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PIER ELEONORO NEGRI - Pontelandolfo news

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<strong>PIER</strong> <strong>ELEONORO</strong> <strong>NEGRI</strong><br />

Era ufficiale nell'esercito piemontese che nel 1860 andò incontro a Garibaldi che risaliva la<br />

penisola con i suoi Mille e combatté sul Garigliano assieme al 7° battaglione Bersaglieri. In<br />

seguito partecipò come colonnello alla guerra contro il brigantaggio rendendosi responsabile<br />

del massacro di <strong>Pontelandolfo</strong> e Casalduni (14/8/1861).<br />

L’ECCIDIO DEL 14 AGOSTO 1861 di Gigi Di Fiore<br />

L’eccidio di <strong>Pontelandolfo</strong>, compiuto da una colonna di 400 bersaglieri il 14 agosto del 1861,<br />

resta certamente una delle pagine più oscure e controverse del nostro Risorgimento. La<br />

vicenda è nota ed inquadrata nell’anno più caldo del brigantaggio post-unitario. L’11 agosto<br />

1861, 41 dei 44 soldati al comando del tenente livornese Cesare Bracci, furono uccisi dai<br />

briganti della banda Giordano, ingrossata da cittadini di Casalduni, <strong>Pontelandolfo</strong> e Cerreto. Da<br />

giorni, in quell’area tra il Matese ed il Beneventano, erano in corso azioni di bande di ex soldati<br />

borbonici, appoggiate da notabili locali ed esponenti del clero. Il 10 agosto furono allertati, per<br />

la repressione, i soldati italiani (fino a 5 mesi prima piemontesi). Dopo la morte dei 41 soldati,<br />

fu comandata un’azione di rappresaglia militare a <strong>Pontelandolfo</strong> e Casalduni. Un episodio da<br />

vera e propria guerra civile. Il luogotenente del re, Enrico Cialdini, disse che di <strong>Pontelandolfo</strong><br />

non doveva rimanere più pietra su pietra. Chi comandò la colonna di soldati che distrusse<br />

l’intero paese (solo tre case rimasero intatte), uccidendo decine di persone e imprigionandone<br />

molte altre? La reale identità dell’ufficiale, un luogotenente colonnello, è stata sempre<br />

avvolta nel mistero. Si è sempre conosciuto il cognome, Negri, senza il nome. E<br />

genericamente di un colonnello Negri parlano lo storico borbonico Giacinto De Sivo,<br />

gli studiosi Luisa Sangiuolo, Michele Topa, Roberto Martucci, Nicola Nisco, Nicolina<br />

Vallillo, Vincenzo Mazzacane, Carlo Alianello, Cesare Cesari, Ferdinando Melchiorre,<br />

Marco Monnier, Gustavo Rinaldi, Antonio Pagano. Non fornisce dati neanche il<br />

maggiore Carlo Melegari, che guidò i militari a Casalduni. Nelle sue memorie, parla<br />

del colonnello Negri. Stop. Qualcuno (come Antonio Ciano) ha identificato il colonnello in<br />

Gaetano Negri, all’epoca giovane tenente in servizio nell’Avellinese, poi sindaco di Milano, che<br />

inviò in quei giorni alcune lettere al padre, in cui cita a nche «i casi di <strong>Pontelandolfo</strong>». Un<br />

errore già sottolineato dal professore Francesco Barra in un convegno del 1983, in cui, però, il<br />

docente, smentendo l’identificazione con Gaetano Negri, non fornì alternative. Così, anche io<br />

incorsi nell’errore nel mio saggio pubblicato da Grimaldi nel 1998, in cui glissai sulla questione.<br />

Ma l’identificazione del colonnello rimase una partita aperta. All’Archivio di Stato di<br />

Torino esiste un elenco di ben 15 ufficiali con il cognome Negri, in servizio tra il 1860<br />

ed il 1861 nella «campagna della Bassa Italia». Per esclusioni anagrafiche e di zone di<br />

operazione, limitandosi agli ufficiali che facevano parte del corpo dei Bersaglieri, ne restavano<br />

tre: Santo Negri (allora capitano del quarto Bersaglieri, originario di Sondrio), Giovanni Negri<br />

(di Lodi), Pier Eleonoro Negri (Veneto). Nulla forniscono gli atti ufficiali, conservati all’Archivio<br />

centrale dell’Ufficio storico dell’esercito a Roma, dove il Negri di <strong>Pontelandolfo</strong> viene citato<br />

senza nome. M a sono gli «Stati di servizio» a svelare l’arcano. Documenti conservati all’Ufficio<br />

documentazione dell’Esercito a Roma. Da quelle carte dell’800, risulta che fu Pier<br />

Eleonoro Negri a guidare, all’alba del 14 agosto 1861, la colonna di bersaglieri che,<br />

per rappresaglia, distrusse il paese del Beneventano, con metodi così violenti da<br />

indurre il deputato milanese Giuseppe Ferrari a parlarne nel neo Parlamento italiano<br />

a dicembre del 1861. L’ulteriore conferma è poi arrivata da un piccolo saggio dello storico<br />

vicentino Andrea Kozlovic («Bersaglieri - Pagine di storia e di vita»), fotocopiate da Antonio<br />

Pagano, allertato nelle ricerche a Vicenza. Pier Eleonoro Negri aveva all’epoca 44 anni, era<br />

luogotenente colonnello dal giugno 1861 ed era già stato decorato per la battaglia del<br />

Garigliano contro i borbonici e per le prime due guerre d’indipendenza. Era nato a Locara, in<br />

provincia di Vicenza, da nobile famiglia veneta. Dopo 40 anni di servizio, si ritirò con il grado di<br />

generale e l a Gran Croce dell’Ordine della Corona d’Italia. Morì nel 1887. Dopo gli eccidi,<br />

aveva telegrafato al governatore di Benevento, Gallarini: «All’alba giustizia fu fatta contro<br />

<strong>Pontelandolfo</strong> e Casalduni. Essi bruciano ancora».


GAETANO <strong>NEGRI</strong><br />

nato a Milano nel 1838<br />

Uomo politico di idee "moderate"; fu sindaco di Milano dal 1884 al 1889, poi deputato e senatore.<br />

Alfonso Vesci mi avverte che non deve essere confuso col tenente colonnello Pietro Negri che<br />

aveva guidato le truppe del neonato Regno d'Italia a reprimere nel sangue le resistenze antiunitarie<br />

del Sannio (eccidio di <strong>Pontelandolfo</strong> e Casalduni nel 1861).<br />

A<br />

GAETANO <strong>NEGRI</strong><br />

AMICI ED AMMIRATORI<br />

D'OGNI PARTE D'ITALIA<br />

______<br />

1838 - 1902<br />

SCULTORE<br />

LUIGI SECCHI<br />

1853 1921<br />

(a destra)<br />

TRA LE ARMI<br />

NEI CONSIGLI DELLO STATO E DEL COMUNE<br />

PUGNO' IMPAVIDO<br />

PER LA DIGNITA' DELLA PATRIA ITALIANA<br />

PER LA GRANDEZZA CHE CI PREVIDE SICURA<br />

DI QUESTA SUA CITTA' DILETTISSIMA<br />

(a sinistra)<br />

ALLA SUA MENTE GAGLIARDA<br />

DI PENSATORE E DI CRITICO<br />

NESSUNA VETTA DELLA SCIENZA<br />

PARVE ARDUA<br />

NESSUN ABISSO METAFISICO<br />

IMPERSCRUTABILE<br />

Il monumento, opera di Luigi Secchi, fu inaugurato nel 1908.


Pier Eleonoro Negri<br />

Locara (S.Bonifacio), Vr 1817 - Vicenza 1887<br />

MEDAGLIA D'ORO AL VALOR MILITARE<br />

MAGGIORE CONTE <strong>PIER</strong> <strong>ELEONORO</strong> <strong>NEGRI</strong><br />

BATTAGLIA DEL GARIGLIANO 29 OTTOBRE 1860<br />

Era ufficiale nell'esercito piemontese che nel 1860 andò incontro a Garibaldi che<br />

risaliva la penisola con i suoi Mille e combatté sul Garigliano assieme al 7°<br />

battaglione Bersaglieri. In seguito partecipò come colonnello alla guerra contro<br />

il brigantaggio rendendosi responsabile del massacro di <strong>Pontelandolfo</strong> e<br />

Casalduni (14/8/1861).


I FATTI DI PONTELANDOLFO<br />

Finita l'operazione, non appena poté, Negri telegrafò a Cialdini dicendogli che "ieri, all'alba,<br />

giustizia fu fatta contro <strong>Pontelandolfo</strong> e Casalduni. Essi bruciano ancora". Melegari invece<br />

accettò l'opsitalità del colonnello della Guardia nazionale e al banchetto (parole sue) "si parlò<br />

allegramente di tutto un poco" e "alla frutta il colonnello portò un brindisi ai bersaglieri e<br />

all'Esercito". Negri, a seguito di questa esemplare azione repressiva, fu promosso<br />

maggior generale, mentre Melegari, che già era stato con Cialdini in Crimea,<br />

raggiunse i più alti gradi dell’esercito.<br />

Non vi fu alcun processo e, come scrive Angelo Del Boca nel suo Italiani, brava gente?,<br />

"probabilmente nessuno di essi [i soldati, ndr] avvertì il peso dei delitti che aveva commesso.<br />

Ufficiali e soldati avevano ubbidito agli ordini prodigandosi con enorme zelo, persuasi di aver<br />

agito nel bene della patria e di aver legittimamente punito briganti che non avevano nulla di<br />

umano". Inutili furono le denunce in Parlamento del deputato della Sinistra Giuseppe Ferrari<br />

che, dopo avere visitato <strong>Pontelandolfo</strong>, constatò che erano rimaste in piedi solo tre case.<br />

Ebbe l'appoggio di un solo collega. In tutta risposta, nonostante una Commissione d'inchiesta<br />

sul brigantaggio annotò il profondo malessere delle popolazioni meridionali dopo (e a seguito)<br />

dell'unità d'Italia, la Legge Pica ebbe esclusivamente misure repressive, e affidò la soluzione<br />

dell'emergenza ai tribunali militari e ai plotoni di esecuzione.<br />

... bisogna fare i conti con la storia ...<br />

Dedicare a Vittorio Emanuele II una via di Palermo , sarebbe come chiamare Via<br />

Adolf Hitler una strada al centro di Tel Aviv. E alzare un busto di Nino Bixio a Bronte,<br />

sarebbe come dedicare a Albert Kesserling una statua a Marzabotto.<br />

Eppure sono "stranezze" assolutamente normali in questo paese .<br />

Ancora oggi, tutti gli anni, i vicentini depongono una corona d'alloro sulla statua del<br />

generale Pier Eleonoro Negri che nel 1861 si macchiò di crimini mostruosi contro la<br />

popolazione civile di <strong>Pontelandolfo</strong> (in Molise); roba al cui confronto l'eccidio dei<br />

Curdi ad opera di Saddam Hussein, sembra di gran lunga meno orribile.<br />

Otto anni dopo l'Unità, quando tutto il sud Italia era già in rivolta contro gli "italiani", lo stesso<br />

Garibaldi scrisse che mai si sarebbe azzardato ad attraversare di nuovo quelle contrade,<br />

perché l'avrebbero preso a sassate ...<br />

Tale era la gioia per l'Unità ed il riconoscimento per quel padre della Patria.<br />

E tanti e tali furono gli eccidi ed i rancori verso quegli "italiani" del nord che venivano a<br />

bruciare interi villaggi, violentare prima le donne e poi ucciderle in modo brutale insieme ai<br />

loro bambini (roba che neanche i marocchini al seguito dei francesi riuscirono a fare nella<br />

seconda guerra mondiale ... ricordate "La ciociara"?), che molti di quegli uomini del sud, si


arruolarono tra i regolari austriaci e combatterono contro gli italiani a Custoza (1866) e nella<br />

successiva battaglia navale di Lissa.<br />

Non esisteva l'emigrazione nelle Due Sicilie prima dell'Unità d'Italia; dopo, intere zone si<br />

svuotarono per sfuggire alla miseria che i "fratelli d'Italia" avevano causato con le loro rapine,<br />

o agli eccidi che non hanno precedenti nella storia dell'umanità.<br />

I primi campi di concentramento furono "italiani", e in essi migliaia di "sudici" furono mandati a<br />

morire e, anche uno come Cavour pensò bene di evitare che la "storia" si accorgesse di quei<br />

massacri, sicché i suoi eredi (ebbe il buon gusto di morire subito dopo l'invasione del sud)<br />

cercarono dei territori lontani (dalla parti dell'Argentina) per mandare al massacro i "sudici" ....<br />

che, se non l'aveste capito, sta per "abitanti del sud" ....<br />

L'Italia deve ancora fare i conti con queste pagine nerissime ... e non può esserci Unità se non<br />

si ristabilisce la verità storica.<br />

Devo una spiegazione per la modifica di questo<br />

articolo col quale intendo commemorare l'eccidio di<br />

<strong>Pontelandolfo</strong>.<br />

Per un mio non scusabile errore ho attribuito il<br />

comando della spedizione punitiva a Gaetano Negri<br />

di Milano, invece che a Pier Eleonoro Negri di<br />

Vicenza. Entrambi erano in forza all'esercito<br />

piemontese in quella zona, Gaetano Negri parla<br />

nelle sue lettere di <strong>Pontelandolfo</strong> e molti altri sono<br />

caduti in questo errore (il che però, non lo giustifica<br />

comunque). Chiedo scusa a Gaetano Negri e ai<br />

milanesi cui ho attribuito falsamente l'intento di<br />

onorare un assassino.<br />

Tuttavia la strage è sempre lì a reclamare la sua memoria e il problema si sposta a Vicenza, dove<br />

pure il vero assassino viene onorato e riordato con una targa apposta in una piazza della città. A lui<br />

è anche dedicata una strada di Vicenza e anche in altri paesi della zona.<br />

Pier Eleonoro Negri era un nobile, di famiglia ricca che credeva fermamente nell'unità d'Italia al<br />

punto da finanziare a proprie spese un corpo di spedizione contro l'Austria durante la prima guerra<br />

di Indipendenza. Era un bravo soldato Pier Eleonoro Negri e combatté con onore nelle numerose<br />

guerre del risorgimento. Si distinse in molte battaglie ricevendo onorificenze di grande prestigio:<br />

Medaglia d'Oro, medaglie d'argento, Gran Croce, innumerevoli menzioni per il valore militare, non


solo dal comando Piemontese ma anche da quello inglese e ottomano durante la guerra di Crimea<br />

cui partecipò con il corpo dei bersaglieri spedito da Cavour.<br />

A VIcenza c'è via Pier Eleonoro Negri. Si tratta di una medaglia d'oro un cittadino che si è distinto<br />

in modo eccezionale in fatti d'arme durante il risorgimento. E' un cittadino illustre, e quindi il<br />

Comune gli ha dedicato anche una targa, apposta nella Piazzetta S. Stefano a memoria della<br />

medaglia d'Oro ricevuta per la battaglia sul Garigliano.<br />

Pier Eleonoro Negri era un assassino, che insieme ai bersaglieri che comandava fu autore di una<br />

strage efferata almeno quanto quella di Marzabotto.<br />

Era l'agosto del 1861. <strong>Pontelandolfo</strong> è un paese nel Molise (successivamente aggregato alla<br />

provincia di Benevento) di circa 5000 anime di origini toscane, poiché un gruppo di senesi vi si<br />

trasferì durante il periodo più cruento delle lotte tra guelfi e ghibellini, e ancora oggi il paese è<br />

diviso in contrade e vi si svolge il palio. il 7 agosto arriva un gruppo di circa 200 irregolari<br />

dell'esercito di Francesco II capitanati da Cosimo Giordano per la festa del paese. I notabili liberali<br />

fuggono via, e nel paese scoppia la rivolta contro i Savoia. Ne vengono abbattuti i simboli e viene<br />

issata di nuovo la bandiera dei Borbone. La rivolta si estende ai paesi vicini, soprattutto Casalduni<br />

che ha circa 2000 abitanti, dove i borghesi vengono cacciati o uccisi e viene ripristinato il Regno dei<br />

Borboni.<br />

Il colonnello Negri di stanza a Campobasso con il grosso dei bersaglieri dell'esercito savoiardo,<br />

non capisce la gravità della situazione e improvvidamente manda in avanscoperta il Tenente Bracci<br />

con quaranta uomini dell'esercito e quattro carabinieri. Pochi per combattere i duecento soldati del<br />

Re e troppi per esplorare: in breve vengono circondati e sterminati dai rivoltosi, chiamati briganti<br />

dagli storici prezzolati - come li definì Gramsci - che scrissero la cronaca dalla parte del vincitore.<br />

Dopo il massacro, Negri ebbe l'ordine di intervenire in modo energico: il 14 agosto condusse<br />

personalmente 500 bersaglieri a <strong>Pontelandolfo</strong> e altri 400 li mandò a Casalduni, con l'ordine di<br />

distruggere entrambi i paesi. I duecento irregolari borbonici sostennero un primo scontro nel quale<br />

venti bersaglieri rimasero uccisi e poi si ritirarono nei boschi stante la supremazia numerica del<br />

nemico. Negri non cercò di inseguirli, non era quello il suo obiettivo. Non voleva fare la guerra ad<br />

un esercito allo sbando ma che comunque difendeva la sua terra dall'invasore, doveva dare una<br />

lezione alle popolazioni, compiere un'impresa che restasse nella memoria di tutti per far capire chi<br />

fossero realmente i nuovi padroni. I bersaglieri e i Carabinieri arrivarono a <strong>Pontelandolfo</strong> con le<br />

baionette innestate, sparando a qualsiasi cosa si muovesse. Sfondarono le porte delle case,<br />

stuprarono le donne, le fucilarono insieme ai bambini ed ai vecchi. Il parroco fu assassinato davanti<br />

alla chiesa. Le case furono saccheggiate e poi date alle fiamme con gli abitanti dentro. Un liberale<br />

che durante la rivolta era stato chiuso in casa e che era improvvidamente uscito alla vista dei soldati<br />

piemontesi, fu fucilato davanti a casa sua. Del paese non restò una sola pietra in piedi, come<br />

orgogliosamente rivendicò Pier Eleonoro Negri in un telegramma al Comando Generale: "Giovedì<br />

15 agosto 1861. Ieri all'alba, giustizia fu fatta contro <strong>Pontelandolfo</strong> e Casalduni. Essi bruciano<br />

ancora". Non contro i ribelli, i briganti che avevano massacrato i soldati, ma contro i paesi, la gente<br />

inerme, le case, gli animali.<br />

A Casalduni il sindaco, che conosceva l'efferatezza dei piemontesi, aveva convinto la popolazione a<br />

fuggire sui monti e i morti furono poche decine. Tutti quelli che erano rimasti. Il massacro avvenne<br />

a <strong>Pontelandolfo</strong>. Il Popolo d'Italia riporta 164 morti, ma il comando piemontese si è sempre rifiutato<br />

di dare le cifre esatte. Molte famiglie furono interamente sterminate e nessuno ne denunciò la


scomparsa. Coloro che avevano parenti uccisi si guardavano bene dal denunciarne la morte: in<br />

quelle circostanze equivaleva ad autodenunciarsi e rischiare la fucilazione o l'imprigionamento. I<br />

parenti sono tutti complici. Nei giorni successivi l'opera fu completata con i rastrellamenti, le<br />

fucilazioni sul posto, i processi sommari, la galera.<br />

Quanti morirono a <strong>Pontelandolfo</strong>? C'è chi dice 200 chi 400 chi molti di più. Si sa solo che fu una<br />

strage in tutto simile per efferatezza a quella di Marzabotto e alle Fosse Ardeatine, di cui ha<br />

anticipato la dinamica. I partigiani uccidono i soldati in un atto di guerriglia (ma lì era ancora vera e<br />

propria guerra) e la vendetta cade sulla popolazione inerme.<br />

Di Marzabotto si è discusso a lungo e giustamente la memoria dell'eccidio deve essere sempre<br />

tenuta viva per evitare che si ripetano simili orrori. Su <strong>Pontelandolfo</strong> è caduto il silenzio e la<br />

menzogna. I responsabili di Marzabotto sono stati individuati e condannati, quelli di <strong>Pontelandolfo</strong><br />

sono stati coperti, promossi premiati innalzati tra i cittadini più illustri della patria. Per aver<br />

stuprato, ucciso, saccheggiato, incendiato e distrutto le vite e le case di donne, bambini, vecchi,<br />

preti, contadini praticamente inermi.<br />

Era un bravo soldato, Pier Eleonoro Negri emostrò ovunque il suo valore militare. A <strong>Pontelandolfo</strong>,<br />

no. Mostrò il volto feroce della vendetta e della crudeltà, che nulla hanno a che fare con l'onore<br />

militare.<br />

A Vicenza non c'è via <strong>Pontelandolfo</strong>. Ma ci dovrebbe essere. Per non dimenticare, per far<br />

conoscere la verità, per togliere la cappa di menzogna che grava ancora sugli eventi che portarono<br />

alla conquista del sud. Perché se si vuole davvero fare l'Unità d'Italia, non la si può fondare sulle<br />

falsità, sulle ipocrisie, sulle menzogne, sulle stragi impunite e pure negate, sulla corruzione, sulle<br />

rapine e sui saccheggi.<br />

L'unità d'Italia si sarebbe fatta lo stesso, era necessario che avvenisse: magari seguendo le idee di un<br />

grande milanese come Carlo Cattaneo, la cui strada a Vicenza non è molto distante da via Negri,<br />

che voleva un'Italia Federale e non l'annessione brutale ai Savoia. E che restò esule a Lugano per<br />

non giurare mai fedeltà ad una famiglia che aveva distrutto per la propria brama di potere la<br />

possibilità di costruire un paese normale, fondato sul rispetto e sulla tradizione culturale di popoli<br />

diversissimi tra loro, sulla collaborazione, sulla verità, sul coraggio delle idee e sull'ideale di<br />

costruire un solo popolo. Non di distruggerlo per annetterlo brutalmente come e peggio fu fatto<br />

dopo con le colonie.<br />

Ecco, se vogliamo un paese normale, dobbiamo partire proprio da qui. Chiamare le cose con i loro<br />

nomi: una strage è una strage, un assassino è un assassino, un ladro è un ladro. Basta con le<br />

ipocrisie e con le menzogne: il sud d'Italia deve ritrovare la dignità che i vincitori gli hanno negato<br />

per esaltare la corruzione, l'ipocrisia, la falsità e la menzogna. Nemmeno i morti si potevano<br />

piangere. Ripartiamo dalla storia d'Italia, ma da quella vera. Dalla lauta pensione che il governo<br />

Savoiardo garantì al generale traditore Landi che invece di ributtare a mare gli avventurieri di<br />

Garibaldi a Calatafimi ritirò le truppe in modo del tutto assurdo. Era un corrotto traditore: cercò di<br />

incassare una polizza da 14.000 lire (una vera fortuna) che disse essergli stata data da Garibaldi in<br />

persona. Come al solito ne venne fuori un po' di polverone, ma poi tutto cadde nel dimenticatoio.<br />

Altri denari gli furono generosamente elargiti dai massoni inglesi che stanziarono la cospicua cifra<br />

di 3 milioni di franchi per finanziare Garibaldi.<br />

Perché Landi è stato premiato dai piemontesi? Era il prezzo della corruzione, ma come si fa a<br />

fondare una nazione su questi valori? Se la massoneria rivendica un ruolo nella guida del paese, non<br />

lo dobbiamo forse al ruolo che essa ha avuto nel costruirlo?


E gli ottocentomila morti dimenticati della guerra contro l'invasore che ha sterminato il fiore della<br />

nazione del sud, lasciando il passo ai pavidi, agli ipocriti, agli opportunisti, ai traditori. E i quindici<br />

milioni di emigranti, quando dal sud non era mai andato via nessuno perché il sud era ricco e<br />

laborioso, molto più ricco del nord e del centro messi assieme. Nel sud circolavano circa 443<br />

milioni di lire a fronte dei circa venti milioni del Piemonte. E le industrie estirpate con la forza<br />

trasferite al nord, e la Legge Pica al sud mentre nel resto d'Italia vigeva lo Statuto Albertino.<br />

Signor Sindaco di Vicenza, il nome di quella strada, la targa apposta nella piazzetta S. Stefano, sono<br />

un'offesa alla memoria dei morti di quella strage. Non possiamo onorare chi l'ha compiuta. Non<br />

possiamo continuare a seppellire la dignità di un intero popolo sotto la sabbia dell'ipocrisia e<br />

dell'opportunismo. Non sarebbe il caso di cominciare proprio da Via <strong>Pontelandolfo</strong>, 36100<br />

Vicenza?<br />

LETTERA DEL SINDACO DI PONTELANDOLFO 13 APRILE 2010<br />

<strong>Pontelandolfo</strong>: lapide in onore del Maggiore Conte Pier Eleonoro Negri responsabile<br />

del massacro di <strong>Pontelandolfo</strong> n. 1861.<br />

Il Sindaco di <strong>Pontelandolfo</strong> non appena ha avuto la notizia (solo in questi ultimi giorni) che<br />

nella città di Vicenza è stata innalzata una lapide in onore di Pier Eleonoro Negri,<br />

plurimedagliato ufficiale dell’esercito piemontese responsabile del massacro di <strong>Pontelandolfo</strong><br />

nel 1861, ha scritto una nota al Sindaco vicentino Achille Variati, trasmessa, tra l’altro, per<br />

conoscenza al Presidente della Repubblica on.le Giorgio Napolitano, al Presidente del Consiglio<br />

on.le Silvio Berlusconi, al Presidente Emerito della Repubblica Italiana on.le sen. Carlo Azeglio<br />

Ciampi e al Ministro dell’Interno on.le Roberto Maroni, che qui riportiamo integralmente:<br />

“Egregio collega, soltanto oggi sono venuto a conoscenza che in Piazzetta Santo Stefano n. 1<br />

della Sua città fa bella mostra di sé una lapide in ricordo del Maggiore Conte Pier Eleonoro<br />

Negri. Lei, sicuramente, ignora che 500 bersaglieri comandati dal summenzionato, all’alba del<br />

14 agosto 1861 assalirono il mio paese, mentre gli ignari abitanti dormivano, con scariche di<br />

fucili, abbattimenti di porte e finestre, furono uccisi giovani e vecchi, donne e fanciulle, alcune<br />

di esse dapprima violentate. Molti bersaglieri si impossessarono di denaro, oro e profanarono<br />

anche la Chiesa Madre, rubando i doni votivi e la corona d’oro della Madonna. Poi il paese di<br />

<strong>Pontelandolfo</strong> fu dato alle fiamme e quasi raso al suolo. Fu un eccidio efferato, che mai potrà e<br />

dovrà essere dimenticato. Antefatto: in data 11 agosto 1861, in Casalduni, comune confinante<br />

con <strong>Pontelandolfo</strong>, erano stati massacrati nella pubblica piazza, dai filo-borbonici e dai<br />

cosiddetti briganti, 45 soldati piemontesi comandati dal Tenente Bracci. La reazione punitiva,<br />

per ordine del Generale Cialdini, non tardò ad arrivare contro i comuni di Casalduni e<br />

<strong>Pontelandolfo</strong>. “Quanti morirono il 14 agosto 1861 a <strong>Pontelandolfo</strong>? C’è chi dice 200, chi 400,<br />

chi molti di più. Si sa solo che fu una strage in tutto simile per efferatezza a quella di<br />

Marzabotto ed a quella delle Fosse Ardeatine di cui ha anticipato la dinamica. I partigiani<br />

uccidono in un atto di guerriglia e la vendetta cade sulla popolazione inerme. Di Marzabotto si<br />

è discusso a lungo e giustamente. Su <strong>Pontelandolfo</strong> è caduto il silenzio e la menzogna. I<br />

responsabili di Marzabotto sono stati individuati e condannati, quelli di <strong>Pontelandolfo</strong> sono stati<br />

coperti, promossi, premiati, innalzati tra i cittadini più illustri della Patria.” (Domenico De<br />

Simone). Ad abundantiam Le allego copia dell’intervento integrale tenuto dall’on.le Giuseppe<br />

Ferrari, federalista come il Cattaneo, nella seduta parlamentare del 2 dicembre 1861, dopo<br />

aver visitato il mio paese qualche giorno dopo gli accadimenti del 14 agosto 1861. Lo<br />

raccomando alla Sua lettura, attenta e seria. Al termine di essa, Le chiedo se non ritiene<br />

doveroso, giusto e riparatore rimuovere quella lapide commemorativa, che procura disdoro alla<br />

Sua città. E se non ritiene, invece, cosa buona e giusta, intitolare una strada non secondaria<br />

della Sua città a “<strong>Pontelandolfo</strong> 14 agosto 1861 – città martire della sofferta e dolorosa Unità<br />

d’Italia”. Gradisca sentiti e cordiali saluti.” E’ un invito, dunque, per evitare che al danno si


aggiunga anche la beffa, ad un attento e sereno riesame degli accadimenti post-unitari che<br />

interessarono tragicamente una incolpevole <strong>Pontelandolfo</strong> e la sua gente. E’ una esortazione ad<br />

individuare e finalmente condannare chi si rese responsabile di tanta efferatezza. La comunità<br />

sannita resta fiduciosa in attesa, confidando nell’intelligenza e nel buon senso del Sindaco di<br />

Vicenza.<br />

Gabriele Palladino

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