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racconti vincitori - Horror Channel

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tranne me), come La Maison du diable, sorgeva sopra le rovine incenerite di una vecchia abitazione del quindi-<br />

cesimo secolo. La leggenda narrava che un agricoltore, Jean-Charles Bougie, tornato a casa dopo un viaggio<br />

di lavoro, trovò la sua famiglia sterminata. I suoi quattro bambini erano stati sgozzati e pugnalati, mentre sua<br />

moglie veniva violentata e poi percossa fino alla morte. Fu lei a raccontarglielo prima di esalare l'ultimo respiro.<br />

Gli disse che i colpevoli erano dei vagabondi dei quali aveva avuto pena. Jean-Charles allora, avvelenato dall'o-<br />

dio, aspettò che il sole tramontasse, dopodiché si mise alla ricerca dei banditi. Per mischiarsi all'oscurità della<br />

notte si vestì di nero e si colorò il volto con il sangue dei suoi cari. Non riuscì mai a trovarli, così, delirante di di-<br />

sperazione tornò nella sua dimora e, radunando i corpi dei cari in camera da letto, incendiò l'intera abitazione,<br />

morendo tra le fiamme, abbracciato ai cadaveri che tanto aveva amato. Da quel momento in Francia nacque<br />

la leggenda dell'uomo nero. Testimoni dissero che di notte vicino alle rovine di casa Bougie si potevano udire<br />

lamenti e urla lancinanti come se qualcuno stesse bruciando vivo. Altri dissero che era lo spettro color cenere<br />

di Bougie che piangeva i propri cari, cacciando bambini da poter tenere con sé fino alla fine dei tempi. Il suo<br />

eterno rancore nei confronti dell'essere umano gli aveva permesso di dominare l'ombra affinché altri disperati<br />

provassero le sue stesse pene. Il dolore di perdere una moglie e dei figli.<br />

Il sangue mi si gelò di colpo. Avevo comprato la sua terra, le sue rovine, la sua storia. Ero solo l'ennesimo ospi-<br />

te contro il quale avrebbe incanalato tutto il suo dolore. Avevo perso mia moglie. Mancava solo mia figlia per<br />

essere come lui. Corsi a perdifiato verso La Maison du demon, spalancai la porta e iniziai a chiamare mia figlia<br />

a squarciagola. Tiffany, Tiffany dove sei?, nessuna risposta. Tiffany dobbiamo andarcene. E' pericoloso stare<br />

qui. Eppure di mia figlia nessuna traccia. Ma l'uomo nero appariva di notte, mentre in quel momento il cielo<br />

brillava di luce mattutina. Poi con sommo sgomento vidi la porta della cantina socchiusa. La scalinata in legno<br />

portava ad un limbo di eterna oscurità. Non vi era alcun barlume lì sotto. Nessuna finestra, nessuna lampadina.<br />

Lì, perso nel buio, sentii il pianto di mia figlia farsi sempre più lontano. Il fetore di cenere mi bruciava gli occhi<br />

e mi annodava la gola. Nell'aria l'odore di carne corrosa, di ossa incenerite, di morte. Mi frugai nelle tasche e<br />

strisciai il pollice sull'accendino. Ciò che vidi non lo scorderò mai. Uno spettro fluttuante galleggiava nell'aria<br />

col suo manto infernale. Lo stesso demone scorto la sera prima. I suoi occhi erano vuoti eppur piangevano.<br />

Sul suo volto scuro corroso dalle fiamme un sogghigno inquietante, senza labbra, senza naso, senza niente.<br />

Dinnanzi al petto teneva stretta la mia bambina scalciante, bloccandole le braccia con le sue mani affilate e<br />

grigie, impedendole di fuggire. Sopra la mia testa un nevischio di ceneri fiammeggianti. Tiffany mi chiamava,<br />

gridava il mio nome, allungava le sue piccole manine in cerca di un mio abbraccio. La sua carne soffice frigge-<br />

va a contatto con gli artigli orrendi di quel demone d'ombra.<br />

Luce, pensai, la luce lo caccerà via! - Così ripercorsi le scale e spalancai la porta della cantina, facendo brillare<br />

la luce del mattino dentro al limbo oscuro che ci teneva prigionieri. Lo spettro di Bougie spalancò la mascella,<br />

stridette come i freni di un'auto e prese fuoco, svanendo tra i fumi delle fiamme, insieme al volto incenerito di<br />

mia figlia. Gli occhi azzurri, la pelle chiara, i capelli color grano... Di lei non rimase nulla se non la cenere.<br />

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