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09 gazzetta blocco 23-30.pdf - La Gazzetta del Medio Campidano

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Era il 17 maggio <strong>del</strong> 1882,<br />

quando Gabriele D’Annunzio,<br />

Edoardo Scarfoglio e Cesare<br />

Pascarella giúnsero in calesse<br />

a Villacidro, provenendo dalla<br />

stazione ferroviaria di San Gavino,<br />

dove eran giunti dritti da<br />

Càgliari, per quella che definívano<br />

prima tappa di riposo. A Càgliari s’eran trattenuti insieme<br />

con i maggiori rappresentanti <strong>del</strong> mondo letterario e giornalístico<br />

cittadino. C’èrano con loro Felice Uda, direttore di “Serate<br />

italiane”, Ottone Bacaredda, síndaco di Càgliari sotto la cui amministrazione<br />

fu costruito il Bastione di San Remy e il Palazzo<br />

Municipale, docente di diritto nell’Università <strong>del</strong>la città e autore<br />

di romanzi, Arturo Santini Ferrieri, scrittore e direttore di “Bandiera<br />

sarda”, il giornalista e poeta Ranieri Ugo direttore de “<strong>La</strong><br />

scintilla”, l’avvocato Luigi Congiu redattore de “<strong>La</strong> metèora” e<br />

direttore di “Gioventú sarda” con Antonio Scano, il direttore de<br />

“<strong>La</strong> màschera”Emanuele Cànepa, avvocato e poeta, e l’avvocato<br />

romanziere Carlo Brundo, gli stessi che i tre amici ritrovàrono<br />

per il “banchetto” finale, sempre a Càgliari, la viglia <strong>del</strong>la partenza,<br />

come ricorda nel “Fracassa” Scarfoglio, allorché il Pascarella,<br />

scolava le últime bottiglie di vino d’Oliena, anzi il dannunziano<br />

“nepente d’Olíena” che s’eran portati dietro.<br />

Partiti da Civitavecchia il 1° di maggio, giunti in Sardegna a Terranova<br />

Pausania (Olbia) si trasferírono nell’Iglesiente dove visitàrono<br />

Iglesias, a Gonnesa , a Masua e tutte le miniere e i pozzi<br />

minerari dentro le víscere <strong>del</strong>la terra. Poi Càgliari. Quindi Villacidro.<br />

Da San Gavino a Villacidro “con la diligenza”, come scriveva<br />

Scarfoglio, che si fermò davanti alla “villetta toscana” <strong>del</strong><br />

professor Todde. Èrano infatti òspiti di Giuseppe Todde e di sua<br />

moglie Luisa Oppo. Nella sua casa sulla via Roma, a due passi da<br />

Frontera, c’èrano Antonio Scano e Ranieri Ugo. Questi era un<br />

giornalista-poeta di Sestu (che firmava i pròpri artícoli con lo pseudònimo<br />

di Pàolo Ardy), ma era nato a Iglesias nel 1857, e in quel<br />

tempo, dunque, era venticinquenne. Era anche corrispondente, nonostante<br />

la giòvane età, <strong>del</strong> “Corriere <strong>del</strong>la Sera”. Aveva appena<br />

pubblicato l’anno prima, nel 1881, presso la “Tipografía <strong>del</strong> Corriere”<br />

di Càgliari, dedicandolo a Ferdinando Martini, il libretto di<br />

versi “Color biondo”, ricco di endecasíllabi e strofe alcaiche nella<br />

moda di quei tempi carducciani.<br />

Davanti alla villetta li attendévano i Villacidresi. Oltre ai familiari<br />

dei Todde, Peppino Piga, sua moglie Giulia Spano e i loro<br />

figli Emanuele e il píccolo Lorenzo, aspettàvano ansiosi Salvatore<br />

Manno, il píccolo maestro diplomàtosi due anni prima (aveva<br />

allora vent’anni sei mesi e trédici giorni), affascinato dai ritmi<br />

acerbi di suo cuginetto Antonio Vincenzo Ignazio Cogotti ( che<br />

aveva quattòrdici anni tre mesi e venti giorni), studente a Càgliari,<br />

ma già verseggiatore di settenari e ricercatore di rime baciate,<br />

lí con gli altri. D’altronde lo stesso Gabriele D’Annunzio, il cui<br />

arrivo imminente era già stato annunciato da qualcuno, attesíssimo<br />

con i suoi amici “clerici vagantes” da giorni, contava anche<br />

lui solamente diciannove anni due mesi e cinque giorni, anche se<br />

aveva scritto e pubblicato il suo primo libro, “Primo vere”, appunto,<br />

la sua Primavera, nel 1879, e qualche tempo dopo “In memoriam”,<br />

con lo pseudònimo di Florio Bruzio, sempre nello stesso<br />

anno. C’era Antonio Scano ventitreenne, ma già noto perché a<br />

quíndici anni appena aveva esordito come redattore di “Gioventú<br />

sarda”, collaboratore alla “Crònaca bizantina” <strong>del</strong> Sommaruga e<br />

deputato liberale. Proprio attraverso il suo racconto, attraverso<br />

Salvatore Manno e la sua “Villacidro”<br />

Le occasioni culturali<br />

28 aprile 1848: una data importante per Montevecchio<br />

Una data significativa per il mondo minerario che, quest’anno, nel<br />

150esimo anniversario <strong>del</strong>l’Unità d’Italia, entra a pieno titolo. Montevecchio,<br />

prima che l’Unità fosse compiuta, esisteva già. Una miniera<br />

che ha contribuito con risorse umane ed economiche alla sua realizzazione.<br />

Giovanni Antonio Sanna, imprenditore sardo, il 28 aprile<br />

<strong>del</strong> 1848, anno <strong>del</strong>la prima guerra d’indipendenza, ottenne dal re<br />

Carlo Alberto, la concessione perpetua <strong>del</strong>le miniere di Montevecchio.<br />

Un evento di straordinaria importanza per la Sardegna che si<br />

aprì al progresso e all’industrializzazione catalizzando interessi economici<br />

e intelligenze. È importante dare rilievo a questa data per non<br />

dimenticare, ma soprattutto per far conoscere ai giovani <strong>del</strong> territorio<br />

Giovanni Antonio Sanna<br />

e <strong>del</strong>la Sardegna intera, una pagina di storia locale che ha integrato<br />

quella nazionale. Giovanni Antonio Sanna partecipando attivamente agli eventi, favorì la costruzione<br />

di una Italia, unita, libera, indipendente. Fu uno degli artefici più importanti e significativi e<br />

Montevecchio fu luogo di incontri, di fermenti, di patrioti che vi trovavano rifugio promuovendo<br />

iniziative a favore <strong>del</strong>la nascente nazione. Paolo Fadda, nel suo libro “L’uomo di Montevecchio”,<br />

scrive che il Sanna, pur avendo idee repubblicane, non dimenticò quanto fosse riconoscente al re<br />

Carlo Alberto per avergli concesso la proprietà di Montevecchio e lo appoggiò. Era molto vicino a<br />

Giuseppe Garibaldi, di cui era amico, e lo seguì in quel movimento patriottico il cui motto era “Italia<br />

e Vittorio Emanuele”. Sarà fra i 443 deputati che proclameranno a Torino, in seduta solenne, Vittorio<br />

Emanuele primo Re d’Italia. Uomo <strong>del</strong> Risorgimento italiano, padrone e motore <strong>del</strong>la miniera di<br />

Montevecchio, operò nel territorio di Guspini e di Arbus trasformandolo radicalmente. Vale la pena<br />

conoscere, approfondire, studiare i benefici, le ricadute sul nostro territorio e l’immagine raggiunta<br />

a livello nazionale. Valorizzare una pagina di storia locale significa essere presenti e propositivi per<br />

continuare ad essere cittadini italiani e <strong>del</strong> mondo.<br />

Associazione “ Elafos”- “Sa mena”<br />

di Efisio Cadoni<br />

Seconda parte<br />

una sua chiacchierata confidenziale con Nicola Valle, musicista<br />

violinista, intellettuale, scrittore, fondatore <strong>del</strong>la rivista de “Gli<br />

Amici <strong>del</strong> Libro”, “Il Convegno”, morto quíndici anni fa, che ce<br />

la trasmette, possiamo meglio guardare dentro gli avvenimenti di<br />

quella giornata villacidrese, ancor di piú penetrando nei particolari<br />

<strong>del</strong>la vísita mattutina alla Spéndula e ai famosi versi <strong>del</strong>l’anòmalo<br />

sonetto.<br />

Vi si recarono, accompagnati dal professor Todde che anticipava<br />

di quattro giorni i festeggiamenti consueti, da sempre, per il suo<br />

genetlíaco. Prima <strong>del</strong> pranzo per il compimento dei suoi cinquantadue<br />

anni preparata dalle esperte arti cucinarie di sua moglie Luisa,<br />

si trattènnero davanti alle rocce <strong>del</strong>la cascata, portando qualche<br />

canestrello di amaretti, bianchini con il miele e dolcetti di màndorle<br />

glassati e alcune bottiglie di mònica <strong>del</strong>le vigne degli Oppo<br />

intorno alla fattoría di Giuseppe Todde a Perdamassa. Il tempo<br />

passava con qualche assaggio di dolcetti, le scorpaccaiate d’arance<br />

<strong>del</strong> giardino <strong>del</strong> cavalier Peppicu Piga, a Seddanus, lungo la<br />

sinistra <strong>del</strong> Seddanus, a un tiro di fionda dall’acqua e le bevute a<br />

garganella <strong>del</strong> “Pasca”, come usava chiamarlo Edoardo Scarfoglio,<br />

che a stento riprendeva fiato nell’infinito sorso da una bottiglia<br />

all’altra. Felicità in quel tripudio <strong>del</strong>l’acqua dove si faceva<br />

festa al vino.<br />

<strong>La</strong> poesía nasceva in quel posto e in tali condizioni d’euforía.<br />

<strong>La</strong> trascriviamo cosí come venne pubblicata qualche giorno dopo:<br />

LA SPENDULA<br />

Dense di celidonie e di spineti<br />

le rocce mi si drízzano davanti<br />

come uno strano popolo di atleti<br />

pietrificato per virtú d’incanti:<br />

sotto, frèmono a ‘l vento àmpi i mirteti<br />

selvaggi, e li oleandri fluttuanti,<br />

verde plebe di nani; giú pei greti<br />

van l’acque de la Spéndula croscianti.<br />

Sopra il ciel grigio, eguale. A l’umidore<br />

de la pioggia un’acrèdine di effluvii<br />

aspra esàlano i timi e le mortelle.<br />

Ne la conca verdíssima un pastore,<br />

come fauno di bronzo erto su ‘l càlcare,<br />

guarda, immòbile, avvolto in una pelle.<br />

Compare nell’artícolo di Scarfoglio sul Capitan Fracassa <strong>del</strong> 21<br />

di maggio <strong>del</strong>lo stesso anno, con la specificazione <strong>del</strong> luogo (gruxi<br />

de Seddanus) e il títolo, <strong>La</strong> spendula, come prima <strong>del</strong>le tre<br />

poesíe lí stampate di sèguito, II con il títolo Sale, (presso Càgliari),<br />

III con il títolo Sotto la lolla (Selargius).<br />

Ranieri Ugo descrive quel viaggio nel suo bel pezzo “Alla scoperta<br />

<strong>del</strong>la Sardegna – I primi argonauti” nella rivista “<strong>La</strong> lettura”<br />

10 maggio 2011 <strong>23</strong><br />

<strong>del</strong> dicembre <strong>del</strong> 19<strong>09</strong>, dove<br />

scrive appunto che “Villacidro<br />

fu la prima tappa di riposo” e<br />

che “D’Annunzio accoglieva in<br />

versi la festa <strong>del</strong>l’acqua” mentre<br />

“Scarfoglio perseguiva con<br />

assordanti schioppettate i rondoni<br />

cinguettanti intorno alla<br />

spruzzaglia…”, ben conoscendo (e chi piú di lui) che tutti i presenti,<br />

nell’allegría <strong>del</strong>l’acqua e <strong>del</strong> vino avevano partecipato alla<br />

sua improvvisazione, mentre alla sua stesura, alla sua ri-composizione<br />

sapiente aveva pensato, alla fine, lui, non potèndone eliminare<br />

completamente i difetti. Il sonetto fu materialmente scritto<br />

dal nuovo Mario de’ Fiori – Gabriele D’Annunzio, ma probabilmente<br />

vi intervénnero lo stesso Ranieri Ugo, Edoardo Scarfoglio,<br />

Césare Pascarella, con qualche suggerimento <strong>del</strong> giovanísssimo<br />

Ignazio Cogotti alle prime armi, davanti all’esterrefatto Salvatore<br />

che annotava tutto non credendo ai pròpri occhi.<br />

<strong>La</strong> poesía riportata da Ranieri Ugo già si differenzia dall’originale<br />

nell’uso <strong>del</strong>l’artícolo determinativo “il” al posto <strong>del</strong>l’indeterminativo<br />

“un” che precede “pastore” nel primo verso <strong>del</strong>la seconda<br />

terzina, ma è rispettosíssimo <strong>del</strong>lo sdrúcciolo <strong>del</strong> secondo verso<br />

successivo che tèrmina con “calcare” corrispondentemente al<br />

secondo <strong>del</strong>la prima terzina che, terminando con le due “i” di<br />

effluvii, potrebbe suggerire un altro verso sdrúcciolo, ma senza<br />

rima che li accosti , in ogni caso.<br />

Venne ripubblicata perfettamente in “Tutte le poesíe” di D’Annunzio,<br />

a cura di Gianni Oliva, tra le “Poesíe in dialetto, per canzoni<br />

e disperse” dei “Grandi tascàbili econòmici” Newton <strong>del</strong><br />

1995, insieme con “Sale” e “Sotto la lolla”.<br />

Altra importante occasione culturale fu senza dubbio quella <strong>del</strong>la<br />

vísita villacidrese di un vàlido poeta sardo oggi quasi dimenticato,<br />

di Francesco De Rosa nativo di Terranova Pausania. Era venuto<br />

a Villacidro per una conferenza che si tenne in una sala <strong>del</strong><br />

“Palazzo Brondo”, sede vescovile, o in un altro spazio messo a<br />

disposizione da Àngelo Cadoni, fratello di Antonio, nel dicembre<br />

<strong>del</strong> 19<strong>09</strong>. Vi partecipò Salvatore Manno. Diplomato a Càgliari e<br />

insegnante nelle Scuole elementari di Villacidro fin dal 1879, era<br />

“direttore didàttico” fin dagl’inízi <strong>del</strong> nuovo sècolo. Fu lui, quarantottenne<br />

di orígini paterne ogliastrine ad ospitare il De Rosa<br />

cinquantacinquenne ogliastrino di nàscita e maestro di scuola elementare<br />

come lui. Il tema trattato, l’argomento corrispondeva ad<br />

uno degli scritti che venne successivamente pubblicato in un opúscolo<br />

dal De Rosa, “Sull’uso dei nuraghi”, ed ebbe molti consensi<br />

e fu tradotto in latino e in inglese. Il De Rosa pubblicò diverse<br />

òpere tra cui i versi “Aure fresche <strong>del</strong> Limbara” e “Leggende Galluresi”,<br />

avendo già mandato alle stampe “Il Divorzio”, “I poeti<br />

Terranovesi” e, per la sua grande passione per la Storia e per<br />

l’Archeología, “Tradizioni popolari di Gallura – Usi e costumi”.<br />

Salvatore Manno era riuscito a mandare alle stampe solo il suo<br />

volumetto “Villacidro-Iridescenze”, nel 1893, perché i suoi interessi<br />

nell’àmbito <strong>del</strong>la scuola lo impegnàvano tanto che doveva<br />

occupare tutto il suo tempo per poter continuare gli stúdi su tutto<br />

ciò che concerneva le tècniche e la scienza <strong>del</strong>l’insegnamento, la<br />

didàttica, la pedagogía, il diritto, e poter accèdere, con molto sacrificio<br />

e dedizione, al títolo di “ispettore” <strong>del</strong> Provveditorato agli<br />

Stúdi di Càgliari che gli permise poi di continuare la sua òpera di<br />

educatore come “direttore didàttico” fino alla pensione, nel 1927,<br />

quando regio Provveditore agli Stúdi per la Sardegna era il commendator<br />

Vincenzo Pera. (continua)<br />

<strong>La</strong> miniera nella letteratura<br />

<strong>23</strong><br />

“<strong>La</strong> miniera nella letteratura. Fra la necessità <strong>del</strong>l’impegno e la leggerezza <strong>del</strong>la poesia”, è il<br />

titolo <strong>del</strong> convegno che si è tenuto il 15 aprile nell’ex Officina meccanica <strong>del</strong>la miniera di Sebariu,<br />

a Carbonia. Patrocinato dal Comune di Carbonia, dalla Provincia di Carbonia-Iglesias e dal Parco<br />

Geominerario, in collaborazione con la Sezione di Storia locale <strong>del</strong>la Cooperativa Lilith, il convegno<br />

è stato introdotto da Anna Maria <strong>La</strong>i e si è snodato nelle riflessioni <strong>del</strong> relatore, Sandro Ruju,<br />

abile scrittore di libri di miniera, che ha fatto un excursus sul ruolo <strong>del</strong>la miniera nella letteratura,<br />

cominciando con Geoge Orwell, scrittore e giornalista britannico, famoso per la sua allegoria politica<br />

<strong>La</strong> fattoria degli animali. Dello scrittore, Ruju ricorda la sua indagine sulle condizioni dei<br />

minatori <strong>del</strong>l’Inghilterra settentrionale nel 1936, compiuta su commissione di un’associazione culturale<br />

filo socialista, il Left Book Club. Autore lui stesso di una trattazione sulla miniera e sui temi<br />

connessi alla letteratura, il relatore Ruju dimostra come da Rosso Malpelo di Giovanni Verga, a<br />

Ciàula scopre la luna di Piran<strong>del</strong>lo, e in Germinale di Émile Zola, fino al recente romanzo di Sanjay<br />

Bahadur Il rumore <strong>del</strong>l’acqua, la miniera avesse suscitato emozioni e interesse in numerosi autori<br />

<strong>del</strong>la letteratura e come la stessa, così temuta e così odiata, in quanto capace di inghiottire nelle sue<br />

fauci senza ritorno gli uomini e la loro identità, fosse sentita parte integrante <strong>del</strong>l’esistenza <strong>del</strong>l’uomo.<br />

Al dibattito è intervenuto, in veste di lettore, Antonangelo Casula, sindaco di Carbonia fino al<br />

2001 e sottosegretario all’Economia nell’ultimo governo Prodi, che ha ricordato la nascita <strong>del</strong>la città<br />

di Carbonia, alla fine degli anni ’30 proprio grazie ai giacimenti carboniferi <strong>del</strong> Sulcis. Sviluppo<br />

testimoniato nel romanzo di Valerio Tonini, Terra <strong>del</strong> carbone, <strong>del</strong> 1943, in cui le vicissitudini dei<br />

minatori sullo sfondo <strong>del</strong>l’entrata <strong>del</strong> fascismo, non fanno solo da sfondo, ma diventano protagoniste<br />

<strong>del</strong> romanzo.<br />

All’incontro erano presenti anche autori e autrici locali di romanzi e racconti di miniera, tra i quali<br />

Iride Peis Concas, Fabrizio Fenu, Franco Farci, Nino Mistretta, Ruggero Soru e Franco Manis, che<br />

hanno anch’essi dato il proprio contributo con un intervento o riflessione sulla situazione storica e<br />

sociale <strong>del</strong>la vita mineraria.<br />

Maria Francesca Massa


24 10 maggio 2011<br />

Cultura & Società<br />

Nell’anno in cui ricorre il 120° anniversario <strong>del</strong>la nascita di<br />

Antonio Gramsci, avvenuta ad Ales (oggi provincia di Oristano)<br />

il 22 gennaio 1891 e in collegamento con la ricorrenza <strong>del</strong><br />

74° <strong>del</strong>la morte (27 aprile 1937) <strong>del</strong> martire antifascista, non<br />

mancano le riproposizioni <strong>del</strong>le sue “Lettere <strong>del</strong> carcere”, scritte<br />

nelle prigioni in cui il regime mussoliniano aveva segregato<br />

dal novembre 1926 l’oppositore politico, al cui cervello si era<br />

creduto di poter imporre di “non funzionare” per almeno vent’anni.<br />

In abbinamento al “Corriere <strong>del</strong>la Sera”, nella collezione “I classici<br />

<strong>del</strong> pensiero libero”, è arrivato qualche settimana fa nelle<br />

edicole (ed è stato in breve tempo esaurito, anche grazie al modico<br />

prezzo: solo un euro) un volumetto con una selezione <strong>del</strong>le<br />

Lettere gramsciane curata a suo tempo per Einaudi da Paolo<br />

Spriano, arricchita da una nuova prefazione, firmata da Luciano<br />

Canfora.<br />

<strong>La</strong> stessa casa editrice Einaudi ha riproposto di recente la scelta<br />

<strong>del</strong>le “Lettere” a cura di Spriano, premettendovi una prefazione<br />

<strong>del</strong>la scrittrice sarda Michela Murgia.<br />

Anche il giornalista Sergio Portas (nato a Guspini, ma da decenni<br />

residente a Milano, dove si è laureato in Scienze Politiche<br />

e dove ha insegnato per 35 anni) ha voluto confrontarsi con<br />

le “Lettere dal carcere” <strong>del</strong> grande conterraneo, leggendole in<br />

relazione costante a una situazione geografica e storica ben determinata:<br />

la Lombardia <strong>del</strong> 2010.<br />

I risultati <strong>del</strong>la sua applicazione ai testi gramsciani oggi li possiamo<br />

leggere, a nostra volta, nel suo appassionato e appassionante<br />

volume intitolato “Antonio Gramsci: coscienza internazionalistica<br />

e subconscio sardo”, edito da Mediatre (euro 10,00)<br />

di Guspini, che pubblica anche il quindicinale “<strong>Gazzetta</strong> <strong>del</strong><br />

<strong>Medio</strong> <strong>Campidano</strong>”, in cui Portas ha una pagina sulle iniziative<br />

dei sardi emigrati in Lombardia dal titolo “Sardegna nel cuore”.<br />

Dice Portas: “Il mio libro sul sardo Antonio Gramsci è<br />

riferito in prima istanza ai sardi tutti e in seconda ai sardi più<br />

giovani, magari a quelli che come lui hanno dovuto lasciare<br />

l’isola natia. E che poco o nulla conoscono di come lui vivesse<br />

la sua sardità”.<br />

<strong>La</strong> ricerca di Portas è certo tesa a scovare nelle Lettere gramsciane<br />

tutti i riferimenti che esse contengono alla storia, alla<br />

cultura, alla mentalità, ai costumi dei paesi <strong>del</strong>la Sardegna e<br />

dimostra quanto forte fosse il cordone ombelicale che legava il<br />

Grande Sardo alla terra natale (“Gramsci emigrato sardo” ho<br />

voluto intitolare una mia relazione su questi stessi temi, sulla<br />

base <strong>del</strong>la premessa che anche lui, soprattutto perché ne viveva<br />

Il nostro appuntamento con la musica ci porta stavolta<br />

a raccontare una storia di intrattenimento, lunghe<br />

amicizie e amore incrollabile per l’heavy metal.<br />

Gli Evilspine sono una tribute band dei Judas<br />

Priest attiva da molti anni, il cui nucleo storico è<br />

rappresentato dall’originale formazione a tre costituita<br />

da Alessandro Ledda (voce e chitarra), Roberto<br />

Boncompagni (basso) e Luca Lilliu (batteria).<br />

Nell’attuale line-up, Alessandro si limita a cantare<br />

e il lavoro alle 6+6 corde è affidato agli ottimi Carlo<br />

Montis ed Emanuele Pes. Nell’arco <strong>del</strong>la loro<br />

carriera gli Evilspine sono stati presenti nella maggior<br />

parte degli appuntamenti a livello locale, incluso<br />

l’ormai tradizionale Metal Xmas. Le loro esibizioni<br />

sono un mix di tecnica eccellente, emozione<br />

e commozione, il tutto facilitato dal fatto di suonare<br />

brani impressi a fuoco nella memoria e nel cuore di ogni<br />

metallaro che si rispetti. Alla tastiera per l’intervista, Roberto.<br />

Niente succede per caso, almeno così sostengono alcuni…<br />

Perché nascono gli Evilspine?<br />

Gli Evilspine nascono essenzialmente per pura amicizia e passione.<br />

I Judas Priest sono ciò che accomuna i nostri gusti musicali:<br />

è stato naturale suonare le canzoni di questa grande band.<br />

Le coverband sembrano andare per la maggiore, di questi<br />

tempi. Iron Maiden, Judas Priest, Litfiba, Muse, ecc. Cosa<br />

deve avere una cover band che si rispetti per emergere dalla<br />

massa? E soprattutto, gli Evilspine ce l’hanno?<br />

A noi non interessa eseguire <strong>del</strong>le cover “fotocopia” , preferiamo<br />

interpretarle a modo nostro adattandole al nostro stile ormai<br />

consolidato nel tempo, anche perché per parecchio tempo<br />

la band si è esibita con una formazione a tre; non temiamo nessun<br />

palco in quanto la passione e la voglia di proporsi sono<br />

enormi. Noi ci mettiamo tutto questo, ma il segreto <strong>del</strong>la “pozione<br />

magica” è a discrezione di chi ci ascolta.<br />

Come scegliete i brani che faranno parte <strong>del</strong> repertorio?<br />

I brani li scegliamo accuratamente in base alle nostre capacità<br />

comunicative, sia a livello esecutivo che di impatto con il pubblico.<br />

Pensiamo che il brano deve essere apprezzato, per la sua<br />

grinta e la sua melodia, anche da chi magari solitamente non<br />

Il fascino di Gramsci<br />

Per Sergio Portas la lettura <strong>del</strong>le “Lettere da carcere” è sempre istruttiva, anche a 74 anni dalla morte <strong>del</strong>l’autore<br />

di Paolo Pulina<br />

lontano, aveva un pensiero permanente: madre-Sardegna; Portas<br />

ha voluto riprodurre questo mio testo come postfazione <strong>del</strong><br />

suo lavoro). Ma a Portas non interessa solo dare una rassegna<br />

compilatoria di citazioni “sarde” presenti nella corrispondenza<br />

gramsciana (è importante anche questo regesto, peraltro). <strong>La</strong><br />

sua passione civile di giornalista “alla Gramsci” (non vende la<br />

sua penna a chi gliela paga meglio; vuole rimanere liberissimo<br />

senza nascondere le sue profonde convinzioni per far piacere a<br />

padroni e manutengoli) lo porta ad inserire tra le righe <strong>del</strong> testo<br />

una filigrana di riflessioni attualizzanti che ci dicono apertis<br />

verbis come lui vede la condizione <strong>del</strong>la Milano e <strong>del</strong>la Lombardia<br />

sottoposte all’”egemonia” culturale leghista e lo stato di<br />

un Paese come l’Italia (“e poi giù a gridare slogan razzisti e<br />

MUSICA BREAKING THE LAW(S)<br />

Gli Evilspine<br />

ascolta musica metal.<br />

C’è una canzone dei Judas in particolare che avreste voluto<br />

fare e per qualche motivo non potete? Se sì quale e per<br />

quale motivo.<br />

Di brani ce ne sarebbero una marea, è il tempo che ci manca.<br />

Come tutti quelli che hanno assistito ai vostri concerti recenti,<br />

non ho potuto fare a meno di notare l’inclusione di<br />

“Kings of Metal” dei Manowar. Un preludio ad una apertura<br />

degli Evilspine ad altri gruppi?<br />

Si , crediamo che in un futuro ci possa essere un’apertura anche<br />

ad altre cover non rigorosamente dei Judas Priest, in primis i<br />

Manowar, band da noi molto amata.<br />

In ogni caso, se doveste includere altri due gruppi da coverizzare<br />

nella vostra scaletta, quali sarebbero?<br />

Facciamo tre: Manowar , Fight ed Iron Maiden<br />

Disse l’astemio Dylan Dog bevendo un whisky: “sono astemio<br />

ma mi piace contraddirmi”. Nel set <strong>del</strong>la vostra coverband<br />

c’è una canzone originale. Come nasce, chi ha concorso<br />

a scriverla e di cosa parla?<br />

xenofobi, che tanto questo è il mercato <strong>del</strong>la politica più becera”;<br />

“l’Italia sta sperimentando il ritorno xenofobo di correnti<br />

separatiste e particolariste: tali che sono, paradossalmente, al<br />

governo <strong>del</strong>la nazione”).<br />

Lo scrittore francese Claude Roy, leggendo in Lombardia nell’aprile<br />

1948 la prima edizione <strong>del</strong>le Lettere, si commosse “al<br />

limite <strong>del</strong>le lacrime e <strong>del</strong>la esaltazione”, e osservò: “Il solo fatto<br />

di leggere oggi queste lettere, sotto forma di un libro, rischierebbe<br />

di attenuarne la grandezza. Questo libro, infatti, è<br />

stato scritto giorno per giorno in undici anni di prigionia da un<br />

piccolo gobbo, malato, minato. [...] Niente ha potuto averla vinta<br />

sulla bontà di Gramsci, sulla sua gentilezza d’animo, sulla sua<br />

curiosità di spirito, sulla sua volontà, sulla sua potenza di meditazione<br />

e di lavoro”.<br />

Alla luce di una lettura che ha suscitato in lui una commozione<br />

analoga a quella provata da Roy oltre 60 anni prima, il messaggio<br />

di Sergio Portas si può sintetizzare in queste parole riecheggianti<br />

lo schema di giudizio <strong>del</strong>lo scrittore francese: “Niente ha<br />

potuto averla vinta sulla sardità di Gramsci”.<br />

Nel suo complesso questa corrispondenza (<strong>del</strong>la quale Benedetto<br />

Croce ha scritto che “appartiene anche a chi è di altro od<br />

opposto partito politico”) - sottolinea Canfora nell’edizione <strong>del</strong><br />

“Corriere” - “ha un triplice valore: letterario, per la qualità indiscutibile<br />

<strong>del</strong>la prosa; intellettuale, per le idee che l’autore esprime;<br />

umano, per la sofferenza cui il detenuto è sottoposto e che<br />

non fa mai venir meno la sua volontà di non piegarsi ai carcerieri”.<br />

Michela Murgia (così come Sergio Portas) è interessata a mettere<br />

in luce il “danno” che può provocare nei giovani, nei ventenni,<br />

“la privazione <strong>del</strong>l’incontro con la teoria di un maestro<br />

robusto e con la vita di un clamoroso testimone civile come<br />

Gramsci”.<br />

Per lei, “queste lettere personali, quanto di più lontano dall’accademia<br />

filosofica si possa immaginare, sono un ottimo modo<br />

per fare la pace con l’uomo Gramsci, conoscerne la vivacità di<br />

spirito, la piacevolissima prosa, la rettitudine morale e l’esperienza<br />

sofferta di perseguitato politico”.<br />

Insomma, queste Lettere non possono lasciare “indifferenti”<br />

(condizione che Gramsci avversava in sommo grado); esse ci<br />

offrono la lezione di un “classico”, cioè di un maestro-mo<strong>del</strong>lo<br />

di coraggio, di moralità, di profondità di pensiero, e anche di<br />

bella, brillante scrittura (non a caso Giuseppe Fiori - lo ricordiamo<br />

con affetto a otto anni esatti dalla morte - raccomandava<br />

questa lettura ai giovani desiderosi di diventare giornalisti).<br />

<strong>La</strong> canzone è nata da un riff di chitarra, improvvisando<br />

per gioco ne è scaturita una linea vocale in<br />

finto arabo sulla quale Alessandro ha poi scritto un<br />

testo con parole vere; il brano parla <strong>del</strong>la sofferenza<br />

che si ha quando si arriva al limite <strong>del</strong>la sopportazione,<br />

nonostante gli sforzi enormi compiuti per cercare<br />

di raggiungere un obiettivo e si rimane con un<br />

pugno di mosche.<br />

Ci sono altre canzoni originali nel futuro di Evilspine?<br />

Se la formazione attuale rimarrà stabile, ci saranno<br />

senz’altro.<br />

<strong>La</strong> domanda di rito: un giudizio sulla scena cagliaritana<br />

e sulle opportunità di esibirsi in condizioni<br />

soddisfacenti.<br />

<strong>La</strong> situazione a Cagliari secondo noi è veramente<br />

pessima, nonostante ci siano tante bands <strong>del</strong>le quali anche qualcuna<br />

di indubbio valore, solitamente suona sempre chi conosce<br />

qualcuno. Le bands underground difficilmente vengono chiamate<br />

a calcare palchi dignitosi e di conseguenza devono sempre<br />

esibirsi, seppur brave, per la nicchia.<br />

Ancora sulla scena locale: quali sono secondo voi i gruppi<br />

degni di nota e con quali suonate volentieri o vorreste suonare.<br />

Gruppi degni di nota sono per noi in primis Ryal, Solid Vision,<br />

Riff Raff, Rocket Queen e Kisstation; con alcuni di questi abbiamo<br />

anche avuto l’occasione di esibirci insieme, o comunque<br />

sono bands che abbiamo sentito suonare qualche volta dal vivo…<br />

chiediamo venia se ci fosse sfuggito qualche altro gruppo…<br />

Parliamo dei vostri idoli: come giudicate la scelta di KK<br />

Downing di lasciare la band immediatamente prima <strong>del</strong>l’addio<br />

ufficiale?<br />

È stato un colpo: nessuno di noi si sarebbe mai immaginato una<br />

cosa simile e proprio non riusciamo a capire il perché.<br />

I Judas Priest si ritireranno a breve: quale sarà l’effetto sul<br />

vostro business?<br />

Beh, noi possiamo in un certo senso vivere di rendita: i Judas<br />

Priest ci lasciano una quantità infinita di brani da “coverizzare”.<br />

Alessandro Bordigoni


UN’ ÍSOLA DI SENTIERI CON UN BUCO A SUD-OVEST<br />

Sfoglio un quaderno pubblicitario di trentasei pàgine che si<br />

presenta in copertina con il títolo in italiano “Un’ísola di sentieri”<br />

e, in inglese, “An Island of paths”, e osservo l’immàgine<br />

di una valle solcata da un lungo sentiero rettilíneo, sotto, in<br />

mezzo a due torrioni di roccia incappellati da una macchia verde<br />

di ciuffi e di cespugli e un profilo di monti, in fondo.<br />

È scritto, in una nota nel bordo <strong>del</strong>la quarta pàgina, che si tratta<br />

di un paesaggio dei “tónneri”, in Ogliastra (tónneri è parola che<br />

resta tale e quale in italiano, nel singolare e nel plurale, come in<br />

sardo, e signífica, uno o piú, alti roccioni isolati che si èrgono,<br />

a picco, sulla vallata).<br />

Guardo, nella pàgina interna di copertina e in quella successiva<br />

, in cui leggo “su gorroppu”, in primo piano, il verde compatto<br />

<strong>del</strong>la vegetazione, chiome d’àlberi viste dall’alto, una testina<br />

bianca di nuraghe su una vetta a sinistra, una forra che<br />

s’incúnea giú, all’infinito, in un fondo solcato, forse, da un torrente<br />

secco. Su “gorroppu” o “garroppu” è parola che índica<br />

una cavità senza fine tra rocce con pareti scoscese, erte, rípide,<br />

a imbuto, o verticali, a piombo, sul vuoto, una specie di gran<br />

coppa naturale, un tónfano in cui l’acqua <strong>del</strong> fiume è profondíssima<br />

e ribollente di vita gèlida. E al centro <strong>del</strong>la terza pàgina<br />

la scritta bianca bilingue, “76 itineràri per il trekking in Sardegna<br />

/ 76 hiking trails in Sardinia”, mi prepara alla lettura.<br />

Lo scrivente o gli scriventi <strong>del</strong>l’ Ente Foreste <strong>del</strong>la Sardegna<br />

c’infórmano che si tratta di “una nuova òpera editoriale… con<br />

l’obiettivo di promuòvere la valorizzazione ecològica e sociale<br />

<strong>del</strong> patrimonio naturale e culturale” (?). Scrívono ancora che<br />

l’iniziativa “è parte integrante <strong>del</strong> POR Sardegna 2000-2006<br />

per intenti strutturali mirati allo sviluppo turístico e rurale…<br />

(Tra l’altro)… si prefigge… di migliorare il livello occupazionale<br />

ecc…ecc…”<br />

E giúngono, finalmente, alla centralità di questa pubblicazione<br />

(i “76 sentieri nel territorio isolano tra le colline e le valli, nei<br />

paesi, dentro la macchia mediterrànea dominata…da arbusti,<br />

come il cisto, il mirto, il corbézzolo, il leccio e il lentisco…e<br />

un’ampia congerie di specie animali come…il muflone, la volpe,<br />

l’aquila reale e altri numerosi uccelli selvàtici…”) e ancora<br />

scrívono che l’iniziativa, appunto, tende a “recuperare i vecchi<br />

camminamenti, migliorare la sicurezza dei tracciati, implementare<br />

(sic) il turísmo sosteníbile (sic), realizzare nuovi<br />

cartelli…ecc…ecc…”. E ci condúcono tra “àlberi monumentali,<br />

punti di osservazione, specie protette e giardini botànici” e<br />

ancora tra “percorsi legati a particolari elementi dei paesaggi<br />

culturali <strong>del</strong> Mediterràneo, quali quelli degli antichi mestieri<br />

(carbonai, pastori erranti), <strong>del</strong>le architetture (chiese campestri,<br />

architetture rurali tradizionali) e dei paesaggi rurali (percepíbili<br />

ad esempio dalle vedette)…”<br />

Non è molto chiaro, ma, comunque sia, piú o meno nebuloso,<br />

il testo, in definitiva, il progetto <strong>del</strong>l’Ente Foreste, finanziato<br />

dall’Unione europea, consiste nella realizzazione di “itineràri”<br />

fra i “tesori naturali e biològici” <strong>del</strong>la Sardegna che, qui, vèngono<br />

presentati in 12 “carte escursionístiche” (Baroníe, Gocèano,<br />

Guilcer Barigadu Mandrolisai, Supramonte ogliastrino, Gennargentu,<br />

Gennargentu ogliastrino, Barbagia, Sarcidano, Tacchi<br />

d’Ogliastra, Barbagia di Seúlo, Iglesiente e Gerrei).<br />

Non c’è dubbio che sia lodévole l’intento degli scriventi e che<br />

sia útile la pubblicazione e la diffusione di questo libriccino,<br />

distribuito in questi giorni nei paesi <strong>del</strong> <strong>Medio</strong> <strong>Campidano</strong> (sono<br />

Mio nipote mi appare all’improvviso<br />

mentre sono nell’orto<br />

a zappare le cipolle, e<br />

mi tende la mano per un saluto.<br />

- Sei tornato?<br />

Era emigrato ed è dovuto<br />

rientrare perché i soldi che<br />

gli davano non erano sufficienti<br />

per l’affitto, i pasti e<br />

le sigarette e quando ha sollecitato<br />

a fine mese, anzi agli<br />

inizi di quello successivo, la<br />

sua paga, è stato trattato in<br />

malo modo. Lui ha allora rovesciato<br />

la scrivania addosso<br />

al direttore, ha chiamato i<br />

carabinieri, è riuscito a non<br />

farsi arrestare e a prendere i<br />

suoi quattro soldi e ha deciso<br />

di tornare. Poi ripartirà,<br />

ormai lo conosco.<br />

- Ci vorrebbe un’altra giustizia<br />

- esordisce. - Ci sono<br />

troppi bastardi in giro.<br />

QUELL’ALTRA GIUSTIZIA CHE NON C’È<br />

Oggi non è allegro, forse è ancora<br />

amareggiato per quel che<br />

gli è successo.<br />

- Troppi signori che si assegnano<br />

uno stipendio cento o mille<br />

volte il tuo, che imbrogliano,<br />

evadono le tasse, portano i soldi<br />

all’estero, e che se sono vecchi<br />

non vanno in galera, e sai<br />

il perché, e magari li assegnano<br />

ai servizi sociali. Ai servizi<br />

sociali loro? Il cielo li fulmini!<br />

Condivido, ma uno zio per<br />

bene deve insegnare umana<br />

comprensione.<br />

- Prendi il caso di quello <strong>del</strong><br />

latte, sai di chi parlo, e dei miliardi<br />

fregati ai risparmiatori,<br />

120 mila, pensa un po’, gente<br />

che gli ha dato tutti i risparmi.<br />

Tu che gli faresti? Io lo so.<br />

forse rimasti come fondi di magazzino degli uffici regionali?)<br />

insieme con un altro, piú recente e completo, stampato dalle<br />

Arti Gràfiche Pisano, sempre nel 20<strong>09</strong>, una “guida” dal títolo<br />

“Le foreste demaniali”, pubblicata a cura di Graziano Nudda e<br />

con i testi di Andrea Murgia, Manuela Manca, Lidia Fieba,<br />

Antonio Addis e <strong>del</strong> medésimo EFS, con fotografíe <strong>del</strong>l’Ente,<br />

Renato Brotzu e Doménico Ruiu e con l’intervento di diversi<br />

tècnici (Sabina Era, Angelo Monne, Alberto Atzori e Gianni<br />

Belloi) e con tanto di presentazione ufficiale <strong>del</strong>l’assessore alla<br />

Difesa <strong>del</strong>l’ambiente, Giorgio Oppi, e di introduzione <strong>del</strong> presidente<br />

<strong>del</strong>l’Ente Foreste <strong>del</strong>la Sardegna, Carlo Murgia. Ma<br />

perché è saltato fuori soltanto ora? Forse, per chièderci scusa<br />

per la grave dimenticanza. Per l’Ente Foreste <strong>del</strong>la Regione Sardegna<br />

non c’è la terra <strong>del</strong> Linas e di Monti Mannu, i suoi boschi,<br />

i suoi rilievi, le sue acque, i suoi animali, i suoi uccelli, i<br />

suoi uòmini, le sue tradizioni e, come scrívono “loro”, il suo<br />

“patrimonio antropològico e ambientale”. Perché proprio oggi,<br />

a Villacidro, a pochi giorni dalle elezioni amministrative, in<br />

particolare nel Comune sede di Provincia, gèmino pòvero capoluogo,<br />

cul-de-lieu, in coda di Provincia? Perché ambedue gli<br />

opúscoli compàiono a distanza di pochíssimi giorni? Grave<br />

dimenticanza. Un buco nella Sardegna meridionale occidentale<br />

dove non c’è terra né acqua, né aria né fuoco, dove, dunque non<br />

c’è esistenza, né cose, né bestie né persone né pensieri. Se ne<br />

lamenta, in un isolato foglio di protesta, Gigi Manca, ex Segretario<br />

regionale dei Minatori e Chímici, <strong>del</strong>la CGiL, e si domanda<br />

come mai non ci sia stata alcuna protesta da parte dei “rappresentanti<br />

locali <strong>del</strong>le istituzioni”.<br />

Vergogna! Neppure un segno di rammàrico, neppure tra i rammaricatori<br />

professionisti <strong>del</strong>la carta stampata o <strong>del</strong>la TV, precisi<br />

nel segnalare anche il salto <strong>del</strong> pidocchio e il passo <strong>del</strong> millepiedi.<br />

Nulla di nulla. Neppure una voce o una riga di protesta,<br />

una ferma dichiarazione di contrarietà da parte dei polítici, di<br />

quelli che hanno il “dovere” di amare il paese o, almeno, di<br />

“mostrare” di amarlo; nessuna nota, nessuna espressione di dissenso,<br />

di rimprovero, nessuna obiezione da parte di quelli che<br />

hanno il potere. Nulla di nulla.<br />

Il villacidrese Giorgio Danza, oggi presidente <strong>del</strong> Consorzio<br />

industriale, dichiara di non aver mai saputo <strong>del</strong>la pubblicazione,<br />

quando era síndaco, quando era consigliere provinciale e,<br />

soprattutto, quando era dirigente <strong>del</strong>l’Ente. È certo che l’opúscolo<br />

col buco, che si presenta con tutte le benedizioni <strong>del</strong>l’Ente<br />

foreste e con il portafoglio <strong>del</strong>la Comunità europea, non ha<br />

avuto il suo beneplacito, la sua approvazione, ma neppure il<br />

consenso dei suoi amministratori che, come lui, non ne conoscévano<br />

affatto l’esistenza. Ecco, Gigi Manca ce lo fa notare, è<br />

stata dimenticata Villacidro e sono stati dimenticati i paesi intorno<br />

al “capoluogo”, Gonnosfanàdiga, Vallermosa, Domusnovas,<br />

Villamassargia, Gúspini, Montevecchio, Arbus e ancora i<br />

rilievi di Arcuentu, Castangias, Monte Linas, i percorsi intorno<br />

alle miniere, i minatori, i boscaioli, i carbonai…<br />

Dimenticare il presente è peggio che non aver memoria <strong>del</strong><br />

passato: è come aprire un bàratro tombale all’umanità <strong>del</strong> futuro.<br />

Ricordare, anzi, meglio, “memorare”, signífica prolungare<br />

l’esistenza <strong>del</strong>l’uomo fino alle sue orígini, ripetèndola sempre<br />

in una sorta di eternità all’indietro. “Tu rendi vita sempiterna /<br />

col memorar…”, disse un poeta.<br />

Don Efis Cai<br />

PESTE E CORNA<br />

Chiamerei quanti gli hanno accordato<br />

fiducia e soldi, li metterei<br />

in fila indiana, uno ogni<br />

metro, pensa, 120 km di fila indiana,<br />

e gli chiederei di passare<br />

in rassegna il loro... beh,<br />

chiamalo come vuoi... quel signore.<br />

Niente insulti, però un<br />

calcio nel sedere glielo farei<br />

dare da tutti. Tu, per mille euro,<br />

saresti disposto a farti dare un<br />

calcio? E quanti calci, morali<br />

se non fisici, prende tutti i giorni<br />

chi lavora? Io sì, per mille<br />

euro si può fare questo e altro.<br />

Bada, lo terrei lì immobile, e<br />

tutti i creditori, uno dopo l’altro,<br />

a dargli quel calcio, senza<br />

far caso a chi dovesse avere le<br />

scarpe a punta o antinfortunistiche.<br />

Un calcio non cancella i dan-<br />

di Edmunduburdu<br />

ni, ma una piccola soddisfazione...<br />

sì, una piccola soddisfazione<br />

la dà. Infatti il nipote mi<br />

fissa con occhietto inquisitore.<br />

- Certo, te lo si legge in faccia,<br />

pure tu lo faresti, ma non lo fai<br />

e ti reprimi in nome di chissà<br />

cosa. Manca la serietà! Prendi<br />

il caso di chi ha risparmiato due<br />

soldi per aiutare un figlio a farsi<br />

una casa, o per comprargli i<br />

mobili quando si sposa, o <strong>del</strong>la<br />

vecchietta rimasta senza un<br />

soldo per pagarsi la sepoltura,<br />

o tutti quelli che... a te pare giusto?<br />

Sì, 120 km di fila indiana<br />

a dare calci, e quando la fila è<br />

finita vedere se quello riesce a<br />

star seduto. E poi niente libertà<br />

o servizi sociali, ma un luogo<br />

ben recintato dove lavorare<br />

per guadagnarsi il pane. Vedi,<br />

25<br />

10 maggio 2011 25<br />

I SASSOLINI DI TZIU SARBADORICU<br />

DAL NUOVO DIRETTORE DELL’ASL<br />

SI ATTENDONO SERVIZI INTEGRATI<br />

NEL TERRITORIO<br />

“Benvenuto Salvatore Piu”.<br />

Con questo saluto Tore Erbì<br />

ha accolto il nuovo direttore<br />

generale <strong>del</strong>l’Asl di Sanluri.<br />

«Beni beniu de parti mia<br />

puru» si associa tziu Sarbadoricu,<br />

apprezzando altresì il<br />

commento fatto sull’evento<br />

dal notista Erbì sulla <strong>Gazzetta</strong><br />

nr. 8/2011. Evento che suscita<br />

le attese dei cittadini,<br />

giacché dalle decisioni <strong>del</strong><br />

nuovo dirigente dipende la<br />

qualità dei servizi sanitari nel<br />

territorio. Il notista <strong>del</strong> quindicinale (indossando il camice<br />

di medico di base) si è rivolto a dott. Piu rammentando il<br />

giuramento di Ippocrate, ovverosia la versione moderna<br />

degli Ordini professionali <strong>del</strong> <strong>23</strong> marzo 2007, (Wikipedia):<br />

“Consapevole <strong>del</strong>l’importanza e <strong>del</strong>la solennità <strong>del</strong>l’atto<br />

che compio e <strong>del</strong>l’impegno che assumo, giuro: di esercitare<br />

la medicina in libertà e indipendenza di giudizio e di<br />

comportamento rifuggendo da ogni indebito condizionamento.<br />

(….)”. Ebbene, anche tziu Sarbadoricu auspica che<br />

esso sia veramente lo strumento guida <strong>del</strong>l’intera equipe<br />

medica <strong>del</strong>l’Asl, ciononostante gli rimane il dubbio che il<br />

dott. Piu possa esercitare il ruolo rifuggendo da ogni indebito<br />

condizionamento: «Su dubbiu nascit cun s’esperièntzia<br />

passada de unu Pianu sanitariu regionali scritu beni e<br />

aplicau mali. Dott. Erbì dd’hat iscritu ca sa sanidadi in su<br />

territoriu est ancora de fairi. E, po’ torrai a su giuramentu<br />

de Ippocrate, pensu ca su direttori nou – coment’e is atrus<br />

chi dd’hant pretzèdiu - adessiri conditzionau de su budget<br />

finanziariu pru che de is bisongius de is maladius. Speru<br />

chi is conditzionmentus asub’e dott. Piu arribint sceti de is<br />

stimulus pò fairi mellus andendi innantis e non torrend’a<br />

coa. Is progetus de su poliambulatoriu de Biddexirdu<br />

“Gruppi di cammino” e “Pedobus” funti degnus de apretzamentu<br />

e de incoragiamentu: serbint a fairi stai mellus in<br />

saludi e a fairi risparmiai su servitziu sanitariu. E, cumenti<br />

iscriri Tore Erbì, est mellus a potentziai sa sanidadi in su<br />

territoriu cun is curas cumpletadas in domu prus che fairi<br />

s’intra e bessi po’ analis, visitas specialisticas e ricoverus<br />

ospedlierus.» Dott. Erbì sollecita anche il superamento <strong>del</strong>l’appesantimento<br />

burocratico con la semplificazione e<br />

l’adozione diffusa <strong>del</strong>l’informatica. «Mi fairi spantu mannu<br />

chi su sistema sanitariu siat ancora zavorrau de paperis,<br />

faldonis e scafalis: certas bortas est sa procedura a fairi<br />

ammachiai sa genti. Forza dott. Piu fatzasì a biri ca est<br />

milliori de su predecessori, ascurtidi is contzillus de is dottoris<br />

de famillia ca funti ororu de sa genti bisongiosa. Sanus<br />

e maladius ddu ringratziant anticipadamenti e funti<br />

prontus a essiri riconoscentis.»<br />

Piser<br />

zio Ed, parlano tanto di centrali<br />

atomiche, e nessuno pensa di<br />

usare questa gente per produrre<br />

corrente elettrica. Ricordi<br />

l’asino che girava legato alla<br />

mola? Ai tuoi tempi si usava.<br />

Facciamo lo stesso, un generatore<br />

a ciascuno di questi<br />

avanzi di galera, e guai a chi<br />

non produce i kilowatt richiesti.<br />

Si depenalizzano i falsi in<br />

bilancio e ‘sta gente approfitta<br />

<strong>del</strong>la situazione e frega il prossimo<br />

perché sa che finirà impunita.<br />

E noi, poveri pirla, a subire.<br />

È andato in quel di Padania e<br />

ha imparato una parola nuova.<br />

Cosa rispondergli? Immagino<br />

con gioia quella entusiasta fila<br />

indiana a prendersi la piccola<br />

soddisfazione, anzi partecipe-<br />

rei anch’io per dare solidarietà.<br />

Con i <strong>del</strong>inquenti ai generatori<br />

non potremmo certamente<br />

produrre quanto le<br />

centrali atomiche giapponesi,<br />

ma eviteremmo anche<br />

certi rischi e la nostra corrente<br />

sarebbe davvero verde, sì,<br />

magari anche di bile, ed ecologica,<br />

senza scorie e tangenti,<br />

e l’Europa non ci rimprovererebbe<br />

di aver ridotto<br />

gli investimenti per le energie<br />

alternative.<br />

Noi un referendum contro il<br />

nucleare in Sardegna l’abbiamo<br />

il 15 e 16 di questo<br />

mese, e, se non ce lo tolgono<br />

definitivamente, quello<br />

nazionale il mese prossimo.<br />

Intanto, governo eletto a<br />

maggioranza, datti da fare<br />

con i generatori e responsabilizza<br />

chi ha colpe: riforma<br />

la pena!


26 10 maggio 2011 Rubriche, Commenti e Opinioni<br />

IL MIO PUNTO DI VISTA<br />

Ci sedemmo dalla parte <strong>del</strong> torto visto che tutti gli<br />

altri posti erano occupati.<br />

(Bertolt Brecht)<br />

I filosofi dicono che ogni uomo deve porsi domande fondamentali:<br />

chi è, da dove viene, dove va, ma anche: cosa c’è per cena stasera?<br />

(Woody Allen)<br />

Ogni cosa oggi sembra portare con sé la sua contraddizione. Macchine<br />

dotate <strong>del</strong> meraviglioso potere di ridurre e potenziare il lavoro<br />

umano, fanno morire l’uomo di fame e lo ammazzano di lavoro.<br />

Un misterioso e fatale incantesimo trasforma le nuove sorgenti <strong>del</strong>la<br />

ricchezza in fonti di miseria. Le conquiste <strong>del</strong>la tecnica sembrano<br />

ottenute al prezzo <strong>del</strong>la loro stessa natura. Sembra che l’uomo<br />

nella misura in cui assoggetta la natura, si assoggetti ad altri uomini<br />

o alla propria abiezione. Persino la luce <strong>del</strong>la scienza sembra<br />

poter risplendere solo sullo sfondo tenebroso <strong>del</strong>l’ignoranza. Tutte<br />

le nostre scoperte e i nostri progressi sembrano infondere una vita<br />

spirituale alle forze materiali e al tempo stesso istupidire la vita<br />

umana, riducendola a forza materiale.<br />

(Karl Marx, Discorso per il quarto anniversario<br />

<strong>del</strong> giornale operaio inglese The People’s Paper, 1856)<br />

Provo da insegnante e in qualità di persona umana un grandissimo,<br />

forse esagerato piacere al quale si mescola una puntina d’orgoglio,<br />

(che non è mai cosa buona) quando un mio allievo studente,<br />

o studentessa, ovvio, mi chiede cosa penso di questo o di<br />

quell’altro argomento o tema, o anche autore, che non compare<br />

all’interno <strong>del</strong>la sacralità dei programmi e <strong>del</strong>le loro derivate programmazioni<br />

didattiche. Chiedo scusa a quei lettori, o lettrici,<br />

ovvio, che spesse volte mi hanno palesato la loro difficoltà a seguirmi<br />

in questo modo convulso, faticoso e affaticante, <strong>del</strong> mio<br />

periodare. Ma ancora non riesco a scrivere più stringato e immediatamente<br />

aperto e chiaro, col tempo, forse, chissà. Vabbè, comunque,<br />

quando Luca, (ch’è, ovviamente un’identità con la strisciolina<br />

nera <strong>del</strong>la privacy negli occhi, anzi è una maschera <strong>del</strong><br />

INVITO ALLA MUSICA<br />

di Alessandro Scanu*<br />

DON PASQUALE, OPERA BUFFA DI GAETANO DONIZETTI<br />

ATTO II – Sala in casa di Don Pasquale.<br />

Ernesto, solo, si appresta ad abbandonare la<br />

casa. All’oscuro dei progetti di Norina e Malatesta, è nel più<br />

grande abbattimento. Appena uscito Ernesto, entra Don Pasquale,<br />

che dà le disposizioni necessarie alla servitù: si lascino entrare<br />

il dottore, la sorella, il notaio e nessun altro. Giunge finalmente<br />

Norina. Dinazi ad un Don Pasquale agitatissimo, Norina<br />

simula fino alla caricatura una personalità timida, ritrosa e spaventata<br />

dalla presenza di un’uomo. Don Pasquale, da vero babbeo,<br />

crede a tutto.Fra i due si organizza un poco di conversazione,<br />

per far conoscenza. Don Pasquale è entusiasta <strong>del</strong>la giovine<br />

onde si passa immediatamente alla stesura <strong>del</strong> contratto di nozze.<br />

Il vecchio, affrettatamente ed avventatamente, dichiara Sofronia-Norina<br />

padrona di tutti i suoi beni. Ma a rendere valido<br />

il contratto manca un particolare: la firma di due testimoni. Nella<br />

sala ce n’è solo uno a disposizione: il dottore. Proprio in quell’istante<br />

sopraggiunge Ernesto , schimazzando. Gli è stato impedito<br />

di entrare e si sente offeso: veniva per salutare ed è stato<br />

preso per un malfattore. Il vecchio vorrebbe scacciarlo ma invece<br />

il dottore decide di sfruttarlo come secondo testimone.<br />

Nel vedere Norina in compagnia di Malatesta e <strong>del</strong>lo zio, Ernesto<br />

sta per esplodere di rabbia.Ma il dottore, con l’abilità che<br />

gli è propria, riesce ad impedire la scenata ed a convincere il<br />

giovanotto a tener bordone alla commedia. Si fidi, si sta agendo<br />

per il suo bene, appena possibile gli verranno date tutte le<br />

spiegazioni <strong>del</strong> caso. Detto fatto il contratto di nozze è concluso.<br />

Non si è ancora asciugato l’inchiostro <strong>del</strong>le firme che Norina,<br />

colpo di scena, cambia completamente registro. <strong>La</strong> ragazza<br />

si mette ad ordinare, a comandare, a zittire: insolentisce Don<br />

Pasquale, vuole la servitù, chiama il maggiordomo e gli ordina<br />

di assumere altri servi, belli, aitanti e ben pagati, vuole carrozze,<br />

cavalli, gioiellieri, sarte, modiste, parrucchieri, vuole divertirsi,<br />

andare a teatro, invitar gente, cambiare mobili e le tappezzerie.<br />

Ernesto, che forse intuisce il disegno, si diverte pazzamente.<br />

Don Pasquale, dopo aver chiesto spiegazioni a Malatesta,<br />

che si finge esterrefatto quanto lui, rimane di sale in mezzo<br />

alla scena.<br />

ATTO III – Sala di casa di Don Pasquale.<br />

In tutta la stanza regna un tremendo disordine: dovunque abiti,<br />

cappelli, sciarpe. Sulla scrivania di Don Pasquale un fascio di<br />

fatture. Il vecchio, mentre i servi corrono di qua e di là vorticosamente<br />

per servire la capricciosa Norina, è seduto al tavolo e<br />

desolato consulta i conti salati che dovrà pagare. D’un tratto<br />

entra Norina in abito da sera. Il vecchio, stupito, la interroga<br />

sulle sue intenzioni: la fanciulla sta recandosi a teatro e Don<br />

Pasquale, se vuole, può andarsene a dormire. Segue una conci-<br />

di Antonio Loru<br />

LUCA, TI PRESENTO UMBERTO GALIMBERTI<br />

Ovvero l’elogio <strong>del</strong> pensiero divergente, o laterale, o critico, o libero…<br />

mio immaginario, un obiettivo dialettico) mi ha chiesto: prof! Cos’è<br />

il pensiero divergente? Lì per lì non ho saputo cosa rispondere,<br />

ho arrancato, come fanno tutti gli insegnanti, per evitare di fare<br />

una figuraccia, col risultato di fare una figuraccia, la solita figuraccia<br />

che fa l’insegnante quando non vuole farla (aggravata dal fatto<br />

che qualche tempo fa ho tenuto una lezione aperta, al liceo dove<br />

insegno, sull’argomento). Ma in quel momento avevo la testa altrove<br />

e <strong>del</strong>la domanda ho sentito solo il suono, senza riconoscerne<br />

il significato, come quando vi compare davanti un caro amico che<br />

non vedete da tempo, ma presi dai vostri pensieri lo guardate epperò<br />

non lo vedete, … lui sta lì, ad aspettare come un fesso, senza<br />

capacitarsi. Per definizione (<strong>del</strong>la psicologia) il pensiero divergente<br />

è la forma cognitiva capace di risposte flessibili e soluzioni molteplici<br />

e originali, e il pensiero è, per definizione sempre <strong>del</strong>la psicologia,<br />

quell’attività volta allo scopo di formare concetti, formulare<br />

ragionamenti, arrivare a soluzione dei problemi. Il pensiero<br />

divergente, per i filosofi è invece, all’ingrosso, la capacità di sottoporre<br />

al dubbio tutte le soluzioni escogitate ai diversi problemi di<br />

svariata natura, che hanno avuto o ancora riscuotono il successo<br />

degli organismi di potere. Di elaborare cioè, partendo dal sospetto,<br />

soluzioni nuove e originali a problemi vecchi, ma anche e soprattutto<br />

eventizzare problemi, farli comparire sulla scena <strong>del</strong>la storia:<br />

fare filosofia insomma. In questo è un maestro il professor Umberto<br />

Galimberti. Tu, giovane referente, immaginario, dei miei discorsi,<br />

vivi buona parte <strong>del</strong>la tua vita a scuola, hai una fortuna che<br />

tanti tuoi coetanei non hanno. Galimberti è uno che sostiene che la<br />

scuola dovrebbe essere di promozione <strong>del</strong>le differenze perché<br />

l’omogeneità <strong>del</strong>le classi, dei giovani, come te che le compongono,<br />

è un danno gravissimo per i singoli e la collettività. Ciò che in<br />

primo luogo causa questo danno è l’ammaestramento al pensiero<br />

convergente e mediocrizzante, utile solo alla sopravvivenza <strong>del</strong> potere,<br />

in particolare <strong>del</strong> potere <strong>del</strong> tempo. Ma è una vera iattùra per<br />

il reale progresso dei singoli e <strong>del</strong>le comunità. Sostiene, ancora,<br />

tata discussione al termine <strong>del</strong>la quale Norina gli affibbia uno<br />

schiaffo. Il povero Don Pasquale si sente improvvisamente un<br />

fallito, un relitto: su di lui piomba una plumbea tristezza ( “E’<br />

finita Don Pasquale”). Norina, rendendosi conto di aver sorpassato<br />

il segno, tenta di consolarlo a suo modo, ma il vecchio, colmatasi<br />

la misura, invoca il divorzio. Viene convocato subito il dottor<br />

Malatesta, anche perché Norina, nel partire, ha lasciato cadere a<br />

bella posta un biglietto nel quale un’uomo fissa un’appuntamente<br />

con Sofronia fra le nove e le dieci nel giardino di casa. Finalmente<br />

giunge il dottore che, prima di incontrare il padrone di casa,<br />

riesce a confabulare con Ernesto e a concertare con lui l’ultima<br />

parte <strong>del</strong> piano. Giunge Don Pasquale, il quale non solo svela al<br />

dottor Malatesta l’episodio <strong>del</strong>lo schiaffo e <strong>del</strong> biglietto, ma anche<br />

i suoi propositi di vendetta. Ha in animo di riunire tutta la sua<br />

gente, di sorprendere gli adulteri e di trascinarli davanti al podestà.<br />

Scandalo di Malatesta: ne va <strong>del</strong>l’onore <strong>del</strong>la sorella. Propone<br />

perciò una soluzione alternativa; saranno loro due soli ad appostarsi<br />

in giardino. Li sorprenderanno e si faranno promettere<br />

che la relazione non avrà seguito. Ma Don Pasquale non è soddisfatto:<br />

trova la punizione blanda ed inefficace. Allora Malatesta,<br />

astutamente, propone un’altra soluzione: se Norina sarà colpevole,<br />

il vecchio la caccerà immediatamente.<br />

Don Pasquale esulta all’idea <strong>del</strong>la vendetta (“Aspetta, aspetta/cara<br />

sposina”) mentre Malatesta si diverte pensando alla dabbenaggine<br />

<strong>del</strong> vecchio.<br />

Boschetto nel giardino attiguo alla casa di Don Pasquale.<br />

Nel silenzio <strong>del</strong>la notte si ode la voce di Ernesto che, accompagnato<br />

dal coro, canta una serenata. Il giovane si incontra con Norina<br />

e i due si scambiano le più tenere effusioni.(“Tornami a dir<br />

che m’ami!”). Fanno finalmente la loro comparsa Malatesta e Don<br />

Pasquale che affrontano Norina. (Ernesto intanto si è defilato alla<br />

chetichella) . Con la massima improntitudine Norina replica alle<br />

loro rimostranze dichiarando di essere sola e di trovarsi in giardino<br />

a prendere il fresco. Sta per scoppiare l’ennesimo alterco, quando<br />

Malatesta, profittando <strong>del</strong>la situazione, afferma che a sistemarla<br />

ci penserà la nuova donna che sta per entrare in casa: Norina,<br />

la moglie di Ernesto, cui Don Pasquale elargirà una cospicua<br />

rendita. Il vecchio, udendo che Norina-Sofronia per lui-sostiene<br />

di non essere disposta a vivere sotto lo stesso tetto con un’altra,<br />

conferma le parole <strong>del</strong> dottore. A questo punto non resta che svelare<br />

la verità e far uscire Ernesto. Egli può ora abbracciare la sua<br />

Norina, ovvero la falsa Sofronia. Don Pasquale sulle prime sembra<br />

rannuvolarsi, ma poi tutto si compone in una risata. A Norina<br />

non resta che trarre la morale: “Bel è scemo di cervello/chi s’ammoglia<br />

in tarda età”.<br />

*Tenore<br />

Galimberti che i professori a scuola dovrebbero interrogare di meno<br />

e interrogarsi di più, dovrebbero rifiutarsi di dire ai genitori degli<br />

sventurati banalità <strong>del</strong> tipo: suo figlio è intelligente ma non si applica,<br />

non ha volontà, come se sapessero cos’è la volontà! Come se<br />

qualcuno sapesse cos’è la volontà! E parlare invece ai ragazzi e<br />

con loro, non <strong>del</strong> niente di cui qualche rappresentante di questa<br />

categoria parla già, anche troppo, ma <strong>del</strong> tutto che è la loro e la<br />

nostra vita. Dice, il professore di psicologia generale, che la scuola<br />

è il luogo dove tutto può accadere, dove tutto deve accadere, che<br />

deve restare aperta anche tutta la notte, per offrire ai giovani spazi<br />

di aggregazione, di discussione, di ristoro, di riparo nei momenti di<br />

buio e di paura, perché la notte è il divertire <strong>del</strong> giorno, il luogotempo<br />

<strong>del</strong>la prova, <strong>del</strong>l’invenzione, il momento di libertà dalle costrizioni<br />

<strong>del</strong> fare immediatamente produttivo, almeno per chi, come<br />

gli studenti, ha ancora il tempo <strong>del</strong>la notte per vivere libero dalle<br />

ragioni produttive moderne che hanno costretto gli uomini a sacrificarla,<br />

mutandone i bioritmi e l’equilibrio sonno veglia raggiunto<br />

in ere e in pochi anni annichilito dalla rivoluzione industriale moderna.<br />

Di questo, che è a parer mio il più importante pensatore<br />

italiano di oggi, ti consiglio di leggere alcune opere, in particolare,<br />

Le cose <strong>del</strong>l’amore, L’ospite inquietante e I miti <strong>del</strong> nostro tempo.<br />

Avrai assieme un appassionato elogio <strong>del</strong> pensiero divergente e<br />

libero e un esempio pratico di come, in questa palude che è la cultura<br />

italiana oggi, si possa ancora produrre pensiero critico. E, se<br />

proprio vuoi esagerare, nella tua ricerca di pensatori ostinatamente<br />

divergenti, campioni <strong>del</strong>lo spirito critico e libero, ti consiglio la<br />

lettura di qualche opera giovanile di un pensatore vagabondo che,<br />

tanto, tempo fa, ha avuto qualche attimo di notorietà, un tale Karl<br />

Marx, tedesco, mi pare di ricordare. Niente male neanche i suoi<br />

omonimi statunitensi fratelli Marx, a modo loro ci hanno lasciato<br />

godibilissimi esempi di come si può pensare divergente nel mondo<br />

spesso routinario <strong>del</strong>lo spettacolo e <strong>del</strong>la letteratura, di vera e benedetta<br />

evasione. Buona ricerca.<br />

PER UNA SANA ALIMENTAZIONE<br />

ORTORESSIA:<br />

QUANDO LA DIETA<br />

DIVENTA MALATTIA<br />

di Valentina Urpi*<br />

Ortoressia deriva dal greco “orthos”: corretto, e da<br />

“orexis”:appetito, è un disturbo alimentare in rapida diffusione,<br />

caratterizzato da un atteggiamento ossessivo riguardante<br />

la qualità degli alimenti ingeriti. Colpisce soprattutto gli over<br />

30, tende a essere più diffusa tra gli uomini e tra le persone di<br />

buon livello culturale ed è considerato un disturbo <strong>del</strong>l’alimentazione,<br />

anche se nasce da un buon intento. Fino a diventare un<br />

serio problema psicologico. In Inghilterra la Brithish Dietetic<br />

Association lancia l’allarme su questa nuova patologia (descritta<br />

già nel 1997 dal medico ortoressico Steven Bratman), comune<br />

a tante persone, però spesso taciuto. È difficile fare un censimento<br />

<strong>del</strong>la popolazione ortoressica, anche perché contrariamente<br />

agli anoressici o ai bulimici le persone che soffrono di<br />

questo disturbo possono essere assolutamente normali fisicamente.<br />

Si inizia con l’escludere dalla propria alimentazione i<br />

cibi trattati con pesticidi o con qualsiasi additivo artificiale e,<br />

piano piano, i criteri di ammissibilità di un alimento diventano<br />

sempre più restrittivi. In caso di violazione <strong>del</strong>le regole imposte<br />

il soggetto avverte sensi di colpa, frustrazione, e ricerca dei<br />

mezzi più rapidi per espellere le tossine ingerite col cibo: il<br />

vomito autoindotto o l’abuso di lassativi. Tale disturbo porta a<br />

trascorrere molte ore <strong>del</strong>la giornata alla ricerca di informazioni<br />

nutrizionali sugli alimenti, a pianificare i pasti con giorni di<br />

anticipo, a portare con sé <strong>del</strong> cibo da mangiare per evitare di<br />

dover consumare piatti preparati da altre persone. Alla fine<br />

l’ortoressico consuma il proprio pasto in solitudine, si isola<br />

socialmente e arriva ad avere una dieta talmente povera da poter<br />

riportare gravi danni sul piano nutrizionale. E ciò che rende<br />

il disturbo così insidioso è proprio la sua apparenza buona: tutto<br />

nasce come un amore verso sé stessi e verso gli alimenti<br />

sani. Ma in realtà nasconde una psicosi e una negazione <strong>del</strong><br />

cibo come piacere. Come per l’alimentazione allo stesso modo<br />

i rapporti interpersonali e di coppia vengono spesso incrinati<br />

qualora il soggetto sia convinto che i rapporti medesimi non<br />

siano più adatti o convenienti, anche qualora non vi sia un rilevante<br />

motivo. Il soggetto tende, in questo modo, ad isolarsi ed<br />

a fidarsi tendenzialmente solo <strong>del</strong>le proprie forze e <strong>del</strong>le proprie<br />

regole. È vero che parafrasando Estienne “I golosi si scavano<br />

la fossa con i denti”, ma è anche vero che <strong>del</strong> mangiare<br />

sano e bene non bisogna fare una malattia!<br />

*Biologa nutrizionista


AMBIENTE E SICUREZZA<br />

<strong>La</strong> Regione<br />

Sardegna, d’intesa con<br />

il Dipartimento di Biologia<br />

Animale ed Ecologia<br />

(D.B.A.E.) <strong>del</strong>l’Università<br />

degli Studi di Cagliari ha<br />

poco più di due anni fa avviato<br />

un interessante progetto<br />

di ricerca - formalmente<br />

riconosciuto con<br />

Decreto <strong>del</strong>l’Assessore <strong>del</strong>l’agricoltura<br />

n. 3189/<br />

DECA/108 <strong>del</strong> 19/12/2008<br />

- dal titolo “Misure gestionali<br />

volte al ripopolamento<br />

degli stock di corallo rosso<br />

(Corallium rubrum L.,<br />

1758)”. Tenendo anche<br />

conto degli studi e <strong>del</strong>le attività<br />

di ricerca sinora condotti<br />

la Regione Sardegna<br />

ha di recente emanato il<br />

Decreto <strong>del</strong> 16 marzo 2011,<br />

n. 548/15 (pubblicato sul<br />

Bollettino Ufficiale Regionale<br />

<strong>del</strong> 29 marzo 2011, n.<br />

10) recante “L.R. 5.7.1979,<br />

n. 59 - Art. 4, Disposizioni<br />

sulla pesca <strong>del</strong> corallo per<br />

l’anno 2011 nelle acque territoriali<br />

prospicienti il territorio<br />

<strong>del</strong>la Regione Autonoma<br />

<strong>del</strong>la Sardegna”.<br />

Nel decreto, proprio al fine<br />

di dare nuovo impulso e<br />

continuità alla ricerca, è<br />

previsto che i pescatori titolari<br />

<strong>del</strong>l’autorizzazione<br />

regionale alla pesca <strong>del</strong> corallo<br />

rosso forniscano la<br />

massima disponibilità per<br />

l’attuazione <strong>del</strong> progetto<br />

stesso, consentendo, nel ri-<br />

IL COMMENTO<br />

<strong>La</strong> destra al<br />

governo sta<br />

dimostrando tutta la sua incapacità<br />

a gestire il paese.<br />

Peggio di così è difficile<br />

operare. Cosa vogliamo ancora<br />

che avvenga? Hanno<br />

sfasciato la scuola; un giovane<br />

su tre è disoccupato e<br />

metà degli occupati sono<br />

precari; per i tagli finanziari<br />

subiti, la cultura e la ricerca<br />

sono allo sbando; la<br />

politica <strong>del</strong>la casa, per le<br />

giovani coppie, rimane un<br />

annuncio da campagna elettorale;<br />

non hanno fatto neanche<br />

le cose che avrebbero<br />

portato soldi nelle casse<br />

<strong>del</strong>lo Stato, come la chiusura<br />

<strong>del</strong>le Provincie; l’elencazione<br />

si esaurisce qui ma,<br />

come tutti sanno, potrebbe<br />

continuare a lungo. L’assurdo<br />

è che, nonostante l’inefficienza<br />

e gli scandali, di<br />

natura etica e morale, compiuti<br />

dall’attuale governo, la<br />

sinistra, complessivamente<br />

presa, non avanza di un millimetro.<br />

Non riesce a trasformare<br />

il malcontento, che<br />

esiste, in consenso. Evidentemente<br />

la sua classe dirigente<br />

non appare credibile.<br />

Gli errori dei decenni pas-<br />

Rubriche, Commenti e Opinioni<br />

di Andrea Alessandro Muntoni*<br />

PESCA E VALORIZZAZIONE DEL CORALLO ROSSO<br />

È ancora sostenibile, in Sardegna, la pesca <strong>del</strong> corallo rosso? Se sì, a quali condizioni?<br />

spetto <strong>del</strong>la normativa vigente<br />

sulla sicurezza, l’imbarco<br />

<strong>del</strong> personale <strong>del</strong> D.B.A.E.<br />

appositamente autorizzato<br />

dal Servizio pesca <strong>del</strong>l’Assessorato<br />

<strong>del</strong>l’Agricoltura e<br />

Riforma Agro-pastorale.<br />

Trattandosi di un’attività che<br />

potrebbe dar luogo ad un grave<br />

e irrimediabile depauperamento<br />

<strong>del</strong>la risorsa, il Decreto<br />

prevede - in conformità<br />

a quanto disposto dalla Deliberazione<br />

<strong>del</strong>la Giunta Regionale<br />

n. 5/13 <strong>del</strong> 03/02/<br />

2011 - che per l’anno in corso<br />

siano rilasciabili al massimo<br />

30 (trenta) autorizzazioni.<br />

Nelle acque <strong>del</strong> mare territoriale<br />

<strong>del</strong>la Sardegna l’esercizio<br />

<strong>del</strong>la pesca <strong>del</strong> corallo per<br />

l’anno 2011 è disciplinato<br />

dalle seguenti disposizioni:<br />

l’attività di pesca può essere<br />

esercitata unicamente dai<br />

pescatori titolari <strong>del</strong>l’autorizzazione<br />

regionale, nel rispetto<br />

<strong>del</strong>la normativa vigente<br />

sulla sicurezza, equipaggiati<br />

con apparecchi individuali<br />

autonomi o no per la respirazione<br />

subacquea, esclusivamente<br />

mediante l’uso <strong>del</strong>la<br />

piccozza; la pesca può essere<br />

effettuata a partire dal 1<br />

maggio 2011 sino al 15 ottobre<br />

2011; ciascuna imbarcazione<br />

di appoggio può essere<br />

utilizzata al massimo da<br />

due corallari, compreso il<br />

corallaro imbarcato per ragioni<br />

di sicurezza; il titolare<br />

di Rinaldo Ruggeri<br />

<strong>del</strong>l’autorizzazione regionale<br />

può pescare giornalmente<br />

una quantità di corallo non<br />

superiore a 2,5 kg la cui taglia<br />

minima deve avere il diametro<br />

basale di 10 mm, con<br />

una tolleranza massima <strong>del</strong><br />

20% (diametro ricompreso<br />

tra 8 e 10 mm) nel raccolto<br />

giornaliero; il corallo raccolto<br />

deve essere tenuto in acqua<br />

per almeno mezz’ora nel<br />

retino, di maglia non inferiore<br />

a 5 mm, al fine di consentire<br />

l’emissione dei prodotti<br />

gametici; gli apici <strong>del</strong> corallo<br />

spezzati accidentalmente o<br />

recisi devono essere rilasciati<br />

nei siti di prelievo immediatamente<br />

dopo la raccolta.<br />

L’attività di pesca al corallo<br />

rosso può essere esercitata in<br />

tutte le acque territoriali <strong>del</strong>la<br />

Sardegna a profondità non<br />

inferiori a 80 metri. Tuttavia,<br />

al fine di tutelare particolari<br />

areali, la pesca è vietata nelle<br />

zone protette <strong>del</strong>imitate e<br />

riconosciute come aree marine<br />

protette (Penisola <strong>del</strong><br />

Sinis - Isola di Mal di Ventre,<br />

Capo Caccia - Isola Piana,<br />

Isola <strong>del</strong>l’Asinara, Tavolara<br />

- Punta Coda Cavallo,<br />

Capo Carbonara - Villasimius),<br />

nei parchi (Arcipelago<br />

<strong>del</strong>la Maddalena e Porto<br />

Conte) e in quelle ricadenti<br />

tra Capo Comino e Capo<br />

Bellavista nella costa orientale<br />

e tra Capo Testa e Capo<br />

Coda Cavallo nella costa<br />

nord orientale <strong>del</strong>l’Isola. Al<br />

fine di favorire la ricostituzione<br />

<strong>del</strong>la risorsa nella<br />

“zona campione di studio <strong>del</strong><br />

corallo”, è vietato pescare<br />

corallo anche nel tratto di<br />

mare <strong>del</strong>la costa nordoccidentale<br />

<strong>del</strong>la Sardegna in<br />

prossimità di Capo Caccia.<br />

Si segnala, infine, che nell’area<br />

di mare compresa tra<br />

Capo Mannu e Capo Pecora,<br />

riaperta sperimentalmente al<br />

prelievo con il Decreto n. 15<br />

<strong>del</strong> 18/05/2005, è confermata<br />

la riapertura per l’anno<br />

2011; l’area di mare suddetta<br />

verrà assoggettata ad una<br />

particolare sorveglianza da<br />

parte <strong>del</strong>l’Assessorato <strong>del</strong>l’Agricoltura<br />

e riforma agropastorale<br />

e <strong>del</strong> Corpo Forestale<br />

e di Vigilanza Ambientale<br />

in coordinamento con le<br />

Autorità statali e locali competenti.<br />

Non rimane che attendere per<br />

sapere se e quali provvedimenti<br />

a riguardo intende<br />

prendere l’Assessore all’Ambiente<br />

<strong>del</strong>la Provincia<br />

<strong>del</strong> <strong>Medio</strong> <strong>Campidano</strong>, d’intesa<br />

– si auspica - con l’Assessore<br />

all’Ambiente <strong>del</strong><br />

Comune di Arbus e le stazioni<br />

<strong>del</strong> CFVA competenti per<br />

territorio al fine di assicurare<br />

e garantire sia le necessarie<br />

attività di sorveglianza a<br />

terra e a mare sia quelle di<br />

promozione e valorizzazione<br />

<strong>del</strong>l’importante biotopo marino.<br />

*Ingegnere ambientale<br />

IL FRUSCIO DELLA MAGGIORANZA SILENZIOSA<br />

sati vengono al pettine. Si è<br />

selezionata una classe dirigente<br />

amorfa, supina ai capi,<br />

che è disponibile a spendersi<br />

solo se è messa in discussione<br />

la propria carriera politica.<br />

Si è creata all’interno dei partiti<br />

di sinistra una maggioranza<br />

silenziosa di devoti <strong>del</strong> partito<br />

che a ogni fruscio o a ogni<br />

piccolo sbattere di ali grida:<br />

all’attentato. Questi militanti,<br />

che sono funzionali a quei dirigenti<br />

amorfi, detestano e<br />

combattono coloro che osano<br />

esternare posizioni e visioni<br />

politiche differenti. Chi osa<br />

sfidare il “capo” è visto con<br />

sospetto e si crea attorno a<br />

questi un cordone sanitario. Il<br />

partito è concepito, da questi<br />

devoti, come una reliquia, un<br />

totem da venerare e non un<br />

corpo vivo, uno strumento utile<br />

per produrre politica. Il partito<br />

è un mezzo duttile che si<br />

trasforma e si adatta alle esigenze<br />

strategiche <strong>del</strong>la politica.<br />

A tal proposito è utile ricordare<br />

alcune vicende storiche<br />

<strong>del</strong> PCI e in particolare la<br />

svolta di Salerno di Togliatti<br />

<strong>del</strong> 1944. In quella circostanza<br />

il segretario <strong>del</strong> PCI annunciò<br />

il cambio di strategia <strong>del</strong><br />

partito, non più la presa <strong>del</strong><br />

potere in modo rivoluzionario<br />

ma la partecipazione a governi<br />

di coalizione. Legato a quest’annuncio<br />

ve ne fu un altro<br />

che riguardava il partito e la<br />

sua trasformazione da partito<br />

di quadri a partito di massa.<br />

Al cambio di strategia politica<br />

fu conseguente l’adeguamento<br />

<strong>del</strong> mezzo: il partito.<br />

Questo cambiamento non fu<br />

rapido e per certi aspetti anche<br />

contraddittorio perché nel<br />

partito di massa convivevano<br />

alcune caratteristiche di un<br />

partito rivoluzionario, come il<br />

centralismo democratico. Il<br />

centralismo non è solo un<br />

aspetto organizzativo ma è<br />

anche culturale e per questo è<br />

difficile da superare.<br />

I partiti, quelli che nascono<br />

dalla costola <strong>del</strong> PCI, anche<br />

quelli che hanno abiurato il<br />

centralismo democratico,<br />

continuano, di fatto, ad applicarlo.<br />

Infatti, gli organismi di<br />

direzione politica, dai Comitati<br />

Centrali ai direttivi ai vari<br />

livelli, hanno più una funzione<br />

folcloristica e d’immagine<br />

che di direzione. Tutto è in<br />

mano agli esecutivi, alle segreterie<br />

di partito che usurpano<br />

il ruolo di direzione dei<br />

direttivi. Anche l’intolleranza<br />

al dissenso appartiene al retaggio<br />

culturale <strong>del</strong> centralismo.<br />

C’è sempre uno, investito,<br />

non si capisce da chi, che<br />

decide quale dibattito si deve<br />

fare dentro o fuori dal partito.<br />

C’è sempre uno che per “il<br />

bene <strong>del</strong> partito” vuol tappare<br />

la bocca agli altri. Non esiste<br />

dibattito sterile, anche<br />

quello più ruspante ha la sua<br />

dignità. Il confronto, lo scontro<br />

fra idee diverse è il sale<br />

<strong>del</strong>la democrazia, è la vita e<br />

la vitalità di un partito di sinistra.<br />

Un militante di sinistra,<br />

se è attrezzato politicamente,<br />

non deve avere paura di scontrarsi<br />

anche con le idee più<br />

becere, quelle intrise di demagogia<br />

populista. <strong>La</strong> demagogia<br />

populista non potrà mai<br />

vincere, né a livello nazionale<br />

né a livello locale, se la<br />

politica a sinistra è razionale<br />

e coerente con i principi di libertà<br />

e di democrazia che professa.<br />

www.la<strong>gazzetta</strong>.net<br />

10 maggio 2011 27<br />

Un prelato contestato<br />

Quando un prelato si vuole contestare<br />

e sui soldi <strong>del</strong>la parrocchia investigare<br />

si solleva un gran baccano<br />

e bisogna andarci piano.<br />

Questo invece non stava accadendo<br />

per il nostro defunto reverendo.<br />

Lo si voleva far passare<br />

per un maldestro tuttofare,<br />

oscurando la sua stimata memoria<br />

che a Villacidro fa già storia.<br />

Tutti sanno, ed è risaputo,<br />

che solo lui avrebbe potuto<br />

quei soldini manovrare<br />

e un bonifico certo staccare:<br />

era unico e titolato depositario<br />

di quell’ambìto conto bancario,<br />

però 300 mila euro volevano racimolati:<br />

quanti altri parroci li han lasciati?<br />

Il defunto ancora era in casa<br />

e su i suoi conti già si cercava…<br />

se era davvero lecito così agire<br />

anche meglio era le bocche cucire.<br />

Al di fuori invece un quantum è saltato,<br />

peggio, male è stato commentato.<br />

Se la cifra non quadrava<br />

e qualcosa sul previsto non tornava<br />

saggio era chiedere spiegazione<br />

ai membri <strong>del</strong> Consiglio di Amministrazione<br />

e risalire in sordina si poteva<br />

alla banca che il denaro aveva.<br />

Forse il prelato avrà aiutato una missione:<br />

non è forse questa una buona azione?<br />

E’ stato un atto di leggerezza?<br />

Qualcuno critica, altri il suo agire apprezza.<br />

Se poi su questo niente più risulta<br />

sarà tardiva ora una multa.<br />

Al Signore questo giudizio lasciamo<br />

e una grande pietra sopra mettiamo.<br />

Il defunto non ci darà la risposta:<br />

nel regno non c’è la posta.<br />

Era denaro alla parrocchia arrivato<br />

con il lavoro di un sano volontariato,<br />

regalie, moltissime offerte,<br />

tante porte si erano per il defunto aperte<br />

per sostenere la sua lodevole iniziativa<br />

a cui egli molto ambiva.<br />

Tutto il paese lo aveva compreso,<br />

non vogliamo che sia più offeso.<br />

Un grande mormorio si è voluto al tutto propagare,<br />

preti e clero l’accaduto a gonfiare,<br />

varie versioni hanno fatto circolare,<br />

tante cattive parole e polvere gettare.<br />

Se poi dal pulpito si tuona<br />

questa predica ancora di più risuona<br />

e far di tutti un’ammucchiata<br />

è stata proprio una sbandata!<br />

Molte persone si son trovate coinvolte:<br />

quali sono le loro colpe?<br />

Altre sono state anche credute:<br />

quante le lingue biforcute?<br />

Forse la parrocchia voleva essere punita?<br />

E’ la chiesa purtroppo che è stata ferita.<br />

Così facendo la gente ha notato<br />

che mai nessuno è senza peccato<br />

e che il vero interessamento<br />

era per il denaro innalzato a sacramento.<br />

<strong>La</strong> nuova nomina finalmente risana<br />

questa brutta e scorretta gimcana.<br />

Al parroco che sta per arrivare<br />

che molte cose possa sanare.<br />

Buon lavoro gli auguriamo<br />

e nei fatti lo aspettiamo.<br />

Monsieur Dupont<br />

<strong>La</strong> sezione di Guspini<br />

ricorda ai donatori che<br />

Sabato 21 maggio<br />

effettuerà i prelievi<br />

in Via Don Minzoni n. 107


28 10 maggio 2011 Rubriche, Commenti e Opinioni<br />

ITINERARI TRA ARTE E ARCHEOLOGIA di Sara Carboni<br />

GIUSEPPE BIASI E I DIPINTI DELLA STAZIONE DI TEMPIO PAUSANIA<br />

<strong>La</strong> stazione ferroviaria di Tempio Pausania<br />

rappresenta un importante momento<br />

<strong>del</strong>la storia recente <strong>del</strong>la Gallura ed è stata inaugurata nel<br />

1931, contemporaneamente alla ferrovia Sassari-Tempio.<br />

<strong>La</strong> stazione presenta tuttora l’architettura originaria, realizzata<br />

seguendo il progetto <strong>del</strong>l’ingegner Emilio Olivieri.<br />

L’edificio ricalca il mo<strong>del</strong>lo tradizionale <strong>del</strong>la stazione di<br />

transito, con il fronte principale rivolto verso l’abitato e<br />

situato parallelamente ai binari. Chi ha potuto fare sosta<br />

alla stazione ha senz’altro potuto notare non solo le sue<br />

cornici, le sue finestre, le antiche scritte e i dettagli architettonici<br />

ben curati, ma soprattutto le straordinarie pitture<br />

eseguite da Giuseppe Biasi nel corso degli anni trenta e<br />

rappresentanti scene campestri e momenti di vita quotidiana.<br />

Quando si pensa all’arte dei sardi e alle loro opere, ci<br />

rendiamo conto di qualcosa che ha insistito affinché rimanessero<br />

sardi e la loro inequivocabile grandezza non fosse<br />

altrimenti intesa e non uscisse dai confini <strong>del</strong>la Sardegna.<br />

Ciò conferma la loro sardità e di come possa diventare poesia<br />

assoluta senza bisogno di spostarla in una dimensione<br />

metafisica o astratta. A darci l’idea <strong>del</strong>la Sardegna viene in<br />

soccorso l’arte nella sua stessa essenza, ossia la capacità e<br />

possibilità di far capire un luogo, un pensiero, una civiltà.<br />

Biasi dipinge il proprio sogno di un mondo contadino meraviglioso,<br />

ma non è un pittore folkloristico: è un poeta epico<br />

e lirico insieme. Queste immagini sono le più rappresentative<br />

<strong>del</strong>l’artista: epiche perché rappresentano una grandezza<br />

eroica <strong>del</strong>la realtà contadina, <strong>del</strong> mondo pastorale, e liriche<br />

perché colme di poesia pur nell’apparente realismo; immagini<br />

di un mondo e di una civiltà più vera nella rappresentazione<br />

<strong>del</strong> pittore, così piene di magia, esse sono il so-<br />

Continua la breve carrellata<br />

sul mondo femminile villacidrese,<br />

tra le parole e i fatti,<br />

dall’oscuro fondo <strong>del</strong>la tradizione,<br />

alla storia, alla crònaca.<br />

Accendo il cervellone (mi rifiuto<br />

di chiamare, quest’apparecchio<br />

complesso, calcolatore<br />

elettrònico; e non conosco<br />

neppure il “computerese” per<br />

dare il giusto nome tècnico a<br />

tutte le mie azioni su di esso)<br />

e, premendo qualche tasto e<br />

dando movimento alla rotella<br />

<strong>del</strong> selezionatore sul tappetino,<br />

guido nello schermo il cursore<br />

luminoso, la freccetta<br />

sfuggente; entro in rete, nel sistema<br />

di comunicazione da<br />

tutto il mondo e con tutto il<br />

mondo, in uno dei canali locali,<br />

da inesperto internauta e<br />

che cosa vi vedo e vi leggo e<br />

vi sento? Donna.<br />

Proprio lei, dona Leonora. È<br />

davanti a me.<br />

Ora si chiama Noemi Piras,<br />

perfetta conoscitrice e studiosa<br />

di tutte le “streghe” cidresi.<br />

Ora si chiama Verònica Usula,<br />

bravíssima inventrice di<br />

colorazioni erbali e disegni e<br />

orditi e trame tessutali.<br />

Ora si chiama Mònica Atzei,<br />

sveglia imprenditrice agrícola.<br />

Ora si chiama Martina Saíu,<br />

appassionata intèrprete dei caràtteri<br />

umani nel palcoscènico<br />

<strong>del</strong>l’arte <strong>del</strong>la recitazione.<br />

Ora si chiama Claudia Aru,<br />

la rivoluzionaria concettuale<br />

contro la política <strong>del</strong> maialetto,<br />

che, per ora, non propone<br />

una squadra amministrativa,<br />

ma getta il seme perché il movimento<br />

di cui fa parte raggiunga<br />

il suo scopo che è quello<br />

di preparare le persone alla<br />

“democrazía partecipata” e diventi<br />

l’única alternativa alla<br />

gno <strong>del</strong>la realtà (perché è ciò che lui vede) e ricche di poesia<br />

perché è l’essenza <strong>del</strong>la condizione sarda che diventa eterna.<br />

Si ama immediatamente per l’insolita tecnica, per il formalismo<br />

espressivo che ricorda la secessione internazionale, l’ingegnoso<br />

utilizzo dei colori (d’ascendenza post-impressionista<br />

e nordica), e per il modo con cui parla <strong>del</strong>la sua terra: è<br />

così che nasce un pittore originale, autodidatta, figlio di una<br />

famiglia d’intellettuali sassaresi, che lo indirizzarono verso<br />

gli studi giuridici. Il mestiere di artista o pittore in genere,<br />

non era assolutamente ben veduto perché ciò che aveva valore<br />

era ciò che era concreto. Lui legittimerà, attraverso un processo<br />

che lo vedrà protagonista insieme a pochissimi altri<br />

sardi, il ruolo <strong>del</strong>l’artista, e il valore <strong>del</strong>l’arte in Sardegna. Il<br />

suo stile è unico, il suo segno ci appare semplice ed essenziale,<br />

e allo stesso tempo meravigliosamente diverso da qualsiasi<br />

altro pittore dei suoi tempi. I suoi personaggi sono consegnati<br />

alla storia come oggetti di un interesse notevole, come<br />

custodi di leggende antiche, come eredi di una razza nobile,<br />

che non ha perduto la propria dignità. Quando Biasi avrà la<br />

fortuna di lavorare nel nord Italia continuerà a dipingere i<br />

Villacidro: amor di patria e passion di matria<br />

classe política che ha fallito<br />

“clamorosamente”.<br />

Ora si chiama Gèssica Pittau,<br />

la candidata síndaca immediata<br />

per uno sperato futuro migliore<br />

in una “Villacidro futura”<br />

che dovrà culturalmente<br />

formarsi nel tempo. Cosí apprendo.<br />

Le sue e quelle <strong>del</strong> suo<br />

gruppo sono dichiarate motivazioni<br />

serie di persone senza<br />

“appartenenze polítiche” (sic),<br />

con le competenze e capacità<br />

giuste per la gestione <strong>del</strong>la<br />

“cosa” púbblica. Parla di programmi<br />

“fruíbili”, senza le<br />

sòlite proposte di òpere púbbliche,<br />

cioè: risòlvere problemi<br />

píccoli come “le tasse sui<br />

rifiuti sòlidi urbani”e “le problematiche<br />

sociali”; manifesta<br />

la propria tensione verso “fini<br />

púbblici”, liberàndosi dai “retaggi”<br />

<strong>del</strong> passato villacidrese.<br />

Ora si chiama Giannina<br />

Orrú, la donna <strong>del</strong>la vecchia<br />

speranza <strong>del</strong> “rinnovamento”<br />

villacidrese, vessillífera di<br />

Ignazio Fanni e già vicesíndaca<br />

e oggi síndaca di diritto sostituta<br />

fino alle pròssime elezioni<br />

di maggio. Sento le sòlite<br />

falalelle e tiritere che non<br />

hanno avuto e non hanno senso<br />

ed effetto, per setacciare la<br />

crusca alla lusca, davanti al<br />

fuggifuggi di quasi tutti quelli<br />

<strong>del</strong> suo vecchio gruppo, compresa<br />

la guida suprema che<br />

s’acchioccia, da un’altra parte,<br />

sopra le proprie uova.<br />

<strong>La</strong> accúsano di avere al proprio<br />

fianco, come un’ombra, il<br />

regionale onorévole consigliere<br />

Sisinnio Piras - con un occhio<br />

sempre puntato su di lei<br />

(l’occhio <strong>del</strong> padrone ingrassa<br />

i cavalli) e con l’altro rivolto<br />

alla sua porcareccia paesana -<br />

cui è legata da “cognatio” (non<br />

da “parentela”, professora!);<br />

Verso la ginecocrazia?<br />

ma ciò non è vero e, com’ella<br />

dice, ha “una sua dignità” e i<br />

“suoi principii”, anche se il<br />

“faro” che l’ha guidata e la<br />

guida è “il servizio ai suoi cittadini”.<br />

Ecco lui, l’acchiocciato, ripescato<br />

tra gli altri, dall’indefesso<br />

Gianni Piras già attivo<br />

artifex <strong>del</strong> fallito rinnovamento,<br />

ecco il grande francolino<br />

sardo francòfono, esperto <strong>del</strong><br />

niente d’ogni suo precedente<br />

tentativo di fare il membro di<br />

tre giunte diverse, ancor oggi<br />

con due assessorati, tra i piedi,<br />

fino ad oggi único candidato<br />

síndaco “mascu intra<br />

femmias”; èccolo nel suo<br />

schieramento di “Piras contro<br />

Piras”. L’una e l’altro, oggi, si<br />

son veramente “rinnovati”.<br />

Ma, in camera caritatis, a<br />

quattr’occhi, a uno a uno, gli<br />

darei un buon consiglio: lasciate<br />

stare.<br />

Ma sembra che ci abbiano<br />

già pensato, frugando dentro<br />

la propria coscienza. Il buon<br />

di Efisio Cadoni<br />

Seconda Parte<br />

senso, facèndoli ragionare a<br />

modo loro, gli ha suggerito di<br />

méttersi da parte. In effetti,<br />

qualcuno ha deciso per loro. I<br />

due desiderosi pseudosíndaci<br />

si sono fusi in un solo candidato<br />

riunendo insieme le due<br />

facce di giano, vere facce di<br />

bronzo, che si guàrdano in cagnesco,<br />

con un occhio per lato.<br />

È scomparsa, in ogni caso, la<br />

primadonna <strong>del</strong> rinnovamento.<br />

Ed è ricomparsa la mascula dignitas.<br />

<strong>La</strong> scelta cade su un<br />

nome accomunante: Carnèade.<br />

Chi era costui? Si tratta, invero,<br />

di un giòvane laureato in<br />

Scienze polítiche, che compare<br />

nelle file <strong>del</strong>la destra villacidrese,<br />

che ha la volontà di<br />

emèrgere nella competizione<br />

locale: Silanos.<br />

Ma torniamo a dona Leonora,<br />

che ora si chiama Teresa<br />

Pani, sott’accusa dai Villacidresi<br />

per i guai pluriennali e<br />

soprattutto per quelli sotto la<br />

guida <strong>del</strong> síndaco Sedda. Rimarcando<br />

l’assoluta negativi-<br />

temi che più gli sono cari, con la stessa qualità pittorica dei<br />

primi anni, ma proprio per la lontananza dalla sua terra diventa<br />

pittore quasi folkloristico, perché non potendola vedere,<br />

vorrà ricordarne umori, sapori, nostalgie. Fintanto che la<br />

scorge, può sognarla, quando non la vede più, la deforma,<br />

sottraendola a quella meravigliosa tensione ed energia dei<br />

lavori altamente sublimi degli anni dieci e venti, per i quali ci<br />

si chiede non siano diventati patrimonio <strong>del</strong>la grande pittura<br />

europea. <strong>La</strong> sua arte, priva di qualsiasi ideologia o pensiero,<br />

lo fa infinitamente più poetico di altri stimati pittori <strong>del</strong>la sua<br />

epoca, come De Chirico o Morandi, perché l’arte è tanto più<br />

vera, quando non deve essere. Infatti, nei pittori <strong>del</strong> ‘900 vi è<br />

un compiacimento di essere se stessi (De Chirico si propone<br />

nel 1965 come nei lavori <strong>del</strong> 1915, pur essendo passati cinquanta<br />

anni e in un momento tale in cui la necessità di essere<br />

metafisico non vi è più, rendendo falso il vero) mentre in<br />

Biasi non vi è assolutamente. Guardandolo si percepisce ciò<br />

che egli vede e sente, perché descrive nella propria tensione<br />

poetica solo quello che ha davanti, sente tutta la vitalità, lo<br />

spirito e la poesia dei sardi. Egli pratica un tipo d’arte che<br />

trasgredisce i canoni <strong>del</strong> classicismo neo-latino e la retorica<br />

propagandistica <strong>del</strong> regime. Biasi propone, al mito inesistente<br />

di una razza invincibile, il mito molto più dimesso di una<br />

razza arcaica, poco incline a suscitare desideri di affermazione<br />

universale, e lo fa come contributo per una visione più<br />

veritiera <strong>del</strong>la cultura e storia nazione <strong>del</strong>l’isola. Questo grande<br />

artista rifiuta l’omologazione imposta dall’alto, l’annullamento<br />

<strong>del</strong>la diversità come motivo di arricchimento, senza<br />

scadere nel dialetto e nel localismo chiuso e retrogrado. Il<br />

suo linguaggio, sempre aggiornatissimo, ha il grande pregio<br />

di essere regionale senza essere provinciale.<br />

tà <strong>del</strong>l’attuale amministrazione<br />

comunale, promette un riscatto<br />

liberatorio da tutti i mali<br />

di tutte le cattive operazioni e<br />

inefficienze <strong>del</strong> passato, con<br />

un programma che, promette,<br />

verrà attuato parola per parola.<br />

Ecco, dona Leonora è tra<br />

noi. C’era anche in un passato<br />

non molto lontano. Si chiama<br />

Concetta Vacca, la regina <strong>del</strong>le<br />

“bande”. Musicali, s’intende.<br />

Gli effetti <strong>del</strong>etèri<br />

<strong>del</strong>”governo” <strong>del</strong>la prima síndaca<br />

villacidrese, con gli atti<br />

esiziali <strong>del</strong>le sue “cementificazioni”,<br />

dal Monte granàtico<br />

alla chiesa di San Sisinnio, tacendo<br />

reliqua, sono arrivati<br />

sino a questi giorni, in questi<br />

tempi <strong>del</strong>l’euro, ma neppure<br />

con il valore <strong>del</strong>l’euro avranno<br />

breviter fine. Ahi Concetta<br />

Concetta!<br />

In realtà sembra che si possa<br />

realizzare una quinta squadra<br />

guidata da giòvani con<br />

molta voglia di “fare”, aperti<br />

allo scambio di idee, convinti<br />

<strong>del</strong> gran potere <strong>del</strong>l’aggregazione<br />

sociale. Sarebbe la seconda<br />

squadra che si definisce<br />

di sinistra, sinistra progressista<br />

ed ecologista, ora con la<br />

diarchía di Marco Fonnesu e<br />

Antonio Muscas. Finalmente<br />

la squadra c’è e si càndida síndaco<br />

l’ingegner Muscas.<br />

Certamente sul “don” prevale<br />

la “dona”. Per amor di patria<br />

o per amor di matria, le<br />

donne villacidresi, sono maestre<br />

<strong>del</strong>l’immàgine e <strong>del</strong>la parola,<br />

secondo la loro natura.<br />

Nei Vangeli appàiono come le<br />

prescelte di Gesú per annunziare,<br />

per comunicare. Grande<br />

è la capacità comunicativa<br />

femminile. Grande è l’importanza<br />

<strong>del</strong>la parola. E se le pa-<br />

role <strong>del</strong>le candidate villacidresi<br />

sono parole giuste, sono parole<br />

vere, sono parole “paràbole”,<br />

cioè se i loro suoni, segni,<br />

significati ci comúnicano la<br />

verità, allora possiamo ben<br />

meditare su quanto ci dícono,<br />

possiamo riflètterci su, come<br />

si dice, crèderci, convíncerci<br />

a decídere di scégliere; se invece,<br />

come scrive Jean Paul<br />

Sartre, scopriremo le parole<br />

<strong>del</strong> diàvolo, le parole <strong>del</strong> caso,<br />

le parole <strong>del</strong> vuoto, quelle parole<br />

che, messe insieme,<br />

“ognuno le capisce come vuole”,<br />

allora ci troveremo nell’incertezza,<br />

nell’irrazionalità,<br />

nelle vocali prigioni dei<br />

“mots” ancora non completamente<br />

“paroles”, non ancora<br />

parole-paràbole, parole-verità,<br />

ma, per dirla con un’espressione<br />

di Matteo, “parole infondate”,<br />

quelle che contèngono seduzione<br />

e falsità, che ci pòrtano<br />

all’errore, quelle di cui si<br />

dovrà render conto.<br />

Quale sarà il destino <strong>del</strong>la<br />

nostra píccola matria, Villacidro?<br />

Godremo forse di<br />

un’esperienza nuova? Avremo<br />

un governo al femminile?<br />

Avremo una ginecocrazía locale<br />

che porterà il paese al sorriso,<br />

alla felicità, alla concordia,<br />

al quieto vívere, al grande<br />

rispetto per la bellezza <strong>del</strong>la<br />

natura, ridando il suo valore e<br />

la sua dignità al volto deturpato<br />

<strong>del</strong>la nostra villa, custodito<br />

finalmente da un àngelo<br />

“vígile” in divisa di gran foggia?<br />

Dalle sotterrànee cucine <strong>del</strong><br />

vecchio convento si espàndono<br />

buoni odori, si diffóndono<br />

in tutto il paese. Forse sono<br />

tornati i frati, tra le cuoche coghette.<br />

Che grande festa! Frittelle<br />

per tutti. Ecco le dolci<br />

ciambelle dai riflessi d’oro con<br />

il cordone bianco: fratifritti per<br />

tutti, parafrittus po totus.


L’ASTERISCO<br />

Scrivo dal ’93. Una scrittura personale.., colata<br />

dalle fonti <strong>del</strong>la mia cultura, e dal mio<br />

essere pittore.<br />

Sostanzialmente autobiografica e sostenuta da narratologie<br />

d’ordine interpretativo, essa va dove il mio pensiero (contemplativo<br />

quanto incazzato) vuole condurla.<br />

Una narrazione non fine a sé stessa.., nè alla vernice <strong>del</strong><br />

racconto, ma alle geologie <strong>del</strong> testo, alle stratificazioni che<br />

danno il volume umano (troppo umano) <strong>del</strong>le choses de la vie<br />

personnelle stese su carta.<br />

Non quindi una proposta, un’armata di righe leggibile per<br />

tutti!<br />

Tiranneggiata e imposta dal contesto autobiografico, è una<br />

<strong>del</strong>le favorite nel sultanato (nell’harem) <strong>del</strong>la mia vita.<br />

Diciotto anni di non continuità, sia chiaro, e la cosa è intesa<br />

nel senso <strong>del</strong>la relatività <strong>del</strong> tempo umano.<br />

<strong>La</strong> mia vis di scrittore che si relaziona a sé stesso (più che ad<br />

altri impensabili lettori) non contempla professionismi di maniera,<br />

né carta da far stampare e rilegare al più presto dall’editore<br />

<strong>del</strong> paese accanto, né le tecniche o il marketing per<br />

realizzare un prodotto da allungare a larghe (inutili) folle, commercializzando<br />

cultura spazzatura o che altro, per avere ritorni<br />

di gloria limitati al parentado più immediato…<br />

Non ho alcun bisogno di definire la mia una penna che scrive<br />

con l’occhio a queste improbabili escursioni semi-intellettuali;<br />

né mai un pittore degrada le sue stelle di generale…per<br />

mettersi a fare il capitano o il sergente maggiore a suon di<br />

quaderni colmi di scritturazioni (come quelle che colmano il<br />

mercato contemporaneo <strong>del</strong>l’inutile leggere un inutile scrivere).<br />

Ben vero è che molti colonnelli, e vari generali <strong>del</strong>la scrittura,<br />

hanno avuto come recondito sogno…la stella <strong>del</strong> pittore.<br />

I miei libri (scritti e da scrivere) sono l’impegnativo diletto<br />

<strong>del</strong> mio tempo libero, uno dei miei hobbies, una maschia abitudine<br />

alle belle lettere, assieme alla conversazione colta, alla<br />

conoscenza <strong>del</strong>le città vissute, alla coltivatissime espansioni<br />

<strong>del</strong>la memoria – il grande realismo <strong>del</strong>la memoria - alle conferenze..,<br />

al piacere <strong>del</strong>la lettura dei miei cinque filosofi (che<br />

considero miei fratelli, miei generosi e familiari maestri ed<br />

amici <strong>del</strong> giorno).<br />

Qualche (rarissima) volta mi sono anche prestato alle recitazioni<br />

– pur senza far teatro, che non m’interessa - con testi<br />

complessi, in totale ricchissima solitudine davanti al contesto<br />

(sempre dominato, con educato limite alle cose e al sentimento<br />

<strong>del</strong> dare.) Dare! Ecco qualcosa (un verbo) che ha sempre<br />

caratterizzato le azioni e le funzioni <strong>del</strong>la mia vita, e circoscritto<br />

le quasi mai alte amicizie che - più che altro - l’hanno<br />

affiancata con diverso passo, con comoda e opportunistica<br />

estraneità, e con diversi riscontri…<br />

Con qualsiasi pubblico attento (di qualsiasi natura) – confesso<br />

– non mi trovo male. Teatro, televisione e scrittura su<br />

qualche “giornale” mi suggeriscono di affermare la stessa cosa.<br />

Ma è difficile non scrivere…<br />

Nondimeno, solo l’autobiografico insegna a scrivere. Una<br />

tela di pittore accoglie sei, seicento o sessantamila colpi di<br />

Rubriche, Commenti e Opinioni<br />

di Nino Cannella<br />

MAGNUS OPUS FACIO<br />

(Prima Parte)<br />

pennello, in vario modo legati al contesto stilistico <strong>del</strong> quadro<br />

risultante… C’è forse una scuola di vita più alta, per riuscire ad<br />

esercitare una creatività culturale umanizzata in ordine scrittorio?<br />

Ciascuno usa e articola le parole <strong>del</strong> suo scrivere in senso<br />

propriamente (e in genere…limitatamente) suo. Non è cosa proverbiale,<br />

e non va esagerata come affermazione <strong>del</strong>le proprie<br />

impronte digitali in una pagina, ma quando l’uso e il legante tra<br />

le parole è tale e giustificatamente personale…questa è scrittura<br />

colta, e quindi scrittura. Si è nell’una…se si è nell’altra!<br />

Il resto sono cazzate!<br />

E non esistono neppure sedicenti autori inediti. Solo ciò che<br />

si raccoglie e si completa sulla carta, sapendo spandere parole<br />

in nero inchiostro, diviene cosa. I bei racconti orali di storielle<br />

che ciascuno potrebbe ingegnarsi a produrre al tavolo degli ospiti<br />

o degli ospitati - messi in pagina scritta - se non si è uomini che<br />

parlano agli uomini, fanno piangere non appena si salgono i<br />

gradini <strong>del</strong>la quinta frase.<br />

Così come chi descrive un quadro non sta certo operando come<br />

chi lo ha dipinto - e se si cimentasse sulla tela col riporto pittorico<br />

capirebbe cosa sto dicendo – quei gradini o quelle soglie<br />

vanno varcate prima di intingere il pennino…o diteggiare sul<br />

computer. Non a caso è nella scienza <strong>del</strong>le parole che profano<br />

significhi “prima <strong>del</strong> tempio”.<br />

Un tempo libero qualche volta piuttosto dilatato.., dicevo, ma<br />

devo interrompere ancora il filo…per chiarire un dettaglio: ho<br />

evitato (attaccando questa pagina al mio solito modo) di definire<br />

sterminata la mia cultura.<br />

Quando la “cultura” è tale (soprattutto in senso umano, oltre<br />

che accademico), essa è necessariamente sterminata nel suo limite,<br />

e questo aggettivo deve esserle proprio.., essere il suo sangue.<br />

Anzi: “limite” sia attributo di sterminata, come “sterminata”<br />

attributo di limite.<br />

Ma ciò non significa che io debba conoscere tutto e più degli<br />

altri (il marketing <strong>del</strong>la ferramenta, o i bizantinismi <strong>del</strong>la politica<br />

finanziaria, di Bot, cheques e tassazioni.., che sappia suonare<br />

la partitura pianistica di una sinfonia mozartiana, o tradurre<br />

dal sanscrito, o sapermi occupare di atletica e motori, o di<br />

pesca-caccia-sport-arselle.., o debba saper cosa siano i meandri<br />

<strong>del</strong> mercato edilizio o la gestione dei sistemi fognari.., o le regole<br />

<strong>del</strong>la pallacanestro, o che debba essere l’Umberto Eco o<br />

l’enciclopedista dei dintorni, o il chiarissimo avvocato dal continuo<br />

aggiornamento giurisprudenziale…)<br />

Senza le pedanterie meschine di chi ha la testa ibernata nei<br />

suoi concettuzzi che svaporano in chiacchiere da poco, e nel<br />

suo pellegrino e incolto giudizio articolato dal solito facilone<br />

incapace, so muovermi da padrone dei miei campi arati, e so<br />

smazzare parecchio sapere umano, attivo, contemplativo e didattico.<br />

Come talvolta fa un prestidigitatore con le sue carte da poker<br />

in vario ventaglio e vario modo manipolate, così qualcuno sa<br />

che posso andare dove voglio. Portar me stesso e gli altri…<br />

Questo voglio dire. E qualcuno, anche (e soprattutto) obtorto<br />

collo, questo lo sa. Perché non sbatterlo su carta, quindi, direttamente<br />

con i calchi e le pressioni <strong>del</strong>la mia mano? (continua)<br />

RACCONTI DEL PASSATO<br />

L’immiglato di <strong>La</strong>mpedusa e…<br />

la fellovia più pazza <strong>del</strong> mondo ovvelo Stolia di Bluno lo spione che non seppe tenelsi<br />

il segleto <strong>del</strong>la fellovia<br />

Visse un tempo in un paese<br />

<strong>del</strong>la Saldegna, un sindaco<br />

pelato (pelato di capelli) e, folse<br />

anche un pò pelato (pelato<br />

di pela) che ambiva a diventale<br />

molto impoltante. Pel fale<br />

ciò (diventale famoso) decise<br />

di saclificale tutto se stesso e<br />

anche gli intelessi <strong>del</strong>la sua<br />

cittadina alla causa <strong>del</strong>la fellonia,<br />

da costluilsi in un sito<br />

minelalio e, pel fale in modo<br />

che “toute le monde” un giolno<br />

dicesse “questa fellovia è<br />

la ottava melaviglia <strong>del</strong> mondo”.<br />

Detto fatto, celcò i finanziamenti,<br />

che tlovò subito, cilca<br />

400.000 mila eulo, poi celcò<br />

e tlovò i ploggetisti (ela<br />

molto foltunato in quel peliodo,<br />

in ogni luogo e qualsiasi<br />

cosa celcasse la tlovava). Que-<br />

sti ploggetisti vivevano (stlano<br />

a dilsi) nello stesso sito<br />

minelalio in questione. <strong>La</strong><br />

località ela molto ambita<br />

pelchè vi si tlovava facilmente<br />

di tutto e in qualsiasi<br />

stagione, funghi, aspalagi,<br />

cinghiali, celvi di montagna<br />

(come nella canzone) e ploggetti<br />

di glande (glande di<br />

glande) valole. Spiegò lolo<br />

la sua idea, costluile una fellovia<br />

a cilcuito chiuso, pel<br />

poltale in gilo i tulisti che, a<br />

migliaia, salebbelo allivati in<br />

visita. Complalono i binali e<br />

i vagoni, detto fatto, con<br />

ploggetto fasullo concletizzalono<br />

l’idea. Appoggialono<br />

i binali pel tella. fissati con<br />

glossi chiodi, miselo sopla i<br />

vagoni e fulono plonti pel il<br />

collaudo. Il giolno stolico salilono<br />

tutti, il sindaco, l’assitente<br />

blondie, i ploggetisti, e<br />

qualche altlo sfigato. Il tlenino<br />

palti’, fece un pezzo di<br />

lettifilo poi... imboccò la culva<br />

e… SBADASBANG… il<br />

tleno <strong>del</strong>agliò. Polvele, ulla,<br />

lamenti. Tutti pel tella e gambe<br />

all’alia anche i sogni <strong>del</strong><br />

sindaco pelato. Nessuno si<br />

fece male tutti miselo la coda<br />

fla le gambe e scappalono<br />

nelle lolo tane. Pleselo metafolicamente<br />

la scopa, laccolselo<br />

la polvele e siccome ela<br />

tanta, liuscilono a nascon<strong>del</strong>e<br />

il tlenino, le malefatte, e i<br />

400mila eulo spesi pel niente.<br />

Nessuno pallò più di tutto<br />

questo. Ma un giolno “lo<br />

spione Bluno” che ela cosi<br />

pelché il sole <strong>del</strong>la Tunisia lo<br />

aveva abblonzato tanto, pel<br />

via degli anni che ci aveva<br />

passato, allivò a <strong>La</strong>mpedusa<br />

con un balcone di “aspilanti<br />

milialdali” e pel ottenele asilo<br />

e cittadinanza, laccontò<br />

questa stolia dedicandola alla<br />

Signola PLOCULA <strong>del</strong>la LE-<br />

PUBBLICA. Poi si mise ad<br />

aspettale e adesso aspetta che<br />

la signola Plocula mandi i<br />

suoi uomini pel poltale in pligione<br />

il sindaco e i suoi complici.<br />

N.B. Nel leggere questa storia<br />

<strong>del</strong> passato tenete presente<br />

che essa e’ ambientata in<br />

un periodo storico in cui la<br />

lettera R di REGOLA era stata<br />

sostituita con la lettera L<br />

di LESTOFANTE.<br />

10 maggio 2011 29<br />

Il cuculo nelle campagne<br />

di Guspini<br />

Ai primi di marzo in zona Nuraghe Saurecci, dopo aver superato<br />

il rio Montevecchio , sopra un piccolo palo di recinzione,<br />

con alcuni amici abbiamo avvistato un cuculo (cuculus canorus),<br />

famoso uccello che ci segnala con il suo caratteristico<br />

verso l’arrivo <strong>del</strong>la primavera. Era un maschio, infatti era quasi<br />

tutto grigio, la femmina è marrone. Caratteristiche <strong>del</strong> cuculo<br />

sono le ali a penzoloni e le zampe molto corte, quando è posato<br />

sembra che poggi l’addome, può essere scambiato da lontano<br />

per uno sparviere, al quale assomiglia un po’. Probabilmente<br />

era arrivato da poco dall’Africa, dove va a svernare. È<br />

un uccello parassita, la femmina depone le sue uova nei nidi<br />

di altri uccelli, aspetta che la padrona <strong>del</strong> nido vada a mangiare,<br />

o altro, depone il suo uovo e ne rimuove uno, per evitare<br />

che la padrona di casa si accorga <strong>del</strong>la truffa subita, in una<br />

stagione viene fatto per una quindicina di volte in nidi diversi.<br />

Gli uccelli che subiscono questo imbroglio sono pettirossi,<br />

cutrettole, pispole, cannaiole e altri piccoli insettivori. Ma la<br />

cose che stupisce è che il piccolo cuculo nasce prima dei fratellastri<br />

e si sbarazza di loro riuscendo a farli cadere dal nido,<br />

rimanendo solo lui , ricevendo così tutte le attenzioni dai genitori<br />

adottivi. Questo fatto sicuramente per noi umani è una<br />

cosa un po’ cru<strong>del</strong>e, però la natura è così. A favore di questo<br />

particolare uccello possiamo dire che è l’unico che si ciba <strong>del</strong><br />

famoso bruco processionaria (thaumetopoea pityocampa dei<br />

pini, l’altro lymantria dispar <strong>del</strong>le sugherete è dei lecci), riescono<br />

a distruggere interi boschi, vengono predati solamente<br />

dai cuculi.<br />

Teodorico Medau<br />

SAPERNE DI PIÚ<br />

di Alessandro Bordigoni<br />

VIOLATO<br />

IL PLAYSTATION NETWORK<br />

Tutto era partito come un disservizio. L’interruzione<br />

dei collegamenti con il Playstation<br />

Network di Sony, la rete telematica che unisce gli utenti dei<br />

vari mo<strong>del</strong>li di console Sony e che consente di giocare insieme,<br />

ascoltare musica e guardare film via internet, è stata vissuta<br />

inizialmente come uno dei tanti stop temporanei che possono<br />

affliggere i network molto popolati. A distanza di un giorno,<br />

però, l’indifferenza si è mutata in fastidio e in indignazione per<br />

l’impossibilità di utilizzare i servizi online. Solo dopo alcuni<br />

giorni, quasi una settimana dalla prima interruzione, Sony si è<br />

decisa ad annunciare la verità: un hacker (o un gruppo di hacker)<br />

è riuscito a violare la sicurezza <strong>del</strong> PSN e a rubare i dati<br />

personali di 77 milioni di persone. Di quali dati di parla? Di<br />

quelli essenziali per il cosiddetto “furto di identità”: nome, cognome,<br />

indirizzo, codice di avviamento postale, password, email,<br />

pagamenti, data di nascita. Oltre ai dati personali (che<br />

rimangono ad avviso di chi scrive l’aspetto comunque più rilevante)<br />

pare siano stati sottratti anche i numeri e le date di scadenza<br />

<strong>del</strong>le carte di credito utilizzate dagli utenti per acquistare<br />

i contenuti multimediali sulla rete. Dopo avere puntualizzato<br />

che l’hacker non aveva comunque potuto impadronirsi dei codici<br />

di controllo <strong>del</strong>le carte di credito, la stessa Sony ha diramato<br />

un avviso con il quale suggeriva ai propri utenti di modificare<br />

le password di accesso ad altri servizi di rete (email, social<br />

network ecc.). <strong>La</strong> reazione degli utenti e <strong>del</strong> mercato, a differenza<br />

di Sony, non si è fatta attendere un attimo. Negli Stati<br />

Uniti (California, per l’esattezza), immediatamente dopo l’annuncio<br />

è stata depositata una class action contro la casa giapponese.<br />

Persino in Italia l’Adoc ha annunciato l’intenzione di attivare<br />

una class action per ottenere il risarcimento per il mancato<br />

utilizzo dei servizi e i danni per il furto dei dati personali. Sul<br />

fronte finanziario, il titolo Sony ha subito perdite importanti. In<br />

questo lasso di tempo, non solo non sono stati identificati i responsabili,<br />

ma è addirittura circolata la notizia che gli hacker<br />

abbiano posto in vendita, per un prezzo di 100.000 dollari, il<br />

file con i dati rubati, e che tra i possibili acquirenti vi fosse la<br />

stessa Sony. Al momento in cui l’articolo sarà in edicola, l’accesso<br />

al PSN sarà stato probabilmente ripristinato. A chi si trovasse<br />

a condividere la sorte dei circa 800.000 utenti italiani <strong>del</strong><br />

Playstation Network, suggeriamo di disattivare immediatamente<br />

la carta di credito collegata all’account, e in futuro usare una<br />

comoda prepagata. Sì, anche quella gialla va benissimo.


30 10 maggio 2011 Rubriche, Commenti e Opinioni<br />

DALLA PARTE DEGLI INVALIDI CIVILI<br />

Vinte le prime tre cause su ritardi nel riconoscimento <strong>del</strong>l’invalidità<br />

Nella prima settimana di aprile presso il Tribunale di Genova<br />

sono state vinte le prime tre cause, in merito alle procedure<br />

per il riconoscimento <strong>del</strong>l’invalidità civile da parte <strong>del</strong>l’INPS.<br />

Negli ultimi mesi, in Sardegna come nel resto <strong>del</strong> Paese, le<br />

pratiche per il riconoscimento <strong>del</strong>l’invalidità civile presentate<br />

all’INPS hanno subito ritardi incomprensibili, causando<br />

molti problemi a persone che vivono già in condizioni di disagio.<br />

Il ritardo di cui sopra si è verificato nel momento in<br />

cui l’Istituto doveva notificare il verbale contenente l’esito<br />

<strong>del</strong>la visita già precedentemente formulato dalla commissione<br />

Asl (e tenuto prigioniero dall’INPS) per l’invalidità civile<br />

ai diretti interessati. Dopo mesi di trattative e solleciti, alcuni<br />

invalidi liguri che presentavano situazioni particolarmente<br />

critiche, hanno deciso di farsi tutelare da un legale di fiducia,<br />

ricevendo in settimana la notizia <strong>del</strong> buon esito <strong>del</strong> contenzioso.<br />

I giudizi si sono svolti attraverso un procedimento di<br />

urgenza ed hanno prodotto il riconoscimento <strong>del</strong>la indennità<br />

di accompagnamento per le tre persone tutelate.<br />

Nei prossimi giorni ci sarà la definizione di un’altra decina<br />

di casi; anche in Sardegna sta prendendo piede tra gli invalidi<br />

questo procedimento: ormai sono migliaia le persone che<br />

dopo avere effettuato l’accertamento presso la commissione<br />

ASL non ricevono più notizie sull’esito <strong>del</strong>la stessa: ci sono<br />

addirittura persone che hanno effettuato l’accertamento a luglio<br />

2010 e sono ancora in attesa di sapere il risultato.<br />

Nonostante il buon esito di questi primi provvedimenti, spiace<br />

dover constatare che soprattutto le fasce più deboli <strong>del</strong>la<br />

BIANCO E NERO<br />

Non abbiamo saputo riparare il treno in corsa.<br />

Da una parte Il 10% degli italiani detiene quasi il 50% <strong>del</strong>la<br />

ricchezza <strong>del</strong> paese. Dall’altra parte, oltre tre milioni di persone<br />

vivono in povertà. In questo momento è la periferia che finanzia<br />

lo Stato per tenere in ordine i suoi conti in Europa. Quando in<br />

una nazione si cambiano spesso il ministro all’Agricoltura e il<br />

ministro <strong>del</strong>la Cultura, significa che qualcosa si è inceppato. Di<br />

fronte alla crisi il “treno” va aggiustato in corsa. L’Italia oggi si<br />

trova tra i paesi più deboli d’Europa, perché non ha saputo mantenere<br />

gli impegni che aveva preso con se stessa e con gli altri<br />

paesi al momento <strong>del</strong>l’ingresso nell’euro, ovvero, l’ energica<br />

riduzione <strong>del</strong> debito pubblico e la capacità di competere sui<br />

mercati facendo crescere la produttività. L’aver mancato di parola<br />

su entrambi gli obblighi rende precaria la nostra condizione<br />

economica e sociale e concreta la prospettiva <strong>del</strong> declino. Il<br />

tutto in un sistema non equo e disumano: il 10% degli italiani<br />

detiene quasi il 50% <strong>del</strong>la ricchezza <strong>del</strong> paese e con oltre tre<br />

milioni di persone che vivono in povertà. Siamo all’assurdo. A<br />

livello governativo, non si parla più di lavoro, occupazione, di<br />

agricoltura, artigianato e cultura. L’Italia senza i privilegi sarebbe<br />

veramente il bel paese. Il 2011 è uno degli anni più difficili<br />

<strong>del</strong>l’ultimo ventennio. Gli enti locali sono alla frutta. Per<br />

scelte <strong>del</strong> governo centrale questi enti, paradossalmente, pur<br />

avendo le risorse finanziarie non possono assolvere le funzioni<br />

anticrisi. Cresce la disoccupazione e il precariato e chi si trova<br />

senza lavoro non ha nessuna prospettiva a breve. L’Italia ha le<br />

risorse necessarie per affrontare in modo risolutivo questi ritardi,<br />

basta usarle diversamente. In questo momento è la periferia<br />

che finanzia lo Stato per tenere in ordine i suoi conti. Secondo<br />

l’Ocse la ripresa è ancora lontana, l’Italia è il fanalino di coda<br />

<strong>del</strong> G7. Sono in aumento la disoccupazione (supera il 12% comprendendo<br />

i lavoratori in CIG) e l’emarginazione sociale (3,1<br />

milioni di poveri “assoluti” nel 20<strong>09</strong>). <strong>La</strong> crescita ancora non<br />

s’intravede. Resta pesante e si aggrava, in particolare, la situazione<br />

<strong>del</strong>l’occupazione giovanile che in Sardegna si assesta nella<br />

misura <strong>del</strong> 44% <strong>del</strong>la popolazione attiva. Nella nostra area territoriale,<br />

la situazione socio economica è condizionata in ugual<br />

modo dalla disoccupazione, dal precariato, dalla cassa integrazione<br />

dei lavoratori <strong>del</strong> polo industriale di Villacidro, Guspini e<br />

San Gavino, <strong>del</strong>l’area mineraria di Furtei e dallo stato di difficoltà<br />

<strong>del</strong> settore primario, nel quale contadini e pastori sono<br />

ormai allo stremo <strong>del</strong>le forze. Nel complesso una manovra restrittiva<br />

fatta di tagli lineari che, in modo generico e senza criteri<br />

di merito, attraversano l’intera finanza pubblica con una logica<br />

primaria: quella di colpire gli enti territoriali. Una scelta gravemente<br />

iniqua perché colpisce la parte più virtuosa <strong>del</strong>la amministrazione<br />

pubblica che mantiene in piedi le sorti <strong>del</strong>la repubblica.<br />

In questo quadro, le province hanno subito una decurtazione<br />

<strong>del</strong> <strong>23</strong>% e i comuni sopra i 5.000 abitanti hanno subito<br />

una decurtazione <strong>del</strong>l’11,4 % <strong>del</strong>le risorse correnti nel 2011 e<br />

<strong>del</strong> 19 % nel 2012. <strong>La</strong> manovra colpisce gli enti locali, le imprese<br />

e i cittadini in modo iniquo e nel momento di maggior<br />

popolazione debbano incorrere in tali inconvenienti per ottenere<br />

l’esigibilità dei propri diritti. Si spera che tale vicenda<br />

possa produrre effetti positivi per le diverse migliaia di persone<br />

che in tutta la Sardegna ma anche in Italia ancora attendono<br />

una risposta da parte <strong>del</strong>l’INPS.<br />

Valentino Pitzalis<br />

C’è posta per noi<br />

Il sig. A.P. di Guspini, ci scrive chiedendoci come mai pur<br />

essendo beneficiario di assegno di invalidità al 100% gli<br />

siano stati negati i benefici <strong>del</strong>la legge 104/92 che sarebbero<br />

serviti alla moglie (insegnante) per richiedere i tre<br />

giorni di permesso retribuito mensile.<br />

Dopo avere visionato il verbale inviatoci dal nostro lettore,<br />

rispondiamo che innanzitutto gli è stato riconosciuto solo il<br />

comma 1 <strong>del</strong>l’articolo 3 <strong>del</strong>la legge 104/92: tale comma non<br />

può essere utilizzato per la richiesta dei giorni di permesso<br />

lavorativi in quanto il paziente non viene riconosciuto in una<br />

situazione di gravità. L’esito <strong>del</strong>la richiesta per i benefici <strong>del</strong>la<br />

suddetta legge non è legato all’esito <strong>del</strong>la visita <strong>del</strong>l’invalidità<br />

civile; sono due cose diverse e vengono fatte valutazioni<br />

differenti da parte <strong>del</strong>la commissione.<br />

invcivili@gmail.com<br />

di Fulvio Tocco*<br />

CI CHIAMAVANO IL BEL PAESE<br />

L’Italia senza i privilegi sarebbe un paradiso<br />

bisogno. Le nuove misure si sommano con quelle applicate in<br />

precedenza. Il punto sta proprio qui. E’ impensabile risanare il<br />

bilancio “consolidato” <strong>del</strong>lo Stato e affrontare il tema <strong>del</strong>la riduzione<br />

<strong>del</strong> debito pubblico e <strong>del</strong>lo sviluppo <strong>del</strong> “sistema paese”,<br />

semplicemente sulla base di una drastica, e iniqua, misura di trasferimento<br />

di risorse dagli enti locali al governo centrale. Ciò che<br />

serve sono un riordino complessivo <strong>del</strong>le funzioni <strong>del</strong>la pubblica<br />

amministrazione, sulla base dei principi di sussidiarietà; un controllo<br />

profondo <strong>del</strong> sistema fiscale. Da una parte recuperando la<br />

massa enorme <strong>del</strong>l’evasione e, quindi, ricostruendo il patto di fiducia<br />

fra Stato e cittadini; dall’altra rifondando su basi più eque il<br />

sistema di redistribuzione <strong>del</strong> reddito nel nostro Paese, spostando<br />

le leve fiscali dal lavoro e dai fattori <strong>del</strong>la produzione alle rendite<br />

e ai patrimoni. Come qualcuno sostiene è assolutamente necessario<br />

detassare le famiglie a reddito fisso, i pensionati e i lavoratori<br />

dipendenti e aiutare i produttori agricoli in quanto custodi <strong>del</strong>l’ecosistema<br />

dove ognuno di noi poggia i propri piedi. Su questa<br />

linea deve ricollocarsi il dibattito politico e sociale perché queste<br />

sono le premesse indispensabili ed inevitabili per arrivare a una<br />

politica di sviluppo e di superamento <strong>del</strong>la crisi. Fino ad ora il<br />

dibattito ha evitato questi nodi. Anzi, le varie riforme sbandierate<br />

dal governo non sono altro che tagli al mezzogiorno e alle isole.<br />

Non esiste un altro governo europeo (di destra o di sinistra) che<br />

abbia ridotto tanto gli investimenti e le risorse disponibili per la<br />

cultura e la ricerca e l’agricoltura. Al contrario, grandi nazioni<br />

come Francia e Germania, governate dai conservatori, li hanno<br />

raddoppiati con ottimi risultati anche sul versante <strong>del</strong>l’economia.<br />

D’altro canto, dalla crisi si può uscire solo puntando sui settori<br />

produttivi, sulla qualità e sull’innovazione, come sanno bene le<br />

nostre imprese che si muovono sui mercati internazionali. In Italia<br />

invece, la parola agricoltura è bandita da questo presidente <strong>del</strong><br />

consiglio, e lo stesso atteggiamento lo si riserva per la cultura. In<br />

quei dicasteri, appena li conoscono, i ministri fuggono, in quanto<br />

per il Governo quei due settori portanti sono considerati marginali.<br />

I tagli hanno semplicemente l’effetto di aumentare la disoccupazione,<br />

specie giovanile, e di comprimere gli investimenti, come<br />

si è dimostrato. Ripeto: il treno andava aggiustato in corsa.<br />

*Presidente <strong>del</strong>la Provincia<br />

<strong>del</strong> <strong>Medio</strong> <strong>Campidano</strong><br />

Pubblicità<br />

Tel. 070 9783128<br />

L’INTERVENTO<br />

di Sergio Pibiri<br />

IL SEGUITO POLITICO<br />

DEL VOTO A VILLACIDRO<br />

<strong>La</strong> corsa dei cent’otto candidati nelle quattro liste che si contendono<br />

i trenta seggi <strong>del</strong> Consiglio comunale di Villacidro<br />

sta per terminarsi, senza clamorose novità e nella piattezza<br />

di un cliché stantio e abusato. Siamo alle ultime battute di<br />

una competizione elettorale che è vissuta dai cittadini con<br />

distacco, attratti più dal pettegolezzo sui singoli candidati<br />

che dalla bontà dei propositi politici. Elettori che avrebbero<br />

preferito un confronto sereno su come risolvere le urgenze<br />

<strong>del</strong>la comunità anziché sugli ammiccanti spuntini offerti agli<br />

amici e supporter <strong>del</strong>le singole liste. Peraltro, l’abbondanza<br />

di santini e manifesti che riproducono, in technicolor, le immagini<br />

di competitor radiosi e promettenti di chi sa quali<br />

taumaturgiche misure amministrative, nulla aggiunge a una<br />

campagna elettorale priva dei simboli di partito, ma anche<br />

di sostanza. L’impressione che si ha è che prevale l’apparire<br />

all’essere. Vero è che Berlusconi deve molto dei suoi successi<br />

all’arte <strong>del</strong>l’apparire, però il Paese si contorce nella<br />

crisi. Molti cittadini, giustamente, s’interrogano quali potranno<br />

essere i cambiamenti nei prossimi cinque anni che<br />

saranno amministrati da chi vince le elezioni, poiché i candidati<br />

non sarebbero capaci di interpretare i bisogni <strong>del</strong>la<br />

città. Insomma, nonostante la buona volontà, non riescono a<br />

scuotere l’apatia degli scettici, a scaldare i loro animi, a trascinarli<br />

nella partecipazione. È probabile che i candidati a<br />

sindaco, gli aspiranti consiglieri, siano apparsi indugianti nell’accusarsi<br />

vicendevolmente le responsabilità dei problemi<br />

annosi, piuttosto che autorevoli decisionisti con le misure<br />

di governo. Di sicuro avrebbero apprezzato concretezza e<br />

organicità sul centro storico, sulla viabilità, il traffico, i parcheggi.<br />

Purtroppo l’etica politica è una virtù praticata da<br />

pochi e, se è omessa anche quando si può esprimere con un<br />

semplice mea culpa, allora si rasenta l’arroganza e l’elettore<br />

cittadino lo tiene a mente. Chi si è ripresentato per chiedere<br />

ancora la fiducia agli elettori, avrebbe fatto cosa giusta<br />

ad ammettere gli errori <strong>del</strong> passato e gli sbagli <strong>del</strong> presente,<br />

anziché perseverare nel rimpallo <strong>del</strong>le responsabilità. Ovviamente<br />

gli sfiduciati hanno le loro ragioni, giacché le diverse<br />

forze in campo, nonostante gli sforzi dei singoli, non<br />

hanno saputo rendere credibili i programmi per le urgenze<br />

<strong>del</strong>la città, il sociale, il lavoro. Il civismo esploso in questa<br />

tornata elettorale, tranne la novità <strong>del</strong> programma ambientalista<br />

di “Progetto Comune”, non è stato sufficiente a costruire<br />

quell’affidabilità necessaria. <strong>La</strong> scomparsa dei simboli<br />

di partito dalle liste non è sempre garanzia di totale neutralità<br />

o autonomia e, quando di esse se ne fa abuso, è segno di<br />

tattica furbesca per carpire la buona fede degli elettori. Tre<br />

su quattro <strong>del</strong>le liste civiche in campo, per loro stessa ammissione,<br />

ospitano diverse personalità militanti nei partiti. I<br />

partiti hanno una precisa funzione costituzionale e, dunque,<br />

non possono celarsi in liste civiche che suscitano dubbi.<br />

L’esperienza di “Rinnovamento per Villacidro” ebbe il consenso<br />

<strong>del</strong>la maggioranza degli elettori perché la ritennero<br />

strumento adatto per ripristinare l’alternanza alla guida <strong>del</strong>la<br />

città; ma la storia non si ripete anche perché le condizioni<br />

mutano. Gli osservatori più attenti sostengono che, al centrosinistra,<br />

andava contrapposto il centrodestra. Il pomeriggio<br />

<strong>del</strong> sedici maggio dirà chi ha ragione. Di sicuro c’è stata<br />

troppa confusione e i cidresi vanno a votare portandosi appresso<br />

le incertezze su come saranno affrontati e risolti alcuni<br />

dei problemi più importanti: la prospettiva di sviluppo<br />

<strong>del</strong> patrimonio pubblico, il futuro produttivo <strong>del</strong>l’ippodromo,<br />

la governance <strong>del</strong>l’intera filiera dei rifiuti provinciale<br />

da affidare a Villaservice, condizione fondamentale per abbattere<br />

i costi di gestione, l’assetto per valorizzare il centro<br />

storico con adeguati parcheggi e nuova viabilità. Tuttavia,<br />

dalle liste emerge una nota interessante: la presenza dei giovani,<br />

anche a se essa si contrappone quella negativa <strong>del</strong> solo<br />

<strong>23</strong> per cento di donne (31 su 111). Qualcuno si domanderà:<br />

gli onorevoli Marroccu e Piras cosa rischiano in questa campagna<br />

elettorale? Nell’immediato nulla, ma in prospettiva è<br />

verosimile che vivano la stessa sorte <strong>del</strong>le liste che appoggiano.<br />

L’uno è interessato a fare scacco matto all’altro, per<br />

spianarsi la strada che porta ai successivi appuntamenti elettorali.<br />

sergio.pibiri1943@tiscali.it<br />

PRECISAZIONE<br />

Cani randagi<br />

Nel numero precedente <strong>del</strong> giornale, nell’articolo sui cani<br />

randagi siamo incorsi in errore: si deve leggere “località Guttur’e<br />

Forru” e non “Guttur’e Frumini”. Ci scusiamo con i<br />

lettori. (g.p.m.)

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