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Storia della tradizione teatrale musicale a Jesi - Fondazione Lanari

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23. Dal baratro <strong>della</strong> guerra un nuovo grande fermento<br />

Nel 1943 la guerra era infuocata, le sue sorti oscure, la situazione<br />

terribile; eppure, neanche in quell’anno l’opera mancò dal “Pergolesi”,<br />

con Manon Lescaut, La Bohème e Andrea Chénier in cartellone a fine<br />

giugno. Sulla scena un giovane di prossima gloria internazionale: Mario<br />

Del Monaco. Il successo è pieno, come la voglia di teatro. Il passaggio<br />

drammatico dell’8 settembre è vicino: anche per la Festa e Fiera di<br />

quell’anno, tuttavia, era già prevista la Stagione lirica, con Adriana<br />

Lecouvreur ed Elisir d’amore.<br />

Al dunque, visti gli eventi e il precipitato dell’armistizio, non risulta che<br />

la stagione si fece: ma il fatto stesso che nemmeno in quei frangenti il<br />

Teatro fosse considerato non importante, certo la dice lunga sulla sua<br />

reale “<strong>tradizione</strong>” in quanto a “radicamento”. Solo il tragico 1944 non<br />

lascia traccia a <strong>Jesi</strong> di attività <strong>teatrale</strong> istituzionale, realizzata o almeno<br />

progettata, tranne qualche serata d’intrattenimento destinata alle truppe:<br />

<strong>tradizione</strong> che torna però già da settembre ’45, come la gran voglia di<br />

ricominciare, con Bohème e Rigoletto.<br />

IL NUOVO VOLTO DEL TEATRO LIRICO<br />

Entro la metà del Novecento si compie, a livello di programmazione, la<br />

lunga transizione iniziata nell’ultimo quarto dell’‘800, nel corso <strong>della</strong> cui<br />

parabola lo spettacolo primario dell’anno -l’opera lirica- contrae sempre<br />

più il numero delle serate, giungendo al minimo delle due-tre recite totali<br />

del dopoguerra; in quanto al repertorio, si passa piano piano dal crescente<br />

ritardo fino al vero e proprio scollegamento dalla produzione<br />

contemporanea. Se ancora nel tardo Ottocento lo spettacolo d’opera è<br />

molto popolare perché la proposta è “attuale”, di moda e rispondente alla<br />

sensibilità estetica e comunicativa dei tempi, nel corso dei decenni e con<br />

il procedere del Novecento si cristallizza piuttosto un progressivo<br />

stereotiparsi <strong>della</strong> programmazione, nonostante qualche tentativo<br />

modernizzatore nell’era fascista: come con la Circolare 20.8.1933 <strong>della</strong><br />

Corporazione dello Spettacolo, che nel trattare delle sovvenzioni alle<br />

stagioni liriche considera motivo di esclusione dal contributo il non<br />

rappresentare nella stagione in oggetto “una o più opere nuove per la<br />

città”. C’è anche da dire, in proposito, che la legislazione fascista sul<br />

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