Scarica la rivista in formato pdf - Distretto 108A

L’agonismo è un modo di vivere
universale, significa sempre porsi
in competizione, confrontarsi con
gli altri, cercare d’essere più bravo.
Negli anni ‘60 lo sport aveva
l’intero ambiente a difesa dell’essere
preda di anomale tentazioni,
dai genitori agli allenatori, alle
società sportive, ai dirigenti, tutti
concorrevano a mantenere l’attività
agonistica sulla strada maestra
della correttezza e della lealtà,
esisteva un dilettantismo vero
ed applicato. Il doping è una deturpante
conseguenza dell’ingresso
dell’economia, in particolare
del mondo industriale e commerciale
nell’ambito dello sport, ciò
che si è verificato sin dagli anni
’70. Esso non è solo una sostanza
assunta in maniera snaturata per
migliorare le prestazioni dell’atleta,
ma serve pure per mascherare
i farmaci usati. Va da se che quando
nello sport si presentano certi
allettamenti, non si riesce più a rispettare
le regole, nasce la voglia
di arricchirsi, ciò che tende a condizionare
il modo di fare sport.
Se la repressione è giusta, doverosa
e necessaria, da sola è insufficiente,
scontrandosi con interessi
così esorbitanti ed accattivanti.
D’altro canto la prevenzione e la
cultura anti-doping devono essere
effettuate molto presto soltanto
verso i giovani, al di sotto di 12-
13 anni, perché dopo non si ottiene
più nulla. Purtroppo anche il
mondo dello sport soffre oggi le
stesse carenze etiche fatte proprie
dalla sfera politica. L’Italia sta
diventando uno dei paesi meno
proiettati nel futuro, si è portati a
giustificare soltanto quanto ci torna
comodo e tale comportamento
si riflette anche in certe posizioni
che, a livello nazionale, ci hanno
portato a vivere avvilenti momenti
storici, di cui stiamo pagando le
tristi conseguenze.
Livio Berruti mentre tiene la conversazione. Alla sua destra, seduto, il Presidente Giuseppe
Donnarumma.
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