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Italian Bookshelf (download as PDF) - Ibiblio

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480 “<strong>Italian</strong> <strong>Bookshelf</strong>.” Annali d’italianistica 25 (2007)<br />

e nordamericani che hanno studiato B<strong>as</strong>ile o tematiche vicine ed essenziali alla<br />

comprensione del Pentamerone. Una prima fondamentale sfida nella lettura di questo<br />

difficile testo risiede nella mancanza di un’edizione critica, come sottolineano molti degli<br />

interventi, e di cui si occupa, ma esclusivamente da un punto di vista lessicale, il saggio<br />

di Enrico Malato nell’ultima sezione del volume, lavoro che pone in risalto i limiti delle<br />

ristampe moderne e delle loro traduzioni.<br />

Un problema particolarmente aff<strong>as</strong>cinante è rappresentato dalle rubriche che<br />

precedono le singole narrazioni, di cui si occupa Thom<strong>as</strong> Stein (181-209). Stein ritiene<br />

che questi minitesti, la cui paternità non è accertata sebbene sia ragionevole ritenere che<br />

B<strong>as</strong>ile stesso li abbia composti, abbiano uno statuto non-narrativo data “l’<strong>as</strong>senza di<br />

qualsi<strong>as</strong>i formula narrativa” (193). Secondo Stein, le rubriche svolgono tre ulteriori<br />

funzioni. Esse possono essere soltanto mere sintesi; possono contribuire alla creazione di<br />

una suspense prima ancora dell’inizio del racconto; o infine possono tacere una qualche<br />

informazione, una “reticenza eloquente” di natura etico-morale (194). Ciò che Stein<br />

definisce come “reticenza” in alcuni c<strong>as</strong>i ha il ruolo, a mio parere, di una vera e propria<br />

interpretazione della storia stessa, poiché la rubrica enfatizza alcuni motivi e temi<br />

presenti in un dato racconto a scapito di altri. Lo stesso elemento fant<strong>as</strong>tico tende ad<br />

essere o <strong>as</strong>sente o fortemente ridimensionato nelle rubriche. L’analisi delle rubriche,<br />

grazie anche all’intelligente saggio di Stein, merita un ulteriore esame. Particolarmente<br />

interessante è l’analisi che Stein fa dell’ultima rubrica del Pentamerone data la posizione<br />

“strategica” che essa occupa (197).<br />

Sul rapporto tra oralità e scrittura in B<strong>as</strong>ile si consiglia il saggio di Fabio Mugnaini<br />

sulla doppia natura di B<strong>as</strong>ile quale autore e quale narratore orale, poiché “egli fu lettore<br />

delle sue fiabe, presso le corti provinciali che frequentava” (279). B<strong>as</strong>ile indirizzava i<br />

suoi racconti “alla conversazione cortigiana”, tema questo che è stato oggetto di<br />

aff<strong>as</strong>cinanti studi a riguardo delle narratrici francesi secentesche ma non è stato ancora<br />

sufficientemente affrontato nel c<strong>as</strong>o di B<strong>as</strong>ile, che della fiaba moderna è padre. Nel<br />

contesto delle presenza della cultura popolare nel Pentamerone Luisa Rubini ha condotto<br />

un lavoro di grande acume ed erudizione (135-59). La studiosa si è focalizzata sul<br />

significato dell’onom<strong>as</strong>tica in B<strong>as</strong>ile, con particolare attenzione al racconto “Viola”. In<br />

un punto del suo saggio si sottolinea l’importanza delle “sviste” nella raccolta di B<strong>as</strong>ile<br />

(140). Sebbene la studiosa si riferisca alle oscillazioni o varianti onom<strong>as</strong>tiche (un<br />

personaggio che senza chiara ragione cambia nome), le “sviste” riguardano una varietà di<br />

campi, non da ultime le vere e proprie irregolarità narrative, che non sempre sono<br />

riconducibili ai “motivi troncati” studiati da Max Lüthi. Di Lüthi fa menzione un saggio<br />

aff<strong>as</strong>cinante, seppur piuttosto breve, di Nicole Belmont, che riprende alcuni dei temi da<br />

lei discussi in un felice volume di qualche anno fa sul tema del racconto orale (213-22).<br />

Belmont paragona il racconto nella tradizione orale al sogno (rimozione di giustificazioni<br />

causali; riduzione della narrazione al puro evento visivo; ecc.). Le riscritture letterarie in<br />

genere devono compensare alla mancanza del carattere onirico spesso costitutiva del<br />

racconto orale, nel quale si dice di più di ciò che viene espressamente detto (215). “Il<br />

contenuto latente” della narrazione orale, spiega Belmont, viene perduto nella versione<br />

letteraria che riduce il racconto al suo contenuto “manifesto” (217). I vari motivi “ciechi”<br />

o “troncati”, secondo la terminologia di Lüthi, rispondono all’economia della “riscrittura”<br />

e “riorganizzazione” narrativa che conduce alla creazione di uno nuovo ed indipendente<br />

organismo letterario, posto in dialogo con l’evento, o eventi, orali da cui dipende secondo

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