usano le finali in nz e in ns - renz renz per vicino vicino, nnens nnens per avanti avanti -, ed infine f<strong>anno</strong> largo uso della s sibilante - ssorde per soldo, ssurde per sordo 34 . * * * Le precarie condizioni dell'Italia meridionale non avevano mancato d'influire anche sulla sorte di Cuma, la quale era andata sempre più decadendo. Il suo castello, una volta temuta roccaforte della città, era diventato, nel XII secolo, rifugio di bande di soldati sbandati e di malviventi d'ogni risma, i quali ponevano in serio pericolo l'esistenza dei viandanti e delle vicine borgate. A tale infelice stato di cose cercarono di porre riparo i nobili napoletani e tutti i signori di buona volontà. Fra questi emergeva per valore ed audacia Goffredo di Montefuscolo, il quale, trovandosi una sera a Cuma, chiese ed ottenne ospitalità dal Vescovo di Aversa, che dimorava appunto nel castello. Sta di fatto che, in quel torno di tempo, Cuma era contesa fra gli aversani, che cercavano uno sbocco al mare, ed i napoletani, non dimentichi delle loro origini 35 . Questo fatto pose in sospetto gli aversani, i quali ebbero motivo di temere che il Vescovo volesse consegnarli al Montefuscolo, dando a quest'ultimo modo di fortificarsi ai loro danni. Alcuni cittadini furono perciò inviati a Cuma, ove si diedero a montare la guardia al castello. Tal cosa non sfuggi all'accorto Goffredo, che, ritenendosi a sua volta tradito, inviò d'urgenza un suo messo a Napoli, chiedendo soccorsi. Fu pronto ad accorrere un suo parente, Pietro di Lettere, il quale, raccolti quanti più armati poté nella vicina Giugliano, si portò in Cuma e convenne col Montefuscolo, venutogli incontro, che non avrebbe abbandonato la città se non quando fosse stato consegnato il castello con tutti gli uomini che in esso si trovavano. Essendosi gli aversani ed il Vescovo rifiutati di abbandonare la rocca, Goffredo, ricevuti nuovi rinforzi da Napoli, si dispose all'assalto per mare e per terra. Sin dalle prime fasi della battaglia, i difensori del castello abbandonarono la partita, ma ciò non bastò al Montefuscolo ed ai suoi compagni di lotta: essi vollero radere al suolo l'intera città. Ancora una volta una gente infelice fuggiva l'orrore degli incendi e dello sterminio, cercando scampo nelle vicine borgate. Ed in quale luogo poteva essa più convenientemente cercare tranquillità e lavoro se non in Fratta? Il villaggio sorto da pochi secoli - giacché si era ormai nel 1207 - presentava indubbie possibilità di proficue occupazioni con le sue industrie nascenti e con l'esemplare operosità dei suoi abitanti. Una prova inconfutabile di tale accrescimento di Fratta, dovuto ai Cumani, è nel culto di S. Giuliana, protettrice, accanto a S. Sosio, della nostra città. Distrutta Cuma, i napoletani avevano avuto cura di porre in salvo oggetti preziosi e le reliquie dei santi martiri cumani 36 . La Badessa Bienna del monastero di Donnaromita in Napoli chiese ai Vescovi Anselmo di Napoli e Leone di Cuma che le sacre reliquie le fossero affidate. La preghiera della pia suora fu accolta ed il 6 febbraio 1207 si procede, con l'assistenza dei suddetti Prelati, degli Abati di S. Pietro ad Aram e di S. Maria a Cappella, alla traslazione dei resti mortali della Santa e di quelli di S. Massimo, giacché erano sepolti nello stesso tempio. 34 RAYM GUARINI, In Osca epigrammata nonnulla Commentarim, XI, Napoli, 1830; A. GIORDANO, op. cit. 35 M. FUIANO, Napoli normanna e sveva, in Storia di Napoli, vol. I, 1967. 36 G. RACE, op. cit. 163
Il corpo di S. Massimo fu portato nella cattedrale di Napoli e riposa nell'ipogeo di S. Gennaro; quello di S. Giuliana fu sepolto nella chiesa di Donnaregina. E', poi, in Frattamaggiore che questa santa, più che altrove, è devotamente e vivamente venerata. Origini, quindi, quanto mai nobili quelle della nostra patria, giacché, come la storia comprova e la dottrina consacra, tre gloriose città h<strong>anno</strong> dato vita ad essa: Miseno, scolta avanzata di Roma sul mare; Atella, erede dei costumi e della lingua osca, immortalata nelle favole; Cuma, pervasa di greca gentilezza e fervente di traffici opulenti. 164
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