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Scarica il catalogo della mostra (pdf 3.006,32Kb) - Regione Lazio

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La statua di Nerone, ricordata da Francesco<br />

Bianchini come proveniente da Anzio<br />

e conservata presso la famiglia Borghese,<br />

potrebbe riconoscersi nel “patricius puer”<br />

inciso nel 1638 da François Perrier nei<br />

Segmenta Nob<strong>il</strong>ium Signorum et Statuarum<br />

(tav. 40) e identificato nelle descrizioni<br />

seicentesche di V<strong>il</strong>la Borghese come<br />

un “Nerone giovinetto, in habito consolare<br />

con la bulla al collo”. A seguito <strong>della</strong><br />

vendita ottocentesca <strong>della</strong> collezione da<br />

parte del principe Cam<strong>il</strong>lo a Napoleone<br />

Bonaparte, l’esemplare è confluito nel<br />

Museo del Louvre (Ma 1210). Storicamente<br />

probab<strong>il</strong>e è la collocazione di una<br />

statua del giovane Nerone nel luogo che<br />

gli diede i natali.<br />

Altri due ritratti vicini all’iconografia giulio-claudia,<br />

che, come sopraricordato, si<br />

trovano attualmente nel Museo Torlonia<br />

alla Lungara, furono indicati da Carlo<br />

Lodovico Visconti, nella seconda metà<br />

dell’Ottocento, come di origine anziate.<br />

Alcune delle sculture trattate potrebbero<br />

aver fatto parte di una galleria di ritratti<br />

di famiglia ubicata nel settore residenziale,<br />

del tipo di quelle rinvenute in altre<br />

v<strong>il</strong>le di proprietà imperiale extraurbane,<br />

come Lanuvium, Gabi e V<strong>il</strong>la Adriana<br />

stessa. Si tratta di cicli che non si formarono<br />

in un’unica fase, ma che subirono<br />

progressivi ampliamenti secondo le vicende<br />

dinastiche.<br />

Elio Vero, adottato e designato da<br />

Adriano all’Imperium nel 136 d.C. e<br />

morto nel 138 d.C, non salì mai al trono.<br />

Il suo ritratto, che misura sessantaquattro<br />

centimetri, sicuramente postumo, si presta<br />

ad essere inserito nella propaganda<br />

imperiale per la promozione <strong>della</strong> continuità<br />

dinastica degli Antonini.<br />

Non è escluso neppure <strong>il</strong> collegamento<br />

con immagini erette in luoghi pubblici,<br />

quali <strong>il</strong> foro, individuato tra V<strong>il</strong>la Albani e<br />

Palazzo Corsini, come indica <strong>il</strong> ritrovamento<br />

di numerose dediche epigrafiche in<br />

onore di Germanico, Tiberio, Claudio,<br />

Nerva, Lucio Vero, Commodo, Caracalla,<br />

cui potevano accompagnarsi statue o busti.<br />

Dal territorio di Anzio proviene probab<strong>il</strong>mente<br />

anche <strong>il</strong> ritratto di età gallienica,<br />

previsto per l’inserimento in una<br />

statua, conservato nella Ny Carlsberg<br />

Glyptotek di Copenhagen (inv. 831) e<br />

procurato nel 1887 a Carl Jacobsen da<br />

Wolfgang Helbig, protagonista assai discusso<br />

del mercato d’arte di fine Ottocento<br />

(fig. 12).<br />

La lussuosa marmorizzazione <strong>della</strong> v<strong>il</strong>la<br />

imperiale è attestata dall’impiego di pavimenti<br />

in opus sect<strong>il</strong>e (fig. 13), dalle colonne<br />

e dai frammenti architettonici in<br />

marmo bigio e dalle lastre in giallo antico<br />

purtroppo dispersi, ma noti da disegni e<br />

dagli appunti di Pier Leone Ghezzi e ricordati<br />

anche da altri personaggi che visitarono<br />

Anzio nel Settecento. A questo<br />

proposito è degno di interesse un altro disegno<br />

<strong>della</strong> stessa epoca che <strong>mostra</strong> due<br />

colonne frammentarie e una base giacenti<br />

presso alcuni ruderi, situab<strong>il</strong>i nella zona<br />

nord di Anzio, pressapoco al pianoro delle<br />

Vignacce, ivi indicati come “palazzo di<br />

Nerone”, ma forse appartenenti alla V<strong>il</strong>la<br />

Spigarelli o al Teatro (fig. 14).<br />

La monumentalità dell’architettura che<br />

doveva contraddistinguere oltre alla residenza<br />

<strong>della</strong> famiglia imperiale, anche gli<br />

edifici pubblici e alcune domus private<br />

viene riflessa dal gran numero di ritrovamenti<br />

di colonne (con fusti in granito, cipollino,<br />

bigio, bardiglio, verde e giallo<br />

antico; dalle forme lisce, scanalate e buccellate)<br />

che in varie occasioni furono segnalati<br />

nella v<strong>il</strong>la imperiale, nei quartieri<br />

dell’entroterra (V<strong>il</strong>le Adobrandini, Albani),<br />

presso <strong>il</strong> porto romano e durante la<br />

costruzione del molo innocenziano. I recuperi<br />

dal mare si avvantaggiarono dei<br />

crolli degli edifici antistanti la linea di<br />

costa, ma potrebbero anche attestare<br />

un’attività di importazione di epoca romana<br />

non andata a buon fine.<br />

Questi materiali condivisero <strong>il</strong> destino del<br />

reimpiego nella vicina Nettuno, dove Rodolfo<br />

Lanciani nel 1870 (BullInst, 18)<br />

contò quarantanove fusti di antiche colonne<br />

impiegate per usi diversi, e in nuove<br />

costruzioni di chiese e palazzi nob<strong>il</strong>iari di<br />

Roma, dove vennero trasferiti sia via terra<br />

che per mare: se ne avvalse la Reverenda<br />

Camera Apostolica, nel 1596, ai tempi<br />

del pontificato di Clemente VIII Aldo-<br />

Anzio e Nerone.<br />

Tesori dal British Museum e dai Musei Capitolini<br />

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