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era già a Parigi nel 1844. Il secondo, che fu il protagonista del movimento realista<br />
napoletano, era un animalista con tutti i limiti del pittore di genere, per cui la<br />
scelta stessa del campo di ricerca ne pone il limite: la realtà non è un problema<br />
da affrontare, bensì una nozione da approfondire. Muove dal presupposto che gli<br />
animali sono più naturali, quindi più interessanti degli uomini: c'è dunque già un<br />
preciso repertorio di dati che l'artista si propone di analizzare con un lavoro<br />
d'interpretazione e di commento. Si tratta di cogliere la ruvidezza o la morbidezza<br />
del pelo, la naturalezza di un movimento mediante macchie o tocchi di colore.<br />
Sono tipi o nozioni che si precisano o inverano: l'asino o la capra diventano<br />
quell'asino o quella capra, che si muovono in quell'ambiente, ed il cui pelo<br />
reagisce in quel modo alla luce. Infine, non è una scoperta, ma una verifica: non<br />
realismo, ma verismo. È questa la differenza radicale tra Courbet e Palizzi; il<br />
verismo di Palizzi è sempre aneddotico perché il pittore sa di cogliere e mettere a<br />
fuoco solo un frammento, un caso particolare della realtà.<br />
Negli stessi anni, a Napoli, DOMENICO MORELLI (1826-1901) vara un<br />
programma apparentemente opposto: la pittura deve rappresentare "figure e<br />
cose non viste, immaginate e vere ad un tempo". Respinge infatti il limite del<br />
"genere", punta alla riforma, e ad una riforma in senso romantico, della<br />
composizione storico-religiosa. A Morelli si poteva facilmente obbiettare che la<br />
sua pittura poteva essere sostituita dalla fotografia di un "soggetto"<br />
preventivamente composto in atteggiamenti recitativi o drammatici, con i costumi<br />
e gli arredi del tempo, e artificiosamente illuminato per renderlo più fortemente<br />
emotivo. La riforma morelliana, insomma, concerne il tema più che la resa<br />
pittorica, a cui s'impone soltanto di essere rapida ed efficace affinché il<br />
"fotogramma" sia più impressionante.<br />
Così Morelli attinge non pochi espedienti compositivi e luministici dalla pittura<br />
napoletana del Seicento e, talvolta, dal Tiepolo, di cui ammira più la regìa che la<br />
qualità pittorica; ancora una volta l'impulso romantico si traduce in ripresa<br />
barocca. D'altra parte, se il bersaglio vicino della polemica morelliana è il<br />
modesto realismo della pittura "di genere" di Palizzi, il suo vero obbiettivo è la<br />
pittura di storia di Hayez e dei suoi molti seguaci: al Romanticismo "freddo" del<br />
settentrione vuole insomma contrapporre il Romanticismo "caldo" del meridione.<br />
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