STRADARIO DI LAZISE - Comune di Lazise
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“Betulla”: è un albero<br />
elegante , a crescita<br />
rapida, che raramente<br />
sopravvive ai cento anni<br />
e si trova quasi in tutta<br />
l’Europa; si <strong>di</strong>stingue per<br />
i rametti pendenti,<br />
provenienti dai rami<br />
principali dritti e per la<br />
sua corteccia bianca,<br />
squamata, con grosse<br />
macchie nere.<br />
strada Delle Betulle<br />
località Bine Storte<br />
“Bina”: deriva dal latino e<br />
significa “a due a due”.<br />
Il toponimo sta ad in<strong>di</strong>care<br />
un filare <strong>di</strong> viti, “storte”<br />
curvilinee, per assecondare<br />
l’andamento irregolare del<br />
terreno collinare. I tutori,<br />
sostegni, dei filari, un tempo<br />
in legno <strong>di</strong> “rubin” acacia,<br />
sono pali <strong>di</strong> cemento ed il<br />
filo zincato. Tutte le vigne<br />
nostrane sono innestate sulla<br />
vite selvatica americana<br />
resistente alla filossera,<br />
malattia che nell’800 aveva <strong>di</strong>strutto i vigneti. L’innesto “la calma” è detto a spacco:<br />
la vite selvatica recisa viene aperta, spaccata, per l’introduzione degli innesti<br />
“calmini” della varietà desiderata. Il lavoro, che precedeva la formazione <strong>di</strong> un filare,<br />
era faticosissimo e durava mesi: col piccone “sapon” ed il ba<strong>di</strong>le “baila” si rivoltava<br />
il terreno per fare il “retrato”, un fossato profondo un metro e largo due.<br />
Un sistema semplice, antichissimo, però poco produttivo, era “la capelara”. I tutori<br />
erano un palo o due e un frassine con tre-quattro vigne attorno, coltivate a “capel”.<br />
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