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Cattolici nell’Università a BRESCIA
Comunità Universitaria
Centro Universitario DioCesano - via Della roCCa, 16 nUmero 22 - marZo 2011 Pro manUsCriPto
Nella sfida di oggi
le promesse di domani
Lo studio
come forma d’amore
In questa festa dei santi Faustino e Giovita che si è voluta dedicare al tema
della speranza, volevo dire una parola soprattutto ai giovani che, poveri ancora
di memorie, sono invece ricchi di sogni, di desideri, di progetti. E purtroppo la
prima parola che mi è sembrato di dover dire è una richiesta di perdono – a
nome mio e a nome di tutta la mia generazione. Ogni uomo porta in sé l’ambizione
di lasciare il mondo migliore di come lo ha trovato; temo che questa
sana ambizione, noi, la nostra generazione non siamo riusciti a realizzarla del
tutto. E dobbiamo confessare: per superficialità e per avidità. (…). Qualcuno
ben più esperto di me va ripetendo che in futuro saremo un po’ meno ricchi;
che non ci potremo permettere tutto quello che ci siamo permessi negli ultimi
anni. Non è una tragedia; c’è gente che vive con meno di noi. Ma è un dato da
tenere presente perché condizionerà desideri e comportamenti.
La speranza non viene mai cancellata del tutto dalle difficoltà che viviamo; le
parole di Paolo che ho richiamato sopra lo dicono chiaramente. La speranza
in Dio diventa anche speranza in ciò che, con Dio, l’uomo può fare - sempre.
L’uomo è intelligente, creativo, capace di conoscere e fare il bene, capace anche
di fare sacrifici quando ne capisce le motivazioni. Può affrontare anche la
situazione presente con coraggio e fiducia; ma non senza sacrificio e impegno.
L’impegno di studiare, anzitutto, e di studiare seriamente. Il mondo che
abbiamo costruito è complesso e solo questa complessità permette la qualità
di benessere culturale e materiale di cui godiamo. Ma non è possibile mantenere
e migliorare un mondo così senza una sofisticata attrezzatura di conoscenze
e di abilità; senza una grande immaginazione, senza una disponibilità saggia al
cambiamento per rispondere alle sfide nuove che ci stanno davanti. La conoscenza,
lo studio, ampliano lo spazio dell’immaginazione e quindi della creatività
e quindi della libertà e quindi dell’umanità dell’uomo. Ci si può accontentare di
possedere alcune poche idee; ci si può rifiutare di rinunciare alle proprie abitudini
e di correggere i propri schemi mentali; ma in questo modo si restringe lo
spazio effettivo della propria libertà e si mortifica la possibilità di essere creativi;
e soprattutto si rischia di cadere nella spirale della paura e dell’aggressività
verso ciò che non conosciamo. Lo studio rigoroso – come ricordava Paolo
VI – richiede fatica, ma apre strade nuove che possono migliorare l’esistenza
dell’uomo. Anche lo studio è una forma di amore, se è fatto con lealtà e se è
motivato dal desiderio sincero di servire meglio la famiglia umana.
Dall’Omelia del Vescovo mons. Luciano Monari, 15 febbraio 2011
Dal con-vertere all’uni-vertere
Dentro la storia delle parole si possono riconoscere aspetti di storia delle persone.
Per i cristiani, la storia più bella, la Storia della Salvezza, trova il suo vertice
nella storia della Persona del Salvatore, Verbo fatto carne, Parola rivelata nel
dono totale della croce, nella Vita senza fine della Risurrezione.
Siamo, liturgicamente, nel tempo dei 40 giorni di quaresima (il termine viene proprio
dalla durata), il cammino verso la Pasqua, parola che letteralmente significa
“passaggio”: da morte a vita, da schiavitù a libertà, da isolamento a fraternità, da
confusione a intimità, da anonimato a identità.
È tempo di cammino per prepararci ad accogliere il Risorto nella nostra vita,
perché il suo Amore faccia di noi persone risorte. E chi è innamorato, sa che
tutte le esperienze del cuore (anche l’educazione è una di queste esperienze del
cuore… la cultura è esperienza del cuore…), tutte queste esperienze richiedono
tempo e preparazione. Prepariamoci allora. In che modo?
Quest’anno, in cui la lettera pastorale del nostro vescovo ci richiama alla comunione,
all’unità, abbiamo sottolineato il fatto che la parola Università letteralmente
significa “vertere ad unum”. E se è importante vivere comunione per diffondere
conoscenze, immaginiamoci quanto più importante è vivere comunione per
fare esperienza di Cristo, Sapienza eterna.
Per questo il tempo di quaresima è tempo di conversione. Letteralmente, “cumvertere”,
“insieme rivolgersi”. Il cambio di prospettiva è duplice. Non solo perché
ci rimette in piedi, da persone ripiegate in se stesse a persone che alzano lo
Roberto Lombardi
sguardo verso Dio e verso i fratelli; da sguardi persi nel male a orizzonti aperti
al Bene.
Non solo per questo, ma anche perché questo sguardo è fatto insieme.
Non da soli, ma insieme.
Insieme a Gesù, perché è Lui che ci chiama, che ci mostra gli orizzonti nuovi. Ma
anche insieme ai fratelli. Così possiamo, insieme, guardare alle tre esperienze
classiche della quaresima: il digiuno, l’elemosina e la preghiera, e riscoprirle significative
anche nella nostra quotidianità, nel nostro mondo universitario.
Il digiuno che la tradizione della Chiesa presenta consiste nel saltare un pasto.
Questa rinuncia può anche essere sostituita o accompagnata da un gesto di carità,
o da altre astensioni. Questa scelta ci invita a condividere. A non trattenere, a
guardare verso gli altri. Ciò a cui rinunciamo deve diventare occasione di condivisione,
di dividere-con. È l’unico tipo di divisione che moltiplica e che crea unità.
Il condividere moltiplica la capacità di amare, costruisce prospettive autentiche
di pace e serenità. Per questo Gesù nel vangelo ci dice che non dobbiamo avere
un volto triste, digiunando. Chi digiuna dovrebbe invece profumare di fraternità.
Per questo digiuno e elemosina sono molto legati. Elemosinare non è dare le
briciole di quello che avanza, o mettersi a posto la coscienza. No. Per questo non
ci sono trombe da suonare, ma piuttosto intimità e prossimità da costruire. Significa
farsi compagnia, essere capaci di mettere insieme lo stesso pane, lo stesso
cibo quotidiano. Cum-panis, da questo deriva, questo significa etimologicamente
continua a pag. 8

Tra internazionalizzazione
Mario Nicoliello
e attenzione al territorio
Importanti ospiti nell’aula magna di Medicina per l’inaugurazione
dell’anno accademico della Statale. Ad ascoltare la relazione del rettore
Sergio Pecorelli c’erano anche i ministri Giulio Tremonti e Ferruccio
Fazio.
Per Pecorelli è stata la prima inaugurazione, a pochi mesi dall’insediamento.
Alleanze, internazionalizzazione, attenzione al territorio e
alle persone: queste le linee guida del progetto di crescita che ha in
mente Pecorelli.
Obiettivo primario: stringere alleanze e mettersi in rete con altri
atenei, per fare massa critica e riuscire a sopravvivere in tempi di
magra dal punto di vista finanziario. Le risorse sono sempre di meno,
i tagli sembrano una certezza – sul punto il Ministro Tremonti è stato
esplicito e a mo’ di battuta ha invitato i rettori presenti a mettersi
«una mano sull’ermellino» –, c’è quindi preoccupazione per il futuro
della didattica e della ricerca, nonché per la realizzazione professionale
di molti giovani.
«Il sistema universitario – ribadisce Pecorelli – soffre da decenni di
una considerazione e di un trattamento del tutto inadeguati al ruolo
che esso dovrebbe ricoprire all’interno della società». E aggiunge:
le università «devono sapere in anticipo le risorse che hanno a disposizione
e il fondo ordinario deve essere comunicato adesso per
poter definire gli obiettivi strategici».
Chiarito il fondamentale bisogno di risorse, Pecorelli si sofferma su
ricerca e merito. Per lo sviluppo dell’ateneo fondamentale è infatti
l’attività di ricerca: «scelte strategiche saranno quindi privilegiare i
I numeri dell’università degli studi di Brescia
Studenti attualmente iscritti
FACOLTÀ TOTALE MASCHI FEMMINE
ECONOMIA 3.400 1.700 1.700
GIURISPRUDENZA 2.100 710 1.390
INGEGNERIA 4.215 3.285 930
MEDICINA 4.450 1.800 2.650
TOTALE 14.165 7.495 6.670
Matricole nel 2010/11
FACOLTÀ TOTALE MASCHI FEMMINE
ECONOMIA 748 366 382
GIURISPRUDENZA 446 155 291
INGEGNERIA 898 774 184
MEDICINA 1.152 494 658
TOTALE 3.244 1.729 1.515
ComUnitÀ Universitaria 2
dottorati con numeri ampi e intrecciare collaborazione con le imprese».
In tutto questo processo occorre sempre tener presente l’incentivazione
del merito. A tal fine per la Statale sarà fondamentale la
costruzione, d’intesa con la Fondazione Lucchini, del nuovo collegio
d’eccellenza, in attesa che si possa davvero concretizzare il Progetto
Campus nel centro cittadino, sul quale Pecorelli taglia corto: «Chiedo
alle istituzioni il coraggio di realizzarlo».
Sono tre le parole che il rettore cita più volte nella sua relazione:
valutazione, valorizzazione, e soprattutto internazionalizzazione.
Quest’ultima rappresenta un’alta priorità e va intesa come capacità
sia di attrarre sia di esportare. Per raggiungere questo obiettivo
occorre dapprima un’attenta analisi interna, così da comprendere il
proprio valore ed essere perciò capaci di aprirsi al resto del mondo.
Secondo il rettore, la Statale è «competitiva sul piano della produzione
scientifica», mentre qualche criticità si rinviene «nello sviluppo
dei brevetti e nella realizzazione di spin-off».
Alla base del progetto di Pecorelli ci sono le persone e soprattutto
gli studenti, ai quali va proposta una offerta didattica «coerente e
ben strutturata», sfruttando «differenti linguaggi comunicativi», così
da poter giungere a «metodi formativi d’eccellenza». In cambio, il
rettore chiede agli studenti non solo di studiare ma anche di essere
«capaci di entusiasmarsi: è infatti l’entusiasmo che fa la differenza
tra la mediocrità e il successo e consente di sviluppare a pieno il
potenziale creativo».
Studenti stranieri iscritti nel 2010/11
FACOLTÀ TOTALE MASCHI FEMMINE
ECONOMIA 290 102 188
GIURISPRUDENZA 108 33 75
INGEGNERIA 167 130 37
MEDICINA 319 139 180
TOTALE 884 404 480
Laureati nel 2010
FACOLTÀ TOTALE MASCHI FEMMINE
ECONOMIA 510 238 272
GIURISPRUDENZA 228 67 161
INGEGNERIA 734 585 149
MEDICINA 755 232 523
TOTALE 2.227 1.122 1.105
marZo 2011

LA RifoRmA in piLLoLe
Codice etico. Sarà adottato per evitare incompatibilità e conflitti di interessi
legati a parentele. Viene anche stabilito che per partecipare ai concorsi non
si dovranno avere, all’interno dell’ateneo, parentele fino al quarto grado. Alle
università che assumeranno o gestiranno le risorse in maniera non trasparente
saranno ridotti i finanziamenti del Ministero.
Il mandato dei rettori. Viene fissato il limite di complessivi 6 anni, inclusi
quelli già trascorsi prima della riforma. Un rettore potrà rimanere in carica un
solo mandato e sarà sfiduciabile.
Senato e Cda. Viene fatta una distinzione netta: il Senato avanzerà proposte
di carattere scientifico, ma sarà il Cda ad avere la responsabilità chiara delle
assunzioni e delle spese.
Il Consiglio d’amministrazione. Avrà almeno 3 membri esterni su undici.
Il presidente potrà essere esterno. Presenza qualificata degli studenti negli
organi di governo.
Direttore generale. Sostituirà il direttore amministrativo e avrà compiti
di grande responsabilità. Dovrà rispondere delle sue scelte, come un vero e
proprio manager dell’ateneo.
Nucleo di valutazione d’ateneo. Sarà a maggioranza esterna per garantire
una valutazione oggettiva e imparziale.
Gli studenti valuteranno i professori. Questa valutazione sarà determinante
per l’attribuzione dei fondi dal Ministero.
Fusioni tra atenei. Ci sarà la possibilità di unire o federare università vicine,
anche in relazione a singoli settori di attività, di norma in ambito regionale, per
abbattere costi e aumentare la qualità di didattica e ricerca.
Riduzione dei settori. I settori scientifico-disciplinari saranno ridotti dagli
attuali 370 alla metà (consistenza minima di 50 ordinari per settore).
Riorganizzazione interna. È prevista una riduzione molto forte delle facoltà
che potranno essere al massimo 12 per ateneo.
Reclutamento dei giovani. Viene introdotta l’abilitazione nazionale come
condizione per l’accesso all’associazione e all’ordinariato. L’abilitazione è attribuita
da una commissione nazionale sulla base di specifici parametri di qualità.
I posti saranno poi attribuiti a seguito di procedure pubbliche di selezione
bandite dalle singole università, alle quali potranno accedere solo gli abilitati. Tra
i punti salienti: Commissioni di abilitazione nazionale autorevoli con membri
italiani e, per la prima volta, anche stranieri; cadenza regolare annuale dell’abilitazione
a professore, al fine di evitare lunghe attese e incertezze; distinzione
tra reclutamento e progressione di carriera.
Accesso dei giovani. La riforma introduce interventi volti a favorire la formazione
e l’accesso dei giovani studiosi alla carriera accademica. Tra i punti
salienti: semplificazione della struttura stipendiale del personale accademico
per eliminare le penalizzazioni a danno dei docenti più giovani; revisione degli
assegni di ricerca per introdurre maggiori tutele, con aumento degli importi;
abolizione delle borse post-dottorali, sottopagate e senza diritti; nuova normativa
sulla docenza a contratto con il cambio del reclutamento.
Gestione finanziaria. Introduzione della contabilità economico-patrimoniale
uniforme, secondo criteri nazionali concordati tra Istruzione e Tesoro: i
Tante criticità
sul diritto
allo studio
L’università italiana necessita di una seria ristrutturazione.
Questa è sicuramente la premessa per iniziare
ogni discorso sul sistema universitario italiano.
La riforma attuata non va però in questa direzione.
Per meglio comprendere le proteste del mondo studentesco,
c’è la necessità di analizzare il DDL sotto
due aspetti diversi, il contenuto e le modalità.
Per quanto riguarda il contenuto, i punti critici sono
in particolare due. Il primo punto riguarda la riforma
della governance degli atenei, che, se a parole doveva
combattere le baronie, nei fatti rafforza il potere
dei docenti nei confronti degli altri soggetti del sistema.
In tutti gli organismi gli studenti vedono limitate
le loro prerogative, mentre precari della ricerca e
personale tecnico amministrativo si vedono completamente
tagliati fuori dalla gestione dell’università.
Se gli studenti vengono fortemente colpiti nella loro
rappresentanza, ancora peggio vien fatto nel settore
del diritto allo studio. Infatti il DDL dà esclusivamente
delle linee generali, lasciando che la riforma
del DSU sia effettuata dal ministero tramite decreti.
Dalle linee guida possiamo però dedurre come il
Governo sia orientato a sopprimere l’attuale sistema,
preferendo ad esso un sistema basato esclusi-
bilanci dovranno rispondere a criteri di maggiore trasparenza. Commissariamento
e tolleranza zero per gli atenei in dissesto finanziario.
Valutazione degli atenei. Le risorse saranno trasferite in base alla qualità
della ricerca e della didattica. Fine della distribuzione dei fondi a pioggia. Obbligo
di accreditamento, quindi di verifica da parte del Ministero di tutti i corsi e
sedi distaccate per evitare quelli non necessari e valutazione dell’efficienza dei
risultati da parte dell’Anvur.
Obbligo di presenza dei docenti. Avranno l’obbligo di certificare la presenza
a lezione. Questo per risolvere il problema delle assenze negli atenei.
Viene stabilito inoltre un riferimento uniforme per l’impegno dei professori a
tempo pieno per il complesso delle attività didattiche, di ricerca e di gestione,
fissato in 1.500 ore annue, di cui almeno 350 destinate ad attività di docenza
e servizio.
Scatti stipendiali. Sono riservati solo ai professori migliori. In caso di valutazione
negativa si perde lo scatto e non si può partecipare come commissari ai
concorsi.
Diritto allo studio. Delega al governo per riformare la legge 390/1991, in
accordo con le Regioni, per spostare il sostegno direttamente agli studenti per
favorire l’accesso agli studi universitari. Inoltre sarà costituito un fondo nazionale
per erogare borse di merito e gestire, con tassi bassissimi, i prestiti d’onore.
Mobilità del personale. Sarà favorita la mobilità tra gli atenei. Possibilità per chi
lavora in università di prendere 5 anni di aspettativa per andare nel privato
senza perdere il posto.
vamente sulla valutazione dei risultati finali. Questa
operazione viene però fatta senza tener conto delle
rispettive condizioni di partenza, e quindi senza valutare
anche la condizione economica dello studente.
Valutazione questa fortemente iniqua nei confronti
degli studenti più disagiati.
Continuando ad analizzare il DDL si è portati a
pensare che la vera motivazione sia esclusivamente
mediatica, senza una vera volontà di cambiamento
per non colpire i forti interessi clientelari presenti
nell’università pubblica italiana.
Sensazione che viene rafforzata osservando le modalità
con le quali è stato portato avanti il DDL. Infatti
il Governo fa ampio uso della delega legislativa,
strumento che gli permette di legiferare su aspetti
particolari senza il bisogno di confrontarsi con il Parlamento.
Confronto che non è avvenuto neanche con i rappresentanti
delle parti sociali. Il Ministro ha rifiutato
più volte il confronto con i rappresentanti nazionali
degli studenti e dei ricercatori, ritardando addirittura
di sei mesi l’insediamento del CNSU.
Andrea Curcio
ComUnitÀ Universitaria 3 marZo 2011

Tra finanziamenti e
Introduzione
La cosiddetta riforma dell’Università (la Legge 30
dicembre 2010, n. 240) modifica alcuni aspetti della
vita degli Atenei, le modalità di finanziamento, il reclutamento
di ricercatori e professori, le modalità di
valutazione delle attività di didattica e ricerca. Vengono
anche ristrutturati gli organi degli di governo,
ma soprattutto vengono consentite alcune “possibilità”
che – in una logica di autonomia – si poteva
presumere già consentite. Alcuni capisaldi già in uso,
quali la valutazione della didattica e della ricerca,
sono del resto confermati, più che introdotti.
Peraltro l’autonomia stessa sembra fortemente
condizionata da una serie di decreti attuativi di
quella che in molte parti è una legge delega al Governo,
decreti che sono sempre “di concerto con il
ministro dell’economia e delle finanze”!
Si sostanzia un impianto che è - ovviamente - forte-
mente dipendente dalle disponibilità finanziarie che
verranno allocate per la ricerca, disponibilità che i
dati del MIUR denunciano in calo anche e ancora
nel 2010 rispetto agli anni precedenti.
Difficile celare un atteggiamento di perplessità per
la cosiddetta riforma, ma chiarendo con decisione
che da circa quindici anni i tentativi di affrontare
i mali veri o presunti dell’Università hanno dato
come esito soltanto un peggioramento, dell’offerta
di servizi e della preparazione degli studenti. Dunque
l’incapacità di affrontare la riforma universitaria,
se di riforma si sente proprio bisogno, è by-partisan
e tristemente diffusa, accompagnata da un’opinione
pubblica disinformata, come ormai accade normalmente
rispetto ai temi non direttamente praticati.
Mai come oggi si capisce che due sono gli elementi
che condizionano pesantemente e quotidianamente
la vita di studenti e docenti, oltre che del personale
tecnico-amministrativo, nelle università dello Stato
italiano, alcune di esse gloriose per nascita e per tradizione,
molte altre eccellenti, anche se recenti.
Il primo elemento sono i finanziamenti, il secondo
gli ordinamenti degli studi, ovvero l’offerta
formativa.
Con questo non si vogliono minimamente sottovalutare
altri aspetti, ma evidenziare quelli che a
parere di chi scrive già da tempo condizionano la
vita universitaria, con effetti importanti sulla preparazione
degli studenti e quindi sul livello culturale e
professionale della società.
I finanziamenti
Dal 2008 i finanziamenti all’Università (quindi ad
una porzione importante della ricerca pubblica)
hanno cominciato a diminuire, fino ad arrivare al
taglio del DM 21 dicembre 2010, n. 655, nella pre-
messa del quale – dopo le citazioni dei numerosi
riferimenti normativi – si evidenzia “visto lo stanziamento
disponibile sul cap. 1694 dello stato di previsione
della spesa di questo Ministero per l’esercizio
finanziario 2010 (…), che riducono la disponibilità del
capitolo ad € 6.256.384.974”.
Quindi, all’art. 1, lo stesso Decreto enuncia il tasso
di riduzione degli Interventi quota base: sulla base
delle risorse complessivamente disponibili viene disposta
la seguente attribuzione:
a) a ciascuna Università, di una quota pari a circa
l’80% del Fondo di finanziamento ordinario (FFO) assegnato
nell’anno 2009, al netto degli interventi straordinari.
(L’anno precedente con il DM 23 settembre
2009, n. 45, la variazione rispetto al 2008 era
stata pari all’87%).
Nei fatti la diminuzione è minore, grazie alle quote
premiali, per cui la riduzione 2008-2009 è stata
dell’1% a livello nazionale (del 2% per l’Università
di Brescia) e quella 2009-2010 del 3,8% a livello na-
ComUnitÀ Universitaria 4
zionale (del 3% per l’Università di Brescia). Riduzioni
apparentemente non rilevanti, ma su valori che
non tengono conto dell’inflazione e – soprattutto
– di fronte ad una esigenza di maggiori investimenti
per la ricerca, unico viatico per un mondo ed un
mercato globale in rapidissima trasformazione!
Si noti anche un aspetto non secondario: il Decreto
di ripartizione delle risorse è stato emanato in
aprile nel 2008, in settembre nel 2009 e solo il 21
dicembre 2010 per le risorse dello stesso anno,
rendendo sempre più difficile una qualsiasi politica
di bilancio propriamente detta.
Perché le risorse hanno a che fare con la didattica?
Perché qualsiasi offerta formativa si scontra con
le disponibilità finanziarie, che servono non solo a
pagare gli stipendi dei professori, ma soprattutto a
determinare le condizioni di studio e – soprattutto
nelle facoltà tecnico-scientifiche – degli indispensabili
laboratori.
Molte delle novità introdotte negli ultimi anni sono
state fatte “a costo zero”.
Non vi sarà possibilità di competere con le Università
straniere e con la ricerca dei paesi concorrenti
se non innalzando radicalmente la spesa per la ricerca
pubblica e per le Università!
L’offerta formativa
L’offerta formativa e gli ordinamenti degli studi
sono cambiati radicalmente in Italia con la Legge
15 maggio 1997, n. 127, una legge “omnibus” su Misure
urgenti per lo snellimento dell’attività amministrativa
e dei procedimenti di decisione e di controllo, la
quale contiene nell’art. 17 una significativa riforma
dell’Università (nel primo governo Prodi era Ministro
della pubblica istruzione e, ad interim, di quello
dell’Università e della ricerca scientifica e tecnologica,
Luigi Berlinguer).
L’articolo 17 sarà attuato dal DM 3 novembre 1999,
n.509 Regolamento recante norme concernenti l’autonomia
didattica degli atenei (a firma Ortensio Zecchino,
Ministro del governo D’Alema), decreto che
verrà modificato dal DM 22 ottobre 2004, n. 270
Modifiche al regolamento recante norme concernenti
l’autonomia didattica degli atenei, approvato con decreto
del Ministro dell’università e della ricerca scientifica
e tecnologica 3 novembre 1999, n. 509 (era
Ministro del Governo Berlusconi, Letizia Moratti),
decreto oggi in vigore ed in corso di applicazione.
Se la cronologia legislativa da conto di una riforma
by-partisan, oggi – con il DM 22 settembre 2010
Requisiti necessari dei corsi di studio si dettano regole
che hanno come obiettivo:
a. assicurare, nell’interesse pubblico (e degli studenti
in particolare), un livello minimo essenziale di risorse
di docenza qualificata, per consentire il corretto
funzionamento dei corsi di studio;
b. correggere le tendenze negative, correlate alla proliferazione
di corsi di laurea e di laurea magistrale.
Gli obiettivi, come (quasi) sempre, sono condivisibili:
è indubbio che vi siano stati eccessi nell’offerta
formativa, indotti anche dall’introduzione dei due
marZo 2011

offerta formativa
livelli di laurea e dalla conseguente (nefasta) riorganizzazione
dei corsi per moduli più brevi.
Il metodo adottato è meno condivisibile: una eccessiva
burocratizzazione delle verifiche inficia l’unico
controllo sostanzialmente indispensabile, ovvero
l’offerta culturale e il profilo di laureato e laureato
magistrale che si vuole costruire.
Sostanzialmente e peccando certamente di eccessiva
semplificazione, co-agiscono due parametri:
• il numero di docenti necessari ad attivare l’offerta
formativa (12 per un corso di laurea; 8 per un
corso di laurea magistrale);
• il numero massimo di ore di docenza per ogni
docente (per fare un esempio, circa 143 ore a
testa in media all’anno nella Facoltà di ingegneria
di Brescia, pari a 1,3 corsi da 9 crediti).
Nel prima caso il criterio porta ad un numero minimo,
quindi le Università che ridurranno il personale
docente dovranno conseguentemente ridurre l’offerta
formativa; nel secondo caso il criterio porta
ad un numero massimo, quindi le Università che
pure hanno un livello sufficiente di docenza potranno
erogare un numero di corsi limitato dai parametri
ministeriali.
Può darsi che talvolta a mali estremi si debbano
contrapporre estremi rimedi, ma l’offerta formativa
dovrebbe derivare innanzitutto da un progetto culturale
e non da meccanismi contabili.
È possibile che, una volta raggiunto un livello di
equilibrio ritenuto più consono (ma non si sa a
cosa, al progetto culturale dell’Università italiana o
alle risorse che si decide di dedicarle?!) si aboliscano
i meccanismi contabili che, fra l’altro, sono di
difficile interpretazione e applicazione, come dimostrano
le due interpretazioni ministeriali che sono
già state emanate dopo l’entrata in vigore del DM
17/2010 alla fine dello scorso anno.
Due note conclusive
Del progetto culturale si è già accennato: un ingegnere,
un economista, un medico, un giurista devono
laurearsi secondo quello che in quel momento
storico e contesto territoriale l’Università ritiene
il modello più consono, nella sua autonomia e nel
confronto nazionale e internazionale.
Diverse offerte culturali potranno essere selezionate
dagli studenti muovendosi sul territorio nazionale
e non solo, come avveniva nel passato.
Dell’offerta formativa si potrà constatare come la
riduzione porti fatalmente alla diminuzione dell’in-
Maurizio Tira
Ordinario di Tecnica e pianificazione urbanistica
nell’Università degli Studi di Brescia
teresse degli studenti, che si orientano anche verso
le sedi che danno maggiori diversificazioni, quindi
possibilità. Ridurla drasticamente può portare esiti
negativi inattesi.
Non si ha la presunzione di tracciare un modello
alternativo al decreto in vigore, ma si può solo auspicare
che si ritorni presto a parlare di contenuti
e non di numeri!
Si noti, comunque, come la cosiddetta riforma
dell’Università passi oggi prevalentemente per il
DM 655/2010 sui finanziamenti e il DM 17/2010
sui corsi di studio, piuttosto che attraverso la L
240/2010.
ComUnitÀ Universitaria 5 marZo 2011
Si ringrazia New Eden Group per le foto dell’inaugurazione dell’Anno Accademico della Statale.

Sogno, cultura,
vita
Gianni Nicolì
Pedagogista, Docente dell’ISSR
dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Brescia
la vera
partita si
gioca adesso
“Tutte le università sono chiamate a rifare il
loro Statuto […] e avremo la possibilità unica
di modellarci sulle nostre esigenze”, possibilità
che farà di ogni ateneo “l’artefice del proprio
futuro”. Queste sono le parole del Rettore
Pecorelli nel suo discorso di inaugurazione
d’anno accademico. L’approccio che come studenti,
come rappresentanti degli studenti della
lista Ateneo Studenti ci interessa, non può che
partire da questa considerazione. La cornice è
stata fatta ed ora possiamo partecipare attivamente
alla costruzione del contenuto.
Il metodo che ci siamo dati nel giudicare questa
riforma è libero da preoccupazioni ideologiche
e il tentativo è quello di sfruttare a pieno
gli spazi di libertà che offre. Primo fatto: La riforma
dell’università è legge. Dopo due anni di
lavoro il ddl taglia il traguardo, non senza strascichi
di polemiche e di accese contestazioni.
Le novità: dalla riforma della struttura organizzativa
degli atenei a quella del reclutamento
docenti e ricercatori e del loro stato giuridico,
dalla creazione di un fondo per il merito su
base nazionale alla individuazione dei principi
e dei criteri della valutazione.
Ci sono spunti positivi? Credo proprio di si.
Cambiare lo status quo è un’impresa titanica
in Italia quindi visto lo stato in cui versa oggi
l’Università si può dire: meglio una riforma che
una non-riforma.
Ma permangono motivi di preoccupazione
e contraddizioni di fondo: i principi ispiratori
del merito, dell’autonomia e della responsabilità
rischiano di rimanere soltanto sulla carta.
Come si persegue l’autonomia attraverso un
testo che ha un impianto schiettamente statalistico?
Come si conciliano i principi della
razionalizzazione del numero delle università
(tramite la previsione di fusioni e di federazioni)
con la possibilità riconosciuta alle università
telematiche di trasformarsi in vere e proprie
università? Come stanno insieme il merito e la
totale assenza di risorse destinate a finanziarlo?
Come si concilia l’intenzione di eliminare il
precariato a vita con la possibilità, sancita dalla
legge, di essere “precari stipendiati” fino a 15
anni dopo la laurea (dottorato compreso)?
Ma la riforma è legge. E bisognerà applicarla
nel modo migliore. Abbandonarsi al lamento
o alla recriminazione non serve: occorre che
tutti – politici, addetti ministeriali, rettori, professori,
studenti –, secondo le proprie responsabilità,
si facciano carico di attuare la riforma
in maniera intelligente e responsabile. La partita
si giocherà anche attraverso i decreti attuativi.
I prossimi mesi saranno dunque decisivi
per non trovarsi domani ancor più imprigionati
nella giungla delle norme e nella palude di
una burocrazia soffocante.
Alessio Mariotti
ComUnitÀ Universitaria 6
Una volta ero in Veneto ad un convegno di studio con molti altri docenti. Eravamo al bar del centro dove
si svolgeva il meeting e si stava parlando del valore della formazione scolastica e universitaria. Il vecchio
barista, sentendo la discussione, intervenne e ci narrò divertito una storiella. Disse che un’intera famiglia
era morta di fame di fronte ad una polenta ben cucinata…perché non avevano lo spago per tagliarla!
Mia moglie, che da giovane ha svolto volontariato nelle favelas brasiliane, si accorse che le mamme davano
ai figli, che di notte si lamentavano per la fame, le foglie di coca da masticare mentre trascuravano le uova
che le galline depositavano presso le loro baracche.
Quest’estate, in visita a Kinshasa, capitale dell’ex Congo belga, per un intervento umanitario a favore di
alcuni dei tanti bambini di strada, mi sono chiesto quale competenza avessero coloro che ricevevano le
medicine che stavo lasciando per distinguere una scatola di vitamine da una di antibiotici e per saperle
correttamente somministrare.
Tre racconti emblematici che ci fanno riflettere come la cultura sia la vera ricchezza dei popoli. Anche quando
questa è una cultura semplice e secondo natura risulta sempre indispensabile alla vita.
Nei racconti dei nostri padri si diceva che era opportuno che una persona fosse acculturata perché, se anche
ciò non si sarebbe tradotto in risorse economiche, almeno questa non sarebbe rimasta “grezza e volgare”
avrebbe capito di arte e di storia e non avrebbe sbagliato i congiuntivi evitando così di far brutta figura con
il medico e il maestro.
Oggi lo scenario è totalmente cambiato. In questa situazione di crisi mondiale, non solo economica, ma anche
sociale e culturale appunto, solo i possessori di un consistente e flessibile know-how sapranno affrontare un
mondo complesso e fortemente evolutivo.
Chi non sa non avrà. L’economia è direttamente collegata alla conoscenza e da questa deriva.
Oggi un giovane che, legittimamente e doverosamente, aspira ad una piena realizzazione personale e professionale,
deve giocarsi non più sul proprio territorio e neanche in un’ipotetica emigrazione dalla nazione, ben
conosciuta dagli italiani sia in attivo che in passivo. Deve potersi proporre in ottica globale con competenze relazionali,
comunicative, linguistiche e logistiche ampie e qualificate. Il lavoro da tempo non si trova più sotto casa
o con un concorso nel proprio comune. Non si “trova” proprio più, bisogna inventarselo, su scala planetaria
tenendo conto che la globalizzazione ha massimizzato l’interdipendenza tra i popoli. Ogni scarto geopolitico,
lo stiamo riscontrando in modo evidente in questi giorni, comporta conseguenze, dirette e indirette su tutti. Il
costo dell’energia, il suo accaparramento e distribuzione, le risorse, prima fra tutte l’acqua e le materie prime,
sono oggetto di condizionamento politico. Muoversi in quest’ottica complessa significa avere grande preparazione
e capacità interpretativa per saper cogliere i processi evolutivi sui quali puntare per risultare avanti e
non precocemente superati. Ai giovani d’oggi bisogna chiarire che devono giocare d’anticipo prospettando un
mondo nuovo che non esiste ancora, se non nel loro futuro, senza sforzarsi di tenere in vita questo vecchio e
superato che noi adulti consegniamo loro.
Non si tratta di svendere l’esperienza acquisita, ma di superare il vecchio tornando all’antico. L’ethos precristiano,
in questo senso ci può venire incontro. Nel mondo greco romano tre erano i valori fondamentali: il
coraggio, la saggezza e la bellezza. Da questi derivano l’eroe pronto a dare la vita per il proprio gruppo sociale,
il saggio capace di visione profonda e virtuosa, significativamente cosciente di sé in quanto padrone delle sue
conoscenze e passioni, l’artista interprete ieratico del sentire di un popolo che registra il relativo della condizione
umana e attraverso l’arte cerca di trascenderla assolutizzandola in canoni.
Poi arrivò il cristianesimo che affermò l’idea del santo (Siate perfetti com’è il Padre vostro ch’è nei cieli – Mt 5,48),
ma questo non vuol dire che dovevamo dimenticare il preesistente, frutto di non poco sacrificio e sforzo
umano. Gesù ha appunto affermato: “Non sono venuto ad abolire, ma a perfezionare” – Mt 5, 17” e forse non
si riferiva solo al compimento delle Scritture, ma a tutto ciò che di buono nella persona umana può e deve
tendere alla pienezza.
Volendo tornare alla cultura, come l’insieme delle conoscenze che l’uomo ha conquistato “attraversando” questo
mondo e se stesso in questo mondo, organizzandole sistematicamente e non solo, perché così potrebbe
chiamarsi solo scienza, che assurge al titolo di cultura solo quando è assimilata dalla co-scienza, dobbiamo tener
conto dell’alienazione di quest’epoca. Ci stiamo perdendo e ci ritroveremo solo se ricostruiremo i rapporti
fondamentali con la natura, riconoscendoci membri attivi di essa, con noi stessi in quanto esseri spirituali, tra
di noi come simili e con Dio origine e fine del tutto. L’insieme armonico delle tre dimensioni: braccio, mente e
cuore, come afferma Paolo in 1° Tessalonicesi (Il Dio della pace vi santifichi fino alla perfezione, e tutto quello che
è vostro, spirito, anima e corpo, si conservi irreprensibile per la venuta del Signore nostro Gesù Cristo – 1 Ts 5,23)…
è il ritrovato e ritrovarsi equilibrio autenticante e vitale.
Sostanzialmente si vuol dire che ci troviamo alla fine di un’epoca e all’inizio di una nuova era. Cambiare, e solo
in meglio, è imperativo.
Dobbiamo decretare la fine dell’epoca che vantava la soddisfazione del bisogno per aprirci a quella dell’elaborazione
del sogno, dalla funzione al significato, dal sempre di più al sempre di meno perché non ci sia più
scarto reciproco tra cultura e vita.
marZo 2011

Mario Nicoliello
Aprire il cuore alla verità
La testimonianza del cardinal
J.H. Newman
Padre Michele Pischedda
Durante il volo aereo che lo portava in Scozia, prima tappa del
suo viaggio nel Regno Unito, nello scorso mese di settembre,
Benedetto XVI, intervistato dai giornalisti sulla figura del card.
Dies academicus
Nell’anno in cui l’Università Cattolica festeggia i 90 anni dalla fondazione, la
sede bresciana celebra i quarant’anni dall’istituzione in città della Facoltà di
Scienze matematiche, fisiche e naturali, avvenuta nel 1971.
Per questa ragione, alla Matematica è stata dedicata la relazione che il rettore
Lorenzo Ornaghi ha letto durante il Dies Academicus.
«Dalla sua fondazione – ha osservato Ornaghi – la Facoltà ha progressivamente
ampliato e specificato gli ambiti di didattica e ricerca. L’offerta formativa
attuale si articola in quattro corsi di laurea (triennali e specialistici)
in Matematica e in Fisica, al cui interno sono presenti i due filoni formativi
delle scienze informatiche e delle scienze ambientali».
Importante è anche l’attività di ricerca scientifica svolta dal Dipartimento
di Matematica e fisica. «Le linee e i progetti di ricerca esistenti, così come
le attività di didattica e di ricerca applicata – ha spiegato il rettore – evidenziano
l’intenso rapporto di collaborazione tecnico-scientifica, oltre che di
“servizio culturale”, con le istituzioni di governo e rappresentanza del territorio,
con le principali parti economico-sociali, con il mondo della scuola
secondaria superiore».
Nel 2009 è stato stipulato un accordo con il Ministero dell’Ambiente per
lo sviluppo sostenibile dell’arco alpino. Tale convenzione ha tra le sue finalità
«quella di analizzare i fenomeni dei cambiamenti climatici, identificando
quali siano le azioni prioritarie di gestione e difesa del territorio da porre
John Henry Newman C.O. che dopo qualche giorno avrebbe
beatificato, dichiarava che «Newman è soprattutto un uomo
moderno che ha vissuto tutto il problema della modernità, che
ha vissuto anche l’agnosticismo, il problema dell’impossibilità di
conoscere Dio, di credere. Un uomo che è stato tutta la sua
vita in cammino, per lasciarsi trasformare dalla verità in una ricerca
di grande sincerità e di grande disponibilità di conoscere
e di trovare e di accettare la strada che dà la vera vita».
Attraverso un esemplare esercizio di onestà intellettuale Newman
è approdato alla fede e successivamente al “porto” della
Chiesa cattolica. Considerando più da vicino la figura del beato
card. John Henry Newman C.O. (1801-1890), non si può dimenticare
che la sua è stata una storia segnata da numerose
prove personali, caratterizzata da una grande passione per le
anime e da non poche incomprensioni, ma anche, e soprattutto,
storia segnata da una sola e grande ricerca: la verità.
Al di là di ogni tradizione e conformismo, sempre disposto a
pagare di persona, J. H. Newman ha cercato solo e soltanto la
verità, con tutte le sue forze. La sua lunga vita è ben nota, ha
attraversato tutto il XIX secolo. Newman è un autore che ha
offerto ai suoi amici e ai suoi lettori il risultato di un proprio itinerario
personale. Tutto ciò che ha scritto, fino agli ultimi mesi
di vita, egli lo ha prima di tutto maturato e sofferto, intellettualmente
ed esistenzialmente, nella sua esperienza personale.
In Newman si ritrovano sorprendentemente ambedue i ruoli.
Di Newman affascina l’onestà intellettuale ed il modo con cui
la ricerca della verità lo ha portato alla pienezza della fede
cattolica.
Di particolare rilevanza sono le riflessioni con cui J. H. Newman,
già Fellow dell’Oriel College ad Oxford, espone nella sua
Idea di Università, scritto nell’assumere il ruolo di Rettore della
in atto per contrastare gli effetti negativi prodotti sull’ambiente alpino e
sulle attività economiche ad esso connesse», ha evidenziato Ornaghi, aggiungendo:
«La comunità scientifica della Facoltà si avverte dunque, al tempo
stesso, locale e globale. E le numerose pubblicazioni su autorevoli riviste
scientifiche internazionali testimoniano l’attiva presenza in reti di eccellenza
internazionale; così come la partecipazione di tanti docenti a progetti e
iniziative locali sottolineano la fedele e efficace conservazione dell’eredità
di quel genius loci, che fu proprio del grande scienziato bresciano a cui è
dedicato il Dipartimento, Niccolò Tartaglia».
Accanto ai laboratori è operante il Crasl (Centro di Ricerca per l’Ambiente
e lo Sviluppo sostenibile della Lombardia), la cui attività è integrata con
quella dell’Alta Scuola per l’Ambiente (Asa).
«Molta strada – ha concluso Ornaghi – è stata percorsa da quando si
cominciò, più di quarant’anni fa, a tradurre in un’opera destinata a durare
l’idea di una Facoltà che concretamente mostrasse quanto sia essenziale,
per la cultura cattolica, l’incessante approfondimento del rapporto fra fede
e scienza. La nascita e lo svolgimento della Facoltà di Scienze matematiche,
fisiche e naturali sono pressoché interamente da inserire in quel cattolicesimo
bresciano, il cui primo frutto nel campo degli studi universitari è
stato lo sviluppo della pedagogia, così anticipando la risposta a quella che
oggi sempre più avvertiamo come l’emergenza educativa».
neonata Università Cattolica di Dublino. l’ideale di persona colta,
vedendo la formazione universitaria come educazione ad
un’«educazione al sapere» mossa non da fini utilitaristi, perché
il «sapere è fine a se stesso». Essa ha di mira la persona, il suo
porsi di fronte al mondo e di fronte agli altri, il suo modo di
acquisire le varie cognizioni collocandole nel loro giusto contesto
e valore, non in base a criteri esterni, ma fondandosi su
quanto il soggetto stesso va maturando in sé mediante il suo
conoscere.
Newman ritiene che un insegnamento che non si preoccupi
di mostrare il significato ed il ruolo di ogni singola disciplina
nel contesto di una unità del sapere non sarebbe adeguato
alla formazione di un universitario. Così lo esprime lo stesso
Newman: «Se dunque polemizzo, e dovrò polemizzare, contro
la conoscenza Professionale o Scientifica come fine sufficiente
di un’Educazione Universitaria, non pensiate, Signori, che voglia
mancar di rispetto a studi, o arti, o vocazioni particolari, e a
coloro che sono impegnati a essi. Nel dire che la Legge o la
Medicina non sono il fine di un’educazione Universitaria, non
intendo dire che l’Università non deve insegnare la Legge o la
Medicina. Che cosa infatti essa può insegnare, se non insegna
qualche cosa di particolare? Essa insegna tutta la conoscenza
insegnando tutti i suoi settori, e in nessun altro modo. Io dico
soltanto che vi sarà questa distinzione per quel che riguarda
un Professore di Legge, o di Medicina, o di Geologia, o di
Economia Politica, in un’Università e fuori di essa, che fuori di
un’Università egli corre il pericolo di essere assorbito e circoscritto
dalla sua specializzazione e di fare lezioni che sono nulla
più che le Lezioni di un giurista, di un medico, di un geologo, o
di un economista politico; mentre in un’Università egli sa dove
collocare se stesso e la propria scienza, a cui giunge, per così
continua a pag. 8
ComUnitÀ Universitaria 7 marZo 2011

la
bacheca
Preghiera
quotidiana in
preparazione
alla Pasqua
Per tutto il tempo di Quaresima,
verrà proposto quotidianamente
presso il CUD (via della Rocca, 16) un
momento di preghiera in preparazione alla
Pasqua, alle ore 12.00.
Lectio divina
Gli appuntamenti di Lectio divina nelle residenze universitarie con i Salmi, dopo le
tappe del tempo di Avvento, riprenderanno in Quaresima, alle ore 20.30:
- martedì 22 marzo 2011
un frutto per il creato: salvezza per tutti i popoli
sal 67 (66) la terra ha dato il suo frutto
presso Famiglia Universitaria – via Ferrando, 1
- martedì 29 marzo 2011
un frutto nella casa: salvezza per chi teme Dio
sal 103 (102) benedici il Signore, anima mia
presso Convitto “Sacro Cuore” – via M. da Barco, 2
- mercoledì 6 aprile 2011
un frutto nella comunità: salvezza attraverso la
pietra scartata, diventata pietra d’angolo
sal 118 (117) rendete grazie al Signore perché è buono
con meditazione del Vescovo Luciano
presso Cedisu – Via Valotti 3
Buona Pasqua
nel Cristo Risorto
educazione e Sostenibilità ambientale
giovedì 28 aprile 2011
Università degli Studi di Brescia - Facoltà di Ingegneria -
Sala Consiliare in via Branze 38
Città e ambiente: quale modello di sviluppo?
giovedì 5 maggio 2011
Centro Pastorale UC e CUD in collaborazione con ASA - Alta Scuola per l’Ambiente
presso Università Cattolica del Sacro Cuore di Brescia - Aula Chizzolini, via Trieste 17
Progettazione pedagogica e sostenibilità: educare allo sviluppo umano
integrale
venerdì 13 maggio 2011
presso Centro Saveriani - via G. Piamarta 9
Educazione e sostenibilità ambientale
Con la partecipazione di Mons. Luciano Monari in dialogo con alcuni docenti dell’Università
degli Studi di Brescia e dell’Università Cattolica del Sacro Cuore.
Giornate di spiritualità per giovani
Presso il CUD è possibile iscriversi per partecipare a “un solo pane, un unico corpo”,
giornate di Spiritualità per giovani all’Eremo di Bienno (BS) nei giorni 27-29 maggio
2011. Le meditazioni saranno tenute dal vescovo Luciano, l’animazione è a cura
dell’équipe diocesana.
Servizio di Pastorale universitaria
via Trieste, 13 - 25121 Brescia - Tel. 030.3722271
www.diocesi.brescia.it/cud
past.universitaria@diocesi.brescia.it
Cud • Centro Universitario Diocesano
via della Rocca, 16 - 25121 Brescia - Tel. 030.3751047
cud@diocesi.brescia.it
robertolombardi@diocesi.brescia.it
Centro PaStoraLe • Università Cattolica
Via Trieste, 17 - 25121 Brescia - Tel. 030.2406206
centro.pastorale-bs@unicatt.it
michele.pischedda@unicatt.it
ComUnitÀ Universitaria 8
Dal con-vertere all’uni-vertere
compagnia. Ma oltre che del cibo materiale, per una vita degna dell’uomo, creato
a immagine e somiglianza di Dio, c’è bisogno anche del cibo dell’amicizia, della
conoscenza, dell’impegno.
Allora fare elemosine è fare compagnia, condividere gioie e fatiche quotidiane.
Per un universitario, anche la fatica e l’impegno dello studio, della ricerca, dell’imparare.
Perché quando mi metto in compagnia di altri, anche nella ricerca dei
beni materiali, del progresso materiale, progredisco come per-sona, come essere
in relazione, “sono per l’altro”, aperto al dono.
Perché chi lavora a servizio della cultura è uomo di ricerca, corre verso ogni
possibilità di conoscenza più grande, di vita più piena. E proprio perché il sapere,
la conoscenza, costituiscono un bene che non può essere trattenuto - che anzi
chiede di essere condiviso, nell’insegnamento, nel servizio ad un autentico progresso
umano, per tutti gli uomini e per tutto l’uomo - lo scambio di conoscenze
chiede di misurarsi con la comunicazione, con l’unità e con la gratuità del dono.
La ricerca di conoscenza sempre più approfondita può diventare anche ricerca
di senso, per questo fede e cultura non sono in contrasto tra loro.
Anzi, “fides et ratio” sono chiamate ad incontrarsi in un cammino di collaborazione
e di reciproco arricchimento, consapevoli del loro integrarsi, per una crescita
integrale della persona.
I nostri vescovi italiani, negli Orientamenti pastorali per questo secondo decennio
del 2000, sul tema dell’Educazione, ci offrono questa visione di Università: un
luogo di incontro e di dialogo, in cui si formano le persone, orientandole nella
complessa cultura odierna; dove si promuove competenze attente alle esigenze
di senso. Risponde al desiderio di conoscenza dell’uomo che vuole sapere, vuole
verità, portando ad una formazione integrale della persona, suscitando la ricerca
del bello, buono, vero e dell’uno.
Quindi l’Università non deve dare solo conoscenze, ma soprattutto offrire strumenti
per conoscere sempre di più, perché la ricerca possa continuare, perché il
sapere possa aiutare a capire, a scegliere, a dare valore alle cose, perché la verità
non sia frodata.
L’Università dovrebbe essere un aiuto a formare persone libere: capaci di scegliere
perché sanno discernere; capaci di progettare perché attraverso la continua
ricerca hanno maturato coscienze critiche; capaci di insegnare con autorevolezza
perché educano e formano le nuove generazioni, protesi più al bene di queste
che al proprio.
Infine la preghiera: dovrebbe essere il vertice della nostra esperienza di relazione.
Perché quando lo Spirito in noi prega, dice “Padre, Abba”, ce lo ricorda san Paolo.
E quando il Figlio Gesù, il nostro Salvatore, ci insegna a pregare, dice “Padre”, e
“Padre nostro”.
Questo è il vertice della Rivelazione: siamo figli di Dio nel Figlio Unigenito, Gesù,
nostro Salvatore. Dio è per sempre “convertito”, rivolto verso di noi in una
relazione di amore. Siamo chiamati a guardare insieme, verso di lui, questa è
preghiera.
Siamo salvati dall’isolamento, dalla perdizione della non relazione.
E che viviamo da salvati si vede nella misura in cui sappiamo vivere da fratelli.
Ampliare le possibilità di conoscenza non è in contrasto con l’orientamento da
dare a queste opportunità sempre nuove: e quando è autenticamente cercato il
bene dell’uomo, si incontra il volto di Dio.
Perché il Dio che Gesù ci ha rivelato con la sua incarnazione non è un Dio lontano
dall’uomo, ma il Dio appassionato dell’uomo, che da’ la vita per la salvezza
dell’uomo.
A questo amore, anche chi vive in Università, può affidare la sua quotidiana passione.
Buona quaresima allora, camminiamo insieme verso la luce.
La Luce della Pasqua, quella che ci mostra chi saremo, per sempre: vivi e amati,
vivi e capaci di amare. Per sempre. Perché in Gesù risorto, resterà per sempre la
nostra vita e la nostra capacità di amare.
Buona Pasqua di Risurrezione.
Roberto Lombardi
Aprire il cuore alla verità
da pag. 1
da pag. 7
dire, da una sommità, dopo aver avuto una visione globale di tutto il sapere, è trattenuto
dalla stravaganza dalla stessa competizione di altri studi, trae da essi un’illuminazione speciale
e un’ampiezza mentale e un senso di libertà e il possesso di sé, e tratta di conseguenza
il suo proprio settore con una filosofia ed una ricchezza di risorse, che non appartengono
allo studio in se stesso, ma alla sua educazione liberale».
Caratteristica fondamentale della formazione universitaria, per il card. Newman, è la sua
capacità di giungere ad una visione unificata della realtà, ad un giudizio critico sulle conclusioni
cui ciascuna di esse perviene, riconoscendo nel contempo il contributo di ogni
sapere parziale alla ricerca di una verità colta come coerenza con il tutto. L’educazione
liberale, che in vari luoghi Newman indica col termine di «educazione filosofica», diviene
allora quell’educazione adeguata ad esercitare tale sguardo, riconoscendovi un sapere che
ha valore in sé. Afferma Newman: «Tutti i settori del sapere sono, almeno implicitamente,
l’oggetto dell’insegnamento universitario; questi settori non sono isolati e indipendenti
l’uno dall’altro, ma formano insieme un tutto o un sistema; essi si fondono e si completano
vicendevolmente, e l’esattezza e la veridicità del sapere che essi, ciascuno per suo conto,
trasmettono, sono relative alla visione che ne abbiamo come di un tutto; la vera cultura
consiste nel processo di trasmissione del sapere all’intelletto in questa maniera filosofica;
una tale cultura».
Queste riflessioni, che possono apparire datate, non hanno perso tutto il loro valore di
provocazione. Sono domande che sollecitano ancora oggi una presa di coscienza. Ed è in
questo senso che Newman continua ad interrogare la modernità, chiedendoci se abbiamo
preso davvero sul serio, tutto il potenziale umano e culturale posseduto dalla Rivelazione,
ovvero la capacità che il Vangelo ha di svelare l’uomo, la sua cultura, la sua ricerca di verità,
il suo desiderio di Dio.
Padre Michele Pischedda
marZo 2011