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M. Piccirillo--Le due iscrizioni della cappella ... - Christus Rex

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LE DUE ISCRIZIONI<br />

DELLA CAPPELLA DELLA THEOTOKOS<br />

NEL WADI ‘AYN AL-KANISAH – MONTE NEBO<br />

M. <strong>Piccirillo</strong><br />

Il toponimo di ‘Ayn Kanisah fu raccolto per la prima volta da De Saulcy<br />

nel 1863 1 . I beduini chiamavano così la seconda sorgente o il secondo<br />

gruppo di sorgenti a sud del Jebel Nebo, dopo ‘Ayn Jadidah ai piedi<br />

di Tell el-Mukhayyat. Nel settembre 1881 la località fu visitata dal tenente<br />

Mantell del gruppo degli esploratori del Survey, che notarono soltanto<br />

i dolmens 2 . Nel maggio 1901 vi scese Musil che notò a est <strong>della</strong><br />

fonte la torre 3 .<br />

In <strong>due</strong> occasioni, nell’aprile 1933 e nel settembre 1935 vi scesero gli<br />

archeologi francescani con una camminata di un’ora esatta da Siyagha<br />

dove erano impegnati nello scavo del monastero 4 . Padre Saller e padre<br />

Bagatti furono i primi a notare le rovine del monastero un po’ più in alto<br />

<strong>della</strong> torre sulla sommità tra il wadi Hanishiyah e il wadi al-Kanisah che<br />

è all’origine del nome dato alle sorgenti e a questo tratto di wadi (foto 2-<br />

4). In preparazione dello scavo, nell’estate del 1987, insieme al padre<br />

Eugenio Alliata rilevammo una pianta schematica delle rovine principali<br />

5 . L’indagine archeologica è stata iniziata nell’estate del 1994 6 . Lo scavo<br />

è stato limitato nella prima campagna al settore settentrionale delle<br />

rovine del monastero.<br />

1. F. de Saulcy, Voyage autour de la Mer Morte, 1853, I, p. 312: “Ce canton s’appelle el-<br />

Keniseh, l’église; pourquoi? Je ne sais rien; personne n’a pu me le dire”.<br />

2. SEP, 1881, p. 89: “Ayoun el Keneiyiseh (‘springs of the little church or chapel’). These<br />

are in Wadi Jideid. In consequence of the name, they were specially examined by Lieutenant<br />

Mantell, but no remains of any chapel or other ruin were found”.<br />

3. A. Musil, Arabia Petraea, I, Moab, Wien 1907, p. 273: “Östlich oberhalb dieser Quelle<br />

sieht man Uberreste eines festen Turmes, von dem ein alter Weg gegen NO. hinaufführt”.<br />

4. S. Saller - B. Bagatti, The Town of Nebo (Khirbet el-Mukhayyat), Jerusalem 1949, p. 12.<br />

5. Pubblicata in M. <strong>Piccirillo</strong>, Chiese e mosaici di Madaba, Jerusalem 1989, p. 202; Idem,<br />

The Mosaics of Jordan, Amman 1993, p. 193, fig. 293.<br />

6. Con l’autore, hanno partecipato alla scavo il padre John Abela, Manuela Derosas, Chiara<br />

Sanmorì. Il rilievo dello scavo è stato effettuato da Susanna Ognibene e Benedetta Steri, la<br />

documentazione fotografica dall’autore e da Max Mandel e i disegni delle <strong>iscrizioni</strong> da fra<br />

Carmelo Pappalardo.<br />

LA 44 (1994) 521-538; tavv. 19-26


522<br />

La <strong>cappella</strong> <strong>della</strong> Theotokos<br />

M. PICCIRILLO<br />

I vani del piccolo monastero si sviluppano a nord e a sud <strong>della</strong> <strong>cappella</strong><br />

che risulta ubicata al centro con un cortile mosaicato a ovest ad una quota<br />

più bassa dove si apre una cisterna per la raccolta delle acque (foto 5).<br />

La <strong>cappella</strong> ad aula unica ha il presbiterio absidato e sopraelevato con<br />

una ambiente di servizio stretto e lungo a nord nei pressi <strong>della</strong> facciata (fig.<br />

1; foto 1). Ha tre porte: una in facciata e <strong>due</strong> sulla parete settentrionale che<br />

la mettono in comunicazione con un vano sopraelevato tramite una scala di<br />

tre gradini nei pressi del presbiterio e con l’ambiente di servizio in facciata.<br />

La muratura dell’abside si conserva per un’altezza di circa <strong>due</strong> metri.<br />

L’altare in muratura sulla corda absidale fu costruito in sostituzione di<br />

un altare su colonnine inserite in un secondo tempo nel mosaico delle quali<br />

resta chiara traccia.<br />

Prima dell’abbandono una tomba a fossa fu scavata nel mosaico del<br />

presbiterio. La tomba fu riutilizzata in epoca recente per la sepoltura di un<br />

musulmano, a giudicare dalla posizione del defunto.<br />

Sotto il crollo, nel presbiterio come nella navata, quasi a contatto con il<br />

pavimento mosaicato, risultava uno spesso strato di ceneri almeno in <strong>due</strong><br />

casi in relazione con un focolare 7 .<br />

Il mosaico<br />

Dei vani finora esplorati risultano mosaicati la <strong>cappella</strong>, il vano di servizio<br />

e il cortile.<br />

Nella <strong>cappella</strong>, il presbiterio era decorato con un timpano a conchiglia<br />

sorretto da <strong>due</strong> colonnine circondato da una ampia fascia a semicerchio con<br />

fiori che segue la curvatura absidale 8 . Tra le <strong>due</strong> colonnine pendeva una<br />

7. L’ampia lacuna del mosaico e il riutilizzo <strong>della</strong> tomba dagli abitanti musulmani <strong>della</strong><br />

regione spiegano le tessere policrome sparse sulle pendici <strong>della</strong> montagna già notate dal<br />

padre Saller. Insieme sono una preziosa testimonianza per affermare che il crollo delle<br />

murature absidali è di epoca relativamente recente.<br />

8. Un timpano fu utilizzato nella navata del mosaico superiore <strong>della</strong> <strong>cappella</strong> del Prete Giovanni<br />

a Khirbet al-Mukhayyat (<strong>Piccirillo</strong>, The Mosaics of Jordan, p. 175, fig. 228) e nella<br />

navata nord <strong>della</strong> chiesa del Vescovo Malichios nel villaggio di Mekawer (Ibi, p. 246, fig.<br />

415). Il timpano con la tenda è frequente nei mosaici delle sinagoghe giudaiche (M. Dothan,<br />

Hammath Tiberias, Jerusalem 1983, Pl. 10), e samaritane (Y. Magen, “Samaritan Synagogues”,<br />

in Early Christianity in Context. Monuments and Documents, ed. by F. Manns - E.<br />

Alliata, Jerusalem 1993, p. 199, p. 212, fig. 28; Pl. I, in colore).


ISCRIZIONI DELLA CAPPELLA DELLA THEOTOKOS 523<br />

Fig. 1 Pianta <strong>della</strong> <strong>cappella</strong> di ‘Ayn Kanisah


524<br />

M. PICCIRILLO<br />

tenda annodata al centro sostenuta con anelli ad una asta orizzontale. Boccioli<br />

chiusi di fiori sono aggiunti tra la tenda e la conchiglia (foto 6).<br />

Sui lati del timpano erano raffigurati <strong>due</strong> pecore addossate ad un<br />

alberello carico di frutti, come si può vedere da ciò che resta sul lato settentrionale.<br />

Una fascia di triflidi inversi alternati a cerchi e quadrati circonda il<br />

tappeto dell’aula dove i motivi figurativi erano inseriti in uno schema di<br />

girali di tralci di vite con grappoli, foglie e viticci che terminavano verso<br />

est intorno ad un medaglione con l’iscrizione dedicatoria e sulle fronde<br />

dei <strong>due</strong> alberelli carichi di frutti raffigurati sui lati (foto 7). Restano cinque<br />

registri di girali. La sequenza risulta interrotta da un motivo geometrico<br />

aggiunto in un restauro del mosaico nei pressi <strong>della</strong> porta. Vistosamente<br />

la composizione originaria riconoscibile dalla tecnica <strong>della</strong> messa<br />

in opera delle tessere e dalla sequenza dei girali fu stravolta dal rifacimento<br />

post-iconofobico. Non però in modo così radicale da impedire nella<br />

maggior parte dei casi l’identificazione dei motivi figurativi originari che<br />

decoravano i girali. Al centro del secondo registro il mosaicista aveva raffigurato<br />

una fenice dalla testa radiata, stranamente risparmiata dagli iconofobi,<br />

anche se risulta restaurata nella parte inferiore.<br />

Nei pressi <strong>della</strong> porta ma all’interno <strong>della</strong> fascia il mosaico fu rifatto<br />

con l’aggiunta di un pannello rettangolare suddiviso in tre riquadri, con<br />

un motivo geometrico di ottagoni intrecciati a formare esagoni e quadrati<br />

a nord, e un reticolo di rombi alternati a quadrati a sud. Nel quadrato<br />

centrale era stata inserita una nuova iscrizione in un cerchio. Come vedremo,<br />

questa aggiunta è datata al 762. Resta senza data la composizione<br />

primitiva che però è ben ambientata nei mosaici <strong>della</strong> seconda metà del<br />

VI secolo 9 .<br />

Strutturalmente la zona rifatta del mosaico corrisponde ad una tomba<br />

ipogea sottostante con botola di ingresso sulla destra <strong>della</strong> scala di salita<br />

alla <strong>cappella</strong>. Alla tomba si scendeva con tre gradini fino a raggiungere una<br />

porticina in pietra con una croce a braccia patenti scolpita sull’architrave.<br />

La tomba è a volta con un concio mancante al centro chiuso in alto da<br />

una lastra. Una seconda porticina è sagomata sulla parete orientale e fa<br />

intravvedere un muro autonomo all’interno. Tutta la muratura <strong>della</strong> tomba<br />

è ben fatta con conci opportunamente squadrati e messi in opera.<br />

9. Il mosaico mostra affinità stilistiche con il motivo che decora la semilunetta <strong>della</strong> cripta<br />

dell’Elianeo a Madaba (<strong>Piccirillo</strong>, The Mosaics of Jordan, p. 125, figs. 134 e 135), e il pavimento<br />

<strong>della</strong> chiesa del Vescovo Sergio a Umm al-Rasas (Ibi, pp. 206-209, figs. 331-336).


ISCRIZIONI DELLA CAPPELLA DELLA THEOTOKOS 525<br />

All’interno restavano intatte <strong>due</strong> sepolture in muratura addossate alle<br />

pareti di nord e di sud, poveramente costruite e coperte di lastre irregolari<br />

con molte inzeppature. Contenevano le ossa smembrate di diversi defunti.<br />

Perciò più un ossario che vere sepolture, a parte uno scheletro completo<br />

nella tomba di nord con il capo rivolto a ovest deposto sulle altre ossa.<br />

Facilmente il rifacimento del mosaico è da mettere in relazione con la costruzione<br />

<strong>della</strong> tomba sottostante.<br />

<strong>Le</strong> <strong>iscrizioni</strong><br />

Storicamente gli elementi più importanti del mosaico <strong>della</strong> <strong>cappella</strong> <strong>della</strong><br />

Theotokos ad ‘Ayn Kanisah sono certamente le <strong>iscrizioni</strong> nei <strong>due</strong> medaglioni.<br />

Iscrizione A<br />

La prima iscrizione sulla testata orientale del tappeto fa parte <strong>della</strong> composizione<br />

musiva originaria da datare alla seconda metà del VI secolo. Il testo<br />

si sviluppa su 12 linee di scritto all’interno del medaglione di 122 cm<br />

di diametro. <strong>Le</strong> ultime parole delle linee di destra sono interessate dal restauro<br />

di un cedimento del mosaico sulla destra (fig. 2; foto 8).<br />

Il testo è introdotto da un’edera di tessere di pasta vitrea di colore verde.<br />

Due edere sempre di tessere in pasta vitrea includono il nome nell’ultima<br />

linea. <strong>Le</strong> lettere in tessere nere sono alte 9/8 cm.<br />

Protwn tw' Q(e)w' dovsw<<br />

men dovxan jAmhvn.<br />

Kai; eujcai'" aJgivwn<br />

doei' K(uvrio)" to;n misqo;n tªw' aJgi-º<br />

wtav(tw) Kuvrw jAbraamªivwº<br />

tw' hJgoumevnw k(ai;) ajrc(i;ma)n<<br />

drivth pavsh" th'" ejrhvªmoºu<br />

kai; doei' to;n misqo;n ªtºw'<br />

qeofil(estavtw) ajbba' Loggivnw<br />

tw' stulhvth k(ai;) ajb(ba')<br />

∆Iwavnni


526<br />

Ne diamo la traduzione:<br />

M. PICCIRILLO<br />

+ Anzitutto a Dio diamo gloria. Amen. Per le preghiere dei Santi<br />

dia il Signore la ricompensa al santissimo signore Abramo l’egumeno<br />

e archimandrita di tutto il deserto e dia la ricompensa all’amatissimo<br />

da Dio abba Longino lo stilita e a abba Giovanni.<br />

L’iscrizione, che inizia con una formula liturgica normale in ambiente<br />

monastico (1Tm 2,1; Ps 67,35: dovte dovxav tw' Qew') 10 fornisce<br />

dati storici notevoli alla conoscenza dell’ambiente monastico nel territorio<br />

<strong>della</strong> provincia Arabia con l’attestazione inequivocabile dei <strong>due</strong><br />

titoli che accompagnano i <strong>due</strong> benefattori <strong>della</strong> <strong>cappella</strong> 11 .<br />

Da Cirillo di Scitopoli (Vita Sabae 30 pp. 111/117) sappiamo che<br />

mentre Teodosio era stato eletto dal patriarca di Gerusalemme archimandrita<br />

di tutta la vita cenobitica, Saba fu eletto archimandrita di tutta<br />

la vita anacoretica di Palestina: aJrcimandrivthn te kai; nomoqevthn<br />

pavntwn tw'n uJpo; Palaistivnhn laurw'n te kai; ajnacwrhtw'n 12 .<br />

Dalla iscrizione veniamo a sapere che una carica equivalente esisteva<br />

anche ad est del Mar Morto nel territorio <strong>della</strong> Provincia Arabia, se non<br />

10. Un principio di vita monastica che troviamo per es. in S. Basilio (“anzitutto pregare e<br />

lodare Dio” Reg. fusius 37,3; Ep. 2,2), e in S. Bendetto (“nulla si anteponga all’opera di<br />

Dio”, cioè al culto divino, Reg. 43,3).<br />

11. La pellegrina Egeria nella seconda metà del IV secolo incontrò monaci nei pressi<br />

delle fonti di Mosè: “In quel luogo vi è una chiesetta… Vi abitano parecchi monaci,<br />

molto santi che qui chiamano asceti” (Itinerarium, X, 9). Nelle <strong>iscrizioni</strong> del monastero<br />

maggiore sulla cima di Siyagha, gli abati hanno il titolo di “prete e igumeno” (S.<br />

Saller, The Memorial of Moses on Mount Nebo, I, pp. 247-264); e di “nostro padre”<br />

nella iscrizone di Procapis sempre sulla montagna (<strong>Piccirillo</strong>, “L’eremitaggio di<br />

Procapis e l’ambiente funerario di Robebos al Monte Nebo - Siyagha”, in Christian<br />

Archaeology in the Holy Land. New Discoveries, Ed. by G.C. Bottini, L. Di Segni, E.<br />

Alliata, Jerusalem 1990, pp. 391-415). Monaci sono ricordati in basilica (<strong>Piccirillo</strong>,<br />

LA, 26, 1976, p. 315), al Mukhayyat nella <strong>cappella</strong> del Prete Giovanni (Saller -<br />

Bagatti, The Town of Nebo, p. 176 s.), e nel mosaico superiore <strong>della</strong> chiesa di Kaianos<br />

nella valle di ‘Uyun Musa, dove è usato il termine monavzwn (<strong>Piccirillo</strong> - Alliata, “La<br />

chiesa del monastero di Kaianos alle ‘Ayoun Mousa sul Monte Nebo”, in Quaeritur<br />

inventus colitur, Roma 1989, p. 572).<br />

12. Ripetuto in Vita Theodosii 239, 10: oJ me;n ajbba'" Qeodovsio" ajrchgo;" gevgone<br />

kai; ajrcimandrivth"panto;" tou' koinobiakou' kanovno"… oJ de; path;r hJmw'n Savba"<br />

a[rcwn katestavqh kai; nomoqevth" panto;" tou' ajnacwrhtikou' bivou kai; pavntwn<br />

tw'n ejn toi'" kevllai" zh'n proairoumevnwn. Il monaco <strong>Le</strong>onzio egumeno e vicario<br />

di tutto il deserto (pavsh" th'" ejrhvmou) firmò la lettera dei monaci contro Severo inviata<br />

al concilio di Costantinopoli (Mansi, Sacrorum Conciliorum, VIII, 912).


ISCRIZIONI DELLA CAPPELLA DELLA THEOTOKOS 527<br />

si vuole pensare che l’archimandrita degli anacoreti di Palestina, successore<br />

di San Saba, sia Abramo. Una evenienza non impossibile dati gli<br />

stretti contatti che le fonti ricordano tra i monaci che abitavano le <strong>due</strong><br />

sponde del mare.<br />

Non mi risulta che il titolo come compare nella iscrizione di<br />

‘Ayn Kanisah sia stato usato nelle epigrafi e nella letteratura contemporanea.<br />

Abba Logginw tw stulhth, Abba Longino lo Stilita. Prima di tutto<br />

facciamo notare che nelle <strong>iscrizioni</strong> del territorio di Madaba risulta una<br />

novità il titolo di Abba, che troviamo usato normalmente nelle <strong>iscrizioni</strong><br />

di Egitto e di Siria a indicare i monaci più anziani o i superiori dei monasteri,<br />

per i quali nel territorio di Madaba viene usato il termine greco di<br />

Pater 13 . Con il termine stilita abbiamo la prima testimonianza epigrafica<br />

nella regione di Madaba dell’esistenza possibile del genere spettacolare<br />

di ascesi inaugurato nella Siria settentrionale da San Simeone lo Stilita 14 .<br />

Un genere di vita attestato dalle fonti in area palestinese 15 . Per la<br />

Transgiordania abbiamo proposto una tale funzionalità per la torre di<br />

Umm al-Rasas 16 .<br />

Iscrizione B<br />

La seconda iscrizione nei pressi <strong>della</strong> porta, come abbiamo visto, fa<br />

parte del pannello aggiunto al mosaico originale. Il testo, che inizia<br />

con una edera, si sviluppa su dieci linee all’interno del medaglione.<br />

<strong>Le</strong> lettere di tessere nere sono alte 9/8 cm. A parte la forma irregolare<br />

delle lettere, comune alle <strong>iscrizioni</strong> tardive di Giordania, notare l’uso<br />

delle lettere doppie e la strana scrittura del dittongo ou nella sesta<br />

linea.<br />

13. Y. Meimaris, Sacred names, Saints, Martyrs and Church Officials in the Greek<br />

Inscriptions and Papyri Pertaining to the Christian Church of Palestine, Athens 1986, pp.<br />

235-239.<br />

14. I. Pena, P. Castellana, R. Fernandez, <strong>Le</strong>s Stylites Syriens, Jerusalem 1975; A. Vööbus,<br />

History of Ascetism in the Syrian Orient, Lovanii 1988.<br />

15. B. Bagatti, “Gli Stiliti in Palestina”, La Terra Santa, 25, 1950, pp. 67-69.<br />

16. L. Marino, M. <strong>Piccirillo</strong>, “La torre di Umm al-Rasas - Kastron Mefaa”, in Materiali da<br />

costruzione e tecniche edili antiche. Indagini e rilievi nell’ottica <strong>della</strong> conservazione, ed.<br />

L. Marino, Firenze 1991, pp. 9-12.


528<br />

Dia; th'"<br />

tou' Qe(o)u' pronoiva"<br />

ajnektivsqh hJ septh;<br />

monh; au{th th'" ÔAgiva" Qeotovkou<br />

ejpi; ∆Iw;b ejpisskovpou<br />

Mhdabw'n (kai;) Gewrgivou<br />

ejgklivstou uJpe;r swthriva"<br />

tw'n karpoforhsavntwn<br />

ijnd(iktiono") ie<br />

e[t(ou") Àıso<br />

Traduciamo:<br />

M. PICCIRILLO<br />

Per la provvidenza di Dio fu ricostruito questo venerabile monastero<br />

<strong>della</strong> Santa Theotokos al tempo di Giobbe vescovo dei<br />

Medabesi e di Giorgio il recluso. Per la salvezza di quanti hanno<br />

offerto. L’indizione 15a dell’anno 6270.<br />

Il termine monhv per monasthvrion si ritrova utilizzato nei papiri di<br />

Nezzana 17 , in una epigrafe di el-Kufr nel Hauran 18 , e in una chiesa <strong>della</strong><br />

regione di Homs 19 . Nell’iscrizione dedicatoria <strong>della</strong> Vergine a Madaba il<br />

termine septov" viene aggiunto a e[ndoxo" per la casa (oi\ko") <strong>della</strong> santa e<br />

immacolata regina Maria Theotokos 20 .<br />

Il nome del vescovo ∆Iwvb, Giobbe di Madaba, l’abbiamo già letto presso<br />

l’altare <strong>della</strong> chiesa di Santo Stefano a Umm al-Rasas nell’iscrizione del<br />

mosaico superiore datata al 756, dove nel nome del vescovo ricorre lo stesso<br />

w enfatizzato nella scrittura 21 .<br />

Gewrgiou egklistou, di Giorgio il recluso. E’ un altro titolo monastico<br />

riferito ad un monaco che giunto ad una certa età faceva voto di trascor-<br />

17. C.J. Kraemer, Excavations at Nessana, 3, Non Lyterary Papyri, Princeton 1958, no. 79,<br />

25. 44 (il convento di San Sergio).<br />

18. W. Ewing, “Greek and Other Inscriptions Collected in the Hauran”, PEFQSt 1895, p.<br />

276, n. 152: oinoqhkh th" agia" monh").<br />

19. L. Jalabert, R. Mouterde, IGLS, V, Emésène, n. 2211 (convento di Santa Telda).<br />

20. <strong>Piccirillo</strong>, Chiese e mosaici di Madaba, p. 47; P.-L. Gatier, IGLS, Jordanie, 2, p. 129).<br />

21. M. <strong>Piccirillo</strong>, E. Alliata, Umm al-Rasas - Mayfa‘ah, I, Gli scavi del complesso di Santo<br />

Stefano, Jerusalem 1994, pp. 242-244.


ISCRIZIONI DELLA CAPPELLA DELLA THEOTOKOS 529<br />

rere il resto <strong>della</strong> sua vita rinchiuso in cella in stretto isolamento 22 . Il termine<br />

lo troviamo usato in tre <strong>iscrizioni</strong> del monastero <strong>della</strong> Signora Maria<br />

a Beit Shean riferito al prete Elia 23 . Nella Vita di Pietro l’Ibero, si racconta<br />

dell’incontro di Pietro ancora pagano con un monaco di Scete che aveva<br />

trascorso in una cella sul monte Nebo 40 anni senza mai uscire fuori <strong>della</strong><br />

porta e senza mai oltrepassare la soglia 24 .<br />

Nella datazione dell’iscrizione ritorna “le signe bizarre”, come scrisse<br />

Clermont-Ganneau dello stesso segno usato nell’iscrizione dedicatoria <strong>della</strong><br />

chiesa <strong>della</strong> Vergine a Madaba 25 , la cui lettura aprì una discussione che<br />

dopo questa scoperta bisogna ritenere definitivamente chiusa 26 . La data<br />

dell’iscrizione <strong>della</strong> <strong>cappella</strong> è 6270 di un’era <strong>della</strong> creazione corrispondente<br />

al 762 d. C. (Cfr L. Di Segni, “La Data <strong>della</strong> <strong>cappella</strong> <strong>della</strong> Theotokos a<br />

‘Ayn al-Kanisah sul Monte Nebo”, qui di seguito).<br />

Su tali nuovi dati la lista episcopale di Madaba va così precisata: prima<br />

il vescovo Giobbe attestato in sede nel 756 (mosaico di Santo Stefano a<br />

Umm al-Rasas) e nel 762 (<strong>cappella</strong> <strong>della</strong> Theotokos a ‘Ayn Kanisah), seguito<br />

dal vescovo Teofane (chiesa <strong>della</strong> Vergine a Madaba) in sede nel 767 27 .<br />

Negli angoli tra il riquadro e il cerchio con l’iscrizione il mosaicista ha<br />

aggiunto quattro vasetti da cui sgorgano getti d’acqua (almeno così nel contesto<br />

ci sentiamo di interpretare quelli che sembrano più dei motivi vegetali)<br />

accompagnati dai nomi dei quattro fiumi del Paradiso: Ghwn, Ghion;<br />

Fhswn, Fison; Tivgrh", Tigri; Eujfravth", Eufrate.<br />

Il motivo piuttosto diffuso nel mondo cristiano, ora sappiamo che era<br />

utilizzato anche dai mosaicisti <strong>della</strong> Scuola di Madaba. Troviamo le<br />

personificazioni dei quattro Fiumi del Paradiso nella <strong>cappella</strong> di San<br />

Teodoro, nella chiesa dei Sunna‘ a Madaba, e nella chiesa di San Sergio<br />

22. Meymaris, Sacred Names..., p. 235. Il Typikon di San Neophitos Enkleistos di Cipro prescrive<br />

che l’igumeno debba essere un enkleistos (cfr alla voce “Enkleistos”, The Oxford<br />

Dictionary of Byzantium, Oxford 1991, p. 699 s.); I. Peña, P. Castellana, R. Fernandeaz, <strong>Le</strong>s<br />

Reclus Syriens. Recherches sur les anciennes formes de vie solitaire en Syrie, Jerusalem 1980.<br />

23. G.M. FitzGerald, A Sixth Century Monastery at Beth Shean, IV, Philadelphia, 1939, pp.<br />

16, Inscriptions nos. IV, V, VI).<br />

24. Vita Petri, Ed. Raabe, p. 83, tradotto in S. Saller, The Memorial of Moses, I, pp. 110-111.<br />

25. Ch. Clermont-Ganneau, “La mosaïque de Madaba”, RAO, 2, 1898, pp. 52-55.<br />

26. Gatier, Inscriptions de Jordanie, 2, pp. 128-129.<br />

27. La lista precedente in <strong>Piccirillo</strong>, Chiese e mosaici di Madaba, p. 321 s., alla quale va<br />

aggiunto anche il nome del vescovo Malechios che abbiamo letto nel mosaico <strong>della</strong> chiesa<br />

centrale nel villaggio di Mekawer (<strong>Piccirillo</strong>, “Lo scavo <strong>della</strong> chiesa del Vescovo Malexios<br />

a Mekawer”, LA, XL, 1990, pp. 466-468, tavv. 83-85).


530<br />

M. PICCIRILLO<br />

all’interno del castrum a Umm al-Rasas 28 . Evidentemente utilizzati non con<br />

una semplice funzione decorativa ma possibilmente con un significato di<br />

vita paradisiaca per i monaci sepolti nella tomba sottostante 29 .<br />

Conclusione<br />

Lo scavo del piccolo monastero di ‘Ayn Kanisah si inserisce nella linea <strong>della</strong><br />

nostra ricerca dell’ultimo decennio incentrata principalmente sulla precisazione<br />

cronologica <strong>della</strong> fine dell’occupazione del territorio di Madaba, <strong>della</strong><br />

città episcopale, del monastero del Nebo a Siyagha e di Umm al-Rasas 30 .<br />

Dalle <strong>due</strong> <strong>iscrizioni</strong> abbiamo un notevole arricchimento del vocabolario<br />

monastico nella regione. Con il termine monastero (monhv), abbiamo ricordati:<br />

un egumeno e archimandrita di tutto il deserto, un monaco stilita e<br />

un monaco recluso, titoli che rimandano ai diversi modi di vita ascetica che<br />

i monaci vivevano nel deserto.<br />

La nuova data alta restituitaci dal mosaico <strong>della</strong> <strong>cappella</strong> <strong>della</strong> Theotokos<br />

di ‘Ayn Kanisah costituisce un altra preziosa testimonianza storica<br />

per la vitalità <strong>della</strong> presenza monastica nelle valli e sulla cima <strong>della</strong> montagna<br />

del Nebo. Con il vescovo Giobbe, l’iscrizione più tardiva rimanda<br />

alla presenza ancora viva e vitale <strong>della</strong> comunità cristiana dei Medabesi<br />

nella seconda metà dell’ottavo secolo.<br />

La data alta è un importante terminus post quem per la datazione <strong>della</strong><br />

ceramica che abbiamo raccolto nello scavo degli ambienti settentrionali, nel<br />

cortile e sui gradini <strong>della</strong> tomba ipogea.<br />

Essa è inoltre un altro punto fisso per ritardare la fine dell’occupazione<br />

del territorio certamente oltre l’epoca omayyade.<br />

Michele <strong>Piccirillo</strong>, ofm<br />

Studium Biblicum Franciscanum, Jerusalem<br />

28. Per S. Teodoro cfr <strong>Piccirillo</strong>, Chiese e mosaici di Madaba, p. 27; The Mosaics of Jordan,<br />

p. 117, figg. 112-115; per la chiesa dei Sunna‘ cfr LA 43, 1993, pp. 277-313, tav. 9; per la<br />

chiesa di San Sergio a Umm al-Rasas cfr J. Bujard, “<strong>Le</strong>s églises géminées d’Umm al-Rasas”,<br />

ADAJ XXXVI, 1992, pp. 291-306 e <strong>Piccirillo</strong>, The Mosaics of Jordan, p. 241, fig. 390.<br />

29. P.-A. Fevrier, “<strong>Le</strong>s quatres fleuves du Paradis”, RAC, 1956, pp. 179-199.<br />

30. <strong>Piccirillo</strong>, “<strong>Le</strong>s problèmes résolus et les questions posées par les trois premières campagnes<br />

de fouilles à Umm al-Rasas - Kastron Mefaa. La fin de la civilisation urbaine en Jordanie”,<br />

in Studies in the History and Archaeology of Jordan, IV, Amman 1992, pp. 343-346.


ISCRIZIONI DELLA CAPPELLA DELLA THEOTOKOS 531<br />

La data <strong>della</strong> <strong>cappella</strong> <strong>della</strong> Theotokos sul monte Nebo<br />

Nota epigrafica (<strong>Le</strong>ah Di Segni)<br />

La data contenuta nell’ultima linea dell’iscrizione B, aggiunta al pavimento<br />

<strong>della</strong> <strong>cappella</strong> in concomitanza con il rifacimento del mosaico<br />

(vedi sopra), ripropone il segno apparso nell’epigrafia locale per la prima<br />

volta nella Chiesa <strong>della</strong> Vergine a Madaba 1 . La lunga disputa sul<br />

significato numerico di tale segno si è conclusa di recente, con l’apparizione<br />

dello stesso in una iscrizione scoperta a Gerusalemme, nel quartiere<br />

di Ramot 2 . In questa iscrizione il segno potè essere identificato con<br />

certezza come uno stigma con un’appendice indicante il suo valore nell’ordine<br />

delle migliaia. La data indicata nell’iscrizione di Ramot è<br />

ÀıÇND, cioè 6254, indizione 5, che, computata secondo il sistema dell’era<br />

mondiale alessandrina, corrisponde al 762 <strong>della</strong> nostra era, che cade<br />

appunto nella quinta indizione. Tale interpretazione è ulteriormente confermata<br />

dalla menzione del nome del patriarca, Teodoro, che sappiamo<br />

esssere stato in carica in quel periodo 3 .<br />

Detta scoperta ha portato a <strong>due</strong> conseguenze. In primo luogo, è stato<br />

dimostrato con certezza l’uso di ere mondiali, o ere <strong>della</strong> creazione,<br />

nell’epigrafia locale – uso che finora era noto solo dalle fonti storicoletterarie.<br />

In secondo luogo, si è aperta la via ad un riesame di <strong>iscrizioni</strong>,<br />

la cui datazione fino ad oggi era insoddisfacente. In alcune di queste<br />

appare il misterioso segno, in altre si può presupporre l’uso di un’era<br />

mondiale citata in forma abbreviata, cioè con la cifra delle migliaia sottintesa.<br />

L’esame di <strong>iscrizioni</strong> appartenenti a queste categorie ha portato a sua<br />

volta alla luce <strong>due</strong> fatti: primo, che date problematiche, se interpretate<br />

come date abbreviate e rapportate ad un’era mondiale, danno risultati<br />

soddisfacenti 4 , e secondo, che varie era <strong>della</strong> creazione erano in uso con-<br />

1. Per una completa bibliografia di questa iscrizione, compresa la discussione sull’interpretazione<br />

<strong>della</strong> sua data, vedi P.-L. Gatier, Inscriptions grecques et latines de la Jordanie,<br />

Tome 2, Paris 1986, 128-131, no. 131.<br />

2. R. Arav, L. Di Segni, A. Kloner, “An Eighth Century Monastery near Jerusalem”, LA 40<br />

(1990), 313-320.<br />

3. G. Fedalto, “Liste vescovili del patriarcato di Gerusalemme”, Orientalia Christiana Periodica<br />

49 (1983) 16.<br />

4. L’esempio più chiaro è dato da un’iscrizione bizantina trovata nella Moschea di Omar a<br />

Gerusalemme, datata ‘104’ e per la quale erano state postulate ere inizianti nel V secolo,<br />

per cui non esiste alcuna base storica: vedi L. Di Segni, “The Date of the Church of the


532<br />

M. PICCIRILLO<br />

temporaneamente e successivamente nella regione — un fatto ben noto<br />

nel mondo bizantino 5 – nel periodo che ha prodotto <strong>iscrizioni</strong> cristiane<br />

in greco, tra il VI e l’VIII secolo. Accanto all’era alessandrina che pone<br />

la Natività nell’anno del mondo 5492 – era documentata nelle fonti<br />

palestinesi dei secoli VI-VII 6 , in un epitaffio dell’inizio del VII secolo,<br />

scoperto nella Moschea di Omar 7 , e nell’iscrizione di Ramot dell’VIII –<br />

appare un’altra era <strong>della</strong> creazione, probabilmente un’era nazionale<br />

georgiana, usata nell’iscrizione dedicatoria di una <strong>cappella</strong> a Beit Safafa,<br />

presso Gerusalemme, nel tardo VI secolo 8 . L’era bizantina elaborata nel<br />

corso del VII secolo, che pone la Natività nell’anno del mondo 5008 9 ,<br />

finora non sembrava essere rappresentata nell’epigrafia palestinese, nella<br />

quale d’altro canto solo una minoranza delle <strong>iscrizioni</strong> greche si colloca<br />

dopo la conquista araba del 640. Ma un riesame <strong>della</strong> data iscritta<br />

nel mosaico <strong>della</strong> Chiesa <strong>della</strong> Vergine a Madaba, alla luce <strong>della</strong> nuova<br />

interpretazione del discusso segno che ora si impone, mi ha portato a<br />

suggerire che tale data fosse da riferirsi all’era bizantina 10 . Riassumiano<br />

in breve l’argomentazione. La sequenza va letta ‘nel mese di febbraio<br />

dell’anno 6074, indizione 5’, il che presuppone l’uso di un’era <strong>della</strong> creazione.<br />

Ma nessuna delle ere mondiali note permette di computare l’anno<br />

in accordo con l’indizione; inoltre, ogni calcolo basato sulle ere che<br />

collocano l’Incarnazione e la Natività a metà del sesto millennio, anno<br />

più anno meno, porta a una datazione del mosaico alla seconda metà<br />

del VI secolo, una cronologia inaccettabile nel contesto archeologico.<br />

Dunque una possibile soluzione era che la cifra delle centinaia fosse<br />

Virgin in Madaba”, LA 42 (1992) 255; ead., “The Beit Safafa Inscription Reconsidered and<br />

the Question of a Local Era in Jerusalem”, IEJ 43 (1993) 165-167. Un altro caso è citato<br />

nello stesso articolo, p. 167.<br />

5. V. Grumel, La chronologie, Paris 1958, 15515-8.<br />

6. Per esmpio, in Cirillo di Scitopoli, Vita Euthymii, cap. 40; Vita Sabae, cap. 77 (ed. E.<br />

Schwartz, Kyrillos von Scythopolis, <strong>Le</strong>ipzig, 1939 [Texte und Untersuchungen zur<br />

Geschichte der Altchristlichen Literatur 49 ii] 60, 182); <strong>Le</strong>onzio di Damasco, Vita Stephani<br />

Sabaitae, cap. XV, 183, AASS Jul. T. III, 580.<br />

7. Vedi nota 4.<br />

8. Vedi nota 4.<br />

9. Questa era apparve per la prima volta nelle fonti nel secondo terzo del VII secolo, in<br />

<strong>iscrizioni</strong> all’inizio dell’VIII, e fu adottata come era ufficiale dell’impero bizantino nel corso<br />

del X secolo: Grumel, La chronologie, 1111-28, specialmente pp. 125-127.<br />

10. L. Di Segni, “The Date of the Church of the Virgin in Madaba”, LA 42 (1992) 251-<br />

257.


ISCRIZIONI DELLA CAPPELLA DELLA THEOTOKOS 533<br />

stata tralasciata per errore dal mosaicista. L’aggiunta di un sigma permetterebbe<br />

di leggere 6274, data che, computata secondo l’era bizantina,<br />

corrisponde al 766/7 – e di fatto febbraio 767 cade nella quinta<br />

indizione.<br />

La correzione suggerita non poteva naturalmente essere provata vera,<br />

e la difficoltà era tanto maggiore, in quanto l’era del 5508, pur essendo<br />

comune in questo periodo nell’impero bizantino, non era finora rappresentata<br />

nell’epigrafia <strong>della</strong> regione: anzi, la quasi contemporanea iscrizione<br />

di Ramot indica che la Chiesa di Gerusalemme in quel periodo<br />

usava ancora l’era alessandrina. Ora, tuttavia, la data <strong>della</strong> <strong>cappella</strong> <strong>della</strong><br />

Theotokos di ‘Ayn Kanisah, sul Nebo, rafforza la validità del suggerimento<br />

allora offerto per via di ipotesi, contribuendo una testimonianza<br />

certa dell’uso dell’era bizantina nella diocesi di Madaba proprio in questi<br />

anni.<br />

Infatti la data nell’iscrizione <strong>della</strong> <strong>cappella</strong> si legge ‘indizione 15,<br />

anno 6270’. Calcolato in base all’era bizantina (con Natività nel 5508),<br />

il 6270 corrisponde al 762/3. In questo periodo l’anno dell’era bizantina<br />

cominciava il 25 marzo, come quello dell’era alessandrina: solo più tardi,<br />

nel X secolo, comincerà ad affermarsi il calendario poi ufficialmente<br />

adottato, che fa coincidere l’inizio dell’anno con l’inizio dell’indizione,<br />

il primo settembre 11 . Dunque l’anno del mondo 6270 comicia il 25 marzo<br />

762. L’indizione 15 corrisponde al periodo tra il 1° settembre 761 e<br />

il 31 agosto 762. L’iscrizione fu perciò dettata tra il 25 marzo 762 e il<br />

31 agosto dello stesso anno. Nessuna altra era porta alla coincidenza tra<br />

anno e indizione.<br />

E’ interessante notare che l’iscrizione si riferisce non solo al restauro<br />

del pavimento <strong>della</strong> <strong>cappella</strong>, ma a lavori compiuti nell’intero edificio<br />

(hJ septh; monh; au{th), che sono descritti non in termini di un<br />

semplice rinnovamento (ajnenewvqh) ma in termini di una ricostruzione<br />

(ajnektivsqh), al cui finanziamento concorsero dei benefattori. Si può<br />

perciò pensare che la <strong>cappella</strong> sia stata riinaugurata solennemente, e non<br />

sarà forse fuori luogo suggerire a titolo di ipotesi che la cerimonia sia<br />

stata compiuta in occasione <strong>della</strong> festa <strong>della</strong> Theotokos celebrata il 15 di<br />

agosto.<br />

11. Grumel, La chronologie, 124-127.


534<br />

M. PICCIRILLO<br />

Fig. 2 Ceramica dalle stanze di nord (1-6) e dalle pendici <strong>della</strong> montagna (7).


ISCRIZIONI DELLA CAPPELLA DELLA THEOTOKOS 535<br />

Alcuni vasi scelti dell’ultima occupazione del monastero<br />

di ‘Ain Kanisah (E. Alliata)<br />

Il contesto stratigrafico dei vasi qui presentati è quello dell’ultima occupazione<br />

del monastero, cronologicamente da situarsi certamente dopo l’anno<br />

762 d. C. In questo anno infatti fu intrapresa una importante azione di ricostruzione<br />

non solo <strong>della</strong> chiesa, ma di tutto il monastero, come appare dall’iscrizione<br />

apposta nel mosaico presso la porta <strong>della</strong> chiesa. Come si vede<br />

dai disegni, si tratta di vasi di medie e grandi dimensioni che è stato possibile<br />

restaurare in forma quasi completa a partire dai frammenti raccolti nello<br />

scavo. I vasi sono stati per lo più rinvenuti nelle stanze a nord <strong>della</strong><br />

<strong>cappella</strong> (ambienti B e C) dopo aver liberato i vani dal crollo delle<br />

murature, in uno strato di terra gialla più o meno spesso che scendeva fino<br />

alla roccia. La superficie rocciosa non era regolarizzata che molto approssimativamente<br />

da un unico livello di battuto non contenente cocci più antichi.<br />

La raccolta e catalogazione <strong>della</strong> ceramica è stata curata da Manuela<br />

Derosas e il restauro dal padre Marian Arndt.<br />

I migliori paralleli per questa ceramica, globalmente presa, si rinverranno<br />

nello scavo <strong>della</strong> citta<strong>della</strong> di Amman (G. L. Harding, “Excavations<br />

on the Citadel, Amman”, ADAJ 1, 1951, pp. 7-16), soprattutto per la decorazione<br />

ad incroci piuttosto disordinati (n. 1: cfr fig. 3,39.47.65), per l’anfora<br />

d’impasto bianco con linee finemente incise a pettine (n. 2: cfr fig.<br />

4,38) e per il catino decorato a strette ondulazioni (n. 8: cfr fig. 3,50).<br />

Un’anforetta strettamente imparentata a quella presentata al n. 4 è stata trovata<br />

ad ‘Ayoun Mousa in un contesto legato alla fase terminale del dayr<br />

del Diacono Tommaso (E. Alliata, “Ceramica bizantina e omayyade di<br />

‘Uyun Musa”, LA 40, 1990, p. 248, fig. 1,8). Per le tazze a superficie con<br />

brunitura a bande, impasto fine, cottura metallica e spirale fortemente incisa<br />

sul fondo (n. 5), si usa rimandare allo scavo di Abu Ghosh (R. De Vaux<br />

- A. M. Stève, Fouilles à Qaryat el-‘Enab, Abu Ghosh, Palestine, Paris<br />

1950, pp. 123-124), dove la datazione proposta è del nono e decimo secolo.<br />

Numerose ciotole decorate ad excisione sono state pubblicate dallo scavo<br />

di Kursi, località che ha offerto una considerevole quantità di ceramica<br />

di epoca araba (A. Amr, “Handmade Umayyad Bowls with excised decoration<br />

from Rujm al-Kursi, Jordan”, Berytus 38, 1990, pp. 171-178). Il nostro<br />

frammento è stato raccolto sulle pendici <strong>della</strong> montagna a valle del<br />

monastero. Particolarmente pregevole è stata la possibilità di ricomporre<br />

<strong>due</strong> vasi da cucina (nn. 9-10) dall’impasto assai caratteristico, di colore<br />

rosso scuro, granuloso ma con le superfici brillanti. La sottigliezza delle<br />

pareti, la precisione con cui sono realizzate le costolature e la bontà <strong>della</strong>


536<br />

M. PICCIRILLO<br />

cottura li fanno immediatamente distinguere come manufatti che<br />

evidenziano l’alta professionalità del vasaio che li ha mo<strong>della</strong>ti. Compaiono<br />

a Umm al-Rasas nell’ultimo periodo di occupazione, dopo l’abbandono<br />

delle chiese (E. Alliata, “Ceramica e piccoli oggetti dallo scavo <strong>della</strong> Chiesa<br />

dei <strong>Le</strong>oni a Umm al-Rasas”, LA 42, 1992, p. 248) anche se simili impasti<br />

non sembrano del tutto assenti nell’ampio panorama <strong>della</strong> ceramica<br />

bizantina locale, particolarmente a Madaba.<br />

1 Kn 159+130. Anfora. Diam. cm 10. Imp. molto fine; col. rosa; cott. media.<br />

Decorazione: pittura rossa a spirali ed incroci un po’ disordinati. Da B2.<br />

2 Kn 289. Anfora. Diam. cm 9. Imp. fine; col. bianco; cott. medio-debole.<br />

Decorazione: fini incisioni a linee singole o a pettine sulle spalle. Dall’ambiente<br />

B1 sotto 1 m di terre gialle e pietrame del crollo.<br />

3 Kn 281. Anforetta. Diam. cm 14. Imp. fine con qualche impurità di natura<br />

calcarea; col. rosa; cott. forte. Decorazione: ingobbio bianco all’esterno e linee<br />

di pittura rossa alternativamente diritte e ondulate. Dall’ambiente C sopra<br />

il pavimento, tra le rocce.<br />

4 Kn 50+171. Anforetta. Diam. cm 13. Imp. piuttosto fine; col. rosso, bianco<br />

all’est. Decorazione: pittura di colore nerastro distesa con un tratto un po’ incerto<br />

e di tonalità variabile. Da B2 sopra il livello pavimentale.<br />

5 Kn 49. Tazza. Diam. cm 9,5. Imp. molto fine; col. rosso; cott. molto forte.<br />

Tracce di calce sulle superfici esterna e interna. Da B2 sopra il livello pavimentale.<br />

Fig. 3 Grosso catino restaurato per intero, dalla stanza nord.


Fig. 4 Ceramica da cucina, dalle stanze di nord.<br />

ISCRIZIONI DELLA CAPPELLA DELLA THEOTOKOS 537


538<br />

M. PICCIRILLO<br />

6 Kn 248. Catino. Diam. cm 40. Imp. molto fine; col. bianco; cott. mediodebole.<br />

Dall’ambiente C sopra il pavimento, tra le rocce.<br />

7 Kn 1A. Orlo di piatto o tazza. Diam. cm 30. Imp. fine; col. beige; cott. media.<br />

Decorazione: profonde incisioni decorative realizzate a coltello. Questo ultimo<br />

frammento, assai dilavato dalle intemperie è stato raccolto sulle pendici<br />

<strong>della</strong> montagna in una precedente visita al luogo.<br />

8 Kn 231. Catino. Diam. cm 50. Imp. piuttosto fine; col. rosa; cott. forte; mo<strong>della</strong>tura<br />

a mano; rifinitura dell’orlo a tornio. Decorazione: ingobbio bianco<br />

esterno e interno; serie di linee ondulate incise profondamente sulla parete<br />

esterna, ma si nota anche un frammento di simile decorazione all’interno. Dall’ambiente<br />

C sopra il pavimento, tra le rocce.<br />

9 Kn 48. Pentola. Diam. cm 15. Imp. fine; col. rosso; superficie esterna dalla<br />

caratteristica apparenza un po’ lucida; cott. forte. Da B2 sopra il livello pavimentale.<br />

10 Kn 224. Tegame. Diam. cm 26. Imp. piuttosto fine; col. rosso; sezione<br />

caratteristicamente bicolore: nera verso l’interno e rossa verso l’esterno; cott.<br />

medio-forte; l’esterno è segnato da nervature molto regolari, tondeggianti in<br />

alto e piuttosto quadrate verso il basso. Dall’ambiente C, nell’angolo SE, tra<br />

le rocce <strong>della</strong> montagna.<br />

11 Kn 51. Tegame. Diam. cm 25. Imp. granuloso con molti granellini bianchi di<br />

varia dimensione; col. marrone, nero all’est.; cott. forte. Da B2 sopra il livello<br />

pavimentale.<br />

12 Kn 163. Tegame. Diam. cm 21. Imp. fine; col. grigio; cott. forte; con nervature<br />

molto larghe e poco in rilievo. Da B2.<br />

13 Kn 376. Coperchio. Diam. cm 18. Imp. fine; col. rosso; cott. forte. Decorazione:<br />

ingobbio esterno grigio scuro. Dall’ambiente C sopra il pavimento, tra<br />

le rocce. Dall’ambiente F.<br />

14 Kn 237+260. Coperchio. Diam. cm 19. Imp. fine con rare intrusioni calcaree;<br />

col. marrone, nero all’est.; cott. media. Dall’ambiente C sopra il pavimento,<br />

tra le rocce.

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