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addio a bill millin: le suono - Geacoopsociale.Eu

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Bill Millin con la sua cornamusa (in primo piano)<br />

durante lo sbarco in Normandia. Lord Lovat è<br />

nell’acqua, a destra.<br />

E’ il 6 giugno 1944, D-Day, sbarco in Normandia. Morte e proiettili ovunque,<br />

sangue e corpi smembrati. E’ l’inferno in terra. C’è un uomo che attraversa<br />

l’inferno. Non si abbassa, non tenta di ripararsi dal<strong>le</strong> pallotto<strong>le</strong>. Non è neanche<br />

armato. Solo il suo kilt, la sciabola cerimonia<strong>le</strong> e la cornamusa. Suona lo<br />

strumento trascinando all’assalto i compagni. E’ William “Piper Bill” Millin, la<br />

“Cornamusa di Dio”. 1a Brigata Specia<strong>le</strong> Britannica, commandos. Milita agli ordini<br />

di Lord Lovat, scozzese pluridecorato. I due si erano incontrati a Fort William,<br />

dove Millin si stava addestrando. Lovat gli offre di diventare il suo attendente<br />

persona<strong>le</strong>, ma lui rifiuta. Lovat lo ingaggia allora come cornamusiere. Quel 6<br />

giugno 1944, Millin sta suonando “The Road to the Is<strong>le</strong>s” sulla spiaggia di Sword<br />

Beach. “Sono sorpreso di essere ancora vivo”, disse ai prigionieri tedeschi<br />

catturati dal<strong>le</strong> truppe britanniche. “Non ti abbiamo sparato perché ti credevamo<br />

pazzo. Non vo<strong>le</strong>vamo sprecare colpi”, gli risposero quelli. Dopo lo sbarco in<br />

Normandia, i commandos di Lovat avevano l’ordine di dirigersi verso il fiume<br />

Orne e sostituire i parà ing<strong>le</strong>si che intanto avrebbero conquistato i ponti<br />

nell’immediato entroterra. “Non dimenticherò mai il lamento della cornamusa di<br />

Bill - disse molti anni dopo il veterano Tom Duncan -. E' diffici<strong>le</strong> da descrivere<br />

l'effetto che faceva. Ci tirava su il mora<strong>le</strong> e aumentava la nostra determinazione.<br />

Ne eravamo orgogliosi e ci ricordava la patria e i motivi per i quali stavamo<br />

combattendo, per <strong>le</strong> nostre vite e per quel<strong>le</strong> dei nostri cari”.

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