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Storia della tradizione teatrale musicale a Jesi - Fondazione Lanari

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3. Una nuova era <strong>teatrale</strong> per un mondo “nuovo”<br />

Allo svanire per legge <strong>della</strong> “turpe” <strong>tradizione</strong> degli spettacoli profani<br />

nelle chiese, gli autentici stimoli di fede ivi originariamente insiti devono<br />

dunque tornare nell’alveo devoto e puro <strong>della</strong> “preghiera”: com’era<br />

nell’intento tridentino e come la fervida intuizione di un religioso<br />

fiorentino -padre Filippo Neri- riesce a rilanciare efficacemente fin<br />

dall’inizio degli anni ‘70 attraverso la nuova esperienza dell’oratorio (nel<br />

1575 il Papa ne istituzionalizza a Roma la Congregazione, la cui prima<br />

sede periferica è quella di San Severino Marche, fondata nel 1579), che<br />

nelle proprie pratiche religiose –o “esercizi”- recupera l’aspetto ludico<br />

dell’arte e <strong>della</strong> musica per fini di evangelizzazione e di edificazione<br />

morale; mentre il desiderio tutto mondano di quelle esecrate esagerazioni<br />

spettacolari può trovare nuovo agio in quel mondo moralmente<br />

“perduto”, ma ormai ben presente, degli istrioni.<br />

UN PANORAMA COMPOSITO<br />

Come a dire: è più facile pensare che la spinta “<strong>teatrale</strong>” presente nelle<br />

sacre rappresentazioni -dopo il suo esaurirsi come mezzo espressivo per<br />

via del divieto, ma anche forse per un naturale logoramento <strong>della</strong> forma<br />

stessa- confluisca nell’alveo preesistente dello spettacolo profano,<br />

piuttosto che credere all’invenzione dal nulla di qualcosa che dovesse<br />

sostituire, nell’uso rituale e sociale <strong>della</strong> comunità, ciò che era stato<br />

proibito dalla legge. Un mondo certamente “nuovo”, dal punto di vista<br />

dell’espressività <strong>teatrale</strong>, che inizia timidamente a “laicizzarsi”: anche<br />

nell’ambito dello spettacolo istituzionale, così come lentamente si sta<br />

cercando di fare nella cultura e nella società.<br />

Forse è un caso fortuito –ma ci piace comunque ricordarlo, anche come<br />

indizio del “nuovo” percepito e ispirato dallo spirito dell’epoca- che<br />

proprio “Il mondo nuovo” è il titolo di un poema storico del 1596, che<br />

dopo un secolo dagli eventi per primo pone in versi le gesta di Cristoforo<br />

Colombo: l’opera, in ottava rima, è del letterato jesino Giovanni Giorgini<br />

(1535-1606), erudito di ampia preparazione e studi superiori compiuti a<br />

Macerata, il quale sin dal 1580 animò la cultura a <strong>Jesi</strong> tenendo per oltre<br />

vent’anni la cattedra di filosofia istituita dal Comune. Un panorama, che<br />

sembra però mancare di un’istituzionalizzata espressività “alta”, accanto<br />

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