3ntini - Festa di San Nicola e del Vischio
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<strong>di</strong> nobili e ben sal<strong>di</strong> principi<br />
morali. La sua effige era utilizzata<br />
soprattutto per pubblicizzare<br />
prodotti per l’infanzia<br />
o dolci natalizi.<br />
Questa <strong>di</strong>mensione continua<br />
a sopravvivere ancora<br />
oggi. Ma al Babbo Natale <strong>del</strong><br />
“luogo comune” si è gradualmente<br />
affiancato un<br />
<strong>San</strong>ta Claus ad uso e consumo<br />
<strong>del</strong> pubblico adulto. La<br />
nuova <strong>di</strong>mensione comincia<br />
ad affermarsi nel dopoguerra,<br />
in concomitanza con i<br />
boom economici e la crescente<br />
importanza <strong>di</strong> ra<strong>di</strong>o,<br />
tv e riviste illustrate. In questo<br />
clima, <strong>San</strong>ta Claus si<br />
emancipa definitivamente<br />
dal mondo dei bambini per<br />
trasformarsi in simbolo<br />
adattabile anche a prodotti<br />
insoliti, se non “vietati ai<br />
minori”: superalcolici, sigarette,<br />
macchine <strong>di</strong> lusso...<br />
Babbo Natale<br />
in posa<br />
Dagli anni Cinquanta,<br />
<strong>di</strong>ventano più saltuari i Papà<br />
Natale <strong>di</strong>segnati e si moltiplicano<br />
quelli “in carne e<br />
ossa”. I <strong>San</strong>ta Claus fotografati<br />
non si limitano al prototipo<br />
<strong>del</strong> luogo comune, pingue<br />
e barbuto. Molti pubblicitari<br />
giocano a sottolineare<br />
il paradosso, infilando il<br />
copricapo rosso alle tipologie<br />
umane più <strong>di</strong>sparate. A<br />
beneficiare <strong>di</strong> questa adattabilità<br />
<strong>del</strong> personaggio sono<br />
stati soprattutto i <strong>di</strong>vi anni<br />
‘50/60: è davvero sterminato<br />
l’elenco <strong>di</strong> testimonial prestigiosi<br />
che si sono trasformati<br />
in <strong>San</strong>ta Claus. Fra<br />
anni ’70 e ’80, fanno capolino<br />
tante ammiccanti fanciulle<br />
“vestite” col cappello<br />
<strong>di</strong> Babbo Natale.<br />
L’assenza-presenza<br />
Dagli anni Ottanta, il linguaggio<br />
pubblicitario ha<br />
effettuato un enorme passo<br />
in avanti. Le fotografie si<br />
sono fatte più allusive. Il<br />
dettaglio è <strong>di</strong>ventato più<br />
importante <strong>del</strong>l’insieme.<br />
Quel che si cerca <strong>di</strong> veicolare<br />
è innanzitutto il messaggio<br />
subliminale. Ed è in questa<br />
fase che si assiste alla<br />
“spersonalizzazione” <strong>di</strong><br />
<strong>San</strong>ta Claus. Non c’è più<br />
bisogno <strong>di</strong> rappresentarlo<br />
come essere umano: è sufficiente<br />
alludere a un dettaglio<br />
<strong>del</strong> suo vestito per evocarlo.<br />
Un classico esempio<br />
<strong>di</strong> assenza-presenza.<br />
Troviamo così bottiglie <strong>di</strong><br />
liquore con il copricapo<br />
rosso; scatole <strong>di</strong> cioccolatini<br />
e orologi appoggiati su un<br />
tessuto rosso bordato <strong>di</strong> pellicciotto;<br />
cellulari sotto il<br />
cinturone…<br />
Pubblicitari<br />
iconoclasti<br />
Negli ultimi anni, Babbo<br />
Natale è tornato a essere un<br />
personaggio in carne e ossa.<br />
Ma a questa ritrovata “fisicità”<br />
corrisponde con una<br />
sostanziale revisione <strong>del</strong> personaggio.<br />
Rappresentativo è<br />
lo spot televisivo <strong>di</strong> una nota<br />
marca <strong>di</strong> surgelati: nottetempo,<br />
un bambino scopre<br />
Babbo Natale intento a rovistare<br />
nel freezer. “Che ci fai<br />
tu qui?”, chiede il piccolo,<br />
con lo sguardo in<strong>di</strong>spettito.<br />
“Non posso mica aspettare<br />
Natale per assaggiare questa<br />
specialità”, ribatte sarcastico<br />
il pingue nonnone, già alle<br />
prese con i fornelli.<br />
“Insomma a me niente?”,<br />
chiede il bambino, pronto a<br />
pregustare la specialità<br />
gastronomica. Il nonnetto<br />
annuisce e chiede: “Allora tu<br />
cosa vuoi, petto o coscia?”. Il<br />
bimbo risponde: “Coscia!”. Al<br />
che, Babbo Natale gli risponde<br />
con tono canzonatorio:<br />
“Peccato... tutto petto”. E lo<br />
spot si conclude così, con<br />
<strong>San</strong>ta Claus davanti a un bel<br />
piatto fumante e il bambino<br />
rimasto con un palmo <strong>di</strong><br />
naso.<br />
Questo spot – andato in<br />
onda in primavera - è emblematico<br />
<strong>di</strong> un’altra curiosa<br />
tendenza: la figura <strong>di</strong> <strong>San</strong>ta<br />
Claus sembra essersi emancipata<br />
dai limiti stagionali.<br />
Non riguarda più solo ed<br />
esclusivamente le festività <strong>di</strong><br />
fine anno. Qualche esempio?<br />
“E chi sono io? Babbo<br />
Natale?”, recitava lo spot <strong>di</strong><br />
una nota marca <strong>di</strong> biscotti<br />
italiana. Altri creativi gli<br />
hanno tolto il giaccone per<br />
immergerlo in piscina. Il<br />
caso limite <strong>di</strong> approccio iconoclasta<br />
è probabilmente<br />
rappresentato dalla pubblicità<br />
<strong>di</strong> un tour operator, che ha<br />
puntato su un Babbo Natale<br />
in mutandoni, mollemente<br />
adagiato su un’amaca, alle<br />
prese con la tintarella. <br />
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