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Untitled - Pontelandolfo news

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CAPITOLO III<br />

REPUBBLICANI E FILOBORBONICI A PONTELANDOLFO<br />

L'albero della libertà fu piantato a <strong>Pontelandolfo</strong> il primo febbraio 1799.<br />

Erano presenti molti cittadini 1 , i quali esultando dicevano ad alta voce: Viva la<br />

Repubblica! « Fra gli altri, Don Vincenzo, Don Egiddio e Don Salvatore Invecchia<br />

predicavano esaltando detta Repubblica ed inveendo contro la Maestà del Re, proferivano<br />

parole indecenti insinuando al popolo di dire viva la Repubblica, e mora il Tiranno. Tutti li<br />

sopradetti, ed altri galantuomini, entrando poi in Chiesa, dall'Arciprete, Canonici, e Clero<br />

si cantò il Te Deum, coll'esposizione del Santissimo in segno di giubilo. Indi processionalmente<br />

da tutti si uscì fuori della Chiesa, e dal sudetto Arciprete si diede la<br />

benedizione all'Albero (della libertà) col Venerabile. Indi il detto Don Egiddio ed Arciprete<br />

(Don Giuseppe Perugini) insinuando al popolo ad alta voce Viva la Repubblica Napolitana,<br />

e con sparo di pistole, ed altro, ed il sudetto Don Salvatore Invecchia dicea, che da sette<br />

anni teneva questo rospo nel corpo, e sempre col pericolo di essere discoverto da<br />

inconfidente, e trovarsi senza testa. Ed ora sarei io capace, diceva (Don Salvatore), di<br />

tagliare la testa all'istesso Re, e che appunto nell'istessa mattina avea buttato il ritratto della<br />

Maestà sudetta e della Regina 2 nostra Signora dentro un forno ardente, avendoseli prima<br />

1 Don Nicola e Don Vincenzo Gugliotti, i fratelli Don Egidio, Don Libero, Don Francesco, Don Angelantonio,<br />

l'Arciprete Don Giuseppe e Don Giambattista Perugini, Don Salvatore Invecchia, Don Giuseppe Guerrera, Don<br />

Carlo, Don Lorenzo e Don Carminio Pulzella ed altri.<br />

2 Si tratta della regina Maria Carolina d'Absburgo (1752 - 1814) che sposò Ferdinando IV, re di Napoli. Era la<br />

sorella di Maria Antonietta, sposa del re di Francia Luigi XVI. La madre Maria Teresa, arciduchessa d'Austria,<br />

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posto sotto de piedi, calpestandoli con altre ignominiose parole, che portavano orrore in<br />

sentirle. Cercarono indi i Municipali, facendosi eliggere detto Don Egiddio Presidente, ed il<br />

detto Iavecchia Secretorio publicamente. Doppo alcuni giorni Don Giuseppe Fusco,<br />

Giacobino segnato e carcerato, consegnò i ritratti de nostri Sovrani in mano di Don<br />

Giuseppe Guerrera e suoi fratelli Vincenzo, e sacerdote Don Giovanbattista, ... li quali<br />

gridavano mora il Tiranno, e nell'istesso tempo insinuavano altra gente, che ivi si ritrovava,<br />

di dire l'istesso, riducendoli in più pezzi (i ritratti del re), buttandoli per la publica piazza al<br />

calpestio di tutta la gente coll'assistenza anche di Don Carminio, Don Lorenzo, e Don Carlo<br />

Pulzella, li quali ridendo, ed esultando diceano Viva la Republica,e mora il Tiranno » 3.<br />

Nello stesso atto pubblico è scritto ancora che « Nicola Rinaldi abbia publicamente<br />

sparlato con parole oscene contro la detta prefata Maestà, e sua Real famiglia, e nel tempo<br />

che furono i Francesi a saccheggiare in detta Terra di <strong>Pontelandolfo</strong>, il detto Rinaldi si unì<br />

con i medesimi, mangiando, e conversando publicamente con i sudetti Francesi, indicando<br />

con ciò l'attaccamento e fratellanza stretta con i medesimi, anzi essendosi portato nella fiera<br />

di S. Elia nel dì 26 maggio già scorso, ivi ritrovò Don Andrea Vallante suo compare, che lo<br />

regalò un somarro, dicendo esso Rinaldi publicamente di averlo fatto un tal regalo ».<br />

Poi il 24 aprile «fattasi una risoluzione da Regalasti 4 d'incidere l'infame albero, indi<br />

andare in contro ai Francesi per quel tenimento, che transitavano, facendo un fatto d'arme,<br />

restarono morti alcuni Francesi, e rimasero vittoriosi i Regalasti. Ciò fu di sommo cordoglio<br />

ai Giacobini, e Republicani sudétti, tantocché radunata tutta la gente nella Chiesa al suono<br />

della campana, cominciò a predicare prima l'Arciprete (Don Giuseppe Perugini), e<br />

e il padre Francesco III, poi imperatore Francesco I, ebbero sedici figli, fra i quali appunto Maria Carolina.<br />

(Leggere nelle ultime pagine il manoscritto delle Confessioni di Maria Carolina, tratto dalle Storie segrete dei<br />

Borboni di Napoli e Sicilia di G. LA CECILIA, Ed. Di Marzo, Palermo, 1860, da p. 512 a p. 519)<br />

3 Notaio Lattanzio Maccari di S. Lorenzo Maggiore, atto scritto a S. Lupo il 13 agosto1799. Archivio di Stato<br />

di Benevento. 4 Regalasti, cioè monarchici.<br />

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poi il detto Don Egiddio, che insinuavano al popolo di deporre le armi, giacché il Re era morto 5, e<br />

non potea più venire in queste parti, facendo di nuovo eriggere l'albore sempre assistito dalli so‐<br />

pranominati Don Nicola Gugliotti, Don Carlo, Don Carminio, Don Lorenzo Pulzella, Don Salvatore<br />

Iavecchia, Don Giuseppe, e suoi fratelli di Guerrera, ed altri aderenti Republicani. L' istessa predica si<br />

fece dalli sopradetti Arciprete, e Don Egiddio altre volte, ed in altri giorni sempre coll'istessa assistenza,<br />

cossi tutti i Regalisti (borbonici) deposero le armi, e si ritirarono mesti alle loro case...<br />

Si dipartirono da detta loro padria di <strong>Pontelandolfo</strong>, li sacerdoti Don Girolamo Fusco, Don Cleto<br />

Pulzella, una col detto Iavecchia, e l'istesso Presidente Don Egiddio, portandosi nella Terra di Morcone,<br />

dove stava Don Andrea Vallante, pregandolo di venire colla sua truppa francese a saccheggiare in<br />

<strong>Pontelandolfo</strong>, fucilare, e cercare i Regalasti, come infatti il detto Vallante saccheggiò molte case de<br />

Regalasti, non riuscendoli di carcerare niuno, perché tutti si diedero alla fuga... ».<br />

Infine « Essendo venuta la Truppa del nostro Sovrano, e di già stavano nella vicina città di<br />

Benevento e nella Taverna di Campolattaro, due miglia discosto dalla Terra di <strong>Pontelandolfo</strong>, li sudetti<br />

Arciprete, e Don Egiddio, e suoi fratelli diceano, che le Regali Truppe erano false, (che erano) ladri, e<br />

che ciò si faceva per<br />

5 Naturalmente i Repubblicani lo dicevano apposta. Il Re non era morto. Anzi, da quella data (1799), dovevano-<br />

passare ancora 26 anni per<br />

giungere la sua fine, avvenuta il 4 gennaio 1825.<br />

In proposito si legge nelle Storie segrete dei Borboni che il Re, diffi<br />

dando di tutti, si faceva proteggere da un grosso e feroce mastino. Durante il giorno lo teneva legato al letto,<br />

mentre la notte lo lasciava libero nella<br />

sua camera, per cui chiunque osava entrarvi veniva divorato. Quando egli morì, gli alabardieri del palazzo reale<br />

dovettero prima abbattere il pericoloso<br />

cane e poi entrarono nella stanza.<br />

Il re Ferdinando, che era stato sempre dominato dai ministri e raggirato<br />

dalla regina, fu burlato marito, triste padre, pessimo re, per il quale la gola, il sonno e i grossolani sollazzi<br />

costituirono l'insieme della (sua) scioperata<br />

vita.<br />

I Napoletani ricordarono la sua morte così<br />

Accadono in ver gran cose strane.<br />

Moriva un lupo (cioè il Re) e l'assisteva un cane.<br />

(Cfr. G. LA CECILIA, op. cit., vol. 2 ° , pp. 602 e 603).<br />

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ingannare la gente, e rovinarla, insinuando di essere fermi nella Republica, e di<br />

non credere a questa gente ».<br />

Ma le truppe del re arrivarono veramente e Don Egiddio, suo fratello Arciprete,<br />

Don Libero, Don Angelo, Don Giovambattista e Don Francesco Perugini « da<br />

circa giorni quindeci se ne sono fuggiti dalla detta Terra di <strong>Pontelandolfo</strong>, come<br />

pure Don Salvatore Iavecchia, Don Giuseppe Guerrera, Antonio Perugino,<br />

Domenicantonio Rinaldi, Angelantonio Perugino e Domenico Orsino, senzacché<br />

niuna squadra li avesse inseguiti, o altra gente; ma perché si conosceano rei di<br />

lesa Maestà, perciò dubitando di carcerazione, se ne sono appartati » 6.<br />

L'OTTO AGOSTO 1799 A PONTELANDOLFO<br />

Era già passato un mese dalla caduta della Repubblica Partenopea 7 e lo stato d'<br />

animo dei contadini e di altra gente continuava ad essere esasperato. Ad essi<br />

poco interessava se lo Stato era monarchico o repubblicano. Rimanevano<br />

ugualmente le tasse da pagare, né erano scomparsi gli antichi feudatari che, dopo<br />

tanti tragici avvenimenti, seguitavano a condurre la vita di sempre, come se nulla<br />

fosse accaduto.<br />

Per i contadini, quindi, il 1799 non era ancora terminato, continuava. Ríaffloravano<br />

i vecchi contrasti che quasi sempre sfociavano in lotte dai risvolti spesso cruenti.<br />

Lo notiamo in una vicenda accaduta 1' 8 agosto 1799 a <strong>Pontelandolfo</strong> e riportata<br />

in due atti pubblici del notaio Lattanzio Maccari di S. Lorenzo Maggiore.<br />

Il fatto rivela la situazione umana e sociale esistente in quella cittadina dopo la<br />

caduta della Repubblica Partenopea e denota che in una condizione non diversa<br />

si trovavano gli altri paesi vicini. Lo abbiamo notato a S. Lupo, dove la<br />

popolazione si ribellò e invase la De f enza del Duca di Maddaloni per asportare la<br />

legna,<br />

6 Così termina il lungo atto scritto a S. Lupo il 13 agosto 1799 dal notaio Lattanzio Maccarl di S.<br />

Lorenzo Maggiore.<br />

7 L'8 luglio 1799 cadde la Repubblica Partenopea e l'8 agosto 1799 è la data dei fatti che<br />

stiamo esaminando.<br />

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e lo vedremo nel capitolo successivo a S. Salvatore Telesino, dove le terre demaniali furono<br />

assegnate ai contadini, che ne presero possesso non senza qualche disturbo.<br />

A <strong>Pontelandolfo</strong> i fatti presero una piega diversa. Vi furono arresti, saccheggi e qualche<br />

morto, come del resto era già avvenuto pochi mesi prima negli altri paesi, quando però era<br />

l'albero della libertà o la croce monarchica il motivo occasionale di avvenimenti non meno<br />

luttuosi.<br />

Ora quei simboli sono scomparsi. Non c'è più la repubblica. A Napoli è ritornato il, re<br />

borbone g. Malgrado ciò nulla è cambiato..<br />

La vicenda di <strong>Pontelandolfo</strong> è appunto il segno emblematico di una accresciuta tensione<br />

sociale che, dopo la caduta della Repubblica Partenopea, si manifesterà gradualmente anche<br />

negli altri paesi; su ciò indagheremo più a fondo in un successivo capitolo dedicato agli inizi<br />

del sec. XIX.<br />

Marino Giorgio, caposquadra dei Cacciatori del Tribunale di<br />

8 Del re Borbone Ferdinando e della sua famiglia se ne leggono tante, fra cui anche questa, che avvenne però<br />

nell'anno 1821.<br />

Una sera la famiglia reale doveva andare a teatro. Fu ordinato perciò che un picchetto di soldati e un<br />

ufficiale scortassero il guardaroba del re.<br />

La cassa, fregiata di armi reali e coperta di velluto, fu calata giù dalla reggia verso le ore sette della<br />

sera. Poi, preceduta da due valletti in livrea con torce al vento e seguita dai soldati, fu portata al teatro, dove<br />

venne deposta in un palco adiacente a quello riservato alla corte. Due domestici e una sentinella vi<br />

montavano di guardia.<br />

Ad un certo punto, l'ufficiale per pura curiosità domandò che cosa contenesse il tanto custodito guardaroba e<br />

un domestico rispose : «Siete proprio novizio. Vi sono i vasi da notte grandi e piccoli per la famiglia reale » .<br />

L'ufficiale si fece subito rosso in viso per la vergogna. Poi radunò i soldati e, insieme ad essi, ritornò di<br />

corsa al palazzo reale, dove disse al comandante che i soldati « d'un popolo sorto a libertà non erano fatti per scortare<br />

e custodire gli escrementi di Sua Maestà».<br />

L'ufficiale fu punito con gli arresti di rigore. Da quel giorno però i soldati non ebbero più « quell'augusto<br />

incarico in tutto il periodo costituzionale (cfr. G. LA CECILIA, op. cit., vol., p. 17) ».<br />

Il periodo costituzionale, su notato, si riferisce alla breve costituzione che fu concessa da re Ferdinando ai<br />

Carbonari napoletani guidati da Guglielmo Pepe e che fu abolita dopo il congresso di Lubiana del 1821.<br />

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Montefusco 9, e altri suoi compagni 10, che si erano portati in Terra di S. Lupo per motivi di<br />

servizio, così raccontarono:<br />

« ... Trovandoci nella Terra di Fragneto Monforte, una (cioè insieme) col Tenente Don<br />

Francesco Ebreo del Tribunale di Montefusco per servizio del Tribunale, e propriamente<br />

nel dì otto del corrente Agosto (1799), fummo richiesti da cinque persone di <strong>Pontelandolfo</strong>,<br />

e fra questi vi era un Galantuomo da noi non conosciuto, uno chiamato Giovanni Guerrera, e<br />

(un altro) Nicola Rinaldi, e con queste persone di unita colla nostra squadra al numero di<br />

16, ci portassimo la notte del detto dì otto ad ore sei in detta Terra -di <strong>Pontelandolfo</strong>, ed<br />

arrestassimo cinque persone additateci dalli stessi naturali (cioè dagli stessi cittadini), quali<br />

furono Donato, e Giuseppe Santopietro, Pietro Lesi, Luca - Perugino, e Francesco lavecchia,<br />

e doppo le ore undeci incirca della mattina, furono arrestate altre persone, cioè mastro<br />

Saverio del Negro, Michele d'Occhio, e si condussero dentro le carceri di detta Terra. A<br />

circa l'ore 14, nell'atto che il Tenente stava pronto per partire sopravvenne una comitiva di<br />

gente armata dalla montagna, e cominciarono a sparare, credendo forse esser noi contraria alla<br />

Sovrana Maestà del Re, nostro Signore Dio Guardi; e la prima palla colpì il medesimo<br />

Marino Giorgio nel petto con poco nocumento della vita, sicché colpendo un altro suo<br />

fratello cugino per nome Gaetano Chiusano, se ne morì con un colpo alla testa, nel qual<br />

mentre tutti i nostri compagni se ne fuggirono, e noi restassimo carcerati dalla gente di<br />

<strong>Pontelandolfo</strong> » 11.<br />

In un altro documento è detto che « nella notte del dì 8 del corrente mese di agosto,<br />

ed anno 1799, circa l'ore 6 della notte sudetta, giunse in Terra di <strong>Pontelandolfo</strong> una<br />

compàgnia di 24 persone, li quali principiarono a carcerare alcuni nostri paesani, con scassare<br />

le porte delle loro rispettive case, entrando dentro, saccheggiando, e rubbando tutto ciò, che<br />

li piaceva. Infatti entrati in casa di Saverio Perugino, cercarono di carcerarlo, ma il medemo<br />

9 Montefusco, di origine longobarda, fu capoluogo dell'Irpinia dal 1581 al 1806.<br />

10 Nicola Verderosa, Nicola di Feo di Volturara ed Andrea Battista di Avellino<br />

11 Notaio Lattanzio Maccari di S. Lorenzo Maggiore, atto pubblico scritto a S. Lupo il 12 agosto 1799.<br />

Archivio di Stato di Benevento.<br />

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essendo fuori di casa, si presero un accetta, una forma di caso, ed un coltello di tavola. In<br />

casa di Pietro Lesi, il quale stava ignudo corcato in letto, lo ligarono e si presero da dentro<br />

la cascia due anelli d'oro, tre d'argento, un paio di scarpe di donna, una fascia di seta, un<br />

falzoletto dello stesso, ed alcuni pezzi d'argento servibili per creature. Il paesano Domenico<br />

O. portava una lanterna accesa nelle mani, e nell'atto, che così ligato, lo conducevano nelle<br />

carceri, da uno di detta gente armata li fu tolto dalla sua sacca una borza, che vi erano<br />

dentro carlini 12 10 (= L. 4,25). In casa di Francesco Iavecchia, il quale stava dormendo<br />

nella sua casa, lo ligarono, ed indi si presero una scoppetta ed un pennacchio per il<br />

cappello. In casa di Nicodemo Rinaldi, il quale non era in casa, gli rubbarono anelli d'oro<br />

numero 5, ed altri tanti d'argento, come pure molti panni di lino, consistentino in camicie,<br />

sinali, e 4 gonne di donne, tovaglia, e tovagliola con oro, tutte le dette robbe servibili per<br />

sua cognata e sorella, due scoppette. Tutti (i saccheggiatori erano) accompagnati dal detto<br />

Domenico O. In casa -di Donato Santopietro, il quale fu carcerato e bastonato severamente,<br />

si presero una fascia di bambagia per uso di vaticale, un falzoletto stampato, e certe cosette<br />

d'argento servibili per creature. In casa di Liberantonio Santopietro, doppo di aver carcerato<br />

il di lui fratello Giuseppe, si presero un giacchetto, ed una camiciola di panno, un paio di<br />

calze di lana, un caldaio di rame, colla scorta e guida dell'istesso Domenico O. Inseguirono<br />

pur anche Luca Perugino, carcerandolo, e si presero da sopra (cioè addosso) del medesimo<br />

una camiciola di lino, certi danari quali erano circa carlini 10. E doppo di averlo rubbato<br />

circa le ore undeci, detta gente armata, di unita con Giampietro P., e Giovanni G. di detta<br />

Terra di <strong>Pontelandolfo</strong>, si portarono nella massaria di Antonio Guerrera, ed avendo una<br />

12 Carlino: antica moneta d'oro e d'argento del Regno di Sicilia emessa nel 1278 da Carlo I d'Angiò. Fu<br />

coniata anche sotto Carlo II d'Angiò, all'<br />

epoca della Repubblica Partenopea (1799) e durante il Regno di Gioacchino Murat (cfr. CERMENTINI e<br />

TODERI, Prezzario Monete, Tip. Gori, Firenze,<br />

1973, pp. 236-243).<br />

Il carlino aveva al diritto lo scudo e al rovescio l'Annunciazione della<br />

Vergine, per cui veniva chiamato anche saluto. Il suo valore equivaleva a L. 0,425, cioè circa mezza lira. Molte<br />

zecche diedero lo stesso nome anche<br />

ad altri pezzi, fra cui il carlino papale, detto giulio (dal nome di Papa Giulio II) e quello bolognese, dal quale<br />

derivò il titolo del famoso quotidiano Il Resto del Carlino.<br />

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figliola d'anni quindeci circa con una pontonata 1 3 (cioè con una spinta) la<br />

buttarono a terra, ricercando da per tutto, con aprire la cascia, e nell'uscire poi<br />

detta gente, portavano molte forme di caso nelle loro mani, altri (portavano)<br />

moccatore (cioè fazzoletti), altri un paio di calze colle rispettive ligature; e così<br />

minacciando si partirono... e nel ritirarsi in <strong>Pontelandolfo</strong> portavano ogn' uno un<br />

involto nelle mani, ed uno di questi dicea all'altro suo compagno se aveva<br />

terminato di prendersi tutto il formaggio, e rispose di si. Ed essendo (Antonio)<br />

subito entrato dentro di detta massaria, vidde una cascia, dove vi erano molti<br />

pezzi di lardo, sotto de quali vi era un involto con locati 14 50 di argento (= L.<br />

295,75) e come che vidde smossi detti pezzi di lardo, perciò con ogni diligenza,<br />

cercando detto involto, e non lo ritrovò, per cui principiò a gridare, ed a<br />

piangere, al che vi accorsero Giovanni Guerrera, sua moglie ed altri. Nella<br />

Massaria di Nicola Gugliotti, avendo scassata la porta, li rubbarono locati 34 di<br />

moneta d'argento ed in un altra cascia di suo fratello germano (rubarono) 5<br />

moccatore, carlini 34, una correggia, due para di scamozze ed un paio di<br />

scarpone di cuoio di bue, ed un panello di pane di circa rotoli 1 5 4. A Giovanbattista<br />

Perugino nel mentre andava a legnare nel bosco di Morcone con una<br />

mula, sopra della quale portava un accetta, e giunto nella strada della mola di<br />

S. Angelo a circa l'ore 6 di letta notte s'incontrò con detta gente armata, la<br />

quale gli prese detta accetta, e se la portarono via. La sudetta gente armata,<br />

avendo entrato nella casa del sacerdote Don Angelo D'Addona, gli rubbarono un<br />

orologgio, che teneva appeso nella sua camera. I compaesani, che andavano<br />

associati con detta gente armata erano i seguenti, cioè Domenico O.,<br />

Giampietro P., Giosafatto R., ed oltre a questi due altre persone di<br />

Campolattaro, ed un altro di Fragneto e di cui non si sa il nome » 16.<br />

13 Dall'arcaico poetare che significa spingere.<br />

14 Ducato : moneta introdotta per la prima volta a Venezia dal doge Giovanni Dandolo nell'anno<br />

1284. Fu coniata anche in altri stati europei. Il ducato di rame equivaleva a L. 4,25, quello di<br />

argento a L. 5,915 e quello d'oro a L. 11,83.<br />

15 Rotolo, antica misura di peso, a Napoli gr. 891, a Palermo gr. 793.<br />

16 S. Lupo, 12 agosto 1799, notaio Lattanzio Maccari di S. Lorenzo Maggiore; giudice a c. Sig. Paolo Biondi;<br />

testimoni : Don Saverio De Nigris e Vincenzo Conte. Archivio di Stato di Benevento.<br />

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PAG. 63 A 86 O M I S S I S


BREVE PREMESSA SUL BRIGANTAGGIO<br />

A volte il nostro Risorgimento viene presentato (a livello di scuola primaria) con una<br />

certa retorica patriottica: "Viva l'Italia! ", "Roma o morte!", "l'Italia una, libera e<br />

indipendente!", e così via.<br />

Nei nostri tempi, però, in cui si cerca di smitizzare quasi ogni cosa, potrebbe destare una<br />

certa curiosità ripercorrere brevemente quei passati momenti di storia del Risorgimento non<br />

con i passi dei vincitori, ossia dei Piemontesi, ma, una volta tanto, con quelli dei vinti, cioè<br />

dei Borboni e dei briganti. Raccontare cioè un po' più dal di dentro le vicende di come si<br />

giunse all'Unità d'Italia.<br />

Fu, quella piemontese, una lunga e inumana repressione, a cui una parte del popolo<br />

meridionale rispose con un'atroce e confusa guerriglia, che molti storiografi hanno definito<br />

sbrigativamente col nome di brigantaggio.<br />

In un certo senso, sulle avventure dei briganti, tutori della sopravvivenza dei Borboni, si<br />

potrebbe innestare un po' il dramma di quella che sarà la più grossa piaga dell' Italia<br />

moderna: la questione meridionale 1 , urto doloroso fra due differenti culture (Nord - Sud),<br />

veloce dissolversi degli ideali di libertà e di frater<br />

1 Gli studiosi della Questione meridionale ne fanno risalire le tracce addirittura al 2° sec. a. C., quando la<br />

proprietà terriera nel Sud era in possesso di gruppi di schiavisti e di latifondisti.<br />

Con le guerre puniche, le grandi estensioni di terra del Meridione furono adibite a pascolo e a coltivazione<br />

di cereali, mentre nell'Italia centro-settentrionale predominava la media proprietà e si praticavano la viticoltura<br />

e la olivicoltura. Queste due coltivazioni richiedevano molto lavoro e grosse spese, che non favorivano certo la<br />

concentrazione di grandi estensioni di terre, adatte più a una coltura estensiva che intensiva.<br />

Furono i Gracchi ad attaccare la prima volta i latifondi per distribuire le terre ai poveri, ma non vi riuscirono a<br />

causa della reazione dei proprietari terrieri.<br />

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nità in un disonorevole mezzo di potere e di dominio dei Piemontesi nel Meridione 2 .<br />

Passione meridionalistica? No. Non siamo esperti in problemi di tale portata. P, nostra<br />

intenzione narrare solo i fatti dei briganti. Nulla di più. Ma chi erano i briganti?<br />

Forse quelli descritti nei documenti che stiamo per leggere, dove, quasi sempre e con<br />

molta parzialità, sono presentati come ladri e assassini?<br />

Nelle bande brigantesche, è vero, vi era anche chi aveva soltanto il culto del crimine.<br />

Ma gli altri, i veri briganti, agivano soprattutto come sostenitori, senza ragione e senza<br />

speranza, della libertà e della vita dei contadini.<br />

Da un punto di vista storico, nel travagliato processo di formazione dell'Unità d'Italia,<br />

non si può difendere il brigantaggio. Esso andava represso, perché era una reazione violenta<br />

all'Unità. Ma il brigantaggio dei contadini era un'altra cosa. I briganti « per<br />

Nei secoli che seguirono, quando la crisi dell'agricoltura colpì l'Italia nei primi secoli dell'Impero Romano,<br />

il latifondo si estese. Lo storico PLINIO IL VECCHIO (23-79 d. C.), autore della Naturalis Historia, affermò che<br />

i latifondi avevano rovinato l'Italia.<br />

Durante il Medioevo, al tempo dei Normanni e degli Angioini, la grande proprietà terriera del Sud si<br />

consolidò nel feudo e rimase poco produttiva. Nell'Italia del Nord, invece, col sorgere delle libertà comunali,<br />

che avevano determinato un progresso in campo economico, anche il latifondo, là dove c'era, aveva assunto « il<br />

carattere di un'azienda agraria ben organizzata, con avvicendamenti colturali, prati irrigui, adeguate opere di<br />

canalizzazione (cfr. V. Lo CURTO, La questione Meridionale, Ed. D'Anna, Messina - Firenze, pp. 9 e 10)».<br />

Dopo gli Angioini, anche gli Aragonesi favorirono i baroni meridionali. Così mentre nell'Italia del Nord<br />

si andava liquidando il regime feudale, nel Sud invece ritornava a dominare l'aristocrazia, alla quale si<br />

sarebbe più tardi appoggiato il dominio spagnolo, durante il quale « il Regno di Napoli, che era già in via di<br />

decadenza, venne ridotto nelle peggiori condizioni economiche e sociali (cfr. anche per altre notizie,<br />

VINCENZO MAZZACCA, Cronaca di un convento, (S. Maria della Strada presso il Calore) - sec. XVII e XVIII -<br />

Notizie su S. Maria della Grotta -, Ed. G. Risolo, Benevento, 1983, p. 45 e passim) ».<br />

2 Il comportamento superbo e a volte offensivo dei Piemontesi nei confronti della gente meridionale,<br />

l'accento perentorio delle ordinanze, che sembravano rivolte più a terre da conquistare che non a popolazioni<br />

con le quali cooperare, avevano deluso anche chi era stato sostenitore dell'intervento piemontese.<br />

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loro sventura si trovavano ad essere inconsapevoli strumenti di quella Storia che si svolgeva<br />

fuori di loro, contro di loro...<br />

Col brigantaggio, la civiltà contadina difendeva la propria natura, contro quell' altra<br />

civiltà che le stava contro e che, senza comprenderla, eternamente l'assoggettava...<br />

Il brigantaggio non è che un eccesso di eroica follia e di ferocia disperata: un<br />

desiderio di morte e di distruzione senza speranza di vittoria.<br />

Vorrei che il mondo avesse un solo cuore, glielo strapperei 3, disse il brigante<br />

Caruso » 4 (Fig. 7).<br />

Ma perché il nome brigante?<br />

Carlo Alianello 5 osserva: « Gli insorti polacchi si chiamavano patriotti; gli spagnoli, si<br />

dissero rivoluzionari o reazionari: da noi fu conciata questa parola: " brigante ". Del resto<br />

l'avevano ripresa anche i tedeschi in Italia nel 1943, quando gli uomini della nostra eroica<br />

resistenza, ora onorati e ornati -di medaglie, venivano chiamati, con teutonica parola: "<br />

banditen ".<br />

Se malauguratamente avessero vinto gli hitleriani, quella parola infame sarebbe rimasta<br />

inflitta sulla loro fronte come un marchio perenne.<br />

Vinsero gli americani e gli inglesi, aiutati dai partigiani, e i " banditen " si chiamarono<br />

eroi.<br />

Qui han vinto i Piemontesi. E anche i poveri morti di <strong>Pontelandolfo</strong> 6 si chiamarono "<br />

briganti "; quando invece non fu altro che un genocidio di soldati (piemontesi) armati contro<br />

inermi dormienti, colpevoli solo di aver compiuto qualche ora prima, quello che oggi<br />

dovrebbe chiamarsi " resistenza " ».<br />

3 C. LEVI, Cristo si è fermato a Eboli, Ed. Einaudi, Torino, 1946, pp. 127 e 131.<br />

4 Il capobanda Giuseppe Caruso era di Atella, in provincia di Potenza. È noto per un suo tradimento che<br />

facilitò l'opera di repressione del brigantaggio condotta dal generale Pallavicini.<br />

5 Carlo Alianello, nato a Roma nel 19'01, professore di Italiano e Latino nei Licei, è stato collaboratore di vari<br />

quotidiani, fra cui " Il Corriere della Sera" e "Il Messaggero". Fra le sue opere si ricordano : Alfiere,<br />

L'eredità della Priora (recentemente riedito e sceneggiato per la televisione) e il saggio storico La conquista<br />

del Sud, da cui è tratto il brano riportato.<br />

6 Vedi : Agosto 1861 a <strong>Pontelandolfo</strong> e a Casalduni nel capitolo VIII. Gli inermi dormienti di<br />

<strong>Pontelandolfo</strong> uccisi dai soldati piemontesi furono tredici, oltre a quelli che furono processati e condannati alla<br />

fucilazione perché ritenuti colpevoli.<br />

91


CAPITOLO VII<br />

CENNI STORICI SUL BRIGANTAGGIO<br />

Il brigantaggio o banditismo, sotto un certo aspetto, è una forma alquanto primitiva di<br />

contestazione sociale organizzata. Forse la più antica che si conosca 1 .<br />

Sicuramente è questo che i poveri, in numerose società, vedevano nel brigantaggio. Essi<br />

perciò appoggiavano i banditi, li idealizzavano o ne facevano addirittura dei miti, come in<br />

Inghilterra con Robin Hood, che tolse ai ricchi per donare ai poveri e non commise mai<br />

delitti se non per difesa o per giusta vendetta, come<br />

1 Per quanto riguarda l'origine del brigantaggio, riportiamo l'intervista fatta nell'anno 1983 allo storico Franco<br />

Cardini, professore di Storia Medievale all'Università di Firenze.<br />

Benché ci sia anche un brigantaggio del tempo antico, ammette il Cardini, l'origine del fenomeno vero e<br />

proprio « sta nell'Europa del passaggio fra l'Alto e Basso Medioevo, nel momento della polverizzazione dei<br />

poteri pubblici. Quando, verso il decimo-undicesimo secolo, la società in qualche modo si ricuce, si cerca di<br />

mettere un freno a certi atti : è in questo momento che nasce il fuorilegge come bandito perché quando uno<br />

Stato si riorganizza, lo fa sulla base di leggi ed è la legge che definisce il fuorilegge ». Poi così esemplifica «<br />

Il contadino abituato, nelle comunità di villaggio medievale, a considerare come usi comunitari un certo tipo<br />

di diritto di pascolo o di far legna, quando arriva una legge che invece ridistribuisce la terra sulla base della<br />

liceità dell'acquisto privato, il contadino prova ad appropriarsi di nuovo dei pascoli e della legna che un tempo<br />

erano di uso pubblico, quindi diventa fuorilegge. Poiché c'è un contrasto fra la legge stabilita e la consuetudine,<br />

talvolta la trasgressione nasce da qualcosa nella quale il gruppo si riconosce, allora si ha il banditismo sociale<br />

alla Robin Hood... Si potrebbe fare un rapporto fra certi animali e i banditi, per esempio il lupo di Gubbio... È<br />

interessante ciò che dice S. Francesco quando spiega alla popolazione di Gubbio che il lupo, poveraccio, rubava<br />

e uccideva perché aveva fame ».<br />

Il Prof. Mario Sbriccoli dell'Università di Macerata, pure intervistato, dice che non vi furono briganti davvero<br />

politicizzati in certi passaggi politici<br />

93


in Polonia con Janosik, in Andalusia con Diego Corrientes o a Napoli con Angiolillo 2 . Tutti<br />

personaggi reali e idealizzati.<br />

Lo storico inglese E. J. Hobsbawm osserva che « da parte sua il bandito cerca di<br />

adeguarsi al ruolo affidatogli, anche se non è un ribelle sociale consapevole. È importante<br />

che il bandito sociale venga considerato onorevole e non criminale dalla popolazione perché,<br />

se fosse considerato criminale per la consuetudine del luogo, non potrebbe godere di quella<br />

protezione locale (Fig. 8) su cui è costretto a fare completo affidamento. Virtualmente<br />

quasi tutti coloro che si trovano in contrasto con gli oppressori o con lo Stato hanno titolo<br />

per essere considerati vittime, eroi o tutte e due le cose. Il bandito, perciò, viene<br />

istintivamente protetto dai contadini. Così gli sarà possibile vivere nelle vicinanze del suo<br />

paese, donde verrà rifornito del necessario » 3.<br />

Andando indietro negli anni, troviamo traccia di questo fenomeno fin dal 185 a. C.,<br />

quando il pretore Postumio organizzò una spedizione per reprimere il brigantaggio che,<br />

partendo da Taranto, si allargava in quasi tutto il Meridione d'Italia.<br />

Pene severissime non bastarono per sconfiggere lo stesso fe<br />

italiani. Poi


nomeno sorto a Roma durante le guerre nella tarda età repubblicana, quando i latrones erano<br />

crocifissi o mandati in pasto alle fiere del circo 4 . Cesare e Tacito parlano di, latrones, di<br />

praedatio, dì incursio viarum, di rapto vivere.<br />

Nello stesso periodo altri atti di banditismo sono segnalati dagli storici in Asia Minore e<br />

in Africa Settentrionale.<br />

Anche l'imperatore Augusto dovette affrontare un problema simile quando i briganti<br />

infestavano buona parte della nostra penisola.<br />

Tiberio mandò quattromila liberti ebrei in Sardegna per eliminare il banditismo 5.<br />

Ancora in Italia, ma anche in Francia e in Germania, assistiamo a questo fenomeno alla<br />

fine del Medioevo -6, allorché le milizie mercenarie si trasformavano in bande brigantesche,<br />

agevolate dalla quasi inesistenza di autorità statale.<br />

Nel 1500 e nel 1600 il fenomeno brigantesco cominciò a caratterizzarsi come vera<br />

protesta contadina contro l'oppressione del fisco e dei feudatari.<br />

Il Manzoni racconta di un potente bandito, l'Innominato, che poi divenne buono.<br />

Notiamo nel XIX secolo nella lontana America la tumultuosa conquista del Far west, che<br />

fece sorgere numerose bande di briganti, o meglio di pionieri, da cui i possidenti si<br />

difendevano con i così detti « tribunali popolari per la difesa della proprietà ».<br />

Infine assistiamo alla silenziosa protesta dell'emigrazione dal Mezzogiorno d'Italia dove,<br />

una volta sconfitto il brigantaggio, molti contadini meridionali, delusi di non aver avuto terra,<br />

giustizia e lavoro, lasciano con rassegnazione il proprio paese ed emigrano in terre lontane<br />

in cerca di un avvenire migliore (Fig. 9).<br />

E dire che noi ci ostiniamo a pensare che i briganti siano apparsi d'improvviso quando<br />

resistettero contro i Piemontesi all' Unità d'Italia.<br />

Il brigantaggio dunque non è solo un prodotto dei tempi mo<br />

4 SERGIO BASALISCO, Il brigantaggio nella storia, in Il brigantaggio, Ed. RADAR, Padova, 1969, p. 7.<br />

5 SERGIO BASALISCO, ibidem. 6 SERGIO BASALISCO, ibidem.<br />

95


derni, ma un fenomeno antichissimo, anche se nel corso del tempo ha avuto nomi, tinte e<br />

sfumature diverse.<br />

Esso può sempre risorgere, almeno fino a quando non saranno soddisfatti i bisogni<br />

dell'uomo e la natura umana non avrà perso la sua aggressività.<br />

Una volta il brigantaggio era diretto contro i tiranni crudeli e persecutori, poi con<br />

tecniche e obiettivi diversi, e sotto altro nome, iniziò a sfruttare i sistemi democratici, là<br />

dove non vi era una sufficiente repressione e dove mancava l'impegno politico di rimuovere<br />

le cause sociali che lo determinavano e ne favorivano lo sviluppo.<br />

Un tempo esso era una caratteristica dei popoli socialmente arretrati. Poi, nella sua lenta<br />

evoluzione, ha imparato a convivere con il benessere, senza identificarsi più con la povera<br />

gente e con gli oppressi, senza essere, necessariamente, una espressione di ristrettezze<br />

economiche e sociali o un movimento di liberazione nazionale.<br />

Politicamente potrebbe avere qualsiasi tendenza, perfino quella della violenza come fine a<br />

se stessa.<br />

Non vi è, né vi è stata nel passato, una ideologia del fenomeno dei fuorilegge che si sia<br />

adattata a tutti i gruppi. Tuttavia essi spesso hanno avuto qualcosa in comune, come la fede<br />

nelle imprese straordinarie o, peggio ancora, la sfida ai valori costituiti.<br />

Sovente incontriamo nella storia esempi di fuorilegge che sono diventati eroi nazionali,<br />

ma ciò è avvenuto col favore del popolo. Guglielmo Tell 7 ne è un prototipo.<br />

7 Guglielmo Tell fu l'eroe dell'indipendenza elvetica (sec. XIV). Condannato a dare prova della sua capacità di<br />

balestriere, riuscì a colpire una mela sul capo di suo figlio. Uccise il governatore austriaco Hermann Gessler che<br />

lo aveva condannato. Secondo la tradizione, la morte di Gessler segnò l'inizio della sommossa dei cantoni<br />

svizzeri contro la dominazione ausrriaca. Sullo sfondo di quella rivolta si svolse una vicenda d'amore che<br />

ispirò Schiller a comporre la famosa tragedia Guglielmo Tell, che fu poi musicata da Rossini. °<br />

Secondo recentissime ricerche condotte in Svizzera, Guglielmo Tell non sarebbe mai esistito, perché non<br />

ne è stata trovata traccia nella storia degli ultimi due millenni. Di conseguenza l'eroe nazionale è stato tolto dai<br />

libri scolastici e ridimensionato a leggenda (cfr. Famiglia Cristiana, settembre 1984, n. 38, p. 27).<br />

96


Anche Mazzini e Garibaldi, secondo Denis Mack Smith, erano ritenuti da molta gente «<br />

anarchici fuorilegge quando erano in vita, ma in seguito furono santificati dalla moralità<br />

popolare... e abbiamo visto rispettabili governi conservatori innalzare monumenti con<br />

gratitudine a degli aspiranti assassini come (Felice) Orsini 8 e (Guglielmo) Oberdan » 9.<br />

Questi fatti fanno pensare che anche oggi vi è, purtroppo, molta inquietudine, perché<br />

nella società del nostro tempo ci sono, sì, tante cose che vanno per il verso giusto, ma tante<br />

altre sono da cambiare radicalmente. Finanche nelle democrazie più progredite ci sono spesso<br />

sacche di ingiustizia sociale considerate intollerabili da molti.<br />

Secondo lo storico Smith « qualsiasi democrazia è destinata a crollare se permette -di<br />

apparire pubblicamente una specie di paravento per perpetuare l'ingiustizia ».<br />

Per il resto dobbiamo francamente riconoscere che una certa dimensione del dissenso e<br />

della protesta è legittima e indispensabile nelle procedure democratiche.<br />

Che fine faranno ora le statue, le insegne e i souvenirs con l'immagine del barbuto arciere del Cantone di<br />

Uri?<br />

Mondo strano : mentre da un lato si creano miti che durano poco tempo, dall'altro c'è la preoccupazione di<br />

distruggere quelli che « sono consacrati dal tempo e che hanno riempito i nostri sogni (cfr. Famiglia cristiana,<br />

ibidem)».<br />

8 Felice Orsini, patriota italiano (Meldola, Forlì, 1819 - Parigi, 1858), frequentò l'Università di Bologna, dove si<br />

laureò. Fondò la società segreta Congiura italiana dei figli della morte, per cui fu arrestato e condannato all'<br />

ergastolo. Amnistiato, continuò la sua attività e fu deputato alla Costituente romana. Pubblicò le Memorie e<br />

documenti intorno al governo della repubblica romana e collaborò con Mazzini. Riparò in Inghilterra dove,<br />

influenzato dal repubblicano francese Simon Bernard, decise di compiere un attentato contro Napoleone III, che<br />

era ritenuto traditore della Carboneria. La sera del 14 gennaio 1858 furono lanciate tre bombe contro la carrozza<br />

imperiale, ma sia Napoleone ,III che la moglie Eugenia rimasero illesi, mentre tra la folla vi furono otto morti<br />

e circa 150 feriti. Per tale attentato fu arrestato e giustiziato.<br />

9 Guglielmo Oberdan, irredentista italiano (Trieste 1858 - 1882), frequentò l'Università di Venezia e di Roma.<br />

Venuto a conoscenza che l'imperatore Francesco Giuseppe si sarebbe recato a Trieste nel settembre 1882, decise<br />

di compiere un attentato contro lo stesso imperatore austriaco, ma fu scoperto dalla polizia e giustiziato.<br />

97


GIUSTIZIA SOCIALE - BRIGANTAGGIO NEL SUD<br />

Prima di esaminare il fenomeno del brigantaggio nell' Italia meridionale è bene fare<br />

qualche breve considerazione sulla giustizia sociale: un problema di ieri, di oggi, di sempre.<br />

Un problema sentito oggi forse più di ieri.<br />

" L'uomo è un essere libero, tutti gli uomini sono uguali ": sono parole che sentiamo<br />

recitare tutti i giorni e che ci sembrano quasi ovvie, fino al punto che non si mettono<br />

neanche in discussione.<br />

Eppure la storia dell'uomo, anche quella recente, non indica che queste affermazioni e<br />

questi principi siano stati sempre affermati e ritenuti validi.<br />

Nei tempi antichi vi erano uomini liberi e uomini schiavi. E poi, patrizi e plebei in<br />

Roma, lo ... " sciopero " dei plebei, i tribuni della plebe, la sempre più diffusa ansia di<br />

uguaglianza e di migliori condizioni di vita, e quindi nuove ingiustizie, e ancora ricchi e<br />

poveri, infine da una parte gli amici dei ricchi e dall'altra gli amici dei poveri. Una storia<br />

lunga, una storia di sempre, nella quale l'umanità si dibatte, paga a caro prezzo e sembra<br />

ogni volta ripiegarsi su se stessa, incapace di vincere.<br />

In questa lotta l'umanità cerca di uscirne vittoriosa in nome -di una legge morale<br />

superiore da porre alla base di ogni convivenza sociale, altrimenti ogni legge civile è destinata<br />

a fallire il suo scopo.<br />

Per la giustizia sociale, o forse meglio, a causa della ingiustizia sociale, quasi tutti i<br />

popoli della terra, nei momenti più critici della loro vita sociale e politica, nell'infuriare di<br />

guerre, calamità e carestie, hanno sofferto il fenomeno del brigantaggio (Fig. 10). E così<br />

avvenne anche nel Mezzogiorno d'Italia.<br />

Il brigantaggio del nostro Meridione, di cui ci interesseremo più avanti a livello locale e<br />

con documenti inediti, è un argomento che, in genere, troppo sbrigativamente viene trattato<br />

10 nei libri scolastici, nei quali spesso si dà ampio spazio ad avvenimenti risa<br />

10 « Il fenomeno del brigantaggio attende ancora il suo storico », sono parole di F. S. Nitti (cfr. I. Di<br />

MARCO, La baiarda, Ed. C. E. T., Lanciano, 1969, p. 494).<br />

98


puti o si infarciscono pagine e pagine di nomi -di re, di generali e di fatti sostanzialmente<br />

poco essenziali.<br />

E questo è un vero peccato, perché « pervenire a una visione più precisa del<br />

brigantaggio significa anche capire meglio quei grossi problemi, tutt'altro che estranei al<br />

nostro tempo, che complessivamente costituiscono la questione meridionale 11 , questione che ha<br />

11 La Questione meridionale o meglio il Problema del Mezzogiorno esiste ancora oggi e si presenta, a parere<br />

degli esperti, in termini diversi e forse più complicati rispetto al passato.<br />

Si riconosce che la società e l'economia del Meridione si sono trasfot - mate. Il Mezzogiorno non appare<br />

più una immagine separata e molto df stante dal resto del Paese. Tuttavia sarebbe un grave errore pensare che<br />

í] "Problema" sia stato risolto.<br />

Gli indicatori statistici rivelano che il Sud occupa l'ultima parte delle classifiche nazionali. La<br />

"Graduatoria generale del benessere" del Censis, riportata in appendice, offre numerosi dettagli per una verifica su<br />

questa indagine.<br />

Negli anni '60, l'economista Francois Perroux, parlando del Problema del Mezzogiorno, ammoniva a non<br />

immaginare che «la locomotiva (cioè le regioni settentrionali più sviluppate) potesse percorrere molta strada<br />

con vagoni sgangherati (cioè con le regioni meridionali) ; in quanto le alternative che si offrivano erano entrambe<br />

perdenti : o la locomotiva staccava i vagot-s r e arrivava in stazione senza viaggiatori e senza merci (cioè<br />

pagando i cosai sociali dell'abbandono delle regioni meno sviluppate) oppure continuava la corsa con i vagoni<br />

sgangherati perdendo tempo prezioso e per di più giungendo con intollerabile ritardo alla destinazione<br />

prefissata (cioè all'appuntmento con i paesi industrializzati) ».<br />

Perroux ipotizzava perciò una terza via: «puntare alla riparazione dei vagoni in corsa, gettando la zavorra e<br />

sacrificando la velocità commerciale della locomotiva, in modo da arrivare all'appuntamento sia pure in<br />

ritardo ma con i passeggeri e le merci ».<br />

Questa via sembra essere ancora oggi l'unica percorribile da un paese dilaniato Ball' inflazione e gravato<br />

dalla disoccupazione crescente. Questa è l'opinione di Federico Tortorelli espressa in un corsivo insieme alla<br />

metafora " La locomotiva e i vagoni " dell'economista transalpino.<br />

È convinzione degli esperti che oggi bisogna cambiare la vecchia politica meridionalistica. Il problema<br />

non è soltanto della « quantità di risorse destinate al Sud ma è quello della qualità del loro impiego (A.<br />

Aurigemma) » .<br />

Secondo Giuseppe Galasso, i punti sui quali dovrebbe impegnarsi ma t7_ giormente la politica del<br />

Mezzogiorno sono: riavvio dello sviluppo agricolo con un graduale riassetto fondiario, con una migliore<br />

organizzazione dei mercati agricoli e con una maggiore presenza associata dei produttori meridionali; riassetto<br />

territoriale per ovviare «alle strozzature di realtà, urbane cresciute demograficamente e socialmente senza<br />

prospettive di sviluppo auten<br />

99


occupato e preoccupato generazioni di storici, sociologi, economisti,letterati, uomini politici »<br />

12.<br />

Per capire la vera dimensione del nostro brigantaggio, e quindi della storia d'Italia<br />

contadina, è necessario però conoscere bene le condizioni economiche e sociali dei<br />

campagnoli meridionali (Fig. 11).<br />

L' On. Giuseppe Massari 1 3, nel maggio 1863, leggendo alla Camera la relazione della<br />

commissione parlamentare d'inchiesta sul brigantaggio, disse: « I baroni non sono più, ma<br />

la tradizione dei loro soprusi e della loro prepotenza non è ancora cancellata, ed in<br />

parecchie località il proprietario non cessa dal rappresentare agli occhi del contadino l'antico<br />

signore feudale ».<br />

Il contadino sapeva infatti che le sue fatiche non gli rendevano alcun benessere e che il<br />

prodotto della terra, innaffiata dei suoi sudori, non era suo. Egli si sentiva condannato a<br />

continua miseria e l'istinto della violenza nasceva spontaneo nell' animo suo (Fig. 12).<br />

tico » ; riassetto industriale fondato non sul « gigantismo aziendale », ma sullo sviluppo, già in atto, della<br />

piccola e media imprenditoria « con una geografia<br />

che consideri sul piano industriale anche le zone interne » ; scioglimento del nodo « sempre più condizionante<br />

» della malavita, che dal Sud si è ormai allargato in un contesto molto più ampio.<br />

Per fare ciò bisogna « superare molte ostilità di gruppi di interesse e di pressione che non possono che essere<br />

contro una trasformazione della politica meridionalistica. Ma bisogna farlo, se quella politica deve avere ancora<br />

un senso (G. Galasso) ».<br />

Oggi ci troviamo di fronte a una svolta, non solo per le scadenze legislative (Cassa per il Mezzogiorno,<br />

rifinanziamento straordinario), ma più in generale perché « è giunto il momento di fare un bilancio (economico<br />

ultratrentennale) di intervento nelle regioni del Sud » e più ancora per vedere come si può risolvere « la grave<br />

crisi recessiva nazionale che si riflette in misura più negativa proprio sul Mezzogiorno (F. Tortorelli) ». (Cfr.<br />

M. D'ANTONIO, E. GIUSTINO, V. FIORE, A. AURIGEMMA, G. GALASSO, F. TORTORELLI, Grandi questioni,<br />

in Il Mattino del sabato, 10 dicembre 1983, pp. 1-2-3; cfr. MAURIZIO CHIERICI, Italia, chi vive peggio e chi vive<br />

meglio, in Corriere della sera, 4 marzo 1984, pp. 1-7; cfr. Indagine Censir, ibidem; cfr. A. MILANESI e F.<br />

PALLESCHI, La questione meridionale, Ed. La Scuola, Brescia, 1978, passim).<br />

12 S. BASALISCO, Il brigantaggio, Ed. RADAR, Padova, 1969, p. 13.<br />

13 Giuseppe Massari, uomo politico e scrittore (Taranto 1821 - Roma 1884). Di sentimenti liberali, fu seguace<br />

di Gioberti. Sostenne la politica di Cavour. Eletto deputato nel 1860, sedette alla Camera dalla settima alla<br />

quindicesima legislatura.<br />

100


« Le prime cause del brigantaggio sono cause predisponenti. E prima fra tutte, la condizione<br />

sociale, lo stato economico del campagnolo, che in quelle province appunto dove il<br />

brigantaggio ha raggiunto le proporzioni maggiori è assai infelice 14 ... Il contadino non ha<br />

alcun vincolo che lo stringa alla terra. La sua condizione è quella del vero nullatenente... La<br />

sola miseria non sortirebbe forse effetti cotanto perniciosi se non fosse congiunta ad altri<br />

mali che l'infausta signoria dei Borboni creò ed ha lasciato nelle province napoletane. Questi<br />

mali sono I' ignoranza, gelosamente conservata ed ampliata, la superstizione diffusa e<br />

accreditata, e segnatamente la mancanza assoluta di fede nelle leggi e nella giustizia... » 15,<br />

La vera tradizione del brigantaggio meridionale con caratteristiche chiaramente politiche<br />

ebbe inizio nel 1799, quando i contadini, costituendosi in bande armate, insorsero contro i<br />

Francesi. Era il tempo di Mammone, di Fra Diavolo 16 e di bande che si misero al seguito<br />

del Cardinale Ruffo in Calabria.<br />

Sette anni dopo, ritornati i Francesi a Napoli, disertori, evasi di galera, ladri, ex<br />

ufficiali e soldati borbonici formarono altre bande armate che, aiutate dagli Inglesi e dal re<br />

Borbone spodestato, insorsero di nuovo e con maggiore intensità contro i Francesi (1806-<br />

1815).<br />

14 Il fenomeno del brigantaggio è « in primo luogo, la manifestazione del fallimento, nel Mezzogiorno, della<br />

rivoluzione liberale e borghese in termini democratici, e costituisce il tragico rovescio del miracolo<br />

risorgimentale (cfr. A. MILANESI e F. PALLESCHI, La questione meridionale, Ed. La Scuola,Brescia, 1978, p.<br />

67) ».<br />

15 G. MASSARI, Relazione della commissione parlamentare d' inchiesta sul brigantaggio, 1863.<br />

16 Michele Pezza, detto Fra Diavolo (Itri - Latina 1771 - Napoli 1806), bandito italiano. Al servizio del cardinale<br />

Ruffo e dei Barboni, fu nominato colonnello dal re di Napoli Ferdinando IV. Condusse la guerriglia antifrancese<br />

in Calabria e nel Napoletano. Fu sconfitto a Boiano dal generale j. Hugo, padre del celebre poeta francese.<br />

Catturato a Baronissi (SA) per il tradimentodi un contadino, venne condotto a Napoli, dove fu impiccato. La<br />

sua figura divenne leggendaria per il suo coraggio e per la bizzarria delle sue azioni brigantesche compiute<br />

camuffato da frate, per cui fu chiamato Fra Diavolo. Quest'ultimo nome fu anche il titolo di un'opera musicale<br />

composta da Auber nel 1830.<br />

101


Cacciati poi i Francesi, furono gli avversari dei Borboni a costituire a loro volta le bande. Si<br />

assalivano diligenze, casolari e si entrava nei paesi al grido di Viva la libertà! Viva Napoleone!<br />

IL MERIDIONE INSANGUINATO DALLA RESISTENZA<br />

ALL'UNITA D'ITALIA<br />

Nel 1861, prima di morire, Cavour disse che « armonizzare il Nord con il Sud della<br />

penisola è impresa più difficile che avere da fare con l'Austria e con la Chiesa ». Più tardi<br />

un altro statista, Marco Minghetti 1 7, rilevò: « Quanti dolori avrebbe risparmiato l'Italia se si<br />

fosse contentata dell'unità politica, diplomatica e militare, rispettando le tradizioni speciali<br />

delle diverse regioni! ».<br />

Nelle frasi dei due statisti non è difficile trovare l'eco di quel fenomeno che tanto<br />

tragicamente sconvolse 1' Italia: il brigantaggio 18 che, nelle regioni dell'ex regno delle Due<br />

Sicilie, si trasformò in una vera e propria guerra civile. Per reprimere tale fenomeno ci volle<br />

quasi la metà dell'esercito italiano di allora, cioè oltre 100 mila soldati. Lo storico inglese<br />

Denis Smith la definì « la più crudele, la più lunga e la più costosa » delle guerre del<br />

Risorgimento italiano. Il numero dei soldati regolari che vi morirono « -di malaria fu<br />

superiore a quello degli uccisi in combattimento durante tutte le campagne del 1860, e il<br />

numero di coloro che perirono nel corso di questa lotta fu superiore a quello dei caduti di<br />

tutte le guerre del Risorgimento messe insieme » 19.<br />

Dopo la conquista di Garibaldi, il brigantaggio rappresentò nel Sud un fenomeno<br />

complesso, anche se il motivo principale fu la maniera con cui i Piemontesi imposero<br />

l'annessione politica e<br />

17 Marco Minghetti (Bologna 1818 - Roma 1886) fu Presidente del Consiglio e più volte ministro.<br />

18 Brigantaggio (1860-1865): fenomeno che, dopo la conquista del regno delle Due Sicilie da parte di<br />

Garibaldi, prese una preoccupante consistenza per la esasperata reazione dei contadini contro la borghesia<br />

liberale che, col favore del governo, s'impadronì di terre e di diritti. Era formato da sbandati del disciolto<br />

esercito borbonico.. da ex garibaldini, da fuorilegge di ogni genere e fai fautori di un ritorno dei Borboni nel regno<br />

delle Due Sicilie.<br />

19 DENIS MACK SMITH, Storia d'Italia, 1861-1869, Latenza, Bari.<br />

102


amministrativa del Meridione, cioè drastico aumento delle tasse, servizio militare<br />

obbligatorio, spoliazione dei conventi e delle congregazioni religiose, creazione -di una classe<br />

di privilegiati costituita dai patrioti più in vista che ebbero grossi compensi e alte cariche,<br />

sfruttamento delle attività economiche locali a vantaggio di quelle del Nord, diffusione<br />

della disoccupazione e della povertà 2 0, asportazione di riserve e fondi in oro dal Banco di<br />

Sicilia e dal Banco di Napoli pari al doppio delle altre banche della penisola, debito<br />

pubblico del Piemonte assegnato al Meridione. Un ventennio più tardi, Giustino Fortunato 21<br />

rilevò che nelle regioni meridionali « l'Italia stessa non è se non servizio militare, tassa sul<br />

macinato e dazio di consumo ».<br />

Era fatale quindi che tanto malcontento scoppiasse con violenza dando luogo a quel<br />

fenomeno detto poc'anzi.<br />

I briganti del Sud non ebbero la caratteristica della esasperazione e della sete di<br />

guadagno che si esprimono nella criminalità comune, ma erano briganti nel senso<br />

etimologico della parola 22,<br />

20 Povertà : quando ci fu la prima riunione dell'esercito reazionario, ossia delle bande brigantesche lucane, la<br />

folla gridava al suo capo brigante Crocco : Guagliò, mò f ernisce la rivoluzione dei galantuomini e comincia<br />

quella della povera gente... Comincia qua, la rivoluzione delle pezze al culo! E sulla strada di Melfi si cantava<br />

Giamm'a spass, a spass, / viva lu Re e lu popele bass,<br />

che ci ha dato la farina, / viva lu Re cu la Regina<br />

Il brigante Carmine Donatello Crocco « fu soprattutto il cafone armato che infuria, il motore e il banditore<br />

della rivoluzione contadina, piuttosto che della reazione borbonica. La sua è la rivolta del popolo magro, del<br />

popele bass, contro la durezza dei Piemontesi» che portarono nel nostro Meridione dolorose novità, cioè tasse,<br />

sequestri, fucilazioni e povertà (cfr. CARLO ALIANELLO~, L'erediti della priora, Ed. Feltrinelli, Milano, 19'80,<br />

pp. 126,127, 568).<br />

21 Giustino Fortunato (Rionero in Vulture, Potenza, 1848 – Napoli 1932), scrittore e uomo politico, dedicò tutta<br />

la sua attività allo studio della questione meridionale, demolendo il mito di un Meridione ricco, fertile per<br />

natura e impoverito soltanto dall'incuria degli uomini. Fu deputato e senatore.<br />

22 Brigante deriva dalla voce gallica briga, che vuol dire forza, prepotenza. Dal gallico briga si passò al latino<br />

medievale brigator, cioè attaccabrighe, e poi all'italiano brigante. Da briga deriva anche brigata, cioè forza, a<br />

cui va ricondotto il nome brigante che una volta era, più che un bandito, un uomo d'arme appartenente a una<br />

brigata. Brigata significa compagnia.<br />

103


cioè avventurieri che si riunivano in bande o per un malcontento verso l'ordine costituito o<br />

per un ideale politico e sociale o per una personale idea della giustizia o per reazione a una<br />

delusione, sia che fosse l'amore per una donna, sia che si trattasse di attaccamento al re.<br />

La mira rimaneva però sempre la stessa:: resistere agli invasori piemontesi.<br />

Per porsi contro quel sistema, per reagire ai soprusi delle tasse, all'obbligo militare 2 3, alle<br />

vendette di vecchi e nuovi privilegiati, per proteggere la propria vita, per vendicare offese remote<br />

e recenti che la giustizia di Stato lasciava impunite, per sfuggire alla miseria 24 , al servaggio e<br />

alla prepotenza, persuasi che una eventuale restaurazione dei Borboni avrebbe posto termine<br />

alle vendette e avrebbe procacciato onore e prosperità ai reduci della resistenza contro<br />

l'esercito invasore, i contadini, che non riuscivano ad evitare gli incendi dei loro casolari o le<br />

catture e le esecuzioni in massa, fuggivano dai villaggi per riunirsi sulle montagne e nelle<br />

boscaglie, dove accorrevano i giovani che non volevano essere fucilati, i fuorilegge fuggiti<br />

dalle carceri e i soldati sbandati del vecchio esercito borbonico.<br />

Fu quasi naturale, in quell'ambiente e con quei costumi, il<br />

23 L'odio dei reazionari contro i Piemontesi e contro l'obbligo del servizio militare si nota anche nelle parole dette<br />

da un certo Fisco di Casalduni, a cui il Municipio aveva chiesto di far presentare il figlio soldato. Il Fosco<br />

rispose: Giova morire per Dio e del Re; meglio fucilato sugli occhi miei che servire Emanuele (cfr. DE Sivo,<br />

Storia delle Due Sicilie dal 1847 al 1861, Trieste, 185$, cap. 2'°, p. 147).<br />

24 Un anonimo poeta popolare calabrese, rivolgendosi a Vittorio Emanuele II, diceva<br />

«... E lu registro cu la morta e senza, / marchi di bullo, la carta bullata, / tabacco caro, carissimo sale. / Lu pani<br />

ndj strapparu di li mani, / lu pani nostro o patri e tuo languimu, / situo trattati pejo di li cani, / pagamu sopra<br />

l'acqua chi imbivimu. / La curpa essi ca fummo liberati; l'Italia fatta ndj portau sti mal...<br />

... Il registro con la multa e senza, / marche da bollo, la carta bollata, / tabacco caro, carissimo sane. / Il<br />

pane ci strapparono dalle mani, / il pane nostro o padre ed ora languiamo, / siamo trattati peggio dei cani, /<br />

paghiamo l'acqua che bev+amo. / la colpa è che fummo liberati; / l'Italia unita ci portò questi mali... (cfr. S.<br />

BASALZSCO, Il brigantaggio, Ed. RADAR, Padova. 1969, p. 16).<br />

104


sorgere delle bande armate. Tanto più che Francesco Il 25 rifugiato a Roma, i<br />

nobili napoletani, la Francia e la Spagna inviavano molti aiuti e infinite<br />

promesse. I Borboni erano tornati più volte nel loro regno 26 , dopo essere stati<br />

scacciati. Perché non potevano tornare un'altra volta? L'attesa quindi non era<br />

del tutto infondata, anche perché si attendeva che pure l'Austria fosse andata<br />

in loro aiuto. Nel frattempo non c' era altro da fare che condurre una<br />

guerriglia contro i Piemontesi e i loro alleati, guerriglia a cui dette un valido<br />

contributo la gente delle campagne sia per 1' attaccamento al re Borbone, sia<br />

perché non erano state date loro le terre demaniali promesse.<br />

Fra quella gente, ossia fra quei briganti, c'erano renitenti e<br />

25 Francesco II di Borbone (Napoli 1836 - Arco, Trento 1894), re delle Due Sicilie (1859-<br />

1860), fu chiamato Franceschiello (Fig. 14) dai Napoletani, appellativo tra ironico e affettuoso,<br />

dovuto alla sua giovinezza e alla sua inesperienza. Temperamento indeciso e debole, respinse<br />

la politica di alleanza con la Sardegna caldeggiata dal suo ministro Carlo Filangieri e rigettò<br />

anche l'offerta di Cavour di dividere con il Piemonte lo Stato Pontificio. Nel 1860, di fronte<br />

alla travolgente avanzata di Garibaldi, si ritirò a Gaeta, dove si arrese alle truppe sarde dopo<br />

una onorevole difesa, di cui fu animatrice la regina Maria Sofia di Baviera. Riparatosi a<br />

Roma, incoraggiò il brigantaggio sperando invano di riconquistare il trono perduto. Nel<br />

1870 andò in esilio a Parigi.<br />

Il 10 aprile 1984 avvenne la traslazione, da Roma alla Basilica di S. Chiara in Napoli, delle<br />

spoglie mortali di Francesco II, della regina Maria Sofia e della loro figlioletta principessa. S.<br />

A. R. il principe Carlo di Barbone, duca di Calabria, è il primo e legittimo discendente diretto<br />

della dinastia della Casa di Borbone - Napoli.<br />

26 Mentre un soldato borbonico cantava<br />

Trecento soldati del Papa<br />

Non furori buoni a cavare una rapa, Ce<br />

n'andò uno del re: Ne cavò trecentotré1<br />

il sergente Berardo, pensando ai Borboni che « salivano e... scendevano » dal trono del Regno<br />

di Napoli, diceva : «Mondo strano : una volta alle stelle, una volta alla stalla; e poi alle stelle,<br />

e poi ancora alla stalla... Bravo chi ci capisce qualche cosa! (cfr. IGINO Di MARCO, La<br />

baiarda, Ed. C.E.T., Lanciano, 1969, pp. 287 e 288) ».<br />

105


disertori, nobili delusi, stranieri sostenitori del legittimismo 27 (Figura 13), ex garibaldini,<br />

che dopo aver combattuto erano stati messi in disparte senza neanche un grazie, poveri e<br />

disperati che non avevano la possibilità di sfamarsi con onestà, diseredati che volevano<br />

attuare una loro giustizia sociale contro il profitto e l'egoismo dei notabili e dei borghesi.<br />

Molto diversi gli uni dagli altri, i briganti si somigliavano nell'abilità di cavalcare e di<br />

usare le armi, nel coraggio, nella diffidenza che li faceva sospettare 1' uno dell' altro e a<br />

disprezzare la stessa gente che li aiutava, consapevoli, e non si sbagliavano, che sarebbero<br />

stati traditi alla prima occasione.<br />

Erano pittoreschi e selvaggi, capaci di imprese violente e di gesti delicati.<br />

Dapprima il motivo predominante era quello politico, poi si impose quello sociale, che<br />

fu più doloroso e violento. A chi rimproverava la loro ferocia, rispondevano che gli<br />

invasori piemontesi erano più crudeli. Molte volte ai briganti uccisi veniva mozzato il capo e<br />

inalberato nella piazza principale del paese. Le vendette personali, le accuse e le denunce<br />

aggravarono gli orrori, tanto da richiedere l'intervento di una commissione parlamentare<br />

d'inchiesta nel gennaio 1863. Venne poi votata la severissima legge Pica 28 , che sancì come<br />

regola la repressione più rigorosa 2 9, e fu inviato<br />

27 Presero parte al brigantaggio meridionale anche ufficiali stranieri legittimisti (cioè favorevoli al ritorno del<br />

vecchio sovrano al trono). Fra i tanti:<br />

lo spagnolo Rafael Tristany, il tedesco Karl Mayer, il belga Alfred De Trazegnies e il francese Théodore<br />

Christen, che si unirono alla banda Schiavone<br />

(Luigi Alonzi); lo spagnolo josè Barjès e il francese Marie Olivier de Langlais, che fecero parte della banda<br />

Crocco (Carmine Donatello).<br />

28 Giuseppe Pica (L'Aquila 1813 - Napoli 1887), deputato dal 1861 al 1865, legò il suo nome alla legge da lui<br />

proposta nel 1863 per reprimere<br />

con mezzi drastici il brigantaggio. Fra l'altro, la legge stabiliva : « I colpevoli del reato di brigantaggio...<br />

saranno puniti con la fucilazione. A coloro che<br />

non oppongano resistenza, non che ai ricettatori e somministratori di viveri, notizie e aiuti, sarà applicata la<br />

pena dei lavori forzati a vita (art. 2)».<br />

29 La disumana condizione dei carcerati è descritta in questa anonima poesia calabrese<br />

« Su statu tantu tiempu carceratu, / nisciunu mi ha mannutu nu salutu; / lu pani de caniglia haiu mangiutu, / acqua<br />

china di viermi haiu vivutu; /m'hanno proprio 'mmivenzia suttirrutu, / senza la vara e senza lu tavutu. Sono stato<br />

tanto tempo in prigione, / nessuno mi ha mandato un saluto; /ho mangiato pane di crusca, / ho bevuto acqua<br />

piena di vermi; / mi hanno<br />

106


nel Meridione il generale Pallavicini 30 (Fig. 15) con un forte contingente dell'esercito regolare.<br />

La legge fu definita dagli stessi storici liberali « strumento di dispotismo arbitrario e<br />

furibondo ».<br />

Ma al di là di tanto rigore, il brigantaggio aveva i giorni contati anche per altre ragioni.<br />

Sebbene i motivi della sua protesta erano umani, essi si svolgevano in senso contrario alla<br />

storia, perché erano a favore « dell'assolutismo dei Borboni e contro la borghesia e gli<br />

istituti liberali che avevano trionfato in Europa e in Italia » 31. Quelle efferate violenze<br />

erano quindi le ultime manifestazioni delle disperate rivolte dei contadini che non avevano<br />

un preciso programma di rivendicazione, né una conduzione unitaria delle loro forze.<br />

Nel 1865 la campagna per la repressione del brigantaggio era praticamente terminata, ma<br />

solo con la presa di Roma nel 1870, il fenomeno scomparve quasi del tutto. Il Sud risultò<br />

pacificato, ma lo fu solo esteriormente, perché le cause sociali che avevano alimentato il<br />

brigantaggio non vennero rimosse e molti di quei problemi, che lo determinarono, si sono<br />

trascinati fino ai nostri giorni.<br />

Una certa storiografia di ieri paragonò il brigantaggio meridionale simile a un'esplosione di<br />

anarchia e di volgare criminalità.<br />

Qualcuno 32 lo definì un tentativo legittimista di abbattere il governo unitario per una<br />

restaurazione borbonica; qualche altro ancora lo ritenne una vera e propria guerra sociale 33.<br />

In tempi più<br />

sotterrato vivo, / senza bara e senza sepoltura (cfr. S. BASALISCO, op. cit., p. 56) »<br />

30 Emilio Pallavicini di Priola (Genova 1823 - Roma 1901), generale di fanteria e poi dei bersaglieri, partecipò<br />

alla guerra di Crimea e alla 2° Guerra d'Indipendenza. Gli fu affidata la repressione del brigantaggio fra il<br />

1861 e il 1865, meritandosi una medaglia d'oro. Fu Senatore dal 1880 e primo aiutante di campo di Umberto<br />

I.<br />

31 A. MILANESI e F. PALLESCHI, La questione meridionale, Ed. La Scuola, Brescia, 1981, p. 61.<br />

32 MASSARI - CASTAGNOLA, Relazione della commissione d'inchiesta sul brigantaggio, in Riv. Villari, Il Sud<br />

nella storia d'Italia, Bari, 1957.<br />

33 Lo storico Franco Molfese ne dà questa interpretazione : « Il brigantaggio è la sola guerra che la classe<br />

contadina riesce a condurre quando lotta da sola. Indubbiamente, tra i briganti non pochi furono quelli che la<br />

miseria, l'ignoranza, la mancanza di un lavoro certo, ed anche gli istinti perversi, spinsero a malfare e a porsi fuori<br />

della legge comunemente accettata per soddisfare biechi impulsi di vendetta e di rapina. Ma molti altri furono<br />

posti,<br />

107


ecenti c'è chi è propenso a definire i briganti del Sud simili ai moderni guerriglieri che si<br />

battono per un ideale.<br />

Sono parziali tutte queste interpretazioni. Nel brigantaggio meridionale invece c'era un po'<br />

di tutto, perfino una certa qual grandiosità che avrebbe potuto far sorgere una epopea<br />

letteraria e cinematografica simile a quella del Far West americano 3 4 .<br />

dalle circostanze e dalla società in cui vissero, dinanzi all'alternativa di vivere in ginocchio, o di morire in<br />

piedi (cfr. FRANCO MOLFESE, Storia del brigantaggio dopo l'unità, Milano, 1964) ».<br />

34 Far West, ossia lontano Ovest, è il nome dato dagli Americani alle pianure che si estendono dal<br />

Mississippi alle Montagne Rocciose. In quel tempo erano terre di colonizzazione agricola. Molti romanzi e film<br />

hanno come sfondo i territori del Far West americano e le avventure dei pionieri.<br />

108


CAPITOLO VIII<br />

BRIGANTAGGIO 1861<br />

DOCUMENTI INEDITI<br />

Il 4 luglio, verso le ore 4,30, nel vicino paese di S. Lupo si sviluppava un grosso<br />

incendio nell'abitazione dell'Arc. Don Celestino De Blasio e del fratello Don Bonifacio,<br />

Comandante della Guardia Nazionale I locale.<br />

Il 25 dello stesso mese fu commesso un furto ai danni dei Signori Mazzaccara di<br />

Casalduni.<br />

Tali azioni erano forse i primi segni di un diffuso stato di inquietudine che preludeva<br />

alla comparsa dei briganti nelle nostre zone. Se ne ebbe conferma nel mese di agosto con i<br />

fatti di <strong>Pontelandolfo</strong>, di cui parleremo in una nota a parte.<br />

Non mancavano neppure segnali più generali di carattere politico-sociale. Il 31 agosto<br />

dello stesso anno l'On. Filippo De Blasio 2 , Segretario Generale del Dicastero dell'Interno e<br />

della Polizia,<br />

1 La Guardia nazionale, nata in Francia prima col nome di Guardia borghese, poi Guardia nazionale, fu battuta e<br />

soppressa da Napoleone. Anche in Italia, dietro l'esempio francese, venne istituita tale guardia che prese parte,<br />

nella seconda metà del sec. XIX, alla repressione del brigantaggio meridionale.<br />

2 Filippo De Blasio (Guardia Sanframondi 1820 - Napoli 1878), avvocato eloquente del Foro napoletano e<br />

deputato. Col Ministro delle Due Sicilie, Principe di Petrella, si recò presso la corte del re Francesco II, a cui<br />

consigliò di prendere contatti col Piemonte per dare un contributo alla causa della libertà d'Italia. Fece parte<br />

della Commissione che invitò Garibaldi a venire a Napoli. Appena costituito il Governo, fu Segretario<br />

Generale del Min. di Grazia e Giustizia e poi Prefetto di Polizia. Partecipò alla deputazione che (a Torino) si<br />

presentò a Cavour per offrire il Reame a Vittorio Emanuele II. Il 21 luglio 1861 fu nominato Segretario Generale<br />

del Dicastero dell'Interno e della Polizia. Eletto deputato a Napoli, fu a Torino Segretario Generale di Grazia e<br />

Giustizia nel Ministero Cavour ed ebbe, insieme ad altri giuristi, l'incarico di compilare il Codice Civile<br />

Italiano. Fu anche Governatore del Real Albergo dei Poveri di Napoli (A. DE BLASIO, op. cit., p. 124).<br />

109


inviava al Governatore della provincia di Benevento un messaggio, che fu subito trasmesso<br />

all' Intendente del Circondario di Cerreto Sannita.<br />

Questo il testo: « Si dice colla data di Genova 2 agosto sfasi stampato a Roma un<br />

proclama con titolo "Gl'Italiani agli Italiani".<br />

Esso comincia con le parole " Sinora osservammo tacitamente le sventure del nostro<br />

paese ecc." e termina " L' Italia - Piemontese sarà Nazione di sciagure, nazione di<br />

gelosia. Viva l'Italia confederata. Il Comitato della Confederazione L. S.V. G. - R. A. C. N. ".<br />

Un numero di tali proclami sarebbe giunto a varie persone di qui, che ne farebbero<br />

distribuzione nella provincia (di Benevento), ed io (Segretario Generale) nel renderla di ciò<br />

avvertita la prego di voler usare la massima vigilanza per colpirne i distributori ».<br />

A Cerreto Sannita intanto molti individui venivano fucilati per ordine del Maggiore<br />

Zettiri, il quale si dichiarava rivestito di tali poteri 3.<br />

A S. Lorenzo Maggiore i soldati del disciolto esercito borbonico si erano presentati<br />

spontaneamente al Sindaco e prestavano servizio accanto alle Guardie Nazionali 4. Quando<br />

però essi furono invitati a ripresentarsi all'autorità locale per essere arruolati e av<br />

3 Lettera del Delegato Circondariale all'Intendente di Cerreto Sannita in data 29 settembre 1861.<br />

4 Il Consiglio di Ricognizione di S. Lorenzo Maggiore era formato dal Sindaco Marzio Cinquegrani, dal<br />

Decurione Vincenzo De Vincentiis, dal Decurione Marzio La Fazia, dal Cancelliere Domenico Lancia ed altri.<br />

Conforme all'art. 18 del decreto 14 dicembre 1860, in data 19 febbraio 1861 nominò 136 nuove Guardie Nazionali<br />

e poi, con due elenchi suppletivi, altre 38, per un totale di 174. Citiamo alcuni nomi : Angelo Biondi,<br />

Giambattista Biondi, Gaetano Mazzacca, Lorenzo Di Libero, Vincenzo De Vincentiis (medico), Carlo Brizio,<br />

Pasquale lannotti, Giambattista Paolella (farmacista), Lorenzo lannotti, Nicola Ciambrelli, Vincenzo Iannotti,<br />

Simone Grimaldi (orologgiaro), Filomeno Grimaldi (muratore), Lorenzo Iannucci, Lorenzo Maglione, Raffaele<br />

Romanelli (f ondachiere), Marzio La Fazia (orologgiaro), Giacomantonio D'Aloia, Francesco Tomasiello<br />

(maccaronaro), Ferdinando D'Addona (santone). Luigi lannotti, Giovanni Pezzullo (panettiere), Raffaele Ciambrelli<br />

fu Ermenegildo (locandiere), Angelo lannotti (barbiere), Pasquale Melchiorre, Giuseppe Grimaldi, Antonio<br />

Maglione, Francesco Nonno (notano).<br />

Il Corpo delle Guardie Nazionali di S. Lorenzo Maggiore fu sciolto con Real Decreto del 24 agosto 1862 e<br />

le armi furono trasportate a Cerreto Sannita. Il Corpo delle G. N. fu ricostituito successivamente.<br />

110


viati al Deposito Generale, disertarono e molti si dettero al brigantaggio.<br />

Difatti il Sindaco scriveva all'Intendente: «la maggior parte dei soldati sbandati del<br />

Comune (di S. Lorenzo Maggiore), eccetto tre che stanziano in Napoli, ed un altro il di cui<br />

domicilio s'ignora, si sono da me (Sindaco) presentati volontariamente -da qualche tempo, e<br />

prestano un servizio giornaliero ed attivo per tenere il buon ordine. E sebbene l'istessi<br />

avrebbero dovuto inviarsi a Lei, tuttavia, attese le scorrerie frequenti dei briganti in questo<br />

tenimento, e che potrebbero irrompere anche dentro il Comune, non ho stimato eseguirlo,<br />

essendo i soli con i pochi buoni della Guardia Nazionale, che tengono in suggezione i<br />

malviventi, e continuerò per tranquillità e giovamento pubblico a non spedirli, fino a che il<br />

Governo non ne avesse preciso bisogno, e purché Ella lo trovi conveniente » 5. Ma<br />

l'Intendente dopo cinque giorni rispose che « i soldati sbandati presentati volontariamente<br />

debbono subito spedirsi al Deposito Generale, né possono essere adibiti in patria ad alcun<br />

servizio, qualunque sieno le circostanze eccezionali. La incarico quindi di spedire in questo<br />

Capoluogo (di Cerreto S.) i soldati suddetti col verbale di presentazione, restando a sua responsabilità<br />

l'adempimento di una tale disposizione. Mi farà intanto conoscere i nomi degli<br />

altri quattro soldati, che si vogliono domiciliati a Napoli, inviandomi le di loro filiazioni ».<br />

Il Sindaco così scrisse: « Giusta i di Lei ordini ho invitato i soldati sbandati ritornati in<br />

patria onde si fossero presentati in questa Casa Municipale alle ore 14 di questo giorno<br />

(18 ottobre 1861) per essere spediti in cotesto Capoluogo, ed il solo Raffaele Salvatore si<br />

è mostrato pronto a partire, e che viene accompagnato dal Consigliere Comunale Gennaro<br />

lannotti e Ball' LJffiziale Comunale Don Lorenzo Lancia, ... La prego darmi (ordini) per quelli<br />

che sonosi mostrati renitenti a presentarsi ».<br />

Segni ancora più certi di presenza di briganti si ebbero quando il Maggiore Generale<br />

Franzini, Comandante delle truppe mobili, nell'esplorazione fatta da lui stesso nelle<br />

campagne, si accorse che « appena la truppa è uscita fuori dell' abitato, e durante la marcia,<br />

in diversi punti sonosi alzati gridi, ed uditi colpi di fucili,<br />

5 Lettera del Sindaco di S. Lorenzo Maggiore, Silvio Del Buono, all'Intendente di Cerreto Sannita in data 10<br />

ottobre 1861.<br />

111


e talvolta eziandio rintocchi di campane suonate a martello. E siccome Franzini (scriveva il<br />

Prefetto ai Sindaci) ha tutto il fondamento di sospettare, anzi è persuaso, che questi sono<br />

segnali convenuti coi briganti, e che coloro che vi danno mano sono spie dei medesimi<br />

(briganti), così dichiara che da oggi innanzi farà diligentemente sorvegliare, e punirà con la<br />

fucilazione chiunque, colpito sul fatto, sarà convinto essere stato esecutore di alcuno dei<br />

suddetti segni, senza che il colpevole possa avvalersi dei soliti pretesti di essere cacciatore,<br />

di aver inteso cantare e simili » 6.<br />

Il 20 novembre, l'Assessore delegato dell'Amministrazione Comunale di S. Lorenzo<br />

Maggiore, in assenza del Sindaco, ordinava ai cittadini la distruzione « delle pagliaia, della<br />

fabbrica delle case rurali disabitate nella montagna », dove non si poteva neppure andare a<br />

prendere la legna senza permesso. Così fu fatto anche negli altri Comuni per ordine del<br />

Prefetto di Benevento (Fig. 16).<br />

L'emanazione di queste norme restrittive era dovuta allo stato di preoccupazione in cui<br />

si viveva (è il caso di S. Lupo) e ai gravi fatti che erano accaduti alcuni mesi prima a<br />

<strong>Pontelandolfo</strong>, a Casalduni e in altri Comuni della provincia.<br />

PREOCCUPAZIONE A S. LUPO<br />

PER LA FESTA DEL S. PATRONO<br />

Il 28 luglio 1861, Giovanni Saccone, 2'° Eletto dell'Amministrazione comunale di S.<br />

Lupo, così comunicò all'Intendente del Circondario di Cerreto Sannita: «Domani qui si fa,<br />

gran festa religiosa pel S. Protettore. Ella già lo sa per mezzo del Comandante della<br />

Guardia Nazionale (Achille lacobelli) e di altro zelante cittadino, i quali vivono per il bene<br />

del paese e di tutta Italia. Si guardi solo di chi viene da Lei a spacciare sordida influenza, e<br />

titoli pomposi, i quali non valgono a nascondere l'obbrobrio del passato.<br />

Creda alle autorità e funzionari che zelano il proprio, e l'altrui onore.<br />

6 Lettera del Prefetto di Benevento, Gallarini, ai Sindaci in data 12 novembre 1861.<br />

112


La prego spedirmi un po' di truppa all'alba domani, e per-ttere si trattenghi almeno fino<br />

alle ore due di notte. La prunza mi comanda farne richiesta.<br />

Stamattina nel venire qui la banda musicale di Bonito per la alta di Benevento, in questa<br />

città capoluogo volevano distoglier iro la venuta dicendo il Municipio nostro in rivolta. I<br />

musicanti Dn l'an creduto, e si sono messi in viaggio, quando a circa due piglia di qui un<br />

uomo ignoto ~ vestito alla borghese diceva loro ritornate indietro, poiché a S. Lupo non si f<br />

a la festa. L'Arcirete è fuggito in Napoli, avendogli detto il Cav. Iacobelli che se oleva<br />

fare la festa, doveva farla colle bandiere bianche " 7.<br />

Tutta favola, tutte menzogne. Qui si sta tranquillissimo ali' imbra del vessillo tricolore<br />

fregiato della Croce Sabauda.<br />

Convien però stare all'erta, e vigilare; quindi la richiesta a ,ei di un poco di forza<br />

regolare.<br />

Accolga Sig. Intendente le mie prime felicitazioni pel buono arrivo di Lei, e gradisca gli<br />

attestati di mia verace stima ».<br />

AGOSTO 1861 A PONTELANDOLFO E A CASALDUNI<br />

Nel passato è stato dato ampio rilievo dalla stampa, e non lolo da quella locale, alla<br />

reazione filoborbonica 8 e alla rappreaglia piemontese che avvennero nell'agosto del 1861 a<br />

Pontelanlolfo e a Casalduni.<br />

7 È evidente l'allusione alla bandiera borbonica.<br />

8 La banda reazionaria di <strong>Pontelandolfo</strong> era formata da abitanti di « quel ,omune, da soldati sbandati di S. Lorenzo<br />

Maggiore, Casalduni, Campolattaro, Morsone... oltre ai noti briganti di Solopaca (cfr. A. ZAzo, Nuovi documenti<br />

ulla reazione di Pontelandol f o, in Samnium, 1951, n. 3, p. 86) ».<br />

La banda spadroneggiava nella zona, anche per la momentanea assenza [ella colonna mobile della Guardia<br />

Nazionale comandata dal tenente coloniello Giuseppe De riarso. (Sul De Marco, Comandante dei Cacciatori<br />

irpini, fr. FLORIDANTE BIZZARRO, Paupi.ri nella sua storia, Ed. Gennaro Risolo, Beievento, 1981, p. 31 e<br />

seguito).<br />

113


Recentemente colti e appassionati studiosi 9 si sono ampiamente interessati della vicenda<br />

riportandola nei giusti limiti della<br />

Ne diamo solo una breve sintesi.<br />

Il giorno 11 agosto 1861 giungeva a <strong>Pontelandolfo</strong> un distaccamento di 45 soldati<br />

piemontesi e quattro carabinieri provenienti da Campobasso, tutti comandati dal tenente<br />

Bracci.<br />

Erano giunti per sedare alcuni disordini sorti il 7 agosto in occasione della festa di S.<br />

Donato. Appena essi si accorsero di un imminente attacco dei briganti, ossia dei reazionari<br />

filoborbonici, pensarono di ritirarsi a S. Lupo, sede del Comandante della Guardia<br />

Nazionale Achille Iacobelli lo. Quasi a metà strada (Prainella - collina S. Nicola), non<br />

potendo avanzare per la presenza dei briganti, furono costretti a dirigersi verso Casalduni,<br />

ma non trovarono via di scampo. Furono tutti, eccetto uno, barbaramente massacrati.<br />

All'alba del 14 agosto dello stesso anno avvenne la rappresaglia. I soldati piemontesi, al<br />

comando del colonnello Gaetano Negri « entrarono nell' abitato (di <strong>Pontelandolfo</strong>) tirando<br />

contro<br />

9 DANIELE PERUGINI, Monografia di Pontelandol f o, Campobasso, 1878; Rocco BOCCACCINO, in una precisa<br />

ricostruzione storica, Memorie dei giorni roventi dell'agosto 1861, in Samnium, 1973, n. 1-3, da p. 57 a p. 78;<br />

FERDINANDO MELCHIORRE, in Storia dei fatti di <strong>Pontelandolfo</strong> dell'agosto 1861, Ed. C. EDI. M., Milano, 1983;<br />

GIOVANNI GIORDANO, Un riesame dei fatti di <strong>Pontelandolfo</strong> in un nuovo saggio di Melchiorre, in Messaggio<br />

d'Oggi, direttore G. De Lucia, Benevento, 1984, n. 1, p. 3; il Sindaco Giuseppe Perugini in vari convegni; sulla<br />

stampa : i giornalisti Tito Margherini, Clemente Cassese, Gabriele De Luca, Luigi Vessichelli. Quest'ultimo, in<br />

riferimento all'ultima indagine del Melchiorre, dice: « infatti, non parla lui (l'autore), ma, secondo un costume<br />

che è o dovrebbe essere di ogni storico onesto, lascia parlare i fatti, così come sono documentati dalle<br />

sentenze, dalle lettere, dagli scritti del tempo, nella cui trascrizione l'autore è di una scrupolosità e minuziosità<br />

a volte eccessive (cfr. Messaggio d'Oggi, direttore G. De Lucia, Benevento, n. 8, p. 3 ) » .<br />

10 Il Cav. Achille Iacobelli fu accusato- da un certo Vincenzo latommasi di Campobasso di essere stato uno dei<br />

promotori della reazione filoborbonica di <strong>Pontelandolfo</strong> e Casalduni (cfr. in appendice la lettera dell'Intendente<br />

del Circondario di Cerreto Sannita al Governatore della provincia di Benevento).<br />

114


chiunque incontrassero... Il paese venne dato alle fiamme ...ll. Dopo i soldati si<br />

abbandonarono al saccheggio e ad atti di lascivia » 12,<br />

A Casalduni « ugual ruina che a <strong>Pontelandolfo</strong>, ma meno sangue, perché quasi deserto il<br />

luogo » 13.<br />

Il 15 agosto, il colonnello Negri comunicava al Governatore di Benevento: « Ieri<br />

mattina all'alba, giustizia fu fatta contro <strong>Pontelandolfo</strong> e Casalduni. Essi bruciano ancora »<br />

14.<br />

Della clamorosa vicenda se ne ebbe eco perfino nel Parlamento italiano. Il 15 agosto 1861<br />

sulla Gazzetta di Torino si poteva leggere : « Le voci, che si diffusero ieri, sulla carneficina<br />

dei nostri, ebbero stamane conferma e schiarimento. Un distaccamento del 36'° fanteria,<br />

comandato da un ufficiale, e composto di una quarantina di soldati, venne trucidato fra<br />

<strong>Pontelandolfo</strong> e Casalduni... Atti della barbarie più feroce vennero compiuti...<br />

Ieri mattina, la vendetta di Dio ha visitato <strong>Pontelandolfo</strong> e Casalduni... Le truppe nostre<br />

si presentavano alle porte dei due paesi e venivano accolte a fucilate. Dopo vivo fuoco,<br />

entrarono a forza, e <strong>Pontelandolfo</strong> e Casalduni non esistono più. Le fiamme han divorato le<br />

case... » 15,<br />

Questi in breve i fatti. Seguirono poi gli arresti dei colpevoli di <strong>Pontelandolfo</strong> e di<br />

Casalduni, per alcuni dei quali fu applicato « un giudizio sommario in seguito a consiglio<br />

di guerra ». Le prime fucilazioni furono eseguite a Benevento il 22 agosto, altri dodici<br />

briganti vennero giustiziati a Cerreto Sannita il 29 settembre e altri sei a <strong>Pontelandolfo</strong> il<br />

18 ottobre. Per il massacro dei soldati furono rubricati 118 individui, dei quali 28 erano<br />

di <strong>Pontelandolfo</strong>, 53 di Casalduni, 34 di Ponte, 2 di Morcone e uno di Campolattaro 16.<br />

11 In otto secoli, era la terza volta che la cittadina di <strong>Pontelandolfo</strong> veniva incendiata (cfr. A. DE BLASIO, cit.,<br />

p. 54, nota n. 2).<br />

12 VINCENZO MAZZACANE, I fatti di Pontelandol f o nel manoscritto di un contemporaneo, in Rivista<br />

storica del Sannio, a. IX, 1923, n. 3, p. 76; cfr.<br />

anche A. ZAZO, cit., p. 94.<br />

13 DE Sivo, Storia delle Due Sicilie dal 1847 al 1861, Viterbo, 1867, II, p. 149; cfr. anche A. ZAZO, cit., p.<br />

94.<br />

14 A. ZAZO, cit., p. 95.<br />

15 SERGIO BASALISCO, Il brigantaggio, Ed. RADAR, Padova, 1969, pp. 44-45<br />

16 A. ZAZO, cit., p. 97.<br />

115


Si concludeva così una triste vicenda che ispirò al De Amicis un famoso racconto 1 7. In esso<br />

si nota come « l'esagerazione e la menzogna avevano sconvolte anche le menti di scrittori,<br />

che le divulgavano facilmente... Non si vuole fare addebiti di maggiore o minore<br />

responsabilità; il crimine commesso fu troppo sconcertante da non meritare attenuanti, anche<br />

se niente affatto possa giustificare le barbare e abominevoli ritorsioni » 1 8.<br />

La vicenda risorgimentale di <strong>Pontelandolfo</strong>, « che si affianca, per tanti versi, a quella di<br />

Bronte in Sicilia, costituisce tuttora l'episodio negativo più rimarchevole nella storia del<br />

nostro Mezzogiorno, al compimento della prima unità d'Italia... » 1 9.<br />

17 Questo il racconto : « Era l'estate del 1861, allorché la fama delle imprese brigantesche correva l'Europa; ...<br />

quando il colonnello Negri, presso <strong>Pontelandolfo</strong>, vedeva appese alle finestre, a modo di trofei, membra sanguinose<br />

di soldati; quando il povero luogotenente Bracci, ferito e preso in combattimento, veniva ucciso dopo otto<br />

ore di orrende torture; quando turbe di plebaglia forsennata uscivan di notte dai villaggi, colle torce alla mano,<br />

a ricevere in trionfo le bande ». Il racconto è riportato anche dal BOCCACCINO, cit., in Samnium, p. 64.<br />

18 R. BOCCACCINO, cit., pp. 63-64.<br />

19 G. GIORDANO, cit., in Messaggio d'Oggi, 1984, n. 1, p. 3.<br />

116


CAPITOLO IX<br />

BRIGANTAGGIO 1862<br />

ISTRUZIONI MINISTERIALI<br />

PER LA LOTTA AL BRIGANTAGGIO<br />

I fatti atroci, accaduti a causa del brigantaggio che affliggeva le buone popolazioni delle<br />

province meridionali, avevano richiamato 1' attenzione dell' autorità centrale. Il Governo<br />

notava con preoccupazione che il brigantaggio, dopo essere stato represso in molte località,<br />

risorgeva a volte come per incanto, cresceva rapidamente, infestava i luoghi vicini per poi<br />

dileguarsi senza lasciare traccia della sua esistenza; veniva spesso fornito di mezzi, di armi o<br />

avvertito con anticipo degli spostamenti della truppa che attendeva al varco.<br />

Per tali motivi il Ministro Ricasoli diramava questo dispaccio 1 : « ... Per le informazioni<br />

ricevute si è posto il Ministero nella conoscenza che maligne e segrete suggestioni, per<br />

l'ordinario fatte da persone, che purtroppo avrebbero l'obbligo distillare negli ignoranti la<br />

verità, la concordia, e la carità di Patria, inducono a farli traviare, esaltando loro i mali<br />

della miseria, ed incoraggiandoli 2 alla rapina, al saccheggio, alla strage contro i proprietari,<br />

ed in ispecie contro coloro che più si sono distinti per patrio amore e per devozione alla<br />

causa nazionale.<br />

Né mancano... degradati uomini, i quali hanno fomentato e secondano il brigantaggio,<br />

somministrando ai malfattori le armi, i<br />

1 Lettera del Prefetto di Benevento inviata in data 14 febbraio 1862 al Sottoprefetto del Circondario di Cerreto<br />

Sannita. La lettera conteneva la circ. n. 138 dell' 11 gennaio 1862 del Ministero dell'Interno, Direzione di Pubblica<br />

Sicurezza, Ministro Ricasoli (Brigantaggio 1862, Biblioteca del Museo del Sannio).<br />

2 In una lettera riservata, inviata ai Sindaci dal Prefetto in data 18 marzo 1862, era scritto : « Il partito<br />

borbonico pare che voglia tentare l'ultima battaglia. Sparge notizie allarmanti, incoraggia i briganti a<br />

sostenersi e cerca di provocar disordini in ogni momento ».<br />

117


mezzi e le notizie per conservarsi (cioè nascondersi) in campagna, e tengono loro mano ai<br />

furti, ai sequestri, non senza designare talora la vittima, per dividere coi medesimi i danari e<br />

gli oggetti estorti e per compiere le loro private vendette, come parimenti per tenere in<br />

continua paura di pericoli i pacifici e timorosi cittadini ai quali estorcono ingenti somme.<br />

Questo stato di cose deve cessare in un governo onesto e liberale, ed il Governo del<br />

Re sente il dovere, e deve avere la forza di farlo cessare.<br />

... il brigantaggio delle campagne non può essere l'opera di un istante, ma ha bisogno di<br />

un periodo di preparamento, e di mezzi opportuni per il suo svolgimento...<br />

... particolarmente gioverà che portino la loro attenzione sui così detti guardiani dei<br />

campi, i quali... possono offrire indizi sufficienti di convivenza coi briganti. Né lasceranno<br />

inosservate le osterie di campagna, che sogliono essere il ricetto dei briganti...<br />

.,. i casolari delle campagne ed i così detti romitorii dovranno parimenti essere sorvegliati<br />

dagli agenti di Pubblica Sicurezza, come quelli che posti in siti lontani dai centri di<br />

popolazioni, possono servire ancora di ricetto ai briganti...<br />

... procedere ad un notamento degl'individui diffamati, e sospetti per furti, grassazioni, o<br />

come ricettatori d'oggetti furtivi, e dei così detti Camorristi, i quali sogliono assentare dal<br />

proprio domicilio senza giustificare la loro assenza... ».<br />

COMPARSA DEI BRIGANTI<br />

Nonostante le severe restrizioni ministeriali, i briganti continuavano le loro azioni. Ne<br />

citiamo alcune avvenute nelle zone più vicine a S. Lorenzo Maggiore.<br />

Il giorno 5 marzo, verso le ore 6 pomeridiane, un certo Lorenzo Puinello, di anni 40,<br />

trainante di S. Lupo, <strong>Pontelandolfo</strong> e Cerreto Sannita, proveniente da Caserta e diretto in<br />

patria, con un « traino carico di sale e tabacco, giunto al luogo detto Cirasella (Comune di<br />

Melizzano), sulla strada Consolare, venne assalito da sei individui incogniti, vestiti da<br />

paesano, uno armato di fucile, un altro di pistola e gli altri quattro di scurre, e lo<br />

depredarono di un mezzo quintale di sale e una quantità di tabacco, in tutto<br />

118


del valore di undici ducati e 60 grana (Fig. 17), e quindi si diedero alla fuga in quelle<br />

campagne, ed il grassato (cioè il derubato) continuò il viaggio al suo paese » 3.<br />

Un'altra estorsione avvenne in danno di Luigi Zarro di Fragneto Monforte, proveniente<br />

da Cerreto Sannita, dove era andato a vendere granaglie. Sulla strada Nazionale Sannitica «<br />

nel luogo detto Calcara di Orlando (Comune di S. Lorenzo Maggiore) fu aggredito da un<br />

individuo armato di stile (cioè di coltello) e pistola che gli tolse docati 28 » 4 .<br />

Uno scontro cruento avvenne tra soldati e briganti nei pressi del convento di S. Maria<br />

della Strada, nella Piana di S. Lorenzo Maggiore, dove rimasero uccisi un sergente del 20°<br />

Reggimento e un brigante.<br />

Era l'alba del 4 giugno quando, giunto a Ferratisi, nel Comune di Ponte, « di<br />

perlustrazione con un buon numero di Guardie, mi 5 venne riferito che verso la metà di<br />

quella notte si erano intese molte fucilate nella piana di Ponte. Mi avviai a quella volta, e<br />

nel luogo, ove appellasi Noce d'Agone, in un seminato a grano, poco discosto dalla strada,<br />

che da Ponte mena a Solopaca, rinvenni due cadaveri, cioè un sergente del Ventesimo di<br />

Linea, mancante del cranio, che er'andato via con un colpo di arma da fuoco, ed un<br />

contadino che, secondo la vestitura, appariva essere del vallo di Vitulano, coverto di cinque<br />

ferite, prodotte anche da arma da fuoco. Seppi che verso S. Maria la Strada vi era un<br />

drappello di truppa, feci avvertire l'Uffiziale che (io capitano) avevo rinvenuto quei cadaveri.<br />

Conferitasi colà la truppa narrommi che in quella notte verso le ore 5 italiane (la truppa)<br />

percorreva quella via, per andarsi ad appostare a S. Maria della Strada, ove aveva<br />

conosciuto aggirarsi una banda di sei in sette briganti. Il defunto sergente marciava di<br />

avanguardia con pochi soldati, in quel luogo s'imbatté con cinque o sei malviventi<br />

provenienti dalla parte di detta S. Maria della Strada, essi si dirigevano verso il fiume<br />

Calore, forse per<br />

3 Lettera del Luogotenente di Cerreto Sannita al Sottoprefetto dello stesso Circondario in data 5 marzo 1862.<br />

4 Lettera dell'Assessore Saccone di S. Lupo al Sottoprefetto in data 25 maggio 1862.<br />

5 È il Capitano della Guardia Nazionale di Casalduni, Saverio Mazzaccara, che comunica al Sottoprefetto con<br />

dispaccio del 5 gennaio 1862.<br />

119


guadarlo. I briganti a dar la voce ed a scaricare cinque o sei fucilate, fu tutt'uno; sotto<br />

questi colpi cadde estinto il sergente. I soldati sollecitamente tirarono anch'essi, ed uccisero<br />

un brigante. I briganti datisi in fuga per entro i seminati vennero inseguiti, ma le fitte<br />

tenebre ne fecero disperdere le tracce.<br />

Il brigante (ucciso) er'armato di fucile con baionetta e 13 cartucce ed aveva in tasca<br />

piastre 6 18 e mezzo. Poco discosto da ov'egli giaceva, si rinvenne una bisaccia con<br />

un'anfora, o grosso fiasco di vino bianco, di colore alquanto cerasuolo, ed un pane<br />

bianchissimo di oltre due rotoli 7. Quali oggetti furono tutti appropriati dalla truppa, al<br />

numero di 40, e precisamente quella distaccata in Torre - Palazzo 8 .<br />

Feci condurre i due cadaveri in Ponte, per far dare sepoltura al sergente in quella<br />

chiesa questa mane dopo celebrati i funerali e resi dalla Guardia gli onori militari, e il<br />

brigante poi per essere riconosciuto. Ed infatti un falegname di Vitulano disse che quel<br />

cadavere era un tal Angelo di Agnone Minco Paglia del Comune di Vitulano, di anni 22 o 23,<br />

refrattario (cioè disertore) dell'ultima leva, che per non marciare (cioè per non fare il<br />

soldato) Brasi dato a percorrere la campagna, e pochi mesi fa esercitava il mestiere di<br />

custode di pecore, stando a garzone con Sebastiano Matarazzo di Sicignano ( ? ), casale -di<br />

Vitulano. Costui (cioè il cadavere del brigante) ebbe sepoltura in un fosso in campagna.<br />

Non debbo tacere essermisi riferito in Ponte che vino simile a quello rinvenuto presso i<br />

briganti si vende a S. Lorenzo Maggiore ».<br />

Dopo queste vicende, altre ne accaddero.<br />

Verso la metà di luglio (1862), sotto un' sole implacabile, « verso il fiume Calore fra<br />

Solopaca e Guardia Sanframondi erano stati catturati due fratelli Brizio di S. Lorenzo<br />

Maggiore, ed il<br />

6 Piastra : antica moneta d'argento coniata in Italia durante il Regno di Carlo III. Nel periodo della<br />

monetazione del regno delle Due Sicilie non furono coniate piastre, né dalla zecca di Napoli, né da quella di<br />

Palermo. Le monete trovate nelle tasche del brigante ucciso potrebbero essere ducati o carlini (ducato di rame<br />

= L. 4,25; ducato d'argento = L. 5,9'15; moneta da 12 carlini = L. 5,10). Il valore di circa 19' piastre<br />

corrisponderebbe approssimativamente a 100 lire.<br />

7 Rotolo : antica misura di peso, a Napoli gr. 891, a Palermo gr. 793.<br />

8 Torre-Palazzo, località tra Ponte e Benevento.<br />

120


Giudice di Guglionesi Giovannantonio di Gennaro, che da Maddaloni percorreva la Sannitica<br />

(strada) in carrozza » 9.<br />

Si pensò allora alla possibilità di istituire un distaccamento a Solopaca spostando una<br />

parte dei soldati delle due compagnie che erano a Vitulano. Solopaca, infatti, era un punto<br />

importantissimo di sbocco dal bosco di S. Stefano « stanza ordinaria dei briganti » per la<br />

strada Sannitica, la quale era percorsa anche dal procaccia che portava « i regi fondi ».<br />

Intanto le continue scorrerie dei briganti in molte località del Circondario di Cerreto<br />

Sannita non accennavano a diminuire. Ne è prova il fatto che il giorno 16 luglio 1862, in<br />

pieno giorno, nell'abitato di S. Lorenzo Maggiore furono catturati due benestanti 10.<br />

Di fronte a tanta recrudescenza il Sottoprefetto si rivolse al Comandante della Colonna<br />

Mobile di Nola, Generale Franzini, per comunicargli che la poca truppa non bastava affatto<br />

alla persecuzione dei briganti e che « Le Guardie Nazionali sono avvilite, e non stimulate<br />

dal pericolo; indi malcontento, e mormorio nelle popolazioni che ripongono in altri la colpa<br />

della loro inerzia... La prego perciò di spedire al più presto un rinforzo di truppa in questo<br />

Circondario, il quale valga a non farne intristire la situazione, ed a rialzare in qualche modo<br />

lo spirito pubblico » 11.<br />

Anche a Moncone la situazione era molto grave, per cui il Sindaco così comunicò al<br />

Sottoprefetto: « I dolorosi fatti perpetrati dai briganti a S. Lorenzo Maggiore hanno<br />

depresso lo spirito pubblico di questa popolazione (di Morcone) in modo assai sensibile; e la<br />

depressione si aumenta tutto giorno da che non si vede, da parte del Governo, adottato alcun<br />

mezzo diretto ad estirpare i malviventi che sempre più crescono in numero e in audacia.<br />

(Si attendevano quindi) le disposizioni del Governo stesso alla occasione di tanta critica<br />

bisogna » 12.<br />

Il 23 luglio il Sottoprefetto inviava un espresso al Sindaco di Solopaca per comunicargli:<br />

« I briganti trovansi sulle montagne di Vitulano, come aveva potuto io conoscere -da una<br />

lettera di uno<br />

9 Lettera del Sottoprefetto al Prefetto di Benevento. Nel documento non è riportata la data esatta. `<br />

10 Non sono specificati i nomi.<br />

11 Dispaccio in data 17 luglio 1862.<br />

12 Moncone, 19 luglio 1862, il Sindaco al Sottoprefetto.<br />

121


dei catturati, e precisamente di quello 13, cui fu tagliato un orecchio ». Il Sindaco rispose<br />

con un rapporto che venne trasmesso al Prefetto.<br />

La relazione diceva che « per strategia o per urgente bisogno altrove la truppa dopo la<br />

perlustrazione di un giorno abbia abbandonato quel luogo, dove i briganti stanno con essi<br />

tre 14 infelici catturati di S. Lorenzo Maggiore, cui mandano a domandar somme superiori<br />

alle loro sostanze non contenti di quelle che hanno ricevute in varie migliaia... Solopaca è<br />

un punto importante di questo Circondario ed i briganti imbaldanziti per la loro impunità<br />

potrebbero tentare colpi di maggior momento... ».<br />

Nello stesso giorno il Prefetto Sigismondi assicurò che avrebbe insistito presso le autorità<br />

militari per la completa distruzione del brigantaggio in quelle zone.<br />

Nonostante queste assicurazioni, la Giunta comunale e i notabili di Cerreto Sannita,<br />

preoccupati dalla recrudescenza del brigantaggio che infestava tutta la zona, invocarono<br />

comprensione e aiuto dall'On. Francesco Garofano, allora Deputato nel Parlamento italiano<br />

per il Circondario di Cerreto Sannita.<br />

Si riporta la lettera:<br />

« ... Questo Circondario versa in pessime condizioni relativamente al brigantaggio. Ogni<br />

sforzo tentato finora per combatterlo ha dato purtroppo scarsi risultati, perché<br />

disgraziatamente è l'unico nelle province meridionali, che ha una sola Compagnia di Truppa,<br />

di cui appena 60 soldati sono disponibili, dei quali tolti quelli che restano, e che restar<br />

debbono a guardia del quartiere, e delle prigioni, rimangono in un numero del tutto<br />

insufficiente per una estensione di circa 40 miglia.<br />

Ciò ha prodotto che una banda composta di uomini che presero parte l'anno scorso ai<br />

massacri di <strong>Pontelandolfo</strong> e Casalduni è andata sempre più ingrossando, e minaccia rinnovare<br />

quelle scene<br />

13 Si tratta di Melchiorre. Su un foglio, privo di data e firma, della Sottoprefettura di Cerreto Sannita è<br />

riportata una deposizione secondo la quale « il Melchiorre teneva il grano sotterrato, e faceva morire di fame i<br />

poveretti; non aveva voluto vendere il grano a carlini 24 ».<br />

14 Non sono riportati i nomi dei tre infelici catturati. Essi potrebbero essere Melchiorre e i due fratelli Brizio;<br />

oppure Achille Cinquegrani, Melchiorre e il suo messo Francesco lannotti.<br />

122


di sangue, le quali saranno per certo riprodotte se il Governo non provvegga e presto.<br />

In men di un mese sono stati ricattati quattro benestanti 15 di S. Lorenzo Maggiore, uno<br />

di Cerreto, uno di S. Lorenzello, uno di Faícchio, un Regio Giudice di Guglionesi, che -<br />

traversava in carrozza la Sannitica (strada), e si è tentato di catturare ancora il più ricco<br />

proprietario del Circondario Sig. Salvatore Pacellí di S. Salvatore 16 , che per un tratto di<br />

coraggio, e per la valentia dei suoi cavalli evase -dalle mani di quei malviventi tra i quali<br />

era capitato.<br />

Le autorità civili della provincia non hanno mancato di esporre tali fatti, e nel giorno 21<br />

stante veniva concentrata una forza in Solopaca, per combattere la banda succennata, che<br />

aveva con essa quattro sequestrati, e si aggirava tra le montagne di Solopaca, e Vitulano; ma<br />

disgraziatamente quando gli abitanti di questo Circondario avevano aperto il loro core alla<br />

gioia, son restati delusi, poiché quella truppa, dopo la perlustrazione di un giorno, si è ritirata<br />

nei propri quartieri.<br />

L'impunità di quei malviventi non solo li ha imbaldanziti, ma in pochi giorni li ha<br />

raddoppiati di numero colla speranza nei nuovi adepti -di forte bottino, giacché le taglie che<br />

impongono ai sequestrati sono di somme ingenti, avendo domandato ducati 6.000 al Sig.<br />

Melchiorre di S. Lorenzo Maggiore, che trovasi tuttora fra essi, ed al quale hanno tagliato<br />

per ora un orecchio.<br />

... A mani giunte pregano la Signoria Sua, loro rappresentante, perché si compiaccia<br />

immediatamente presentarsi al Generale Lamarmora, onde ottenere che una Colonna Mobile<br />

composta di Bersaglieri atti per le montagne, operi in questo Circondario per determinati<br />

giorni, ed indi si lasci una sufficiente guarnigione come il Deputato Caso ha ottenuto per<br />

Piedimonte » 17.<br />

15 I quattro catturati erano i fratelli Lorenzo e Carlo Brizio, Pasquale e Achille Cinquegrani, tutti di S.<br />

Lorenzo Maggiore.<br />

16 Di notte tempo un certo Paolo Guarnie... di Puglianello avrebbe accompagnato i briganti al punto in cui fu<br />

tentato il sequestro di Salvatore Pacelli di S. Salvatore. Paolo era un manutengolo dei briganti; egli avrebbe<br />

anche condotto « donne di mala fama nel bosco di S. Salvatore, dove erano rifugiati Cosimo Giordano e<br />

Giuseppe Guerrasio (Guardia Sanframondi, 9 settembre 1863, il Giudice N. Rossi ai Sindaci di S. Salvatore e<br />

Puglianello).<br />

17 Cerreto Sannita, luglio 1863, la Giunta municipale all'On. Francesco Garofano. Poiché non è specificato il<br />

giorno, pensiamo che la lettera sia<br />

123


Mentre da Cerreto Sannita si rivolgevano invocazioni -di aiuto all'On. F. Garofano, sui monti<br />

del Taburno si avvicinava l'ora della barbara esecuzione di Pasquale Melchiorre 18, che si<br />

trovava nelle mani dei briganti insieme ai fratelli Brizio e Achille Cinquegrani.<br />

L'esecuzione avvenne il 25 luglio 1862, come notiamo nella lettera inviata al padre da<br />

Giuseppe 1 9, genero del Sindaco Giovanni Pingue di Guardia Sanframondi.<br />

« Caro papà. Subito dopo partita la serva da qui, sono venuti da me Pasqualino<br />

Tancredi e Berenicella, e mi ànno assicurato che Ciccio lannotti 20 realmente se n'è fuggito.<br />

Con le lacrime agli occhi vi dico che ieri al giorno i briganti fucilarono il povero padre di<br />

famiglia Pasquale Melchiorre e dopo lo bruciarono. Adempiuto quest'atto terribile di<br />

barbarie, partirono tutti i briganti dal Taburno e questa notte sono andati sul Matese, da<br />

dove dice che<br />

stata scritta il 23 oppure il 24 luglio, tra la data del concentramento della truppa a Solopaca (21 luglio) e<br />

l'uccisione del Melchiorre, avvenuta il 25 dello stesso mese.<br />

18 Dopo il rilascio di Achille Cinquegrani e dei fratelli Lorenzo e Carlo Brizio, il Melchiorre fu condotto dai<br />

briganti a Valle Marina, in tenimento di Solopaca, dove fu costretto « a raccogliere la legna per il rogo su cui<br />

dovrà ardere. Su di lui si accaniscono, a colpi di pugnale, Giordano, Pelucchiello, Martino ed altri Cerretesi.<br />

Dopo crudeli mutilazioni, gli recidono le orecchie, il naso e i genitali da inviare alla moglie, lo buttano ancora<br />

vivo sul fuoco (cfr. LUISA SANGIUOLO, Brigantaggio nella provincia di Benevento, 1860-1880, Ed. De<br />

Martini, Benevento, 1975, p. 311)».<br />

Per il rilascio la moglie del Melchiorre aveva inviato ai briganti 5 mila ducati e i gioielli, ma il prigioniero<br />

non fu mai liberato. Il motivo di questa spietata esecuzione sarebbe stato una ragazza di Cerreto,, che subì<br />

violenza dal Melchiorre in un pagliaio, mentre ella era in attesa del capobrigante Cosimo Giordano. Al<br />

rapimento del Melchiorre prese parte anche il capobrigante Giuseppe Guerrasio di S. Lorenzo Maggiore (cfr. L.<br />

SANGIUOLO, ibidem).<br />

19 Non sappiamo altro di Giuseppe, neppure dove si trovava quando scrisse la lettera.<br />

20 Francesco Iannotti (Ciccio), nominato nella lettera, era un corriere di Melchiorre spedito sul Taburno, dove fu<br />

costretto dai briganti a rimanere, pena la fucilazione.<br />

Corriere del sequestrato Don Pasquale Melchiorre fu anche un certo Paolo Angelo Cofrancesco di Cerreto<br />

Sannita, infatti « Don Lorenzo Melchiorre (Capitano delle Guardie Naz, di <strong>Pontelandolfo</strong>) avendo il fratello in<br />

mano ai briganti mandò a chiamare costà (cioè a Cerreto) un tal Patriotto (cioè Paolo Angelo), e lo mandò<br />

sul Taburno a parlare con i capi briganti cerretani, e niente poté ricavarne di bene, come infatti non vi è<br />

andato più. Sia certo che i briganti tengono immense corrispondenze, e quasi tutta la<br />

124


Ciccio è fuggito e l'ànno tirato una quindicina di scoppettate appresso. Io sto tanto<br />

sbalordito, che non so che altro dirvi, solo ci possiamo raccomandare alla Divina<br />

Provvidenza che ci aiutasse. Vi bacio la mano e mi dico vostro aff.mo figlio Giuseppe.<br />

Scrivete voi al Sottoprefetto » 21.<br />

A distanza di pochi giorni, comparvero a S. Lupo i briganti... piromani, i quali, verso le<br />

ore quattro del mattino, sorpresero il possidente Giuseppe Varrone di S. Lupo mentre era<br />

nella sua casa di campagna, alla contrada Sellitti. Egli venne affrontato da tre briganti armati<br />

« di tutto punto i quali minacciando gli domandavano 400 ducati e avendo egli dato negative<br />

risposte gli appiccarono il fuoco nella casa, la quale andò tutta in fiamme, ma nulla<br />

esistendovi che paglia così il danno non fu che di circa venti - ducati. I briganti si recarono<br />

verso la montagna e nel bosco della Scarata » 22.<br />

A distanza di una settimana, i quattro briganti si rifecero vivi e consegnarono un<br />

biglietto a un tal Filippo Vaccarella con l'obbligo di consegnarlo a Giuseppe Varrone.<br />

Richiedevano i 400 ducati, non avuti prima, e una « colazione di prosciutto e pane ». Ma il<br />

Varrone anche questa volta fu sordo a tale richiesta, per cui a « circa mezzanotte del 14<br />

agosto andò in fiamme una casa di campagna del Varrone denominata la Caverna e situata<br />

vicino a quel paese (di S. Lupo) che si -dice che sieno i quattro briganti che l'abbiano<br />

incendiata per vendetta. Il danno sarebbe 140 ducati, tra paglia, il pavimento e tetto ridotto<br />

in cenere. Contemporaneamente e credesi per opera degli stessi briganti, colà vicino andò<br />

pure in fiamme una casupola di proprietà di Giovanni Varrone... » 23,<br />

gente di campagna di questo paese (S. Lorenzo M.), e credo anche degli altri, sono immedesimati con essi, e per<br />

estirpare tale male ci vogliono misure energiche (S. Lorenzo M., 24 luglio 1862, il Capitano delle Guardie<br />

Naz. Giuseppe Brizio Cinquegrani al Sottoprefetto) ».<br />

21 La lettera fu inviata in originale dal Sindaco di Guardia Sanframondi al Sottoprefetto nella stessa giornata del<br />

26 luglio.<br />

22 Cerreto Sannita, 7 agosto 1862, il Luogotenente Del Vecchio al Sottoprefetto. Nella lettera è detto anche<br />

che il Varrone non era assicurato contro gli incendi, il che fa pensare che già da allora si poteva praticare<br />

nelle nostre contrade tale forma di assicurazione.<br />

23 Cerreto Sannita,. 17 agosto 1862, la Luogotenenza di Cerreto Sannita al Sottoprefetto.<br />

125


PAG 127 A 198 M I S S I S<br />

IL CASO IACOBELLI<br />

IN UNA LETTERA DELL'INTENDENTE<br />

Il Cav. Achille lacobelli, Comandante della Guardia Nazioe -di S. Lupo, fu fatto oggetto di<br />

numerose accuse in un reo 3 inviato da un certo Vincenzo Iatommasi di Campobasso<br />

Governatore della provincia di Benevento.<br />

Fra l'altro, lacobelli fu accusato di essere stato uno dei capi movimento reazionario di<br />

<strong>Pontelandolfo</strong> insieme all'Arc. De regorio e al Giudice Regio.<br />

L' Intendente del Circondario di Cerreto Sannita, assunte le u minute indagini, smentì<br />

quasi tutte le accuse inviando al Gornatore una lunga e dettagliata lettera che qui<br />

riportiamo quasi tegralmente. In essa è detto:<br />

« ... L'Arc. De Gregorio fu per unanime giudizio il più spurato fra i reazionari di quel<br />

Comune (di <strong>Pontelandolfo</strong>); ed allo endere dei Briganti colà non si smentì per nulla,<br />

narrandosi come facesse loro incontro in assisa (cioè in abito) Sacerdotale per nedire ed<br />

inneggiare all'opera fratricida. La Giustizia è sulle di<br />

tracce, benché infruttuosamente per ora.<br />

Il Giudice Regio di <strong>Pontelandolfo</strong> era pure addebitato di maneggi ostili al Governo, ed il<br />

Governo, s'io non prendo abbaglio, :o destituì...<br />

Del Cav. Achille Iacobelli occorre fare più lungo discorso...<br />

Sussiste che 1'Iacobelli (fu) nominato Maggiore della Guardia Nazionale nel 1848 e che<br />

si insinuasse destramente nella grazia del Re Ferdinando: uomini ben altrimenti notevoli del<br />

Cav. Iacobelli non si fecero scrupolo d'imitarlo.<br />

Non ho pruove abbastanza certe che dopo il 15 maggio Egli (Iacobelli) brigasse per<br />

ottenere aderenti alla petizione messa in giro .dal Governo per l'abolizione dello Statuto; mi<br />

si assicura soltanto che Egli non ricusasse la propria firma a chi ne lo sollecitava; fallo<br />

gravissimo per uomo geloso della propria reputazione politica, ma sventuratamente comune a<br />

molti che pur oggi sono in concetto di probii e benemeriti Cittadini.<br />

3 Si ignora il reclamo, però dalla lettera dell'Intendente del 27 settem. Dre 1861 si può immaginare il suo<br />

contenuto.<br />

199


Contraria al vero e calunniosa è 1' imputazione che Iacobelli nel trascorso dodicennio<br />

spendesse la sua influenza personale in danno dei liberali; ma risulta invece da più<br />

testimonianze credibilissime che Egli si adoperasse, e sovente con frutto, in vantaggio dei<br />

più compromessi, e che quest'uso lodevole della Sua influenza presso gli uomini del cessato<br />

Governo Borbonico attenuasse alquanto rimpetto (cioè di fronte) alla pubblica opinione il<br />

torto che Egli Brasi fatto cercando appoggio, aderenze, favori dal Barone.<br />

Sussiste che, in prossimità dell'epoca dello sbarco di Garibaldi, Iacobelli ritirasse armi dal<br />

Governo per affidarle a persone sicure: il numero di 1700 è per altro esagerato, dappoiché<br />

non oltrepassarono i 500. Erano fucili di munizione, che Iacobelli distribuì a Guardie<br />

Urbane di Sua fiducia, e mobilizzate allo scopo, com'egli insinuava, di difendere il Paese. Di<br />

lì a breve Francesco 2° riponeva in giorno la costituzione, e per effetto di questa le armi di<br />

cui ho parlato furono dallo lacobelli ritirate dalle Guardie Urbane Mobili, e consegnate a'<br />

Militi della Guardia Nazionale de' vari Comuni.<br />

È smentito che lacobelli approvvigionasse le genti di Francesco 2° chiuse in Capua, e<br />

che a tal uopo costruisse un Ponte sul fiume Calore. Esisteva un Ponte di servizio, ma di<br />

data alquanto lontana, e eretto a scopo ben diverso; e questo Ponte nonché giovare allo<br />

Esercito, venne dai Regi, siccome nocevole, abbattuto.<br />

Nessuno indizio poi arrivò a me che la reazione di <strong>Pontelandolfo</strong> si collegasse alle<br />

asserte trame del Cav. Iacobelli; il quale anzi trovandosi in quei giorni a Napoli, si offerse -di<br />

coadiuvare il Governo nella repressione del Brigantaggio, e poté dare un principio<br />

d'adempimento alle sue intenzioni inseguendo con buona mano di Guardie Nazionali i<br />

Briganti che si mostravano nel Comune di S. Lupo<br />

Né ha maggiore consistenza che Egli venisse chiamato al grado di Maggiore delle Guardie<br />

Nazionali, imperocché tutta la sua ingerenza in questa milizia si ristrinse a utilizzare i vari<br />

contingenti di essa contro le masnade (di briganti) che infestavano il Circondario, operazione<br />

che fu troncata nel suo nascere così per misure di prudenza ben note alla S. V., come per i<br />

pronti aiuti apprestati dalla Truppa Regolare.<br />

Mi giunge poi del tutto nuovo che i passeggieri nel tratto di tempo a cui s'allude<br />

fossero bastonati e massacrati. I Briganti erano<br />

200


in comitive numerose, e non si tenevano sulle vie Consolari per aggredire, come si<br />

pretenderebbe, alla spicciolata i passanti: essi al contrario disfogavano il truce animo sopra<br />

intere popolazioni ove sperar potessero qualche aderente, ed il frutto di queste spedizioni<br />

era troppo pingue, perché pensassero a cambiarle in quelle sorprese isolate che si avverano<br />

soltanto oggi in cui il Brigantaggio è agonizzante, in parte ravveduto dal terrore delle pene,<br />

in parte esaurito di mezzi per sostenersi.<br />

In conclusione, io credo 1'Iacobelli diverso da quello che si dipinge nel reclamo; ove<br />

non so se prevalga l'intemperanza o l'infamia...<br />

Il concetto che io me ne sono potuto formare del Cav. lacobelli non corrisponde, per<br />

fermo, alle qualità che si richieggono in ;un Cittadino d'indole e di fatti egregi; ritengo anzi<br />

che il di Lui liberalismo sia alquanto equivoco e voltatile, e che al di sopra della Patria egli<br />

collochi lo interesse proprio, e di tutti gl'interessi personali il meno solido, quello della<br />

vanità. Ma fra queste pecche e le vituperevoli opere di cui lo accagiona il reclamo corre<br />

un'enorme distanza...<br />

Apparisce (nel reclamo) costui (cioè V. Iatommasi) uno dei moltissimi che per<br />

patriottismo intendono il mettersi nel posto di coloro che hanno grado umile o elevato nel<br />

Governo: è una caccia agli impieghi che darebbero con tutta la intolleranza dei tempi<br />

borbonici...<br />

Se il Governo dovesse perseguitare tutte le coscienze politiche non interamente nette di<br />

questa parte d'Italia, io non so davvero cosa sfuggirebbe ad una inquisizione così estesa, e<br />

così inclemente. Invece, pare a me che la tendenza prevalente esser debba quella di<br />

cattivare i perplessi, i renitenti, e fin dove la dignità lo comporti, anco i contrari, per<br />

giungere così facendo a quello accordo di tutti gl'interessi e di tutte le volontà che è tanto<br />

necessario a concretare l'edifizio della Nazionalità... » 4 .<br />

Fin qui la lettera dell' Intendente. Da altra corrispondenza epistolare fra Governatore e<br />

Intendenza risulta ancora che il Cav. Achille lacobelli aveva incarichi di vice Colonnello,<br />

Maggiore, Ca<br />

4 Lettera (27-9-1861) dell'Intendenza del Circondario di Cerreto Sannita al Governatore della provincia di<br />

Benevento.<br />

201


pitano, Luogotenente della Guardia Naz. In realtà egli era Maggiore da vecchia data, poi vice<br />

(o Tenente) Colonnello della Guardia Nazionale stabile (o urbana) e non ebbe incarichi<br />

nella G. N. mobile. La differenza fra i due corpi consisteva nella dipendenza della prima (G.<br />

N. stabile) dalle autorità locali, nell' ambito del Circondario, e della seconda (G. N. mobile)<br />

dalle truppe regolari.<br />

Secondo i regolamenti allora vigenti, l'Intendente di un Circondario non poteva conferire un<br />

grado superiore a capitano nella Guardia Nazionale Mobile.<br />

Il Cav. Achille Iacobelli, dotato di grande intraprendenza e « amante di predominio », per le<br />

sue « smodate e varie pretensioni » esercitava di fatto compiti superiori al suo grado, esagerando<br />

l'importanza della sua posizione di Comandante provvisorio delle G. N. del<br />

Circondario, per cui ebbe un richiamo dal Dicastero dell'Interno. Il suo incarico fu sospeso<br />

nell'agosto 1861 dopo la « spedizione militare a <strong>Pontelandolfo</strong> e Casalduni » 5.<br />

Del Cav. Achille Iacobelli bisogna anche dire che egli difese e aiutò i deboli, adoperandosi «<br />

in vantaggio dei più compromessi ». Egli era « un cittadino che nell'interesse pubblico e per<br />

le sue particolari qualità precedeva gli altri nel servizio della Patria senza grado assegnato, e<br />

senza un mandato diverso da quello che era comune a tutti gli altri » 6.<br />

5 Benevento, 18 settembre 1861, lettera del Governatore della provincia di Benevento all'Intendente del<br />

Circondario di Cerreto Sannita; lettera in data 20 settembre 1861 dell'Intendente al Governatore; lettera in data<br />

21 settembre 1861 del Governatore all'Intendente. Museo del Sannio, Archivio storico, Brigantaggio 1861.<br />

6 Ibidem.<br />

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