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Capitolo III I CORSI D'ACQUA - Facoltà di Agraria

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<strong>Capitolo</strong> <strong>III</strong><br />

I <strong>CORSI</strong> D’ACQUA<br />

3.1 CRITERI IDRAULICI E SEDIMENTOLOGICI PER GLI INTERVENTI DI<br />

SISTEMAZIONE DEI <strong>CORSI</strong> D’ACQUA<br />

3.1.1 Premessa<br />

Qualunque tipo <strong>di</strong> intervento sui corsi d’acqua presuppone un’adeguata conoscenza del<br />

sistema fisico e dei principali fenomeni che in essi si svolgono. In funzione degli obiettivi<br />

previsti è necessario definire le caratteristiche idrauliche (regime delle portate, scabrezza),<br />

se<strong>di</strong>mentologiche (trasporto solido, granulometria), e morfologiche (rilievo delle sezioni,<br />

profilo plano-altimetrico) sulla base dei dati <strong>di</strong>sponibili integrati eventualmente con apposite<br />

campagne <strong>di</strong> rilievi.<br />

L’analisi e l’elaborazione dei dati raccolti, insieme alle equazioni descriventi i principali<br />

processi fisici, devono consentire una corretta rappresentazione dei fenomeni considerati (es.,<br />

formazione e propagazione delle onde <strong>di</strong> piena, evoluzione morfologica degli alvei).<br />

Limitando questa breve nota ad alcune considerazioni sugli aspetti idraulici connessi agli<br />

interventi <strong>di</strong> ingegneria naturalistica, può essere utile richiamare alcuni concetti dell’idraulica<br />

fluviale sulla <strong>di</strong>namica <strong>di</strong> formazione e <strong>di</strong> evoluzione degli alvei mobili.<br />

3.1.2 Dinamica morfologica dei corsi d’acqua<br />

Un corso d’acqua naturale è soggetto al fenomeno dell’automodellamento dal quale si<br />

originano ed evolvono le sue caratteristiche morfologiche, se<strong>di</strong>mentologiche e idrauliche in<br />

funzione dei fattori ambientali (clima, geologia, tettonica) e antropici (uso del suolo,<br />

stabilizzazione dei versanti, forestazione).<br />

Attraverso il processo <strong>di</strong> automodellamento il corso d'acqua tende verso una<br />

configurazione plano-altimetrica <strong>di</strong> equilibrio in funzione del regime delle portate liquide e<br />

solide imposte dal bacino <strong>di</strong> appartenenza. Occorre osservare che il processo evolutivo verso<br />

la configurazione <strong>di</strong> equlibrio, o <strong>di</strong> regime, può essere perturbato dalla sovrapposizione o la<br />

mo<strong>di</strong>fica dei fattori, naturali e/o antropici, rispetto alle con<strong>di</strong>zioni attuali, che inducono il<br />

corso d'acqua verso un nuovo assetto.<br />

Nei vari stu<strong>di</strong> afferenti alla Teoria del Regime vengono generalmente considerate come<br />

variabili <strong>di</strong>pendenti la larghezza, l’altezza e la pendenza dell’alveo, mentre la portata liquida,<br />

la portata solida e la <strong>di</strong>mensione dei se<strong>di</strong>menti vengono assunte come variabili in<strong>di</strong>pendenti<br />

(Fig. 3.1).


I corsi d’acqua<br />

Fig. 3.1 Rappresentazione schematica delle <strong>di</strong>namica morfologica dei corsi d’acqua.<br />

Vari approcci sono stati adottati per la definizione delle relazioni intercorrenti tra variabili<br />

<strong>di</strong>pendenti e in<strong>di</strong>pendenti. L’approccio empirico si basa sull’analisi dei dati sperimentali, <strong>di</strong><br />

laboratorio e <strong>di</strong> campagna, al fine <strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduare le correlazioni tra le variabili in gioco. Tra i<br />

principali contributi si ricorda Kennedy (1885), Lacey (1929), Blench (1951), Bray (1980). Le<br />

equazioni in generale possono essere ricondotte alle seguente forma:<br />

B= k1 Q 1/2 [3.1]<br />

Y= k2Q 1/3 [3.2]<br />

S= k3Q -1/6 [3.3]<br />

dove B è la larghezza dell’alveo, Y l’altezza d’acqua, S la pendenza, mentre k1, k2, k3<br />

sono costanti numeriche in alcune relazioni oppure funzioni delle <strong>di</strong>mensioni dei se<strong>di</strong>menti in<br />

altre relazioni.<br />

Per le grandezze <strong>di</strong>pendenti si assumono in generale dei valori me<strong>di</strong>, mentre per la portata<br />

liquida si fa riferimento alla portata dominante, cioè a quel valore che all’interno del regime<br />

dei deflussi del corso d’acqua considerato risulta più significativo ai fini del modellamento<br />

dell’alveo. Non esiste tuttavia un criterio unico per la sua definizione. Nella nota <strong>di</strong> Lamberti<br />

et al. (1984) si analizzano varie definizioni della portata dominante.<br />

127


Principi e linee guida per l’ingegneria naturalistica – Vol.1<br />

L’approccio semiempirico consiste nell’utilizzo delle equazioni <strong>di</strong> base (equazioni del<br />

moto dell’acqua e del trasporto solido) insieme a quelle empiriche per definire le<br />

caratteristiche dei canali stabili. Engelund & Hansen (1967), hanno utilizzato l’equazione <strong>di</strong><br />

resistenza (versione approssimata <strong>di</strong> quella <strong>di</strong> Engelund, 1967):<br />

128<br />

U=1951Y 5/4 S 9/8 D -3/4 [3.4]<br />

ove U è la velocità me<strong>di</strong>a della corrente in m/s, Y è altezza d’acqua in m, e D è il <strong>di</strong>ametro<br />

me<strong>di</strong>o dei se<strong>di</strong>menti (nella 3.4 in mm), insieme all’equazione del trasporto solido:<br />

fΦt=0.4ϑ 5/2 [3.5]<br />

ove f è il coefficiente a<strong>di</strong>mensionale <strong>di</strong> resistenza <strong>di</strong> Darcy-Weisbach, ϑ è il parametro <strong>di</strong><br />

Shields:<br />

ϑ = τ/((γs-γ)D [3.6a]<br />

e Φt è la portata solida a<strong>di</strong>mensionalizzata per unità <strong>di</strong> larghezza nella forma:<br />

Φt= qs/[γs ((γs-γ)D 3 ] 0.5 [3.6b]<br />

Gli altri simboli rappresentano: τ, la tensione tangenziale al fondo, γs e γ il peso specifico<br />

dei se<strong>di</strong>menti e quello dell’acqua, rispettivamente.<br />

Alle equazioni 3.4 e 3.5 gli Autori hanno aggiunto la relazione empirica del tipo 3.1<br />

espressa nella forma:<br />

B = 6.97 Q 0.525 /D 0.316 [3.7]<br />

dove Q è in mc/s e D in mm.<br />

Combinando le equazioni 3.4 e 3.5 Engelund e Hansen hanno ottenuto il grafico <strong>di</strong> Fig.<br />

3.2, utilizzabile per il progetto <strong>di</strong> canali stabili. Ponendo in ascissa la portata solida<br />

a<strong>di</strong>mensionale Φt e in or<strong>di</strong>nata la portata liquida unitaria a<strong>di</strong>mensionalizzata nella forma:<br />

Φ= q/[(γs-γ)D 3 ] 0.5 [3.8]<br />

ove q e qs rappresentano rispettivamente la portata liquida e solida per unità <strong>di</strong> larghezza,<br />

si ottengono per vari valori delle variabili in<strong>di</strong>pendenti due famiglie <strong>di</strong> curve, una a pendenza<br />

costante, l’altra per Y/D (D/d nel grafico!) costante. Il criterio fornisce le <strong>di</strong>mensioni <strong>di</strong> un<br />

canale stabile secondo la seguente procedura: si assume come variabili in<strong>di</strong>pendenti la portata<br />

liquida e la portata solida, si calcola il valore della larghezza B dalla relazione empirica 3.7 e<br />

successivamente i valori unitari delle portate, q e qs. Dal grafico <strong>di</strong> Fig. 3.2 (oppure<br />

risolvendo le equazioni 3.4 e 3.5), si ricavano i corrispondenti valori <strong>di</strong> pendenza, S, e altezza<br />

d’acqua, Y.


I corsi d’acqua<br />

Fig. 3.2 Grafico (Φt,Φ) <strong>di</strong> Engelund e Hansen (1967) per il progetto <strong>di</strong> canali stabili.<br />

L’approccio fisico tenta <strong>di</strong> ricavare le relazioni del regime basandosi esclusivamente sulla<br />

descrizione dei principali processi fisici caratterizzanti il fenomeno dell’automodellamento<br />

dei corsi d’acqua. In generale, la determinazione del problema viene ottenuta me<strong>di</strong>ante criteri<br />

<strong>di</strong> ottimizzazione. Yang (1976) e Chang (1980) ipotizzano che il processo <strong>di</strong> adattamento <strong>di</strong><br />

un alveo naturale sia tale da minimizzare l’energia <strong>di</strong>ssipata dalla corrente. White et al. (1980)<br />

hanno mostrato che tale ipotesi equivale a rendere massima la concentrazione del materiale<br />

solido trasportato.<br />

In sostanza tali criteri utilizzano le equazioni del trasporto solido e del moto dell’acqua<br />

(analogamente all’approccio semiempirico, v. ad es. le equazioni 3.4 e 3.5), associate ad una<br />

con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> minimo (o <strong>di</strong> massimo).<br />

I risultati ottenuti da White et al. (1982) in<strong>di</strong>cano un notevole accordo tra le relazioni<br />

ricavate per via empirica e quelle ottenibili con l’approccio <strong>di</strong> tipo fisico, come mostrano i<br />

grafici delle Fig. 3.3 e 3.4. Dalle stesse figure si osserva inoltre la scarsa influenza del<br />

trasporto solido nella relazione tra larghezza e portata e analogamente tra profon<strong>di</strong>tà e portata<br />

(Fig. 3.3). Viceversa, il legame tra la pendenza e la portata appare <strong>di</strong>pendente dal trasporto<br />

solido (Fig. 3.4).<br />

129


Principi e linee guida per l’ingegneria naturalistica – Vol.1<br />

130<br />

Fig. 3.3 Altezza h(Q) e larghezza b(Q) <strong>di</strong> regime per alvei in sabbia (White et al., 1982)<br />

Fig. 3.4 Pendenza S(Q) <strong>di</strong> regime per alvei in sabbia (White et al , 1982)


I corsi d’acqua<br />

Quanto abbiamo detto si riferisce alla configurazione trasversale e altimetrica del corso<br />

d’acqua. Per quanto riguarda l’assetto planimetrico, si possono presentare varie<br />

configurazioni che qualitativamente possono essere schematizzabili come in Fig. 3.5 [Billi,<br />

1988]. In particolare si osserva che per alte pendenze e forte trasporto solido il tracciato del<br />

corso d’acqua tende ad essere rettilineo o <strong>di</strong> tipo braided, mentre per basse pendenze e basso<br />

trasporto solido si manifestano configurazioni <strong>di</strong> tipo meandriforme o, più raramente, del tipo<br />

multicanale (anastomizzato).<br />

Fig. 3.5 Configurazioni planimetriche dei corsi d’acqua naturali (Billi, 1988).<br />

Vari contributi sono stati proposti per caratterizzare l’assetto planimetrico dei corsi<br />

d’acqua.<br />

Leopold e Wolman (1957) sulla base <strong>di</strong> un’analisi dei dati sperimentali hanno proposto il<br />

criterio rappresentato nel grafico della Fig. 3.6, ove in or<strong>di</strong>nata è riportata la pendenza e in<br />

ascissa la portata. La retta <strong>di</strong> equazione<br />

S = 0.0116 Q -0.44 [3.9]<br />

con Q in m 3 /s, <strong>di</strong>vide il piano in due regioni, quella superiore con assetto rettilineo o<br />

braided e quella inferiore con assetto <strong>di</strong> tipo meandriforme.<br />

Parker (1976) ha introdotto il il parametro:<br />

E = S/(π FrY/B) [3.10]<br />

ove, oltre ai simboli noti, Fr è il numero <strong>di</strong> Froude. L’alveo tende ad essere <strong>di</strong> tipo braided<br />

per valori <strong>di</strong> E >1 e <strong>di</strong> tipo meandriforme per E< 1.<br />

131


Principi e linee guida per l’ingegneria naturalistica – Vol.1<br />

132<br />

Fig. 3.6 Criterio S(Q) <strong>di</strong> previsione dell’assetto planimetrico secondo Leopold e Wolman (1957)<br />

Sempre sulla base <strong>di</strong> dati sperimentali, Agarwal (1983), ha dedotto il criterio raffigurato<br />

nel grafico <strong>di</strong> Fig. 3.7, ed esprimibile nella relazione a<strong>di</strong>mensionale:<br />

τ * = 0.13 (BS/Y) 0.56 [3.11]<br />

dove τ * = τ/ (γs-γ)D, con τ tensione tangenziale me<strong>di</strong>a al fondo.<br />

Questi brevi cenni sulle caratteristiche <strong>di</strong> regime dei corsi d’acqua possono fornire un’idea<br />

sulla molteplicità <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>, <strong>di</strong> approcci e <strong>di</strong> criteri <strong>di</strong>sponibili in letteratura sull’argomento. Ciò<br />

testimonia la notevole incertezza ancora presente in valutazioni <strong>di</strong> questo tipo ove<br />

l’affidabilità può essere pretesa solo in termini qualitativi.<br />

3.1.3 Gli interventi sui corsi d’acqua: le <strong>di</strong>fese <strong>di</strong> sponda<br />

Gli interventi su un corso d’acqua possono essere sud<strong>di</strong>visi sinteticamente in interventi <strong>di</strong><br />

regimazione e interventi <strong>di</strong> sistemazione. I primi tendono a mo<strong>di</strong>ficare il regime delle portate<br />

del corso d’acqua e comprendono le arginature, le <strong>di</strong>ghe, le casse <strong>di</strong> espansione, i <strong>di</strong>versivi e<br />

gli scolmatori. I secon<strong>di</strong> tendono invece a mo<strong>di</strong>ficare e/o a consolidare l’alveo per il<br />

raggiungimento <strong>di</strong> uno stabile assetto plano-altimetrico me<strong>di</strong>ante le opere <strong>di</strong>fesa delle sponde<br />

e <strong>di</strong> stabilizzazione dell’alveo, la risagomatura delle sezioni, la riprofilatura del tracciato<br />

planimetrico.<br />

Le opere <strong>di</strong> <strong>di</strong>fesa <strong>di</strong> sponda si sud<strong>di</strong>vidono in opere <strong>di</strong> <strong>di</strong>fesa longitu<strong>di</strong>nali (o radenti),<br />

<strong>di</strong>sposte nella <strong>di</strong>rezione della corrente con trascurabile interferenza sulle con<strong>di</strong>zioni del<br />

deflusso, e opere <strong>di</strong> <strong>di</strong>fesa trasversali (o repellenti) che viceversa possono mo<strong>di</strong>ficare<br />

sostanzialmente le con<strong>di</strong>zioni del deflusso. Le considerazioni che seguono saranno limitate


agli interventi <strong>di</strong> stabilizzazione delle sponde <strong>di</strong> tipo longitu<strong>di</strong>nale.<br />

I corsi d’acqua<br />

Fig. 3.7 Criterio (τ * = 0.13 (BS/Y) 0.56 ) per la previsione dell’assetto planimetrico secondo<br />

Agarwal (1983)<br />

Da un punto <strong>di</strong> vista strutturale tali opere sono raggruppabili in cinque categorie: rigide,<br />

semirigide, flessibili, in materiale sciolto e bioingegneristiche. Le strutture rigide<br />

comprendono le murature <strong>di</strong> pietrame con malta o in calcestruzzo, impiegate come muri <strong>di</strong><br />

contenimento e/o <strong>di</strong> rivestimento spondale. Tali strutture, pur essendo molto resistenti alle<br />

sollecitazioni idro<strong>di</strong>namiche, hanno lo svantaggio <strong>di</strong> essere sensibili ai ce<strong>di</strong>menti e agli<br />

assestamenti indotti dalla <strong>di</strong>namica dell’alveo e del terreno (erosioni, movimenti franosi), e <strong>di</strong><br />

offrire scarsa permeabilità agli scambi idrici falda-fiume. Le strutture semirigide e flessibili<br />

non presentano tali svantaggi. Le prime fanno uso <strong>di</strong> elementi rigi<strong>di</strong> ai quali viene conferito<br />

un certo grado <strong>di</strong> deformabilità me<strong>di</strong>ante connessioni <strong>di</strong> vario tipo, quali giunti, perni o funi<br />

metalliche. Le seconde comprendono le strutture a gabbioni, i materassi, i buzzoni, le<br />

fascinate. Le opere in materiale sciolto sono realizzate me<strong>di</strong>ante massi naturali o artificiali <strong>di</strong><br />

adeguate <strong>di</strong>mensioni <strong>di</strong>sposti alla rinfusa oppure sistemati. Tali opere presentano una<br />

completa adattabilità alle deformazioni del terreno ma possono presentare inconvenienti legati<br />

all’instabilità degli elementi.<br />

Le opere <strong>di</strong> bioingegneria utilizzano materiale vegetale vivo (alberi, arbusti, piante<br />

erbacee) in associazione a materiale morto (vegetale o artificiale) per ottenere strutture<br />

funzionali dal punto <strong>di</strong> vista idraulico e nei riguar<strong>di</strong> del ripristino, della valorizzazione e della<br />

conservazione ambientale.<br />

I criteri <strong>di</strong> progettazione delle opere in strutture rigide e semirigide seguono le usuali<br />

procedure <strong>di</strong> calcolo assumendo in generale lo schema <strong>di</strong> muro a gravità. Lo stesso <strong>di</strong>casi per<br />

le strutture a gabbioni quando funzionano come opere <strong>di</strong> contenimento. Particolare attenzione<br />

dovrà essere posta nella determinazione della quota <strong>di</strong> fondazione, tenendo conto dei<br />

133


Principi e linee guida per l’ingegneria naturalistica – Vol.1<br />

fenomeni <strong>di</strong> <strong>di</strong>namica d’alveo.<br />

La progettazione delle opere in materiale sciolto consiste nel corretto <strong>di</strong>mensionamento<br />

della pezzatura me<strong>di</strong>a dell’ammasso da posizionare sulla sponda in modo da garantirne la<br />

stabilità. In tal caso occorre mettere in conto, oltre agli effetti della gravità, le azioni<br />

idro<strong>di</strong>namiche prodotte dalla corrente quali le azioni <strong>di</strong> trascinamento, i moti secondari, il<br />

moto ondoso. Considerando nel seguito la sola azione <strong>di</strong> trascinamento, espressa dalla<br />

tensione tangenziale τ, questa risulta <strong>di</strong>retta nel senso della corrente e <strong>di</strong> intensità variabile<br />

lungo il contorno bagnato. Purtroppo non risultano <strong>di</strong>sponibili schemi consolidati per la<br />

determinazione dei valori locali della tensione tangenziale; alcuni stu<strong>di</strong> su sezioni regolari<br />

trapezie e rettangolari in<strong>di</strong>cano che il valore massimo della tensione me<strong>di</strong>a sulla sponda è pari<br />

a circa il 75% del valore massimo al fondo (Lane, 1955).<br />

A scopo in<strong>di</strong>cativo, nel grafico <strong>di</strong> Fig. 3.8 sono riportati i valori della tensione tangenziale<br />

ricavati dai risultati della teoria del regime riportati da White et al. (1981), per con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong><br />

alveo teoricamente in equilibrio in varie con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> portata e <strong>di</strong>mensione dei se<strong>di</strong>menti.<br />

In particolare, l’azione <strong>di</strong> trascinamento è posta in funzione della portata dominante<br />

ottenendo una famiglia <strong>di</strong> curve parametrizzate rispetto al <strong>di</strong>ametro dei se<strong>di</strong>menti. Si osserva<br />

la notevole influenza della granulometria sui valori della tensione tangenziale: per alvei con<br />

se<strong>di</strong>menti fini, tipicamente alvei <strong>di</strong> pianura, la coesistenza <strong>di</strong> basse pendenze e velocità,<br />

insieme a bassi valori del rapporto <strong>di</strong> forma B/Y, appaiono limitare l’incremento della<br />

tensione al crescere della portata. Viceversa, per alvei in materiale grossolano, caratterizzati<br />

da pendenze e velocità maggiori, l’azione tangenziale appare considerevolmente più elevata e<br />

crescente con il valore della portata dominante. Conviene osservare che i dati <strong>di</strong> Fig. 3.8 si<br />

riferiscono, pur con situazioni prossime allo stato critico, a con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> corrente lenta. In<br />

presenza <strong>di</strong> correnti supercritiche le tensioni tangenziali risulterebbero ancora maggiori.<br />

134<br />

Fig. 3.8 Valori della tensione tangenziale in funzione della portata dominante<br />

All’azione tangenziale indotta dalla corrente si contrappone la resistenza al<br />

trascinamento dell’opera <strong>di</strong> <strong>di</strong>fesa, che può variare anche notevolmente in funzione della


I corsi d’acqua<br />

tipologia, dei criteri costruttivi, delle con<strong>di</strong>zioni generali <strong>di</strong> stabilità delle sponde, etc. Per<br />

quanto riguarda le strutture flessibili, alcuni valori orientativi si trovano nella pubblicazione <strong>di</strong><br />

Agostini e Papetti (1976) relativamente a opere realizzate in materassi Reno <strong>di</strong> vario spessore.<br />

I dati, pur essendo espressi in termini <strong>di</strong> velocità della corrente, possono essere ricondotti in<br />

termini <strong>di</strong> tensione assumendo valori me<strong>di</strong> del coefficiente <strong>di</strong> resistenza. Il campo delle<br />

tensioni oscilla tra 50 e 250 N/mq, in funzione dello spessore <strong>di</strong> rivestimento adottato (tra 15 e<br />

50 cm) oltre, ovviamente, alle caratteristiche <strong>di</strong> stabilità della sponda.<br />

Per le opere in materiali sciolti, la tensione sviluppabile <strong>di</strong>pende essenzialmente dalla<br />

pezzatura del materiale, oltre che dall’angolo d’attrito e dall’inclinazione della sponda.<br />

A titolo esemplificativo, utilizzando il criterio <strong>di</strong> Shields per le con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> stabilità del<br />

materiale, si perviene al calcolo della tensione massima sostenibile, τw, me<strong>di</strong>ante<br />

l’espressione:<br />

τ<br />

w<br />

2 2<br />

D( γ s −γ )cos θ 1−tgθ<br />

/ tgϕ<br />

=<br />

25<br />

[3.12]<br />

ove, oltre ai simboli già noti, θ rappresenta l’inclinazione della sponda rispetto<br />

all’orizzontale, e ϕ è l’angolo <strong>di</strong> attrito del materiale.<br />

Per quanto riguarda gli interventi <strong>di</strong> bioingegneria, alcuni dati sono riportati da Di Fi<strong>di</strong>o<br />

(1995). Ad esempio, nel grafico <strong>di</strong> Fig. 3.9 è riportato l’andamento nel tempo della tensione<br />

tangenziale sviluppabile da <strong>di</strong>versi tipi <strong>di</strong> rivestimento spondale, mentre nella Tab. 3.1 sono<br />

in<strong>di</strong>cati i valori misurati su opere <strong>di</strong> protezione in concomitanza <strong>di</strong> eventi <strong>di</strong> piena.<br />

Fig. 3.9 Variazione nel tempo della resistenza all’azione <strong>di</strong> trascinamento per vari tipi <strong>di</strong><br />

copertura spondale (Di Fi<strong>di</strong>o, 1995).<br />

135


Principi e linee guida per l’ingegneria naturalistica – Vol.1<br />

136<br />

Tab. 3.1 Valori sperimentali <strong>di</strong> resistenza al trascinamento misurati su opere <strong>di</strong> ingegneria<br />

naturalistica (Di Fi<strong>di</strong>o, 1995).<br />

Tipo <strong>di</strong> copertura<br />

tensione tangenziale me<strong>di</strong>a misurata in con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> piena<br />

(N/mq)<br />

alla data del al termine del 1°<br />

collaudo<br />

°<br />

al termine del 2° al termine del 3°<br />

periodo vegetativo periodo vegetativo periodo vegetativo<br />

piantagione semplice 0 10 30 >30<br />

prati 10 30 30 30<br />

mantellata viva <strong>di</strong> salici 50 150 300 >300<br />

piantagione con letto <strong>di</strong><br />

ramaglie<br />

15 - 75 120<br />

gettata <strong>di</strong> pietrame<br />

rinver<strong>di</strong>ta<br />

50 - 100 250<br />

graticciata con ramaglia<br />

100 200 - >300<br />

rinver<strong>di</strong>ta<br />

scogliera <strong>di</strong> massi<br />

rinver<strong>di</strong>ta<br />

75 100 300 >350<br />

Da notare che la resistenza asintotica delle varie tipologie <strong>di</strong> copertura può raggiungere<br />

valori anche considerevoli, dell’or<strong>di</strong>ne dei 200-300 n/mq, in tempi dell’or<strong>di</strong>ne dei 10 anni.<br />

Durante tale periodo può rendersi necessario un intervento complementare (es. scogliera,<br />

materassi, graticciate) che garantisca la resistenza <strong>di</strong> sponda e lo stesso sviluppo della<br />

copertura.<br />

Altro fattore da considerare per certi tipi <strong>di</strong> copertura è la durata della sollecitazione<br />

idro<strong>di</strong>namica. Il manto erboso, per esempio, non sembra essere in grado <strong>di</strong> resistere per tempi<br />

superiori a 10-15 ore con velocità me<strong>di</strong>a della corrente dell’or<strong>di</strong>ne dei 3 m/s.<br />

Conviene infine accennare al problema della resistenza al moto. Infatti, la tensione<br />

tangenziale sviluppata dal tipo <strong>di</strong> copertura può tradursi in un aumento significativo della<br />

scabrezza complessiva dell’alveo e quin<strong>di</strong> indurre indesiderati effetti <strong>di</strong> innalzamento dei<br />

livelli idrici soprattutto in concomitanza degli eventi <strong>di</strong> piena. Tali effetti devono essere<br />

valutati per alvei “stretti”, cioè quando il rapporto <strong>di</strong> forma larghezza-altezza B/Y è inferiore a<br />

15. In tal caso l’influenza delle sponde sulla resistenza al moto <strong>di</strong>venta via via più sensibile al<br />

<strong>di</strong>minuire del rapporto <strong>di</strong> forma (Paris, 1994).<br />

Da quanto sopra occorre tener presente che gli interventi <strong>di</strong> <strong>di</strong>fesa spondale possono<br />

indurre mo<strong>di</strong>fiche anche rilevanti sul preesistente assetto dei corsi d’acqua. La previsione e la<br />

quantificazione <strong>di</strong> tali effetti deve essere adeguatamente valutata nella fase progettuale<br />

dell’intervento, tenendo conto che la complessità dei fenomeni coinvolti e le loro mutue<br />

interazioni impongono spesso il ricorso ad approcci <strong>di</strong> tipo multi-<strong>di</strong>sciplinare finalizzati ad<br />

una corretta interpretazione della realtà fisica in esame.<br />

La qualità dei risultati è comunque subor<strong>di</strong>nata al livello <strong>di</strong> conoscenza dei parametri fisici<br />

<strong>di</strong> base, e quin<strong>di</strong> alla <strong>di</strong>sponibilità <strong>di</strong> dati e <strong>di</strong> misure per il corso d’acqua considerato.<br />

Di particolare importanza, soprattutto negli interventi <strong>di</strong> bioingegneria, appare la<br />

quantificazione delle sollecitazioni indotte dalla corrente da porre a confronto con la<br />

resistenza offerta dal tipo <strong>di</strong> copertura prevista. Dai dati <strong>di</strong>sponibili si deduce che gli<br />

interventi <strong>di</strong> protezione spondale attuati con le tecniche dell’ingegneria naturalistica risultano<br />

applicabili in un ampio campo delle correnti lente, anche se ulteriori verifiche sperimentali<br />

sarebbero auspicabili soprattutto in relazione all’entità e al tempo <strong>di</strong> permanenza della<br />

sollecitazione idro<strong>di</strong>namica.<br />

Nel caso <strong>di</strong> alvei stretti, appare importante l’approfon<strong>di</strong>mento dell’analisi della resistenza


I corsi d’acqua<br />

al moto offerta dai vari tipi <strong>di</strong> copertura spondale in relazione agli effetti sulle con<strong>di</strong>zioni del<br />

deflusso <strong>di</strong> piena.<br />

3.1.4 Interventi sui corsi d’acqua: le sistemazioni d'alveo<br />

3.1.4.1 Introduzione<br />

Come trattato nel Par. 3.1.1, un corso d’acqua è soggetto a fenomeni <strong>di</strong><br />

“automodellamento” dal quale si originano ed evolvono le sue caratteristiche morfologiche,<br />

se<strong>di</strong>mentologiche ed idrauliche in funzione dei fattori fisico-ambientali (clima, geologia,<br />

tettonica, etc.) ed antropici (copertura ed uso del suolo, infrastrutture, stabilizzazione dei<br />

versanti, etc.).<br />

La con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> “stabilità” (mantenimento della configurazione plano-altimetrica<br />

costante entro limiti temporali “tecnici” con manutenzioni sostenibili, (Fig. 3.10) può essere<br />

ottenuta con interventi <strong>di</strong> vario tipo in corsi d'acqua naturali (sistemazioni trasversali per<br />

ottenere la cosiddetta “pendenza <strong>di</strong> compensazione”, mo<strong>di</strong>fiche delle sezioni, drizzagni,<br />

scolmatori <strong>di</strong> piena, etc.) o nella costruzione ex-novo <strong>di</strong> canali non rivestiti.<br />

Fig. 3.10 Esempio <strong>di</strong> evoluzione temporale della pendenza<br />

Gli interventi <strong>di</strong> sistemazione dell'alveo tendono in generale a ridurre la capacità erosiva<br />

del corso d'acqua che, attraverso l'abbassamento del fondo, potrebbe indurre instabilità delle<br />

sponde, dei versanti, e delle strutture connesse (strade, ponti, argini).<br />

Si intuisce che lo stesso processo erosivo fa parte del fenomeno <strong>di</strong> automodellamento che<br />

tenderebbe a portare il corso d'acqua verso una configurazione <strong>di</strong> equilibrio tra capacità <strong>di</strong><br />

trasporto e materiale solido in arrivo dai tronchi <strong>di</strong> monte. Tuttavia tale processo può<br />

estendersi su perio<strong>di</strong> anche molto lunghi (<strong>di</strong>verse decine <strong>di</strong> anni). Una corretta sistemazione<br />

del corso d'acqua ha quin<strong>di</strong> lo scopo <strong>di</strong> accelerare tale <strong>di</strong>namica evolutiva per il<br />

raggiungimento della con<strong>di</strong>zione finale <strong>di</strong> equilibrio in tempi molto più brevi.<br />

La sistemazione altimetrica del corso d'acqua si basa pertanto su:<br />

137


Principi e linee guida per l’ingegneria naturalistica – Vol.1<br />

- una corretta identificazione dell'attuale <strong>di</strong>namica evolutiva del corso d'acqua;<br />

- la valutazione della con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> equilibrio alla quale tende il corso d'acqua;<br />

- la progettazione <strong>di</strong> interventi finalizzati al raggiungimento della con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong><br />

equilibrio;<br />

- la verifica degli altri effetti indotti dagli interventi previsti.<br />

In questo ambito si propone un inquadramento <strong>di</strong> sintesi dei criteri <strong>di</strong> progettazione degli<br />

interventi <strong>di</strong> sistemazione, tenendo presente che, in generale tali interventi sono<br />

essenzialmente finalizzati alla sistemazione altimetrica.<br />

3.1.4.2 Tendenze evolutive nei corsi d’acqua<br />

Gli alvei dei corsi d'acqua naturali sono soggetti a evoluzioni plano-altimetriche indotte<br />

dai fenomeni <strong>di</strong> erosione o deposito <strong>di</strong> tipo esteso, coinvolgenti cioè lunghi tratti del corso<br />

d'acqua. Come noto, tali processi possono essere originati da variazioni lungo l'alveo della<br />

capacità <strong>di</strong> trasporto solido e/o del trasporto solido, e tendono ad esaurirsi via via che le<br />

mo<strong>di</strong>ficate con<strong>di</strong>zioni dell'alveo ristabiliscono una con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> equilibrio. Trattando il<br />

problema del regime dei corsi d’acqua, si osserva che nessun corso d'acqua naturale può<br />

considerarsi, a rigore, in con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> equilibrio (né erosione, né deposito), ma, per gli scopi<br />

pratici, si può in<strong>di</strong>viduare un assetto più o meno stabile se, su un opportuno intervallo<br />

temporale (50-100 anni), le varie grandezze fisiche possono ritenersi me<strong>di</strong>amente costanti.<br />

In particolare, la stabilità dell'assetto altimetrico per un determinato tratto è assicurata dal<br />

continuo bilanciamento tra capacità <strong>di</strong> trasporto e portata solida in arrivo al tratto stesso,<br />

secondo quanto in<strong>di</strong>cato dall'equazione <strong>di</strong> continuità al fondo nella forma:<br />

138<br />

∂Q<br />

∂x<br />

∂z<br />

+ B<br />

∂t<br />

( 1−<br />

e)<br />

= ± S<br />

S q<br />

[3.13]<br />

ove, come noto, all'ascissa x la capacità <strong>di</strong> trasporto è rappresentata da Qs(x), mentre qs(x)<br />

rappresenta il contributo laterale del trasporto solido, in metri cubi al secondo per unità <strong>di</strong><br />

lunghezza, positivo se entrante, negativo se uscente, ed e è la porosità (= percentuale dei vuoti<br />

rispetto al volume totale dei se<strong>di</strong>menti). Per un corso d'acqua si <strong>di</strong>stinguono tre casi:<br />

- apporto laterale nullo, qs = 0; la 3.13 in<strong>di</strong>ca che non si verificano variazioni altimetriche<br />

⎛ ∂z<br />

⎞<br />

⎜ ≅ 0⎟<br />

se la capacità <strong>di</strong> trasporto non varia lungo il tratto;<br />

⎝ ∂t<br />

⎠<br />

- apporto laterale positivo, qs > 0, per esempio dovuto ad alimentazione <strong>di</strong>retta dalle<br />

sponde, dai versanti o dagli affluenti; la stabilità dell'alveo è garantita se il contributo laterale<br />

è controbilanciato da un aumento della capacità <strong>di</strong> trasporto verso valle;<br />

- apporto laterale negativo, qs < 0, dovuto per esempio a estrazioni d'inerti, <strong>di</strong>versivi,<br />

depositi golenali; in tal caso si ha equilibrio se il gra<strong>di</strong>ente longitu<strong>di</strong>nale <strong>di</strong> Qs uguaglia la<br />

riduzione del trasporto solido.<br />

È ovvio che, per uno stesso corso d'acqua, possono verificarsi tratti in equilibrio e tratti<br />

con tendenze erosive o alluvionali. Allo scopo <strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduare il comportamento generale del<br />

corso d'acqua, analizziamo la 3.13 applicata ad un generico tratto ed espressa in termini finiti:


I corsi d’acqua<br />

∆t<br />

∆ z = ( Qs<br />

− Qi<br />

)<br />

[3.14]<br />

B∆x<br />

dove ∆z rappresenta la variazione altimetrica subita dal tratto <strong>di</strong> lunghezza ∆x durante<br />

l'intervallo <strong>di</strong> tempo ∆t, per effetto dello squilibrio tra capacità <strong>di</strong> trasporto del tratto, Qs, e<br />

portata solida in arrivo, Qi; occorre a questo punto specificare meglio il concetto. Con<br />

riferimento alla Fig. 3.11, per portata solida in arrivo si intende la somma <strong>di</strong> quella in ingresso<br />

proveniente dal tratto precedente, Qse, e quella <strong>di</strong> competenza al tratto come contributo<br />

laterale, qs∆x; quin<strong>di</strong>:<br />

Qi = Qse + qs∆x [3.15]<br />

E' ovvio che per il tratto successivo, la portata, in ingresso sarà pari alla portata in uscita<br />

dal tratto esaminato, che coincide con Qs in quanto si assume che la capacità <strong>di</strong> trasporto sia<br />

sempre saturata all'interno del tratto stesso.<br />

La 3.14 può anche essere espressa nella forma seguente:<br />

∆z∆xB<br />

∆V<br />

= = Q<br />

∆t<br />

∆t<br />

s − Qi<br />

dove ∆V in<strong>di</strong>ca il volume, eroso o depositato, nell'intervallo ∆t.<br />

Qse<br />

z=0<br />

dx<br />

qs<br />

z(t) z(t+dt)<br />

Fig. 3.11 Bilancio se<strong>di</strong>mentologico per un generico tratto fluviale.<br />

[3.16]<br />

L'equazione <strong>di</strong> bilancio nella forma 3.16 si presta ad un’interpretazione imme<strong>di</strong>ata della<br />

<strong>di</strong>namica dell'alveo. Per semplicità, assumiamo la capacità <strong>di</strong> trasporto <strong>di</strong>rettamente<br />

proporzionale al prodotto della portata liquida per la pendenza, e inversamente proporzionale<br />

alla <strong>di</strong>mensione dei se<strong>di</strong>menti:<br />

Q⋅<br />

S<br />

Qs ∝ [3.17]<br />

D<br />

Assumiamo inoltre che le singole funzioni Q(x), S(x) e D(x) possano essere rappresentate<br />

dalle seguenti espressioni:<br />

Qs<br />

139


Principi e linee guida per l’ingegneria naturalistica – Vol.1<br />

140<br />

0.7<br />

⎡ A(<br />

x)<br />

⎤<br />

Q( x)<br />

Q(<br />

xo<br />

) ⋅ ⎢ ⎥<br />

⎣A(<br />

xo<br />

) ⎦<br />

= [3.18]<br />

in cui Q(xo) e A(xo) rappresentano, rispettivamente, i valori <strong>di</strong> portata e <strong>di</strong> superficie,<br />

sottesi alla progressiva xo;<br />

S(<br />

x)<br />

−αx<br />

o ) e<br />

= S(<br />

x<br />

[3.19]<br />

in cui S(xo) e α sono costanti da determinare per ciascun profilo altimetrico;<br />

D(<br />

x)<br />

−βx<br />

o ) e<br />

= D(<br />

x<br />

[3.20]<br />

in cui D(xo) e β sono costanti da determinare per ciascun corso d'acqua.<br />

Nella realtà, gli andamenti delle grandezze <strong>di</strong> cui sopra risultano molto più irregolari e<br />

<strong>di</strong>scontinui per effetto <strong>di</strong> vari fattori: le portate subiscono, ad esempio, delle <strong>di</strong>scontinuità in<br />

corrispondenza delle confluenze, mentre il profilo altimetrico risente delle varie vicende<br />

geologiche e tettoniche del bacino; la <strong>di</strong>mensione dei se<strong>di</strong>menti è la grandezza a<br />

comportamento più irregolare, in quanto <strong>di</strong>pende sia dalle caratteristiche generali del bacino<br />

(geologia, litologia, clima), sia dalle caratteristiche locali del tratto (morfologia, portata,<br />

apporti laterali).<br />

Gli andamenti forniti dalle equazioni 3.18, 3.19, 3.20 sono pertanto da intendersi come<br />

in<strong>di</strong>cativi del comportamento me<strong>di</strong>o del corso d'acqua, ricordando che i valori reali possono<br />

avere oscillazioni anche importanti rispetto ai valori me<strong>di</strong>.<br />

La <strong>di</strong>fferenza, sezione per sezione, tra capacità <strong>di</strong> trasporto e portata solida in<strong>di</strong>ca l’entità<br />

della tendenza evolutiva, secondo quanto in<strong>di</strong>cato dalla eq. 3.16.<br />

In particolare si possono in<strong>di</strong>viduare tre zone: il tratto <strong>di</strong> monte, ove la <strong>di</strong>fferenza (Qs-Qi)<br />

risulta positiva e quin<strong>di</strong>, a norma della 3.16, si verifica erosione; un tratto interme<strong>di</strong>o, ove la<br />

<strong>di</strong>fferenza può essere trascurabile e l’alveo è in equilibrio; il tratto finale ove, essendo (Qs-<br />

Qi)


I corsi d’acqua<br />

caso delle soglie <strong>di</strong> fondo, l'alveo tende a erodersi tra una struttura e l'altra, come in<strong>di</strong>cato<br />

nella Fig. 3.13.<br />

briglia<br />

S1 = pendenza originale<br />

S2 = Se = pendenza <strong>di</strong> sistemazione<br />

Fig. 3.12 Stabilizzazione dell’alveo me<strong>di</strong>ante briglie<br />

soglie<br />

S2 = Se<br />

S1 = pendenza originale<br />

S2 = Se = pendenza <strong>di</strong> sistemazione<br />

zona <strong>di</strong> riempimento<br />

S2 = Se<br />

zona <strong>di</strong> escavazione<br />

Fig. 3.13 Stabilizzazione dell’alveo me<strong>di</strong>ante soglie <strong>di</strong> fondo<br />

L'intervento con briglie induce un innalzamento della quota me<strong>di</strong>a del fondo, con i<br />

seguenti effetti (Fig. 3.12):<br />

- aumento della larghezza dell'alveo e, a parità <strong>di</strong> portata liquida, riduzione delle altezze<br />

d'acqua; la riduzione delle tensioni al fondo e, quin<strong>di</strong>, della capacità <strong>di</strong> trasporto solido, è<br />

provocata non solamente dalla progressiva riduzione <strong>di</strong> pendenza ma anche dalla <strong>di</strong>minuzione<br />

del tirante idrico; in tal senso, le briglie risultano più efficienti delle soglie nel raggiungere la<br />

configurazione <strong>di</strong> equilibrio;<br />

- aumento dei livelli idrici, con conseguente aumento del rischio <strong>di</strong> esondazione e<br />

incremento dei livelli <strong>di</strong> falda nei terreni a<strong>di</strong>acenti; tali effetti possono spesso risultare non<br />

accettabili.<br />

L'intervento con soglie <strong>di</strong> fondo comporta, a sua volta:<br />

- una minor efficienza da un punto <strong>di</strong> vista idraulico, in quanto raggiunge la pendenza <strong>di</strong><br />

equilibrio, e conseguentemente la riduzione del trasporto solido, attraverso un processo <strong>di</strong><br />

approfon<strong>di</strong>mento che comporta tiranti d'acqua maggiori (a parità <strong>di</strong> portata) e quin<strong>di</strong> tensioni<br />

q<br />

q<br />

S1<br />

S1<br />

141


Principi e linee guida per l’ingegneria naturalistica – Vol.1<br />

al fondo che <strong>di</strong>minuiscono solo in virtù della <strong>di</strong>minuzione <strong>di</strong> pendenza;<br />

- un abbassamento delle quote d'alveo, che può compromettere la stabilità delle sponde e<br />

degli eventuali manufatti presenti sul corso d'acqua;<br />

- volumi <strong>di</strong> scavo in generale superiori a quelli richiesti per le briglie.<br />

3.1.4.3.1 Fasi progettuali<br />

♦ Fase conoscitiva<br />

Consiste nell'acquisizione <strong>di</strong> dati, documentazione e cartografia relativa al bacino<br />

imbrifero <strong>di</strong> afferenza; <strong>di</strong> particolare importanza sono i dati <strong>di</strong> portata liquida e solida (questi<br />

ultimi sono piuttosto rari), i dati geometrici, trasversali e longitu<strong>di</strong>nali, dell'alveo, nonché le<br />

caratteristiche del materiale d'alveo (rarissime). Inoltre, è opportuno in<strong>di</strong>viduare gli interventi<br />

che possono avere avuto, o hanno, influenza sulla <strong>di</strong>namica del corso d'acqua, principalmente<br />

invasi artificiali e attività estrattive in alveo. Una prima analisi dei dati <strong>di</strong>sponibili, insieme a<br />

sopralluoghi <strong>di</strong>retti, ha lo scopo <strong>di</strong> identificare i fenomeni in atto, le loro cause e le zone<br />

fluviali interessate.<br />

Successivamente, si completa il quadro conoscitivo me<strong>di</strong>ante l'acquisizione <strong>di</strong> ulteriore<br />

materiale ed, eventualmente, pre<strong>di</strong>sponendo apposite campagne <strong>di</strong> misure e <strong>di</strong> rilievi per la<br />

raccolta e l'integrazione dei dati <strong>di</strong> base.<br />

♦ Strumenti <strong>di</strong> analisi<br />

In funzione dell'entità dell'intervento, dei dati <strong>di</strong>sponibili, delle competenze specifiche e<br />

delle attrezzature <strong>di</strong> calcolo impiegate, è possibile scegliere tra modelli matematici complessi<br />

e modelli estremamente semplici. Tra i primi conviene ricordare il River Basin Model,<br />

sviluppato presso l'Università <strong>di</strong> Strathclyde (Fleming, 1989), in grado <strong>di</strong> simulare i processi<br />

idrologici e se<strong>di</strong>mentologici sia a scala <strong>di</strong> bacino, sia nel reticolo idrografico.<br />

I modelli semplificati utilizzano lo schema <strong>di</strong> moto uniforme combinando l'equazione del<br />

moto e l'equazione <strong>di</strong> continuità per la fase liquida e solida per definire le grandezze <strong>di</strong><br />

progetto. Il modello più semplice consiste nel considerare il corso d'acqua in equilibrio<br />

quando siano raggiunte le con<strong>di</strong>zioni critiche per l'inizio del moto. In tal caso, viene fissata<br />

una portata <strong>di</strong> progetto, Qp, in generale compresa tra le portate con tempi <strong>di</strong> ritorno 5÷20 anni;<br />

assumendo la larghezza costante, e in<strong>di</strong>cando con i pe<strong>di</strong>ci 1 e 2 le varie grandezze prima e<br />

dopo l'intervento, si ha, per alveo rettangolare nelle con<strong>di</strong>zioni attuali:<br />

142<br />

Q<br />

p<br />

B<br />

= q = h C gh S<br />

[3.21]<br />

1<br />

1<br />

1<br />

1<br />

mentre la con<strong>di</strong>zione che assicura la stessa capacità <strong>di</strong> smaltimento per la portata <strong>di</strong><br />

progetto è:<br />

h C gh S = h C gh S<br />

[3.22]<br />

1<br />

1<br />

1<br />

1<br />

2<br />

2<br />

2<br />

2<br />

Il coefficiente <strong>di</strong> resistenza, C, è esprimibile tramite il criterio ritenuto più idoneo. In<br />

generale:<br />

C1 = f1(h1,S1,D1) [3.23]<br />

C2 = f2(h2,S2,D2) [3.24]<br />

Alle equazioni 3.21, 3.22, 3.23 e 3.24, si aggiunge la con<strong>di</strong>zione per l'equilibrio limite:


τ2 = γh2S2 = τcr<br />

I corsi d’acqua<br />

[3.25]<br />

in cui τcr va determinato adottando un opportuno criterio <strong>di</strong> inizio del moto per una<br />

prefissata <strong>di</strong>mensione dei se<strong>di</strong>menti del letto; a questo proposito va osservato che le<br />

caratteristiche granulometriche dell'alveo sono rilevate nella situazione attuale (fase<br />

conoscitiva) e, presumibilmente, non saranno le stesse nella con<strong>di</strong>zione finale. In generale si<br />

assume che la stabilità dell'alveo sia garantita dalle frazioni più grossolane del materiale,<br />

imponendo:<br />

D1 = D2 = D75÷95<br />

Per fissare le idee, consideriamo : D1 = D2 = D84 .<br />

Un'ulteriore con<strong>di</strong>zione, <strong>di</strong> tipo geometrico, è rappresentata dalla equazione:<br />

[3.26]<br />

Ab = (S2 – S1)L [3.27]<br />

dove Ab rappresenta l'altezza delle briglie, o delle soglie, e L la loro <strong>di</strong>stanza.<br />

Complessivamente, si <strong>di</strong>spone <strong>di</strong> 6 equazioni in<strong>di</strong>pendenti, 3.21, 3.22, 3.23, 3.24, 3.25 e<br />

3.26, nelle 10 grandezze q, h1 S1, D84, h2, S2, C1 C2, Ab, L. Noti, per esempio, i valori <strong>di</strong> q, S1,<br />

D84, e adottando un valore per Ab, si possono ricavare le rimanenti 6 incognite. Da notare che<br />

la scelta <strong>di</strong> Ab influisce sul numero delle strutture da realizzare poiché, se il tratto soggetto a<br />

stabilizzazione ha una lunghezza totale pari a Ltot, il numero delle strutture risulta uguale a<br />

Ltot/L; ciò può avere la sua importanza sia da un punto <strong>di</strong> vista tecnico (più strutture <strong>di</strong> minore<br />

altezza possono risultare più affidabili rispetto a poche <strong>di</strong> maggiore altezza) sia dal punto <strong>di</strong><br />

vista economico (numero <strong>di</strong> cantieri, accessibilità, siti idonei alla costruzione).<br />

♦ Stu<strong>di</strong>o dell'assetto attuale<br />

L'impiego <strong>di</strong> un modello matematico completo, es. il River Basin Model, richiede la fase<br />

<strong>di</strong> taratura per rendere il modello capace <strong>di</strong> riprodurre una situazione nota. Successivamente,<br />

lo strumento adottato è in grado <strong>di</strong> evidenziare le principali caratteristiche del corso d'acqua e<br />

i tratti che necessitano <strong>di</strong> interventi (tendenze evolutive), come illustrato in precedenza. Il<br />

modello semplificato, viceversa, fornisce solo in<strong>di</strong>cazioni circa la con<strong>di</strong>zione finale <strong>di</strong><br />

equilibrio, ma non in<strong>di</strong>vidua le zone da assoggettare ad intervento. Non risulta infatti<br />

atten<strong>di</strong>bile il semplice confronto tra la pendenza <strong>di</strong> equilibrio, S2, e quella attuale, S1, per<br />

stabilire se un determinato tronco si trova in con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> erosione ( S1 > S2) o <strong>di</strong> deposito (<br />

S1 < S2 ); occorre, a questo scopo, effettuare un bilancio se<strong>di</strong>mentologico me<strong>di</strong>ante la stima<br />

degli apporti soli<strong>di</strong> <strong>di</strong> ciascun tronco e/o affluente del corso d'acqua in stu<strong>di</strong>o. Con riferimento<br />

alla Fig. 3.14, ove è schematizzata una rete idrografica, occorre prima <strong>di</strong> tutto in<strong>di</strong>viduare i<br />

tratti significativi sui quali effettuare le stime del trasporto solido; questi devono essere<br />

piuttosto regolari, privi <strong>di</strong> <strong>di</strong>scontinuità geometriche (brusche variazioni <strong>di</strong> pendenza o <strong>di</strong><br />

sezione), idrauliche (non comprendenti cioè immissioni o derivazioni) o se<strong>di</strong>mentologiche.<br />

Per ciascun tratto devono essere note le caratteristiche (me<strong>di</strong>e) delle grandezze geometriche<br />

(larghezza, profon<strong>di</strong>tà, pendenza), idrauliche (regime delle portate liquide) e<br />

se<strong>di</strong>mentologiche (natura e <strong>di</strong>mensione dei se<strong>di</strong>menti) al fine <strong>di</strong> calcolare il trasporto solido<br />

me<strong>di</strong>ante una delle formule più appropriate per il caso in esame. La stima del volume solido,<br />

per esempio calcolato su base annua, in transito su ciascun tronco consente <strong>di</strong> identificare i<br />

tratti in deposito e in erosione, come illustrato nella Fig. 3.14.<br />

143


Principi e linee guida per l’ingegneria naturalistica – Vol.1<br />

Ove fossero presenti attività estrattive, queste devono essere messe in conto nel bilancio. I<br />

risultati ottenuti devono essere poi verificati, almeno in senso qualitativo qualora non fossero<br />

<strong>di</strong>sponibili rilievi d'alveo in perio<strong>di</strong> <strong>di</strong>stinti (per es., me<strong>di</strong>ante un'indagine <strong>di</strong>retta sul corso<br />

d'acqua volta ad acquisire elementi che possono confermare l'atten<strong>di</strong>bilità dei calcoli svolti:<br />

strutture in erosione, instabilità delle sponde, fenomeni <strong>di</strong> alluvionamento).<br />

144<br />

♦ Progetto dell'intervento<br />

Fig. 3.14 Esempio <strong>di</strong> bilancio se<strong>di</strong>mentologico <strong>di</strong> una rete idrografica<br />

- pendenza <strong>di</strong> sistemazione: con riferimento al modello semplificato, sulla base dei dati<br />

raccolti e delle elaborazioni, svolte, si fissa il valore della portata <strong>di</strong> progetto, Qp, e il <strong>di</strong>ametro<br />

dei se<strong>di</strong>menti, D84. Si ammette che la larghezza del corso d'acqua sia me<strong>di</strong>amente stabile e<br />

pari a B. Dalle equazioni 3.18 – 3.24 si ricavano, in particolare, i valori della pendenza<br />

d'equilibrio, o meglio, <strong>di</strong> sistemazione, Se = S2, e dell'altezza Ab delle briglie (o soglie); da<br />

tenere presente che comunemente Ab


I corsi d’acqua<br />

dove k1 ha in generale un valore compreso tra 6.80 e 7.50; risolvendo il sistema delle<br />

equazioni 3.21, 3.22, 3.25, 3.28 e 3.29, è imme<strong>di</strong>ato verificare che la pendenza S2 risulta<br />

uguale a:<br />

S<br />

2<br />

−6<br />

/ 7<br />

⎛ Qp<br />

⎞<br />

= ⎜2<br />

⎟<br />

⎜ 1.5<br />

BD<br />

⎟<br />

[3.30]<br />

⎝ ⎠<br />

La 3.30 è la stessa equazione proposta da Schoklitsch per il calcolo della portata critica:<br />

1.5<br />

40<br />

7/6<br />

D<br />

Q cr = 0.<br />

6B<br />

[3.31]<br />

S<br />

Risulta quin<strong>di</strong> che la pendenza <strong>di</strong> equilibrio calcolata con il metodo semplificato è<br />

funzione esclusivamente della portata <strong>di</strong> progetto e del <strong>di</strong>ametro dei se<strong>di</strong>menti prefissato, ed è<br />

in<strong>di</strong>pendente dalla situazione attuale e, in particolare, dal trasporto solido in arrivo da monte.<br />

Infatti, la pendenza ottenuta con la 3.30 potrebbe fornire una capacità <strong>di</strong> trasporto del tratto<br />

insufficiente a convogliare la portata solida in arrivo; in tal caso, tra le briglie si stabilirà una<br />

pendenza superiore a quella calcolata; nel caso opposto, si otterrà una pendenza inferiore. Di<br />

qui la necessità, se si vuole ottenere risultati più affidabili, <strong>di</strong> ricorrere a strumenti più<br />

completi in grado <strong>di</strong> mettere in conto la <strong>di</strong>namica complessiva del fenomeno, considerando il<br />

corso d'acqua connesso al bacino <strong>di</strong> appartenenza.<br />

Si osservi, a tale proposito, che la formula 3.30, calcolando B con la nota formula <strong>di</strong><br />

1,286<br />

D<br />

Lacey (1929), porta alla stima della pendenza S = 0,7 ÷ 1.4 analoga a quella proposta,<br />

0,429<br />

Q<br />

con riferimento al caso <strong>di</strong> alveo costituito da ghiaie e ciottoli con trasporto solido trascurabile,<br />

da Pica & Preti (2000, in corso <strong>di</strong> pubblicazione su Idronomia Montana).<br />

Il confronto tra la 3.30 e la 3.3 mostra che, pur essendo simile il legame funzionale tra<br />

portata e pendenza, gli esponenti risultano tuttavia <strong>di</strong>versi.<br />

- tipi <strong>di</strong> briglie: le briglie possono essere <strong>di</strong> consolidamento, con la funzione primaria <strong>di</strong><br />

contrastare l'erosione dei letto riducendo le la pendenza e contribuendo alla stabilizzazione<br />

delle sponde. Tali briglie possono essere in legname, in pietrame, in calcestruzzo, o in<br />

gabbioni. Alcuni esempi sono riportati nella Fig. 3.15.<br />

145


Principi e linee guida per l’ingegneria naturalistica – Vol.1<br />

146<br />

a) in legname (Hofmann,1936)<br />

b) in muratura (De Horatiis,1930)<br />

c) in legname e pietrame(Di Tella G.- Bay F., 1939)<br />

Fig. 3.15 Esempi costruttivi <strong>di</strong> briglie <strong>di</strong> consolidamento.<br />

Le briglie <strong>di</strong> consolidamento, all'atto della loro costruzione, tendono ad accumulare<br />

materiale solido a monte fino al loro riempimento, impiegando tempi più o meno lunghi in<br />

funzione del volume invasabile a <strong>di</strong>sposizione e del regime idraulico e se<strong>di</strong>mentologico cui<br />

sono sottoposte. E' possibile che, durante tale fase, il ridotto apporto solido ai tronchi <strong>di</strong> valle<br />

induca fenomeni erosivi sul letto e sulle sponde da non sottovalutare. E' bene quin<strong>di</strong>, in sede<br />

<strong>di</strong> progetto, stimare seppur approssimativamente il tempo <strong>di</strong> riempimento delle briglie e<br />

valutare l’entità dei possibili effetti a valle, per decidere poi eventuali mo<strong>di</strong>fiche del progetto<br />

e/o interventi mitigatori (variazione del volume invasabile, sistemazione preventiva dei tratti<br />

<strong>di</strong> valle).<br />

Le briglie <strong>di</strong> trattenuta hanno in genere <strong>di</strong>mensioni maggiori delle briglie <strong>di</strong><br />

consolidamento e si trovano spesso isolate; hanno lo scopo <strong>di</strong> trattenere essenzialmente non<br />

solo i massi <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni, ma soprattutto i materiali ingombranti, come ceppaie e<br />

interi alberi, che, ostruendo i punti più stretti dell'alveo (gole, ponti), possono formare<br />

sbarramenti provvisori con conseguenti straripamenti e accumuli <strong>di</strong> acqua in grado <strong>di</strong><br />

generare ulteriori picchi <strong>di</strong> piena all'atto della loro <strong>di</strong>struzione.<br />

Le briglie <strong>di</strong> trattenuta sono dotate <strong>di</strong> ampie finestre <strong>di</strong> varie forme (Fig. 3.16), che, in<br />

occasione delle forti piene, sono comunque insufficienti a convogliare tutta la portata; si crea,<br />

a monte della struttura, un profilo <strong>di</strong> corrente ritardata che permette, a monte, il deposito dei<br />

materiali <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni maggiori. Allo scopo <strong>di</strong> prolungare nel tempo l'efficacia <strong>di</strong> tali briglie,<br />

ove possibile, si realizza a monte della struttura un bacino <strong>di</strong> deposito per il contenimento <strong>di</strong><br />

maggiori volumi <strong>di</strong> materiale. In ogni caso, per le briglie <strong>di</strong> trattenuta (o briglie selettive) è<br />

necessario prevedere un'adeguata manutenzione sia della struttura, sia del volume <strong>di</strong>sponibile<br />

al deposito, rimuovendo perio<strong>di</strong>camente il materiale se<strong>di</strong>mentato. A tale scopo deve essere<br />

garantita l'accessibilità alle macchine operatrici.


tipo a finestra<br />

tipo reticolato<br />

tipo a pettine<br />

tipo a fessura<br />

Fig. 3.16 Esempi <strong>di</strong> briglie <strong>di</strong> trattenuta, o briglie selettive<br />

I corsi d’acqua<br />

Per il <strong>di</strong>mensionamento delle finestre, Cola (1970) suggerisce <strong>di</strong> assumere un carico H2'<br />

(Fig. 3.17) pari a 1.5 - 2 H1, dove H1 in<strong>di</strong>ca il valore dell'energia specifica in con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong><br />

moto uniforme. La zona <strong>di</strong> deposito viene invece in<strong>di</strong>viduata attraverso il calcolo delle altezze<br />

coniugate del risalto, h1 e h2, e il tracciamento del profilo <strong>di</strong> rigurgito.<br />

Il progressivo interrimento della briglia provoca lo spostamento verso valle del risalto,<br />

<strong>di</strong>minuendo così l'ampiezza del tratto in corrente lenta e, conseguentemente, l'efficienza della<br />

briglia. Il volume <strong>di</strong>sponibile ai depositi può essere valutato pari a quello compreso tra la<br />

quota del fondo originale e la quota del profilo rigurgitato <strong>di</strong>minuita dell'altezza h2.<br />

Analogamente alle briglie <strong>di</strong> consolidamento, il piede della struttura deve essere<br />

opportunamente protetto dall'azione erosiva della lama tracimante.<br />

- gaveta: le briglie presentano una zona centrale ribassata rispetto alla quota <strong>di</strong> sommità a<br />

scopo <strong>di</strong> favorire il deflusso della corrente lontano dalle sponde e ridurre così i rischi <strong>di</strong><br />

"aggiramento" della struttura. In certi casi si adotta la doppia gaveta, in modo da convogliare<br />

le portate or<strong>di</strong>narie e le portate <strong>di</strong> piena. Fissata la portata <strong>di</strong> progetto, l'altezza e la larghezza<br />

della gaveta si ricavano imponendo il passaggio attraverso l'altezza critica k, nel caso <strong>di</strong><br />

corrente lenta in arrivo, oppure l'altezza <strong>di</strong> moto uniforme, hu, nel caso <strong>di</strong> corrente veloce da<br />

monte.<br />

♦ Verifica degli effetti indotti<br />

La realizzazione <strong>di</strong> un intervento <strong>di</strong> stabilizzazione dell'alveo induce, come primo effetto<br />

rilevante, una <strong>di</strong>minuzione degli apporti soli<strong>di</strong> verso i tratti <strong>di</strong> valle; può verificarsi, per<br />

esempio, che, a seguito della sistemazione, i tratti <strong>di</strong> valle, prima in equilibrio o in deposito,<br />

siano interessati successivamente da fenomeni erosivi. Occorre pertanto procedere, già in sede<br />

<strong>di</strong> progetto, alla verifica <strong>di</strong> tale eventualità me<strong>di</strong>ante le tecniche previsionali descritte in<br />

precedenza, stimando opportunamente l’entità della riduzione del trasporto solido operata<br />

147


Principi e linee guida per l’ingegneria naturalistica – Vol.1<br />

dalle briglie e estendendo, nel caso, gli interventi <strong>di</strong> sistemazione oltre il tratto inizialmente<br />

considerato. Altri effetti indotti possono essere rappresentati, come accennato, dalla<br />

variazione della quota me<strong>di</strong>a <strong>di</strong> falda in comunicazione con il corso d'acqua, <strong>di</strong> cui occorre<br />

stimarne l’entità e le conseguenze su attingimenti da pozzi, sulle colture in atto, sulla stabilità<br />

<strong>di</strong> manufatti.<br />

148<br />

Fig. 3.17 Schema <strong>di</strong> funzionamento della briglia selettiva<br />

In ogni caso, è sempre consigliabile prevedere, successivamente alla realizzazione<br />

dell'intervento, un'adeguata attività <strong>di</strong> controllo dell'evoluzione dell'alveo me<strong>di</strong>ante perio<strong>di</strong>ci<br />

rilievi geometrici e se<strong>di</strong>mentologici volti a evidenziare gli eventuali scostamenti dalla<br />

situazione <strong>di</strong> progetto o altri effetti non previsti, in modo da in<strong>di</strong>viduare gli opportuni<br />

interventi correttivi.<br />

BIBLIOGRAFIA Par. 3.1<br />

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150


I corsi d’acqua<br />

<strong>Capitolo</strong> <strong>III</strong>.....................................................................................................................126<br />

I <strong>CORSI</strong> D’ACQUA ......................................................................................................126<br />

3.1 CRITERI IDRAULICI E SEDIMENTOLOGICI PER GLI INTERVENTI<br />

DI SISTEMAZIONE DEI <strong>CORSI</strong> D’ACQUA________________________126<br />

3.1.1 Premessa .......................................................................................................................126<br />

3.1.2 Dinamica morfologica dei corsi d’acqua ......................................................................126<br />

3.1.3 Gli interventi sui corsi d’acqua: le <strong>di</strong>fese <strong>di</strong> sponda .....................................................132<br />

3.1.4 Interventi sui corsi d’acqua: le sistemazioni d'alveo.....................................................137<br />

3.1.4.1 Introduzione ______________________________________137<br />

3.1.4.2 Tendenze evolutive nei corsi d’acqua __________________138<br />

3.1.4.3 Interventi <strong>di</strong> stabilizzazione dell’alveo _________________140<br />

3.1.4.3.1 Fasi progettuali..................................................................................................142<br />

BIBLIOGRAFIA Par. 3.1 _____________________________________148<br />

151

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