épaules, deux « Agnus Dei» pendanrs aux oreilIes, une chandelle bénite allumée, tenanr à sa main, pour « asperges», une aile, qui avoit servi pour Alexandre Septième, et qu'on porte à coté des papes, pour magnificence, et un vase d'eau bénite de la largeur d'un écu. Il avoit écrit, sur le fronr, avec l'huile de la lampe, qui était fort noir: « Iesus », et il entra disant: « D'autorité du feu pape Alexandre Septième, je te exorcise de laisser libre son neuveu et de ne l'endommager pas meme en un poil de chemise». Et, ne pouvanr pas prendre, avec l'aile, l'eau bénite, il eut, pourtant, l'adresse de la verser sur laditte aile, pour nous arrouser. Cettuy-cy était un maitre innocenr, que le cardinal enrretenoit à la cour, pour se divertir, quelques fois, par ses fadèses. Ce soir-Ià, il l'avoit suivi au petit palais et, parce que, le jour, le cardinal, pour rire avec quelques personnes de qualité, avoit fait semblant de le faire pretre, au nom d'Alexandre VII, et de le constituer patri arche de toutes les ombres des morts; et Iuy (ayant oui le cardinal crier de peur, quand il nous trouva) il avoit demandé au valet de chambre le motif de ces désordres. Ayant su l'alfaire, il crut que ce fut l'ombre du prélat, qui avoit donné le palais à don Marius, croyanr devenir cardinal, l' otanr à ses neveus [l'abbate Domenico Salvetti, segretario della Cifra, con testamento del 6 lu- glio 1664, aveva lasciato il giardino a don Mario Chigi, padre del cardinale] et pour cela il s'était mis en cet équipage, pour le contraindre à s'en aller. Mais, voyanr que ny le cardinal, ny nous ne cessions de rire pour cela, il s'avisa de crier de s'en aller vitemenr au pape, pour impétrer l'autorité contre les esprits: y ayant un esprit follet, étranger de son diocèse, qui faisoit devenir fou monsieur le cardinal. Toutes ces plaisanreries n'empéchèrent pas que le cardinal ne fut obligé de se faire préparer un lit, pour nous laisser en repos ». '" '" '" Fra le briciole raccolte da me, nello spoglio che ho fatto delle giustificazioni dei mandati del cardo Flavio Chigi senior, dopo la pubblicazione di Vincenzo Golzio, mi pare piena di sapore questa supplica, che trascrivo qui sotto: Fuori: « AII'Em.mo e Rev.mo Sig.re il Sig.r Cardinal Chigi, per Giuseppe Giustini ». Denrro: « Em.mo e Rev.mo Signore. Giuseppe Giustini, affittuario dell'horto delle rev.de monache Barberine, oratore humilissimo di V. Em.za, humilmenre gli espone come, per la fabrica fatta nel sito presso detto horto, viene l'oratore gravato, con gran danno, dalli muratori, i quali li colsero scudi 4 di frutti, già venduti ad un fruttarolo; e, per il cavamenro della terra del sito, buttata nel detto horto, con gran danno, ascendenre sin a IO scudi; con haver, anco, detti muratori fatto entrare in detto horto una vaccina, che pur fece di danno altri scudi IO, col risico d'ammazzar della genre, che ivi lavorava; e quando, anco, fu aperto il muro, entrò gente, di notte, che li rubborno, tra essi muratori et altri, da scudi 3 di diverse cose; e, più, scudi 6 di danno, per tanro terreno perso, che si prese il muratore, per traversare i legnami; cavando, anco, il pozzo, fu buttata la robba sopra l'horto, con scudi 4 di danno: il tutto ascendenre, di danno, a 210 scudi 37; e perché gli fu promesso dal sig.r Carlo Fontana architetto, che sarebbe statO sodisfatto d'ogni cosa, sin hora non si vede aggiustamento alcuno. Pertanto, il povero oratore mette in consideratione di V. Em.za, che è povero affittuario, carico di famiglia, che, però, supplica fargli gratia ordinare sia reintegrato di tanto danno, non potendo compire alle monache, per detto affitto ». Sotto: « Il predetto danno, che ha patito il sopradetto hortolano, si è agiustato, d'accordo col parere del sig.r cavalier Fontana, architetto, in scudi IO moneta. Della qual somma se li potrà fare il suo mandato, per saldo e final pagamenro, così di questa, come d'ogn'altra pretendenza, che potesse havere, per tutti i danni patiti in detto suo horto, con l'occasione della fabrica nuova, fatta d'ordine di S. Em.za Padrone etc. Questo dì 25 luglio 1671. Dico s. IO moneta. (f.to) D. Gerolamo Mercurii maestro di casa ». Sotto ancora: « Computista, farete il mandato, per li sudetti scudi IO moneta, per saldo, come sopra. Dal nostro palazzo a Santi Apostoli, li 31 luglio 1671. Per scudi IO moneta. (f.tO) F. Cardo Chigi ». Per quanto l'ortolano Giuseppe Giustini si possa essere tenuto largo nella stima dei danni sofferti, non credo che sia stato proprio contento di ricevere un indennizzo di dieci magri scudi. '" '" '" Non so dire gran che delle vicende successive del giardino e delle raccolte conservate nel palazzetto. Quanto segue è tratto da carte del- l'archivio Chigi. È sicuro, che, nel 1745, gli oggetti, che formavano ancora il museo di curiosità, furono divisi fra il principe Agostino (Il) Chigi ed il fratello mons. Flavio, più tardi secondo cardinale di questo nome, nella famiglia. Il 4 aprile 1757, fu steso un inventario, per lo affitto del giardino e annessi a mons. Antonio Rota, ma, il 30 settembre dello stesso anno, il giardino si affittava e si consegnava al cardinale duca di York. Nel 1788, ci fu una vendita fittizia, fatta dal principe Sigismondo Chigi al sig.r Antonio D'Agliana, di Firenze, per costringere il cardinale duca di York a dimettere il giardino ed il casino, che teneva in affitto. Trovo, poi, una minuta di concessione enfiteutica del giardino di Vincenzo Nelli (3 agosto 1795, atti Passeri), la consegna, ed altre carte relative a detta enfiteusi, che fu poi ceduta a Pietro Franz, in atti Ruggeri, il 28 gennaio 1831. Rodolfo Lanciani, nel primo volume della sua Storia degli scavI di Roma (Roma, 1902) a pago 154, sa direi, ancora, che il giardino, « concesso in enfiteusi alla famiglia Franz per 100 scudi annui, fu da 211 Il J I IIII I ,I .1'
questa affrancato, l'anno 1871, con lire IO mila». Da quando il Belli scriveva la quartina: « È venut' uno co' du' baffi neri / Longhi Come du' remi de paranze: / Dice: "So' ir cacciator di munzù Franze / Che mi manna a porta' li su' doveri" », i discendenti di Franz Roesler si sono sempre chiamati « Franze», tutt'al più, Roesler Franz. Ad un Giuseppe Roesler Franz, parente di quell'Ettore, del quale sono tanto note le vedute di « Roma sparita», del Museo di Roma, è attribuito da una vecchia scritta un acquerello, anch'esso conservato nella stessa raccolta. In esso fu ritratto, nel 1850, da una finestra del palazzetto Chigi, poi proprietà della sua famiglia, la veduta degli orti e delle vigne che si stendevano dalla via delle Quattro Fontane alla piazza di San Bernardo ed alla grande esedra delle terme di Diocleziano, prima dell'apertura della via Nazionale. Ma chi saprà dirmi che cosa fosse quella costruzione semicircolare, che si nota anche nella grande pianta di G. B. Falda del 1676, e che, nell'acquerello, ostenta, ben visibile l'iscrizione: « Sixti V Pont. Max. Auspiciis »? (Giovalllli Consolazione) GIOVANNI INCISA DELLA ROCCHETTA ~ .'I -~.. ~'r' 1 t td / ~.P'''' Il... il' " g Il, fAi Iii ~ 'Il \ ~ 'cM ~ ,q ff ''l' J1i IJ . r . 'iic. jf .. ...- 'lì.;. ~ I " ~\ - -< z -< Il Iti O o:: Il I I.LJ Z O cr; Il ;.... I a z -< l I o:: O ,.., I Il rcr; :J Il d :J -< 'Il I 1\ Il' 1\ ;;; 'Il III l 111 I III
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