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PDF - La dolce vita - minuto per minuto

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articoli e notizie relative al mondo mondano e in particolare cinematografico.<br />

Questo spiega <strong>per</strong>ché ho dedicato buona parte di<br />

questo libro alla descrizione dei film realizzati in quell’epoca, e<br />

alla composizione dei loro cast. Ritengo che non siano inutili, ma<br />

necessari <strong>per</strong> ricordare agli anziani e spiegare ai giovani l’ambiente<br />

in cui non solo gli iniziati, gli addetti ai lavori, ma tutti gli<br />

italiani erano immersi all’epoca. Assistiamo tuttora al successo di<br />

audience realizzato dal Festival della Canzone di Sanremo, dai<br />

Concorsi di Miss Italia, da nuove rubriche tv basate sul sesso in<br />

mancanza di valori morali e di sentimenti, a fiction di livello artistico,<br />

recitativo, culturale grandemente inferiore a quello raggiunto<br />

negli anni 50 dalle più s<strong>per</strong>dute filodrammatiche parrocchiali.<br />

Anni caratterizzati dal grande successo della Domenica<br />

del Corriere, ma anche di Grand Hotel, Sogno e simili.<br />

Ho elencato <strong>per</strong>fino i titoli delle canzoni in voga negli anni 50,<br />

sicuramente ritenute dai giovani su<strong>per</strong>ate, stantie, noiose, ma in<br />

realtà funzionalissime alla rappresentazione di quell’Italia ancora<br />

povera, incolta, semplice, ma ricca di sentimenti e di valori morali,<br />

motivata e determinata a dimenticare gli orrori della guerra e<br />

soprattutto a migliorare economicamente, socialmente, culturalmente.<br />

Tanto che in pochissimi anni, quelli appunto della <strong>dolce</strong><br />

<strong>vita</strong>, lavorò così indefessamente da realizzare un ins<strong>per</strong>ato e strabiliante<br />

miracolo economico.<br />

L’esas<strong>per</strong>ata interpretazione e rappresentazione data da Fellini<br />

di quel mondo visto attraverso l’attività di un cronista intraprendente<br />

e impegnato come ero io, mi condizionò notevolmente<br />

spingendomi a troncare al più presto i rapporti e le frequentazioni<br />

con il mondo del cinema italiano, passato in un decennio dalla<br />

genuinità, semplicità e realtà del neorealismo all’illusione di una<br />

grandeur non più basata sulla creatività, la fantasia, il genio, ma<br />

sull’autoreferenzialità, la presunzione, l’arroganza di un divismo<br />

vuoto, casereccio, fasullo. Bravissimi nel copiare, smitizzare e ridicolizzare<br />

i grandi filoni cinematografici americani - spaghettiwestern,<br />

colossal di cartapesta, versioni alla Franchi e Ingrassia -<br />

, i «divi» nostrani si erano ormai convinti di essere proprio tali.<br />

Non era più il mio mondo.<br />

Il trio di brillanti autori di varietà radiofonico formato da Mario<br />

Bernardini, Massimo Ventriglia e Rosalba Oletta mi chiese di<br />

aprire un cab, come fecero poco dopo Maurizio Costanzo e Pier<br />

Francesco Pingitore. Non accettai <strong>per</strong>ché sono stato sempre contrario<br />

al protagonismo, all’esibizionismo e all’escursionismo in<br />

campi altrui. Ho sempre ritenuto che un giornalista, se è veramente<br />

tale, non deve mai salire sul palcoscenico, deve restare assolutamente<br />

e rigorosamente in platea. Altrimenti, senza che se<br />

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