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Rapporto Ambientale - Parte 1

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Comune di Casorezzo<br />

Provincia di Milano<br />

Piano di Governo del Territorio<br />

Valutazione <strong>Ambientale</strong> Strategica<br />

<strong>Rapporto</strong> <strong>Ambientale</strong><br />

<strong>Parte</strong> I<br />

Studio Tecnico Castelli s.a.s.<br />

di Castelli Giovanni & C.<br />

Via Monteggia, 38 - 21014 – Laveno Mombello (Va)<br />

Tel./fax. 0332/651693<br />

info@studiotecnicocastelli.eu<br />

P. IVA 02426270126<br />

Dott. Giovanni Castelli


Figura 1 - Inquadramento del Comune - Foto aerea; estratto viewer geografico Sistema Informativo<br />

Territoriale<br />

Figura 2 – vista prospettica di Casorezzo dal Comune di Ossona – strada Provinciale 128 (da SUD<br />

verso NORD)<br />

Figura 3 – vista prospettica di Casorezzo dalla strada Provinciale 171, con veduta parziale del Parco<br />

del Roccolo (da EST verso OVEST)<br />

Figura 4 – vista prospettica di Casorezzo da Busto Garolfo – strada Provinciale 128 (da NORD verso<br />

SUD)<br />

Figura 5 – vista prospettica di Casorezzo da Inveruno – strada Provinciale 171 (da OVEST verso<br />

EST)<br />

Figura 6 – Confronto tra superficie agro naturale ed urbanizzato (dati DUSAF 2009).<br />

Figura 7 - Fonte: dati DUSAF 2009, SIT Regione Lombardia<br />

Figura 8 - Estratto PTR Documento di Piano, pag. 31 "Le polarità emergenti"<br />

Figura 9 - PTR: Tav.1 - Polarità e Poli di sviluppo Regionale<br />

Figura 10 - Estratto della tavola 4 del PTR “I Sistemi Territoriali del PTR”, art. 20 L.R. 12/05<br />

Figura 11 - Workshop di Landscape Design | Master “Paesaggi Straordinari” | NABA: “Nutrire il<br />

pianeta, Energia per la vita”<br />

Figura 12 - Estratto della tavola 2 del PTR “Zone di preservazione e salvaguardia ambientale”, art.<br />

20 L.R. 12/05<br />

Figura 13 - PTR: Tav.3 - Infrastrutture prioritarie per la Lombardia<br />

Figura 14 - Achille Funi, Paesaggio Milanese<br />

Figura 15 - Piano Paesaggistico Regionale – Tav.A<br />

Figura 16 - Estratto tavola B PTPR “Elementi identificativi e Percorsi di Interesse paesaggistico”<br />

Figura 17 - Estratto tavola D PTPR "Quadro di riferimento della disciplina paesaggistica regionale"<br />

Figura 18 - Estratto tavola E PTPR "Viabilità di rilevanza paesaggistica"<br />

Figura 19 - Estratto tavola Ic PTPR “Tutele paesaggistiche”<br />

Figura 20 - Estratto "Rete Ecologica Regionale", codice settore: 32; Nome settore: Alto Milanese<br />

Figura 21 - Rete Ecologica Regionale RER: individuazione settori<br />

Figura 22 - Estratto tavola 1 PTCP - Sistema insediativo - infrastrutturale<br />

Figura 23 - Estratto tavola 2f del PTCP - Difesa del suolo<br />

Figura 24 - Estratto tavola 3 PTCP - Sistema paesistico - ambientale<br />

Figura 25 - Tav. 4 PTCP – Rete Ecologica Provincia di Milano<br />

Figura 26 - Estratto tavola 5 PTCP – Sistema dei vincoli paesaggistici e ambientali<br />

Figura 27 - Estratto tavola 6 PTCP - unità paesistico-territoriali<br />

Figura 28 – Percorsi di interesse paesistico - PTPR<br />

Figura 29 - Estratto "Figura 3 - Ambiti del Paesaggio agrario" della relazione generale del PTCP<br />

Figura 30 - Estratto tav.1 infrastrutture - proposta di adeguamento PTCP alla L.R. 12/2005<br />

Figura 31 - Estratto tav.2 Ambiti, sistemi ed elementi di rilevanza paesaggistica - proposta di<br />

adeguamento PTCP alla L.R. 12/2005


Figura 32 - Estratto tav.3 Ambiti, sistemi ed elementi di degrado o compromissione paesaggistica -<br />

proposta di adeguamento PTCP alla L.R. 12/2005<br />

Figura 33 - Estratto tav.4 rete ecologica - proposta di adeguamento PTCP alla L.R. 12/2005<br />

Figura 34 - Estratto tav.5 ambiti destinati all’attività agricola di interesse strategico - proposta di<br />

adeguamento PTCP alla L.R. 12/2005<br />

Figura 35 - stralcio tavola 1 PIF (quadri A6D1 – A6E1) Provincia di Milano “carta dei boschi e degli<br />

elementi boscati minori”<br />

Figura 36 - stralcio tavola 2 PIF Provincia di Milano “carta delle tipologie forestali”<br />

Figura 37 – Estratto Allegato A alla normativa tecnica del Piano Cave Provincia di Milano, schede e<br />

planimetrie relative agli ATE<br />

Figura 38 - Estratto Allegato A alla normativa tecnica del Piano Cave Provincia di Milano, schede e<br />

planimetrie relative agli ATE<br />

Figura 39 – Estratto Allegato A alla normativa tecnica del Piano Cave Provincia di Milano, schede e<br />

planimetrie relative agli ATE<br />

Figura 40 - Estratto Allegato A alla normativa tecnica del Piano Cave Provincia di Milano, schede e<br />

planimetrie relative agli ATE<br />

Figura 41 - tavola di sintesi tavoli istituzionali per il Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale,<br />

Provincia di Milano<br />

Figura 42 – i comuni del Piano d’Area<br />

Figura 43 - estratto PLIS del Roccolo: Atlante dei PLIS in Provincia di Milano, Centro Studi PIM<br />

Figura 44 – estratto tav. 8. Classi di fattibilità dello studio geologico allegato al Piano; Geol. A. Dordi,<br />

luglio 2012<br />

Figura 45 – estratto tav.9 “carta della fattibilità delle azioni di piano” dello studio geologico allegato<br />

al PGT<br />

Figura 46 – zone individuate in funzionedelle concentrazioni e dei limiti di emissione di PM10;<br />

Regione Lombardia<br />

Figura 47 - Estratto tav.12 quadro ricognitivo vincoli, fasce di rispetto e aree di limitazione d’uso<br />

Figura 48 - Rete elettrica ; Fonte: Regione Lombardia;<br />

http://www.territorio.regione.lombardia.it/cs/Satellite?c=Page&childpagename=DG_Territorio%2FD<br />

GLayout&cid=1213377120517&p=1213377120517&pagename=DG_TERRWrapper. La piattaforma<br />

consente l'accesso on-line alle informazioni relative alle reti di sottoservizi e agli impianti di<br />

smaltimento dei rifiuti dei Comuni della Lombardia, unitamente ad alcuni strati informativi di<br />

carattere ambientale.<br />

Figura 49 – Piano di Azzonamento Acustico – Comune di Casorezzo; revisione febbraio 2002<br />

Figura 50 - Il territorio "veloce" e il territorio “lento”<br />

Figura 51 – Area di destinazione prevalente degli spostamenti dai comuni del Magentino per<br />

Comune di origine per motivi di lavoro o di studio. Fonte: Regione Lombardia, anno 2002


Figura 52 – Numero di spostamenti verso il Magentino per Comune di origine (al netto dei<br />

movimenti interni ai singoli comuni) per motivi di lavoro o di studio. Fonte: Regione Lombardia,<br />

anno 2002<br />

Figura 53 - Numero di spostamenti dal Magentino per Comune di destinazione (al netto dei<br />

movimenti interni ai singoli comuni) per motivi di lavoro o di studio. Fonte: Regione Lombardia,<br />

anno 2002<br />

Figura 54 – percentuale degli spostamenti dai comuni del Magentino (al netto dei movimenti interni<br />

ai singoli comuni) per area di destinazione per motivi di lavoro e di studio<br />

Figura 55 – spostamenti in uscita da Casorezzo verso i comuni del magentino e le altre principali<br />

aree di destinazione al 2002<br />

Figura 56 - spostamenti in entrata nei comuni del magentino per comune di origine al 2002<br />

Figura 57 – numero di spostamenti pendolari e sistematici verso il Magentino per Comune di origine<br />

(al netto dei movimenti interni ai singoli comuni) al 2002.<br />

Figura 58 – matrice degli spostamenti su mezzo privato per motivi di lavoro e studio tra i comuni del<br />

Magentino; 2002<br />

Figura 59 – spostamenti su mezzo privato in entrata e in uscita dal Magentino per area di origine o<br />

destinazione e motivo; anno 2002<br />

Figura 61 –Individuazione delle aree dismesse<br />

Figura 62 – Rete approvvigionamento acque; Fonte: Ufficio tecnico comunale<br />

Figura 64 - Rete smaltimento acque ; Fonte: ufficio tecnico comunale<br />

Figura 66 – individuazione agglomerato (codice: C1.01, Robecco sul Naviglio) per Casorezzo; Fonte:<br />

ATO provincia di Milano


La Valutazione <strong>Ambientale</strong> Strategica (VAS) è definita nel Manuale UE 1 , come:<br />

“Il processo sistematico inteso a valutare le conseguenze sul piano ambientale delle azioni proposte<br />

politiche, piani o iniziative nell’ambito di programmi ai fini di garantire che tali conseguenze siano<br />

incluse a tutti gli effetti e affrontate in modo adeguato fin dalle prime fasi del processo decisionale,<br />

sullo stesso piano delle considerazioni di ordine economico e sociale”<br />

In tal modo la tematica ambientale ha assunto un valore primario e un carattere di assoluta<br />

trasversalità nei diversi settori oggetto dei piani di sviluppo attuativi delle politiche comunitarie e con<br />

preciso intento di definire strategie settoriali e territoriali capaci di promuovere lo sviluppo sostenibile.<br />

La Valutazione ambientale strategica (VAS) è quindi un processo sistematico di valutazione delle<br />

conseguenze ambientali di piani e programmi destinati a costituire il quadro di riferimento di attività di<br />

progettazione puntuale. Essa, in particolare, risponde all’esigenza, sempre più sentita tanto a livello<br />

europeo quanto a livello nazionale, di considerare, nella promozione di politiche, piani e programmi,<br />

anche i possibili impatti ambientali delle attività umane, con un approccio che non soltanto si<br />

preoccupi della salvaguardia ambientale ex post, ma soprattutto miri ad incidere ex ante sulle scelte<br />

economiche e sociali.<br />

L’articolo 4 della Legge Regionale 16 Marzo 2005 N. 12, denominata “legge per il governo del<br />

territorio”, definisce che “Al fine di promuovere lo sviluppo sostenibile ed assicurare elevato livello di<br />

protezione ambientale, la Regione e gli enti locali, nell’ambito dei procedimenti di elaborazione ed<br />

approvazione dei piani e dei programmi di cui alla direttiva 2001/42/CEE del Parlamento Europeo e<br />

del Consiglio del 27 Giugno 2001 concernente la valutazione degli effetti di determinati piani e<br />

programmi sull’ambiente e successivi atti attuativi, provvedendo alla valutazione ambientale degli<br />

effetti derivanti dall’attuazione dei predetti piani e programmi”.<br />

La stessa direttiva Comunitaria stabilisce all’art 2 in cosa consiste la Valutazione <strong>Ambientale</strong>: “ … si<br />

intende l’elaborazione di un rapporto di impatto ambientale, lo svolgimento di consultazioni, la<br />

valutazione del rapporto ambientale e dei risultati delle consultazioni nell’iter decisionale e la messa a<br />

disposizione delle informazioni sulla decisione”<br />

Da questo si evince che il processo di VAS è ben diverso dalla Valutazione di Impatto <strong>Ambientale</strong> dei<br />

progetti in quanto processo sistematico di valutazione. La VAS non è intesa infatti come strumento di<br />

aiuto alla decisione.<br />

1 Commissione Europea, DGXI Ambiente (1998), Manuale per la valutazione ambientale dei piani di sviluppo e dei programmi di Fondi<br />

Strutturali dell’Unione Europea


Il concetto chiave che sta a monte dell’introduzione della VAS è quello dello sviluppo sostenibile, cioè<br />

uno sviluppo che coniughi economia, società e ambiente senza che nessuno dei tre prevarichi sugli<br />

altri.<br />

Altro punto saliente della VAS è la partecipazione, avente lo scopo di allargare il novero delle<br />

conoscenze utili e rende possibile la partecipazione dei soggetti interessati.<br />

In sintesi il processo di VAS sarà teso ad assicurare che gli effetti derivanti da piani proposti:<br />

Siano identificati;<br />

Valutati;<br />

Sottoposti alla partecipazione del pubblico;<br />

Presi in considerazione dai decisori;<br />

Monitorati durante la realizzazione del piano o programma;


La Valutazione <strong>Ambientale</strong> del PGT sarà articolata secondo il processo metodologico procedurale di<br />

seguito riportato, e coerente con quanto disposto dalla DGR VIII/6420 e conforme a quanto poi<br />

disposto dalle successive DGR ed in particolar modo dalla DGR 9/761 del 10-11-2010. Il processo<br />

sarà così articolato:


I vari momenti dei processi (costruzione del Piano / procedura di Vas) sono scanditi allo scopo<br />

garantire la trasparenza e la partecipazione, che sono gli obiettivi fondamentali di questo<br />

procedimento.<br />

Nei paragrafi successivi si analizzeranno le singole fasi.


La fase di preparazione prevede le procedure volte all’affidamento degli incarichi funzionali allo<br />

sviluppo del piano.<br />

La fase di orientamento coincide con una serie di attività preliminari alla elaborazione del Documento<br />

di Piano e del <strong>Rapporto</strong> <strong>Ambientale</strong>. La sintesi di tali attività si riassume nel documento di scoping<br />

attraverso il quale si concretizza il momento di confronto con i soggetti competenti in materia<br />

ambientale ed il pubblico.<br />

Da questa fase in poi l’attuazione del confronto pubblico investe tutto il percorso di elaborazione del<br />

PGT così come tutti i passaggi della procedura di VAS. L’importanza della fase di orientamento è<br />

evidenziata anche dalla necessità di creare un substrato conoscitivo affinché il confronto possa essere<br />

efficiente fin da subito.<br />

La fase di orientamento si conclude con l’avvio del confronto tra tutti i soggetti coinvolti. Nella<br />

Conferenza di valutazione viene presentato il documento di scoping al fine sia di condividere lo<br />

schema operativo dell’elaborazione del PGT che di interagire in modo diretto e funzionale con i<br />

soggetti competenti in materia ambientale ed il pubblico.<br />

Questa fase rappresenta il momento più delicato nello sviluppo del piano, in quanto gli elementi<br />

emersi nella fase di orientamenti devono essere elaborati al fine di delineare lo scenario di riferimento<br />

in cui inserire il PGT ossia la stima dell’evoluzione temporale del contesto e delle variabili che lo<br />

descrivono.<br />

In questa fase la VAS si intreccia allo sviluppo vero e proprio del PGT, integrando gli obiettivi e le<br />

modalità operative per il loro raggiungimento, con le valutazioni degli impatti sulle componenti<br />

ambientali, la valutazione delle strategie e delle possibili alternative per la correzione degli impatti<br />

negativi.


Una prima azione da interpretare è l’analisi dello stato di fatto e la valutazione dello scenario zero<br />

(T0), ossia quello scenario che si avrebbe senza che azioni diverse da quelle già in atto vengano<br />

intraprese.<br />

La fase di elaborazione e redazione si articola quindi attraverso l’analisi di coerenza esterna, la stima<br />

degli effetti ambientali attesi, la valutazione delle alternative di piano, l’analisi di coerenza interna, la<br />

progettazione del sistema di monitoraggio, per concludersi con la proposta di <strong>Rapporto</strong> <strong>Ambientale</strong> e<br />

sintesi non tecnica parallelamente alla proposta di Documento di Piano (da qui Ddp) del PGT e il<br />

deposito delle stesse.<br />

Il Ddp e il <strong>Rapporto</strong> <strong>Ambientale</strong> elaborati nella fase precedente vengono messi a disposizione delle<br />

Autorità competente in materia <strong>Ambientale</strong> e del pubblico. Vengono quindi raccolte le osservazioni per<br />

permettere un’ampia condivisione dei documenti realizzati.<br />

Ultima fase è quella di adozione e di gestione attraverso il monitoraggio degli impatti attraverso un<br />

monitoraggio degli impatti che la sua attivazione provocherà sull’ambiente. Durante questa fase<br />

prevista anche nel <strong>Rapporto</strong> <strong>Ambientale</strong> sono pianificate operazioni periodiche di controllo<br />

dell’attuazione del piano in modo da intervenire con azioni correttive nel caso in cui si manifestino<br />

effetti indesiderati.<br />

Il presente capitolo definisce i soggetti coinvolti nel processo di VAS, in linea con le definizioni della<br />

direttiva comunitaria ed i criteri di cui al 351/07, il tutto assunto con provvedimento deliberativo di<br />

giunta comunale n. 16 del 18-02-2009.<br />

Peraltro la riportata individuazione è stata adeguata a quanto disposto dalle successive DGR in<br />

materia di VAS. I soggetti vengono pertanto così individuati conformemente a quanto individuato nella<br />

DGR 9/761 del 10-11-2010;


Definizioni Soggetti<br />

Autorità procedente<br />

Pubblica amministrazione che<br />

attiva le procedure di redazione e<br />

di valutazione del piano<br />

Autorità competente per la VAS<br />

Autorità con compiti di tutela e<br />

valorizzazione ambientale<br />

Estensore del Piano<br />

Soggetto incaricato dalla PA<br />

proponente di elaborare la<br />

documentazione tecnica del PGT<br />

(Documento di Piano, Piano dei<br />

Servizi e Piano delle Regole)<br />

Estensore del <strong>Rapporto</strong><br />

<strong>Ambientale</strong><br />

Soggetto incaricato dalla PA per lo<br />

sviluppo del processo di VAS<br />

Soggetti Competenti in materia<br />

ambientale<br />

Strutture pubbliche competenti in<br />

materia ambientale e della salute<br />

per livello istituzionale<br />

Enti territoriali competenti<br />

Enti territorialmente interessati a<br />

vario titolo ai potenziali effetti<br />

derivanti dalla scelte di PGT<br />

Contesto transfrontaliero<br />

Amministrazione territorialmente<br />

confinanti<br />

Gestori reti<br />

Geom. Angelo Colombo, Responsabile del Servizio edilizia privata,<br />

urbanistica ed Ecologia del Comune di Casorezzo;<br />

Il Responsabile dell’Area Tecnica del Comune di Mesero, Dr.ssa<br />

M. Elisa Bianchi<br />

Studio Bignotti S.R.L. Studio D'Engineering<br />

Studio Tecnico Castelli s.a.s.<br />

ARPA Lombardia – Dipartimento di Milano<br />

ASL<br />

Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della<br />

Lombardia<br />

Sovrintendenza per i beni architettonici e paesaggistici<br />

Sovrintendenza archeologica Lombardia<br />

Regione Lombardia (DG Territorio e Urbanistica,), presso<br />

STER - Sede territoriale di Legnano,<br />

Provincia di Milano - Settore Territorio e Urbanistica,<br />

Autorità di Bacino del fiume Po,<br />

Consorzio Villoresi;<br />

Plis del Roccolo.<br />

Comuni di<br />

Arluno;<br />

Busto Garolfo;<br />

Parabiago;<br />

Ossona;<br />

Inveruno<br />

GEI S.p.a.<br />

SNAM;<br />

ENEL S.p.a.;<br />

Telecom Italia S.p.a.


Pubblico<br />

Singoli cittadini e associazioni di<br />

categoria e di settore<br />

A.T.O. della Provincia di Milano;<br />

ENERCOM S.r.l.;<br />

Paraoli S.p.a.<br />

AMGA Legano S.p.a.<br />

Istituto comprensivo scolastico;<br />

Asilo parrocchiale;<br />

Oratorio parrocchiale San Luigi<br />

Parrocchia San Giorgio;<br />

Comando Provinciale VV.FF.<br />

Agenda 21 dei comuni dell’est Ticino<br />

CCIAA Provincia di Milano;<br />

Federazione Coldiretti Milano<br />

Unione agricoltori – Confagricoltura della Provincia di Milano<br />

Unione industriali della Provincia di Milano<br />

Confartigianato Milano<br />

CNA Milano<br />

Associazione Commercianti Millano<br />

Eurolavoro soc. cons. arl<br />

Associazioni varie di cittadini ed altre autorità che possono<br />

avere interesse: associazione, gruppi organizzati e partiti<br />

presenti sul territorio.


Nell’esprimere l’esigenza di un approccio teso alla trasparenza ed alla condivisione delle scelte<br />

pianificatorie, il quadro normativo di riferimento, dal livello comunitario a quello regionale, evidenzia il<br />

duplice profilo rispetto al quale la formazione del piano e la sua contestuale valutazione ambientale<br />

sono chiamate a sviluppare il processo decisionale partecipato: da un lato la sfera dei confronti, dei<br />

contatti propedeutici e lo scambio di informazioni con gli Enti territoriali coinvolti e le autorità<br />

competenti in materia ambientale, configurabile propriamente come il livello della consultazione<br />

istituzionale, la quale assume come sede più specifica per le proprie attività la Conferenza di<br />

Valutazione; dall’altro, l’insieme delle azioni di comunicazione, informazione, raccolta di pareri, istanze<br />

ed opinioni attraverso cui è chiamato ad attuarsi in forma più generalizzata il coinvolgimento delle<br />

diverse componenti della cittadinanza e della popolazione (rappresentanze socio-economiche,<br />

portatori di interessi, organizzazioni non istituzionali, ecc.), e che può essere assunto come il livello<br />

della partecipazione del pubblico.<br />

L’insieme dei due livelli di partecipazione, con le rispettive azioni ed iniziative (alcune differenziate,<br />

altre comuni), costituisce a sua volta il processo di partecipazione integrato nel piano che la stessa LR<br />

12/2005 auspica venga posto in atto.<br />

Il percorso di partecipazione pubblica potrà prevedere il coinvolgimento della cittadinanza e dei<br />

portatori di interessi attraverso le seguenti iniziative:<br />

incontri di carattere informativo generale;<br />

incontri di confronto diretto con i rappresentanti delle categorie economiche, socioculturali e<br />

ricreative;<br />

incontri di approfondimento specifico (focus groups) con le parti della cittadinanza più<br />

direttamente coinvolte da alcune tematiche chiave del nuovo strumento urbanistico.


La Valutazione <strong>Ambientale</strong> del PGT sarà articolata secondo il processo metodologico procedurale di<br />

“1. Il documento di piano, a cui è interamente dedicato l'art. 8 della legge, costituisce l'atto a valenza<br />

strategica mediante il quale l'amministrazione comunale opera a cadenza quinquennale una articolata<br />

ricognizione delle tendenze emergenti sul proprio territorio ed indica le principali prospettive e direttrici<br />

di sviluppo e di salvaguardia. Un documento a carattere ricognitivo e propositivo ad un tempo.<br />

Nello schema triadico in cui si articola il piano di governo del territorio, il documento di piano riveste la<br />

decisiva funzione di evidenziare i processi in atto e di tracciare la cornice entro la quale troveranno<br />

definizione puntuale le scelte da assumere nel piano dei servizi, nel piano delle regole e, con il<br />

decisivo apporto propositivo dei privati, nei piani attuativi.<br />

Riprendendo lo schema interpretativo 'per funzioni' che abbiamo sin qui privilegiato nell’analisi della<br />

legislazione urbanistica lombarda, va specificato che il documento di piano è l'atto mediante il quale si<br />

esplicano due distinte funzioni: a) quella conoscitiva, che qui trova il momento di organica emersione<br />

dei propri risultati; b) quella di fissazione delle grandezze insediabili. Quest'ultima funzione, grazie<br />

all'introduzione del documento di piano, acquisisce piena autonomia e prende definitivamente il posto<br />

di quelle complesse operazioni empiriche (considerate meri passaggi intrinseci al procedimento di<br />

pianificazione) che precedentemente sfociavano nel dimensionamento del piano regolatore generale<br />

imperniato sulla nozione di capacità insediativa teorica.<br />

Questa nuova figura pianificatoria rompe nettamente con la tradizione delineata dalla legge<br />

urbanistica del '42 e dalla legge regionale 15 aprile 1975, n. 51. Nulla a che vedere - contrariamente a<br />

quanto si potrebbe pensare - con la vecchia 'relazione di piano' 2 . Volendo cercare un antecedente di<br />

questa nuova figura pianificatoria, occorre piuttosto avere riguardo al documento di inquadramento 3<br />

previsto dalla l.r. 12 aprile 1999, n. 9, mediante il quale l'amministrazione comunale esprime(va) 4 le<br />

proprie strategie rispetto all'utilizzo dei programmi integrati di intervento in vista della riqualificazione<br />

degli ambiti degradati. Questo atto - che negli ultimi anni ha consentito di affrontare con risultati<br />

2 Per contro, G. SALA, Commento all’art. 8, in AA.VV., Governo del territorio, Milano, 2005, in part., 82 identifica una linea d continuità tra<br />

il documento di piano (almeno nella parte conoscitiva) e la vecchia ‘Relazione di piano’.<br />

3 F. PAGANO, Il documento di inquadramento dei programmi integrati di intervento nella prospettiva di una nuova disciplina della<br />

pianificazione comunale, in Riv. giur. edil., II, 2002, 123.<br />

4 Questo documento continua a costituire il necessario presupposto per l'impiego dei programmi integrati di intervento, nelle more<br />

dell'approvazione del documento di piano: ciò ai sensi dell'art. 25, VII, comma della legge, e sino al momento in cui si doti del documento<br />

di piano.


ampiamente positivi alcune tra le maggiori criticità del territorio lombardo - ha costituito il vero<br />

paradigma al quale si è richiamato il legislatore regionale. Nella scelta di questo modello hanno avuto<br />

un peso decisivo i risultati analitici raggiunti quasi ovunque attraverso i documenti che hanno<br />

preceduto le maggiori iniziative di recupero: un caso per tutti, il già ricordato 5 documento Ricostruire la<br />

Grande Milano 6 . Un tale grado di consapevolezza circa le complessità territoriali era tradizionalmente<br />

assai difficile da riscontrare nell'attività preparatoria all'adozione dei piani regolatori e delle loro<br />

varianti: le scelte contenute negli atti di pianificazione sono state sovente considerate auto-evidenti ed<br />

è quasi sempre mancata (o comunque è rimasta inespressa) una approfondita analisi dei processi in<br />

atto. In chiave metodologica, l'elemento nuovo introdotto dall'articolo in commento è dunque costituito<br />

dal vincolo che impone ad ogni comune lombardo di riflettere sul proprio territorio in termini<br />

propriamente strategici, preliminarmente rispetto ad ogni scelta puntuale di pianificazione. La<br />

stringenza di questo vincolo si ricollega direttamente alla necessità di dare evidenza (giving of the<br />

reasons) a tali risultati entro un apposito documento: il vincolo di esplicitazione di tali proposizioni in un<br />

apposito documento dovrebbe quindi riuscire ad incidere profondamente sulle modalità concrete<br />

attraverso cui la decisione pianificatoria matura entro il dibattito pubblico.<br />

Il passaggio dal piano regolatore al piano di governo del territorio - o, se si preferisce, dall'urbanistica<br />

al governo del territorio - impone dunque alle amministrazioni di esprimere in termini compiuti una<br />

progettualità complessiva per la città: una progettualità interdisciplinare, che travalica nettamente i<br />

confini dell'urbanistica in senso stretto. Viene inoltre finalmente introdotto nella disciplina pianificatoria<br />

un confronto con la dimensione temporale dei processi e con le rigidità finanziarie ed attuative.<br />

Si passa da un disegno ottativo del territorio ad una prefigurazione strategica del possibile futuro<br />

prossimo della città in ogni suo profilo autenticamente rilevante. Una prospettiva strategica che -<br />

facendo seguito ad un dibattito partecipato - aspira a delineare uno scenario effettivamente<br />

percorribile e reso manifesto a priori a beneficio di tutti gli attori, pubblici e privati.<br />

Il documento di piano, come si è già accennato, non corrisponde al modello del piano strutturale che -<br />

a partire delle proposte dell'INU e dalla 'Bozza Stella Richter' 7 - si è diffuso in altre regioni ed è stato<br />

ripreso anche nella proposta di legge urbanistica di principi che è stata a lungo in discussione in<br />

Parlamento durante la passata legislatura. Un modello che, peraltro, anche in assenza di precisi<br />

riferimenti normativi era già stato abbracciato anche in qualche importante comune lombardo: si veda,<br />

ad esempio, il P.R.G. della Città di Mantova, oggetto di una innovativa variante nel 2004.<br />

5 Si rinvia al primo capitolo.<br />

6 Un documento che ha offerto l'occasione per una approfondita disamina delle difficoltà incontrate da una metropoli dilatata in cerca di<br />

una rinnovata identità territoriale, seguita da una lucida messa a fuoco delle strategie di intervento.<br />

7 Supra.


Il documento di piano ha pochi omologhi anche nella legislazione urbanistica regionale: un parallelo<br />

può forse essere tracciato con il 'piano di assetto del territorio' che un'altra innovativa legge regionale<br />

di ultima generazione, quella del Veneto 8 , identifica quale strumento volto a dettare le linee strategiche<br />

del processo pianificatorio 9 e con il 'documento degli obiettivi' previsto dalla legislazione ligure 10 .<br />

Le differenze rispetto alle regioni (Emilia-Romagna, Calabria, Toscana ed Umbria in testa) che hanno<br />

seguito lo schema piano strutturale-piano operativo non vanno tuttavia oltremodo enfatizzate. Basti<br />

prendere ad esempio la recente legge umbra 11 : anche qui, nella 'parte strutturale del PRG', trovano<br />

spazio gli esiti della ricognizione del territorio (le invarianti) e le previsioni di sviluppo. Si ritrova cioè<br />

(secondo il lessico del legislatore umbro) "un'idea condivisa di sviluppo socio-economico e spaziale"<br />

che si confronta con "gli elementi del territorio che costituiscono il sistema delle componenti naturali …<br />

", con "gli insediamenti esistenti e gli elementi del territorio che rivestono valore storico-culturale", sino<br />

a sfociare nella rappresentazione del "sistema delle funzioni insediative urbane e territoriali, esistenti e<br />

di progetto". Analoghi i contenuti del 'piano strutturale' comunale delineato dalla legge urbanistica<br />

toscana 12 . Anche in questo caso lo strumento urbanistico prende le mosse dall'aggregazione dello<br />

'statuto dei luoghi' e passa quindi a "delinea(re) la strategia dello sviluppo territoriale comunale<br />

mediante l'indicazione e la definizione: a) degli obiettivi e degli indirizzi per la programmazione del<br />

territorio; … c) delle dimensioni massime sostenibili degli insediamenti nonché delle infrastrutture e dei<br />

servizi necessari per le unità territoriali organiche elementari".<br />

Non si registrano quindi autentiche differenze sostanziali rispetto ai contenuti che dovrà assumere il<br />

documento di piano lombardo. Questo è un dato molto importante, decisamente sottovalutato da<br />

alcuni interpreti 13 , le cui analisi sono tese unicamente a far risaltare (a costo di forzare i dati normativi)<br />

le differenze (si direbbe l'alternatività) tra il modello lombardo ed il paradigma di urbanistica regionale<br />

ormai consolidatosi 14 . Il quadro si fa dunque più nitido se dai nominalismi si passa all'analisi delle<br />

diverse funzioni e delle figure di piano attraverso cui queste ultime si esplicano. Al di là delle etichette<br />

(che si ha l'impressione vengano sovente piegate al radicalismo delle posizioni pregiudiziali), emerge<br />

che nei documenti definiti 'strutturali' non si ritrova mai solamente l'isolata rappresentazione della<br />

componente ricognitiva, quale medium rispetto all'emersione delle cd. invarianti territoriali 15 . Sapendo<br />

8 L. r. Veneto, 23 aprile 2004, n. 1.<br />

9 L. r. Veneto, 23 aprile 2004, n. 11, in part., art. 12 " … 2. Il piano di assetto del territorio (PAT) è lo strumento di pianificazione che<br />

delinea le scelte strategiche di assetto e di sviluppo per il governo del territorio comunale …".<br />

10 L. r. Liguria 4 settembre 1997, n. 36, in part., art. 26.<br />

11 L. r. Umbria 22 febbraio 2005, n. 11, in part., art. 3, II comma.<br />

12 L. r. Toscana, 3 gennaio 2005, n. 1, art. 53; I e II comma.<br />

13 G. BELTRAME, Sul piano di governo del territorio della nuova legge lombarda n. 12/2005, in www.pausania.it.<br />

14 Su questo punto, si vedano F. SALVIA - F. TERESI, Diritto urbanistico, VII ed., Padova, 2002, in part., 106.<br />

15 P. URBANI - S. CIVITARESE MATTEUCCI, Diritto urbanistico, III ed., Torino, 2004, in part., 114.


di andare controcorrente, si può quindi escludere che sia questa la vera differenza che intercorre tra il<br />

modello lombardo ed il modello che si è diffuso negli ultimi anni in altre regioni.<br />

2. La scelta di non seguire il modello incentrato sulla dicotomia piano strategico-piano operativo è<br />

stata motivata dalla Regione Lombardia con la volontà di evitare che il processo di pianificazione si<br />

frazioni in più livelli 16 . Effettivamente il PGT non si articola lungo un asse verticale, in documenti che<br />

definiscono progressivamente i medesimi contenuti: gli atti che ne fanno parte si integrano invece in<br />

orizzontale, secondo una tipica logica di competenza e specializzazione 17 . L'opzione normativa risulta<br />

quindi coerente con la premessa orientata al definitivo superamento della pianificazione 'a cascata'<br />

(supra). Questa scelta non ha prodotto effetti solo nei rapporti tra i diversi livelli istituzionali, ma anche<br />

tra i vari atti che compongono il PGT, segnando - qui sì - una rimarchevole differenza rispetto al<br />

modello piano strutturale-piano operativo.<br />

Sarebbe del pari errato assimilare la pianificazione strategica alla pianificazione di direttive. Il<br />

documento di piano non ha la funzione di operare scelte fondanti destinate a trovare successiva<br />

puntualizzazione a livello di pianificazione operativa (quelle che P. Stella Richter definisce scelte<br />

'conformative del territorio', contrapponendole a quelle 'conformative della proprietà' che<br />

apparterrebbero esclusivamente al livello operativo 18 ). Non è questione né di scala né di<br />

autoapplicatività delle decisioni. Le decisioni strategiche hanno una matrice tipologicamente diversa<br />

da quelle territoriali 19 in senso proprio.<br />

Esse producono effetti tutti intrinseci al processo di pianificazione.<br />

Il documento di piano si limita a dettare gli obiettivi - in chiave quantitativa più che territorialubicazionale<br />

- e fissa le grandezze perseguibili nell'intero piano di governo del territorio. Se si<br />

escludono gli ambiti di trasformazione, che devono essere preventivamente identificati dal documento<br />

di piano 20 , questo atto non funge da strumento di allocazione nello spazio degli effetti che<br />

conseguiranno allo sviluppo delle decisioni ivi espresse. In questo senso il documento di piano sta<br />

all'interno di un processo pianificatorio urbanistico e ne orienta ab intrinseco gli svolgimenti, pur non<br />

dettandoli direttamente.<br />

16 Cfr. REGIONE LOMBARDIA, Sviluppo e trasformazione del territorio lombardo, Rimini, 2002, in part., 7.<br />

17 Tanto che, è bene segnalarlo, in assenza di uno di questi documenti l'intero sistema subirebbe un sostanziale paralisi.<br />

18 P. STELLA RICHTER, I principi del diritto urbanistico, Milano, 2002, in part., 81.<br />

19 G. SCIULLO, Pianificazione territoriale e urbanistica, in Dig. disc. pubbl., XI, Milano, 1996, in part., 137.<br />

20 Infra.


Nel modello lombardo, il documento di piano si limita ad esprimere una cornice di grandezze, derivanti<br />

da una approfondita analisi dello stato di fatto e da una rigorosa valutazione di sostenibilità a cui<br />

(anche mediante la VAS) vengono sottoposte tutte le proposte di sviluppo. Il documento di piano -<br />

come detto - ha una valenza tutta interna al piano di governo del territorio: entro questo processo<br />

costituisce l'atto preliminare, mediante il quale il consiglio comunale si esprime circa l'essenzialità<br />

della crescita edilizia, ne fissa i limiti complessivi derivanti dalle invarianti territoriali, mette a fuoco le<br />

criticità ed indica le forme di salvaguardia necessaria (e diversificata) delle varie parti del territorio<br />

comunale.<br />

Il documento di piano costituisce quindi, dopo la ricognizione delle invarianti, anche il primo passaggio<br />

nell'esercizio della funzione pianificatoria, che preliminarmente assegna a se stessa una rigida cornice<br />

quantitativa.<br />

La durata quinquennale del documento di piano sta ad indicare che lì trovano collocazione le<br />

premesse di un progetto di governo del territorio espresso dall'organo consiliare con una cadenza che<br />

dovrebbe favorire la coincidenza con il governo municipale di legislatura 21 .<br />

La durata circoscritta conferma comunque che il legislatore ha voluto mettere in risalto nel documento<br />

di piano il contenuto di decisione, di programmazione. Una decisione che, pur ancorata ad un rigoroso<br />

vincolo di coerenza rispetto alle invarianti ed alle logiche di sostenibilità, riflette inevitabilmente una<br />

impronta politico-amministrativa. Questa 'decisione prima' si presta quindi ad essere riformulata ogni<br />

quinquennio, non foss'altro per verificarne la perdurante piena coerenza con i mutevoli bisogni della<br />

comunità. Non si può tuttavia nascondere che il sistema nel suo complesso potrebbe ritrarne<br />

un'immagine di instabilità o, ancor peggio, di totale negoziabilità, con il rischio che si inneschino<br />

continui tentativi di 'cattura del regolatore' 22 . Non è un caso che su questo punto si siano appuntate le<br />

condivisibili critiche di chi - identificando nel documento di piano il momento di evidenziazione delle<br />

invarianti - fatica a comprendere come queste possano mutare dopo un quinquennio 23 . Questa critica<br />

coglie nel segno, ma non vanno sottovalutati i contenuti ulteriori di questo atto.<br />

3. Il documento di piano, come accennato, non ha soltanto una valenza urbanistica, nel senso<br />

(limitativo) di predeterminazione degli usi del territorio. Costituisce il documento nel quale<br />

21 Questa scelta si presta sicuramente ad una critica: nel modello adottato da altre regioni il piano strutturale atemporale dovrebbe<br />

garantire una cornice, almeno in premessa, sicuramente più stabile. Questo argomento si presta tuttavia ad essere rovesciato. Verificato<br />

che anche nei piani strutturali a cui abbiamo esteso il confronto coesistono risultati analitici e previsioni politico-amministrative, si rivela<br />

illusoria l'idea di poter cristallizzare anche le decisioni programmatiche circa il modello di sviluppo, per definizione variabili.<br />

22 G. J. STIGLER, Mercato, informazione, regolamentazione, Bologna, 1994, in part., 349. Occorre quindi che all'interno del documento di<br />

piano siano bene evidenti gli esiti della funzione conoscitiva, le invarianti, tendenzialmente non disponibili per il pianificatore.<br />

23 Una serrata critica sul punto è svolta, con grande lucidità argomentativa, dal già citato G. BELTRAME, Sul piano di governo del territorio<br />

della nuova legge lombarda n. 12/2005, in www.pausania.it.


l'amministrazione comunale esprime una strategia complessiva per il territorio comunale. Una<br />

strategia dinamica (learning by doing), aperta alle relazioni con l'esterno (per assicurare attrattività<br />

economica, turistica, ecc.) e con i diversi potenziali attori (stakeholders), in uno scenario che allarga la<br />

prospettiva al tessuto sovracomunale entro cui il territorio oggetto del piano è inserito.<br />

Si potrebbe dire che questo atto esprime in termini maturi i caratteri della materia 'governo del<br />

territorio' che ha preso il posto degli angusti limiti dell'urbanistica in senso stretto.<br />

Cadute le barriere legate alle difficoltà di spostamento, entro uno scenario fortemente globalizzato, le<br />

città sono in concorrenza tra loro (competizione territoriale) per accaparrarsi eventi, presenze, sedi di<br />

imprese ed amministrazioni. Il documento di piano deve quindi porre le premesse in vista di scelte<br />

capaci di determinare il successo di un'area urbana, incidendo su fattori che spesso si attivano solo<br />

con il consenso e la partecipazione convergente di tutti i soggetti - pubblici e privati - che possono<br />

innescare un processo innovativo.<br />

Il documento di piano non va tuttavia confuso con altre figure che pure vanno sotto l'etichetta<br />

polisemica della ‘pianificazione stategica’. In Lombardia si possono ricordare, tra gli altri, il piano<br />

strategico dell'area varesina e l'esperienza dell'Agenzia Sviluppo Nord Milano; in Italia costituiscono<br />

esempi assai noti il piano strategico della Città di Trento 2001-2010 e le analoghe iniziative promosse<br />

a Torino, Pesaro, Piacenza, La Spezia 24 . In queste esperienze di governance territoriale l'economia, il<br />

lavoro ed il territorio sono elementi di un complesso mosaico rispetto al quale vengono messe a fuoco<br />

le strategie di fondo per lo sviluppo, sempre con attenzione dominante al marketing urbano. Si tratta di<br />

documenti che, al di fuori di un preciso riferimento normativo, costituiscono in primo luogo occasione<br />

di una concertazione tra i diversi enti pubblici ed i privati di alcune scelte anche di grande momento. Il<br />

documento di piano - come si è ampiamente detto - ha invece un'altra natura e si colloca saldamente<br />

entro l'orizzonte amministrativo del PGT 25 .<br />

E' però un dato che la dimensione strategica del documento di piano emerge anche in ragione del<br />

valicare dichiaratamente i confini dell'urbanistica, con lo scopo di introiettare nel piano di governo del<br />

territorio le coordinate di ridisegno complessivo della collettività. L'introduzione di questo strumento<br />

risponde dunque a suo modo anche all'esigenza di superare la frusta distinzione tra la pianificazione<br />

urbanistica, pur ambiziosamente intesa, quale attività di "regolazione che attraverso le tecniche di<br />

organizzazione e controllo delle attività nello spazio persegue strategie e obiettivi politici di controllo<br />

sociale e ambientale" 26 e le politiche territoriali in senso lato. Il complesso legame tra la sfera della<br />

24 Un ampia rassegna di queste esperienze è contenuta in D. CAVENAGO, Città e piano strategico. Percorsi di governance del territorio,<br />

esperienze italiane ed internazionali, Milano, 2004.<br />

25 Sicuramente dalle analisi che ne precedono l'approvazione emergono mission e vision (come sovente si usa dire, con un vocabolario<br />

ormai adusato) della singola città, ma il tutto mantiene una specifica funzione, spiccatamente pratica, che è quella di orientare i processi<br />

di stampo urbanistico.<br />

26 L. MAZZA, Verso una trasformazione della pianificazione urbana, in Ricostruire la Grande Milano, Milano, 2001, in part., VII.


pianificazione urbanistica e le politiche territoriali in senso lato trova il suo autentico punto di<br />

convergenza proprio nel documento di piano, nel quale confluiscono valutazioni relative al sistema<br />

della mobilità, alla valenza ecologica delle aree verdi, allo sviluppo demografico, etc. Per questa<br />

ragione il documento di piano diviene figura emblematica della logica di fondo sottesa al governo del<br />

territorio, un logica aperta, che si pone in rapporto dialettico con altre materie e supera<br />

consapevolmente il perimetro dell'urbanistica.<br />

4. Venendo alla descrizione analitica del quadro normativo, occorre concentrare l'attenzione<br />

innanzitutto sul quadro ricognitivo e programmatorio di riferimento. Si è detto che il documento di<br />

piano è ad un tempo sedes della funzione conoscitiva e della funzione programmatoria delle<br />

grandezze dell'intero piano; occorre però fare un passo indietro e rivolgere l'attenzione sul<br />

particolarissimo procedimento partecipativo che precede l'approvazione di questo atto.<br />

In quest'ottica, va considerato che il documento di piano raccoglie ed aggrega preliminarmente "le<br />

proposte dei cittadini singoli o associati" circa le prospettive di sfruttamento territoriale necessarie per<br />

soddisfare i bisogni di crescita della collettività in chiave residenziale e produttiva. Nel documento di<br />

piano si compenetrano quindi la dimensione analitica e quella previsionale e, a far da cerniera e da<br />

garanzia democratica, si interpone un procedimento autenticamente partecipato. Sul dato meramente<br />

descrittivo delle dinamiche insediative in atto si innesta quindi la visione prospettica, nella quale gli<br />

obiettivi "per lo sviluppo economico e sociale del comune" scaturiscono dal più ampio coinvolgimento<br />

dei cittadini.<br />

E' importante sottolineare (a conferma di quanto detto) che questa previsione normativa non concerne<br />

solamente i processi territoriali in senso proprio: la prospettiva, come detto, si allarga e diviene (come<br />

indica chiaramente il testo normativo) quella dello sviluppo più complessivo della comunità nelle sue<br />

diverse articolazioni: condizione, fine e causa delle trasformazioni territoriali e socio-economiche.<br />

Questo 'andare oltre' i contenuti tipicamente urbanistici 27 passa attraverso - come detto - l'attivazione<br />

di un dialogo partecipativo con i cittadini e con i loro soggetti associativi. Va detto che questo dialogo<br />

si gioverebbe non poco della disponibilità di un documento - anche se ben lontano da un<br />

avamprogetto di piano - sul quale far convergere le diverse proposte (in Umbria, tanto per tornare a<br />

citare una delle recenti leggi regionali urbanistiche più attente alla tematica della partecipazione, si<br />

prevede addirittura la preventiva pubblicazione di un 'documento programmatico' 28 ). Si avverte, in altri<br />

termini, il limite derivante dalla mancanza di una proposizione chiara sulla redazione-pubblicazione di<br />

27 F. BASILE, Recenti modelli regionali e principi fondamentali, in I principi del governo del territorio, a cura di P. Mantini - M. Lupi, Milano,<br />

2005, in part., 142, il quale parla di documento a "natura mista … luogo della sintesi tra le fondamentali linee di azione del governo del<br />

territorio e le scelte politiche fondamentali dello sviluppo economico e sociale".<br />

28 L.r. Umbria, 11/2005, cit., in part., art. 9.


un ‘documento di consultazione’ (notice & comment), come quelli che precedono – tanto per fare un<br />

esempio – l’adozione di atti regolamentari da parte delle autorità indipendenti 29 . Sarebbe infatti<br />

preferibile che l'apertura ai contributi esterni seguisse (e non precedesse) la fase di analisi: questa<br />

fondamentale attività dialettica potrebbe sicuramente acquisire maggior efficacia se potesse tener<br />

conto delle invarianti e dei costruttivi emersi nel lavoro di studio preparatorio. Il legislatore regionale<br />

lombardo sembra invece avere seguito concezioni diverse, ma vi è ampio spazio perché ciascun<br />

comune lombardo moduli autonomamente l'iter preparatorio.<br />

Questa prima parte del documento, in sintesi, esprime le prospettive che il governo del territorio<br />

dovrebbe assumere per garantire massima soddisfazione ai desiderata della comunità municipale.<br />

Come detto, l'articolo in commento risente non poco del mancato riconoscimento di autonomia alla<br />

fase di aggregazione delle proposte preliminari. Una circostanza che ha fatto perdere sistematicità alla<br />

norma ed ha determinato anche una certa imprecisione terminologica 30 .<br />

5. Alla compiuta illustrazione dei risultati raggiunti nella fase preliminare (un quadro condiviso in cui si<br />

riflettono le aspettative ed aspirazioni delle diverse componenti societarie) fa seguito l'evidenziazione<br />

delle rigidità che connotano il territorio e le invarianti che ne delineano insuperabilmente la struttura. Si<br />

tratta del quadro conoscitivo, nel quale affonda saldamente le radici l'intero PGT.<br />

Su questo versante la legge 51/1975 non recava specifiche indicazioni. I piani regolatori contenevano<br />

una o più tavole dello stato di fatto, tese unicamente ad illustrare la situazione su cui la pianificazione<br />

era destinata ad intervenire in senso modificativo. Si trattava comunque di una rappresentazione<br />

morfologica del territorio, in cui la descrizione dell'assetto fisico lasciava in ombra ogni altra<br />

dimensione. Ne derivava una rappresentazione statica, volta ad evidenziare unicamente il punto di<br />

partenza del processo pianificatorio. Al contrario, nel documento di piano si passa da una conoscenza<br />

topografica all'aggregazione di un modello autenticamente sistemico, capace di cogliere la città ed il<br />

29 P. FAVA, La Consulta e la qualità della regolazione nella multilevel governance: i rischi e i pericoli di un’apertura incondizionata alle<br />

procedure di consultazione degli interessati e alla motivazione delle leggi, in Corr. giur., 2005, 1516.<br />

30 E' bene soffermarsi sul punto, per evitare che la pessima tecnica di redazione della norma impedisca una piena comprensione delle<br />

differenze tra le diverse componenti del piano a cui il legislatore ha fatto riferimento. Nel primo comma dell'art. 8, alla lett. a), si parla di<br />

'quadro ricognitivo e programmatorio', ma in realtà ci si riferisce alla rappresentazione preliminare dei bisogni e delle vocazionalità che<br />

sortisce da un primo confronto con il corpo sociale (in assenza tuttavia di specifici schemi tipizzati di consultazione preventiva); sempre<br />

nel primo comma, questa volta alla lett. b), si parla invece del 'quadro conoscitivo': qui però si sta parlando del documento di piano in<br />

senso proprio quale atto provvedimentale; nel secondo comma dell'articolo, a completare il mosaico, sono invece concentrate le previsioni<br />

che descrivono in positivo la funzione di programmazione strategica. Occorre quindi fare particolare attenzione a non confondere: a') il<br />

'quadro ricognitivo e programmatorio di riferimento' che sintetizza la fase preliminare di dialogo con le parti sociali, e di cui deve<br />

comunque rimanere traccia nella motivazione del provvedimento di approvazione del documento di piano, con a'') il risultato analitico e<br />

previsionale che costituisce il contenuto amministrativo espresso dal documento di piano.


territorio come sistemi adattativi complessi, entro cui i processi sono individuati e descritti nelle<br />

reciproche interconnessioni corologiche 31 e dinamiche.<br />

In questa direzione, la lettera b) del primo comma dell'art. 8 si riferisce al "quadro conoscitivo del<br />

territorio comunale quale risultante dalle trasformazioni avvenute". Questa proposizione si pone in<br />

continuità con quelle contenute negli artt. 3 e 4 della legge e consente di delineare i tratti complessivi<br />

della funzione conoscitiva, i cui esiti affluiscono proprio nel quadro conoscitivo propriamente detto. La<br />

funzione conoscitiva acquisisce in tal modo rilevanza pratica (conoscenza non fine a se stessa, ma<br />

funzionale ad orientare la decisione), ed assurge, anche sul piano formale, a base e limite della<br />

decisione strategica.<br />

In questo modello ricostruttivo, che ha le sue più nitide espressioni normative nello 'statuto dei luoghi'<br />

della legislazione toscana 32 e nella 'descrizione fondativa' della legislazione ligure 33 , il territorio viene<br />

rappresentato come sostrato delle dinamiche insediative antropiche e come elemento di un più<br />

complesso ecosistema (esteso alle altre componenti biotiche ed abiotiche). Questa raffigurazione<br />

passa per la messa in rilievo dei principali elementi strutturali del territorio di natura fisica ed<br />

ambientale, come i profili altimetrici, il sistema idrico e le presenze boschive. Nel quadro conoscitivo si<br />

rendono evidenti anche i caratteri 'rigidi' assunti dal sistema insediativo, mediante analisi delle reti dei<br />

trasporti e dei servizi, descrizioni tipologiche dell'assetto dell'abitato e del sistema produttivo.<br />

Come si diceva, una prima funzione del documento di piano è quella di far emergere le invarianti<br />

territoriali (i 'costruttivi', secondo il vocabolario degli urbanisti), dalle quali nessun processo di<br />

pianificazione può prescindere. In ragione della durata circoscritta del documento di piano, questa<br />

disamina viene ripetuta ciclicamente. L'analisi, rispetto a quanto si verifica in altre regioni, non ha<br />

quindi unicamente uno sviluppo 'orizzontale', nel senso dell'allargamento dei temi da affrontare, ma<br />

riesce ad acquisire una maggior profondità, posto che ogni questione può essere verificata<br />

diacronicamente anche nei suoi andamenti evolutivi 34 .<br />

In questo lavoro di analisi, come ricorda espressamente il primo inciso dell'articolo in commento, il<br />

comune si avvale, prima d'ogni altra fonte, delle informazioni e dei dati reperibili nel SIT. La funzione<br />

conoscitiva - e dunque questo lavoro di analisi che si riflette direttamente sulle scelte fondanti del<br />

piano di governo del territorio - sfocia nell'identificazione dei "grandi sistemi territoriali", che<br />

31 "Per dimensione corologica si intendono i rapporti tra gli elementi che vanno a costituire ed agire nello spazio geografico": cfr. A.<br />

FARINA, Ecologia del paesaggio, Torino, 2001, in part., 35.<br />

32 L. r. Toscana, 3 gennaio 2005, n. 1, cit.<br />

33 L. r. Liguria, 36/1997, cit., art. 25.<br />

34 Se si escludono alcuni profili fisici più strettamente legati alla dimensione geologica del suolo, molti di questi elementi non sono<br />

caratterizzati da una fissità di lungo periodo. Il documento di piano riesce quindi a cogliere queste dinamiche (si pensi allo sviluppo del<br />

sistema viario od alle modificazioni naturali o indotte del patrimonio boschivo) nel loro profilo evolutivo, facendo sì che le scelte politicoamministrative<br />

si mantengano costantemente coerenti con i dati reali e non si limitino a rifletterne invece una immagine statica,<br />

innaturalmente costretta entro una dimensione atemporale.


costituiscono le fondamentali unità di analisi geografica del territorio comunale. Di analisi, non di<br />

conformazione 35 : da questi areali osservati in scala allargata, ma descritti nei rispettivi profili<br />

morfologici e nei loro ‘funzionamenti’, scaturiranno solo in un secondo momento - secondo la<br />

caratteristica tassonomia che informa il PGT - i 'tessuti' in cui si riparte a livello puntuale l'armatura<br />

urbana consolidata (in vari gradi e con diverse soglie di rilevanza storico-architettonica), le aree<br />

destinate alla trasformazione (nelle quali, come detto, si interverrà mediante piani attuativi), le aree<br />

destinate all'agricoltura, le aree connotate da valore paesaggistico ed ambientale e le aree sottratte<br />

alla trasformazione urbanistica.<br />

Il documento di piano deve individuare anche i caratteri tipologici, le componenti ambientali e<br />

paesaggistiche, gli habitat, gli iconemi ed ogni altro elemento (naturalistico, ma anche antropico 36 ) che<br />

"vincoli la trasformabilità del suolo e del sottosuolo". In questa direzione sono ovviamente determinanti<br />

gli apporti della cd. ecologia del paesaggio 37 e si percepisce come venga a sfumare il confine tra la<br />

materia ambientale ed il governo del territorio. Il documento di piano deve indicare, sempre in chiave<br />

ricognitiva, gli eventuali profili di instabilità, vulnerabilità, rischio e pericolosità geologica, idrogeologica<br />

e sismica, secondo quanto più precisamente indicato nell'art. 57 della legge. Anche in questo caso,<br />

vengono rese esplicite - in funzione conoscitiva, ma con riflessi diretti sulla programmazione degli usi -<br />

delle fondamentali invarianti territoriali 38 .<br />

La funzione conoscitiva ha la finalità di far affiorare i marcatori territoriali e di decodificarne la<br />

correlativa significatività, aggregando i singoli elementi in una rappresentazione complessiva, che<br />

tenga conto di tutte le molteplici implicazioni sistemiche. Questo carattere eminentemente ricognitivo<br />

porta a ritenere che l'esercizio di tale funzione costituisca ineludibilmente la prima fase del lavoro di<br />

pianificazione, il necessario antecedente di ogni 'discorso' sul piano.<br />

In conclusione, pare quindi che la valenza ricognitiva del documento di piano abbia ad oggetto<br />

l'identificazione delle vocazionalità e dei limiti dello sviluppo territoriale. La vera particolarità di questo<br />

primo segmento del piano di governo del territorio risiede nel 'legare' le logiche territoriali e lo sviluppo<br />

socio-economico della comunità municipale. In tal modo, la sostenibilità delle ricadute territoriali<br />

diviene una fondamentale condizione di pensabilità di ogni scelta destinata a riflettersi - anche<br />

35 Neppure 'del territorio', per riprendere lo schema già illustrato.<br />

36 Si pensi alla presenza di attività a rischio di incidenti rilevanti ai sensi della l.r. 23 novembre 2001, n. 19, ed ai vincoli di inedificabilità<br />

che discendono nella zona circostante questi impianti.<br />

37 F. BALLETTI - S. SOPPA, Paesaggio in evoluzione. Identificazione, interpretazione, progetto, Milano, 2005; AA. VV., Interpretazioni di<br />

paesaggio, a cura di A. Clementi, Roma, 2002.<br />

38 Questa indicazione vincola stringentemente le scelte contenute negli altri atti del PGT ed eviterà il ripetersi della situazione che oggi<br />

spesso si profila in seguito al sovrapporsi a previsioni edificatorie contenute nel piano regolatore e previsioni sfavorevoli che si impongono<br />

per effetto dei piani stralcio dell'Autorità di bacino del Po: si veda in proposito la DGR 29 ottobre 2001, n. 7/6645 Approvazione direttive<br />

per la redazione dello studio geologico ai sensi dell'art. 3 della L.R. 41/97.


soltanto in maniera indiretta - sugli equilibri del territorio ed il piano di governo del territorio assurge<br />

così a strumento di possibile coordinamento di ogni attività antropica.<br />

6. Accanto alla parte ricognitiva, il documento di piano presenta una parte più propriamente<br />

prescrittiva, espressione delle funzione programmatoria delle grandezze insediabili. E' la parte più<br />

propriamente strategica di questo atto. Il documento di piano deve esprimere fondamentali opzioni di<br />

fondo rispetto alla regolazione di questi processi territoriali: occorre governare usi del suolo che<br />

tendono a porsi in reciproca concorrenza ed a generare effetti incompatibili con la preservazione<br />

dell'assetto desiderabile del luogo urbano. Per fare un esempio, il documento di piano dovrà<br />

esprimersi nel senso di porre un freno alla progressiva terziarizzazione dei centri storici, con<br />

conseguente massiccia gentrification 39 , per tale intendendo il fenomeno di espulsione della<br />

popolazione tradizionale da questi spazi a causa della sostituzione delle residenze storiche con attività<br />

terziarie ed unità abitative abbordabili solo da parte di soggetti con redditi elevati.<br />

Il documento di piano esprime scelte 'preliminari', che - pur non estrinsecandosi in specifiche<br />

localizzazioni - concorrono comunque in maniera determinante a delineare l'identità finale del territorio<br />

ed influenzano direttamente la trama sociale comunitaria. Scelte strategiche, appunto.<br />

Il principio ordinatore dell'intero PGT - come si è più volte ricordato - è quello di competenza, legato<br />

alla eterogeneità delle funzioni: la chiave per inquadrare correttamente il documento di piano passa<br />

dunque per la piena comprensione del tipo di effetti che produce una decisione di tipo strategico. In<br />

concreto, il documento di piano - un atto che, detto per inciso, potrebbe anche non assumere la<br />

consueta forma di una serie di tavole grafiche, ma piuttosto quella di un atto strutturato in forma di<br />

proposizioni, tabelle e grafici - deve individuare una serie di obiettivi che si propone nel medio periodo<br />

la politica territoriale comunale.<br />

Si tratta degli "obiettivi di sviluppo, miglioramento e conservazione". Di tali traguardi deve essere<br />

indicata (e motivata) la sostenibilità e la coerenza con i documenti sovracomunali. Mentre le strategie<br />

di conservazione sono in gran parte legate all'emersione di situazioni obiettivamente meritevoli di<br />

salvaguardia, e quindi sono almeno in parte un precipitato inautonomo delle acquisizioni consolidatesi<br />

nella fase conoscitiva, gli obiettivi di sviluppo e di miglioramento riflettono più direttamente le scelte<br />

politiche (ampiamente discrezionali) del consiglio comunale.<br />

Gli obiettivi di sviluppo sono essenzialmente (e quasi inevitabilmente) obiettivi di crescita edificatoria.<br />

E' molto importante sottolineare che una rigorosa dimostrazione di essenzialità-sostenibilità tiene<br />

luogo, come già detto, del parametro della capacità insediativa teorica, ormai dietro alle spalle. In<br />

precedenza, veniva operato un complesso calcolo che muoveva da una previsione circa<br />

39 M. SAVAGE - A. WARDE, Urban Sociology, Capitalism and Modernity, Londra, 1993.


l’insediamento di nuovi abitanti del tutto empirica. Oggi, al contrario, il dato da cui si prende le mosse<br />

è quello degli abitanti effettivamente insediati (e delle popolazioni non stanziali che sono presenti sul<br />

territorio per ragioni di lavoro, studio o di frequentazione di strutture attrattive e servizi collettivi 40 ). Il<br />

documento di piano deve quindi contenere la rigorosa dimostrazione che gli incrementi dell'edificato<br />

previsti nel quinquennio successivo siano effettivamente essenziali sulla base del trend demografico<br />

reale.<br />

Inoltre il documento di piano deve dimostrare – ed è il secondo passaggio - che il bisogno di spazi<br />

incrementali non può essere adeguatamente soddisfatto mediante forme di riuso del già costruito.<br />

Questo è un punto davvero cruciale, che segna una autentica svolta nel modo di guardare i processi<br />

di trasformazione della città. Un'autentica rivoluzione copernicana, che determina il definitivo tramonto<br />

del modello urbanistico incrementale. La crescita urbana rappresenta l’extrema ratio: deve essere non<br />

solo sostenibile, ma anche strettamente necessaria. Il documento di piano "tiene conto della<br />

minimizzazione del consumo del suolo in coerenza con l'utilizzazione ottimale delle risorse territoriali”:<br />

il legislatore lombardo non si è quindi limitato ad indicare una tendenza: ha espresso una precisa<br />

regola giuridica di necessaria preferenza per il recupero del già costruito.<br />

A differenza di altre opzioni espresse dalla legge, questa attiene al merito delle scelte urbanistiche<br />

future e fa leva sulla naturale capacità di autorigenerazione della città (la città che ricresce<br />

incessantemente su se stessa 41 : la Living City di cui parlava F. Lloyd Wright 42 ). Abbandonata l'utopia<br />

dalla ‘città nuova’, la legge impone ai pianificatori lombardi di evitare ogni ingiustificato consumo di<br />

territorio e li si costringe, anche in termini formali, a sperimentare preventivamente ogni possibilità di<br />

rigenerazione urbanistica. In tal modo il limite dell'esistente assume un valore costitutivo, valicabile<br />

solo in presenza di specifiche giustificazioni. Il vero confine su cui si attesta l'azione di preservazione<br />

dell'equilibrio tra vuoto e pieno, natura agri e forma urbis. Questa novità va sottolineata; la legge<br />

esprime infatti una precisa opzione sul contenuto del piano, diviene legge sul piano e non solo come<br />

fare il piano.<br />

Da ultimo, il documento di piano deve fornire la dimostrazione esplicita che tali obiettivi di crescita<br />

risultino coerenti con i limiti quantitativi valutati come effettivamente sostenibili 43 . L'essenzialità della<br />

crescita torna quindi circolarmente a confrontarsi con il limite della sostenibilità.<br />

40 Infra: cfr. quanto verrà indicato con specifico riferimento al piano dei servizi.<br />

41 Le grandi città altro non sono che un continuo sedimentarsi di esperienze costruttive, l'una sul sedime di quella che l'ha preceduta (a<br />

volte addirittura con i materiali di questa). Di lì il compito del pianificatore di assecondare ed incentivare questa tendenza naturale,<br />

favorendo primariamente i processi di riqualificazione urbana: cfr. P. L. CERVELLATI, L'arte di curare le città, Bologna, 2000, in part., 59.<br />

42 F. LLOYD WRIGHT, La città vivente, Milano, 2000.<br />

43 Diversa nelle forme l'opzione seguita nelle riforme urbanistiche dell'Emilia Romagna e dal Lazio: lì si è andati nella direzione di<br />

predeterminare la possibilità di incremento delle aree edificabili direttamente in sede di pianificazione sovracomunale. Queste leggi<br />

regionali introducono, in primo luogo, una regola di fondo secondo la quale in sede di pianificazione comunale è possibile “prevedere il<br />

consumo di nuovo territorio solo quando non sussistano alternative derivanti dalla sostituzione dei tessuti insediativi esistenti ovvero dalla


7. Ogni scelta di incremento e miglioramento del tessuto urbano deve costituire il risultato di un attento<br />

confronto - rimarca espressamente l'art. 8 della legge - anche con le questioni che pone l'assetto<br />

viabilistico e della mobilità. Si tratta di un altro profilo di grande importanza, che per la prima volta<br />

viene espressamente menzionato nell'ambito della normativa lombarda sul governo del territorio. A<br />

ben vedere si tratta di un altro degli innumerevoli ricorsi storici di cui è punteggiata la legge: i piani<br />

regolatori nascono infatti nel 1865 proprio per consentire ai comuni di provvedere "alle necessarie<br />

comunicazioni" 44 .<br />

Nel tempo la città è stata invasa dall'automobile. Da allora uno degli ineludibili problemi urbani è<br />

costituito dall'impossibilità di adeguare la consolidata trama compositiva dell'urbano alla (abnorme)<br />

diffusione delle autovetture 45 . Si scontano le conseguenze dell'aver dato (implicitamente) la priorità<br />

alla mobilità privata ed individuale a discapito di quella collettiva 46 . Le principali linee di<br />

infrastrutturazione del territorio extraurbano sono state pensate in funzione dell'automobile: 47 non così<br />

le città, che hanno un tessuto consolidato che non nasce con e per l'automobile.<br />

loro riorganizzazione e riqualificazione” (art. 2, II c., L. R. Emilia Romagna 24 marzo 2000, n. 20) ed, in secondo luogo, riservano al piano<br />

di coordinamento provinciale (che assume denominazioni diverse) il compito di indicare espressamente quali comuni possono adottare<br />

piani regolatori che contengano previsioni insediative incrementali. Si prevede così che il piano regolatore “stabilisce il dimensionamento<br />

delle nuove previsioni per ciascun ambito con riferimento ai fabbisogni locali ed alle previsioni del piano territoriale di coordinamento<br />

provinciale” (art. A-4 L. R. Emilia Romagna). Tale strumento - con riguardo al dimensionamento dei piani comunali - assume quindi un<br />

contenuto di puntuale: è infatti previsto che “il piano territoriale generale … (stabilisce) … il dimensionamento per gli strumenti di<br />

pianificazione territoriale e urbanistica subprovinciali” (art. 20 L. R. Lazio 22 dicembre 1999, n. 38).<br />

44 L. 25 giugno 1865, n. 2359, in part., art. 86: G. SABBATINI, Commento alle leggi sulle espropriazioni per pubblica utilità, III ed., Torino,<br />

1914, II, in part., 631, ove l'autore - prendendo posizione sulle finalità del piano regolatore nella legge del 1865 - sottolineava che "senza<br />

negare che le opere edilizie contemplate in un piano regolatore possano assumere un'estensione proporzionata all'importanza della città<br />

per la quale il piano fu compilato, e un carattere che corrisponda ai moderni bisogni dei maggiori centri di popolazione, crediamo debbasi<br />

escludere, in base ad una retta interpretazione della legge, che possano avere per fine immediato e principale l'abbellimento e l'ornato, sì<br />

da perdere di vita lo scopo essenziale della salubrità e della viabilità avuto di mira dal legislatore". Si veda anche, sempre sul punto, la<br />

pronuncia arbitrale del 31 marzo 1888 (in Monit. trib., 1888, 153) con la quale venne definita una controversia (Bocconi vs. Comune di<br />

Milano) relativa alla formazione della Galleria Vittorio Emanuele, sul presupposto che la funzione precipua dei piani regolatori fosse quella<br />

di garantire i necessari riordini viabilistici.<br />

45 Rimaste a livello teorico le utopie di città allargata a misura delle potenzialità di spostamento rapido offerte dall'automobile in<br />

Lombardia - come e forse più che altrove - ci si deve invece confrontare quotidianamente con l'incompatibilità fisica tra l'automobile e lo<br />

spazio (finito) della città (AA.VV., Qualità dell'aria e automobili, a cura di C. Desideri, Milano, 1996). Va fatta menzione, tra l'altro, del<br />

totale fallimento delle utopie urbanistiche di F. L. Wright: questi riteneva, negli anni trenta, che l'avvento dell'automobile avrebbe<br />

determinato le condizioni per l'affermarsi di un nuovo modello di organizzazione spaziale. Il progetto di Broadacre City, un esperimento di<br />

città ideale (che rimase tale, salve alcune parziali realizzazioni in scala assai ridotta), si sostanziava infatti in una forma urbana molto<br />

diffusa, che mirava a sfruttare, appunto, la grande possibilità di movimento dei singoli. Al contrario, l'utopia urbana espressione del<br />

pensiero razionalista, simboleggiata dalla Ville Radieuse di Le Corbusier (anch'essa rimasta la livello ideativo, come pure l'ambizioso piano<br />

razionalista della città di Algeri), si identificava con una città molto 'compatta', con alti grattaceli in cui concentrare la funzione<br />

residenziale, fa tenere rigorosamente distinta - secondo la tecnica dello zoning - dalle altre funzioni, costituite dal lavoro e dallo svago (in<br />

ciò delineando lo schema che trovò la propria sintesi dogmatica nella già citata Carta di Atene).<br />

46 E. MUSSO - C. BURLANDO, Economia della mobilità urbana, Torino, 1999.<br />

47 Basti confrontare l'articolazione e diffusione del sistema autostradale con la cronica arretratezza delle linee ferroviarie: cfr. E. CASCETTA,<br />

Ingegneria dei sistemi di trasporto, Torino, 1998.


Il problema assume toni drammatici in Lombardia. Ogni giorno afferiscono nelle città lombarde (specie<br />

a Milano) enormi masse di soggetti che - come indicava L. Mumford 48 , senz’altro il più acuto studioso<br />

della città - hanno scelto di a vivere a "Suburbia" (ossia nel vocabolario immaginifico dell'autore citato,<br />

nei sobborghi periurbani: si potrebbe dire nella 'Grande Milano') e sono così indotti a riversarsi sulle<br />

strade di collegamento per recarsi alle rispettive occupazioni 49 con sede nel centro urbano 50 :<br />

l'urbanesimo, la (miope) scelta di allargamento della città con nuovi quartieri e sobborghi residenziali<br />

produce - quale (prevedibile ed inesorabile) conseguenza del deficit di coordinamento tra politica<br />

urbanistica e politiche del trasporto pubblico - un ulteriore acuirsi del traffico veicolare, con costi<br />

economici decisamente elevati e gravi conseguenze sulla qualità dell'aria (e, quindi, sulla salute<br />

dell'uomo) 51 . Le politiche urbanistiche ed ambientali per la città 52 sono dunque strettamente intrecciate<br />

con le politiche della mobilità 53 , tant'è che sempre più spesso si parla di mobilità sostenibile tout<br />

court 54 . Nelle scienze ecologiche e nell'ingegneria dei trasporti è molto nitida la percezione delle<br />

specificità della città e delle criticità che la connotano: il documento di piano cerca quindi molto<br />

opportunamente di aprirsi a questi contributi 55 . In definitiva, sino ad oggi l'urbanistica ha finito per<br />

inseguire, più che governare, il problema della mobilità urbana: stabilire in termini generali che ogni<br />

previsione insediativa sia preventivamente valutata alla luce delle rigidità proprie del sistema della<br />

mobilità significa quindi invertire la tendenza e 'portare dentro' il cuore del processo pianificatorio<br />

tematiche così determinanti per la qualità territoriale 56 .<br />

48 Alle radici della città contemporanea. Il pensiero di L. Mumford, a cura di F. Ventura, Milano, 1997.<br />

49 Su questo profilo, decisamente predittivo, della riflessione dello studioso americano, si veda A. MAGNIER, Dalla città globale a<br />

Megalopoli: l'attualità di Mumford nel dibattito sulla questione metropolitana, in Alle radici della città contemporanea, cit., in part., 171.<br />

Mumford definiva l'espansione della metropoli in molteplici sobborghi un processo produttivo "di dispersione senza scopo, moltiplicazione<br />

dei trasporti senza alcun utile … con identica degradazione e miseria delle zone centrali …la tendenza al sobborgo rappresenta<br />

unicamente una caricatura dei risultati che possono essere raggiunti unicamente con i piani regolatori urbani" L. MUMFORD, La cultura delle<br />

città, Milano, 1999, in part., 248.<br />

50 Prende cioè corpo ogni giorno il paradosso di soggetti che si sono allontanati dal centro verso la fascia periurbana, nell'illusione<br />

dell'amenità del verde e, in realtà, finiscono per trascorrere molte ore nel traffico più caotico ed asfittico: cfr. W. TOCCI, Ingorghi mentali,<br />

in Equilibri, 2002, 143.<br />

51 A. GOGLIO - A. MITTELSTADT, Il difficile riequilibrio dei trasporti, in Equilibri, 1999, 5.<br />

52 G. ENDRICI, La tutela dell'ambiente urbano, in Dir. pubbl., 2004, 273.<br />

53 Il tentativo di identificare una risposta organica a queste problematiche è sin qui passato - almeno nei comuni di dimensioni maggiori -<br />

per l'approvazione di un piano urbano del traffico: cfr. M. S. MASINI, I piani urbani del traffico. Analisi dei contenuti e problemi, in<br />

Strumenti per una mobilità sostenibile, a cura di C. Desideri, Milano, 1998. P. STELLA RICHTER, Piani del traffico e piano urbanistico, in<br />

Giust. civ., 1989, II, 353.<br />

54 Su questo tema si segnalano le analisi contenute nel volume Trasporti e sostenibilità ambientale. Analisi economica dei rapporti tra<br />

infrastrutture, mobilità e ambiente, a cura di L. Senn - M. Percoco, Milano, 2003.<br />

55 Una separatezza che ha portato ad affrontare le tematiche della mobilità sostenibile unicamente con interventi marginali,<br />

genericamente orientati a favorire l'aumento della dotazione di parcheggi pubblici, in assenza però di una precisa strategia selettiva a<br />

vantaggio dei parcheggi 'scambiatori', gli unici in grado di produrre un reale effetto di decongestionamento del traffico urbano: cfr. O.<br />

BACCELLI, L'intermodalità quale strumento di politica ambientale, in Trasporti e sostenibilità ambientale, cit., 127.<br />

56 La città in ombra. Pianificazione urbana e interdisciplinarità, a cura di G. Maciocco, Milano, 1996.


Il documento di piano deve inoltre esprimere, sempre all'interno delle grandezze incrementali<br />

sostenibili, le politiche per la residenza. Queste sono in parte il riflesso delle scelte sulla crescita<br />

insediativa, ma sono anche determinate attraverso la politica per l'edilizia residenziale pubblica (come<br />

ricorda l'art. 8 della legge). Il documento di piano su questo versante esprime scelte fondamentali: pur<br />

lasciando al piano dei servizi la tematica delle 'localizzazioni', è a questo livello che si opta per il<br />

tradizionale modello dell'edilizia residenziale pubblica 57 (che pure ha prodotto importanti risultati nelle<br />

città lombarde) ovvero per il recupero dell'idea - convintamente propugnata da A. Predieri negli anni<br />

'70 58 e non priva di qualche importante sperimentazione anche in Lombardia (si pensi al quartiere<br />

Garibaldi a Milano ed a talune esperienze pavesi e comasche) 59 - circa l'impiego dell'iniziativa<br />

pubblica per favorire il recupero delle zone centrali in degrado. Questa tecnica di intervento si<br />

potrebbe validamente applicare, tanto per fare un esempio, anche alle aree dismesse che<br />

testimoniano problematicamente il passato manifatturiero lombardo. Le nuove forme della produzione<br />

hanno reso inattuale l'utilizzo di questi "siti fordisti" 60 : gli opifici urbani vengono così inesorabilmente<br />

abbandonati, con la conseguenza che non è più la periferia il luogo per antonomasia del degrado e<br />

del disagio sociale: sono piuttosto questi grandi contenitori collocati in posizione centrale ("vestigia di<br />

grandissimo valore iconico … ove risuona l'eco della vita che vi è scorsa per decenni nell'attività di<br />

produzione" 61 ) a rappresentare la maggiore criticità per la regolazione della città post-industriale<br />

lombarda 62 . La previsione del successivo art. 9 circa le dotazioni di "aree per l'edilizia residenziale<br />

pubblica" non vincola i comuni a confinare tale forma di servizio pubblico soltanto entro 'tessuti<br />

specializzati' (che, fallita la neighbourhood-unit idea, hanno sovente scontato l'insuperabile limite<br />

dell'essere luoghi monofunzionali), ma lascia aperta la possibilità di prevedere – a livello strategico:<br />

dunque nel documento di piano - forme di integrazione con altre tipologie di intervento edilizio. A<br />

queste condizioni il piano dei servizi potrebbe quindi successivamente concorrere ad individuare delle<br />

57 V. DOMENICHELLI, Dall'edilizia popolare ed economica all'edilizia residenziale pubblica. Profili giuridici dell'intervento pubblico, Padova,<br />

1984.<br />

58 A. PREDIERI, L'espropriazione degli immobili nei centri storici per l'edilizia residenziale pubblica secondo la legge n. 865 del 1971, in<br />

Foro amm., 1972, II, 627.<br />

59 F. G. D'ALESSIO, I centri storici, Milano, 1983. Spesso si parla con grande enfasi dell'esperienza bolognese, ma non andrebbe<br />

sottovalutato che in Lombardia, sin dalla l.r. 27 gennaio 1977, n. 11, è stato favorito il recupero del patrimonio edilizio esistente mediante<br />

il ricorso all'edilizia residenziale pubblica. Si vedano, sul tema, A. SPALLINO, Città antiche e programmazione. Esperienze e ordinamento<br />

nella Città di Como, Milano, 1977, ed E. TORTORETO, Milano: la lotta e il destino dei sopravvissuti alla 'ricostruzione', in Ed. pop., 1973,<br />

113.<br />

60 E. LIVRAGHI, Il riciclaggio urbanistico. Destinazioni d'uso mutanti, in Equilibri, 2000, in part., 201.<br />

61 Casabella, numero monografico, Le fabbriche del Novecento, 651/652, 1998.<br />

62 "La città ricresce criticamente su se stessa": è questo uno dei temi di fondo delle politiche urbanistiche chiamate a confrontarsi con i<br />

grandi cambiamenti sociali che hanno ormai messo fuori gioco lo stabilimento quale elemento ordinatore dello spazio urbano (oltre che -<br />

prima ancora - della struttura sociale). Questo fenomeno dà peraltro ingresso anche a grandi opportunità: si aprono ampi spazi nelle zone<br />

centrali e questa enorme massa quantitativa può essere utilmente riconvertita in direzione di usi idonei a soddisfare esigenze più attuali.<br />

Cfr. V. GREGOTTI, Lo spazio, cit., in part., 52.


isposte in chiave sociale ai bisogni abitativi anche mediante operazioni di ‘riuso’ del patrimonio<br />

edilizio esistente 63 .<br />

Il documento di piano deve dettare, non da ultimo, delle indicazioni di fondo circa le attività produttive<br />

ed il commercio. In passato queste indicazioni si risolvevano tutte nello zoning e nel ‘confinamento’ di<br />

queste attività entro la zona D. La legge sul governo del territorio pone invece le premesse per un<br />

approccio più articolato, consapevole dei molteplici riflessi che queste attività hanno sull'equilibrio del<br />

tessuto urbano. Il documento di piano, in linea generale, dovrà fornire indicazioni che evitino la<br />

formazione di ambiti monotematici dedicati esclusivamente al lavoro od allo scambio commerciale.<br />

Dovrà anche evitare che la ‘diffusione’ incrementale della città determini la concentrazione di funzioni<br />

di notevole richiamo come la grande distribuzione (sempre più sotto forma di shopping malls 64 ) nelle<br />

cinture esterne (ring), al di fuori di quello che un tempo era riconoscibile come centro (core) 65 : questa<br />

politica, del resto, ha avuto quasi ovunque esiti fallimentari ed ha dato origine per lo più a dei 'non<br />

luoghi' (non lieux, secondo la già citata definizione), indebolendo per contro la rete di commercio di<br />

vicinato, che tanta parte ha nel mantenere vivi i rapporti comunitari 66 .<br />

8. Si diceva che il documento di piano potrebbe anche non avere la tradizionale (e tralatizia) forma di<br />

elaborato grafico; vi è tuttavia una funzione del documento di piano che mantiene necessariamente la<br />

matrice di una programmazione territoriale: si tratta della identificazione - attraverso "rappresentazioni<br />

grafiche in scala adeguata”, come specifica la legge - degli ambiti di trasformazione, ossia delle<br />

macrozone nelle quali saranno i piani attuativi a dettare le previsioni a cui si informeranno i singoli<br />

episodi edificatori incrementali. Si tratta dell'unica parte del documento di piano che costituisce<br />

espressione della funzione di programmazione degli usi del territorio, così da dare luogo ad una<br />

pianificazione urbanistica 67 in senso proprio. Su questo versante, il documento di piano deve dettare<br />

dei criteri di intervento che, in primo luogo, si articolano nell'indicazione delle tipologie di piani attuativi<br />

coerenti con gli obiettivi da perseguire e nella predeterminazione (almeno) di alcuni risultati sul piano<br />

63 P. STELLA RICHTER, Necessità e possibilità della pianificazione urbanistica, in Presente e futuro della pianificazione urbanistica, a cura di<br />

F. Pugliese - E. Ferrari, Milano, 1999, in part., 84, ha tracciato una netta distinzione tra la funzione del piano che deve affrontare i<br />

problemi di incremento dell'abitato e le funzioni a cui il piano deve assolvere con riferimento agli ambiti già edificati.<br />

64 Gli shopping malls costituiscono la nuova - artefatta - forma di spazio pubblico, finalizzata unicamente a 'calare il consumatore dentro<br />

un'esperienza': cfr. G. RITZER, Le cattedrali dei consumi, Bologna, 2000. Per delle notazioni circa la spersonalizzazione dell'atto di consumo<br />

e le problematiche (anche territoriali) che pone l'insediamento commerciale, rinvio al mio lavoro Appunti sull'attuazione regionale della<br />

riforma del commercio: dai limiti alla legge regionale ai limiti all'iniziativa economica, in Livelli e contenuti della pianificazione territoriale, a<br />

cura di E. Ferrari - N. Saitta - A. Tigano, Milano, 2001, 251.<br />

65 "Il periurbano è anche il luogo della nuova redistribuzione sul territorio delle molteplici nuove unità produttive, dei grandi insediamenti<br />

di servizio, e dei nuovi luoghi pubblici, attorno ai quali si sta riorganizzando l'insieme delle strutture urbane": G. MARTINOTTI, Le<br />

persone/Mobilità. Qualità della vita ed energia nella nuova città, in Equilibri, 1998, in part., 58.<br />

66 In questa prospettiva, si deve tuttavia registrare la mancanza di coordinamento con gli strumenti di programmazione del commercio di<br />

cui alla l.r. 23 luglio 1999, n. 14.<br />

67 Si veda ancora G. SCIULLO, Pianificazione territoriale ed urbanistica, cit., in part., 137.


della qualità territoriale complessiva. Va ricordato che compete alla pianificazione attuativa, come<br />

indica con chiarezza l'art. 12, III comma, della legge, fissare in via definitiva gli indici urbanistico-edilizi<br />

necessari all'attuazione delle previsioni espresse nel documento di piano. Dunque a quest'ultimo atto<br />

compete unicamente indicare obiettivi generali sul piano della preservazione delle risorse naturali,<br />

della qualità del costruito, del concorso tra più funzioni, etc. Questo carattere 'preliminare' non deve<br />

tuttavia trarre in inganno: compete al documento di piano indicare l’aliquota degli obiettivi di sviluppo<br />

complessivi (in termini di stock edilizio e di abitanti insediabili) collocabile negli ambiti di<br />

trasformazione e definire la perimetrazione degli stessi. In tal modo il documento di piano - ritornando<br />

alla dicotomia tra rigenerazione ed incremento urbano - fissa il corretto rapporto ‘strategico’ tra la<br />

politica di riqualificazione urbana e quella (sussidiaria) di allargamento della città. Il documento di<br />

piano, pur nel silenzio della legge, non dovrebbe rinunciare a definire l'assetto funzionale e<br />

morfologico da perseguire nell'ambito dei piani attuativi: questo per evitare che fondamentali nodi di<br />

qualità territoriale vengano demandati, in assenza di linee-guida, alla fase di negoziazione del singolo<br />

piano attuativo (a scala puntuale). Ciò anche al fine di evitare la moltiplicazione degli stilemi e la<br />

dissonanza dei linguaggi architettonici e con l'obiettivo non secondario di evitare quella percezione di<br />

completa negoziabilità delle scelte di cui si sono già denunciati gli effetti negativi.<br />

Si è già ricordato che, nella sua componente strategica (distinta, come si è visto, da quella strutturale),<br />

il documento di piano è destinato a riflettere visioni (che si traducono in altrettanti obiettivi pianificatori)<br />

suscettibili di mutare nel tempo. Conseguenza di ciò è la limitazione di validità del documento di piano<br />

a soli cinque anni. Questo termine è inderogabile: in difetto di tempestiva approvazione di un nuovo<br />

strumento, si pone una delicata questione di impossibilità di funzionamento dell'intero sistema di<br />

governo del territorio; ciò proprio in quanto il documento di piano non è - si ribadisce - un documento<br />

autonomo ma complementare rispetto al piano dei servizi ed al piano delle regole.<br />

Prima di chiudere sul punto, occorre osservare che questo piano produce comunque effetti giuridici e<br />

non solo politici. Contenuto strategico, e quindi non puntuale, non significa tuttavia contenuto astratto,<br />

come quello che connota tipicamente le previsioni normative.<br />

Il documento di piano non costituisce un atto meramente politico (ancorché la scadenza quinquennale<br />

potrebbe indurre a considerarlo una sorta di 'piano della sindacatura'): non è quindi equiparabile, per<br />

fare un esempio, alle 'linee programmatiche relative alle azioni ed ai progetti da realizzare nel corso<br />

del mandato' che vengono illustrate dal sindaco al consiglio comunale in principio di legislatura 68 . La<br />

valenza giuridica di tale atto si esprime, come detto, nell'esplicitare le condizioni e nel porre le<br />

premesse affinché possano determinarsi le successive scelte puntuali di cui il documento di piano<br />

traccia nel contempo la cornice inderogabile. A conferma della valenza pienamente giuridica di tali<br />

decisioni, va ricordato che l'art. 36 della legge, quando indica i presupposti per l'emanazione di una<br />

misura di salvaguardia, non opera distinzioni tra i diversi atti del piano di governo del territorio.<br />

68 Art. 46, III comma, D. lgs. 18 agosto 2000, n. 267 'Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali.


La ricomprensione di un fondo entro un 'grande sistema territoriale' (operazione che opera ogni<br />

quinquennio il documento di piano) potrebbe inoltre produrre effetti preclusivi rispetto a soluzioni più<br />

vantaggiose per il singolo proprietario. In tal caso continueranno quindi a trovare applicazione le<br />

regole in tema di impugnazione che sono state espresse nello scenario della legge 1150/1942, come<br />

del resto ha recentemente indicato anche il Consiglio di Stato con riferimento a vicende nelle quali<br />

era in discussione l'impugnabilità diretta dei piani strutturali comunali previsti dalla legislazione<br />

urbanistica toscana 69 ed emiliana 70 .” 71<br />

69 Cons. Stato, sez. IV, 14 dicembre 2004, n. 7972, in Riv. giur. edil., 2005, I, 780.<br />

70 Cons. Stato, sez. IV, 28 luglio 2005, n. 4004, in Foro amm.-CdS, 2005, 2156.<br />

71 Emanuele Boscolo (2006) – Le regole dell’urbanistica in lombardia


Al fine di procedere alla valutazione degli obiettivi e degli orientamenti iniziali di piano, è necessario<br />

definire un set di criteri di sostenibilità ambientale attraverso i quali è possibile valutare il livello di<br />

sostenibilità delle scelte di piano sulle componenti ambientali.<br />

Il riferimento più immediato per la scelta di tali criteri è il manuale redatto dall’Unione Europea che<br />

individua 10 criteri di sviluppo sostenibile:<br />

Esempi di<br />

settori<br />

prioritari per i<br />

Fondi<br />

strutturali<br />

Energia<br />

Trasporti<br />

Industria<br />

Energia<br />

Agricoltura<br />

Silvicoltura<br />

Turismo<br />

Risorse idriche<br />

Ambiente<br />

Trasporti<br />

Industria<br />

Dieci criteri<br />

chiave per la<br />

sostenibilità<br />

1<br />

Ridurre al minimo<br />

l’impiego delle<br />

risorse energetiche<br />

non rinnovabili<br />

2<br />

Impiego delle<br />

risorse rinnovabili<br />

nei limiti della<br />

capacità di<br />

rigenerazione<br />

Descrizione<br />

L’impiego di risorse non rinnovabili, quali combustibili fossili, giacimenti di<br />

minerali e conglomerati riduce le riserve disponibili per le generazioni future. Un<br />

principio chiave dello sviluppo sostenibile afferma che tali risorse non<br />

rinnovabili debbono essere utilizzate con saggezza e con parsimonia, ad un<br />

ritmo che non limiti le opportunità delle generazioni future.<br />

Ciò vale anche per fattori insostituibili - geologici, ecologici o del paesaggio -<br />

che contribuiscono alla produttività, alla biodiversità, alle conoscenze<br />

scientifiche e alla cultura (cfr. comunque i criteri chiave nn. 4, 5 e 6).<br />

Per quanto riguarda l’impiego di risorse rinnovabili nelle attività di produzione<br />

primarie, quali la silvicoltura, la pesca e l’agricoltura, ciascun sistema è in grado<br />

di sostenere un carico massimo oltre il quale la risorsa si inizia a degradare.<br />

Quando si utilizza l’atmosfera, i fiumi e gli estuari come “depositi” di rifiuti, li si<br />

tratta anch’essi alla stregua di risorse rinnovabili, in quanto ci si affida alla loro<br />

capacità spontanea di autorigenerazione. Se si approfitta eccessivamente di<br />

tale capacità, si ha un degrado a lungo termine della risorsa. L’obiettivo deve<br />

pertanto consistere nell’impiego delle risorse rinnovabili allo stesso ritmo (o<br />

possibilmente ad un ritmo inferiore) a quello della loro capacità di rigenerazione<br />

spontanea, in modo da conservare o anche aumentare le riserve di tali risorse<br />

per le generazioni future.<br />

Principali atti<br />

legislativi<br />

comunitari in<br />

materia<br />

ambientale<br />

(direttive del<br />

Consiglio)<br />

85/337/CEE<br />

(97/11/CE) - VIA<br />

91/156/CEE - rifiuti<br />

91/689/CEE - rifiuti<br />

pericolosi<br />

85/337/CEE<br />

(97/11/CE) - VIA<br />

91/676/CEE - nitrati<br />

91/156/CEE - rifiuti<br />

91/689/CEE - rifiuti<br />

pericolosi<br />

92/43/CEE - habitat e<br />

specie<br />

79/409/CEE - uccelli


Esempi di<br />

settori<br />

prioritari per i<br />

Fondi<br />

strutturali<br />

Industria<br />

Energia<br />

Agricoltura<br />

Risorse idriche<br />

Ambiente<br />

Ambiente<br />

Agricoltura<br />

Silvicoltura<br />

Risorse idriche<br />

Trasporti<br />

Industria<br />

Energia<br />

Turismo<br />

Risorse culturali<br />

Agricoltura<br />

Silvicoltura<br />

Risorse idriche<br />

Ambiente<br />

Industria<br />

Turismo<br />

Risorse culturali<br />

Turismo<br />

Ambiente<br />

Industria<br />

Trasporti<br />

Risorse culturali<br />

Dieci criteri<br />

chiave per la<br />

sostenibilità<br />

3<br />

Uso e gestione<br />

corretta, dal punto<br />

di vista ambientale,<br />

delle sostanze e<br />

dei rifiuti pericolosi/<br />

inquinanti<br />

4<br />

Conservare e<br />

migliorare lo stato<br />

della fauna e flora<br />

selvatiche, degli<br />

habitat e dei<br />

paesaggi<br />

5<br />

Conservare e<br />

migliorare la qualità<br />

dei suoli e delle<br />

risorse idriche<br />

6<br />

Conservare e<br />

migliorare la qualità<br />

delle risorse<br />

storiche e culturali<br />

Descrizione<br />

In molte situazioni, è possibile utilizzare sostanze meno pericolose dal punto di<br />

vista ambientale, ed evitare o ridurre la produzione di rifiuti, e in particolare dei<br />

rifiuti pericolosi. Un approccio sostenibile consisterà nell’impiegare i fattori<br />

produttivi meno pericolosi dal punto di vista ambientale e nel ridurre al minimo<br />

la produzione di rifiuti adottando sistemi efficaci di progettazione di processi,<br />

gestione dei rifiuti e controllo dell’inquinamento.<br />

In questo caso, il principio fondamentale consiste nel conservare e migliorare le<br />

riserve e le qualità delle risorse del patrimonio naturale, a vantaggio delle<br />

generazioni presenti e future. Queste risorse naturali comprendono la flora e la<br />

fauna, le caratteristiche geologiche e geomorfologiche, le bellezze e le<br />

opportunità ricreative naturali. Il patrimonio naturale pertanto comprende la<br />

configurazione geografica, gli habitat, la fauna e la flora e il paesaggio, la<br />

combinazione e le interrelazioni tra tali fattori e la fruibilità di tale risorse. Vi<br />

sono anche stretti legami con il patrimonio culturale (cfr. criterio chiave n. 6).<br />

Il suolo e le acque sono risorse naturali rinnovabili essenziali per la salute e la<br />

ricchezza dell’umanità, e che possono essere seriamente minacciate a causa<br />

di attività estrattive, dell’erosione o dell’inquinamento. Il principio chiave<br />

consiste pertanto nel proteggere la quantità e qualità delle risorse esistenti e<br />

nel migliorare quelle che sono già degradate<br />

Le risorse storiche e culturali sono risorse limitate che, una volta distrutte o<br />

danneggiate, non possono essere sostituite. In quanto risorse non rinnovabili, i<br />

principi dello sviluppo sostenibile richiedono che siano conservati gli elementi, i<br />

siti o le zone rare rappresentativi di un particolare periodo o tipologia, o che<br />

contribuiscono in modo particolare alle tradizioni e alla cultura di una data area.<br />

Si può trattare, tra l’altro, di edifici di valore storico e culturale, di altre strutture<br />

o monumenti di ogni epoca, di reperti archeologici nel sottosuolo, di architettura<br />

di esterni (paesaggi, parchi e giardini) e di strutture che contribuiscono alla vita<br />

culturale di una comunità (teatri, ecc.). Gli stili di vita, i costumi e le lingue<br />

tradizionali costituiscono anch’essi una risorsa storica e culturale che è<br />

opportuno conservare.<br />

Principali atti<br />

legislativi<br />

comunitari in<br />

materia<br />

ambientale<br />

(direttive del<br />

Consiglio)<br />

85/337/CEE<br />

(97/11/CE) - VIA<br />

91/156/CEE - rifiuti<br />

91/689/CEE - rifiuti<br />

pericolosi<br />

96/61/CE -<br />

Prevenzione e<br />

riduzione integrate<br />

dell’inquinamento<br />

92/43/CEE - habitat e<br />

specie<br />

79/409/CEE - uccelli<br />

selvatici<br />

85/337/CEE<br />

(97/11/CE) - VIA<br />

91/676/CEE - nitrati<br />

85/337/CEE<br />

(97/11/CE) - VIA<br />

91/676/CEE - nitrati<br />

91/156/CEE - rifiuti<br />

91/689/CEE - rifiuti<br />

pericolosi<br />

91/271/CEE - acque<br />

reflue urbane<br />

85/337/CEE<br />

(97/11/CE) - VIA


Esempi di<br />

settori<br />

prioritari per i<br />

Fondi<br />

strutturali<br />

Ambiente<br />

(urbano)<br />

Industria<br />

Turismo<br />

Trasporti<br />

Energia<br />

Risorse idriche<br />

Risorse culturali<br />

Trasporti<br />

Energia<br />

Industria<br />

Ricerca<br />

Ambiente<br />

Turismo<br />

Risorse culturali<br />

Tutti<br />

Dieci criteri<br />

chiave per la<br />

sostenibilità<br />

7<br />

Conservare e<br />

migliorare la qualità<br />

dell’ambiente<br />

locale<br />

8<br />

Protezione<br />

dell’atmosfera<br />

(riscaldamento del<br />

globo - cfr.<br />

glossario).<br />

9<br />

Sensibilizzare<br />

maggiormente alle<br />

problematiche<br />

ambientali,<br />

sviluppare<br />

l’istruzione e la<br />

formazione in<br />

campo ambientale<br />

10<br />

Promuovere la<br />

partecipazione del<br />

pubblico alle<br />

decisioni che<br />

comportano uno<br />

sviluppo sostenibile<br />

Descrizione<br />

Nel contesto del presente dibattito, la qualità di un ambiente locale può essere<br />

definita dalla qualità dell’aria, dal rumore ambiente, dalla gradevolezza visiva e<br />

generale. La qualità dell’ambiente locale è importantissima per le aree<br />

residenziali e per i luoghi destinati ad attività ricreative o di lavoro. La qualità<br />

dell’ambiente locale può cambiare rapidamente a seguito di cambiamenti del<br />

traffico, delle attività industriali, di attività edilizie o estrattive, della costruzione<br />

di nuovi edifici e infrastrutture e da aumenti generali del livello di attività, ad<br />

esempio da parte di visitatori. È inoltre possibile migliorare sostanzialmente un<br />

ambiente locale degradato con l’introduzione di nuovi sviluppi.<br />

Cfr. anche il criterio n. 3 relativo alla riduzione dell’impiego e del rilascio di<br />

sostanze inquinanti.<br />

Una delle principali forze trainanti dell’emergere di uno sviluppo sostenibile è<br />

consistita nei dati che dimostrano l’esistenza di problemi globali e regionali<br />

causati dalle emissioni nell’atmosfera. Le connessioni tra emissioni derivanti<br />

dalla combustione, piogge acide e acidificazione dei suoli e delle acque, come<br />

pure tra clorofluocarburi (CFC), distruzione dello strato di ozono ed effetti sulla<br />

salute umana sono stati individuati negli anni Settanta e nei primi anni Ottanta.<br />

Successivamente è stato individuato il nesso tra anidride carbonica e altri gas<br />

di serra e cambiamenti climatici. Si tratta di impatti a lungo termine e pervasivi,<br />

che costituiscono una grave minaccia per le generazioni future.<br />

Il coinvolgimento di tutte le istanze economiche ai fini di conseguire uno<br />

sviluppo sostenibile è un elemento fondamentale dei principi istituiti a Rio<br />

(Conferenza delle Nazioni Unite sull’ambiente e lo sviluppo, 1992). La<br />

consapevolezza dei problemi e delle opzioni disponibili è d’importanza<br />

decisiva: l’informazione, l’istruzione e la formazione in materia di gestione<br />

ambientale costituiscono elementi fondamentali ai fini di uno sviluppo<br />

sostenibile. Li si può realizzare con la diffusione dei risultati della ricerca,<br />

l’integrazione dei programmi ambientali nella formazione professionale, nelle<br />

scuole, nell’istruzione superiore e per gli adulti, e tramite lo sviluppo di reti<br />

nell’ambito di settori e raggruppamenti economici. È importante anche<br />

l’accesso alle informazioni sull’ambiente a partire dalle abitazioni e nei luoghi<br />

ricreativi.<br />

La dichiarazione di Rio (Conferenza delle Nazioni Unite sull’ambiente e lo<br />

sviluppo, 1992) afferma che il coinvolgimento del pubblico e delle parti<br />

interessate nelle decisioni relative agli interessi comuni è un cardine dello<br />

sviluppo sostenibile. Il principale meccanismo a tal fine è la pubblica<br />

consultazione in fase di controllo dello sviluppo, e in particolare il<br />

coinvolgimento di terzi nella valutazione ambientale. Oltre a ciò, lo sviluppo<br />

sostenibile prevede un più ampio coinvolgimento del pubblico nella<br />

formulazione e messa in opera delle proposte di sviluppo, di modo che possa<br />

emergere un maggiore senso di appartenenza e di condivisione delle<br />

responsabilità.<br />

Principali atti<br />

legislativi<br />

comunitari in<br />

materia<br />

ambientale<br />

(direttive del<br />

Consiglio)<br />

85/337/CEE<br />

(97/11/CE) - VIA<br />

91/156/CEE - rifiuti<br />

91/689/CEE - rifiuti<br />

pericolosi<br />

91/271/CEE - acque<br />

reflue urbane<br />

96/61/CE -<br />

Prevenzione e<br />

riduzione integrate<br />

dell’inquinamento<br />

85/337/CEE<br />

(97/11/CE) - VIA<br />

96/61/CE -<br />

Prevenzione e<br />

riduzione integrate<br />

dell’inquinamento<br />

85/337/CEE<br />

(97/11/CE) - VIA<br />

96/61/CE -<br />

Prevenzione e<br />

riduzione integrate<br />

dell’inquinamento


Come riportato all’interno del manuale stesso, tali criteri possono essere contestualizzati alle<br />

specificità amministrative e territoriali della realtà locale in cui si opera e alle tipologie di strumento di<br />

pianificazione.<br />

A questo proposito si è deciso di ricalibrare tali criteri in direzione di una maggiore pertinenza rispetto<br />

ai contenuti che dovrà assumere il Ddp.<br />

I criteri di sostenibilità così determinati saranno:<br />

1 Tutela della qualità del suolo<br />

2 Minimizzazione del consumo di suolo<br />

3 Tutela e potenziamento delle aree naturali<br />

4<br />

Tutela e potenziamento della rete ecologica e dei corridoi<br />

ecologici<br />

5 Tutela dei valori paesistici<br />

6 Contenimento emissioni in atmosfera<br />

7 Contenimento inquinamento acustico<br />

8 Riequilibrio tra aree edificate e spazi aperti<br />

9 Tutela e valorizzazione dei beni storici e architettonici<br />

10 Miglioramento della qualità delle acque superficiali<br />

11 Maggiore efficienza energetica<br />

12 Contenimento della produzione dei rifiuti<br />

13 Salvaguardia della salute e del benessere dei cittadini<br />

Un utile riferimento per la valutazione è la sequenza DPSIR (Determinati, Pressioni,<br />

Stato,Impatto,Risposte) dove:


Determinante (Driving force): attività generatrice di fattori di impatto ambientale;<br />

Pressione (Pressare): fattore di impatto ambientale (ad esempio emissione di rumore);<br />

Stato (State): Stato di qualità di una componente ambientale sensibile al fattore di impatto<br />

esaminato (ad esempio stato di benessere della popolazione sottoposta ad un dato livello di<br />

rumore di fondo);<br />

Impatto (Impact): cambiamento dello stato di qualità della componente ambientale;<br />

Risposta (Response): contrazione del piano volta a contrastare le pressioni ambientali, in<br />

modo da riportare l’impatto entro soglie d’ammissibilità o, più in generale, in modo da<br />

conseguire le condizioni di sostenibilità (ad esempio realizazione di barriere acustiche atte a<br />

riportare il clima acustico entro determinate soglie);<br />

“A questa sequenza è opportuno aggiungere la considerazione di due ulteriori elementi costituiti da:<br />

Prestazione (Performance) della risposta: data dal rapporto tra efficacia ambientale e costi<br />

della risposta, dove l’efficacia ambientale è data dall’impatto ambientale della risposta ed è<br />

valutata con l’indicatore di impatto, e il costo è dato dal costo economico della risposta<br />

valutato in unità monetarie;<br />

Traguardo (target) della risposta: obiettivo di efficacia della risposta espresso in termini<br />

quantitativi e fissato da una determinata scadenza temporale.<br />

La quantificazione di ciascun elemento della sequenza avviene tramite appropriati indicatori. La<br />

valutazione dell’efficacia ambientale delle risposte di piano comporta la stima della variazione<br />

dell’indicatore di impatto, da cui dipende lo stato della qualità delle componenti ambientali” 72 .<br />

Gli indicatori utilizzati saranno di due tipi:<br />

Indicatori assoluti: restituiscono livelli assoluti delle variabili individuate come significative;<br />

Indicatori relativi: costituiti da rapporti tra indicatori assoluti.<br />

L’indicatore può essere quindi rappresentato generalmente come una funzione:<br />

y= f(x)<br />

Dove le x sono variabili indipendenti che devono essere monitorate per calcolare le variazioni di<br />

impatto (y).<br />

72 Carlo Socco (2005): Linee guida per la Valutazione <strong>Ambientale</strong> Strategica dei PRGC;


Il percorso di Vas utilizzato può essere così schematizzato:<br />

1. Valutazione della qualità ambientale dello stato di fatto;<br />

2. Definizione della mappa dei vicoli di tutela ambientale;<br />

3. Individuazione di scenari di piano;<br />

4. Previsione degli impatti di ciascun scenario di piano;<br />

5. Simulazione di interventi di mitigazione e compensazione;<br />

6. Confronto e scelta dell’alternativa ottimale;<br />

Successivamente alle fasi sopra elencate si passerà alla fase di monitoraggio e di reporting che<br />

seguirà tutta la durata di vita del piano.<br />

La conoscenza dello stato dell’ambiente nello scenari zero (T0) costituisce il primo passo su cui<br />

fondare le scelte di piano. In questa prima fase si andranno a stabilire gli indicatori che dovranno<br />

rimanere gli stessi anche nelle fasi di monitoraggio in modo da mantenere la confrontabilità dei dati nel<br />

tempo.<br />

La valutazione ambientale dello stato di fatto ci permette anche di individuare la mappa dei vincoli<br />

intesi come:<br />

Vincoli relativi alla tutela dei beni ambientali intangibili;<br />

Vincoli per la prevenzione di danni da impatto e da rischio ambientale;


Ciascuna alternativa che non rispetti tali vincoli si colloca al di fuori del campo delle soluzioni<br />

ambientalmente sostenibili. Tali vincoli possono derivare da piani sovraordinati al PGT o dai SIC e<br />

dalle ZPS.<br />

Questa fase si concretizza nell’individuazione degli scenari di piano alternativi e delle azioni<br />

necessarie da mettere in campo per attuarli. I vari scenari verranno quindi sottoposti ad un’analisi di<br />

coerenza interna ed esterna sia in senso orizzontale che verticale.<br />

Questa operazione si configura come prosecuzione della prima fase di valutazione dello stato di fatto,<br />

in quanto lo scenario di piano ora valutato si configura come una variazione dello stock di indicatori<br />

determinati in quella fase.<br />

Tale operazione consiste in:<br />

Identificazione degli interventi di mitigazione e compensazione;<br />

Ricalcolo degli indicatori;<br />

Bilancio di impatto tramite il confronto tra scenario alternativo con la compensazione e<br />

scenario iniziale;<br />

Eventuale incremento delle misure previste nel caso in cui quelle previste non siano<br />

sufficienti;<br />

Il criterio della sostenibilità ambientale è esprimibile attraverso un sistema funzioni obiettivo<br />

concernenti obiettivi diversi e il più delle volte in conflitto tra di loro.


Tuttavia le alternative da porre a confronto devono tutte rispettare il requisito di accettabilità degli<br />

impatti ambientali residui, ma una volta accertato il rispetto di queste condizioni ci si ritrova a dover<br />

confrontare alternative a gradi diversi di ottimizzazione con riferimento alle diverse componenti<br />

ambientali. La soluzione a questo problema richiede il ricorso a tecniche del confronto multicriteria<br />

andando a determinare una struttura di ponderazione a supporto della decisione.<br />

Con l’approvazione del piano si passa alla fase di monitoraggio del piano. Il monitoraggio dello stato<br />

dell’ambiente e delle azioni di piano si concretizzerà in rapporti di monitoraggio e valutazioni<br />

periodiche.


Il comune in numeri:<br />

45°31′0″N<br />

8°54′0″E<br />

166 m s.l.m.<br />

6,63 Km 2<br />

Lombardia<br />

Milano<br />

-<br />

Arluno, Busto Garolfo, Inveruno, Ossona, Parabiago<br />

5.384 (al 31.12.10)<br />

897,33 ab./Km 2<br />

20010<br />

02<br />

UTC+1<br />

(0)15058<br />

B989<br />

casorezzesi


Di seguito viene proposta l’identificazione del comune attraverso visuali di foto aeree, che ne riportano<br />

la reale conformazione fisica, e attraverso ricostruzioni tridimensionali della morfologia del territorio.<br />

La percezione della forma del territorio contribuisce a restituire un inquadramento dello stato di fatto<br />

meno tecnico delle successive analisi ambientali, ma estremamente efficace per definire il contesto<br />

che la presente analisi intende proporre.<br />

Figura 1 - Inquadramento del Comune - Foto aerea; estratto viewer geografico Sistema Informativo Territoriale


Figura 2 – vista prospettica di Casorezzo dal Comune di Ossona – strada Provinciale 128 (da SUD verso NORD)<br />

Figura 3 – vista prospettica di Casorezzo dalla strada Provinciale 171, con veduta parziale del Parco del Roccolo (da EST verso OVEST)


Figura 4 – vista prospettica di Casorezzo da Busto Garolfo – strada Provinciale 128 (da NORD verso SUD)<br />

Figura 5 – vista prospettica di Casorezzo da Inveruno – strada Provinciale 171 (da OVEST verso EST)


La complessità e la variabilità del sistema climatico dell’area lombarda sono determinati da una serie<br />

di fattori geografici che gli conferiscono dei caratteri particolari e lo rendono unico allo scala europea.<br />

Tali fattori sono:<br />

la vicinanza del Mar Mediterraneo, fonte di massa di aria umida e mite;<br />

la vicinanza dell’area atlantica, fonte di masse d’aria umida relativamente mite;<br />

la vicinanza della massa continentale europea, fonte di masse d’aria fredda nella stagione invernale;<br />

la presenza dell’arco alpino e dell’Appennino Settentrionale che costituiscono delle barriere in grado di<br />

creare notevoli discontinuità nelle masse d’aria;<br />

la presenza di grandi valli che influenzano la circolazione delle masse d’aria nella bassa troposfera;<br />

la presenza dei laghi prealpini con particolari effetti mesoclimatici;<br />

Tali fattori fanno sì che in Lombardia siano presenti 3 mesoclimi differenti:<br />

1. mesoclima alpino;<br />

2. mesoclima padano;<br />

3. mesoclima insubrico.<br />

Il Comune di Casorezzo appartiene alla zona mesoclimatica padana il cui clima può essere definito<br />

come temperato subcontinentale, cioè un clima caldo piovoso con estate fresca. Si può individuare la<br />

presenza di sei mesi temperati (da marzo a giugno e da settembre a ottobre), quattro mesi freddi e<br />

umidi (da novembre a febbraio) e di due mesi caldi e umidi (luglio e agosto). Luglio spesso viene<br />

considerato come un mese arido.<br />

L’umidità è molto elevata e causa la presenza di nebbie in inverno ed afa in estate. Le precipitazioni<br />

sono relativamente ben distribuite durante l’anno, la ventosità non è rilevante e gli episodi<br />

temporaleschi estivi sono frequenti.<br />

73 Fonte: studio geologico allegato al PGT, Dott. Amedeo Dordi, luglio 2012


Per quanto riguarda i dati pluviometrici alla scala regionale, la Regione Lombardia nell’anno 2000 ha<br />

pubblicato uno studio di sintesi relativo alla precipitazioni massime, medie e minime annue del<br />

territorio alpino lombardo dal 1891 al 1990 comprendente delle carte tematiche a scala 1:250.000 che<br />

vengono riportate nelle pagine seguenti.<br />

Le carte mostrano come a partire dal corso del Fiume Po, le precipitazioni medie annue tendono<br />

progressivamente ad aumentare spostandosi verso Nord, cioè verso i rilievi prealpini.<br />

In particolare, l’area del comune di Casorezzo si trova nella fascia di transizione ed è caratterizzata<br />

dai seguenti valori pluviometrici registrati dal 1891 al 1990:<br />

precipitazioni medie: 1001-1200 mm/anno;<br />

precipitazioni massime: 1301-1600 mm/anno;<br />

precipitazioni minime: 601-800 mm/anno.


Per la definizione di un quadro climatico più dettagliato e più recente di Busto Garolfo sono stati<br />

utilizzati i dati registrati dalla stazione meteorologica situata ad Arconate e disponibili in rete.<br />

I dati, forniti dall’Agenzia Regionale Protezione Ambiente, si riferiscono all’arco di tempo compreso tra<br />

il 2003 ed il 2011 per il parametro temperatura e dal 2009 al 2011 per le precipitazioni.<br />

Si è potuto constatare che la temperatura dell’aria ha un valore medio annuo di 12,3 °C; mentre<br />

l'escursione termica media, cioè la differenza fra la temperatura media del mese più caldo (luglio) e di<br />

quello più freddo (dicembre/gennaio) è pari a 21,7 °C. Pertanto anche il clima, da un punto di vista<br />

74 Lo Studio geologico del Dott. Dordi specifica che il presente paragrafo fa riferimento alla “Componente geologica,<br />

idrogeologica e sismica del Piano di Governo del Territorio del Comune di Busto Garolfo (Mi)” – Relazione geologica<br />

illustrativa - Dott. Geol. Luca Luoni e Dott. Geol. Giorgio D’Onofrio.


termico, va senz’altro inquadrato come continentale. L’analisi dei dati ha prodotto come risultato un<br />

grafico all’interno del quale viene illustrato l’andamento delle temperature minime, medie e massime<br />

nel periodo di tempo preso in esame.<br />

I dati delle precipitazioni per la stazione considerata sono disponibili a partire dall’anno 2009 sino ad<br />

oggi. Dalla loro analisi è possibile concludere che le piogge sono distribuite con due massimi, il<br />

maggiore in autunno e il minore nel periodo primaverile e tardo invernale; nel contempo vi sono anche<br />

due minimi, il più marcato a cavallo tra i mesi di Dicembre e Gennaio e il meno marcato nei mesi di<br />

Luglio e Agosto.


La conoscenza delle dinamiche relative all’uso del suolo è strategica per la pianificazione territoriale,<br />

poiché consente di leggere lo stato attuale dei luoghi come punto d’arrivo delle modificazioni<br />

intervenute in passato e, al contempo, di monitorare quelle in atto e di prefigurare quelle future.<br />

A partire dall’analisi effettuata negli anni ’90 nell’ambito del Programma europeo CORINE Land Cover,<br />

Regione Lombardia ha realizzato uno strumento di analisi e monitoraggio dell’uso del suolo (DUSAF),<br />

omogeneo su tutto il territorio regionale e condiviso nell’ambito della Infrastruttura per l’Informazione<br />

Territoriale della Lombardia (IIT) tramite il GEOPortale (www.cartografia.regione.lombardia.it).<br />

Il DUSAF (Destinazione d’Uso dei Suoli Agricoli e forestali) è una banca dati geografica nata nel 2000-<br />

2001 nell’ambito di un progetto promosso e finanziato dalle Direzioni Generali Territorio e Urbanistica<br />

e Agricoltura di Regione Lombardia e realizzata dall’Ente Regionale per i Servizi all’Agricoltura e alle<br />

Foreste (ERSAF) con la collaborazione dell’Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente della<br />

Lombardia (ARPA). La prima versione della banca dati, ottenuta dall’interpretazione di foto aeree<br />

eseguite negli anni 1998-1999 (Dusaf 1.0 riclassificata in Dusaf 1.1), è stata successivamente<br />

aggiornata utilizzando foto aeree degli anni 2005, 2006 e 2007 (Dusaf 2.0) integrate con informazioni<br />

tematiche prodotte dagli enti partecipanti alla IIT della Lombardia. Con l’edizione attuale l’intero<br />

territorio regionale è stato aggiornato al 2009.


Figura 6 – Confronto tra superficie agro naturale ed urbanizzato (dati DUSAF 2009).<br />

Dal grafico di cui sopra si riportano le relative tabelle:<br />

4.883.954,4 74%<br />

1.755.892,1 26%<br />

6.639.846,5 100%<br />

Il territorio Comunale appare coperto per il 74% dai suoli agronaturali mentre la superficie urbanizzata<br />

occupa il restante 26%.<br />

Considerando una popolazione residente di n. 5.384 abitanti (al 31.12.10) e una complessiva<br />

superficie agronaturale di 4.883.954,4 mq si evince una dotazione media pro-capite di suoli<br />

agronaturali pari a 907,1 mq.


Dall’analisi dettagliata dell’uso dei suoli agronaturali eseguita sempre attraverso i dati D.U.S.A.F. della<br />

Regione Lombardia emerge quanto segue:<br />

E ancora più nel dettaglio:<br />

4.804.175,4 98%<br />

79.779,0 2%<br />

4.883.954,4 100%


1.196.574,7<br />

1.199,5<br />

99.174,1<br />

79.779,0<br />

394.312,7<br />

463.482,1<br />

980,8<br />

2.015.219,1<br />

153.504,8<br />

108.376,5<br />

351.731,4<br />

19.619,7<br />

3.646.554,90<br />

Figura 7 - Fonte: dati DUSAF 2009, SIT Regione Lombardia


Dall’analisi effettuata si rileva una netta predominanza delle coltivazioni a mais, che interessano il<br />

41%% del territorio agro-boschivo. Seguono “altri cereali” (25%), foraggere (10%) boschi e colture<br />

arboree (8%) e terreni a riposo (7%). Tutte le altre tipologie di territorio agro-boschivo si attestano su<br />

valori inferiori al 3%.


Il Piano Territoriale Regionale (PTR) è lo strumento di pianificazione di livello regionale (l.r.12/05<br />

art.19), che costituisce atto fondamentale di indirizzo, agli effetti territoriali, della programmazione<br />

regionale di settore, nonché di orientamento della programmazione e pianificazione territoriale dei<br />

comuni e delle province.<br />

Il PTR indica:<br />

1. gli obiettivi principali di sviluppo socio-economico del territorio regionale<br />

2. il quadro delle iniziative per la realizzazione delle infrastrutture e delle opere di interesse<br />

regionale e nazionale<br />

3. i criteri per la salvaguardia dell'ambiente<br />

4. il quadro delle conoscenze fisiche del territorio e definisce:<br />

le linee orientative di assetto del territorio<br />

gli indirizzi generali per la prevenzione del rischio geologico, idrogeologico e sismico<br />

gli indirizzi per la programmazione territoriale di comuni e province<br />

gli obiettivi prioritari di interesse regionale.<br />

Il PTR approvato con deliberazione di Consiglio Regionale n. 951 del 19/01/2010 ha acquistato poi<br />

efficacia dal 17 febbraio 2010 per effetto della pubblicazione dell’avviso di avvenuta approvazione<br />

sul BURL n.7, Serie Inserzioni e Concorsi del 17 febbraio 2010.<br />

Il PTR all’interno del proprio Documento di Piano indica tre macrobiettivi:<br />

1. rafforzare la competitività dei territori della Lombardia<br />

2. riequilibrare il territorio lombardo<br />

3. proteggere e valorizzare le risorse della regione


Essi discendono dagli obiettivi di sostenibilità della Comunità Europea: coesione sociale ed<br />

economica, conservazione delle risorse naturali e del patrimonio culturale, competitività equilibrata dei<br />

territori.<br />

Rafforzare la competitività dei territori della Lombardia<br />

Competitività è la capacità di una regione di migliorare la produttività rispetto ad altri territori,<br />

migliorando nel contempo gli standard di qualità della vita dei cittadini.<br />

La competitività è un concetto complesso che comprende tutti gli aspetti che vengono indicati come<br />

“condizioni per lo sviluppo”. Essa non riguarda quindi solo la capacità di affermazione delle imprese<br />

sui mercati interno ed estero, ma anche, e in primo luogo, quei fattori che rendono possibile tale<br />

performance.<br />

Il concetto di competitività dei territori fa riferimento, più che alla competizione attraverso le<br />

imprese, alla capacità di generare attività innovative e di trattenerle sul proprio territorio e di attrarne di<br />

nuove dall’esterno.<br />

Si fa riferimento, in breve, al fatto che la produttività dipende dalla capacità di generare, attrarre e<br />

trattenere sul territorio risorse essenziali, materiali e immateriali, che contribuiscono alla performance<br />

delle imprese: tecnologia, capitale, risorse umane qualificate.<br />

Essenziale per la competitività di un territorio è quindi la presenza di un insieme di fattori in grado di<br />

attrarre queste risorse: centri di ricerca, università, professionalità qualificate, conoscenze e imprese<br />

che operano in settori avanzati, oltre ad una pubblica amministrazione efficiente.<br />

Ma tra i fattori prioritari per la competitività va annoverata anche - e questo sta diventando sempre più<br />

importante - l’efficienza territoriale, globalmente intesa: efficienti reti infrastrutturali di trasporto e di<br />

telecomunicazioni, ordinato assetto insediativo, buone condizioni ambientali, efficienze dei servizi alle<br />

persone e alle imprese, offerta culturale di qualità. L’efficienza territoriale costituisce, infatti, una<br />

“precondizione” indispensabile per qualsiasi politica di rafforzamento della competitività della regione<br />

nei confronti delle regioni e delle città europee concorrenti, che proprio dell’efficienza territoriale e<br />

della qualità della vita hanno fatto un elemento di forte attrattività.<br />

Attrattività e competitività sono concetti molto legati e si potrebbe definire l’attrattività come una<br />

precondizione della competitività futura di un territorio.<br />

Il perseguimento della competitività per la Lombardia non è quindi indipendente dal perseguimento<br />

della sua attrattività, che molto dipende dalla valorizzazione e tutela delle risorse territoriali, così come<br />

non prescinde dal riequilibrio dei territori della Lombardia.<br />

Riequilibrare il territorio della Regione


La Lombardia è costituita da un insieme di territori che possono essere letti su più piani e sotto<br />

differenti aspetti, aggregandosi in modo differente secondo l’approccio di lettura adottato.<br />

Nella regione coesistono sistemi territoriali, che rivestono ruoli complementari ai fini del<br />

miglioramento della competitività, ma che sono molto differenti dal punto di vista del percorso di<br />

sviluppo intrapreso: un Sistema Metropolitano denso e continuo, contenitore di importanti risorse<br />

propulsive per lo sviluppo, ma anche generatore di effetti negativi sul territorio circostante<br />

(congestione, inquinamento, concentrazione delle attività); una montagna ricca di risorse naturali e<br />

paesaggistiche spesso non valorizzate e in via di spopolamento a causa della mancanza di<br />

opportunità; il Sistema Pedemontano connotato da una rilevante pressione antropica e infrastrutturale<br />

e da criticità ambientali causate da attività concorrenti; il Sistema dei Laghi con un ricco potenziale e<br />

capacità di attrarre funzioni di eccellenza, ma che rischia di diventare lo sfogo della congestione del<br />

Sistema Metropolitano e Pedemontano; gli ambiti fluviali e l’asta del Po interessati da fattori di rischio,<br />

ma anche connotati da alti valori ambientali e la Pianura Irrigua, che svolge un ruolo di presidio nei<br />

confronti della pressione insediativa, ma subisce fenomeni di marginalità e degrado ambientale.<br />

I processi di sviluppo portano in sé delle contraddizioni, dovute sostanzialmente alla generazione di<br />

disequilibri territoriali che richiedono di essere individuati e controbilanciati con adeguate misure.<br />

Riequilibrare il territorio della Lombardia non significa perseguirne l’omologazione, ma valorizzarne i<br />

punti di forza e favorire il superamento dei punti di debolezza.<br />

Proteggere e valorizzare le risorse della Lombardia<br />

La Lombardia è caratterizzata dalla presenza diffusa, su un territorio relativamente vasto, di una<br />

varietà di risorse: di tipo primario (naturali, capitale umano, aria, acqua e suolo) e prodotte dalle<br />

trasformazioni avvenute nel corso del tempo (culturali, paesaggistiche, identitarie, della conoscenza e<br />

di impresa).<br />

Tali risorse costituiscono la ricchezza e la forza della regione: esse devono essere<br />

contemporaneamente preservate dallo spreco e da interventi che ne possano inficiare l’integrità e<br />

valorizzate come fattore di sviluppo, sia singolarmente che come sistema, anche mediante modalità<br />

innovative e azioni di promozione.<br />

Il concetto di risorsa è dinamico, varia nel tempo e nello spazio e dipende fortemente dal contesto di<br />

riferimento: ciò che viene considerato risorsa in un dato momento può non esserlo più in un altro.<br />

Per quanto riguarda più strettamente le risorse fisiche, naturali o antropiche, tuttavia, la logica della<br />

sostenibilità assunta come criterio base comporta un atteggiamento di grande attenzione, in cui la<br />

fase preliminare di conoscenza è in ogni caso fondamentale per l’attribuzione del giusto valore alle<br />

risorse territoriali.


Il complesso delle risorse e del patrimonio culturale rappresenta e costituisce l’identità della regione<br />

e in quanto tale deve essere riconosciuto per il suo valore intrinseco e salvaguardato da fattori di<br />

rischio, derivanti da uso improprio, e da condizioni di degrado, dovuti alla scarsa tutela fisicoambientale,<br />

garantendo nel contempo la sicurezza del territorio e dei cittadini.<br />

Un’attenzione particolare deve essere posta alla ricchezza del capitale umano e alla conoscenza<br />

accumulata, affinché non sia dispersa e banalizzata, ma venga valorizzata nei progetti di alta<br />

formazione per le nuove generazioni. Si tratta di un problema che attiene prevalentemente a politiche<br />

economiche e sociali, ma anche le politiche territoriali possono svolgere un importante compito.<br />

Tenendo presente gli obiettivi tematici esplicitati nel Documento di Piano del PTR, che sottolineano<br />

l’assetto strutturato del territorio regionale come obiettivo primario di Piano, si ritiene utile, nello<br />

specifico di un contesto territoriale a scala locale, analizzare gli obiettivi del sistema territoriale in cui<br />

ricade il territorio Comunale.


Figura 8 - Estratto PTR Documento di Piano, pag. 31 "Le polarità emergenti"<br />

In particolare il territorio comunale si inquadra nel contesto della polarità emergente del sistema Fiera-<br />

Malpensa, e “Lomellina Novara”, come rappresentato dall’estratto della tavola 1 del PTR “polarità e<br />

poli di sviluppo regionale”, art. 20 L.R. 12/05.


Figura 9 - PTR: Tav.1 - Polarità e Poli di sviluppo Regionale<br />

Di seguito si riporta stralcio di quanto indicato nel “Documento di Piano” del PTR per quanto concerne<br />

le polarità emergenti identificate:<br />

“Il nuovo disegno della rete infrastrutturale comporta effetti rilevanti, in seguito all’aumento della<br />

connettività all’interno del Sistema Metropolitano e con il resto dell’Europa, con scenari evolutivi da<br />

governare con attenzione. In particolare: nel quadrante ovest, l’Aeroporto di Malpensa e il Nuovo Polo<br />

Fieristico Rho-Pero possono svolgere il ruolo di attrattore autonomo di funzioni. Il territorio,<br />

caratterizzato da elevata densità insediativa nell’area dell’asse del Sempione, presenta limitati margini<br />

di sviluppo insediativo nell’area ora servita dalla Boffalora- Malpensa. Le trasformazioni previste per<br />

l’area EXPO 2015 e quelle indotte dalle trasformazioni territoriali connesse costituiranno un ulteriore<br />

motore di sviluppo per l’intero quadrante. Pertanto, lo scenario di sviluppo possibile è quello di un’area<br />

ad elevata accessibilità, che potrebbe comprendere anche Novara come nodo secondario di<br />

gravitazione. Il governo delle trasformazioni, anche di livello micro, è fondamentale per non<br />

compromettere ambiti di pregio e per cogliere l’occasione di insediare funzioni di alto rango, per le<br />

quali è necessaria una elevata qualità ambientale del contesto. Si tenga presente, infatti, che l’area di


trasformazione comprende parte del Parco Regionale del Ticino: i nuovi insediamenti dovranno perciò<br />

tendere in primo luogo a riutilizzare gli spazi dimessi dalle vecchie industrie, contribuendo così anche<br />

alla riqualificazione dell’area”<br />

E inoltre:<br />

“Asse Novara-Lomellina: la riqualificazione della linea Alessandria-Mortara-Novara, nell’ambito del<br />

progetto di corridoio ferroviario Genova-Rotterdam delle reti transeuropee TEN, può garantire una<br />

maggiore accessibilità alle aree attraversate, grazie a una più ampia offerta di servizi ferroviari di<br />

collegamento regionale. A livello territoriale, l’intervento può portare all’ulteriore sviluppo del nodo di<br />

Novara quale polarità complementare a Milano per il mercato del lavoro e dei servizi. Novara,<br />

potrebbe accentuare il ruolo di attrazione per i centri situati nella parte nord della Lomellina,<br />

storicamente collegati alla città piemontese dalla ferrovia e dal sistema delle strade statali. La<br />

Lomellina, investita da una nuova accessibilità a Milano, potrebbe essere definitivamente attratta<br />

nell’area gravitazionale di Milano, offrendo un nuovo sfogo residenziale. Anche in questo caso è<br />

necessario porre grande attenzione allo sviluppo dell'area in modo da evitare urbanizzazioni<br />

indiscriminate sul territorio agricolo”.<br />

Il Sistema Territoriale Metropolitano lombardo, ancor più rispetto agli altri Sistemi del PTR, non<br />

corrisponde ad un ambito geografico-morfologico; interessa l’asse est-ovest compreso tra la fascia<br />

pedemontana e la parte più settentrionale della Pianura Irrigua, coinvolgendo, per la quasi totalità, la<br />

pianura asciutta.<br />

In particolare Ad ovest dell'Adda si situa l'area metropolitana storica incentrata sul tradizionale<br />

triangolo industriale Varese-Lecco-Milano, convergente sul capoluogo regionale, caratterizzata da<br />

elevatissime densità insediative, ma anche da grandi spazi verdi tra le conurbazioni dei vari poli. Il<br />

progressivo ampliamento dei poli urbani del Sistema Metropolitano caratterizzato da: aree residenziali,<br />

grandi industrie oggi sovente dismesse, servizi, infrastrutture, aree libere residuali, si sovrappone alla<br />

struttura originaria inglobando vecchi tessuti agrari (le cui tracce permangono qua e là), cascine e<br />

centri rurali, un tempo autonomamente identificabili e oggi divenuti satelliti di un unico organismo.<br />

In quest’area si distingue per i suoi caratteri peculiari l'asse del Sempione, appoggiato sulla densa<br />

conurbazione Legnano-Busto Arsizio-Gallarate. Varie circostanze (trasporti, sviluppo economico,<br />

produzione di energia idraulica, ecc) hanno qui favorito il sorgere di una zona di intensa<br />

industrializzazione, oggi in declino.


Con la creazione del nuovo polo fieristico a Pero-Rho e dell'aeroporto della Malpensa, l'asse del<br />

Sempione riveste, anche oggi, un ruolo di primaria importanza nella pianificazione regionale.<br />

Gli obiettivi del sistema territoriale metropolitano sono:<br />

1. Tutelare la salute e la sicurezza dei cittadini riducendo le diverse forme di inquinamento<br />

ambientale;<br />

2. Riequilibrare il territorio attraverso forme di sviluppo sostenibili dal punto di vista ambientale;<br />

3. Tutelare i corsi d'acqua come risorsa scarsa migliorando la loro qualità;<br />

4. Favorire uno sviluppo e il riassetto territoriale di tipo policentrico mantenendo il ruolo di<br />

Milano come principale centro del nord Italia;<br />

5. Favorire l'integrazione con le reti infrastrutturali europee;<br />

6. Ridurre la congestione da traffico privato potenziando il trasporto pubblico e favorendo<br />

modalità sostenibili;<br />

7. Applicare modalità di progettazione integrata tra paesaggio urbano, periurbano, infrastrutture<br />

e grandi insediamenti a tutela delle caratteristiche del territorio;<br />

8. Riorganizzare il sistema del trasporto merci;<br />

9. Sviluppare il sistema delle imprese lombarde attraverso la cooperazione verso un sistema<br />

produttivo di eccellenza;<br />

10. Valorizzare il patrimonio culturale e paesistico del territorio;<br />

Creare le condizioni per la realizzazione ottimale dell’evento e derivare benefici di lungo<br />

periodo per un contesto ampio;


Figura 10 - Estratto della tavola 4 del PTR “I Sistemi Territoriali del PTR”, art. 20 L.R. 12/05


L’appartenenza al Sistema Fieristico del Comune fa presumere un effetto diretto sui meccanismi che<br />

ruotano intorno al Progetto Expo 2015, che diviene occasione per allacciare gli obiettivi del<br />

Documento di Piano del Piano di Governo del Territorio ai macro-obiettivi espressi in questo senso dal<br />

Piano Territoriale Regionale.<br />

In particolare si cita:<br />

1. Realizzare, contribuendo in ciò anche alla qualificazione progettuale della sede<br />

dell’esposizione, una piena integrazione del polo espositivo con il contesto territoriale locale<br />

(Milano, Rho, Pero e Comuni limitrofi) e allargato alla dimensione più estesa del quadrante<br />

lombardo nord occidentale (Quadrante Ovest), interessato dalle ricadute territoriali dirette<br />

(infrastrutture, servizi di supporto, misure ambientali….)<br />

2. Promuovere azioni di riqualificazione urbana e dei servizi per il cittadino e di nuova<br />

sostenibilità nell’uso del territorio, nell’area urbana e metropolitana milanese e – in primo<br />

luogo – nel capoluogo, con particolare attenzione al rapporto tra tessuto urbanizzato e<br />

contesto agricolo-rurale;<br />

3. Valorizzare le risorse presenti nel territorio lombardo, nella loro articolazione a rete o di<br />

sistema (che travalica, in qualche caso, i confini regionali):<br />

Beni culturali e storico-monumentali, insediamenti rurali, eco-musei, paesaggi in particolare<br />

significativi in relazione all’oggetto di Expo o fruibili in relazione al complessi di iniziative<br />

collegate;<br />

Luoghi della produzione agro-alimentare, considerata nell’insieme delle diverse<br />

componenti della filiera<br />

Sedi della formazione, della ricerca e della tecnologia alimentare<br />

Luoghi della ristorazione alimentare, anche con attenzione alla storia e alla tradizione del<br />

gusto del luogo<br />

Beni e manufatti, di rilievo storico, tecnologico ed ambientale, legati all’infrastrutturazione<br />

agricola ed idraulica del territorio,<br />

Sistema dei parchi e delle aree protette regionali, con particolare considerazione al ruolo<br />

produttivo e protettivo dell’agricoltura<br />

Fiere e mercati


Infrastrutture e attrezzature per la mobilità “dolce”, per l’incremento delle condizioni di<br />

accessibilità a livello locale.<br />

4. Recuperare e rivitalizzare, in raccordo con le azioni previste dal Dossier di candidatura e<br />

secondo nuovi e corretti modi d’uso collettivi, il sistema dei Navigli storici lombardi e le loro<br />

interrelazioni con il territorio, nelle diverse dimensioni urbanistiche, ambientali, paesistiche,<br />

ricreative, di recupero di aree degradate.<br />

5. Incentivare una generalizzata azione ed attenzione alla qualità dell’ambiente urbano,<br />

considerato anche alla luce della fruizione e della percezione degli ospiti della nostra regione,<br />

in occasione dell’evento espositivo e – in via permanente – in relazione alle esigenze di<br />

ospitalità di turisti e operatori a vario titolo in visita alla Lombardia;<br />

6. Contribuire a riqualificare le condizioni di assetto idrogeologico del territorio, recuperando – in<br />

particolare nell’area metropolitana milanese collegata alle sede della manifestazione e alle<br />

opere previste – situazioni di equilibrio, oggi parzialmente compromesse dalla urbanizzazione<br />

intensiva;<br />

7. Promuovere la conoscenza del territorio lombardo, anche ai fini della corretta fruizione nel<br />

corso di Expo 2015, attraverso l’utilizzo delle nuove tecnologie di informazione e gestione dei<br />

dati territoriali e dei servizi attivi;


Figura 11 - Workshop di Landscape Design | Master “Paesaggi Straordinari” | NABA: “Nutrire il pianeta, Energia per la<br />

vita”


Il PTR identifica le zone di preservazione e salvaguardia ambientale, con riferimento diretto al macroobiettivo<br />

“Proteggere e valorizzare le risorse della regione”; è bene ribadire che la valorizzazione delle<br />

risorse ambientali, paesaggistiche, naturali, ecologiche ha contestualmente l’effetto di concorrere<br />

all’ulteriore rafforzamento della competitività regionale e di consentire a ciascun territorio di sviluppare<br />

il proprio potenziale. Il miglioramento della qualità della vita dei cittadini necessariamente passa anche<br />

dalla costruzione e dal potenziamento di un territorio di qualità, anche dal punto di vista paesistico,<br />

ambientale e per la fruizione sociale degli spazi.<br />

Molta parte del territorio regionale presenta caratteri di rilevante interesse ambientale e naturalistico<br />

che sono già riconosciuti da specifiche norme e disposizioni di settore che ne tutelano ovvero<br />

disciplinano le trasformazioni o le modalità di intervento.<br />

In particolare vengono identificate come zone di preservazione e salvaguardia ambientale:<br />

Fasce fluviali del Piano per l’Assetto Idrogeologico<br />

Aree a rischio idrogeologico molto elevato<br />

Aree in classe di fattibilità geologica 3 e 4 (studi geologici a supporto della pianificazione<br />

comunale)<br />

Rete Natura 2000 (Siti di Importanza Comunitaria,Zone di Protezione Speciale)<br />

Sistema delle Aree Protette nazionali e regionali<br />

Zone Umide<br />

Siti UNESCO (Piano Paesaggistico – normativa art.23)<br />

Il PTR riconosce e rimanda ai diversi piani settoriali e alle specifiche normative il puntuale<br />

riconoscimento di tali ambiti e la disciplina specifica, promuovendo nel contempo una forte<br />

integrazione tra le politiche settoriali nello sviluppo di processi di pianificazione che coinvolgano le<br />

comunità locali.


Figura 12 - Estratto della tavola 2 del PTR “Zone di preservazione e salvaguardia ambientale”, art. 20 L.R. 12/05<br />

Come viene riportato nell’immagine precedente il territorio comunale non ricade in sistemi territoriali<br />

Regionali di aree protette, pur essendo confinante (verso ovest) con il Parco Naturale della Valle del<br />

Ticino.


Figura 13 - PTR: Tav.3 - Infrastrutture prioritarie per la Lombardia<br />

Il territorio di Casorezzo si localizza nelle vicinanze dell’Autostrada A4 Torino – Milano, che il PTR<br />

individua come infrastruttura viaria in potenziamento, e della linea ferroviaria Torino – Milano.


Gli orientamenti per la pianificazione comunale espressi nel PTR delegano ai Piani Territoriali di<br />

Coordinamento il compito di cogliere dinamiche di sviluppo che, sempre più frequentemente, si<br />

relazionano con fattori determinati in ambiti di scala territoriale estesa, quali:<br />

la localizzazione (o la de-localizzazione) di attività economiche<br />

le relazioni di mobilità, sia sotto il profilo quantitativo che qualitativo<br />

la domanda di insediamento, anche abitativo.<br />

Tra gli essenziali elementi di riferimento pianificatorio il PTR cita:<br />

l’ordine e la compattezza dello sviluppo urbanistico<br />

l’equipaggiamento con essenze verdi, a fini ecologico-naturalistici e di qualità dell’ambiente<br />

urbano<br />

l’adeguato assetto delle previsioni insediative, in rapporto alla funzionalità degli assi<br />

viabilistici su cui esse si appoggiano (evitare allineamenti edilizi, salvaguardare i nuovi<br />

tracciati tangenziali da previsioni insediative, separare con adeguate barriere fisiche la<br />

viabilità esterna dal tessuto urbanizzato….)<br />

lo sviluppo delle reti locali di “mobilità dolce” (pedonale e ciclabile)<br />

l’agevolazione al recupero e alla utilizzazione residenziale di tutto il patrimonio edilizio rurale<br />

ed agricolo, dismesso o in fase di dismissione<br />

la valorizzazione delle risorse culturali, monumentali, storiche diffuse nel territorio.<br />

Il riordino dell’assetto urbano esistente deve diventare sempre più finalità primaria della nuova fase di<br />

pianificazione locale, in rapporto sia allo stadio di urbanizzazione generale provinciale e regionale, sia<br />

agli obiettivi delle politiche territoriali volti al prioritario recupero degli ambiti urbani e degli edifici<br />

abbandonati e sottoutilizzati nonché al contenimento dell’uso del suolo agricolo e naturale.<br />

Occorre assumere anche, all’interno degli strumenti di pianificazione urbanistica, una logica di<br />

prevenzione del degrado urbano, promuovendo scelte tempestive e qualificate nelle aree urbane per<br />

le quali può venire ragionevolmente individuata una prospettiva di cessazione dell’utilizzo consolidato.


In particolare, il compito delle Amministrazioni locali risulta realizzare politiche urbane in cui sia<br />

fortemente considerato l’aspetto relativo alla riduzione degli effetti negativi della mobilità veicolare<br />

privata e all’incremento delle forme di mobilità urbana agevolate per il pedone ed il ciclista. A tale<br />

impegno si aggiunge quello relativo alla promozione di misure di sicurezza della vita del cittadino negli<br />

spazi urbani, da conseguire anche attraverso una equilibrata distribuzione di funzioni ed attività nelle<br />

aree di maggiore accessibilità e fruizione collettiva che assicurino forme di presidio integrato.


Gli strumenti di pianificazione territoriale a livello regionale con i quali deve confrontarsi il PGT sono il<br />

Piano Territoriale Regionale (PTR) e il Piano Territoriale Paesistico Regionale (PTPR) della Regione<br />

Lombardia.<br />

Il Piano Territoriale Regionale (PTR), in applicazione dell’art. 19 della l.r. 12/2005, ha natura ed effetti<br />

di piano territoriale paesaggistico ai sensi della legislazione nazionale (Dlgs.n.42/2004) . Il PTR in tal<br />

senso recepisce, consolida e aggiorna il Piano Territoriale Paesistico Regionale (PTPR) vigente in<br />

Lombardia dal 2001, integrandone e adeguandone i contenuti descrittivi e normativi e confermandone<br />

l’impianto generale e le finalità di tutela.<br />

Il Piano Paesaggistico Regionale diviene così sezione specifica del PTR, disciplina paesaggistica<br />

dello stesso, mantenendo comunque una compiuta unitarietà ed identità.<br />

Le indicazioni regionali di tutela dei paesaggi di Lombardia, nel quadro del PTR, consolidano e<br />

rafforzano le scelte già operate dal PTPR pre-vigente in merito all’attenzione paesaggistica estesa a<br />

tutto il territorio e all’integrazione delle politiche per il paesaggio negli strumenti di pianificazione<br />

urbanistica e territoriale, ricercando nuove correlazioni anche con altre pianificazioni di settore, in<br />

particolare con quelle di difesa del suolo, ambientali e infrastrutturali.<br />

Le misure di indirizzo e prescrittività paesaggistica si sviluppano in stretta e reciproca relazione con le<br />

priorità del PTR al fine di salvaguardare e valorizzare gli ambiti e i sistemi di maggiore rilevanza<br />

regionale : laghi, fiumi, navigli, rete irrigua e di bonifica, montagna, centri e nuclei storici, geositi, siti<br />

UNESCO, percorsi e luoghi di valore panoramico e di fruizione del paesaggio.<br />

L’approccio integrato e dinamico al paesaggio si coniuga con l’attenta lettura dei processi di<br />

trasformazione dello stesso e l’individuazione di strumenti operativi e progettuali per la riqualificazione<br />

paesaggistica e il contenimento dei fenomeni di degrado, anche tramite la costruzione della rete<br />

verde.<br />

Il Piano Territoriale Paesistico Regionale (PTPR) è lo strumento con cui la Regione Lombardia<br />

disciplina e indirizza la tutela e la valorizzazione paesaggistica dell'intero territorio lombardo,<br />

perseguendo le finalità di:<br />

1. conservazione dei caratteri che definiscono l'identità e la leggibilità dei paesaggi della<br />

Lombardia<br />

2. miglioramento della qualità paesaggistica ed architettonica degli interventi di trasformazione<br />

del territorio


3. diffusione della consapevolezza dei valori paesaggistici e loro fruizione da parte dei cittadini.<br />

Indipendentemente da considerazioni sull’attuale estensione dell’area metropolitana milanese, i limiti<br />

del Milanese storico comprendono una larga fascia fra Ticino e Adda, con tratti più incerti a nord (con<br />

il Varesotto, il Comasco, la Brianza) che a sud (il confine con la provincia di Pavia, di tradizione<br />

medievale, con il Fosso Ticinello; e quello con il Lodigiano).<br />

La presenza di centri di una certa consistenza e con forte tradizione municipale o particolari condizioni<br />

ambientali portano a riconoscere “spicchi” o ambiti dotati di una certa individualità: Monza e la<br />

Martesana, fino all’Adda; la Bassa, dalla Strada Rivoltana alla Vigevanese; l‟Abbiatense; il Magentino;<br />

l‟Alto Milanese, altresì detto Seprio Meridionale. È in sostanza il territorio che è sempre stato sotto la<br />

diretta influenza della grande città lombarda, ne ha seguito i destini e da essa ha tratto il necessario<br />

rapporto economico, fondato sui tradizionali scambi fra città e campagna. Segni della cultura cittadina<br />

si sono proiettati all’esterno, in ogni parte del suo vasto circondario. Basti pensare ai sistemi delle<br />

residenze nobiliari dei navigli, o ai navigli stessi come importanti vie di comunicazione. Basti pensare<br />

al disegno strategico delle fortificazioni viscontee poste sui confini del territorio milanese, sul Ticino e<br />

sull’Adda; oppure ai vastissimi possedimenti fondiari di enti religiosi e istituzioni milanesi nella Bassa.<br />

Basti pensare, ancora, alla potente rete infrastrutturale (stradale e ferroviaria) sulla quale si è ancorato<br />

il sistema produttivo industriale milanese fine ottocentesco, specie nella direzione dell’alta pianura<br />

asciutta.<br />

La classica distinzione fra alta pianura asciutta e bassa irrigua, e la posizione di Milano nella fascia<br />

intermedia fra queste due importanti regioni agrarie, aveva determinato in passato il vero assetto del<br />

paesaggio, ma anche le forme dell’insediamento (accentrate e lineari nella pianura asciutta, disperse<br />

e apparentemente casuali in quella irrigua), quelle colturali e dunque economiche. Tale segno<br />

distintivo, di fronte alla macroscopica espansione metropolitana, non è oggi più avvertibile in quanto<br />

altri segni, altri elementi dominanti, di esito più o meno discutibile, caratterizzano il paesaggio del<br />

Milanese: in sostanza, un paesaggio edilizio di scarsa identità a cui sottostanno i segni deperiti di un<br />

paesaggio industriale in via di trasformazione o abbandono, e quelli del tutto incontrollabili di un<br />

paesaggio commerciale, per sua stessa definizione effimero, transitorio, ma in grado di trasmettere un<br />

fortissimo messaggio ideologico.<br />

Di fronte a tale processo, appaiono quantomeno riparatorie le iniziative di tutela delle fasce fluviali<br />

maggiori (Adda e Ticino) e minori (Molgora, fontanili ... ), mentre del tutto insondabile appare il futuro


destino del parco agricolo del Sud Milano, l‟unica risposta per ora possibile rispetto alla salvaguardia<br />

del più straordinario patrimonio di cultura agraria del nostro passato.<br />

Un dialogo fra conservazione e sviluppo per quanto necessario e urgente non risolve comunque i<br />

problemi più generali del paesaggio milanese che vanno risolti proprio nei luoghi della sua nuova<br />

espressione: le grandi strade commerciali, i nuovi quartieri periferici e metropolitani, il disegno delle<br />

infrastrutture, i “vuoti” industriali, i nuovi comparti terziari. È una questione di armonia estetica, la<br />

stessa armonia che fece trasognare più d’un osservatore del passato.<br />

Esemplare, in questo senso, la visione letteraria del viaggiatore francese Lullin de Chateauvieux<br />

(1816): « Di là dal Polesine e sulla riva sinistra del Po, la terra raggiunge il più alto limite della<br />

fecondità. Questa vallata sfoggia tutti i doni della Provvidenza e le ricchezze della creazione. Il<br />

viaggiatore guarda con rispetto quelle Alpi, che, nude, perdute nelle nuvole e vicine al cielo, non<br />

offrono alimenti che alla vita contemplativa, mentre percorre mollemente una pianura ove l‟arte e la<br />

natura hanno riunito le più dolci fra le sensazioni terrene. Il sole vi si mostra puro e ardente; ma grandi<br />

alberi, coprendo la campagna, preservano dai suoi raggi.<br />

La serenità del cielo disseccherebbe il suolo; ma innumerevoli canali vi conservano, inaffiandola, una<br />

verdura che non appassisce mai. Sotto questi felici auspici si vedon crescere le messi e fiorire i prati.<br />

Qui ciascuna casa di campagna è un palazzo rustico, ove è manifesto il lusso dei campi».<br />

Figura 14 - Achille Funi, Paesaggio Milanese


Componenti del paesaggio fisico:<br />

pianura diluviale, lembi nastriformi di pianura alluvionale corrispondenti ad alvei antichi o attivi,<br />

scarpate o terrazzi;<br />

Componenti del paesaggio naturale:<br />

ambiti naturalistici e faunistici (riserva di Vanzago, boschi di Cusago, tratto della valle del Ticino, valle<br />

del Lambro, valle dell’Adda: boschi e lanca di Comazzo, Mortone di Zelo; pianalto delle Groane,<br />

boschi di Triuggio, boschi di Ornago e della Molgora); fontanili e spazi boscati residuali; parchi e aree<br />

verdi di recupero; filari, siepi e cespuglieti, alberature stradali;<br />

Componenti del paesaggio agrario:<br />

paesaggio seccagno dell’alta pianura; paesaggio irriguo della bassa pianura; fontanili, marcite e prati<br />

marcitori; trame agrarie storiche (rete irrigua a mezzogiorno del Naviglio Grande, tracce delle bonifiche<br />

monastiche o di famiglie o di enti fondiari; dimore rurali (“cassine”) pluriaziendali dell’alta pianura a<br />

portico e loggiato (C.na Assunta, C.na Rigada, C.na Cavallera, Corte Grande di Muggiano ... ),<br />

sistema delle corti dei centri dell’alta pianura asciutta (Cesate, Solaro ... ), dimore rurali (“cassine”)<br />

monoaziendali della pianura irrigua (C.na Femegro a Zibido San Giacomo, C.na Vione a Basiglio,<br />

C.na Sarmazzano, C.na Fallavecchia) anche con elementi fortificati (Tolcinasco, Buccinasco); villefattorie<br />

d’impianto quattro-cinquecentesco (C.na Resenterio di Locate Triulzi, Rosio, Marzano,<br />

palazzina Pusterla di Zibido) e successivo (Villa Invernizzi di Trenzanesio); dimore temporanee sui<br />

fondi (“cascinelli”); sistema dei navigli milanesi (Grande, Pavese, Martesana, Paderno, Bereguardo ...<br />

), dei canali e dei colatori irrigui (Muzza), rogge, loro attrezzature (chiuse, paratoie, caselli di guardia,<br />

traghetti, magazzeni ... ); molini (Cusago, Assago, Cervignano, sistema dei molini sull’Olona);<br />

Componenti del paesaggio storico-culturale:<br />

sistema delle ville e delle residenze dei navigli milanesi (Robecco sul Naviglio, Cassinetta di<br />

Lugagnano ... ); ville, residenze nobiliari e parchi dell’alto Milanese (villa Reale e parco di Monza,<br />

Arcore, villa Castelbarco di Vaprio d’Adda, Senago, Varedo, Brugherio ... ); sistema delle abbazie<br />

suburbane milanesi (Chiaravalle, Mirasole, Viboldone ... ); oratori gotici campestri (Conigo, Cascine<br />

Olona, Cascina Donato del Conte, Vimodrone, Solaro ... ) e altre architetture religiose di rilevanza


paesistica; sistema delle fortificazioni viscontee e sforzesche sullo scacchiere difensivo Ticino-Adda;<br />

archeologia industriale (fornaci delle Groane, opifici della valle del Lambro e dell’Olona, centrali<br />

idroelettriche della valle dell’Adda ... ); memorie di eventi storici significativi (Marignano, Ticinello,<br />

ponte e castello di Trezzo sull’Adda ... );<br />

Componenti del paesaggio urbano:<br />

Centri storici (Milano, Monza, Vimercate, Abbiategrasso, Magenta ... ); nuclei e centri organizzati<br />

attorno a episodi edilizi “colti” (Cesano Maderno, Oreno, Castellazzo di Bollate, Castellazzo di Rho );<br />

paesaggio vetero-industriale della periferia milanese (Sesto San Giovanni, Lambrate ) e dei centri<br />

dell’alto milanese (Castellanza, Legnano, Parabiago ... ); città giardino (Cusano Milanino) e villaggi<br />

operai (Legnano);<br />

Componenti e caratteri percettivi del paesaggio:<br />

luoghi dell’identità locale (Piazza del Duomo, piazza della Scala e Castello a Milano, navigli e abbazie<br />

milanesi, valle dell’Adda a Trezzo e ai Tre Corni, Villa Reale di Monza ... ).


Figura 15 - Piano Paesaggistico Regionale – Tav.A<br />

L’ambito individuato dal Piano Paesaggistico Regionale è quello del Milanese, per quanto riguarda<br />

l’unità tipologica Casorezzo è inserito all’interno della “Fascia bassa pianura”e nel dettaglio “Paesaggi<br />

delle colture foraggere”.<br />

La bassa pianura<br />

La bonifica secolare iniziata dagli etruschi e tramandata ai romani e conseguentemente continuata<br />

nell'alto medioevo ha costruito il paesaggio dell' odierna pianura irrigua che si estende, con<br />

caratteristiche diverse, dal Sesia al Mincio.<br />

Da sempre perfetto strumento per produzione agricola ad altissimo reddito, reca sul suo territorio le<br />

tracce delle successive tecniche colturali e di appoderamento. In questa pianura spiccano netti i rilievi<br />

delle emergenze collinari.


La pianura irrigua è costituita da tre grandi tipi di paesaggi configurati dai tipi di coltura: risicola,<br />

cerealicola, foraggera.<br />

Gli indirizzi di tutela espressi dal PTPR riguardano la tutela del paesaggio, rispettandone sia la<br />

straordinaria tessitura storica che la condizione agricola altamente produttiva.<br />

La campagna è soggetta alla meccanizzazione, l'agricoltura ha ridotto le partiture poderali e,<br />

conseguentemente, gli schermi arborei e talvolta anche il sistema irriguo mediante l'intubamento.<br />

Anche le colture più pregiate come le marcite, i prati marcitori e i prati irrigui scompaiono per la loro<br />

scarsa redditività.<br />

Vanno promossi azioni e programmi di tutela finalizzati al mantenimento delle partiture poderali e delle<br />

quinte verdi che definiscono la tessitura territoriale. La Regione valuterà la possibilità di intervenire in<br />

tal senso anche attraverso un corretto utilizzo dei finanziamenti regionali e comunitari per il settore<br />

agricolo e la riqualificazione ambientale. È auspicabile che gli Enti locali attivino autonomamente<br />

forme di incentivazione e concertazione finalizzate alla tutela delle trame verdi territoriali, anche in<br />

occasione della ridefinizione del sistema comunale degli spazi pubblici e del verde in coerenza con<br />

l’art. 24 della Normativa del PPR.<br />

La tutela è rivolta non solo all'integrità della rete irrigua, ma anche ai manufatti, spesso di antica<br />

origine, che ne permettono ancora oggi l'uso e che comunque caratterizzano fortemente i diversi<br />

elementi della rete. Anche in questo caso, assume carattere prioritario l'attivazione di una campagna<br />

ricognitiva finalizzata alla costruzione di uno specifico repertorio in materia, che aiuti poi a guidare la<br />

definizione di specifici programmi di tutela, coinvolgendo tutti i vari enti o consorzi interessati.<br />

Come riportato nel precedente paragrafo il Comune fa parte del sistema della “Fascia bassa pianura”<br />

individuato dalla tavola A “Ambiti Geografici e unità tipologiche di paesaggio” del Piano Paesistico<br />

Regionale, e in particolare dei “Paesaggi delle colture foraggere”.<br />

I paesaggi della bassa pianura irrigua vanno tutelati rispettandone la straordinaria tessitura storica e la<br />

condizione agricola altamente produttiva. Questa condizione presuppone una libertà di adattamento<br />

colturale ai cicli evolutivi propri dell’economia agricola. Ciò va tenuto presente, ma nel contempo va<br />

assicurato il rispetto per l’originalità del paesaggio nel quale si identifica tanta parte dell’immagine<br />

regionale, della tradizionale prosperità padana.


La campagna.<br />

I gravi fenomeni di inquinamento della falda impongono innanzitutto una salvaguardia ecologica della<br />

pianura rispetto a moderne tecniche di coltivazione (uso di pesticidi e concimi chimici) che possono<br />

fortemente indebolire i suoli e danneggiare irreversibilmente la falda freatica. L’uso di fertilizzanti<br />

chimici e diserbanti va controllato e ridotto. Come pure vanno controllati e limitati gli allevamenti<br />

fortemente inquinanti che hanno, specie nella pianura orientale, una notevole diffusione.<br />

La modernizzazione dell’agricoltura ha fortemente penalizzato il paesaggio agrario tradizionale.<br />

L’impressione più netta e desolante è la scomparsa delle differenze, delle diversità nel paesaggio<br />

padano, tutto si amalgama, si uniforma essendo venute a cadere le fitte alberature che un tempo<br />

ripartivano i campi e, essendo ormai votate alla monocoltura ampie superfici agricole, essendo<br />

scomparsa o fortemente ridotta la trama delle acque e dei canali.<br />

A questa situazione non concorre però soltanto una diversa gestione dell’attività agricola ma anche<br />

l’impropria diffusione di modelli insediativi tipicamente urbani nelle campagne, la necessità di<br />

infrastrutture ed equipaggiamenti tecnologici, i processi di allontanamento dei presidi umani dalle<br />

campagne verso le città. Gli indirizzi normativi possibili, al fine di invertire queste tendenze, sono di<br />

diversa natura. Attraverso una più accurata gestione della pianificazione urbanistica, bisogna evitare i<br />

processi di deruralizzazione o sottoutilizzazione provocati da attese in merito a previsioni insediative<br />

ma anche prevedere localizzazioni e dimensionamenti delle espansioni urbane che evitino lo spreco di<br />

territori che per loro natura sono preziosi per l’agricoltura.<br />

Si sottolinea poi l’assoluta urgenza di una tutela integrale e di un recupero del sistema irriguo della<br />

bassa pianura, sopratutto nella fascia delle risorgive, e nelle manifestazioni colturali collegate a questo<br />

sistema (marcite, prati marcitori, prati irrigui). Promuovere la formazione di parchi agricoli<br />

adeguatamente finanziati dove la tutela delle forme produttive tradizionali sia predominante svolgendo<br />

un ruolo di testimonianza colturale e di difesa dall’urbanizzazione (si pensi, ad esempio, al vasto<br />

comprensorio agricolo della Bassa Milanese). Sviluppare nuove linee di progettazione del paesaggio<br />

agrario orientando scelte e metodi di coltivazione biologici.<br />

Incentivare la forestazione dei terreni agricoli dismessi (set-aside) o comunque la restituzione ad uno<br />

stato di naturalità delle zone marginali anche tramite programmi di salvaguardia idrogeologica<br />

(consolidamento delle fasce fluviali).


Incentivare il recupero della dimora rurale nelle sue forme e nelle sue varianti locali; nel contempo<br />

sperimentare nuove tipologie costruttive per gli impianti al servizio dell’agricoltura (serre, silos, stalle,<br />

allevamenti, ecc.) di modo che rispondano a criteri di buon inserimento nell’ambiente e nel paesaggio.<br />

Ricostituire stazioni di sosta e percorsi ecologici per la fauna di pianura e l’avifauna stanziale e di<br />

passo.<br />

La cultura contadina.<br />

Il ricchissimo patrimonio delle testimonianze e delle esperienze del mondo contadino va salvaguardato<br />

e valorizzato con misure che non contemplino solo la “museificazione”, ma anche la loro attiva<br />

riproposizione nel tempo. Si collegano a ciò le tecniche di coltivazione biologica, la ricomposizione di<br />

ampi brani del paesaggio agrario tradizionale, la riconversione ecologica di terreni eccessivamente<br />

sfruttati e impoveriti.


Figura 16 - Estratto tavola B PTPR “Elementi identificativi e Percorsi di Interesse paesaggistico”<br />

Come evidenziato dall’estratto di cui sopra il Piano Paesistico Regionale non mette in evidenza<br />

particolari elementi identificativi e percorsi di interesse paesaggistico all’interno del territorio comunale,<br />

limitandosi a riportare la limitrofa autostrada A4 Torino – Milano come “tracciato stradale di<br />

riferimento”.


Figura 17 - Estratto tavola D PTPR "Quadro di riferimento<br />

della disciplina paesaggistica regionale"<br />

Come individuato dalla tavola D del PTPR "Quadro di riferimento della disciplina paesaggistica<br />

regionale” il territorio comunale non risulta interessato da ambiti ed elementi paesaggistici di rilevanza<br />

regionale, seppur si segnala la vicinanza del Parco Lombardo della Valle del Ticino, in direzione ovest.


Figura 18 - Estratto tavola E PTPR "Viabilità di<br />

rilevanza paesaggistica"<br />

Il Piano Paesistico Regionale non mette in evidenza tracciati di rilevanza paesaggistica all’interno del<br />

territorio comunale.


Figura 19 - Estratto tavola Ic PTPR<br />

“Tutele paesaggistiche”<br />

Il Piano Paesistico Regionale non mette in evidenza Particolari tutele paesaggistiche all’interno del<br />

territorio comunale.


Si riporta l’Art. 34 della Normativa del Piano Paesaggistico<br />

(Indirizzi per la pianificazione comunale e criteri per l’approvazione del P.G.T.)<br />

1. I comuni nella redazione dei P.G.T. impostano le scelte di sviluppo urbanistico locale in<br />

coerenza con gli obiettivi e gli indirizzi di tutela paesaggistica contenuti nel Piano del<br />

Paesaggio, in particolare:<br />

recepiscono le presenti norme e assumono gli orientamenti contenuti nel Piano<br />

Paesaggistico e negli elaborati dispositivi e di indirizzo del presente piano e del P.T.C.P.,<br />

ove esistente;<br />

prendono in considerazione, a tal fine, gli elaborati conoscitivi e di inquadramento<br />

paesaggistico messi a disposizione dal presente Piano e dal P.T.C.P., ove esistente;<br />

assumono le necessarie misure di inquadramento delle proprie scelte urbanistiche, in<br />

forme adeguatamente integrate per il rispetto di valori paesaggistici di rilievo<br />

sovracomunale o di interesse intercomunale desumibili dal presente piano e dal P.T.C.P.,<br />

ove esistente;<br />

assumono come riferimento metodologico la d.g.r. 29 dicembre 2005, n. 1681 “Modalità<br />

per la pianificazione comunale” con specifico riferimento all’allegato “Contenuti<br />

paesaggistici del P.G.T.”;<br />

tengono conto in via prioritaria del recupero e del riuso degli edifici e dei siti abbandonati e<br />

della riqualificazione delle aree e degli ambiti di riconosciuto degrado e compromissione<br />

paesaggistica.<br />

2. E’ compito dei comuni nella redazione del P.G.T.:<br />

predeterminare, sulla base degli studi paesaggistici compiuti e in coerenza con quanto<br />

indicato dai “Contenuti paesaggistici dei P.G.T.“ di cui alla d.g.r. 1681 del 29 dicembre<br />

2005 e dalle “linee guida per l’esame paesistico dei progetti” di cui alla d.g.r. 11045 dell’8<br />

novembre 2002, la classe di sensibilità paesistica delle diverse parti del territorio comunale<br />

o di particolari aree di esso;<br />

3. indicare, per particolare ambiti del territorio comunale, prescrizioni paesaggistiche di<br />

dettaglio, che incidono anche sugli interventi edilizi, con specifico riferimento all’attuazione<br />

della disciplina di tutela a corredo delle dichiarazioni di notevole interesse pubblico di cui al


comma 2 dell’articolo 140 del D. Lgs. 42/2004 e alle prescrizioni di cui al precedente articolo<br />

16bis.<br />

4. In sede di approvazione del P.G.T.:<br />

viene accertata l’adeguatezza dell’apparato analitico e descrittivo del piano nonchè la<br />

coerenza tra gli elaborati a contenuto ricognitivo e valutativo, da un lato, e quelli a<br />

contenuto dispositivo, dall’altro, anche in riferimento alla predeterminazione della classe di<br />

sensibilità paesistica dei luoghi e alla definizione di prescrizioni paesaggistiche di estremo<br />

dettaglio;<br />

viene accertata la presenza e la corretta redazione della cartografia di localizzazione degli<br />

ambiti assoggettati alla tutela della parte III del D.Lgs. 42/2004, e successive mod. ed int.;<br />

viene accertata la sostanziale rispondenza del P.G.T.. agli indirizzi e alle strategie del<br />

Piano del Paesaggio;<br />

viene verificato il coordinamento, a fini paesaggistici, con le previsioni dei P.G.T. dei<br />

comuni contermini.<br />

5. Il corretto riscontro degli elementi di cui al comma 3, costituisce elemento essenziale ai fini<br />

dell’approvazione del P.G.T. e relative varianti.<br />

6. Il P.G.T. per il quale sia stata verificata la rispondenza agli obiettivi di tutela paesaggistica,<br />

una volta approvato, assume la natura di atto di maggiore definizione ai sensi dell’articolo 6.<br />

7. Se necessario, la provincia aggiorna e integra il proprio P.T.C.P., per la parte paesaggistica,<br />

accogliendovi le indicazioni a specifica valenza paesaggistica del P.G.T. stesso.<br />

8. I Comuni assicurano la coerenza tra pianificazione comunale e indicazioni paesaggistiche<br />

del P.T.C.P., a tal fine apportano ai P.G.T. vigenti le modifiche necessarie per renderli<br />

coerenti con la disciplina e i contenuti paesaggistici della pianificazione provinciale e i suoi<br />

aggiornamenti.<br />

9. Piani attuativi, Programmi Integrati di Intervento (P.I.I.) e Programmi di Recupero Urbano<br />

(P.R.U.) assumono come riferimento il Documento di Piano del P.G.T., alle cui<br />

determinazioni devono attenersi; in particolare, posto che i suddetti piani costituiscono<br />

attuazione di dettaglio della strategia paesaggistica del Documento di Piano, devono essere<br />

corredati da apposite relazione ed elaborazioni cartografiche che descrivano e argomentino<br />

la coerenza tra P.G.T. nel suo complesso e scelte paesaggistiche operate nella definizione<br />

dell’impianto microurbanistico, degli indici urbanistici e delle caratterizzazioni tipologiche in<br />

ordine a:


Tutela ambientale, paesaggistica e storico-monumentale dei caratteri connotativi del<br />

paesaggio comunale individuati nel quadro conoscitivo e in particolare nella carta<br />

condivisa del paesaggio comunale;<br />

Valorizzazione delle relazioni fisiche, visuali e simboliche tra i diversi elementi e luoghi<br />

connotativi;<br />

Risoluzione di eventuali criticità correlate a situazioni di degrado o compromissione del<br />

paesaggio;<br />

Continuità dei sistemi verdi e del sistema degli spazi e percorsi pubblici<br />

Coerenza dimensionale e morfologica con il tessuto urbano circostante e limitrofo.<br />

10. In assenza di P.G.T. redatto secondo la l.r. 12/2005, i soggetti proponenti strumenti di<br />

pianificazione attuativa, assumono come riferimenti per la descrizione e argomentazione<br />

delle scelte paesaggistiche operate, di cui al precedente comma: le letture del paesaggio<br />

disponibili o specificamente sviluppate in sede di redazione del piano attuativo; i documenti<br />

di indirizzo e gli atti disponibili del Piano del Paesaggio anche di livello sovracomunale; la<br />

metodologia di cui alla parte IV delle presenti norme.<br />

11. L’atto di approvazione dei Piani di cui al comma 1, dà conto dell’avvenuta verifica della<br />

coerenza delle previsioni e della proposta progettuale con il P.G.T. e il Piano del Paesaggio;<br />

l‟amministrazione competente può in tal senso acquisire preliminarmente il parere consultivo<br />

della Commissione del Paesaggio, ove esistente.<br />

Nel caso i piani di cui al comma 8 interessino, anche parzialmente, aree o immobili oggetto<br />

di specifica tutela paesaggistica ai sensi dell’articolo 136 del D. Lgs. 42/2004, la relazione e<br />

gli elaborati cartografici richiesti devono altresì dar conto della coerenza in merito agli<br />

obiettivi di salvaguardia e valorizzazione dei suddetti aree e immobili, con specifico<br />

riferimento a quanto indicato dalla disciplina di tutela di cui al comma 2 dell’articolo 140 del<br />

D. Lgs. 42/2004, ove esistente, dal precedente articolo 16bis e dalla d.g.r. 2121 del 15<br />

marzo 2006.


Figura 20 - Estratto "Rete Ecologica Regionale", codice settore: 32; Nome settore: Alto Milanese


Lo schema di Rete Ecologica Regionale individua il territorio Comunale ricompreso all’interno del<br />

“settore codice 32”, denominato “Alto Milanese”. Si individuano i canali secondari Villoresi che<br />

attraversano il territorio comunale da nord a sud fungendo da elementi caratteristici della rete<br />

ecologica.<br />

A nord del comune si individuano elementi di secondo livello della RER, nonché un corridoio regionale<br />

primario a bassa o moderata antropizzazione.<br />

Figura 21 - Rete Ecologica Regionale RER: individuazione settori


Il territorio Lombardo nell’ ambito del progetto di definizione della rete ecologica regionale, è stato<br />

suddiviso in 240 settori di 20 x 12 km ciascuno. Il comune di Casorezzo ricade nel settore 32 “Alto<br />

Milanese” localizzato immediatamente a S della provincia di Varese e delimitato a W dal fiume Ticino,<br />

a N dal Parco Alto Milanese, a E dagli abitati di Pogliano Milanese e Pregnana Milanese<br />

Include un tratto di Parco del Ticino compreso tra Turbigo e Bernate Ticino, il settore settentrionale del<br />

Parco Agricolo Sud Milano, la Riserva del Bosco WWF di Vanzago, i PLIS Parco del Roccolo e Bosco<br />

comunale di Legnano ed il margine meridionale del PLIS Parco Alto Milanese.<br />

Si citano inoltre:<br />

il PLIS del Gelso, individuato nei Comuni di Marcallo con Casone, Mesero, S.Stefano Ticino,<br />

per una superficie complessiva di 1043 ha.<br />

I Comuni di Arconate, Dairago e Magnago hanno individuato, all’interno dei propri territori, un<br />

ambito del paesaggio agrario e boschivo da destinare a Parco Locale di Interesse<br />

Sovracomunale, per una superficie complessiva di circa 512 ettari, denominato “PLIS delle<br />

Roggie”.<br />

L’angolo sud-occidentale del settore è percorso da un breve tratto di fiume Ticino, mentre l’angolo<br />

nord-orientale è attraversato dal fiume Olona. E’ inoltre interessato da corsi d’acqua artificiali quali il<br />

Canale secondario Villoresi ed il Canale Villoresi; quest’ultimo lo percorre da W a E e lo frammenta in<br />

due settori.<br />

Vi sono rappresentate aree boscate di notevole pregio naturalistico, in particolare nel Parco del Ticino<br />

e nel Bosco di Vanzago, le due principali aree sorgente del settore. Il Parco Lombardo della Valle del<br />

Ticino, in particolare, rappresenta il complesso ambientale più esteso e meglio conservato ella<br />

Pianura Padana e ne racchiude gran parte della diversità ambientale. Un inventario parziale di alcuni<br />

fra i gruppi tassonomici studiati fino ad ora ha portato ad elencare circa 5000 specie fra piante, funghi<br />

e animali. Il fiume Ticino è oggi anche l’unico biotopo dell’Italia settentrionale nel quale sia presente<br />

una popolazione riproduttiva di Lontra, specie estintasi nella seconda metà del secolo scorso e<br />

recentemente reintrodotta.<br />

Il Parco del Roccolo e il Parco Agricolo Sud Milano rappresentano fondamentali elementi di<br />

connessione ecologica, soprattutto tra il Bosco di Vanzago e il Parco del Ticino.<br />

Sono inoltre presenti significativi lembi di ambienti agricoli ricchi di prati stabili, siepi, boschetti e filari.<br />

Tutta l’area è permeata da una fitta matrice urbana e da una rete di infrastrutture lineari che nel<br />

frammentano la continuità ecologica, in particolare l’autostrada A4 che, nel settore meridionale,<br />

attraversa il Parco Agricolo Sud Milano e il Parco del Ticino.


Di seguito si riportano le indicazioni gestionali per la salvaguardia e lo sviluppo della rete ecologica<br />

previste per il settore in questione con particolare riferimento alle aree ricadenti negli elementi di primo<br />

e secondo livello. La rete ecologica regionale è stata necessariamente delineata a scala d’area vasta,<br />

pertanto gli orientamenti di seguito riportati fanno riferimento ai sistemi territoriali di maggiore<br />

importanza e visibilità presenti nel settore relativo. Tuttavia le indicazioni fornite possono essere<br />

applicate anche a livello puntuale, e quindi esplicitate negli schemi di rete comunale in relazione ai<br />

fattori di sensibilità/criticità presenti.<br />

Elementi di primo livello<br />

Corridoi primari: Fiume Ticino; Dorsale Verde Nord Milano; Corridoio Ovest Milano.<br />

Elementi di primo livello compresi nelle Aree prioritarie per la biodiversità (vedi D.G.R. 30 dicembre<br />

2009 – n. 8/10962): 02 Boschi e brughiere del pianalto milanese e varesotto; 03 Boschi dell’Olona e<br />

del Bozzente; 04 Bosco di Vanzago e Parco del Roccolo; 30 Fontanili, garzaie e risaie del pavese e<br />

del milanese; 31 Valle del Ticino<br />

Elementi di secondo livello:<br />

Aree importanti per la biodiversità esterne alle Aree prioritarie.<br />

Aree prioritarie per la biodiversità nelle Alpi e Prealpi lombarde. FLA e Regione Lombardia): Boschi e<br />

brughiere del basso varesotto e dell’alto milanese; Oasi di Vanzago e PLIS del Roccolo<br />

Altri elementi di secondo livello: Aree agricole tra Robecchetto e Cuggiono; aree agricole a nord di<br />

Inveruno; PLIS Parco Alto Milanese e aree agricole limitrofe; fiume Olona tra San Vittore Olona e<br />

Parabiago; aree agricole tra Vanzago e Bareggio.<br />

I seguenti elementi di secondo livello hanno un importante funzione in termini di connettività ecologica:<br />

fiume Olona tra Parabiago e Pogliano Milanese, aree tra Casorezzo e Corbetta, Canale secondario<br />

Villoresi tra Buscate e Casate, aree agricole a nord di Busto Garolfo.


Il Piano Territoriale della Provincia di Milano attualmente vigente è stato approvato con la<br />

deliberazione del Consiglio Provinciale n. 55 del 14 ottobre 2003. Il piano determina gli indirizzi<br />

generali di assetto del territorio provinciale, rispetto ai quali i Comuni sono chiamati a verificare la<br />

compatibilità dei loro strumenti urbanistici.<br />

La sostenibilità delle trasformazioni e dello sviluppo insediativo costituisce l'obiettivo generale del<br />

PTCP, declinato secondo cinque obiettivi specifici:<br />

Obiettivo O1 - Compatibilità ecologica e paesistico ambientale delle trasformazioni. Persegue la<br />

sostenibilità delle trasformazioni rispetto alla qualità e quantità delle risorse naturali: aria, acqua, suolo<br />

e vegetazione. Presuppone altresì la verifica delle scelte localizzative per il sistema insediativo rispetto<br />

alle esigenze di tutela e valorizzazione del paesaggio, dei suoi elementi connotativi e delle emergenze<br />

ambientali.<br />

Obiettivo O2 - Integrazione fra i sistemi insediativo e della mobilità. Presuppone la coerenza fra<br />

le dimensioni degli interventi e le funzioni insediate rispetto al livello di accessibilità proprio del<br />

territorio, valutato rispetto ai diversi modi del trasporto pubblico e privato di persone, merci e<br />

informazioni.<br />

Obiettivo O3 - Ricostruzione della rete ecologica provinciale. Prevede la realizzazione di un<br />

sistema di interventi atti a favorire la ricostruzione della rete ecologica provinciale, la biodiversità, e la<br />

salvaguardia dei varchi inedificati fondamentali per la realizzazione dei corridoi ecologici.<br />

Obiettivo O4 - Compattazione della forma urbana. E' finalizzato a razionalizzare l'uso del suolo e a<br />

ridefinire i margini urbani; ciò comporta il recupero delle aree dismesse o degradate, il completamento<br />

prioritario delle aree intercluse nell'urbanizzato, la localizzazione dell'espansione in adiacenza<br />

all'esistente e su aree di minor valore agricolo e ambientale, nonché la limitazione ai processi di<br />

saldatura tra centri edificati.<br />

Obiettivo O5 - Innalzamento della qualità insediativa. Persegue un corretto rapporto tra<br />

insediamenti e servizi pubblici o privati di uso pubblico attraverso l'incremento delle aree per servizi<br />

pubblici, in particolare a verde, la riqualificazione ambientale delle aree degradate e il sostegno alla


progettazione architettonica di qualità e l’attenzione, per quanto possibile, alla progettazione edilizia<br />

ecosostenibile e bioclimatica.<br />

Persegue inoltre la diversificazione dell'offerta insediativa anche al fine di rispondere alla domanda di<br />

interventi di "edilizia residenziale sociale" diffusi sul territorio e integrati con il tessuto urbano<br />

esistente.<br />

Figura 22 - Estratto tavola 1 PTCP - Sistema insediativo - infrastrutturale<br />

Come evidenziato nell’estratto sopra riportato il PTCP prevedeva 1 intervento infrastrutturale sovra<br />

locale: si tratta della tangenziale “a bretella”, con lo scopo di decongestionare il tessuto urbano<br />

comunale dal traffico sovra locale delle provinciali passanti per il centro città.<br />

Tale intervento ad oggi non è ancora realizzato.


Figura 23 - Estratto tavola 2f del PTCP - Difesa del suolo


Il PTCP, in relazione ai contenuti della Legge n° 183/1989 propone quale difesa del suolo la<br />

prevenzione del rischio idrogeologico, il risanamento delle acque superficiali e sotterranee, la tutela<br />

degli aspetti ambientali attraverso la pianificazione e programmazione di interventi compatibili.<br />

Come visibile dall’estratto cartografico sul territorio Comunale sono presenti:<br />

1 impianto di depurazione da dismettere o dismesso<br />

Pozzi pubblici<br />

1 ambito di cava attivo o attivabile (Art.50)<br />

Si riporta la norma del PTCP:<br />

Ambiti di cava<br />

1. Si definiscono cave attive gli ambiti ove è in corso attività estrattiva di inerti sulla base di atti<br />

autorizzativi regionali e provinciali, cave cessate gli ambiti alterati dall'esercizio di attività estrattiva non<br />

più in corso e cave parzialmente recuperate a uso fruitivo gli ambiti in cui vi è la presenza di interventi<br />

di recupero. Gli ambiti di cava attivi e cessati sono individuati alle Tavole 2 e 3. L'identificazione<br />

cartografica delle cave attive ha finalità esclusivamente ricognitiva della sussistenza dell'attività,<br />

mentre la consistenza e l'identificazione degli ambiti estrattivi risultano dal Piano Cave e dai relativi<br />

provvedimenti amministrativi. I criteri e le modalità di intervento in tali ambiti rispondono al principio<br />

della riqualificazione.<br />

2. Gli indirizzi del PTCP sono:<br />

a) contenimento del consumo di suolo attraverso la limitazione dell'apertura di nuovi poli estrattivi e il<br />

recupero di quelli dismessi;<br />

b) tutela delle acque, sia superficiali che sotterranee, da potenziali fenomeni di inquinamento;


c) tutela dei paesaggi agrari e naturali di particolare pregio e delle risorse naturalistiche;<br />

d) tutela delle aree agricole di rilevanza paesistica.<br />

3. La prosecuzione dell'attività, nonché le procedure e le prescrizioni per il recupero definite dal Piano<br />

Cave, dovranno avvenire nel rispetto, ai sensi dell'art. 4, delle seguenti disposizioni:<br />

a) l'attività estrattiva è soggetta alle limitazioni di cui all'art. 31 ed è comunque vietata nelle aree di<br />

demanio fluviale, ai sensi dell'art. 41 del PAI.<br />

b) i recuperi e i ripristini dovranno avvenire sulla base di specifici progetti finalizzati a garantire la<br />

compatibilità ambientale e paesaggistica favorendo la rinaturazione.<br />

Tali progetti dovranno considerare l'intero ambito di cava e promuovere il miglioramento complessivo<br />

della qualità paesistica dei luoghi. A tal fine essi possono fare riferimento alle tecniche di ingegneria<br />

naturalistica riportate nel Repertorio B allegato al presente piano.<br />

4. La Provincia:<br />

a) promuove, ai fini del recupero delle aree di cava, l'utilizzo di materiali di scarico e di risulta<br />

provenienti dalle attività di cava, nonché di materiali inerti provenienti da scavi e demolizioni, secondo<br />

le modalità previste dal Piano Cave;<br />

b) valuta progetti di recupero e riequilibrio ambientale di cave cessate ai fini del rilascio di<br />

finanziamenti ai sensi dell'art. 25 comma 2 della L.R. 14/1998;<br />

c) promuove la valorizzazione, la fruizione di tali ambiti e la tutela delle cave cessate nel caso in cui<br />

presentino significative caratteristiche ecosistemiche;<br />

d) redige le linee di indirizzo paesistico-ambientale per il recupero delle aree interessate dalla<br />

cessazione delle attività.<br />

Il Comune verifica e individua nello strumento urbanistico la presenza ed il perimetro delle cave<br />

cessate rappresentate ai soli fini ricognitivi alla Tavola 2 del PTCP.


Figura 24 - Estratto tavola 3 PTCP - Sistema paesistico - ambientale


Gli obiettivi strategici di salvaguardia e valorizzazione del sistema paesistico-ambientale e di difesa del<br />

suolo discendono dalle indicazioni regionali inerenti ai contenuti del PTCP, che individuano il livello<br />

intermedio della Pianificazione territoriale quale livello ottimale per il governo ecosostenibile delle<br />

trasformazioni, riconoscendo al PTCP stesso la valenza di Piano di difesa del suolo, di tutela della<br />

natura e del paesaggio.<br />

Tali obiettivi, che coinvolgono trasversalmente tutti gli strumenti e le azioni di governo del territorio,<br />

sono assunti dal PTCP attraverso una politica di sviluppo ecosostenibile in cui si integrano, all’interno<br />

di un medesimo processo, la pianificazione urbanistico-territoriale e quella paesistico-ambientale.<br />

Gli obiettivi strategici sono:<br />

Riqualificazione e sviluppo del sistema paesistico-territoriale, in cui i Programmi di azione<br />

paesistica coinvolgono, oltre agli elementi e agli ambiti di interesse architettonico e<br />

paesistico, anche gli ambiti fluviali e i corridoi ecologici;<br />

Difesa del suolo, dove la prevenzione del rischio idrogeologico è direttamente connessa alla<br />

valorizzazione paesistica e ambientale attraverso la riqualificazione e rinaturazione dei corsi<br />

d’acqua;<br />

Tutela e sviluppo degli ecosistemi, in cui il progetto di rete ecologica si configura come strategico per<br />

la riqualificazione del paesaggio.<br />

Nello specifico nel territorio comunale di Casorezzo si individuano:<br />

Il centro storico / nucleo di antica formazione (Art.36 PTCP);<br />

Aree a rischio archeologico (Art.41);<br />

Elementi puntuali di architettura di rilevanza paesaggistica (civile residenziale e non, religiosa,<br />

archeologia industriale);


Filari, arbusteti – siepi (Art.64);<br />

Giardini / parchi storici (Art.39);<br />

Insediamenti rurali di interesse storico;<br />

Ambiti di rilevanza naturalistica (Art. 32);<br />

Ambito di cava attiva o attivabile (Piano Cave Vigente – art.50);<br />

Aree boscate (Art.63)<br />

Di tali elementi si riporta la normativa di PTCP:<br />

Centri storici e nuclei di antica formazione<br />

1. Il PTCP individua, in via preliminare alla Tavola 3, quali centri storici, le aree urbanizzate di più<br />

antico insediamento, corrispondenti ai centri urbani storici di maggior livello gerarchico per la presenza<br />

di sedi amministrative, religiose, di mercato, dotati di impianto urbanistico complesso, con diffuse<br />

presenze di edifici monumentali o elementi architettonici di pregio.<br />

Il PTCP individua altresì, quali nuclei di antica formazione, i nuclei originari dei centri urbani dotati di<br />

ruolo territoriale e di capacità di attrazione più limitata rispetto ai centri storici, caratterizzati da<br />

struttura urbana non particolarmente complessa e ricca di funzioni civili e religiose, ancorché dotata di<br />

cortine edilizie antiche, continue e riconoscibili.<br />

Sono da considerare parte integrante dei centri e nuclei storici anche le aree di pertinenza funzionale<br />

o visiva di edifici e nuclei isolati, le aree inedificate, il verde e le fasce di rispetto o di protezione visiva,<br />

gli edifici di costruzione o ricostruzione recente interclusi o accorpati ad un agglomerato storico. Detta<br />

individuazione assume efficacia di prescrizione diretta solo nei casi di cui al comma 5 dell'art. 4. I<br />

criteri e le modalità di intervento ammesse in tali ambiti rispondono al principio della valorizzazione.<br />

La perimetrazione delle aree, in riferimento all’art. 19 del PTPR, si basa sul rilevamento IGM, prima<br />

levata del 1888.<br />

2. Gli indirizzi del PTCP per tali ambiti mirano:<br />

a) alla ricostituzione ed al mantenimento del paesaggio urbano storico e all’identificazione degli<br />

originari caratteri dei centri in relazione con il loro contesto;<br />

b) alla tutela dell’integrità del reticolo viario e dell'impianto urbano e al mantenimento delle tipologie<br />

edilizie storiche, evidenziando i caratteri di unitarietà e tipicità dei luoghi attraverso la valorizzazione<br />

dei segni storici e la conservazione degli elementi architettonici di dettaglio, come materiali,<br />

componenti edilizie, colori, ecc., da inquadrarsi in appositi studi di indirizzo a cura dei Comuni.<br />

3. Entro il perimetro del centro storico e dei nuclei di antica formazione si applicano le norme e le<br />

procedure urbanistiche definite dalle norme regionali e, ai sensi dell'art. 4, le seguenti disposizioni:


a) le norme edilizie sono integrate da specificazioni per il mantenimento dei caratteri di tipicità<br />

dell'edilizia locale, quali componenti architettoniche, materiali di finitura, colori, pavimentazioni esterne;<br />

b) sono ammessi di regola gli interventi non distruttivi del bene e dei suoi elementi, nel rispetto dei<br />

caratteri formali e delle tecniche costruttive tradizionali allo scopo di non alterare l’equilibrio del<br />

complesso e la sua struttura;<br />

c) gli interventi di nuova edificazione, dove ammessi, dovranno ricercare l'inserimento nel tessuto<br />

edilizio esistente, sia per gli aspetti tipologico - funzionali, che per quelli architettonico - espressivi;<br />

d) la destinazione d’uso dovrà essere coerente con gli elementi tipologici, formali e strutturali del<br />

singolo organismo edilizio, valutato in relazione alla prevalenza dell’interesse storico;<br />

e) gli assi stradali che hanno determinato l'impianto originario devono essere evidenziati.<br />

4. La Provincia nell’ambito delle proprie manifestazioni culturali, individua i poli di maggiore interesse<br />

al fine di valorizzare l'identità e la storia locale. Sviluppa in coerenza con il PTPR attività di<br />

promozione e fruizione turistica.<br />

Il Comune, in fase di adeguamento dello strumento urbanistico comunale alle indicazioni del PTCP<br />

oltre a quanto prescritto dal primo comma dell'art. 17 della L.R. 51/1975 e successive modifiche,<br />

verifica i perimetri dei centri e nuclei storici, ai sensi dell’art. 19 del PTPR, “specificando e motivando<br />

eventuali scostamenti rispetto a quanto contenuto nella cartografia del PTCP. Gli ambiti rappresentati<br />

in tale cartografia rappresentano la base tecnica di riferimento per la definizione delle zone A, ai sensi<br />

del D.M. 2 aprile 1968, n. 1444”.<br />

Aree Archeologiche<br />

1. Il PTCP individua, in via preliminare alla Tavola 3, le aree sottoposte a vincolo archeologico e le<br />

aree a rischio archeologico. Detta individuazione assume efficacia di prescrizione diretta solo nei casi<br />

di cui al comma 5 dell'art. 4. I criteri e le modalità di intervento ammesse in tali aree rispondono al<br />

principio della valorizzazione.<br />

a) Aree a vincolo archeologico (Tavv. 3 e 5)<br />

Ambiti sottoposti a specifico vincolo di cui all'art. 146 del D.lgs. 490/1999.<br />

b) Aree a rischio archeologico (Tav. 3)<br />

Ambiti caratterizzati dall'accertato ritrovamento di beni di interesse archeologico. In particolare modo<br />

si segnalano quelle aree urbane e suburbane presso cui vi sono stati ritrovamenti ed aree in<br />

prossimità di località scomparse.


c) Aree di rispetto archeologico<br />

Ambiti corrispondenti a una fascia di m. 150 lungo i corsi d'acqua di cui all'Elenco 2 che per storicità<br />

sono considerati luoghi di potenziale rischio, nonchè quelle espressamente indicate dalla<br />

Sovrintendenza ai beni archeologici.<br />

2. Gli indirizzi del PTCP per la tutela dei beni di interesse storico archeologico sono di controllo di ogni<br />

tipo di scavo o di movimento del suolo e del sottosuolo nelle aree a rischio archeologico di cui al<br />

precedente comma 1.<br />

3. All’interno di tali ambiti, ai sensi dell'art. 4, si applicano le seguenti disposizioni:<br />

a) nelle aree a vincolo archeologico qualsiasi intervento è subordinato all'autorizzazione della<br />

Sovrintendenza archeologica;<br />

b) nelle aree di rischio ed in quelle di rispetto archeologico gli scavi o le arature dei terreni di<br />

profondità maggiore di cm. 50 devono essere preventivamente segnalati alla Sovrintendenza<br />

archeologica;<br />

c) gli interventi di scavi o movimenti di terra nelle aree archeologiche, devono essere effettuati<br />

attraverso l’utilizzo di mezzi idonei al fine di salvaguardare l’integrità di eventuali reperti.<br />

4. La Provincia promuove anche in collaborazione con la Sovrintendenza archeologica oltre<br />

all’aggiornamento dei dati relativi ai ritrovamenti, la conoscenza dei beni e dei siti archeologici<br />

attraverso adeguate attività culturali.<br />

Arbusteti, Siepi, Filari<br />

1. Le unità ecosistemiche costituenti la struttura di riferimento per la costituzione della rete ecologica,<br />

individuate in via preliminare alla Tav. 3, sono:<br />

a) arbusteti;<br />

b) siepi;<br />

c) filari.<br />

Gli interventi ammessi per tali elementi rispondono al principio della valorizzazione.<br />

2. Gli indirizzi del PTCP mirano a renderne la presenza sul territorio più diffusa ed omogenea.<br />

3. La Provincia promuove interventi per il potenziamento vegetazionale del territorio, da realizzare<br />

attraverso la messa a dimora di nuove piante o orientando lo sviluppo della vegetazione arborea e<br />

arbustiva esistente, anche sulla base dei criteri progettuali presenti nel Repertorio B.


4. Il Comune, in fase di adeguamento dello strumento urbanistico alle indicazioni del PTCP, verifica i<br />

dati conoscitivi di cui alla Tav. 3 e individua eventuali specifici elementi da sottoporre a azioni di tutela<br />

o controllo sulla base di quanto specificato nel precedente comma 3.<br />

Elementi storico - architettonici<br />

Il Comune, in fase di adeguamento dello strumento urbanistico alle indicazioni del PTCP:<br />

a) verifica alla scala di maggior dettaglio i dati conoscitivi presenti nel Repertorio A ed individuati alla<br />

Tavola 5 in funzione dell’importanza storica, delle attuali caratteristiche e dell’attuale funzione svolta<br />

dai diversi elementi;<br />

b) verifica e individua alla scala di maggior dettaglio i dati conoscitivi individuati in via preliminare alla<br />

Tavola 3;<br />

c) individua eventuali altre emergenze, singole o complesse, da sottoporre ad azioni di tutela;<br />

d) definisce planimetricamente e catastalmente gli oggetti e le relative aree di protezione e determina<br />

gli interventi ammessi e le destinazioni d’uso compatibili, secondo le direttive di cui al precedente<br />

comma 3;<br />

e) promuove l'adozione di Piani del Verde al fine di tutelare e gestire correttamente il patrimonio<br />

vegetale di interesse storico, anche attraverso programmi di manutenzione a breve, medio e lungo<br />

termine, nonché di incrementare la realizzazione di sistemi di connessione del verde pubblico.<br />

Ambiti di rilevanza naturalistica<br />

1. Gli ambiti di rilevanza naturalistica, individuati alla Tavola 3 e la cui individuazione assume efficacia<br />

di prescrizione diretta solo nei casi di cui al comma 5 dell'art. 4, sono connotati dalla presenza di<br />

elementi di rilevante interesse naturalistico, geomorfologico, agronomico, in diretto e funzionale<br />

rapporto fra loro. Tali ambiti comprendono le aree di naturalità individuate dai vigenti piani territoriali<br />

dei Parchi Regionali nonché quelle proposte in via preliminare dal PTCP. Le modalità di intervento<br />

ammesse in tali zone rispondono al principio della valorizzazione.<br />

2. Gli indirizzi del PTCP per la tutela di tali ambiti sono:<br />

a) favorire il riequilibrio ecologico dell’area attraverso la tutela e la ricostruzione degli habitat naturali;<br />

b) valorizzare le risorse naturalistiche, sviluppando il ruolo di presidio ambientale e paesistico<br />

attraverso il potenziamento dei suoi elementi strutturanti;<br />

c) sostenere e conservare l’identità del territorio, promuovere la diversificazione delle attività agricole<br />

anche attraverso tecniche colturali ecocompatibili.


3. Negli ambiti di rilevanza naturalistica, ai sensi dell'art. 4, si applicano le seguenti disposizioni:<br />

a) vanno salvaguardati gli elementi orografici e geomorfologici del terreno ed è vietata l’apertura di<br />

nuove cave. E' consentita la prosecuzione delle attività estrattive in essere come previste dal Piano<br />

Cave. Il ripristino ambientale delle aree di cava dovrà integrarsi con il progetto di rete ecologica<br />

provinciale nel rispetto degli aspetti ecosistemici;<br />

b) non è consentita di norma la realizzazione di impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti di cui<br />

all'art. 7 del D.lgs. 22/97, qualora sia dimostrata l'oggettiva impossibilità di diversa localizzazione, deve<br />

essere assoggettata a misure di mitigazione e compatibilità ambientale;<br />

c) nelle aree agricole comprese all’interno di tali ambiti, l’eventuale insediamento di nuovi complessi<br />

agricolo - zootecnici, ove ammessi, dovrà essere integrato da un progetto di inserimento paesistico;<br />

d) gli interventi di espansione edilizia dovranno evitare la frammentazione del territorio e la<br />

compromissione della funzionalità ecologica di tali ambiti;<br />

e) non è consentita l’installazione di cartellonistica pubblicitaria;<br />

f) ai fini della valutazione di assoggettabilità alla procedura di VIA degli interventi di cui all’Allegato B<br />

del D.P.R. 12 Aprile 1996, ricadenti in tali ambiti, sono da considerare gli specifici elementi di valenza<br />

paesistico-ambientale caratterizzanti il contesto in cui è ricompreso l'intervento.<br />

4. La Provincia promuove programmi e progetti strategici, ai fini della valorizzazione di tali ambiti. Il<br />

Comune, in fase di adeguamento dello strumento urbanistico alle indicazioni del PTCP, verifica e<br />

individua a scala di maggior dettaglio tali ambiti, ovvero quei territori che presentano caratteri di<br />

elevata potenzialità naturalistica, rispetto ai quali la normativa comunale prevede efficaci strumenti di<br />

controllo delle trasformazioni.<br />

5. La Provincia integra e modifica le proposte di ambito di cui al presente articolo in seguito alle<br />

verifiche di compatibilità degli strumenti urbanistici comunali ed in coerenza con i contenuti delle intese<br />

di cui al Titolo III della <strong>Parte</strong> I della presente normativa.<br />

Aree boscate<br />

1. Il PTCP individua, alle Tavole 3 e 4, i boschi definiti ai sensi dell’art. 1 ter della L.R. 8/1976 e<br />

successive modifiche nonché le aree ricoperte prevalentemente da vegetazione arborea che per<br />

caratteristiche e collocazione assumono interesse paesistico. Detta individuazione assume efficacia di<br />

prescrizione diretta solo nel caso di cui al comma 5 dell'art. 4. Gli interventi ammessi in tali ambiti<br />

rispondono al principio della valorizzazione.<br />

2. Tali ecosistemi rappresentano un fondamentale elemento di equilibrio ecologico. Il PTCP, al fine<br />

della loro conservazione, ha come obiettivo l’incremento delle superfici boschive e la loro buona


gestione forestale, attraverso forme di governo della vegetazione arborea e arbustiva che favorisca<br />

l’affermarsi della vegetazione autoctona.<br />

3. Gli indirizzi per la gestione dei boschi sono contenuti nella L.R. 8/1976 e successive modifiche,<br />

nonché nel relativo Regolamento 1/1993 "Prescrizioni di Massima e di Polizia Forestale". All'interno di<br />

aree protette, i boschi sono disciplinati dalla L.R. 9/1977 e dall'art. 4 della L.R. 86/1983. Al fine di<br />

regolamentare gli interventi sulle aree boscate, il PTCP individua nel Piano di indirizzo forestale lo<br />

strumento idoneo per la pianificazione e la gestione di tali aree e l’individuazione di nuove aree da<br />

sottoporre a rimboschimento. Le aree boscate che presentino caratteristiche tipiche del climax della<br />

Pianura Padana devono essere preservate.<br />

4. La Provincia, su proposta dei Comuni, individua alla Tavola 3 le aree da rimboschire, in coerenza<br />

con il progetto Regione Lombardia delle “dieci grandi foreste di pianura”.<br />

Il Comune in fase di adeguamento dello strumento urbanistico alle indicazioni del PTCP:<br />

a) verifica i dati conoscitivi presenti alla Tavola 3;<br />

b) individua eventuali nuove aree boscate da sottoporre ad azioni di tutela.


L’obiettivo principale di una rete ecologica è quello di mantenere spazio per l’evoluzione del<br />

paesaggio e delle sue dinamiche ecologiche in cui la diversità possa autonomamente progredire<br />

senza impedimenti.<br />

Attraverso la tutela e lo sviluppo della naturalità del territorio provinciale il PTCP persegue i seguenti<br />

obiettivi: consolidamento e tutela della biodiverisità attraverso interventi di riqualificazione e<br />

potenziamento della rete degli elementi naturali; contributo al miglioramento del bilancio del carbonio<br />

nell’area provinciale attraverso la costituzione di stock di biomasse stabili, in linea con gli indirizzi<br />

dettati dagli accordi di Kyoto; una migliore integrazione degli aspetti ecologici con le attività agricole,<br />

nell’ottica dell’applicazione delle più recenti indicazioni della Comunità Europea.<br />

Il PTCP definisce la rete ecologica, costituita principalmente da un sistema di ambiti territoriali<br />

sufficientemente vasti e compatti e con una certa ricchezza di elementi naturali (gangli) e da fasce<br />

territoriali di connessione tra di essi che presentino un buon equipaggiamento vegetazionale (corridoi<br />

ecologici).<br />

In questo modo è possibile mantenere e potenziare scambi ecologici tra le varie aree naturali o<br />

paranaturali, impedendo che si trasformino in “isole”, destinate all’impossibilità di ricambi genetici e<br />

pertanto ad un lento ma inesorabile declino.<br />

Per quanto riguarda il territorio di Casorezzo il PTCP individua:


Figura 25 - Tav. 4 PTCP – Rete Ecologica Provincia di Milano


Nel Comune di Casorezzo si individuano:<br />

N°1 “zone extraurbane con presupposti per l’attivazione di progetti di consolidamento<br />

ecologico” (art.61 PTCP);<br />

N°1 “zone periurbane su cui attivare politiche polivalenti di riassetto fruitivo ed ecologico<br />

(art.61 PTCP);<br />

Un corridoio ecologico primario (Art.58);<br />

Un corridoio ecologico secondario (Art.58);<br />

Corsi d’acqua minori da riqualificare a fini polivalenti;<br />

Aree di riserva naturale integrale o orientata (Parco del Roccolo)<br />

Si riportano le norme del PTCP relativamente a tali elementi:<br />

Zone periurbane ed extraurbane su cui attivare il consolidamento ecologico<br />

1. Il PTCP, in via di proposta preliminare, individua alla Tavola 4 le aree che sulla base della presenza<br />

di unità ecosistemiche corrispondono alle seguenti definizioni:<br />

a) zone periurbane, limitrofe o intercluse tra l’urbanizzato, che possono interessare aree di frangia<br />

urbana e che presentano caratteri di degrado e frammentazione;<br />

b) aree extraurbane, intese quali aree agricole esterne agli ambiti urbani caratterizzate dalla presenza<br />

di consistenti elementi vegetazionali.<br />

2. I criteri e le modalità di intervento ammesse in tali aree rispondono al principio della riqualificazione.<br />

Indirizzo strategico del PTCP è quello di individuare ambiti di territorio potenzialmente caratterizzabili<br />

da nuovi elementi ecosistemici di appoggio alla struttura portante della rete ecologica.<br />

3. In tali zone, in caso d’interventi di trasformazione, si applicano le disposizioni dell’art. 42, comma 3<br />

del PTCP di Milano.


4. La Provincia, in collaborazione con i comuni interessati, attiva azioni di assetto fruitivo e<br />

consolidamento ecologico, attraverso progetti di riqualificazione paesistica e di potenziamento.<br />

Corridoi ecologici e direttrici di permeabilità<br />

1. Il PTCP individua, in via preliminare alla Tavola 4, quelle fasce di territorio che, presentando una<br />

continuità territoriale, sono in grado di collegare ambienti naturali diversificati fra di loro, agevolando lo<br />

spostamento della fauna. La distinzione tra corridoio primario e secondario è determinata<br />

dall’ampiezza e dalla valenza strategica dei gangli connessi, nonché dalla funzionalità complessiva<br />

della rete.<br />

I criteri e le modalità di intervento ammesse all'interno dei corridoi ecologici rispondono al principio<br />

della riqualificazione.<br />

Il PTCP individua inoltre le direttrici di permeabilità verso i territori esterni, ovvero zone poste al<br />

confine amministrativo della Provincia che, in funzione della distribuzione topografica degli ambienti<br />

naturali esterni ed interni, rappresentano punti di continuità ecologica. Individua altresì corridoi<br />

ecologici fluviali, costituiti dai corsi d’acqua e relative fasce riparie che possono svolgere, se<br />

opportunamente valorizzati, una funzione particolarmente importante di connessione ecologica.<br />

2. Gli indirizzi del PTCP mirano a favorire l’equipaggiamento vegetazionale del territorio per<br />

permettere gli spostamenti della fauna da un’area naturale ad un’altra, rendendo accessibili zone di<br />

foraggiamento altrimenti precluse.<br />

3. In tali ambiti la realizzazione di nuovi insediamenti ed opere che possano interferire con la<br />

continuità dei corridoi e delle direttrici di permeabilità deve essere preceduta dalla realizzazione di<br />

fasce di naturalità orientate nel senso del corridoio stesso per una larghezza idonea a garantirne la<br />

continuità (in via indicativa almeno 50 m), anche sulla base dei criteri progettuali presenti nel<br />

Repertorio B.<br />

4. In relazione alla promozione di una rete ecologica di scala regionale, la Provincia concorderà azioni<br />

con le Provincie confinanti ai fini di individuare connessioni ecologiche fra i diversi territori<br />

amministrativi.<br />

Il Comune, in fase di adeguamento dello strumento urbanistico, alle indicazioni del PTCP:<br />

a) individua a scala di maggior dettaglio i corridoi ecologici e le direttrici di connessione;<br />

b) definisce modalità di intervento in modo che le trasformazioni consentite non pregiudichino gli<br />

obiettivi di funzionalità ecologica di cui ai precedenti commi;<br />

c) individua eventuali ulteriori aree di connessione ecologica a livello locale a completamento del<br />

progetto provinciale.


Figura 26 - Estratto tavola 5 PTCP – Sistema dei vincoli paesaggistici e ambientali<br />

Come visibile dall’estratto cartografico sul territorio comunale è presente parte del PLIS (Parco Locale<br />

di Interesse Sovracomunale) del Roccolo.


Figura 27 - Estratto tavola 6 PTCP - unità paesistico-territoriali


Il Comune fa parte dell’alta pianura irrigua occidentale, con prevalenza di colture foraggere e<br />

cerealicole. E’ inoltre parzialmente (porzione sud del territorio comunale) individuato come ambito<br />

territoriale della memoria storica dello sviluppo manifatturiero o industriale: in particolare si individua la<br />

fascia di collegamento Milano – Torino.<br />

Il paesaggio agrario dell’alta pianura irrigua occidentale:<br />

Il paesaggio agrario che connota l’alta pianura irrigua occidentale è sostanzialmente omogeneo e<br />

pianeggiante, scandito da una struttura irrigua capillare derivante dai canali di adduzione del Villoresi<br />

e dagli alvei delle risorgive. Il percorso del canale principale, dei canali secondari e delle rogge è<br />

segnato da filari di alberi o da boschetti laterali. Frequenti sono i corsi d’acqua affiancati da strade<br />

alberate, comunali e campestri. Il reticolo viario storico è caratterizzato da una forte presenza di<br />

cascine storiche.<br />

La rete irrigua è in genere ben conservata e tuttora utilizzata; prevalgono i seminativi e tra questi quelli<br />

coltivati a mais. L’allevamento bovino è ben rappresentato.<br />

Il PTCP propone, ai fini di uno sviluppo urbanistico integrato con le peculiarità paesistiche di<br />

quest’ambito territoriale, i seguenti Programmi di azione paesistica:<br />

Istituzione, in accordo con le Amministrazioni comunali interessate, di due nuovi PLIS, Parco<br />

della Media Valle del Lambro e parco delle Cave est, e ampliamento del Parco del<br />

Grugnotorto-Villoresi e del Molgora;<br />

Sostegno alla realizzazione di siepi e filari lungo i canali irrigui e le rogge che si dipartono dal<br />

canale Villoresi;<br />

Sostegno per la riqualificazione ambientale delle aree degradate di cava a fini naturalisticoricreativi;<br />

Realizzazione di un percorso ciclabile lungo il canale Villoresi e il naviglio Martesana quale<br />

progetto provinciale delle “strade azzurre in bicicletta”, e in generale di itinerari ciclo-pedonali<br />

di interesse paesistico-ambientale;<br />

Alla realizzazione del progetto di riforestazione proposto dai Comuni;<br />

Promozione del sistema museale territoriale lungo i navigli storici (Magentino, Abbiatense-<br />

Binaschino e Martesana-Adda);


Valorizzazione del Castellazzo di Bollate;<br />

Individuazione, in accordo con le Amministrazioni locali, di proposte di valorizzazione del<br />

Canale Villoresi, quale elemento di connessione trasversale a tutto il territorio provinciale, e<br />

dei diversi sistemi che caratterizzano il suo percorso quali gli ambienti rurali dell’alta pianura<br />

asciutta e irrigua, il sistema delle cascine storiche, l’archeologia industriale della Valle<br />

dell’Olona e le ville dell’alta pianura.<br />

Riattivazione di fontanili e recupero ambiti di cava ai fini naturalistico-fruitivi<br />

Valorizzazione paesistica dei luoghi della memoria storica<br />

Mentre i luoghi di interesse paesistico sono ambiti connotati dalla presenza di elementi del paesaggio<br />

fortemente caratterizzanti, i percorsi di interesse paesistico sono costituiti d alcune direttrici storiche<br />

che concorrono a determinare la trama territoriale e, dal punto di vista della fruizione paesaggistica,<br />

consentono la percezione visiva di ambiti e contesti di valore paesistico o costituiscono essi stessi<br />

elementi di rilevanza paesistica per la presenza di manufatti e attrezzature che identificano il<br />

paesaggio circostante.<br />

Il PTCP propone alcuni percorsi di fruizione paesistica del territorio sulla base dei seguenti criteri:<br />

Significatività del percorso dal punto di vista storico e paesaggistico;<br />

Continuità dei tracciati;<br />

Percorribilità.<br />

Il percorso che interessa il comune di Casorezzo è il percorso P30 Pianura del canale Villoresi -<br />

paesaggi agrari e urbani<br />

Il percorso attraversa la fascia compresa tra la strada statale Padana Superiore e il canale Villoresi,<br />

area che ha visto, a partire dalla fine del milleottocento, una importante trasformazione del paesaggio<br />

dovuta all’introduzione del sistema irriguo: nuovi insediamenti agricoli, trasformazione dei precedenti,<br />

riduzione delle fasce boscate superstiti.<br />

Interessa il Parco locale del Roccolo.<br />

Gli elementi architettonici lungo il percorso fanno parte dei sistemi:<br />

- centri e nuclei storici di origine rurale;


- ville signorili dell’alta pianura asciutta;<br />

- roccoli;<br />

- cascine.<br />

Comuni interessati: Busto Garolfo, Inveruno, Casorezzo, Mesero, Bernate Ticino, Ossona, Santo<br />

Stefano Ticino, Corbetta, Arluno, Vanzago, Parabiago. Il percorso si snoda su strade comunali e<br />

provinciali ma anche su strade rurali significative della maglia poderale storica. Incroci con altri<br />

percorsi: P04 (Naviglio Grande), P06 (Canale Villoresi), P29 (valle Olona).<br />

Figura 28 – Percorsi di interesse paesistico - PTPR


La conservazione dell'identità del territorio rurale e la conservazione del suo ruolo di presidio<br />

ambientale attraverso il miglioramento della qualità paesaggistica, il sostegno alla vitalità sono tra gli<br />

obiettivi strategici per la valorizzazione e la salvaguardia paesistico ambientale identificati dal PTCP.<br />

Figura 29 - Estratto "Figura 3 - Ambiti del Paesaggio agrario" della relazione generale del PTCP


Anche se non ancora approvato, è in corso un adeguamento al PTCP della Provincia di Milano in<br />

base ai dettami della L.R. 12/05<br />

In tale adeguamento, presentato ai Comuni milanesi in apposita conferenza il 2 marzo 2011, risulta<br />

rilevante l’individuazione di ambiti destinati all’attività agricola di interesse strategico.<br />

Ecco quanto riporta tale documento di indirizzo:<br />

Cosa dispone la Legge Regionale 12/05<br />

L’individuazione degli ambiti destinati all’attività agricola di interesse strategico costituisce uno dei<br />

principali contenuti integrativi del PTCP. Il PTCP vigente tratta gli ambiti agricoli all’articolo 33 delle<br />

norme di attuazione, assumendo la loro sostanziale coincidenza con quelli individuati dagli strumenti<br />

urbanistici comunali senza operare un’individuazione più dettagliata.<br />

La LR 12/05 dispone che il PTCP definisca gli ambiti destinati all’attività agricola d’interesse strategico<br />

e che tale previsione di piano abbia efficacia prescrittiva e prevalente sulla pianificazione urbanistica<br />

comunale fino all’approvazione del PGT.<br />

Tali ambiti devono essere individuati dal PTCP, acquisite le proposte dei Comuni, analizzando le<br />

caratteristiche, le risorse naturali e le funzioni del territorio e in conformità con i criteri regionali<br />

contenuti nella Dgr 19 settembre 2008 – n.8/8059.<br />

La LR12/05 stabilisce inoltre che il PTCP detti criteri e modalità per l’individuazione a scala comunale<br />

delle aree agricole e specifiche norme di valorizzazione, di uso e di tutela degli ambiti destinati<br />

all’attività agricola di interesse strategico.<br />

Cosa dispongono i criteri regionali<br />

I criteri regionali contenuti nella Dgr 19 settembre 2008 – n.8/8059 stabiliscono che si considerano<br />

ambiti agricoli strategici quelle parti di territorio provinciale rilevanti sotto il profilo congiunto<br />

dell’esercizio dell’attività agricola, dell’estensione e delle caratteristiche agronomiche del territorio.<br />

L’individuazione degli ambiti destinati all’attività agricola d’interesse strategico all’interno dei PTCP<br />

non ricomprende quindi tutte le aree destinate all’esercizio dell’attività agricola, ma quelle parti di<br />

territorio individuate sulla base dei seguenti elementi concorrenti:<br />

il riconoscimento della particolare rilevanza dell’attività agricola


l’estensione e continuità territoriale di scala sovra comunale<br />

le condizioni di produttività dei suoli<br />

I criteri utilizzati per la definizione della proposta cartografica nel progetto di adeguamento del PTCP<br />

La proposta di individuazione degli ambiti destinati all’attività agricola di interesse strategico è stata<br />

effettuata nel rispetto dei criteri regionali e tenendo conto:<br />

delle analisi delle caratteristiche, delle risorse naturali e funzioni del territorio rurale e delle<br />

vocazioni territoriali, come previsto dalla legge<br />

dei macro-obiettivi del PTCP<br />

dell’estensione e della continuità territoriale di scala sovracomunale delle aree destinate<br />

all’esercizio dell’attività agricola<br />

della salvaguardia delle previsioni degli strumenti urbanistici comunali vigenti, assumendo le<br />

aree agricole dei PGT approvati e adottati compatibili con il PTCP o in fase di istruttoria di<br />

compatibilità<br />

per i territori compresi nei Parchi Regionali, si è demandato ai relativi strumenti di<br />

pianificazione e programmazione sia per l’individuazione degli ambiti sia per la disciplina<br />

corrispondente<br />

per i Comuni non ancora dotati di PGT, o con PGT in fase iniziale, e con territorio solo<br />

parzialmente interessato da Parchi Regionali, dai contributi forniti durante la consultazione<br />

per i territori ricompresi nei PLIS, del coordinamento con la disciplina definita nei rispettivi<br />

strumenti di pianificazione, laddove presenti<br />

Le analisi propedeutiche<br />

Negli scorsi anni la Provincia ha effettuato uno specifico approfondimento settoriale quale supporto e<br />

base conoscitiva per la definizione del sistema degli ambiti agricoli all’interno del piano in<br />

adeguamento alla LR12/05.<br />

Tale quadro conoscitivo è tuttora sostanzialmente valido e si è scelto di confermarlo quale base<br />

analitico-conoscitiva per l’attuale processo di adeguamento del PTCP.<br />

Le analisi delle caratteristiche, delle risorse naturali e delle funzioni propedeutiche all’individuazione<br />

degli ambiti agricoli, sono state condotte, sulla base delle indicazioni e degli indirizzi regionali, con la<br />

collaborazione tecnica di ERSAF, che ha indagato la risorsa suolo sulla base dello specifico valore<br />

agricolo, utilizzando la metodologia riferibile al Metland, e del Politecnico di Milano, che ha indagato il


carattere multifunzionale dell’agricoltura e la sua rilevanza sotto gli aspetti economico–produttivi,<br />

ambientali e naturalistici, della forma del territorio e del paesaggio.<br />

Dalle analisi e dai criteri alla definizione della prima proposta cartografica di piano<br />

La rilevante ed estensiva vocazione agricola del territorio provinciale, emersa dalla fase analitica<br />

precedentemente illustrata, è stata vagliata alla luce dei criteri regionali e di quelli assunti dal PTCP,<br />

tenendo conto delle progettualità rappresentative degli interessi pubblici territoriali, già formalizzati in<br />

strumenti di pianificazione vigenti o emersi durante le fasi di consultazione con i Comuni.<br />

Sulla base degli esiti di questo confronto è stata elaborata una prima proposta di individuazione degli<br />

ambiti destinati all’attività agricola strategica, realizzata su 6 tavole in scala 1:30.000 (6 fogli riferiti ad<br />

altrettanti raggruppamenti di tavoli interistituzionali) su base ortofoto 2009.


L’individuazione a scala comunale delle aree agricole e la modifica del PTCP – la norma di piano<br />

La definizione degli ambiti agricoli operata dal PTCP troverà nell’approvazione del PGT comunale, in<br />

particolare nel piano delle regole, che individua e disciplina le aree destinate all’agricoltura, il suo<br />

assetto definitivo.<br />

Tale individuazione da parte dello strumento urbanistico comunale, avviene recependo gli ambiti<br />

destinati all’attività agricola d’interesse strategico definiti dal PTCP, con la facoltà di proporre rettifiche,<br />

precisazioni o miglioramenti rispetto all’individuazione provinciale che, entro una certa misura, non<br />

costituiscono variante ordinaria al PTCP.<br />

Tali proposte di modifica, da condividere già in sede di verifica di compatibilità dei PGT rispetto al<br />

PTCP:<br />

- non dovranno comportare una riduzione complessiva degli ambiti agricoli definiti dal PTCP superiore<br />

ad una certa soglia quantitativa<br />

- dovranno rispettare, in concomitanza alla condizione sopra espressa, i macro-obiettivi del PTCP e un<br />

set di specifici criteri qualitativi<br />

Le condizioni quali-quantitative da rispettare per l’esercizio di questa procedura di variante<br />

semplificata, saranno definite dalla normativa del PTCP.<br />

Obiettivi per la valorizzazione, l’uso e la tutela<br />

Il PTCP detta specifiche norme di valorizzazione, uso e tutela degli ambiti destinati all’attività agricola<br />

di interesse strategico, orientate al rispetto dei seguenti obiettivi:<br />

Mantenere la compattezza e la continuità del territorio agricolo produttivo<br />

Migliorare i contesti periurbani e la qualità delle espansioni insediative in adiacenza e al<br />

contorno delle aree produttive agricole<br />

Mantenere forme di agricoltura di elevato significato storico-paesistico<br />

Contenere le trasformazioni urbanistiche e le espansioni edilizie in contrasto con la<br />

produzione agricola e comportanti consumo di suolo<br />

Tutelare gli ambiti agricoli e i territori limitrofi da insediamenti abusivi, utilizzi impropri e attività<br />

che impoveriscono le funzioni antropiche, agricole e paesaggistiche a ciò connessi


Tutelare il ruolo di protezione e ricarica della falda acquifera e promuovere la produzione di<br />

energia da fonti rinnovabili agroforestali (es. biomasse, biogas)<br />

Valorizzare la trama degli ambiti agricoli per reti ecologica e connessioni con aree protette<br />

Incentivare le colture agricole biologiche, valorizzare le produzioni tipiche e di pregio,<br />

promuovere la sicurezza alimentare, la qualità e la filiera corta<br />

Potenziare la fruibilità degli spazi rurali per usi sociali e culturali compatibili, promuovere<br />

percorsi turistici culturali, enogastronomici e itinerari ciclo-pedonali ed equestri<br />

Con questo premesso si individua il territorio di Casorezzo all’interno del tavolo interistituzionale n° 5<br />

Magentino/Castanese di cui di seguito si riporta stralcio cartografico.


Figura 30 - Estratto tav.1 infrastrutture - proposta di adeguamento PTCP alla L.R. 12/2005<br />

Nel comune di Casorezzo si individua come opera prevista la realizzazione della circonvallazione<br />

esterna al tessuto urbano consolidato (il primo tratto è opera in programma, i successivi tratti 2 e 3<br />

sono allo studio). Si segnala inoltre l’opera in programma relativa all’infrastruttura sovra comunale che,<br />

proveniente da Rho – Vanzago (SP 229) si innesta sull’attuale SP 109 (anche Viale Lombardia) in<br />

territorio comunale di Parabiago e Busto Garolfo. Tale infrastruttura interessa Casorezzo in quanto si<br />

localizza tangente al limite amministrativo comunale in direzione est, e attraverso una rotatoria<br />

prevista si innesta sull’attuale SP 149 in Casorezzo.


Figura 31 - Estratto tav.2 Ambiti, sistemi ed elementi di rilevanza paesaggistica - proposta di adeguamento PTCP alla L.R. 12/2005<br />

Si individua, rispetto al PTCP vigente, la presenza di aree a rischio archeologico, facenti parte dei siti<br />

e ambiti di valore archeologico (art.30). Per tali ambiti il PTCP definisce quanto segue:


Art. 30 – Siti e ambiti di valore archeologico<br />

1. Per siti e ambiti di valore archeologico si intendono le seguenti aree:<br />

a) Aree a vincolo archeologico, sottoposte a specifico vincolo di cui all’art. 142, comma 1, lettera m)<br />

del D.Lgs. 42/2004 individuate alle Tavole 2 e alla Tavola 5;<br />

b) Aree a rischio archeologico, individuate alle Tavole 2, caratterizzate dall'accertato ritrovamento di<br />

beni di interesse archeologico e corrispondenti a un buffer di 75 o 200 metri dal punto del ritrovamento<br />

stesso ;<br />

c) Aree di rispetto archeologico corrispondenti a una fascia di 150 metri lungo i corsi d'acqua di cui<br />

all’apposito Elenco, parte integrante della presente normativa di piano, nonché aree espressamente<br />

indicate dalla Sovrintendenza ai beni archeologici.<br />

2. Oltre ai macro obiettivi di cui all’art.3 e agli obiettivi specifici per la tutela e la valorizzazione del<br />

paesaggio di cui all’art.17, il PTCP definisce quale ulteriore obiettivo per le aree archeologiche la<br />

conservazione delle tracce e della memoria di presenze storico-culturali, attualmente alterate o<br />

scomparse, che hanno strutturato in modo significativo il territorio.<br />

3. Costituisce indirizzo per i siti e gli ambiti di valore archeologico, fatte salve eventuali successive<br />

intese con la competente Sovrintendenza, l’utilizzo, negli interventi di scavi o movimenti di terra in<br />

aree archeologiche, di mezzi idonei a salvaguardare l’integrità di eventuali reperti.<br />

4. Il Comune, nei propri atti di pianificazione, verifica e integra a scala di maggior dettaglio<br />

l’individuazione delle aree archeologiche, con particolare riferimento alle centuriazioni romane,<br />

prevedendo specifiche modalità di tutela e trasformazione di tali ambiti e inserendo l’obbligo di<br />

segnalare preventivamente scavi e arature dei terreni aventi profondità maggiore ai 50 centimetri.


Figura 32 - Estratto tav.3 Ambiti, sistemi ed elementi di degrado o compromissione paesaggistica - proposta di adeguamento PTCP alla<br />

L.R. 12/2005


Nel territorio comunale di Casorezzo si individuano:<br />

Elettrodotti in essere;<br />

Impianto di depurazione;<br />

Attività di escavazione, coltivazione e trattamento inerti;<br />

Infrastrutture stradali con potenziali effetti detrattori<br />

N°1 “altri siti contaminati”, corrispondente alla vasca volano comunale;


Figura 33 - Estratto tav.4 rete ecologica - proposta di adeguamento PTCP alla L.R. 12/2005<br />

Confrontando la presente rete ecologica con quella del PTCP approvato si denotano alcune<br />

differenze:<br />

Il PTCP adottato non presenta più le zone periurbane su cui attivare politiche polivalenti di<br />

riassetto fruitivo ed ecologico, e le zone extraurbane con presupposti per l’attivazione di<br />

progetti di consolidamento ecologico;<br />

Il PTCP adottato definisce a maggior dettaglio il medesimo corridoio ecologico del PTCP<br />

approvato, riportando inoltre il PLIS e riserva naturale del Roccolo quale elemento<br />

naturalistico e paesaggistico all’interno del quale si individua il suddetto corridoio;<br />

Il PTCP adottato riporta la circonvallazione infrastrutturale prevista per Casorezzo, e riporta<br />

conseguentemente le relative aree passibili di future interferenze con i gangli della rete<br />

ecologica;


Figura 34 - Estratto tav.5 ambiti destinati all’attività agricola di interesse strategico - proposta di adeguamento PTCP alla L.R. 12/2005<br />

Come si evince dall’estratto gli ambiti di intesse strategico per l’attività agricola presenti sul territorio<br />

comunale si attestano lungo il tracciato previsto della circonvallazione infrastrutturale, esterna<br />

all’abitato.


L’individuazione a scala comunale delle aree agricole e la modifica del PTCP – la norma di piano<br />

La definizione degli ambiti agricoli operata dal PTCP troverà nell’approvazione del PGT comunale, in<br />

particolare nel piano delle regole, che individua e disciplina le aree destinate all’agricoltura, il suo<br />

assetto definitivo.<br />

Tale individuazione da parte dello strumento urbanistico comunale, avviene recependo gli ambiti<br />

destinati all’attività agricola d’interesse strategico definiti dal PTCP, con la facoltà di proporre rettifiche,<br />

precisazioni o miglioramenti rispetto all’individuazione provinciale che, entro una certa misura, non<br />

costituiscono variante ordinaria al PTCP.<br />

Tali proposte di modifica, da condividere già in sede di verifica di compatibilità dei PGT rispetto al<br />

PTCP:<br />

- non dovranno comportare una riduzione complessiva degli ambiti agricoli definiti dal PTCP superiore<br />

ad una certa soglia quantitativa<br />

- dovranno rispettare, in concomitanza alla condizione sopra espressa, i macro-obiettivi del PTCP e un<br />

set di specifici criteri qualitativi<br />

Le condizioni quali-quantitative da rispettare per l’esercizio di questa procedura di variante<br />

semplificata, saranno definite dalla normativa del PTCP.<br />

Obiettivi per la valorizzazione, l’uso e la tutela<br />

Il PTCP detta specifiche norme di valorizzazione, uso e tutela degli ambiti destinati all’attività agricola<br />

di interesse strategico, orientate al rispetto dei seguenti obiettivi:<br />

Mantenere la compattezza e la continuità del territorio agricolo produttivo<br />

Migliorare i contesti periurbani e la qualità delle espansioni insediative in adiacenza e al<br />

contorno delle aree produttive agricole<br />

Mantenere forme di agricoltura di elevato significato storico-paesistico<br />

Contenere le trasformazioni urbanistiche e le espansioni edilizie in contrasto con la<br />

produzione agricola e comportanti consumo di suolo<br />

Tutelare gli ambiti agricoli e i territori limitrofi da insediamenti abusivi, utilizzi impropri e attività<br />

che impoveriscono le funzioni antropiche, agricole e paesaggistiche a ciò connessi<br />

Tutelare il ruolo di protezione e ricarica della falda acquifera e promuovere la produzione di<br />

energia da fonti rinnovabili agroforestali (es. biomasse, biogas)


Valorizzare la trama degli ambiti agricoli per reti ecologica e connessioni con aree protette<br />

Incentivare le colture agricole biologiche, valorizzare le produzioni tipiche e di pregio,<br />

promuovere la sicurezza alimentare, la qualità e la filiera corta<br />

Potenziare la fruibilità degli spazi rurali per usi sociali e culturali compatibili, promuovere<br />

percorsi turistici culturali, enogastronomici e itinerari ciclo-pedonali ed equestri


I boschi della Provincia di Milano pur rappresentando solo il 2% della superficie forestale regionale,<br />

svolgono un ruolo efficace di conservazione degli spazi e degli ambienti naturali consentendo altresì<br />

opportunità di svago per i cittadini.<br />

Al fine di migliorare il paesaggio e la difesa dell'ambiente attraverso uno sviluppo ed una gestione<br />

corretta delle superfici forestali presenti sul proprio territorio, la Provincia di Milano ha previsto la<br />

redazione del Piano di Indirizzo Forestale (PIF).<br />

Tale Piano, strumento di orientamento delle politiche di sviluppo e di gestione operativa, rappresenta il<br />

primo censimento delle superfici boscate private e pubbliche in ambito provinciale.<br />

La Provincia ha mappato in modo sistematico gli elementi boscati minori (macchie boscate, fasce<br />

boscate, formazioni longitudinali) e i boschi, individuandone le tipologie forestali, al fine di effettuare<br />

una analisi utile alla pianificazione del patrimonio silvo/pastorale.<br />

Il periodo a cui fa riferimento il Piano di Indirizzo Forestale è il decennio 2004 – 2014.<br />

I principi e le finalità del piano sono:<br />

la necessità di approfondire per l’area della provincia di Milano il ruolo nel territorio svolto<br />

dalle formazioni boscate e dai sistemi verdi connessi in rete ecologica, ai fini del<br />

miglioramento della qualità del territorio e delle forme di gestione selvicolturale da applicare<br />

alle formazioni forestali;<br />

l’opportunità di integrare l’analisi e le proposte di piano con il PTCP della Provincia di Milano;<br />

la necessità di dotare la Provincia di indirizzi organici e adeguati rispetto alle modalità<br />

operative di gestione delle competenze nel settore forestale, in merito sia alle problematiche<br />

più direttamente operative, sia agli indirizzi di sviluppo da fornire al settore.<br />

Si riportano alcuni stralci della normativa:<br />

Art. 3 - Periodo di validità e adeguamenti.<br />

Il PIF ha un periodo di validità di dieci anni, durante il quale sarà possibile attuare revisioni ed<br />

integrazioni.


Le eventuali variazioni che intervengano negli strumenti sovraordinati, quali ad esempio il PTCP ed il<br />

Piano di Assetto Idrogeologico (PAI), non comportano variante al PIF ma sono recepiti d’ufficio nel PIF<br />

medesimo.<br />

Art. 4 - Ambito di applicazione.<br />

L’ambito di applicazione del PIF è costituito dalla superficie forestale ricadente nel territorio di<br />

competenza amministrativa della Provincia di Milano, ivi compresa l’area del Parco Regionale Agricolo<br />

Sud Milano.<br />

Nei rimanenti parchi regionali e nelle riserve naturali presenti sul territorio provinciale, essendo<br />

previste dalle leggi vigenti le rispettive pianificazioni, valgono gli esistenti strumenti pianificatori.<br />

La superficie forestale del presente piano, è costituita dai “boschi “ai sensi dell’art.1 ter della l.r. 8/76 e<br />

succ. mod.e da “ elementi boscati minori” così come definiti dal successivo articolo 7, ed é individuata<br />

nella cartografia di Piano.<br />

I boschi e gli elementi boscati minori dell’ art. 7, sostituiscono gli oggetti rappresentati in tavola 3 del<br />

PTCP, in riferimento, rispettivamente all’art. 63 (aree boscate) e all’ art. 64 (filari, arbusteti e siepi).<br />

In particolare, ai fini del vincolo paesistico di cui all’art. 146 del d.lgs. 490/1999, i boschi della<br />

cartografia del PIF, sostituiscono quelli della tav. 5 del PTCP.<br />

Gli altri oggetti e tematismi delle tavole del PIF, hanno valore di inquadramento e ricognizione<br />

territoriale, e sono funzionali ad ogni accertamento e valutazione, necessari alla attività di gestione da<br />

parte dell’Autorità Forestale e anche per attività di formazione di programmi operativi e/o di strumenti<br />

di pianificazione attuativi [..].<br />

Art. 7 - Definizioni<br />

Ai fini di una corretta comprensione della cartografia, vengono definiti:<br />

a ) Boschi: le superfici arboreo-arbustive maggiori di 2000 mq e larghezza maggiore di 25 m, con<br />

copertura delle chiome superiore al 20%;<br />

b ) Boschi per relazione: le superfici arboreo-arbustive minori di 2000 mq, di larghezza maggiore di 25<br />

m, poste a distanza entro 100 m dai boschi di cui sopra;<br />

c ) Boschi in giardini e parchi urbani: le superfici come definite alla lettera a) e b), ricompresi in<br />

giardini e parchi urbani, qualora gli stessi abbiano una gestione di tipo forestale e non siano oggetto di<br />

manutenzioni ordinarie in funzione dell’uso urbano.<br />

d ) Elementi boscati minori: le formazioni non definibili bosco come di seguito indicate:


macchie boscate, le superfici arboreo-arbustive minori di 2000 mq, di larghezza maggiore di<br />

25 m, poste a distanza maggiore di 100m dai boschi propriamente detti di cui al punto a );<br />

fasce boscate, le superfici arboreo-arbustive ad andamento longitudinale di una certa<br />

consistenza, che hanno la potenzialità di trasformarsi in bosco a seguito di piccole variazioni<br />

della loro superficie specialmente in larghezza.;<br />

formazioni longitudinali, le formazioni arboreo-arbustive, ascrivibili a siepi, filari e formazioni<br />

boscate di ridotta consistenza specialmente in larghezza;<br />

Oggetto e contenuti:<br />

Ai sensi di quanto previsto dalla normativa vigente ed in raccordo con i contenuti del PTCP, il PIF<br />

contiene:<br />

a) gli indirizzi strategici di sviluppo e di gestione del settore forestale in una dimensione<br />

multifunzionale, capace di assegnare alle formazioni boscate più funzioni contemporaneamente<br />

(funzione produttiva, tutela e conservazione della biodiversità, protezione dall’inquinamento, ruolo<br />

paesistico-culturale e fruitivo, ecc.);<br />

b) le linee guida di gestione delle dinamiche bosco-territorio, di gestione selvicolturale, di sviluppo<br />

della filiera del legno;<br />

c) le norme di attuazione degli indirizzi di piano;<br />

d) la cartografia articolata nelle seguenti tavole:<br />

- tavola 1 dei Boschi e degli Elementi Boscati Minori<br />

- tavola 2 delle Tipologie Forestali<br />

Il PIF si raccorda altresì con la tav. 4 del progetto strategico di Rete Ecologica e con la tav. 6 delle<br />

Unità Paesistico Territoriali del PTCP.<br />

Si riporta lo stralcio della tavola 1 “carta dei boschi e degli elementi boscati minori”, corrispondente al<br />

foglio A6D2, individuante il territorio comunale.


Figura 35 - stralcio tavola 1 PIF (quadri A6D1 – A6E1) Provincia di Milano “carta dei boschi e degli elementi boscati<br />

minori”<br />

Come individuato dallo stralcio sopra riportato, sul territorio comunale si individuano: il PLIS del<br />

Roccolo, ambiti a parchi e giardini storici (in corrispondenza del nucleo storico – dati derivati dal PTCP<br />

di Milano come specificato in legenda), zone a bosco (L.R. 8/76 e s.m.i) in limitati ambiti, ed elementi<br />

boscati minori quali fasce boscate e formazioni longitudinali, localizzate prevalentemente in ambito<br />

agricolo.


Figura 36 - stralcio tavola 2 PIF Provincia di Milano “carta delle tipologie forestali”


Il Piano Cave è lo strumento con il quale si attua la programmazione in materia di ricerca e<br />

coltivazione delle sostanze minerarie di cava.<br />

Nel territorio provinciale i materiali inerti estratti sono ghiaia, sabbia e argilla; i materiali lapidei non<br />

sono presenti.<br />

Il Piano cave provinciale identifica gli ambiti territoriali nei quali è consentita l'attività estrattiva,<br />

determina tipi e quantità di sostanze di cava estraibili nonché le modalità di escavazione e le norme<br />

tecniche da osservare nell'esercizio dell'attività.<br />

Il Piano inoltre individua le destinazioni finali delle aree al termine della coltivazione e ne detta i criteri<br />

per il ripristino.<br />

L'art. 9 della suddetta legge prevede, inoltre, la possibilità che il Piano sia sottoposto, su iniziativa<br />

della Provincia, a variazione o revisione per l'adeguamento ad eventuali fabbisogni aggiuntivi o per<br />

eventuali adeguamenti tecnici.<br />

Piano Cave vigente<br />

Attualmente è entrato in vigore il nuovo Piano approvato dalla Regione il 16 maggio 2006 (D.C.R. 16<br />

maggio 2006 n° VIII/166) predisposto sulla base di criteri determinati dalla Giunta Regionale (D.G.R.<br />

26/02/1999 n. 6/41714).


Figura 37 – Estratto Allegato A alla normativa tecnica del Piano Cave Provincia di Milano, schede e planimetrie relative agli<br />

ATE


Modifiche e prescrizioni aggiunte: inserimento della superficie a nord – ovest dell’ATE, a nord della<br />

linea elettrica, come da planimetria seguente<br />

Figura 38 - Estratto Allegato A alla normativa tecnica del Piano Cave Provincia di Milano, schede e planimetrie relative agli<br />

ATE


Come individuato dalla cartografia si individua nel Comune l’ambito territoriale estrattivo “ATEg10”.


Figura 39 – Estratto Allegato A alla normativa tecnica del Piano Cave Provincia di Milano, schede e planimetrie relative agli<br />

ATE


Modifiche e prescrizioni aggiunte: inserimento della superficie a sud-ovest dell’ATE, come da<br />

planimetria seguente<br />

Figura 40 - Estratto Allegato A alla normativa tecnica del Piano Cave Provincia di Milano, schede e planimetrie relative agli<br />

ATE


Come individuato dalla cartografia si individua nel Comune l’ambito territoriale estrattivo “ATEg11”.


Il territorio provinciale è caratterizzato da un sistema di città con tradizioni proprie molto radicate e ben<br />

definite. Nella costruzione del PTCP vigente questa caratteristica del territorio provinciale è stata<br />

confermata e valorizzata dall’attivazione di 12 tavoli Interistituzionali corrispondenti ad ambiti<br />

territoriali contraddistinti da una chiara identificazione culturale, sociale ed economica e con<br />

caratteristiche omogenee rispetto a specifiche problematiche.<br />

Il comune di Casorezzo appartiene all’ambito territoriale del Magentino, una conurbazione lineare con<br />

una forte identità legata al ruolo di baricentro in un articolato sistema di relazioni territoriali a diverse<br />

scale.


Figura 41 - tavola di sintesi tavoli istituzionali per il Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale, Provincia di Milano<br />

I comuni:<br />

Arluno, Bareggio, Boffalora sopra Ticino, Casorezzo, Corbetta, Magenta, Marcallo con Casone,<br />

Mesero, Ossona, Robecco sul Naviglio, Santo Stefano Ticino, Sedriano, Vittuone.


Figura 42 – i comuni del Piano d’Area<br />

Principali temi di lavoro:<br />

Le tematiche affrontate dal piano d’area riguardano:<br />

l’identità e le potenzialità del territorio del Magentino in funzione delle caratteristiche territoriali,<br />

economiche e ambientali;<br />

le pre-condizioni paesistico/ambientali alla trasformazione del territorio;<br />

l’accessibilità territoriale e le pressioni di funzioni ad alto impatto;<br />

la valorizzazione dei sistemi delle eccellenze nei servizi e nella ricerca industriale anche in<br />

funzione della strategicità della localizzazione lungo l’asse “Milano-Torino”.<br />

In particolare, dal quadro analitico e dagli studi ricognitivi elaborati, sono emerse quali<br />

tematiche di particolare rilevanza:


il contenimento del consumo di suolo orientandosi prioritariamente verso il recupero delle<br />

aree dismesse e privilegiando modalità insediative che favoriscano una qualità urbana delle<br />

relazioni e una mobilità efficiente e sostenibile;<br />

la tutela delle aree inedificate e del paesaggio di elevata qualità ambientale (presenza di<br />

2 parchi regionali, un PLIS e 4 SIC) attraverso il perseguimento di politiche mirate<br />

(valorizzazione del patrimonio delle aree agricole e possibile ruolo delle colture in funzione di<br />

una produzione energetica sostenibile);<br />

la valorizzazione e lo sviluppo delle attività economiche dell’area in una logica di<br />

sostenibilità, innovazione e rispetto delle identità locali;<br />

il governo della pressione della domanda-offerta di funzioni ad elevato impatto<br />

territoriale nel campo della grande distribuzione e della logistica.


La presenza della risorsa idrica, ancorchè artificialmente alimentata e condotta, è elemento di<br />

peculiare definizione dei luoghi agricoli comunali. Oltre ai benefici agricoli connessi all’erogazione del<br />

servizio idraulico, il sistema di canali secondari e terziari assume una valenza identitario-testimoniale<br />

che inequivocabilmente alimenta la definizione di paesaggio ordinario del quotidiano, acquisizione e<br />

carattere prioritariamente necessario per luoghi e territori ove il c.d. “paesaggio esorbitante”, esteticoformale<br />

non raccoglie candidature rilevanti.<br />

Tali attenzioni segnano la svolta epocale affermatasi a valle della nuova consapevolezza di<br />

definizione di paesaggio intervenuta con la carta del paesaggio del 20/08/2000, protocollo culturaleambientale<br />

sottoscritto dagli stati membri dell’U.E.<br />

Nel settore nord-occidentale della provincia di Milano, il Parco si colloca a margine di una delle aree a<br />

più elevata urbanizzazione della provincia di Milano, quella sviluppatesi lungo l’asse del Sempione,<br />

con la sua immagine di città continua.<br />

Questo sistema urbano a sviluppo lineare è caratterizzato da una certa sfrangiatura, con la presenza<br />

di funzioni residenziali frammiste ad attività commerciali e produttive. L’evidente e pronunciato<br />

ampliamento degli insediamenti residenziali, con una netta espansione dei centri urbani, una volta<br />

poco estesi e con nuclei densi a delimitazione abbastanza netta e ben separati tra di loro, ha condotto<br />

alla fusione di nuclei limitrofi e alla eliminazione delle case sparse, determinando l’erosione di ampie<br />

superfici di suoli agricoli.<br />

A sud, invece, il territorio posto a cavallo del tracciato della autostrada Milano-Torino si caratterizza<br />

per la presenza di un sistema insediativo che, pur sviluppato lungo un’asse lineare, non dà luogo ad<br />

un continuo urbano, ma lascia molti spazi aperti, con i nuclei urbani che si mantengono tra loro distinti,<br />

consentendo il collegamento tra le aree comprese nel Parco Regionale Lombardo della Valle del<br />

Ticino, a ovest, con quelle del Parco Sud e del Parco del Gelso, a sud, con quelle del Basso Olona-<br />

Rhodense, a est.


I nuclei urbani hanno però stabilito con la matrice agricola modi di contatto caratterizzati da aree di<br />

frangia spesso disordinate e dalla capillare, e spesso imponente, presenza di infrastrutture viarie.<br />

Gli spazi aperti si confrontano quindi con un variegato tessuto insediativo, nel quale si trova,<br />

alternativamente, la presenza di tutte le funzioni che compongono i nuclei urbani, residenza, servizi,<br />

strutture produttive, commerciali e terziarie, con un carattere estemporaneo e difforme delle tipologie<br />

edilizie, spesso incongruenti rispetto alla memoria dei luoghi.<br />

Conclusa la fase di sviluppo economico, le principali indicazioni fornite dagli strumenti urbanistici<br />

comunali privilegiano, oltre alle espansioni residenziali che interessano principalmente i margini urbani<br />

degli abitati di Casorezzo e Arluno, nuovi insediamenti produttivi localizzati principalmente lungo l’asse<br />

della ferrovia del Sempione,ma anche nei territori di Casorezzo e Ossona.<br />

Figura 43 - estratto PLIS del Roccolo: Atlante dei PLIS in Provincia di Milano, Centro Studi PIM


In conseguenza di quanto esposto nei paragrafi precedenti, in particolare:<br />

per l’estensione delle superfici agricole nel territorio di Casorezzo, per la loro vocazionalità<br />

paesaggistico-naturalistica;<br />

per la funzione economico-produttiva svolta dall’attività agricola nel territorio di Casorezzo;<br />

per quanto indicato in particolare nel documento del PTCP della Provincia di Milano in adeguamento<br />

alla L.R. 12/2005 in cui vengono individuate queste aree agricole come Ambiti destinati all’attività<br />

agricola di interesse strategico;<br />

lo strumento urbanistico comunale dovrà recepire gli ambiti destinati all’attività agricola d’interesse<br />

strategico definiti dal PTCP, con la facoltà di proporre rettifiche, precisazioni o miglioramenti rispetto<br />

all’individuazione provinciale che, entro una certa misura, non costituiscono variante ordinaria al<br />

PTCP.<br />

Tali proposte di modifica, da condividere già in sede di verifica di compatibilità dei PGT rispetto al<br />

PTCP:<br />

non dovranno comportare una riduzione complessiva degli ambiti agricoli definiti dal PTCP<br />

superiore ad una certa soglia quantitativa<br />

dovranno rispettare, in concomitanza alla condizione sopra espressa, i macro-obiettivi del<br />

PTCP e un set di specifici criteri qualitativi<br />

Il territorio del Magentino e in particolare anche quello di Casorezzo è spesso caratterizzato da aree<br />

verdi boscate marginali, localizzate tra zone con diverse finalità d’uso, come ad esempio zone<br />

residenziali o industriali e zone agricole, oppure lungo infrastrutture stradali o ferroviarie, canali di<br />

irrigazione, aree rese produttivamente inutilizzabili dalla difficoltà di accesso, di lavorazione o per<br />

interferenze di vario tipo. Sono costituite da risorse di verde che devono essere valorizzate come<br />

siepi, filari, fasce boscate e da spazi liberi su cui realizzare nuove entità verdi.


Sono realtà che opportunamente riqualificate e gestite possono avere un ruolo importante nello<br />

sviluppo ecosostenibile. Possono infatti avere molteplici funzioni: da quelle biofisiche, di controllo degli<br />

agenti inquinanti e di difesa dall’azione degli agenti atmosferici a quelle naturalistiche, estetiche e<br />

ricreative.<br />

Il PGT dovrà pertanto identificare tali elementi presenti sul territorio e quindi prevedere strumenti per<br />

la loro valorizzazione, conservazione. Contestualmente dovrà individuare inoltre aree dove si possa<br />

procedere alla creazione di nuovi elementi vegetali di margine anche quali interventi compensativi e di<br />

infrastrutturazione ecologica.


Il territorio comunale appartiene al cosiddetto “Livello Fondamentale della Pianura”, costituito da<br />

depositi pleistocenici ad opera degli scaricatori fluvioglaciali provenienti dai fronti di espansione dei<br />

ghiacciai. Questi sono classificati nella letteratura tradizionale come “Diluvium Recente”.<br />

Le acque di fusione dei ghiacciai hanno determinato un innalzamento del livello della pianura fino<br />

all’odierna morfologia, in successione ai sedimenti di origine marina costituiti principalmente dalle<br />

argille (che si ritrovano a profondità mediamente maggiori di 90÷100 m rispetto all’attuale piano<br />

campagna).<br />

Durante il periodo seguente, l’Olocene, si sono deposti i sedimenti ghiaioso - sabbiosi (“Alluvium<br />

antico”) che hanno determinato i terrazzi attuali tipici soprattutto delle aree più a nord rispetto all’areale<br />

in esame.<br />

Da un punto di vista morfologico i terrazzamenti si sono originati dall’azione erosiva esercitata dei<br />

corsi d’acqua principali con l’azione preponderante svolta dalle alluvioni fluvioglaciali riconducibili alla<br />

glaciazione di età wurmiana.<br />

I depositi wurmiani (Fluvio-glaciale Wurm Auct.), che costituiscono la totalità del territorio comunale,<br />

sono caratterizzati genericamente da ghiaie e sabbie in matrice limosa con locali lenti argillose.<br />

Nell’ambito del livello fondamentale, da questi costituito, è rilevabile una variazione dei termini più fini<br />

passando dal settore settentrionale a quello meridionale. La variazione è funzione della riduzione<br />

dell’energia dell’agente di trasporto procedendo verso sud. I depositi wurmiani, a differenza di quelli<br />

più antichi rissiani e mindelliani, presentano superiormente un livello sabbioso-argilloso che convoglia<br />

grosse quantità d’acqua verso gli orizzonti sottostanti, a determinare un importante mezzo per<br />

l’alimentazione della falda superficiale.<br />

Nello specifico dei terreni in esame la litologia caratteristica è rappresentata da ghiaia e sabbia<br />

debolmente limosa inglobante ciottoli di dimensioni variabili da 20 a 35 cm e rari trovanti.<br />

I caratteri sedimentologici specifici sono quelli dei depositi alluvionali: clasti con grado di<br />

arrotondamento variabile da sub-arrotondato ad arrotondato e alterazione limitata o assente. La<br />

75 Fonte: studio geologico allegato al PGT, Dott. Geol. A. Dordi, versione luglio 2012.


pertinenza dei depositi ghiaiosi è di tipo alpino con elementi granitici, granodioritici e porfirici;<br />

subordinati i clasti di origine sedimentaria di pertinenza prealpina. Tali depositi sono ricoperti da uno<br />

strato di alterazione superficiale di spessore contenuto (0.60 ÷ 1.00 m) e composto da sedimenti<br />

limoso-sabbiosi di colore variabile da marrone a marrone rossiccio (parte basale dell'orizzonte)<br />

localmente associati a ghiaia di varia pezzatura (prevalentemente medio - fine).<br />

La morfologia del livello fondamentale della pianura si presenta assai uniforme.<br />

Lo spessore della coltre diluviale recente è stato determinato solo attraverso l'esecuzione di<br />

terebrazioni dove la variazione di litofacies permettesse un'altrettanta chiara delineazione del limite<br />

formazionale inferiore.<br />

In modo particolare, tale limite inferiore è stato identificato in modo differenziato a seconda della<br />

precisa struttura stratigrafica a livello locale; i limiti stratigrafici basali sono stati identificati con il<br />

Ceppo, le argille sommitali del diluvium antico e medio e le argille Villafranchiane.<br />

Nelle zone a litologia ghiaiosa prevalente, come il caso in esame, lo spessore del diluvium varia<br />

sensibilmente a seconda delle zone specifiche con potenze variabili da 10 metri sino ad oltre 60 m.<br />

Invece nelle zone meridionali della pianura a sabbie e argille prevalenti, il limite formazionale inferiore<br />

è assai incerto in seguito alla difficile distinzione delle litofacies specifiche relative alle differenti unità.<br />

Di seguito si riporta uno schema che illustra i rapporti stratigrafici tra le diverse unità geologiche,<br />

allargato ad un’areale più vasto rispetto a quello specifico del territorio in esame.<br />

Il territorio comunale occupa una posiziona settentrionale nell’ambito della media pianura milanese ed<br />

è caratterizzato da una morfologia subpianeggiante, con quote topografiche che degradano<br />

debolmente verso sud, influenzata dai processi quaternari di deposizione fluvioglaciale e fluviale.<br />

La morfologia del territorio comunale è caratterizzata prevalentemente dalla piana fluvioglaciale<br />

originata dall’azione glaciale, non rilevando invece alcuna piana alluvionale che nell’areale in esame è<br />

invece determinata dall’azione dei corsi d’acqua principali come il Fiume Olona e il Ticino. Le<br />

originarie superfici, leggermente più ondulate delle attuali, hanno subito nel tempo un intenso<br />

livellamento a causa delle pratiche agricole.


Sono stati individuati e cartografati come elementi geomorfologici significativi solo gli orli di scarpata<br />

artificiale connessi agli ambiti di cava attivi o attivabili (come da Piano Territoriale di Coordinamento<br />

Provinciale, art.50);<br />

Esaminando nel complesso la tipologia e la distribuzione degli elementi geomorfologici presenti sul<br />

territorio comunale, si constata l’assenza di forme attive e processi morfogenetici in atto e<br />

potenzialmente generatori di particolari fattori di rischio.<br />

L’Acquedotto di Casorezzo soddisfa le esigenze idropotabili di quasi 5.400 abitanti ed è attualmente<br />

costituito da 3 impianti di sollevamento:<br />

I fabbisogni idrici al 2016, calcolati con i criteri del Piano Regionale di Risanamento delle acquesettore<br />

funzionale dei pubblici servizi di acquedotto prevedono una portata media su base annua di<br />

circa 28 l/s, con punte di massimo consumo giornaliero di 36 l/s e orario di 61 l/s.


I conteggi furono eseguiti tenendo conto di una popolazione di 5085 abitanti, già ormai superati di<br />

circa 300 abitanti, ne consegue che la punta oraria, con l’attuale disponibilità idrica, potrebbe non<br />

essere soddisfatta. Con l’acquisizione del pozzo ex Zucchi, dovrebbe essere pertanto garantito<br />

l’approvvigionamento idrico nel anche nel caso in cui si dovesse fermare un pozzo per avaria alla<br />

pompa.


Il modello idrogeologico dell’area di studio è stato ricostruito integrando informazioni stratigrafiche e/o<br />

caratterizzazioni idrodinamiche reperite o effettuate dagli autori, relative ad opere di captazione<br />

pubbliche e private, con i dati desunti dagli studi idrogeologici più autorevoli e aggiornati relativi agli<br />

acquiferi padani della regione Lombardia, di seguito sintetizzati.<br />

Nella schematizzazione idrostratigrafica si è tenuto conto della suddivisione in unità idrostratigrafiche<br />

proposta nel 1995 da Avanzini M., Beretta G.P., Francani V. e Nespoli M., che prevede, dall’alto verso<br />

il basso:<br />

Unità ghiaioso-sabbiosa, costituita da facies fluviali dell'Olocene-Pleistocene Superiore;<br />

Unità sabbioso-ghiaiosa, costituita da facies fluviali del Pleistocene Medio;<br />

Unità a conglomerati e arenarie, costituita da facies fluviali del Pleistocene Inferiore;<br />

Unità sabbioso-argillosa, costituita da facies continentali e transizionali, riconducibili a Pleistocene<br />

Inferiore, al Villafranchiano Superiore e Medio Auctorum p.p.;<br />

Unità argillosa, costituita da facies marine riconducibili al Pleistocene Inferiore e al Calabriano<br />

Auctorum p.p.<br />

Tale suddivisione è stata aggiornata sulla base delle risultanze dello studio Geologia degli Acquiferi<br />

Padani della Regione Lombardia, pubblicato nel 2002 dalla Regione Lombardia in collaborazione con<br />

Eni-Divisione Agip e del relativo Aggiornamento geologico-stratigrafico (marzo 2005). In tale studio si<br />

propone un modello geologico del sottosuolo della pianura a scala regionale, che individua quattro<br />

Gruppi Acquiferi sovrapposti (A, B, C e D), delimitati alla base dall'interfaccia acqua dolce/acqua<br />

salata, come di seguito riportato:<br />

Gruppo Acquifero A (Olocene, Pleistocene Superiore – Pleistocene Medio); praticamente<br />

corrispondente alla suddetta unità ghiaioso-sabbiosa, costituisce la porzione superiore del cosiddetto<br />

Acquifero Tradizionale;<br />

Gruppo Acquifero B (Pleistocene Medio); all’incirca corrispondente all’insieme delle suddette unità<br />

sabbioso-ghiaiosa e a conglomerati e arenarie, costituisce la porzione inferiore del cosiddetto<br />

Acquifero Tradizionale;<br />

Gruppo Acquifero C (Pleistocene Inferiore [Siciliano ed Emiliano]); corrispondente alla porzione<br />

superiore della suddetta unità sabbioso-argillosa;


Gruppo Acquifero D (Pleistocene Inferiore [Santerniano]); corrispondente alla porzione inferiore<br />

(Santerniano) della suddetta unità sabbioso-argillosa.<br />

Nella Carta della Pericolosità Sismica Locale si devono valutare le particolari condizioni geologiche e<br />

geomorfologiche delle zone che possono influenzare, in occasione di eventi sismici, la pericolosità<br />

sismica di base producendo effetti diversi, da considerare nella valutazione generale della pericolosità<br />

sismica dell’area. In particolare si dovranno considerare gli effetti di sito o di amplificazione sismica<br />

locale e quelli dovuti ad instabilità. A tal fine, e secondo gli indirizzi e prescrizioni contenute nella<br />

delibera regionale, è stata compilata la Carta della Pericolosità Sismica Locale delle aree in variante,<br />

secondo la seguente tabella.


Quando a seguito dell’applicazione del 2° livello, si dimostra l’inadeguatezza della normativa<br />

sismica nazionale all’interno degli scenari PSL caratterizzati da effetti di amplificazione morfologiche e<br />

litologiche (zone Z3 e Z4);<br />

In presenza di aree caratterizzate da effetti di instabilità, cedimenti e/o liquefazioni (zona Z1 e<br />

Z2), nelle zone sismiche 2 e 3 per tutte le tipologie di edifici, mentre in zona sismica 4 nel caso di<br />

costruzioni di nuovi edifici strategici e rilevanti di cui al d.d.u.o 21 novembre 2003 – n. 19904 del 21<br />

novembre 2003 ferma restando la facoltà dei Comuni di estenderlo anche alle altre categorie di edifici.<br />

Nella seguente Tabella seguente sono sintetizzati gli adempimenti e la tempistica per la zona sismica<br />

4, nella quale è inserito il comune di Casorezzo.<br />

Si ricorda che questa normativa vale per la fase di pianificazione mentre per le fasi progettuali si farà<br />

riferimento al D.M. 14 gennaio 2008.


Sulla carta di fattibilità sono riportate le classi di fattibilità, così definite dalla direttiva regionale:<br />

CLASSE 1(bianca) - Fattibilità senza particolari limitazioni<br />

La classe comprende quelle aree che non presentano particolari limitazioni all’utilizzo a scopi<br />

edificatori e/o alla modifica della destinazione d’uso e per le quali deve essere direttamente applicato<br />

quanto prescritto dalle Norme Tecniche per le costruzioni, di cui alla normativa nazionale.


CLASSE 2 (gialla) - Fattibilità con modeste limitazioni<br />

La classe comprende le zone nelle quali sono state riscontrate modeste limitazioni all’utilizzo a scopi<br />

edificatori e/o alla modifica della destinazione d’uso, che possono essere superate mediante<br />

approfondimenti di indagine e accorgimenti tecnico-costruttivi e senza l’esecuzione di opere di difesa.<br />

Per gli ambiti assegnati a questa classe devono essere indicati, nelle norme geologiche di piano, gli<br />

approfondimenti da effettuare e le specifiche costruttive degli interventi edificatori.<br />

CLASSE 3 (arancione)- Fattibilità con consistenti limitazioni<br />

La classe comprende le zone nelle quali sono state riscontrate consistenti limitazioni all’utilizzo a scopi<br />

edificatori e/o alla modifica della destinazione d’uso per le condizioni di pericolosità/vulnerabilità<br />

individuate, per il superamento delle quali potrebbero rendersi necessari interventi specifici o opere di<br />

difesa.<br />

Il professionista, nelle norme geologiche di piano, deve, in alternativa:<br />

se dispone fin da subito di elementi sufficienti, definire puntualmente per le eventuali previsioni<br />

urbanistiche le opere di mitigazione del rischio da realizzare e le specifiche costruttive degli interventi<br />

edificatori, in funzione della tipologia del fenomeno che ha generato la pericolosità/vulnerabilità del<br />

comparto;<br />

se non dispone di elementi sufficienti, definire puntualmente i supplementi di indagine relativi<br />

alle problematiche da approfondire, la scala e l’ambito di territoriale di riferimento (puntuale, quali<br />

caduta massi, o relativo ad ambiti più estesi coinvolti dal medesimo fenomeno quali ad es. conoidi,<br />

interi corsi d’acqua ecc.) e la finalità degli stessi al fine di accertare la compatibilità tecnico-economica<br />

degli interventi con le situazioni di dissesto in atto o potenziale e individuare di conseguenza le<br />

prescrizioni di dettaglio per poter procedere o meno all’edificazione. Bollettino Ufficiale Serie Ordinaria<br />

n. 50 - Giovedì 15 dicembre 2011 – 15 –<br />

CLASSE 4 - Fattibilità con gravi limitazioni<br />

L’alta pericolosità/vulnerabilità comporta gravi limitazioni all’utilizzo a scopi edificatori e/o alla modifica<br />

della destinazione d’uso. Deve essere esclusa qualsiasi nuova edificazione, ivi comprese quelle<br />

interrate, se non opere tese al consolidamento o alla sistemazione idrogeologica per la messa in<br />

sicurezza dei siti. Per gli edifici esistenti sono consentite esclusivamente le opere relative ad interventi<br />

di demolizione senza ricostruzione, manutenzione ordinaria e straordinaria, restauro, risanamento<br />

conservativo, come definiti dall’art. 27, comma 1, lettere a), b), c) della l.r. 12/05, senza aumento di<br />

superficie o volume e senza aumento del carico insediativo. Sono consentite le innovazioni necessarie<br />

per l’adeguamento alla normativa antisismica.


Il professionista deve fornire indicazioni in merito alle opere di sistemazione idrogeologica e, per i<br />

nuclei abitati esistenti, quando non é strettamente necessario provvedere al loro trasferimento,<br />

dovranno essere predisposti idonei piani di emergenza; deve inoltre essere valutata la necessità di<br />

predisporre sistemi di monitoraggio geologico che permettano di tenere sotto controllo l’evoluzione dei<br />

fenomeni in atto.<br />

Eventuali infrastrutture pubbliche e di interesse pubblico possono essere realizzate solo se non<br />

altrimenti localizzabili; dovranno comunque essere puntualmente e attentamente valutate in funzione<br />

della tipologia di dissesto e del grado di rischio che determinano l’ambito di pericolosità/vulnerabilità<br />

omogenea. A tal fine, alle istanze per l’approvazione da parte dell’autorità comunale, deve essere<br />

allegata apposita relazione geologica e geotecnica che dimostri la compatibilità degli interventi previsti<br />

con la situazione di grave rischio idrogeologico.<br />

Si ricorda che per una completa comprensione dei fenomeni e degli interventi al Committente<br />

e/o al professionista incaricato dovranno essere fornite anche la Carta di Sintesi e la Carta dei<br />

Vincoli, appositamente redatte.


Figura 44 – estratto tav. 8. Classi di fattibilità dello studio geologico allegato al Piano; Geol. A. Dordi, luglio 2012


Figura 45 – estratto tav.9 “carta della fattibilità delle azioni di piano” dello studio geologico allegato al PGT<br />

La regione Lombardia viene suddivisa in cinque zone in funzione delle concentrazioni e dei limiti di<br />

emissione di PM10 per la zona A1 “Agglomerati urbani ” a cui appartiene il Comune si specifica che:<br />

1) concentrazioni più elevate di PM10, in particolare di origine primaria, rilevate dalla Rete Regionale di<br />

Qualità dell'Aria e confermate dalle simulazioni modellistiche;<br />

2) più elevata densità di emissioni di PM10 primario, NOX e COV;<br />

3) situazione meteorologica avversa per la dispersione degli inquinanti (velocità del vento limitata,<br />

frequenti casi di inversione termica, lunghi periodi di stabilità atmosferica caratterizzata da alta<br />

pressione);<br />

4) alta densità abitativa, di attività industriali e di traffico e costituita da agglomerati urbani a maggiore<br />

densità abitativa e con maggiore disponibilità di trasporto pubblico locale organizzato (TPL)


Figura 46 – zone individuate in funzione delle concentrazioni e dei limiti di emissione di PM10; Regione Lombardia<br />

Per l’analisi della qualità dell’aria sono stati considerati i dati della stazione di monitoraggio di<br />

Legnano 76 .<br />

I dati medi rilevati dalla stazione sono i seguenti e vengono raffrontati con i valori medi della Provincia<br />

di Milano:<br />

76 Fonte: ARPA Lombardia


Gli ossidi di azoto (Nox) vengono ritenuti i principali inquinanti cui attribuire la formazione del<br />

cosiddetto smog fotochimico. I processi fotochimica hanno infatti inizio quando sulla molecola di NO2<br />

agisce la luce solare scindendola in una molecola di NO e un atomo di ossigeno. L'ossigeno atomico<br />

formatosi può attaccare molte sostanze atmosferiche dando origine a specie altamente ossidanti,<br />

quali l'ozono. A sua volta anche l'ozono così prodotto risulta estremamente reattivo. La distruzione<br />

della sua molecola, attraverso la radiazione e/o attraverso la reazione con NO e NO2, porterebbe ad<br />

un equilibrio dinamico tra NO, NO2 e NO3. Tuttavia la presenza di composti organici prodotti da<br />

combustione incompleta complica l'insieme del processo. Come esempio è stata considerata la<br />

concentrazione di NO2.<br />

I dati rilevati mostrano una generale tendenza alla diminuzione delle concentrazioni. I dati appaiono<br />

migliori rispetto alla media Provinciale


Il CO è un inquinante primario che ha origine dai processi di combustione incompleta. Le sue fonti<br />

principali sono da ricondursi al traffico autoveicolare, in particolare quando le autovetture sono in fase<br />

di decelerazione.<br />

Dai dati rilevati si evince un progressivo trend di decrescita delle concentrazioni di questo inquinante<br />

in atmosfera.


L’ozono (formula chimica, O3) rappresenta uno dei gas più attivi coinvolti nelle reazioni fotochimiche in<br />

grado di modulare le capacità ossidative della troposfera. Esso rappresenta un efficace gas ad effetto<br />

serra ed, influenzando il tempo di residenza di altri gas-serra, svolge anche un effetto indiretto sul<br />

clima.<br />

Poiché rappresentative delle condizioni di fondo dell’atmosfera terrestre, misure condotte in aree<br />

remote come l’Antartide rappresentano un contributo significativo a migliorare la conoscenza dei<br />

processi naturali ed antropici che influenzano le concentrazioni di questo importante composto<br />

atmosferico.<br />

I dati rivelano una pressoché costante concentrazione di tale inquinante con punte di eccezione nel<br />

2003.


Per quanto riguarda il PM10 ci si riferisce alla stazione di rilevamento di Busto Arsizio (VA) e per<br />

questo i dati vengono confrontati sia con la media provinciale di Milano che di Varese.


Il presente paragrafo intende verificare le sorgenti di emissione presenti nel contesto territoriale del<br />

Comune di Casorezzo (industria, traffico ecc..) ricavate a partire dall’inventario regionale delle<br />

emissioni INEMAR 2008 77 , realizzato da ARPA Lombardia per conto di Regione Lombardia.<br />

Sono fornite sintetiche informazioni riguardo a:<br />

le emissioni in atmosfera<br />

gli inventari emissioni<br />

le sostanze inquinanti ed i loro effetti sulla salute e sull'ambiente<br />

i principali link legati a questa tematica<br />

la struttura del database INEMAR (descrizione dei moduli e aspetti informatici).<br />

I dati delle emissioni scaricabili dal sito INEMAR sono relativi alle emissioni in aria effettivamente<br />

generate da attività presenti entro i confini del territorio comunale.<br />

Le emissioni "ombra", ossia le emissioni derivanti da tutti i consumi energetici finali presenti nel<br />

territorio, disponibili nel sito di SIRENA assieme ai consumi energetici, sono invece indagate nello<br />

specifico nei paragrafi successivi.<br />

Segue tabella dati INEMAR<br />

Dettagliato per combustibile – dato complessivo:<br />

77 INEMAR - ARPA Lombardia(2011), INEMAR, Inventario Emissioni in Atmosfera: emissioni in Regione Lombardia<br />

nell'anno 2008 - versione finale. ARPA Lombardia Settore Aria e Agenti Fisici. www.inemar.eu;


Dettagliato per combustibile – per macrosettore:<br />

Dettagliato per combustibile – per settore:


Dettagliato per combustibile – per attività:


Dal punto di vista delle fonti dei dati INEMAR specifica quanto segue:


Per l'impostazione dell'inventario delle emissioni si è fatto riferimento innanzitutto alle esperienze<br />

nazionali ed internazionali, sia in base alle informazioni bibliografiche sia tramite la partecipazione ai<br />

gruppi di coordinamento nazionali ed internazionali sugli inventari delle emissioni.<br />

Si è scelto di strutturare il lavoro in accordo con le metodologie adottate in ambito nazionale (ENEA-<br />

ANPA) ed internazionale (EMEP-Corinair). A titolo esemplificativo, è stata adottata per le attività la<br />

classificazione Corinair - SNAP 97, descritta nella sezione metodologia.<br />

Per quanto riguarda la refinizione, raccolta ed elaborazione dei dati degli indicatori delle attività, sono<br />

stati attivati numerosi contatti per la raccolta dei dati relativi ai quantitativi prodotti, all'energia<br />

consumata, al numero di addetti presenti per ogni tipologia produttiva dislocata sul territorio lombardo.<br />

Questo lavoro ha richiesto innanzitutto il censimento delle informazioni presenti in Regione Lombardia,<br />

principalmente presso l'Ufficio Statistica e Banche Dati. Per altri dati (estrazione di materiali da cave,<br />

settore agricoltura, rifiuti) la ricerca è stata svolta all'interno di ARPA Lombardia presso i vari settori e<br />

ci si è avvalsi di una collaborazione per la definizione comune dei consumi di combustibili con i tecnici<br />

di CESTEC.<br />

Altri dati sono stati reperiti presso la sede o il sito Web dell'ISTAT, in particolare il numero di addetti<br />

per categoria ISTAT dall'archivio ASIA e le produzioni nazionali relative al 2008 di alcuni settori<br />

industriali<br />

Infine sono state contattate numerose associazioni di categoria detentrici dei dati necessari per<br />

l'inventario sia in termini di produzioni sia in termini di consumi.<br />

Riguardo ai dati raccolti, con la sola eccezione del Servizio Statistica Regionale i cui dati sono<br />

disponibili a livello comunale, in alcuni casi il dato è stato fornito a livello provinciale, in altri casi a<br />

livello regionale, in altri ancora a livello nazionale. Solo per alcune grandi tipologie produttive (ad<br />

esempio le raffinerie) è stato invece possibile ottenere il dato puntuale. Il livello di disaggregazione<br />

comunale è stato ottenuto solo dagli enti istituzionali mentre le associazioni di categoria hanno spesso<br />

fornito il solo dato nazionale.


Il <strong>Rapporto</strong> sullo Stato dell’Ambiente in Lombardia 78 è un fondamentale strumento di reporting a<br />

disposizione dell’ARPA per comunicare annualmente l’esito di un’attività intensa e costante di<br />

monitoraggio e fornire ai propri interlocutori un quadro dinamico delle condizioni che caratterizzano il<br />

complesso territorio regionale, con riferimento ad una molteplicità di elementi, tra cui in particolare: le<br />

principali matrici ambientali e alcuni dei fattori che su di esse gravano, rischiando di comprometterne<br />

la qualità.<br />

L’edizione 2009/2010 prosegue un percorso avviato con la stessa nascita dell’Agenzia, la cui legge<br />

istitutiva indica la redazione di un rapporto annuale sullo stato dell’ambiente tra le attività di<br />

informazione ambientale, e si pone quale obiettivo prioritario la capacità di rispondere in maniera<br />

esaustiva ed efficace ad una crescente richiesta informativa sollecitata da una sempre più diffusa<br />

attenzione al tema.<br />

ARPA Lombardia fornisce il <strong>Rapporto</strong> consultabile in formato digitale secondo due prodotti distinti e<br />

complementari – Segnali Ambientali e Resoconto dei dati ambientali –. Entrambi gli strumenti sono<br />

disponibili sul sito istituzionale dell’Agenzia www.arpalombardia.it.<br />

Segnali Ambientali fornisce una valutazione sintetica degli aspetti socio-economici e ambientali della<br />

Lombardia attraverso un percorso composto da quattro sezioni:<br />

Il clima che cambia<br />

Ambiente e qualità della vita<br />

Settori che determinano i cambiamenti ambientali<br />

Il sistema delle emergenze<br />

La prima sezione affronta un tema ampiamente discusso a livello globale e spesso oggetto di diverse<br />

scuole di pensiero sia rispetto alle cause che rispetto alle possibili soluzioni: il cambiamento climatico.<br />

Qui l’argomento viene trattato a partire dalle conoscenze scientifiche sviluppate ad oggi e dal dibattito<br />

relativo al contributo al mutamento del clima attribuibile all’uomo. La seconda sezione illustra lo stato<br />

delle fondamentali matrici ambientali e l’impatto in Lombardia di due macrodeterminanti di particolare<br />

peso: gli agenti fisici e i rifiuti. In questo caso l’ampia disponibilità di dati, raccolti da ARPA Lombardia,<br />

e le successive elaborazioni degli stessi, hanno permesso di costruire un quadro sufficientemente<br />

dettagliato delle condizioni attuali e di darne una lettura critica attraverso l’osservazione dei trend<br />

78 ARPA Lombardia, http://ita.arpalombardia.it/ita/RSA_2009-2010/index.asp


storici osservati negli anni. La terza sezione di concentra sulle attività produttive e più in generale le<br />

attività antropiche che inevitabilmente producono effetti sulla qualità dell’ambiente. L’ultima sezione,<br />

infine, a partire dal tema delle emergenze ambientali in Lombardia, descrive due eventi che hanno<br />

segnato il territorio regionale, e non solo, tra il 2009 e il 2010: il versamento di idrocarburi nel Lambro<br />

dal deposito della Lombarda Petroli di Villasanta (MB) e le valanghe che hanno interessato la<br />

Lombardia nell’inverno 2009/2010, con una incidenza piuttosto elevata di incidenti occorsi.<br />

atmosfera<br />

cambiamenti climatici<br />

idrosfera<br />

radiazioni<br />

rifiuti<br />

rischi<br />

rumore<br />

suolo<br />

Nel suo complesso il <strong>Rapporto</strong> 2009/2010 fornisce quindi una base di approfondimento dell’ampia ed<br />

articolata materia ambientale riferita al territorio lombardo e deve i propri contenuti all’azione<br />

quotidiana di monitoraggio che ARPA Lombardia conduce in stretta collaborazione e sinergia con i<br />

diversi soggetti che compongono il Sistema Regionale.


Viene indagato il bilancio ambientale comunale in termini di emissioni di gas serra (espresse come<br />

CO2 equivalente) connesse agli usi energetici finali. Vengono quindi considerate le emissioni legate ai<br />

consumi di energia elettrica e non quelle prodotte dagli impianti di produzione elettrica. Trattandosi dei<br />

soli usi energetici, le emissioni non tengono conto di altre fonti emissive (ad es. emissioni da<br />

discariche e da allevamenti zootecnici). I dati resi disponibili non costituiscono pertanto una misura<br />

delle emissioni di gas serra sul territorio, ma restituiscono una fotografia degli usi energetici finali in<br />

termini di CO2eq.<br />

79 Trattasi di indagine relativa al Bilancio ambientale comunale in termini di emissioni di gas serra (espresse come CO2<br />

equivalente) connesse agli usi energetici finali. Fonte dati: SIRENA - Sistema Informativo Regionale ENergia Ambiente;<br />

www. sirena.cestec.eu; Aggiornamento 07/01/2011


Il Radon è un gas radioattivo più pesante dell’aria, incolore, inodore, chimicamente inerte,<br />

praticamente impercettibile senza adeguati sistemi di rilevamento. Proviene prevalentemente da<br />

terreni con un elevato contenuto di Uranio/Radio quali tufi, pozzolane, alcuni graniti e rocce di origine<br />

vulcanica. Il Radon 222, il principale isotopo di questo gas, è il prodotto del decadimento dell’Uranio<br />

238 . Mentre gli altri elementi della serie radioattiva sono solidi, il Radon è un gas e, in quanto tale,<br />

può infiltrarsi attraverso fessure e crepe, attraversare materiali porosi, dissolversi nell’acqua e<br />

penetrare così negli edifici anche attraverso le condutture idriche.<br />

Una volta accumulatosi, il Radon può essere respirato e continuare la<br />

serie radioattiva all’interno dell’organismo, con grande danno alla salute,<br />

aumentando il rischio di sviluppare neoplasie polmonari. Studi<br />

epidemiologici diffusi dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e<br />

dall’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) hanno,<br />

infatti, ormai scientificamente stabilito la cancerogenicità di questo gas.<br />

Il valore della concentrazione media di gas radon in Italia è pari a 70<br />

Bq/m3 valore relativamente elevato rispetto alla media mondiale<br />

valutata intorno a 40 Bq/m3 e a quella europea di circa 59 Bq/m3. La<br />

situazione in Lombardia evidenzia un media molto alta compresa tra<br />

100-120 Bq/m3.<br />

Vengono inoltre qui di seguito riportati i risultati preliminari della<br />

campagna di rilevamento di ARPA in regione Lombardia:


All’interno del Comune sono identificati n°4 impianti radiotrasmittenti per la telefonia mobile:<br />

80 Fonte dati: ARPA Lombardia, http://castel.arpalombardia.it/castel/ricerca/default.asp?whosearch=castel


Gli elettrodotti individuabili sul territorio comunale sono riportati nel Documento di Piano del PGT:<br />

Figura 47 - Estratto tav.12 quadro ricognitivo vincoli, fasce di rispetto e aree di limitazione d’uso<br />

Come individuato dall’estratto di cui sopra si identifica una sola tratta fuori terra, gestita da TERNA<br />

s.p.a.


Tale tratta è inoltre individuata mediante la piattaforma webgis di Regione Lombardia, Direzione<br />

Generale Territorio e Urbanistica. 81<br />

La piattaforma consente l'accesso on-line alle informazioni relative alle reti di sottoservizi e agli<br />

impianti dei Comuni della Lombardia, unitamente ad alcuni strati informativi di carattere ambientale.<br />

I dati sono disponibili nel sistema di riferimento UTM-WGS 84.<br />

Figura 48 - Rete elettrica ; Fonte: Regione Lombardia;<br />

http://www.territorio.regione.lombardia.it/cs/Satellite?c=Page&childpagename=DG_Territorio%2FDGLayout&cid=1213377<br />

120517&p=1213377120517&pagename=DG_TERRWrapper. La piattaforma consente l'accesso on-line alle informazioni<br />

relative alle reti di sottoservizi e agli impianti di smaltimento dei rifiuti dei Comuni della Lombardia, unitamente ad alcuni<br />

strati informativi di carattere ambientale.<br />

81 Regione Lombardia – Rifiuti – localizzazione impianti;<br />

http://www.territorio.regione.lombardia.it/cs/Satellite?c=Page&childpagename=DG_Territorio%2FDGLayout&cid=1213377120517&p=121<br />

3377120517&pagename=DG_TERRWrapper. La piattaforma consente l'accesso on-line alle informazioni relative alle reti di sottoservizi e<br />

agli impianti di smaltimento dei rifiuti dei Comuni della Lombardia, unitamente ad alcuni strati informativi di carattere ambientale.


Il regolamento acustico disciplina le competenze comunali in materia di inquinamento acustico ai sensi<br />

del comma 1 dell’art. 6 della Legge 16 ottobre 1995, n. 447, in particolare riguardo la definizione di<br />

piani di risanamento nei Comuni, l’obbligatorietà della valutazione di impatto acustico per i progetti di<br />

opere considerate significative dal punto di vista della produzione di rumore o che si situano nei pressi<br />

di sorgenti rumorose.<br />

La classificazione del territorio avviene in conformità a quanto stabilito del DPCM 14/11/1997 che<br />

prevede la classificazione del territorio in 6 classi:<br />

CLASSE I - aree particolarmente protette: rientrano in questa classe le aree nelle quali la<br />

quiete rappresenta un elemento di base per la loro utilizzazione: aree ospedaliere,<br />

scolastiche, aree destinate al riposo ed allo svago, aree residenziali rurali, aree di particolare<br />

interesse urbanistico, parchi pubblici, ecc.<br />

CLASSE II - aree destinate ad uso prevalentemente residenziale: rientrano in questa classe<br />

le aree urbane interessate prevalentemente da traffico veicolare locale, con bassa densità di<br />

popolazione, con limitata presenza di attività commerciali ed assenza di attività industriali e<br />

artigianali.<br />

CLASSE III - aree tipo misto: rientrano in questa classe le aree urbane interessate da<br />

traffico veicolare locale o di attraversamento, con media densità di popolazione, con<br />

presenza di attività commerciali, uffici, con limitata presenza di attività artigianali e con<br />

assenza di attività industriali; aree rurali interessate da attività che impiegano macchine<br />

operatrici.<br />

CLASSE IV - aree di intensa attività umana: rientrano in questa classe le aree urbane<br />

interessate da intenso traffico veicolare, con alta densità di popolazione, con elevata<br />

presenza di attività commerciali e uffici, con presenza di attività artigianali; le aree in<br />

prossimità di strade di grande comunicazione e di linee ferroviarie; le aree portuali, le aree<br />

con limitata presenza di piccole industrie.<br />

CLASSE V - aree prevalentemente industriali: rientrano in questa classe le aree interessate<br />

da insediamenti industriali e con scarsità di abitazioni.<br />

CLASSE VI - aree esclusivamente industriali: rientrano in questa classe le aree<br />

esclusivamente interessate da attività industriali e prive di insediamenti abitativi.


I limiti massimi di immissione stabiliti dal DPCM per ciascuna zona in relazione alle diverse classi<br />

acustiche di appartenenza, sono rappresentati nella tabella seguente.<br />

Il DPCM stabilisce inoltre i limiti di emissione misurati in prossimità della sorgente sonora, così come<br />

riportati nella seguente tabella:<br />

Nello specifico il Comune di Casorezzo è provvisto di piano di zonizzazione acustica risalente all’anno<br />

2002.<br />

Segue estratto cartografico e relativa legenda.


Figura 49 – Piano di Azzonamento Acustico – Comune di Casorezzo; revisione febbraio 2002


I principali indicatori inerenti la presenza di infrastrutture, fanno della Provincia di Milano un’area di<br />

eccellenza a livello nazionale. La zona è intensamente urbanizzata e possiede un sistema integrato di<br />

trasporti costituito da un’imponente rete ferroviaria, stradale ed autostradale ed un sistema<br />

aeroportuale di importanza europea e un forte pendolarismo interno alla Provincia.<br />

Nell’estratto cartografico sono segnate in arancione le autostrade, in giallo le strade regionali, in blu le<br />

ferrovie, in rosso la rete metropolitana, con individuato il Comune di Casorezzo. La localizzazione<br />

territoriale indica un’elevata accessibilità alla rete infrastrutturale sovralocale milanese:


Dal punto di vista del contesto territoriale locale del Comune di Casorezzo si segnalano, a tal<br />

proposito, alcune caratteristiche:<br />

La prossimità dell’autostrada A4 Torino – Milano in direzione sud<br />

La prossimità della nuova linea ferroviaria ad alta velocità Milano-Novara<br />

il potenziamento del collegamento di Magenta con la Tangenziale Ovest Milano e l’aeroporto di<br />

Malpensa (Malpensa – Boffalora), prossimo al comune in direzione ovest.<br />

L’analisi dei flussi di traffico e degli spostamenti dal punto di vista del sistema stradale permette di<br />

individuare una gerarchia stradale, morfologica e funzionale.<br />

Il dato di partenza è fornito dallo schema di territorio lento e territorio veloce 82 che, a partire dalla<br />

stratificazione delle interazioni individuate forniva una prima chiave di lettura del contesto territoriale.<br />

Figura 50 - Il territorio "veloce" e il territorio “lento”<br />

Il passo successivo riguarda un’analisi, a scala sovra locale e a scala locale, delle specifiche<br />

interazioni 83 riconducibili al sistema infrastrutturale, analizzate quantitativamente e qualitativamente.<br />

82 Si veda la relazione del documento di piano<br />

83 Si veda la relazione del documento di piano


La risultante fornirà il quadro conoscitivo necessario per tracciare il sistema gerarchico infrastrutturale<br />

comunale.<br />

Figura 51 – Area di destinazione prevalente degli spostamenti dai comuni del Magentino per Comune di origine per motivi di lavoro o di<br />

studio. Fonte: Regione Lombardia, anno 2002


Figura 52 – Numero di spostamenti verso il Magentino per Comune di origine (al netto dei movimenti interni ai singoli comuni) per motivi<br />

di lavoro o di studio. Fonte: Regione Lombardia, anno 2002<br />

Figura 53 - Numero di spostamenti dal Magentino per Comune di destinazione (al netto dei movimenti interni ai singoli comuni) per<br />

motivi di lavoro o di studio. Fonte: Regione Lombardia, anno 2002


Figura 54 – percentuale degli spostamenti dai comuni del Magentino (al netto dei movimenti interni ai singoli comuni) per area di<br />

destinazione per motivi di lavoro e di studio


Figura 55 – spostamenti in uscita da Casorezzo verso i comuni del magentino e le altre principali aree di destinazione al 2002


Figura 56 - spostamenti in entrata nei comuni del magentino per comune di origine al 2002


Figura 57 – numero di spostamenti pendolari e sistematici verso il Magentino per Comune di origine (al netto dei movimenti interni ai<br />

singoli comuni) al 2002.


Figura 58 – matrice degli spostamenti su mezzo privato per motivi di lavoro e studio tra i comuni del Magentino; 2002


Figura 59 – spostamenti su mezzo privato in entrata e in uscita dal Magentino per area di origine o destinazione e motivo; anno 2002


I volumi di traffico sono la terza interazione territoriale considerata. I dati disponibili riportati di seguito<br />

fanno riferimento ad un contesto infrastrutturale riferito all’anno 2002, rispetto al quale lo stato di fatto<br />

riferisce in nuove recenti realizzazioni e completamenti delle tratte stradali correlate a Casorezzo.<br />

Tali dati rappresentano dunque una base di partenza a cui si porteranno debiti aggiornamenti e<br />

considerazioni, il cui scopo rimane non tanto la realizzazione di un nuovo ed aggiornato studio dei<br />

flussi di traffico, quanto essere ulteriore approfondimento allo studio della gerarchia stradale che<br />

accompagnerà le previsioni di Piano.


84 Fonte: ISTAT<br />

Considerando l’intero territorio del Magentino, si mettono in evidenza che nell’ultimo secolo e mezzo<br />

l’area presenta un sviluppo demografico non molto dissimile da quello registrato dalla provincia di<br />

Milano (escluso il capoluogo), sia pure con andamenti alterni: mentre nel ventennio 1961-1981 il tasso<br />

di crescita è sostanzialmente uguale, dal 1881 al 1931 il Magentino manifesta una leggera<br />

prevalenza, per cedere il passo alla provincia (sempre escluso Milano) dal 1931 al 1971 e tornare<br />

quindi a crescere più di questa dal 1981 al 2001.<br />

Quest’ultimo dato si può interpretare come l’esito di due fatti: la tracimazione dalle aree più<br />

densamente popolate legata soprattutto a differenze nell’incidenza della rendita fondiaria; la qualità<br />

ambientale e l’accessibilità, che fanno del Magentino uno dei contesti più appetibili nella riallocazione<br />

di popolazione in uscita da Milano.<br />

Nello specifico si indaga la popolazione residente nel Comune.


L’unica area dismessa localizzata in Casorezzo si trova tra la SP 124, via Milano e via Trieste. Trattasi<br />

di ex stabilimento produttivo, per il quale il documento di piano prevede il recupero, trattandolo come<br />

ambito di trasformazione attuabile tramite Piano Attuativo.<br />

Figura 60 –Individuazione delle aree dismesse<br />

Si riportano i dati relativamente alla gestione rifiuti urbani in Regione Lombardia relativamente all’anno<br />

2010 86 . Dati e informazioni sulla produzione e gestione dei Rifiuti Urbani, dichiarati dai Comuni e dagli<br />

85 Fonte: Documento di Piano<br />

86 Fonte: ARPA; http://ita.arpalombardia.it/ita/servizi/rifiuti/rifiuti.asp


Impianti di trattamento rifiuti sono trattati nell’applicativo internet O.R.SO. (Osservatorio Rifiuti<br />

SOvraregionale).<br />

Ai sensi dell’art. 18 della Legge regionale 12 dicembre 2003, n. 26, l’Osservatorio Regionale sui Rifiuti<br />

presso ARPA Lombardia, raccoglie ed elabora i dati relativi alla gestione dei rifiuti in Regione<br />

Lombardia, anche ai fini della valutazione del raggiungimento degli obiettivi di raccolta e recupero, di<br />

cui all’art. 23 della stessa legge.<br />

In particolare, attraverso l’applicativo web ORSO, vengono raccolti i dati relativi a:<br />

a. produzione e gestione dei rifiuti urbani e più in generale all’organizzazione dei servizi di raccolta, costi,<br />

presenza di infrastrutture per la raccolta differenziata, diffusione del compostaggio domestico, pratiche<br />

di acquisti verdi, ecc. (cd “scheda comuni”)<br />

b. quantitativi dei rifiuti ritirati e gestiti dagli impianti di trattamento e altre informazioni connesse, quali<br />

quantitativi di materia, prodotti ed energia recuperata, prezzi di conferimento, ecc. (cd “scheda impianti”)<br />

Sulla base dei dati raccolti, oltre alla divulgazione e diffusione di dati e statistiche relativi alla<br />

produzione e gestione dei rifiuti in Regione Lombardia (grazie all’elaborazione dei dati raccolti con<br />

Orso e dei MUD), viene elaborata la graduatoria di cui all’art. 9 della Legge regionale 12 luglio 2007,<br />

n. 12 e vengono calcolate le percentuali di resa e di recupero degli impianti, ai sensi del Decreto<br />

Direttore Generale 11 novembre 2008, n. 12868.


Dall’analisi dei dati sopra riportati si considera quanto segue:<br />

- la produzione pro-capite di rifiuti urbani, espressa in kg/giorno, è in aumento (+2,4% dal 2009 al<br />

2010), ma in contemporanea si osserva l’aumento della raccolta differenziata (+1,6%).<br />

- Si assiste tuttavia all’incremento, nell’ordine del 0,4% in termini di percentuale su<br />

euro/abitante*anno, del costo procapite dell’intera gestione dei rifiuti.


Si conduce un’indagine relativamente alla rete dei sottoservizi del Comune di Casorezzo, riportando<br />

stralci della cartografia fornita dall’ufficio tecnico comunale.<br />

Figura 61 – Rete approvvigionamento acque; Fonte: Ufficio tecnico comunale


Figura 62 - Rete smaltimento acque ; Fonte: ufficio tecnico comunale


L’ATO promuove e vigila sugli investimenti nel servizio idrico integrato realizzati sul territorio della<br />

Provincia di Milano.<br />

Dal punto di vista dei gestori per singolo servizio emerge quanto segue:<br />

L’agglomerato in cui è ricompreso il Comune di Casorezzo è individuato nella Tavola 01 ATO,<br />

aggiornata al luglio 2008, di cui si riporta uno stralcio:


Figura 63 – individuazione agglomerato (codice: C1.01, Robecco sul Naviglio) per Casorezzo; Fonte: ATO provincia di<br />

Milano


Allo stato di fatto si individua quanto segue:<br />

Dalla tabella sopra riportata si individua per l’anno 2011 un carico massimo di 600.000 AE, pari a un<br />

incremento prestazionale del 254% rispetto all’anno 2005.


Ai sensi del D.Lgs 152/06 e della L.R. 26/2003 le autorizzazioni allo scarico degli insediamenti<br />

produttivi devono essere rilasciate dall’Autorità d’Ambito.<br />

ATO sul proprio sito internet specifica quanto segue:<br />

La Segreteria Tecnica dell’ATO ha pertanto predisposto una procedura operativa al fine di adempiere<br />

correttamente alle funzioni assegnate dalla legge nazionale e regionale nonché al fine di fornire un<br />

miglior servizio ai comuni presenti nell’Ambito nel rispetto delle linee guida emanate allo scopo dalla<br />

Regione Lombardia e in accordo con gli erogatori del Servizio Idrico Integrato.<br />

La procedura messa a punto è un primo step di un lavoro di ricognizione del tessuto industriale e delle<br />

caratteristiche delle acque reflue che porterà anche alla predisposizione di una banca dati degli<br />

insediamenti produttivi e delle caratteristiche delle acque industriali immesse in rete.


Le informazioni disponibili sullo stato e sulle dinamiche ambientali a livello locale sono state<br />

collezionate e messe a sistema per qualificare e, ove possibile, quantificare le principali criticità e<br />

valenze con le quali il nuovo Piano è chiamato a confrontarsi.<br />

L’analisi effettuata nei capitoli precedenti permette di rilevare quali sono le potenzialità e criticità del<br />

territorio Comunale.<br />

Si individuano aree dismesse e/o degradate interessanti il sistema del lavoro, interne al<br />

tessuto urbano consolidato e in prossimità di funzioni diverse (residenziale, servizi ecc..);<br />

Individuazione di talune tratte di percorsi ciclo-pedonali frammentate;<br />

Si individua una vasta porzione di territorio omogenea a vocazione rurale, interessata da<br />

elementi di criticità quali nuove infrastrutture di connessione;<br />

Si individua una vasta porzione di territorio omogenea a vocazione naturalistico –<br />

paesaggistica (prevalentemente agricola), interessata da elementi di criticità quali nuove<br />

infrastrutture di connessione;<br />

Si individuano previsioni localizzative (espansione attività produttive) del passato strumento<br />

urbanistico esterne al tessuto urbano consolidato, limitrofe ad ambiti di elevata naturalità<br />

(PLIS del Roccolo, ambiti agricoli omogenei e diffusi);<br />

Si individua la presenza di strade provinciali (in particolare: SP 128 in direzione nord- sud, e<br />

SP 171 in direzione est-ovest) che attraversano il tessuto urbano consolidato, convergendo<br />

verso il centro storico, e causando problematiche di congestione del traffico veicolare e scarsa<br />

sicurezza per il traffico ciclo-pedonale;<br />

In taluni settori del territorio comunale urbanizzato e consolidato si denota la mancanza di<br />

collegamenti stradali per smistamento del traffico veicolare (ad esempio il settore sud-ovest,<br />

per il quale inoltre la futura circonvallazione esterna all’abitato non prevede nuove opere);<br />

Percezione di pericolo per il traffico ciclo-pedonale in taluni ambiti puntuali (attraversamento<br />

della SP 171 per recarsi al cimitero, transito difficoltoso causa limitato calibro stradale di via<br />

Milano in corrispondenza del muro di cinta di villa Caccia Dominioni ecc..)


Presenza di aree standard non realizzate del PRG, site in aree agro-boschive ai margini del<br />

tessuto urbano consolidato;<br />

Si individuano occasioni di recupero di aree dismesse, per una riqualificazione urbanistica ed<br />

ambientale di puntuali situazioni di degrado in essere;<br />

Possibilità di ridefinire gli spazi e le funzioni pubbliche e di uso pubblico come elementi a<br />

sistema, che interagiscono a differenti livelli con la totalità dei sistemi individuati sul territorio<br />

comunale;<br />

Presenza di elementi di architettura storica e votiva, e di nuclei rurali insediati in zona agricola<br />

da valorizzare con opportune scelte, in ottica di turismo rurale e storico - votivo;<br />

Le previsioni infrastrutturali del PTCP di Milano in adeguamento alla LR12/2005 prevedono il<br />

completamento del sistema infrastrutturale a traffico sovra locale disposto a corona rispetto al<br />

Comune, esterno al tessuto urbano consolidato;<br />

Presenza di nuclei rurali insediati in zona agricola da valorizzare con opportune scelte, in<br />

ottica di turismo rurale;<br />

Presenza di percorsi ciclo-pedonali naturalistici a servizio del sistema della ruralità<br />

Presenza di una vasta porzione di territorio, omogenea e riconoscibile, a vocazione rurale;<br />

Presenza del PLIS del Roccolo;<br />

Opportunità di ampliamento del PLIS del Roccolo fino al limite della circonvallazione prevista;<br />

Opportunità di correlazione – in termini di sistema della ruralità e sistema naturalistico –<br />

paesaggistico, con strumenti urbanistici sovralocali in itinere, quali il redigendo PRCP di<br />

Milano, ad oggi in adeguamento alla L.R. 12/2005

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