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Era alta un metro e sessanta, aveva unghie di mani e piedi laccate<br />
con smalto rosso. Al polso destro un orologio d’oro bianco<br />
marca Zeus, accanto un portachiavi, un orecchino con pendaglio<br />
triangolare, il frammento della foto di una donna e un uomo<br />
a braccetto. Alla fine di giugno un medico romano, il dott.<br />
Gasparri, aveva denunciato la scomparsa della propria domestica;<br />
la descrizione combaciava con quella della sconosciuta, la<br />
cui testa non fu mai trovata.<br />
Ma la famiglia Gasparri era partita <strong>per</strong> lunghe ferie e non era<br />
possibile rintracciarla. Si scatenò allora quasi una gara tra la polizia<br />
e i giornalisti alla ricerca di tutte le donne di cui era stata<br />
denunciata la scomparsa. Personalmente in tre casi, di cui uno a<br />
Vasto in Abruzzo, giunsi prima della polizia, ma senza risultato,<br />
trattandosi di <strong>per</strong>sone diverse dalla decapitata. Tornato a Roma<br />
il dott. Gasparri, grazie alle impronte digitali trovate nella sua<br />
abitazione e alle misure fornite dalla sarta, ebbe luogo il riconoscimento:<br />
la morta era Antonietta Longo, di Mascalucia in provincia<br />
di Catania.<br />
Due mesi prima aveva chiesto al dott. Gasparri un mese di ferie,<br />
aveva tolto i propri risparmi dal libretto postale e aveva affidato<br />
due valigie di indumenti al deposito bagagli della Stazione<br />
Termini; il 30 giugno aveva ritirato una lettera al fermo-posta,<br />
la sera dopo era uscita di casa alle 20,30 con un biglietto<br />
ferroviario <strong>per</strong> Mascalucia ma, invece di partire, aveva preso alloggio<br />
in una pensione. Il 5 luglio, presumibilmente il giorno<br />
della morte, aveva imbucato una lettera indirizzata alla sua famiglia<br />
<strong>per</strong> annunciare le imminenti nozze. Ed era sparita. In<br />
quelle settimane di ricerche e indagini frenetiche cominciarono<br />
a circolare inquietanti voci. Si sussurrava che poteva essere<br />
morta in seguito a un malriuscito aborto clandestino, praticato<br />
da <strong>per</strong>sona che ben conosce il corpo umano vista la precisione<br />
della dissezione della testa dal corpo. Testa che, si ipotizzava,<br />
avrebbe potuto essere stata dissolta nell’acido.<br />
Con queste voci nelle orecchie, sempre indagando e cercando<br />
indefessamente, un pomeriggio di quella calda estate entrai in<br />
una palazzina piuttosto signorile <strong>per</strong> l’epoca, nella quale abitava<br />
uno dei sospettati <strong>per</strong> la morte della Longo, ma tutta la famiglia<br />
era in vacanza e mi soffermai a parlare con il portiene intento<br />
a lavare, nel cortile, damigiane prelevate dalla cantina di<br />
quell’appartamento. Per curiosità su quanto avevano contenuto<br />
avvicinai il naso all’imboccatura e <strong>per</strong>cepii certissimo, acre, inconfondibile,<br />
l’odore dell’acido solforico. Ma quali prove avevo,<br />
soprattutto dopo l’accurato lavaggio eseguito dal portiere?<br />
Chi mi avrebbe creduto?<br />
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