>di</strong>fetti imposti ed in particolare la lunghezza, l’altezza e la profon<strong>di</strong>tà.<br />

In seguito vengono brevemente descritti i risultati conseguiti dall’analisi delle mappe <strong>di</strong><br />

campo ottenute.<br />

Fig. 3.24 Discretizzazione utilizzata durante la fase <strong>di</strong> simulazione.<br />

In fig. 3.25 è mostrata la scansione imposta durante la simulazione che <strong>per</strong>mette <strong>di</strong> definire il<br />

140


Capitolo 3 Sviluppo ed ottimizzazione del sistema basato sulla Sonda Fluxset<br />

riferimento rispetto a cui verranno mostrati i<br />

risultati.<br />

Per fissati valori <strong>di</strong> altezza e profon<strong>di</strong>tà, è stata<br />

fatta variare la lunghezza della cricca da 2 a 20mm<br />

con passo 2mm. Nelle figg. 3.26 e 3.27 sono<br />

riportati i valori dei picchi del campo magnetico<br />

<strong>per</strong> i sensori posti sull’asse x e sull’asse y<br />

rispettivamente. Si può notare come vi sia una<br />

correlazione pressoché lineare tra l’ampiezza dei<br />

picchi del campo e la lunghezza della cricca. Una correlazione simile esiste tra la lunghezza<br />

della cricca e la <strong>di</strong>stanza tra i picchi (come evidenziato nelle tabelle). Sono state anche<br />

analizzati gli andamenti degli altri picchi presenti (massimi locali) senza trovare correlazioni<br />

evidenti.<br />

L’attenzione si è successivamente spostata all’analisi delle mappe al variare sia dell’altezza<br />

che della profon<strong>di</strong>tà della cricca. Il primo grosso risultato è che la <strong>di</strong>stanza tra i picchi <strong>non</strong><br />

varia né al variare della profon<strong>di</strong>tà né dell’altezza, rimanendo quin<strong>di</strong> correlata alla sola<br />

lunghezza del <strong>di</strong>fetto. Come ci si aspettava, sono state invece trovate correlazioni con<br />

l’ampiezza dei picchi (aumento dell’ampiezza all’aumentare dell’altezza o al <strong>di</strong>minuire della<br />

profon<strong>di</strong>tà). Queste correlazioni ad andamento inverso, <strong>per</strong>fettamente concordanti con la<br />

1,40E-04<br />

1,20E-04<br />

1,00E-04<br />

8,00E-05<br />

6,00E-05<br />

4,00E-05<br />

2,00E-05<br />

0,00E+00<br />

B [T]<br />

0 5 10 15 20 25<br />

Lunghezza [mm]<br />

y<br />

sonda <strong>di</strong>fetto<br />

x<br />

Materiale<br />

Fig. 3.25 La scansione imposta nella<br />

simulazione.<br />

lunghezza<br />

cricca<br />

[mm]<br />

ampiezza picchi<br />

primari<br />

[T]<br />

<strong>di</strong>stanza picchi<br />

primari<br />

[mm]<br />

2 2.270E-06 10<br />

4 8.256E-06 12<br />

6 1.805E-05 12<br />

8 3.094E-05 12<br />

10 4.646E-05 14<br />

12 6.288E-05 16<br />

14 7.885E-05 18<br />

16 9.441E-05 20<br />

18 1.107E-04 22<br />

20 1.294E-04 24<br />

Fig. 3.26 Ampiezza dei picchi del campo magnetico <strong>per</strong> il sensore posto sull’asse x.<br />

141


Capitolo 3 Sviluppo ed ottimizzazione del sistema basato sulla Sonda Fluxset<br />

1,20E-04<br />

1,00E-04<br />

8,00E-05<br />

6,00E-05<br />

4,00E-05<br />

2,00E-05<br />

0,00E+00<br />

fisica del fenomeno, creano <strong>per</strong>ò un grado <strong>di</strong> libertà che rende <strong>non</strong> facile definire se la cricca è<br />

bassa ma poco profonda o è alta ma molto profonda.<br />

Per quanto riguarda le fasi del campo magnetico, <strong>per</strong> entrambe i sensori <strong>non</strong> sono state<br />

in<strong>di</strong>viduate correlazioni con le <strong>di</strong>mensioni dei <strong>di</strong>fetti; le informazioni estrapolate dall’analisi<br />

delle fasi, sono <strong>per</strong>ò fondamentali nell’in<strong>di</strong>viduazione della posizione del <strong>di</strong>fetto rispetto alla<br />

su<strong>per</strong>ficie <strong>di</strong> scansione. I netti cambiamenti <strong>di</strong> fase in corrispondenza dei <strong>di</strong>fetti rendono<br />

l’in<strong>di</strong>viduazione della loro posizione un compito estremamente semplice. Per questa ragione,<br />

d’ora in avanti l’attenzione sarà posta esclusivamente all’in<strong>di</strong>viduazione delle <strong>di</strong>mensioni dei<br />

<strong>di</strong>fetti.<br />

B [T]<br />

0 5 10 15 20 25<br />

Lunghezza [mm]<br />

Analisi simili a quelle mostrate <strong>per</strong> le cricche sottili sono state effettuate anche nel caso <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>fetti volumetrici me<strong>di</strong>ante l’ausilio del software descritto nel §3.4.1.2. I risultati ottenuti<br />

sono praticamente equivalenti a quelli <strong>per</strong> cricche sottili, confermando la possibilità <strong>di</strong><br />

generalizzazione dell’idea proposta.<br />

Questa breve analisi ha <strong>per</strong>messo <strong>di</strong> delineare un quadro generale del problema così da poter<br />

definire il mezzo più opportuno <strong>per</strong> lo sviluppo dell’algoritmo.<br />

3.4.3 La ricostruzione dei <strong>di</strong>fetti come problema <strong>di</strong> regressione<br />

L’idea seguita nello sviluppo del software <strong>di</strong> analisi delle mappe <strong>di</strong> campo è <strong>di</strong> utilizzare<br />

<strong>di</strong>spositivi artificiali <strong>di</strong> appren<strong>di</strong>mento in grado <strong>di</strong> estendere la conoscenza a dati nuovi, in<br />

base ad elementi appresi in una fase precedente.<br />

lunghezza<br />

cricca<br />

[mm]<br />

ampiezza picchi<br />

primari<br />

[T]<br />

<strong>di</strong>stanza picchi<br />

primari<br />

[mm]<br />

2 1.676E-06 6<br />

4 5.907E-06 8<br />

6 1.296E-05 8<br />

8 2.219E-05 10<br />

10 3.365E-05 10<br />

12 4.669E-05 12<br />

14 5.946E-05 14<br />

16 7.193E-05 14<br />

18 8.469E-05 16<br />

20 9.655E-05 18<br />

Fig. 3.27 Ampiezza dei picchi del campo magnetico <strong>per</strong> il sensore posto sull’asse y.<br />

142


Capitolo 3 Sviluppo ed ottimizzazione del sistema basato sulla Sonda Fluxset<br />

Ciò è possibile in seguito ad una fase <strong>di</strong> addestramento dei <strong>di</strong>spositivi; addestrare un<br />

<strong>di</strong>spositivo significa presentargli un insieme <strong>di</strong> esempi e lasciare che si costruisca la<br />

conoscenza interna necessaria <strong>per</strong> svolgere il compito richiesto. In termini matematici si<br />

fornisce un insieme <strong>di</strong> coppie <strong>di</strong> I/O (x,y) ed il <strong>di</strong>spositivo trova i valori delle connessioni W<br />

che realizzino la funzione y= f (x).<br />

Forse i più noti <strong>di</strong>spositivi basati su questo concetto sono le reti neurali, costituite da modelli<br />

matematici nati <strong>per</strong> svolgere la funzione <strong>di</strong> appren<strong>di</strong>mento. Accanto alle reti neurali trovano<br />

posto dei classificatori a supporto vettoriale, le Support Vector Machine (SVM), che<br />

<strong>per</strong>mettono <strong>di</strong> su<strong>per</strong>are molti problemi delle reti neurali e consentono <strong>di</strong> sfruttare l’es<strong>per</strong>ienza<br />

acquisita <strong>per</strong> la risoluzione <strong>di</strong> nuovi problemi.<br />

Nelle SVM si evita il rischio <strong>di</strong> trovare minimi locali, tipico delle reti neurali, in quanto si<br />

risolve un problema <strong>di</strong> minimizzazione convessa, in cui si ha un unico minimo; inoltre le<br />

SVM hanno una maggiore capacità <strong>di</strong> generalizzazione e costituiscono un approccio<br />

innovativo nel settore <strong>di</strong> ricerca dei <strong>test</strong> <strong>non</strong> <strong>di</strong>struttivi. E’ <strong>per</strong> questi motivi che si è scelto <strong>di</strong><br />

utilizzare le SVM come mezzo <strong>per</strong> l’elaborazione delle mappe <strong>di</strong> campo al fine <strong>di</strong> estrarne le<br />

caratteristiche dei <strong>di</strong>fetti.<br />

Le Support Vector Machine hanno origine nella Statistical Learning Theory, sviluppata da<br />

Vla<strong>di</strong>mir Vapnik a partire dagli ultimi anni ’70, che si occupa <strong>di</strong> analizzare i criteri statistici<br />

che regolano la capacità <strong>di</strong> generalizzazione <strong>di</strong> una macchina che apprende, detta appunto<br />

learning machine [60]-[63]. In particolare, nel 1995 Vapnik approfon<strong>di</strong>sce la problematica<br />

sulle informazioni che è necessario conoscere <strong>di</strong> una <strong>di</strong>pendenza funzionale <strong>non</strong> nota <strong>per</strong><br />

poterla apprendere attraverso un campione <strong>di</strong> dati. Si tratta <strong>di</strong> un problema classico della<br />

statistica inferenziale, scienza che si occupa dello stu<strong>di</strong>o della struttura <strong>di</strong> una popolazione<br />

sulla base <strong>di</strong> misure ed osservazioni su un campione scelto in modo casuale.<br />

Per Vapnik quin<strong>di</strong> è possibile fare inferenza usando un piccolo numero <strong>di</strong> dati, basandosi<br />

sulla costruzione <strong>di</strong> macchine <strong>per</strong> l’appren<strong>di</strong>mento, <strong>per</strong> la cui costruzione sono necessari solo<br />

143


Capitolo 3 Sviluppo ed ottimizzazione del sistema basato sulla Sonda Fluxset<br />

i dati più informativi, essenziali <strong>per</strong> la comprensione e la descrizione del problema.<br />

La formalizzazione del problema dell’appren<strong>di</strong>mento è basata sul principio della<br />

minimizzazione del rischio strutturale (Structural Risk Minimization, SRM), che si è<br />

<strong>di</strong>mostrato essere su<strong>per</strong>iore al tra<strong>di</strong>zionale principio <strong>di</strong> minimizzazione del rischio empirico<br />

(Empirical Risk Minimization, ERM). Quest’ultimo infatti consiste nel minimizzare una<br />

funzione oggettiva <strong>di</strong>pendente dai campioni <strong>di</strong> training, mentre l’SRM minimizza un insieme<br />

ricavato dagli errori effettuati durante il <strong>test</strong> della macchina.<br />

{ i i } i= 1,... l<br />

Consideriamo un training set S ( x , y )<br />

= , cioè un insieme <strong>di</strong> campioni estratti da X × Y ,<br />

dove X e Y sono due insiemi <strong>di</strong> variabili aleatorie, con p ( xy , ) p( yx) px ( )<br />

incognita, dove x i è un vettore appartenente a<br />

d<br />

R e i<br />

= fissata ma<br />

y rappresenta la sua etichetta. Lo scopo<br />

principale è quello <strong>di</strong> riuscire a costruire, sulla base del training set, una funzione che<br />

applicata ad un valore x <strong>non</strong> visto precedentemente sia in grado <strong>di</strong> pre<strong>di</strong>re il valore <strong>di</strong> y<br />

corrispondente. Appare chiara l’importanza della scelta del training set, in quanto essa<br />

influisce in maniera determinante sulle prestazioni della macchina.<br />

Un in<strong>di</strong>catore della bontà della funzione trovata è il rischio atteso, la cui espressione è la<br />

seguente:<br />

1<br />

R f ∫ yi f xi dp x y<br />

2<br />

( ) = − ( ) ( , )<br />

in cui la quantità y f ( x )<br />

rischio empirico:<br />

− è detta loss (<strong>per</strong><strong>di</strong>ta). Siccome <strong>non</strong> è nota la p(x,y), si calcola il<br />

i i<br />

1<br />

Remp f ∑ yif xi<br />

2<br />

( ) = − ( )<br />

.<br />

L’algoritmo <strong>di</strong> appren<strong>di</strong>mento implementerà una serie <strong>di</strong> funzioni appartenenti ad un insieme<br />

Λ e sceglierà la funzione che minimizza il rischio empirico, con un errore <strong>di</strong> stima in quanto<br />

potrebbe <strong>non</strong> essere quella ottimale; inoltre si commette un errore <strong>di</strong> approssimazione<br />

144


Capitolo 3 Sviluppo ed ottimizzazione del sistema basato sulla Sonda Fluxset<br />

conseguente alla limitatezza delle funzioni implementabili. La somma <strong>di</strong> questi due errori<br />

costituisce l’errore <strong>di</strong> generalizzazione.<br />

Vapkin ha <strong>di</strong>mostrato che esiste un termine <strong>di</strong> maggiorazione <strong>per</strong> il rischio atteso, <strong>di</strong>pendente<br />

dal rischio empirico e dalla capacità <strong>di</strong> apprendere dagli esempi mostrati, ma in<strong>di</strong>pendente<br />

dalla <strong>di</strong>stribuzione <strong>di</strong> probabilità.<br />

È quin<strong>di</strong> necessario trovare una classe <strong>di</strong> funzioni in grado <strong>di</strong> addestrare una macchina; <strong>per</strong><br />

quanto riguarda la classificazione automatica, dato un insieme D tale che x, cx ( ) ∈ XxB,<br />

trova la funzione h(x) tale che hx ( ) cx ( )<br />

effettuare una pre<strong>di</strong>zione <strong>per</strong><br />

similarità:<br />

k: XxX →ℜ<br />

(x,x’) α k(x,x’).<br />

Tali funzioni prendono il nome <strong>di</strong> Kernel.<br />

≈ . In generale, se dato un nuovo '<br />

x ∈ X si vuole<br />

'<br />

cx ( ) è necessario trovare una funzione che ne caratterizzi la<br />

Nel caso in cui i dati <strong>non</strong> siamo linearmente separabili ci sono due possibilità <strong>per</strong> lavorare su<br />

<strong>di</strong> essi: è possibile fare riferimento alle SVM <strong>non</strong> lineari oppure rilassare i vincoli <strong>di</strong> corretta<br />

classificazione tenendo conto della <strong>non</strong> <strong>per</strong>fetta separazione tra le due classi e tollerando un<br />

certo numero <strong>di</strong> errori.<br />

Nel caso <strong>di</strong> rilassamento dei vincoli si introducono le slack variables<br />

ξ = , γ<br />

i<br />

saranno:<br />

( 0 − ( w • x + b)<br />

)<br />

max ci i , e a seconda del valore assunto da i<br />

ξ i punti del training set<br />

- Disposti al <strong>di</strong> là degli i<strong>per</strong>piani <strong>di</strong> separazione e correttamente classificati ( ξ = 0)<br />

;<br />

- Posti tra gli i<strong>per</strong>piani <strong>di</strong> separazione e correttamente classificati ( 0 ξ ≤ 1)<br />

;<br />

- Erroneamente classificati ( ξ > 1)<br />

.<br />

Il problema <strong>di</strong> ottimizzazione <strong>di</strong>venta:<br />

i<br />

≤ i<br />

i<br />

145


Capitolo 3 Sviluppo ed ottimizzazione del sistema basato sulla Sonda Fluxset<br />

τ<br />

c<br />

( w,<br />

x)<br />

con :<br />

ξ ≥ 0<br />

i<br />

i<br />

1<br />

m<br />

2<br />

= w + C∑<br />

2<br />

i=<br />

1<br />

( ( w • xi<br />

) + b)<br />

≥ 1−<br />

i<br />

ξ<br />

ξ<br />

i<br />

e può essere risolto con un Lagrangiano che incorpori le con<strong>di</strong>zioni, ottenendo:<br />

0 C i = 1,...<br />

m<br />

≤ α i ≤<br />

∑ α ici<br />

= 0<br />

in cui C è detto “up<strong>per</strong> bound” ed è un parametro che pone un limite al numero <strong>di</strong> “errori” <strong>di</strong><br />

classificazione.<br />

Nel caso in cui <strong>non</strong> ci sia soluzione (insiemi <strong>non</strong> linearmente separabili), si introduce un<br />

o<strong>per</strong>atore Φ ( x)<br />

in grado <strong>di</strong> effettuare il mapping del pattern <strong>di</strong> ingresso in uno spazio,<br />

denominato feature space, <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni molto più elevate dello spazio <strong>di</strong> origine, in cui gli<br />

insiemi siano linearmente separabili. Ai fini dell’addestramento e della classificazione è<br />

necessario conoscere la forma funzionale del prodotto scalare K( x x ) = Φ(<br />

x ) • Φ(<br />

x )<br />

i<br />

, e<br />

quin<strong>di</strong>, tramite una opportuna scelta della funzione kernel, i dati possono <strong>di</strong>ventare separabili<br />

da un i<strong>per</strong>piano nello spazio delle features pur <strong>non</strong> essendolo nello spazio d’origine. È<br />

possibile utilizzare varie funzioni <strong>di</strong> kernel:<br />

- lineare: K( xi,<br />

x j ) = xi<br />

• x j ;<br />

- polinomiale: ( ) d<br />

K ( x , x ) = s(<br />

x • x ) + c in cui d > 0 è una costante che definisce l’or<strong>di</strong>ne<br />

del kernel;<br />

i<br />

j<br />

i<br />

2<br />

- RBF (Ra<strong>di</strong>al Basis Function): K( xi,<br />

x j ) = exp(<br />

− γ xi<br />

− x j ) ;<br />

- sigmoidale: ( x , x ) = tanh s(<br />

x • x ) + c<br />

j<br />

( )<br />

K i j<br />

i j<br />

In conclusione, <strong>per</strong> utilizzare una SVM è necessario stabilire il tipo <strong>di</strong> kernel da utilizzare, i<br />

parametri del particolare kernel, il valore <strong>di</strong> ε (limite su<strong>per</strong>iore sull’errore quadratico nella<br />

j<br />

i<br />

j<br />

146


Capitolo 3 Sviluppo ed ottimizzazione del sistema basato sulla Sonda Fluxset<br />

fase <strong>di</strong> training), il valore <strong>di</strong> C. Non esistono particolari criteri teorici sulla base dei quali<br />

effettuare tali scelte e generalmente tali parametri vanno scelti in base ai risultati s<strong>per</strong>imentali<br />

ottenuti.<br />

Le SVM possono essere applicate in vari settori: classificazione dei pattern, stima <strong>di</strong> funzioni<br />

<strong>di</strong> densità, stima <strong>di</strong> funzioni <strong>di</strong> regressione. Nell’applicazione in esame sono state utilizzate le<br />

SVM <strong>per</strong> la regressione, ovvero le SVR (Support Vector Regression).<br />

3.4.4 La costruzione del database <strong>per</strong> il training set<br />

Nella prima fase <strong>di</strong> sviluppo dell’algoritmo <strong>di</strong> identificazione, l’attenzione è stata focalizzata<br />

alle cricche sottili. Questa scelta è dettata esclusivamente dall’esigenza <strong>di</strong> ridurre la mole <strong>di</strong><br />

dati da analizzare <strong>per</strong> la costruzione della banca dati necessaria all’addestramento della SVR.<br />

Soffermando l’attenzione a questo caso ed utilizzando il software descritto nel §3.4.1.1, sono<br />

state effettuate un numero congruo <strong>di</strong> simulazioni investigando <strong>di</strong>versi <strong>per</strong>corsi <strong>di</strong> scansione<br />

(longitu<strong>di</strong>nali, ortogonali ed obliqui), considerando <strong>di</strong>fferenti caratteristiche dei <strong>di</strong>fetti (forma,<br />

<strong>di</strong>mensioni e profon<strong>di</strong>tà).<br />

In particolare, sono state imposte le stesse con<strong>di</strong>zioni o<strong>per</strong>ative delle simulazioni mostrate nel<br />

§3.4.2, dove la regione considerata <strong>per</strong> il <strong>di</strong>fetto, <strong>di</strong> 20x0.01x3mm (lunghezza x spessore x<br />

altezza), è stata <strong>di</strong>visa in una griglia regolare <strong>di</strong> 20x6 elementi lungo la lunghezza e l’altezza,<br />

con passi <strong>di</strong> 1mm e 0.5mm rispettivamente (ve<strong>di</strong> fig. 3.28). All’interno della regione così<br />

sud<strong>di</strong>visa, tutte le possibili combinazioni <strong>di</strong> altezza, lunghezza e profon<strong>di</strong>tà sono state imposte<br />

come <strong>di</strong>fetto, ottenendo le rispettive mappe <strong>di</strong> campo. Così facendo è stato possibile creare<br />

una banca dati (training set) sufficientemente pregna <strong>di</strong> informazioni necessarie alla fase <strong>di</strong><br />

addestramento della SVR. In particolare, a valle dell’analisi fatta nel §3.4.2, il training set<br />

della SVR è costituito da tutte le informazioni riguardanti l’ampiezza, la posizione ed il<br />

numero dei picchi presenti nelle mappe <strong>di</strong> campo, <strong>non</strong>ché la rispettiva forma e <strong>di</strong>mensione dei<br />

<strong>di</strong>fetti.<br />

147


Capitolo 3 Sviluppo ed ottimizzazione del sistema basato sulla Sonda Fluxset<br />

Altezza “a”<br />

Profon<strong>di</strong>tà “z”<br />

Lunghezza “l”<br />

Il comportamento della fase del campo magnetico, <strong>non</strong> fornendo informazioni su forma e<br />

<strong>di</strong>mensione dei <strong>di</strong>fetti <strong>non</strong> è stata inserita tra le grandezze costituenti il training set.<br />

Come già accennato infatti, la fase del campo <strong>per</strong>mette <strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduare facilmente la posizione<br />

del <strong>di</strong>fetto; essendo questa o<strong>per</strong>azione molto semplice, <strong>non</strong> è stata implementata<br />

nell’algoritmo cosicché la posizione del <strong>di</strong>fetto <strong>non</strong> risulta tra le grandezze in uscita alla SVR.<br />

Una volta effettuata la fase <strong>di</strong> training, dando alla SVR le informazioni relative alle mappe <strong>di</strong><br />

campo <strong>di</strong> un <strong>di</strong>fetto incognito, questa fornisce in uscita la lunghezza (l), l’altezza (a) e la<br />

profon<strong>di</strong>tà (z) del <strong>di</strong>fetto.<br />

3.4.5 L’architettura software realizzata<br />

20 mm<br />

Fig. 3.28 L’area <strong>di</strong> definizione delle cricche imposte.<br />

Il set <strong>di</strong> dati fornito alla SVR è rappresentato da un vettore (denominato feature vector). A<br />

valle <strong>di</strong> un’attenta selezione si è giunti alla conclusione che i feature vector più appropriati <strong>per</strong><br />

la ricostruzione <strong>di</strong> l, a e z sono <strong>di</strong>fferenti (Il, Ia ed Iz rispettivamente). Il problema cade<br />

naturalmente in un problema <strong>di</strong> regressione in quanto <strong>non</strong> è facile organizzare in classi tutte le<br />

possibili combinazioni <strong>di</strong> l, a e z al fine <strong>di</strong> ottenere un problema <strong>di</strong> classificazione. E’ stato<br />

inoltre osservato che <strong>per</strong> la ricostruzione <strong>di</strong> a e z, l’assunzione <strong>di</strong> l ed a (rispettivamente)<br />

come grandezze note <strong>per</strong>mette la riduzione degli errori. Ovviamente l ed a sono grandezze<br />

incognite; si è allora pensato <strong>di</strong> progettare tre <strong>di</strong>fferenti SVR, una <strong>per</strong> ogni incognita,<br />

utilizzando una struttura a cascata, come mostrato in fig. 3.29 dove: f )<br />

∧<br />

l =<br />

( l<br />

l I<br />

3 mm<br />

∧<br />

a a<br />

∧<br />

, = f ( I , l)<br />

a e<br />

148


Capitolo 3 Sviluppo ed ottimizzazione del sistema basato sulla Sonda Fluxset<br />

∧<br />

l , l<br />

∧<br />

z z z<br />

∧<br />

= f ( I , a)<br />

.<br />

Non essendo <strong>di</strong>sponibile un completo set <strong>di</strong> dati s<strong>per</strong>imentali, collezionati su <strong>di</strong>fetti <strong>di</strong> <strong>di</strong>versa<br />

natura, al fine <strong>di</strong> avere un primo feedback sulle <strong>per</strong>formance della SVR realizzata, è stato<br />

scelto <strong>di</strong> <strong>di</strong>videre il data set in training e <strong>test</strong> set. Cioè dei dati <strong>di</strong>sponibili (data set) parte viene<br />

utilizzata <strong>per</strong> addestrare la SVR (training set) e parte <strong>per</strong> la verifica (<strong>test</strong> set). Le prestazioni<br />

dell’algoritmo sono state valutate usando l’errore me<strong>di</strong>o assoluto (MAE, Mean Absolute<br />

N ∧ 1<br />

Error) sul <strong>test</strong> set: MAE = I m− Im<br />

* 100 (dove N è la car<strong>di</strong>nalità del <strong>test</strong> set e I={l,a,z})<br />

N<br />

∑<br />

m=<br />

1<br />

caratterizzato dalla sua deviazione standard σMAE%.<br />

3.4.6 Risultati s<strong>per</strong>imentali<br />

a) ∧ a , a ∧ b) ∧<br />

z, z<br />

c)<br />

fl<br />

l<br />

I1<br />

∧<br />

Il modulo SVM è stato implementato attraverso il tool LIBSVM [64] (ver. 2.7) in ambiente<br />

Matlab ® . Nella fase s<strong>per</strong>imentale è stato usato un kernel RBF con C=2048 e δ=32 (scelto in<br />

una fase preliminare tra i kernel Polynomial, RBF, e sigmoid), c.f.r. §3.4.3. In fig. 3.30 sono<br />

mostrati i risultati <strong>di</strong> ricostruzione ottenuti sul <strong>test</strong> set. In particolare, sono riportati sia i<br />

parametri ricostruiti (Î) che il valore noto <strong>di</strong> essi (I). La bontà della ricostruzione è evidente<br />

sia da un punto <strong>di</strong> vista qualitativo che quantitativo. Questa viene comunque confermata dai<br />

valori assunti dall’errore me<strong>di</strong>o assoluto e dalla sua deviazione standard: MAEl=1.84%,<br />

σMAEl%= 1.03%; MAEa=1.36%, σMAEa%= 2.44%; MAEz=2.71%, σMAEz%= 4.77%.<br />

fa<br />

Fig. 3.29 L’architettura software proposta.<br />

Fig. 3.30 Confronto tra i parametri imposti (linea continua) e ricostruiti (linea tratteggiata): lunghezza a),<br />

altezza b) e profon<strong>di</strong>tà c).<br />

a<br />

Ia<br />

Sample in the <strong>test</strong> set Sample in the <strong>test</strong> set Sample in the <strong>test</strong> set<br />

fz<br />

z<br />

∧<br />

Iz<br />

149


Capitolo 3 Sviluppo ed ottimizzazione del sistema basato sulla Sonda Fluxset<br />

I risultati così ottenuti sono stati anche confermati da alcuni <strong>test</strong> effettuati su mappe<br />

s<strong>per</strong>imentali.<br />

Al fine <strong>di</strong> poter generalizzare e convalidare definitivamente il metodo proposto è necessario:<br />

i) realizzare un database <strong>di</strong> mappe <strong>di</strong> campo s<strong>per</strong>imentali al fine <strong>di</strong> verificare il metodo su un<br />

set <strong>di</strong> dati statisticamente valido, fornendo l’incertezza <strong>di</strong> <strong>misura</strong> dei parametri ricostruiti<br />

portando in conto i contributi della sonda, dello strumento, e dell’algoritmo, anche a causa<br />

della struttura a cascata scelta;<br />

ii) generalizzare la procedura anche ai <strong>di</strong>fetti volumetrici realizzando un training set<br />

comprensivo anche delle informazioni <strong>di</strong> questo tipo <strong>di</strong> <strong>di</strong>fetti. L’idea è quella <strong>di</strong> realizzare<br />

una struttura capace <strong>di</strong> prescindere dal tipo <strong>di</strong> <strong>di</strong>fetto.<br />

150


Capitolo 4<br />

Sviluppo ed ottimizzazione del sistema<br />

basato sulla Tomografia Induttiva<br />

4.1 Introduzione<br />

Come già menzionato nel § 2.3.4, i <strong>test</strong> s<strong>per</strong>imentali eseguiti con il sistema basato sulla<br />

tomografia induttiva proposto, hanno evidenziato la bontà e le potenzialità del metodo<br />

mettendo <strong>per</strong>ò in evidenza alcune <strong>di</strong>fficoltà. Infatti, il prototipo realizzato spesso commette<br />

errori nella ricostruzione dei <strong>di</strong>fetti fino al punto <strong>di</strong> fallire completamente.<br />

Per certi versi questo comportamento era atteso da un primo prototipo, visto che l’algoritmo<br />

<strong>di</strong> inversione risolve una situazione tipica dei cosiddetti problemi mal posti (ill posed<br />

problem). Questo comporta che l’incertezza sulla <strong>misura</strong> della matrice delle impedenze può<br />

comportare una grande incertezza sulla definizione delle caratteristiche del <strong>di</strong>fetto.<br />

Con il fine <strong>di</strong> su<strong>per</strong>are questi problemi sono stati analizzati, ed ove necessario migliorati, sia<br />

gli aspetti hardware e <strong>di</strong> <strong>misura</strong> che quelli software.


Capitolo 4 Sviluppo ed ottimizzazione del sistema basato sulla Tomografia Induttiva<br />

4.2 Analisi del software <strong>di</strong> inversione<br />

Al fine <strong>di</strong> valutare il comportamento del software <strong>di</strong> inversione sono state effettuate due<br />

analisi:<br />

i) valutazione del massimo rumore ammissibile sul segnale <strong>di</strong> ingresso al fine <strong>di</strong> ottenere una<br />

ricostruzione corretta ed affidabile;<br />

ii) in<strong>di</strong>viduazione dei parametri che ottimizzano l’estrazione del momento del secondo or<strong>di</strong>ne<br />

P (2) . Va infatti ricordato che l’algoritmo <strong>di</strong> inversione utilizzato (c.f.r. § 2.3.2), processa il<br />

momento del secondo or<strong>di</strong>ne P (2) . Questo viene estratto dalla matrice delle impedenze,<br />

ottenuta durante la fase <strong>di</strong> <strong>misura</strong> sul materiale sotto <strong>test</strong> e rappresenta il punto <strong>di</strong><br />

connessione tra la fase s<strong>per</strong>imentale e quella numerica; la sua estrazione rappresenta<br />

quin<strong>di</strong> un momento cruciale del processo <strong>di</strong> inversione.<br />

4.2.1 Il rumore ammissibile<br />

Per effettuare questa analisi, il software descritto nel § 2.3.2, è stato utilizzato <strong>non</strong> solo nella<br />

fase <strong>di</strong> inversione ma anche in quella <strong>di</strong>retta, <strong>per</strong> la generazione delle matrici delle impedenze<br />

<strong>per</strong> assegnati <strong>di</strong>fetti. In particolare, in seguito all’imposizione delle caratteristiche fisiche e <strong>di</strong><br />

forzamento della sonda realizzata, sono state effettuate <strong>di</strong>verse simulazioni imponendo<br />

<strong>di</strong>fferenti <strong>di</strong>fetti e livelli <strong>di</strong> rumore. E’ stato cioè modellato il rumore normalmente presente<br />

nei segnali <strong>misura</strong>ti, come un rumore moltiplicativo uniformemente <strong>di</strong>stribuito sugli elementi<br />

della matrice delle impedenze calcolata (soluzione del problema <strong>di</strong>retto). La matrice così<br />

determinata è stata quin<strong>di</strong> fornita in ingresso all’algoritmo <strong>di</strong> ricostruzione (fase <strong>di</strong> inversione)<br />

al fine <strong>di</strong> verificare la capacità <strong>di</strong> determinazione delle caratteristiche del <strong>di</strong>fetto <strong>per</strong> i dati<br />

livelli <strong>di</strong> rumore.<br />

I risultati ottenuti sono mostrati in fig. 4.1 dove è anche riportata la geometria <strong>di</strong> riferimento e<br />

la posizione della sonda (fig. 4.1a) <strong>non</strong>ché la sud<strong>di</strong>visione del dominio conduttore Vc, <strong>di</strong>viso<br />

in una griglia regolare <strong>di</strong> 20x20x1 elementi Ωk (fig. 4.1b).<br />

152


Capitolo 4 Sviluppo ed ottimizzazione del sistema basato sulla Tomografia Induttiva<br />

a) b)<br />

c)<br />

e)<br />

Fig. 4.1 Ricostruzioni ottenute al variare del rumore. (a) geometria <strong>di</strong> riferimento e posizione della<br />

sonda; (b) la partizione del pezzo effettuata (Ωk); (c) il <strong>di</strong>fetto imposto; (d) <strong>di</strong>fetto ricostruito con 0.5% ed<br />

1% <strong>di</strong> rumore; (e) <strong>di</strong>fetto ricostruito con 1.5% e 2% <strong>di</strong> rumore; (e) <strong>di</strong>fetto ricostruito con 5% <strong>di</strong> rumore.<br />

Il <strong>di</strong>fetto imposto è rappresentato dal quadratino grigio, posizionato al centro del dominio Vc,<br />

mostrato in fig. 4.1c. Le figure 4.1 d, e, f, mostrano invece i risultati della ricostruzione<br />

ottenuti con livelli <strong>di</strong> rumore <strong>di</strong> 0.5 %, 1 %, 1.5 %, 2 % e 5 %, rispettivamente.<br />

Dall’analisi <strong>di</strong> queste figure è evidente come con livelli <strong>di</strong> rumore inferiori al 2% si hanno<br />

ricostruzioni corrette, anche se con livelli <strong>di</strong> 1.5% e 2% viene identificato come <strong>di</strong>fetto anche<br />

un punto aggiuntivo (il quadratino nero in fig. 4.1e). Al crescere del livello <strong>di</strong> rumore al <strong>di</strong><br />

sopra del 5% la ricostruzione del <strong>di</strong>fetto è completamente errata (ve<strong>di</strong> fig. 4.1f).<br />

Quest’analisi conferma la necessità <strong>di</strong> una stazione <strong>di</strong> <strong>misura</strong> <strong>di</strong> elevate prestazioni al fine <strong>di</strong><br />

ridurre l’incertezza <strong>di</strong> <strong>misura</strong> oltre che la necessità <strong>di</strong> analizzare, ove fosse possibile, un<br />

miglioramento delle con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> estrazione del momento del secondo or<strong>di</strong>ne P (2) .<br />

d)<br />

f)<br />

153


Capitolo 4 Sviluppo ed ottimizzazione del sistema basato sulla Tomografia Induttiva<br />

4.2.2 Estrazione <strong>di</strong> P (2)<br />

Come esaurientemente descritto nel § 2.3.2.2, il problema inverso consiste nella ricostruzione<br />

della posizione e forma <strong>di</strong> un eventuale <strong>di</strong>fetto presente sul provino sotto <strong>test</strong>. Il momento del<br />

secondo or<strong>di</strong>ne P (2) è ottenuto dalla minimizzazione del funzionale<br />

∑<br />

( )<br />

2<br />

−npk * 2 4<br />

Ψij ( p2, p4) = ω ⎡<br />

k coil ( jωk) − p<br />

k ij<br />

2ωk− p4ω<br />

⎤<br />

⎢<br />

R k<br />

⎣ ⎥⎦<br />

% in cui: P (2) e P (4) sono i momenti del secondo<br />

e quarto or<strong>di</strong>ne rispettivamente,<br />

*<br />

R coil<br />

% è la parte reale della matrice delle impedenze, ωk è la k-<br />

esima frequenza utilizzata durante le misure, ed npk è un intero (usualmente <strong>non</strong> su<strong>per</strong>iore a<br />

10) usato come peso delle misure eseguite al variare della frequenza.<br />

Tutti questi fattori, incidenti in modo <strong>di</strong>retto sul processo <strong>di</strong> estrazione <strong>di</strong> P (2) , sono stati<br />

analizzati al fine <strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduare quali fossero i parametri che ottimizzano questo processo. In<br />

particolare:<br />

i) valore delle frequenze della corrente <strong>di</strong> eccitazione usata nella sessione <strong>di</strong> <strong>misura</strong>;<br />

ii) numero <strong>di</strong> frequenze usate;<br />

iii) valore del parametro npk.<br />

4.2.2.1 La frequenza come fattore <strong>di</strong> influenza del processo <strong>di</strong> inversione<br />

E’ stato indagato l’esito del processo <strong>di</strong> inversione al variare del numero e dei valori delle<br />

frequenze utilizzate nella fase <strong>di</strong> <strong>misura</strong> (la scelta del range <strong>di</strong> frequenze <strong>di</strong> <strong>test</strong> è stata<br />

ovviamente obbligata dagli aspetti inerenti alla penetrazione delle correnti indotte nel pezzo<br />

esaminato).<br />

Sono state quin<strong>di</strong> imposte in ingresso all’algoritmo <strong>di</strong> inversione delle matrici <strong>di</strong> impedenza<br />

note, ottenute dalla soluzione del problema <strong>di</strong>retto, al variare del valore e del numero <strong>di</strong><br />

frequenze.<br />

In tab. 4.1 sono riportati gli esiti delle ricostruzioni eseguite <strong>per</strong> un <strong>di</strong>fetto <strong>di</strong> 1x1x1mm<br />

imponendo le caratteristiche della sonda realizzata. Risultati analoghi sono stati ottenuti<br />

variando sia le caratteristiche dei <strong>di</strong>fetti che della sonda.<br />

154


Capitolo 4 Sviluppo ed ottimizzazione del sistema basato sulla Tomografia Induttiva<br />

I risultati ottenuti mettono in evidenza come il buon<br />

esito della procedura <strong>di</strong> ricostruzione, <strong>non</strong> sia<br />

strettamente correlato al numero <strong>di</strong> frequenze usate<br />

durante la soluzione del problema <strong>di</strong>retto, ovvero<br />

durante la <strong>misura</strong> delle matrici <strong>di</strong> impedenza, a<br />

patto che sia rispettato un minimo <strong>di</strong> tre frequenze.<br />

Fattore invece determinante risulta essere il valore<br />

assunto dalle frequenze scelte; infatti, il buon esito<br />

della procedura <strong>di</strong> ricostruzione richiede la presenza <strong>di</strong> almeno una frequenza inferiore a<br />

500Hz. Questo aspetto <strong>non</strong> va assolutamente sottovalutato in quanto alle basse frequenze si<br />

amplificano i problemi inerenti la qualità dei segnali; infatti, l’utilizzo <strong>di</strong> basse frequenze <strong>per</strong><br />

la corrente <strong>di</strong> eccitazione, genera sulle bobine <strong>di</strong> pick-up segnali in tensione <strong>di</strong> piccola<br />

ampiezza con conseguenti problemi <strong>di</strong> <strong>misura</strong>.<br />

Ciò conferma quanto sia importante la ricerca del valore ottimale del parametro <strong>di</strong> peso delle<br />

frequenze (npk), nella fase <strong>di</strong> estrazione <strong>di</strong> P (2) .<br />

4.2.2.2 Estrazione <strong>di</strong> P (2) , al variare del parametro npk e delle frequenze<br />

Al crescere <strong>di</strong> npk, l’algoritmo <strong>di</strong> inversione darà maggior peso al contenuto informativo delle<br />

matrici Z ottenute alle alte frequenze. Per poter analizzare il comportamento del software <strong>di</strong><br />

inversione al variare <strong>di</strong> npk e delle frequenze è necessario definire quale sia il parametro <strong>di</strong><br />

confronto. Nel caso in esame, questo è costituito dal rendere il P (2) estratto il più possibile<br />

simile al P (2) calcolato numericamente.<br />

L’analisi è stata quin<strong>di</strong> organizzata nel seguente modo: (i) sono state calcolate numericamente<br />

le matrici delle impedenze (al variare del valore e numero delle frequenze) ed il momento del<br />

( 2)<br />

secondo or<strong>di</strong>ne ( P ); (ii) dalle matrici calcolate al punto (i) viene estratto il momento del<br />

cal.<br />

( 2)<br />

secondo or<strong>di</strong>ne ( P ), al variare <strong>di</strong> npk e delle frequenze; (iii) si effettua il confronto tra il<br />

estr.<br />

Frequenze<br />

[Hz]<br />

Esito<br />

ricostruzione<br />

100, 500, 750 Positivo<br />

100, 500, 1000 Positivo<br />

100, 500, 1500 Positivo<br />

100, 1000, 1500 Positivo<br />

1000, 1250, 1500 Negativo<br />

500, 1000, 1500 Negativo<br />

750, 1000, 1250 Negativo<br />

500, 750, 1000, 1250, 1500 Negativo<br />

500, 750, 1000, 1250 Negativo<br />

500, 750, 1000, 1500 Negativo<br />

200, 500, 1000, 1500 Positivo<br />

100, 500, 1000, 1500 Positivo<br />

Tab. 4.1 Esito del processo <strong>di</strong><br />

ricostruzione in funzione del valore e del<br />

numero delle frequenze <strong>di</strong> prova.<br />

155


Capitolo 4 Sviluppo ed ottimizzazione del sistema basato sulla Tomografia Induttiva<br />

momento del secondo or<strong>di</strong>ne calcolato e quello estratto.<br />

Per quanto concerne il punto (i), è stata sfruttata la soluzione del problema <strong>di</strong>retto da parte del<br />

software. Per il punto (ii) invece, è stato realizzato un programma in ambiente MatLab ® che,<br />

utilizzando la stessa tecnica dell’algoritmo <strong>di</strong> inversione, estrae i momenti del secondo e<br />

quarto or<strong>di</strong>ne, P (2) e P (4) . Per effettuare il confronto <strong>di</strong> cui al punto (iii) è stato necessario<br />

definire appropriati in<strong>di</strong>ci che <strong>per</strong>mettessero <strong>di</strong> su<strong>per</strong>are le <strong>di</strong>fficoltà connesse alla gestione<br />

del confronto <strong>di</strong> matrici <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni; gli in<strong>di</strong>ci definiti sono i seguenti:<br />

I = P estr<br />

(2)<br />

1 .<br />

fro<br />

I = Re( R −R<br />

)<br />

4 calc. ri c. fro<br />

2 (2) 4 (4)<br />

dove: ric. = ω ( estr. ) + ω ( estr.<br />

)<br />

(2) (2)<br />

I2 = Pestr. −P<br />

calc.<br />

fro<br />

2 4<br />

P − P<br />

fro<br />

I = ⋅100<br />

(2) (2)<br />

estr. calc.<br />

3 (2)<br />

P calc.<br />

fro<br />

Re( Rcalc. − Rric.<br />

) fro<br />

I 5 =<br />

.100<br />

Re( R )<br />

ri c. fro<br />

R P P rappresenta la parte reale della matrice delle impedenze<br />

ricostruita a partire dai valori dei momenti estratti e ⋅ è la norma <strong>di</strong> Frobenius.<br />

fro<br />

Sono stati effettuati numerosi <strong>test</strong> al variare del range <strong>di</strong> frequenze, del numero e del valore<br />

delle frequenze nei <strong>di</strong>versi range, e facendo variare il parametro npk da 0 a 15.<br />

Di seguito vengono riportati i risultati ottenuti in due casi che possono essere ritenuti<br />

rappresentativi dell’intero set <strong>di</strong> prove eseguite; in particolare:<br />

prova eseguita utilizzando un range <strong>di</strong> frequenza <strong>di</strong> 100÷1500Hz con step da 50Hz<br />

(ve<strong>di</strong> fig. 4.2);<br />

prova eseguita utilizzando un range <strong>di</strong> frequenza <strong>di</strong> 500÷1500Hz con step da 100Hz<br />

(ve<strong>di</strong> fig. 4.3).<br />

Dall’analisi dei risultati ottenuti, si nota come, a parità <strong>di</strong> numero e valore delle frequenze<br />

utilizzate, si hanno estrazioni migliori <strong>di</strong> P (2) all’aumentare del parametro npk, solitamente npk<br />

> 6 fornisce buoni risultati (ve<strong>di</strong> figure 4.2 a), b), c) e/o 4.3 a), b), c)).<br />

D’altra parte, l’approssimazione della parte reale <strong>di</strong> Z con un polinomio del quarto or<strong>di</strong>ne è<br />

156


Capitolo 4 Sviluppo ed ottimizzazione del sistema basato sulla Tomografia Induttiva<br />

migliore <strong>per</strong> npk < 8 (ve<strong>di</strong> figure 4.2 d), e) e/o 4.3 d), e)). Questo ha portato a scegliere un<br />

valore npk=8.<br />

a) b)<br />

I1 I2 I3<br />

[%]<br />

npk npk npk<br />

I4 [Ω] I5 [%]<br />

d)<br />

npk npk<br />

frequenza frequenza<br />

Fig. 4.2 Capacità <strong>di</strong> estrazione <strong>di</strong> P (2) nel range <strong>di</strong> frequenze 100÷1500Hz. Evoluzione degli in<strong>di</strong>ci I1 (a),<br />

I2 (b), I3 (c), I4 (d), I5 (e).<br />

Si può inoltre osservare che <strong>per</strong> contenere l’errore <strong>per</strong>centuale nell’estrazione <strong>di</strong> P (2) (in<strong>di</strong>ce<br />

I3) viene fortemente richiesto il contenuto informativo dovuto alla presenza delle matrici<br />

ottenute a basse frequenze (inferiori a 300 Hz), anche <strong>per</strong> elevati valori <strong>di</strong> npk. Infatti, nel<br />

caso <strong>di</strong> range <strong>di</strong> frequenza <strong>di</strong> 100÷1500Hz, <strong>per</strong> npk>6 l’in<strong>di</strong>ce I3 scende sotto il 5% (ve<strong>di</strong> fig.<br />

4.2c), mentre nel caso <strong>di</strong> range <strong>di</strong> frequenza <strong>di</strong> 500÷1500Hz, anche <strong>per</strong> npk>6 l’in<strong>di</strong>ce I3 <strong>non</strong><br />

scende mai al <strong>di</strong> sotto del 20% (ve<strong>di</strong> fig. 4.3c). Questo risultato conferma quanto già ottenuto<br />

nel § 4.2.1.1; qui ne viene messa in evidenza la causa ma anche l’impossibilità <strong>di</strong> risolvere<br />

questo problema me<strong>di</strong>ante una scelta opportuna del parametro nkp. Tutto ciò, unito ai<br />

summenzionati problemi <strong>di</strong> <strong>misura</strong> derivanti dall’utilizzo <strong>di</strong> basse frequenze, suggerisce la<br />

necessità sia <strong>di</strong> migliorare l’estrazione <strong>di</strong> P (2) che <strong>di</strong> incrementare il livello dei segnali.<br />

c)<br />

e)<br />

157


Capitolo 4 Sviluppo ed ottimizzazione del sistema basato sulla Tomografia Induttiva<br />

a) b)<br />

I1 I2 I3<br />

[%]<br />

4.3 Analisi del software <strong>di</strong> <strong>misura</strong><br />

Il software <strong>di</strong> <strong>misura</strong>, gestisce l’intera procedura <strong>di</strong> <strong>misura</strong>, acquisisce ed elabora i segnali al<br />

fine <strong>di</strong> ottenere lo sfasamento tra tensione e corrente e, dalla conoscenza dei loro valori<br />

efficaci (<strong>misura</strong>ti automaticamente me<strong>di</strong>ante il multimetro), calcola la parte reale ed<br />

immaginaria dei vari elementi della matrice delle impedenze, utilizzando la relazione<br />

Vij<br />

Zij= ⋅ ( cosφij + j sinφij<br />

) (c.f.r. § 2.3.4).<br />

I<br />

npk npk npk<br />

I4 [Ω] I5 [%]<br />

d)<br />

npk npk<br />

frequenza frequenza<br />

Fig. 4.3 Capacità <strong>di</strong> estrazione <strong>di</strong> P (2) nel range <strong>di</strong> frequenze 500÷1500Hz. Evoluzione degli in<strong>di</strong>ci I1 (a),<br />

I2 (b), I3 (c), I4 (d), I5 (e).<br />

La <strong>misura</strong> della matrice delle impedenze è quin<strong>di</strong> soggetta alla <strong>misura</strong> <strong>di</strong> tensione, corrente e<br />

del loro sfasamento. Fissata la sonda ed il metodo utilizzato, ridurre l’incertezza associata a<br />

questa <strong>misura</strong> significa dunque migliorare le fasi <strong>di</strong> <strong>misura</strong> <strong>di</strong> queste tre grandezze oltre che,<br />

ovviamente, ridurre <strong>per</strong> quanto possibile gli effetti dovuti al rumore elettromagnetico<br />

presente. Essendo la <strong>misura</strong> dei valori efficaci <strong>di</strong> tensione e corrente affidata a strumentazione<br />

c)<br />

e)<br />

158


Capitolo 4 Sviluppo ed ottimizzazione del sistema basato sulla Tomografia Induttiva<br />

<strong>di</strong> ben note caratteristiche <strong>di</strong> precisione, in questa fase si vuole analizzare la bontà<br />

dell’algoritmo sviluppato <strong>per</strong> l’estrazione dello sfasamento.<br />

In ingresso al sistema <strong>di</strong> acquisizione dati della stazione <strong>di</strong> <strong>misura</strong> descritta nel § 2.3.4, sono<br />

stati quin<strong>di</strong> inviati invece che i segnali provenienti dalla sonda, due segnali <strong>di</strong> ampiezza e<br />

sfasamento noti (ottenuti me<strong>di</strong>ante il generatore <strong>di</strong> segnali Tektronix AWG-2005) <strong>di</strong><br />

caratteristiche tali da emulare i segnali presenti durante l’esecuzione del <strong>test</strong> <strong>non</strong> <strong>di</strong>struttivo.<br />

In particolare, uno dei due segnali fissato in ampiezza (500 mV) e fase (0°) in modo da<br />

emulare il segnale in corrente proveniente dal sistema (l’alimentazione avviene a corrente<br />

impressa quin<strong>di</strong> l’ampiezza della corrente è fissata, solitamente ad un valore <strong>di</strong> 500mA),<br />

l’altro invece <strong>di</strong> ampiezza e fase variabile in modo da emulare il segnale in tensione<br />

proveniente dalla sonda (si ricorda infatti che la tensione prelevata ai capi delle varie bobine<br />

<strong>di</strong> pickup varia in ampiezza e fase in funzione della <strong>di</strong>stanza della bobina <strong>di</strong> pickup da quella<br />

<strong>di</strong> eccitazione e dalle caratteristiche del <strong>di</strong>fetto). La conoscenza dei valori <strong>di</strong> tensione<br />

normalmente <strong>di</strong>sponibili sulle bobine <strong>di</strong> pickup ha portato ad eseguire questa prova <strong>per</strong> tre<br />

<strong>di</strong>versi valori <strong>di</strong> tensione (500mV, 3mV e 0.3mV). In tab. 4.2 sono riportati i risultati dei,<br />

eseguiti variando lo sfasamento tra 0 e 360°. L’analisi <strong>di</strong> questi risultati mostra come <strong>per</strong><br />

Sfasamento<br />

Imposto<br />

[°]<br />

500mV<br />

Ampiezza del segnale<br />

3mV 0.3mV<br />

∆φ <strong>misura</strong>to ∆φ <strong>misura</strong>to ∆φ <strong>misura</strong>to<br />

[°]<br />

[°]<br />

[°]<br />

0 -0.11 -0.15 -0.47<br />

3 2.98 2.93 2.65<br />

45 44.95 44.97 43.92<br />

87 86.89 86.79 85.60<br />

90 89.93 89.77 88.56<br />

93 93.06 92.74 91.73<br />

177 177.00 177.04 177.58<br />

180 179.91 180.02 180.25<br />

183 183.03 182.97 183.30<br />

267 266.93 267.18 268.29<br />

270 269.95 270.21 271.37<br />

273 273.09 273.19 274.44<br />

357 357.01 356.98 356.91<br />

360 0.01 0.03 359.86<br />

Tab. 4.2 Caratterizzazione dell’algoritmo <strong>di</strong> calcolo dello sfasamento tra tensione e corrente.<br />

159


Capitolo 4 Sviluppo ed ottimizzazione del sistema basato sulla Tomografia Induttiva<br />

livelli <strong>di</strong> segnale dell’or<strong>di</strong>ne delle centinaia <strong>di</strong> mV, l’algoritmo <strong>per</strong>mette <strong>di</strong> valutare lo<br />

sfasamento con un errore massimo <strong>di</strong> 0.11° (0.7%, escludendo il caso 0°); <strong>per</strong> livelli <strong>di</strong><br />

segnale dell’or<strong>di</strong>ne del mV, l’errore massimo sale a 0.26° (2.5%, escludendo il caso 0°);<br />

infine <strong>per</strong> livelli <strong>di</strong> segnale dell’or<strong>di</strong>ne del decimo <strong>di</strong> mV, errore massimo <strong>di</strong>venta circa 1.5°<br />

(13%, escludendo il caso 0°).<br />

Tenendo conto che gli sfasamenti che il sistema verrà chiamato a <strong>misura</strong>re saranno tutti<br />

intorno a 90°, è stato eseguito un altro <strong>test</strong> <strong>per</strong> verificare la capacità <strong>di</strong> <strong>di</strong>scriminazione <strong>di</strong><br />

piccoli scostamenti intorno ai 90°. Questi <strong>test</strong> hanno confermato la bontà del software nella<br />

determinazione dello sfasamento anche se hanno messo in evidenza come passando da segnali<br />

dell’or<strong>di</strong>ne delle centinaia <strong>di</strong> mV a segnali dell’or<strong>di</strong>ne del decimo <strong>di</strong> mV, l’errore commesso<br />

nelle misure <strong>di</strong> sfasamento intorno a 90°, passa da 0.1÷0.2% a circa 2.5%.<br />

4.4 Ottimizzazione hardware<br />

Le analisi effettuate nei § 4.2 e 4.3 hanno chiarito quali fossero i motivi generanti le errate<br />

ricostruzioni riscontrate. A valle <strong>di</strong> queste analisi è sicuramente migliorata la conoscenza del<br />

sistema, <strong>per</strong>mettendo <strong>di</strong> effettuare scelte appropriate <strong>per</strong> le frequenze <strong>di</strong> analisi <strong>non</strong>ché <strong>per</strong> il<br />

parametro npk; è stato <strong>per</strong>ò anche verificato come la sola imposizione <strong>di</strong> questi parametri <strong>non</strong><br />

<strong>per</strong>metta <strong>di</strong> risolvere tutti i problemi, oltre al grosso vincolo della necessità <strong>di</strong> almeno una<br />

bassa frequenza che riduce il livello dei segnali.<br />

E’ stato infine confermato come l’incertezza <strong>di</strong> <strong>misura</strong> giochi un ruolo fondamentale <strong>per</strong> un<br />

positivo esito dell’esame <strong>non</strong> <strong>di</strong>struttivo.<br />

Tutto ciò, unito all’incertezza associata all’estrazione dello sfasamento, che cresce al<br />

<strong>di</strong>minuire dell’ampiezza dei segnali, ed a prove s<strong>per</strong>imentali, atte a verificare l’influenza del<br />

rumore elettromagnetico sulla qualità delle misure, che hanno <strong>di</strong>mostrato come il rapporto<br />

segnale rumore delle grandezze <strong>misura</strong>te <strong>non</strong> sia adeguato ad assicurare l’incertezza <strong>di</strong> <strong>misura</strong><br />

richiesta dall’algoritmo <strong>di</strong> inversione, ha portato alla conclusione che <strong>non</strong> si potesse<br />

160


Capitolo 4 Sviluppo ed ottimizzazione del sistema basato sulla Tomografia Induttiva<br />

prescindere da un’ottimizzazione della sonda atta ad:<br />

- incrementare il livello dei segnali ai capi delle bobine <strong>di</strong> pickup;<br />

- incrementare la sensibilità nella rilevazione dei <strong>di</strong>fetti;<br />

- ridurre l’incertezza associata alla <strong>misura</strong> della matrice delle impedenze.<br />

Questi obiettivi sono stati ottem<strong>per</strong>ati sia me<strong>di</strong>ante l’utilizzo <strong>di</strong> materiali ferromagnetici <strong>per</strong> la<br />

realizzazione del supporto della sonda, che me<strong>di</strong>ante lo sviluppo <strong>di</strong> una particolare geometria<br />

della sonda [35].<br />

Per quanto concerne il primo aspetto, è stata effettuata un’analisi dei materiali ferromagnetici<br />

in commercio al fine <strong>di</strong> identificare quello che meglio si adattasse al caso in esame e che fosse<br />

facilmente modellabile nel software <strong>di</strong> inversione. La scelta è ricaduta sulla ferrite N27<br />

(caratterizzata da una densità <strong>di</strong> flusso <strong>di</strong> 500mT a 25°C ed una <strong>per</strong>meabilità iniziale<br />

µi=2000), che garantisce un intervallo <strong>di</strong> comportamento lineare adeguato a quello necessario<br />

nel funzionamento della sonda durante il <strong>test</strong> <strong>non</strong> <strong>di</strong>struttivo.<br />

Per quanto concerne invece la geometria della sonda, è stata scelta una struttura similare a<br />

quella <strong>di</strong> un trasformatore; in questo modo il pezzo sotto <strong>test</strong> si comporta come il secondario<br />

<strong>di</strong> un trasformatore il cui primario è costituito dalla sonda. Si riduce quin<strong>di</strong> il flusso <strong>di</strong>s<strong>per</strong>so<br />

migliorando l’accoppiamento anche tra le bobine più lontane innalzando i segnali.<br />

Sulla base <strong>di</strong> queste in<strong>di</strong>cazioni è stato realizzato il primo prototipo della sonda, costituito da<br />

quattro bobine cilindriche con 111 spire in rame <strong>di</strong> 0.018mm 2 <strong>di</strong> sezione, riportato in fig. 4.4a<br />

e le cui caratteristiche geometriche sono riportate in fig. 4.4b. E’ stato inoltre realizzato un<br />

secondo prototipo <strong>per</strong>fettamente identico al primo, ma costituito da un supporto in legno<br />

(materiale <strong>non</strong> ferromagnetico) con il fine <strong>di</strong> caratterizzare i miglioramenti prodotti dalle<br />

scelte fatte (questa sonda verrà nel prosieguo in<strong>di</strong>cata come sonda <strong>test</strong> in aria).<br />

4.4.1 Le mo<strong>di</strong>fiche software<br />

La presenza del materiale ferromagnetico mo<strong>di</strong>fica il sistema fisico e quin<strong>di</strong> le leggi che<br />

161


Capitolo 4 Sviluppo ed ottimizzazione del sistema basato sulla Tomografia Induttiva<br />

governano il fenomeno elettromagnetico in esame. Questa circostanza deve essere tenuta<br />

debitamente in conto nell’algoritmo <strong>di</strong> inversione che invece, come descritto nel § 2.3.2,<br />

immaginava il supporto della sonda come un materiale <strong>di</strong>amagnetico. Il grosso problema è<br />

costituito dall’applicabilità del principio <strong>di</strong> sovrapposizione degli effetti, punto car<strong>di</strong>ne<br />

dell’algoritmo, e <strong>non</strong> valido in con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> <strong>non</strong> linearità.<br />

Tenendo <strong>per</strong>ò conto che <strong>per</strong> l’applicazione ECT sviluppata, il campo magnetico assume valori<br />

tali da garantire un comportamento lineare del materiale ferromagnetico (grazie anche alla<br />

scelta fatta <strong>per</strong> esso) e che le frequenze variano in un range dove le proprietà del materiale<br />

scelto sono quasi in<strong>di</strong>pendenti dalla frequenza <strong>di</strong> lavoro, è possibile estendere l’approccio<br />

proposto anche a sonde con supporto in materiale ferromagnetico.<br />

In particolare, le relazioni viste nel § 2.3.2 vengono mo<strong>di</strong>ficate nelle:<br />

∫ ∇ ×<br />

Vc<br />

T ⋅ ( η J + ∂A<br />

/ ∂t)<br />

dV = 0 , ∀ k<br />

k<br />

χ<br />

m<br />

∫ Pk<br />

⋅[<br />

M −<br />

µ<br />

V f<br />

0 m<br />

( 1 + χ )<br />

B]<br />

dV = 0<br />

, ∀ k<br />

0.65<br />

Dove χ m è la suscettività magnetica ed η la resistività del supporto della sonda.<br />

5<br />

0.65<br />

0.2<br />

7.9<br />

12.7<br />

0.2 10.1<br />

a) b)<br />

1 2<br />

3 4<br />

Fig. 4.4 La sonda <strong>test</strong> realizzata. a) foto della sonda; b) caratteristiche geometriche (le <strong>di</strong>mensioni sono<br />

espresse in mm).<br />

10.1<br />

162


Capitolo 4 Sviluppo ed ottimizzazione del sistema basato sulla Tomografia Induttiva<br />

4.4.2 Le verifiche s<strong>per</strong>imentali<br />

In seguito alla realizzazione della sonda sono stati eseguiti numerosi <strong>test</strong> atti a valutarne le<br />

prestazioni in termini <strong>di</strong>: (i) linearità della risposta della sonda; (ii) incremento dei valori <strong>di</strong><br />

impedenza <strong>misura</strong>ti e riduzione della loro incertezza; (iii) accordo tra i valori dell’impedenza<br />

<strong>misura</strong>ti e quelli calcolati; (iv) sensibilità nella rilevazione dei <strong>di</strong>fetti.<br />

(i) Innanzitutto è stato verificato che nel range <strong>di</strong> funzionamento della sonda questa avesse un<br />

comportamento lineare cosicché le ipotesi su cui si basano le mo<strong>di</strong>fiche software <strong>di</strong> cui al §<br />

4.4.1 siano pienamente rispettate. A tal fine, è stata valutata la caratteristica ingresso uscita<br />

della sonda nel range <strong>di</strong> frequenze compreso tra 100Hz e 2kHz. Per ogni frequenza, la sonda è<br />

stata alimentata con una corrente sinusoidale, la cui ampiezza è stata fatta variare tra 50mA e<br />

500mA con step da 50mA, e <strong>per</strong> ogni valore <strong>di</strong> corrente è stata <strong>misura</strong>ta la tensione indotta ai<br />

suoi capi.<br />

In fig. 4.5 è mostrata, a titolo <strong>di</strong> esempio, la caratteristica ottenuta alla frequenza <strong>di</strong> 1000Hz,<br />

ove viene anche riportata la sua retta interpolante; è evidente la buona linearità <strong>di</strong> risposta<br />

della sonda, confermata dai <strong>test</strong> <strong>di</strong> regressione effettuati su tutte le caratteristiche ottenute alle<br />

<strong>di</strong>verse frequenze, che hanno fornito un coefficiente <strong>di</strong> determinazione <strong>di</strong> 0.998 nel caso<br />

peggiore.<br />

(ii) L’incremento dei valori <strong>di</strong> impedenza <strong>misura</strong>ti e la riduzione della loro incertezza è stata<br />

V, Vlin<br />

[V]<br />

I [mA]<br />

Fig. 4.5 La caratteristica ingresso uscita della sonda <strong>test</strong> in ferrite <strong>per</strong> la verifica della linearità.<br />

163


Capitolo 4 Sviluppo ed ottimizzazione del sistema basato sulla Tomografia Induttiva<br />

verificata posizionando sia la sonda <strong>test</strong> in ferrite che quella in aria su <strong>di</strong> un piatto <strong>di</strong><br />

alluminio, alimentando la bobina #1 e <strong>misura</strong>ndo la matrice delle impedenze Z in accordo con<br />

la procedura dettata dal metodo proposto (c.f.r. § 2.3.1). Tab. 4.3 mostra i valori me<strong>di</strong> dei<br />

coefficienti della matrice dell’impedenza ed il valore dell’incertezza relativa ottenuti me<strong>di</strong>ante<br />

l’esecuzione <strong>di</strong> 50 misure consecutive. E’<br />

possibile evidenziare come i valori me<strong>di</strong><br />

della mutua impedenza <strong>misura</strong>ti con la sonda<br />

<strong>test</strong> in ferrite siano un or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> grandezza<br />

maggiori <strong>di</strong> quelli <strong>misura</strong>ti con la sonda <strong>test</strong><br />

in aria; analogamente si può notare il<br />

significativo miglioramento nell’incertezza.<br />

(iii) I valori <strong>di</strong> impedenza <strong>misura</strong>ti sono stati confrontati con quelli calcolati me<strong>di</strong>ante il<br />

software <strong>di</strong> simulazione (risolvendo il problema <strong>di</strong>retto). In tab. 4.4 è riportato questo<br />

confronto <strong>per</strong> alcuni valori <strong>di</strong> auto e mutua induttanza, sia <strong>per</strong> la sonda <strong>test</strong> in ferrite che <strong>per</strong><br />

quella in aria. Risulta evidente come i valori ottenuti con la sonda <strong>test</strong> in ferrite siano più<br />

attinenti a quelli calcolati; questa circostanza fornisce maggiori garanzie sull’esito del<br />

processo <strong>di</strong> inversione eseguito partendo da questi dati <strong>misura</strong>ti.<br />

Sonda <strong>test</strong> in aria Sonda <strong>test</strong> in ferrite<br />

Valore<br />

me<strong>di</strong>o<br />

[mΩ]<br />

Incertezza<br />

relativa<br />

[%]<br />

Valore<br />

me<strong>di</strong>o<br />

[mΩ]<br />

Incertezza<br />

relativa<br />

[%]<br />

Z11 3517.7 0.21 4437.4 0.18<br />

Z12 27.688 0.25 411.9993 0.09<br />

Z13 45.289 0.17 611.3091 0.09<br />

Z14 11.210 0.54 123.7244 0.11<br />

Tab. 4.3 Confronto tra la sonda <strong>test</strong> in aria e<br />

quella in ferrite rispetto all’incremento<br />

dell’impedenza <strong>misura</strong>ta ed alla riduzione<br />

dell’incertezza <strong>di</strong> <strong>misura</strong>.<br />

(iv) E’ stato infine eseguito <strong>test</strong> <strong>di</strong> confronto sulla sensibilità delle due sonde <strong>test</strong> rispetto alla<br />

presenza <strong>di</strong> un <strong>di</strong>fetto. A tale scopo è stata eseguita una scansione (ve<strong>di</strong> fig. 4.6e) su <strong>di</strong> una<br />

piastra <strong>di</strong> alluminio con un <strong>di</strong>fetto noto (5mm lungo, 2mm profondo e 0.1mm spesso). La<br />

Sonda <strong>test</strong> in aria Sonda <strong>test</strong> in ferrite<br />

Calcolata Misurata Calcolata Misurata<br />

[µH]<br />

Valore me<strong>di</strong>o<br />

[µH]<br />

Incertezza relativa<br />

[%]<br />

[µH]<br />

Valore me<strong>di</strong>o<br />

[µH]<br />

Incertezza relativa<br />

[%]<br />

L11 82.3 94.9 1.9 363 368 0.4<br />

M13 5.824 6.124 0.35 130 134 0.18<br />

Tab. 4.4 Confronto tra la sonda <strong>test</strong> in aria e quella in ferrite rispetto all’accordo tra dati calcolati e<br />

<strong>misura</strong>ti; il confronto è eseguito sull’auto induttanza della bobina #1 e sulla mutua induttanza tra le<br />

bobine #1 e #3.<br />

164


Capitolo 4 Sviluppo ed ottimizzazione del sistema basato sulla Tomografia Induttiva<br />

Z [Ω]<br />

Fig. 4.6 Risultati dell’analisi <strong>di</strong> sensibilità: a) auto e b) mutua impedenza <strong>per</strong> la sonda <strong>test</strong> in ferrite; c)<br />

auto e d) mutua impedenza <strong>per</strong> la sonda <strong>test</strong> in aria; e) la scansione eseguita (le <strong>di</strong>mensioni sono espresse<br />

in mm).<br />

scansione è stata condotta utilizzando solo due bobine a<strong>di</strong>acenti e <strong>misura</strong>ndo l’auto e la mutua<br />

induttanza <strong>per</strong> entrambe le sonde. I risultati ottenuti sono riportati in fig. 4.6 dove è possibile<br />

notare che <strong>per</strong> la sonda <strong>test</strong> in ferrite la mutua impedenza mostra chiaramente un massimo in<br />

corrispondenza del <strong>di</strong>fetto (ve<strong>di</strong> fig. 4.6b), mentre l’auto impedenza mostra un minimo (ve<strong>di</strong><br />

fig. 4.6a). Per quanto concerne la sonda <strong>test</strong> in aria invece, è possibile riscontrare un<br />

comportamento simile (ve<strong>di</strong> figure 4.6c, d), ma con un livello <strong>di</strong> rumore che rende <strong>di</strong>fficile<br />

valutare correttamente le misure e conseguentemente identificare le caratteristiche del <strong>di</strong>fetto<br />

me<strong>di</strong>ante l’inversione numerica.<br />

Concludendo, il processo <strong>di</strong> analisi sviluppo ed ottimizzazione eseguito ha consentito <strong>di</strong><br />

evidenziare quali fossero i punti deboli del primo sistema realizzato (che spesso portavano a<br />

cattive ricostruzioni rendendole in alcuni casi impossibili), <strong>per</strong>mettendo <strong>di</strong> effettuare alcune<br />

scelte fondamentali, sia dal punto <strong>di</strong> vista software che dal punto <strong>di</strong> vista hardware e <strong>di</strong><br />

con<strong>di</strong>zioni o<strong>per</strong>ative <strong>di</strong> esecuzione del <strong>test</strong>, <strong>per</strong> il miglioramento delle prestazioni complessive<br />

del sistema <strong>di</strong> <strong>misura</strong> sviluppato.<br />

a)<br />

b)<br />

z<br />

y<br />

x<br />

1 2<br />

e)<br />

x [mm] y [mm]<br />

x [mm]<br />

y [mm]<br />

Z [Ω]<br />

5<br />

28<br />

x [mm] y [mm]<br />

x [mm]<br />

y [mm]<br />

crack<br />

2<br />

28<br />

Z [Ω]<br />

Z [Ω]<br />

c)<br />

d)<br />

165


Conclusioni<br />

Nell’ambito dei Test Non Distruttivi, l’attività <strong>di</strong> ricerca ha portato allo sviluppo <strong>di</strong> due<br />

sistemi <strong>per</strong> la <strong>di</strong>agnostica <strong>non</strong> invasiva <strong>di</strong> materiali conduttori, basati sulla tecnica delle<br />

correnti indotte (ECT).<br />

Il primo sistema è costituito, come tutti i sistemi ECT attualmente in commercio, da uno<br />

strumento e da una sonda, appositamente progettati e realizzati. La sonda, basata sul sensore<br />

<strong>di</strong> campo magnetico fluxset, viene alimentata dallo strumento che gestisce automaticamente la<br />

sessione <strong>di</strong> <strong>test</strong>, acquisisce ed elabora le informazioni <strong>di</strong> <strong>misura</strong> e fornisce le in<strong>di</strong>cazioni sulla<br />

<strong>di</strong>fettosità del componente <strong>test</strong>ato.<br />

Questo sistema ha mostrato <strong>di</strong> poter facilmente valutare la presenza e la posizione <strong>di</strong> <strong>di</strong>fetti sia<br />

su<strong>per</strong>ficiali che sottosu<strong>per</strong>ficiali entro limiti più ampi degli <strong>strumenti</strong> in uso. La caratteristica<br />

che rende questo sistema competitivo è <strong>per</strong>ò costituita dalla quantità e qualità delle<br />

informazioni estraibili dalla prova, che <strong>per</strong>mettono <strong>di</strong> identificare le caratteristiche<br />

geometriche dei <strong>di</strong>fetti, in termini <strong>di</strong> forma e <strong>di</strong>mensioni. Questo è reso possibile me<strong>di</strong>ante<br />

l’ausilio <strong>di</strong> un algoritmo basato sulle Support Vector Machine (SVM) appositamente<br />

sviluppato. Questo aspetto rappresenta la vera sfida tecnologica, <strong>non</strong> essendo <strong>di</strong>sponibile una


Conclusioni<br />

simile funzionalità su nessuno degli <strong>strumenti</strong> in commercio delle <strong>di</strong>verse aziende esaminate.<br />

Nella versione attuale il sistema è capace <strong>di</strong> identificare la presenza (nel 100% dei casi), la<br />

posizione (con una precisione <strong>di</strong>pendente esclusivamente dal sistema e dal passo <strong>di</strong> scansione<br />

utilizzato), la lunghezza, l’altezza e la profon<strong>di</strong>tà del <strong>di</strong>fetto con incertezza mai su<strong>per</strong>iore al<br />

5%. Va infine sottolineato come queste prestazioni <strong>non</strong> <strong>di</strong>scendono da un sistema basato su<br />

apparecchiature costose e sofisticate, in quanto lo strumento e la sonda realizzata hanno un<br />

costo complessivo <strong>di</strong> circa 4000 €, essendo basati (soprattutto lo strumento) su componenti<br />

facilmente re<strong>per</strong>ibili in commercio.<br />

Il secondo sistema è basato sulla tomografia induttiva ed utilizza una sonda costituita da una<br />

matrice <strong>di</strong> bobine calettate su <strong>di</strong> un supporto in ferrite. Questo è un sistema che si pone lo<br />

stesso obiettivo <strong>di</strong> quello basato sul sensore fluxset (la determinazione delle caratteristiche dei<br />

<strong>di</strong>fetti), ma è fondato su un metodo appartenente alla classe dei cosiddetti model based<br />

method. Si sfrutta quin<strong>di</strong> un algoritmo <strong>di</strong> inversione numerica che risolve il problema<br />

elettromagnetico e dalle misure <strong>di</strong> impedenza è capace <strong>di</strong> risalire alla forma e <strong>di</strong>mensione del<br />

<strong>di</strong>fetto. Per questo secondo sistema l’attività <strong>di</strong> ricerca ha <strong>per</strong>messo lo sviluppo e<br />

l’ottimizzazione sia dell’algoritmo che della sonda e della stazione <strong>di</strong> <strong>misura</strong>, in modo da<br />

ridurre al minimo gli effetti del rumore elettromagnetico che, sovrapposto al segnale <strong>misura</strong>to,<br />

rende <strong>di</strong>fficoltoso il processo <strong>di</strong> inversione (è questo uno dei grossi limiti delle tecniche model<br />

based).<br />

La sonda <strong>test</strong> con supporto in ferrite realizzata ha mostrato avere le giuste caratteristiche <strong>di</strong><br />

linearità (garantita da un <strong>test</strong> <strong>di</strong> regressione con un coefficiente <strong>di</strong> determinazione <strong>di</strong> 0.998);<br />

sensibilità nella rilevazione del <strong>di</strong>fetto, incertezza nella <strong>misura</strong> dell’impedenza (mai su<strong>per</strong>iore<br />

allo 0.5% <strong>per</strong> le prove eseguite) e rapporto segnale rumore, tali da garantire un processo <strong>di</strong><br />

inversione, e quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> ricostruzione dei <strong>di</strong>fetti, privo <strong>di</strong> errori.<br />

L’applicazione <strong>di</strong> questo sistema <strong>per</strong>mette <strong>di</strong> indagare aree dell’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> 100cm 2 , senza<br />

l’ausilio <strong>di</strong> un sistema <strong>di</strong> scansione. In questo caso, <strong>non</strong> essendo presente la movimentazione,<br />

167


Conclusioni<br />

la precisione nell’in<strong>di</strong>viduazione della posizione e delle caratteristiche dell’eventuale <strong>di</strong>fetto è<br />

<strong>di</strong>pendente esclusivamente dalle caratteristiche della sonda ed in particolare dalla <strong>di</strong>mensione<br />

ed inter<strong>di</strong>stanza delle bobine <strong>di</strong> cui è costituita. Da queste <strong>di</strong>pende inoltre la risoluzione del<br />

sistema, intesa come <strong>di</strong>mensioni minime del <strong>di</strong>fetto rilevabile. Si può quin<strong>di</strong> pensare <strong>di</strong><br />

realizzare più sonde con <strong>di</strong>verse caratteristiche geometriche e quin<strong>di</strong> <strong>di</strong>verse prestazioni in<br />

termini <strong>di</strong> precisione e risoluzione, da adattare alle particolari applicazioni.<br />

Sviluppi <strong>di</strong> quest’attività <strong>di</strong> ricerca vanno da un lato nella <strong>di</strong>rezione che <strong>per</strong>metterà <strong>di</strong><br />

migliorare e generalizzare l’algoritmo SVM sviluppato al fine sia <strong>di</strong> poter ridurre<br />

ulteriormente l’incertezza nella <strong>misura</strong> dei parametri dei <strong>di</strong>fetti, che <strong>di</strong> rendere il sistema<br />

in<strong>di</strong>pendente da particolari forme geometriche dei <strong>di</strong>fetti.<br />

D’altro canto, il sistema basato sulla tomografia induttiva necessita il passaggio, dalla sonda<br />

<strong>test</strong> realizzata, ad una sonda definitiva con conseguente caratterizzazione metrologica<br />

dell’intero sistema.<br />

Va infine accennata la possibilità <strong>di</strong> fondere i due sistemi sviluppati in un unico apparato <strong>di</strong><br />

<strong>misura</strong> ad elevate prestazioni.<br />

168


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