Numero Aprile 2009 del 06.04.2009 - Provincia di San Michele ...

di Francesco Armenti
Il senso di questa riflessione pindarica
sulla risurrezione parte da una provocazione
che nel 1991 Liliana Cavani lanciò
nel corso di un incontro tenutosi a Milano.
Ripercorrendo l’insegnamento e la figura
di san Paolo la regista affermò che il
centro della dottrina e della fede paolina
era la risurrezione di Cristo e che «sarebbe
rimasta scossa se le fosse capitato di
incontrare un cristiano che dicesse seriamente
“Cristo è risorto”» 1 .
Il nocciolo della nostra fede è la risurrezione
di quell’uomo crocifisso che
si autoproclamava il Messia, il Figlio
di Dio (cfr.1 Cor 15,1-22), fondamento
che dovrebbe decidere il senso e lo stile
stesso della esistenza dei credenti, che
dovrebbe animare la vita della Chiesa, le
scelte e l’impegno politico, sociale e familiare
dei testimoni del Risorto. Ogni
giorno per i credenti dovrebbe essere
Pasqua, occasione per gridare,con la loro
testimonianza,al mondo la fede nel Risorto,
avvenimento unico e irripetibile
che ha confermato il Cristo come figlio
dell’Altissimo. Nella quotidianità della
vita dovrebbe emergere la novità della
speranza della risurrezione.
Dire e vivere con convinzione che Cri-
sto è risorto significa incarnare nella ferialità
esistenziale la “diversità” del Dio
di Gesù di Nazaret, il binomio vincente,
cioè, tra la Croce e il sepolcro vuoto. La
novità della nostra fede non è che Cristo
ha vinto la morte ma che la morte è stata
“uccisa” dall’amore, dalla vita, che Dio
non solo si è fatto uomo ed è morto ma
che nel Figlio è morto di Croce. Questa è
l’eterna novità: Dio ha vinto la morte con
l’amore scegliendo di morire sulla Croce
e di risorgere.
Pasqua è riconoscere e dare validità a
questa diversità di Dio predicata ed annunciata
con la vita diversa vissuta da
Cristo. Egli, difatti, ha manifestato un
volto diverso di Dio: la religione del cuore
invece che della legge, l’amore ai nemici
da vivere unitamente a quello agli
amici, la predilezione per i poveri, gli ultimi,
l’impareggiabile valore della libertà
di coscienza dell’uomo, il dolore di Dio
per la sofferenza umana, la sua misericordia,
il suo ostinato amore nonostante
l’infedeltà degli uomini. La diversità
di Dio la si vede ed apprezza quando
dall’alba radiosa del “primo giorno dopo
il Sabato” volgiamo lo sguardo del cuore
alla passione del Golgota, alla fatica
del Calvario, quando si ode e ci si lascia
inquietare dal riverbero del grido emesso
dalla Croce. Pasqua è passare dalla
Santa Pasqua
risurrezione alla passione per affermare
la grandezza della diversità di Dio. Quel
Dio-uomo issato sul legno della Croce è il
«volto nuovo del Dio rivelato da Gesù, e
la risurrezione dice che Dio in quel volto
si è riconosciuto pienamente». 2 Sì, fare
Pasqua è saper vedere questa diversità del
Dio di Gesù di Nazaret perché il discepolo
e colui che sa osservare e vedere in profondità.
L’evangelista Marco, difatti, al
termine del racconto della crocifissione
dice di alcune donne che «stavano ad osservare
da lontano» (cfr. Mc 15, 40-41). Il
verbo utilizzato (Theorein) indica un vedere
con attenzione, partecipazione, un
vedere sentendo. Per celebrare Pasqua
dobbiamo saper vedere il Dio diverso
perché è il Dio della Croce, il Dio della
risurrezione,il Dio degli ultimi, il Dio
giustizia per le vittime dell’ingiustizia,
il Dio pace in opposizione alla violenza
umana, il Dio senso contro il “non senso”
proposto dal mondo, il Dio fedeltà come
risposta all’infedeltà del peccato. Pasqua
è credere nella “risurrezione nella Carne”
perché Cristo è la risurrezione della
Carne e non dei morti. La fede cristiana è
“esaltazione del carnale”(L.Giussani), del
materiale(Romano Guardini), è glorificazione
della corporeità, è senso della storia,
è orientamento del tempo perché Dio
si è fatto carne, tempo, storia, corpo. Ed
è per la risurrezione di Cristo che l’umanità
può entrare, può essere immersa nel
“grande Mistero” che è, appunto, il Mistero
di Dio non più ignoto ma visibile, toccabile,
tangibile, sensibile. Tutta questa
sublimità non dovrebbe farci gridare con
convinzione dal fondo della nostra pochezza
che “Cristo è veramente risorto”?
La convinzione di questa verità è data,
dimostrata, visibilizzata dal rapporto che
abbiamo con la carnalità del mondo, con
la carnalità dei grandi e piccoli problemi
dell’uomo, della povertà, dell’amore coniugale,
della sessualità, del denaro, del
potere. E’ Pasqua quando sappiamo far
risorgere la carne dell’uomo e della storia
nel mistero del Risorto, quando sacralizziamo
la carnalità, quando rafforziamo
la caducità umana, quando esaltiamo in
speranza la disperazione, quando glorifichiamo
l’amore imperfetto dell’uomo,
quando trasformiamo il tempo in kairos,
in resurrezioni quotidiane di pace, riconciliazioni
e giustizia. Pasqua è la risurrezione
“delle cose così come sono”, del
niente in tutto, del vuoto nella pienezza
di ed in Dio, dell’odio nell’amore, della
disperazione nella speranza, della confusione
nella certezza.
1 Citato in, LUIGI GIUSSANI, La familiarità con
Cristo, San Paolo 2008, p. 81.
2 BRUNO MAGGIONI, I racconti evangelici della
Risurrezione , Cittadella Editrice 2001, p. 144.
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