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Le interpretazioni della Rivoluzione francese

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4. LA RIVOLUZIONE FRANCESE / SCHEDA 1<br />

LA RIVOLUZIONE FRANCESE. INTERPRETAZIONI.<br />

1. Contro il “revisionismo”.<br />

Il fatto stesso che a distanza di duecento anni la <strong>Rivoluzione</strong> sia ancora al centro di un acceso dibattito politico e<br />

ideologico, tanto in sede accademica quanto in ambito pubblico, testimonia, <strong>della</strong> sua importanza. Non ci si<br />

accapiglia per questioni morte. [...]<br />

La <strong>Rivoluzione</strong> <strong>francese</strong> fu infatti una serie di avvenimenti di portata così profonda, e così universale, da<br />

trasformare il mondo in permanenza sotto diversi aspetti importanti, e da dare avvio ( o almeno dar nome) a<br />

forze che continuano a trasformarlo.<br />

Anche lasciando da parte la Francia (le cui strutture legali, amministrative e scolastiche sono sostanzialmente<br />

ancora quelle introdotte dalla <strong>Rivoluzione</strong>, che tra l'altro istituì e nominò i dipartimenti in cui il Paese è tuttora<br />

suddiviso) il contributo dato dalla <strong>Rivoluzione</strong> al mondo moderno è fondamentale. I sistemi legali di mezzo<br />

mondo sono fondati sulla codificazione introdotta dalla <strong>Rivoluzione</strong>. Paesi lontani dal 1789 quanto, per esempio,<br />

l'Iran fondamentalista islamico, sono essenzialmente Stati territoriali nazionali, fondati sul modello portato nel<br />

mondo dalla <strong>Rivoluzione</strong>, insieme a tanto del nostro vocabolario politico moderno.<br />

Tutti gli scienziati del mondo e tutti i lettori di questo libro, tranne quelli degli Stati Uniti, ancora oggi pagano un<br />

tributo alla <strong>Rivoluzione</strong> <strong>francese</strong> ogniqualvolta usano il sistema metrico decimale, che essa inventò e divulgò.<br />

Più concretamente, la <strong>Rivoluzione</strong> è diventata parte integrante <strong>della</strong> storia nazionale di larghe aree dell'Europa,<br />

dell' America e anche del Medio Oriente, a causa <strong>della</strong> sua diretta influenza sui loro territori e sui loro regimi -<br />

per non dire dei modelli politici e ideologici che derivarono dalla <strong>Rivoluzione</strong>, e degli entusiasmi e terrori<br />

suscitati dal suo esempio. Chi potrebbe comprendere, poniamo, la storia <strong>della</strong> Germania dal 1789 a oggi, senza<br />

la <strong>Rivoluzione</strong>? E, a dire il vero, chi potrebbe comprendere alcunché <strong>della</strong> storia del XIX secolo, senza la<br />

<strong>Rivoluzione</strong>?<br />

Inoltre, se taluni modelli portati dalla <strong>Rivoluzione</strong> <strong>francese</strong>, o a quella ispirati, non hanno più particolare<br />

interesse pratico [...], altre innovazioni mantengono intatto tutto il loro potenziale politico. La <strong>Rivoluzione</strong><br />

<strong>francese</strong> ha dato ai popoli la sensazione che il loro agire può mutare la storia; e dalla <strong>Rivoluzione</strong> è venuta, tra<br />

l'altro, quella che resta finora la formula più efficace che sia mai stata inventata per esprimere la politica <strong>della</strong><br />

democrazia e del popolo che la rivoluzione ha inaugurato: libertà, uguaglianza, fraternità. Questa influenza<br />

storica <strong>della</strong> <strong>Rivoluzione</strong> non può essere negata, neppure quando si riesce a dimostrare che la maggior parte<br />

degli uomini, e un numero anche maggiore di donne, non furono coinvolti (se non temporaneamente), non vi<br />

presero parte e anzi furono ostili; che, in ogni caso, non furono molti i giacobini convinti; che la <strong>Rivoluzione</strong> vide<br />

molto potere esercitato «in nome del popolo» ma pochissimo potere del popolo e ancora meno esercitato dal<br />

popolo, fatto che si è verificato in gran parte dei regimi istituiti dopo il 1789; che i suoi capi ebbero la tendenza<br />

a identificare «il popolo» con la «gente che pensa in modo giusto», altra situazione diffusa. La <strong>Rivoluzione</strong><br />

<strong>francese</strong> ha mostrato il potere <strong>della</strong> gente comune in un modo che nessun governo, in seguito, si è mai<br />

permesso di dimenticare - se non altro per l'esempio di quegli eserciti inesperti e improvvisati, formati<br />

attraverso la coscrizione obbligatoria, che trionfavano su eserciti costituiti dalle migliori e più esperte milizie<br />

delle vecchie potenze.<br />

In questo, in effetti, sta il paradosso del revisionismo: che esso tenta di diminuire il significato storico e la forza<br />

innovatrice di una rivoluzione la cui straordinaria e durevole influenza salta agli occhi, e può essere ignorata<br />

soltanto da una combinazione di provincialismo e di paraocchi intellettuale; o da quella miopia monografica che<br />

è la malattia professionale <strong>della</strong> ricerca specialistica da archivio storico.<br />

Il potere del popolo, non in quella forma addomesticata che si esprime attraverso periodiche elezioni a suffragio<br />

universale, si vede di rado; e ancor più raramente viene esercitato. Ma quando lo si vede in atto, come è<br />

accaduto in diversi continenti in più di un'occasione nell'anno del bicentenario - quando ha trasformato i Paesi<br />

dell'Europa orientale – lo spettacolo è veramente impressionante. In nessuna rivoluzione anteriore al 1789 esso<br />

fu più evidente, più rapidamente efficace, più decisivo. Questo è stato ciò che ha trasformato la <strong>Rivoluzione</strong><br />

<strong>francese</strong> in una rivoluzione. Neppure il revisionismo contesta il fatto che «fino all'inizio dell'estate del 1789 il<br />

conflitto tra "aristocratici" e "patrioti" all'interno dell'Assemblea Nazionale assomigliava a tutte le altre battaglie<br />

per la Costituzione che avevano squassato la maggior parte dei Paesi dell'Europa occidentale dalla metà del<br />

secolo in avanti... Ma quando il Popolo intervenne, nel luglio e nell'agosto del 1789, il conflitto tra élite si mutò<br />

in qualcosa di radicalmente diverso, se non altro per il fatto che, nel volgere di poche settimane, causò il crollo<br />

del potere dell'amministrazione dello Stato e del potere <strong>della</strong> classe dominante rurale nelle campagne. Questo è<br />

stato ciò che ha dato alla Dichiarazione dei diritti dell'Uomo una risonanza internazionale molto superiore a<br />

quella dei modelli cui si ispirava; ciò che ha causato la rapida accettazione all'estero delle innovazioni introdotte<br />

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in Francia, compreso il nuovo vocabolario politico; che ha creato ambiguità e conflitti; e, non ultimo, che ha<br />

trasformato la <strong>Rivoluzione</strong> nell'epico, terribile, grandioso, apocalittico avvenimento che le ha dato una sorta di<br />

unicità, tanto spaventevole quanto entusiasmante.<br />

Questo è ciò che ha indotto uomini e donne a pensare alla <strong>Rivoluzione</strong> come alla «più terribile e grave serie di<br />

avvenimenti di tutta la Storia». Questo è ciò che ha fatto scrivere a Carlyle: «Spesso mi pare che la vera Storia<br />

<strong>della</strong> <strong>Rivoluzione</strong> <strong>francese</strong> sia il più grandioso poema del nostro tempo, che l’uomo che fosse capace di scriverne<br />

la verità debba valere più di tutti gli scrittori e poeti». Ed è questo ciò che toglie ogni significato all'azione dello<br />

storico che pretende di distinguere tra i momenti di quel grande terremoto che meritano il plauso e quelli che<br />

vanno condannati. La <strong>Rivoluzione</strong> che divenne «il vero punto di partenza <strong>della</strong> storia del XIX secolo» non è<br />

questo o quell'episodio tra il 1789 e il 1815, ma il periodo nel suo insieme. Fortunatamente essa vive ancora,<br />

poiché oggi che nazionalismo, fondamentalismo religioso, oscurantismo, barbarie, di nuovo guadagnano<br />

terreno, abbiamo più bisogno che mai di Liberta, UguagIianza, Fraternità, e dei valori <strong>della</strong> ragione e<br />

dell'illuminismo - i valori su cui e stata costruita la civiltà moderna dai giorni <strong>della</strong> <strong>Rivoluzione</strong> americana. Per<br />

questo è bene che nell'anno del bicentenario si sia avuta occasione di riflettere ancora una volta sugli straordinari<br />

avvenimenti storici che due secoli or sono mutarono il mondo. In meglio.<br />

[E. J. Hobsbawm, Echi <strong>della</strong> Marsigliese. Due secoli giudicano la <strong>Rivoluzione</strong> <strong>francese</strong>, Rizzoli, Milano, 1991]<br />

2. L’invenzione <strong>della</strong> politica moderna: tre rivoluzioni a confronto<br />

<strong>Le</strong> rivoluzioni inglesi del Seicento sono state un laboratorio politico soprattutto perché hanno segnato la<br />

nascita dello stato liberale: separazione dei poteri, ruolo del Parlamento, limitazione dei poteri del sovrano,<br />

riconoscimento dei diritti civili (Habeas Corpus Act).<br />

La guerra di indipendenza americana, oltre alla codificazione dei diritti naturali, ha dato vita alla prima<br />

Costituzione moderna.<br />

Tuttavia, è stata la <strong>Rivoluzione</strong> <strong>francese</strong> ad inventare le forme ed il linguaggio <strong>della</strong> politica, quali ancora<br />

vengono praticati oggi.<br />

La popolazione si fece sentire e scese in piazza: dai cahiers de doleances (la prima grande inchiesta di massa) ,<br />

alla rivolta contadina dell’estate de1 1789, alla presa <strong>della</strong> Bastiglia, al corteo di donne che "scortò" il re da<br />

Versailles a Parigi, all’assalto del palazzo reale da parte dei sanculotti di Parigi nell'agosto de1 1792. La rivolta<br />

contadina " convinse" l’Assemblea costituente ad abolire i diritti feudali; l’azione dei sanculotti aprì la strada alla<br />

Repubblica ed alla Convenzione eletta a suffragio universale (maschile). Mentre nel passato le rivolte popolari<br />

quasi sempre fallirono, in questo caso esse trovarono uno "sbocco politico".<br />

Nacque un'opinione pubblica: si diffusero giornali ed opuscoli (famoso quello scritto da Siéyès); le adesioni ai<br />

club sono la testimonianza di un alto livello di partecipazione politica (i club giacobini arrivarono a 150000<br />

iscritti e a 400 società affiliate).<br />

Nacquero nuovi organismi: la Guardia nazionale, la Comune insurrezionale di Parigi, fino al nuovo esercito, la<br />

"nazione in armi". La nazione divenne il nuovo soggetto politico ed il nuovo simbolo.<br />

Fu soprattutto sul piano dei simboli e dei valori che la <strong>Rivoluzione</strong> <strong>francese</strong> elaborò un linguaggio nuovo:<br />

l'albero <strong>della</strong> libertà, la coccarda tricolore, la festa nazionale, fino al Nuovo Catechismo imperiale (diffuso a<br />

Milano nel 1806), divennero i simboli di una liturgia laica. Se i soldati di Cromwell andavano in battaglia<br />

cantando i Salmi <strong>della</strong> Bibbia, i soldati francesi cantavano la Marsigliese.<br />

L'adozione di un nuovo calendario (1793) è forse il segno più eloquente <strong>della</strong> volontà di cambiare anche la<br />

percezione del tempo e l'immaginario collettivo. Il culto dei santi venne sostituito dal culto dei martiri <strong>della</strong><br />

<strong>Rivoluzione</strong> (come Marat), così come, dopo la prima guerra mondiale, si svilupperà il culto dei caduti ed in<br />

Unione Sovietica quello degli eroi del lavoro. <strong>Le</strong> ideologie divennero un ingrediente fondamentale nel<br />

confronto politico e nella identità dei partiti. Liberalismo e democrazia (ma anche la prima espressione di una<br />

ideologia socialista con Babeuf) costituiranno le prime due grandi ideologie <strong>della</strong> Francia rivoluzionaria,<br />

destinate a diventare punto di riferimento di opposti schieramenti nel corso dell'Ottocento.<br />

[F. Feltri, I giorni e le idee, Categorie per capire la storia, SEI, Torino 2003]<br />

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