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Il V postulato di Euclide - IIS-Newton

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GIAN PIETRO CHIARO<br />

<strong>Il</strong> V <strong>postulato</strong> <strong>di</strong> <strong>Euclide</strong><br />

D O M U S E S T U B I C U M Q U E B E N E E S T<br />

2005


IL V° POSTULATO DI EUCLIDE<br />

<strong>di</strong> Gian Pietro Chiaro©2005<br />

Proemium ad lectorem<br />

In questo poche pagine cercherò <strong>di</strong> analizzare l’importanza del V° <strong>postulato</strong> del I° libro degli<br />

Elementi <strong>di</strong> <strong>Euclide</strong>, visto che su <strong>di</strong> esso è costruita gran parte della nostra geometria, detta per<br />

questo fatto euclidea. In sintesi, facendo uso del linguaggio moderno, esso tratta dell’esistenza e<br />

dell’unicità <strong>di</strong> una retta parallela ad una retta data, passante per un punto fuori <strong>di</strong> essa. Per molto<br />

tempo si cercò <strong>di</strong> <strong>di</strong>mostrare che il V° <strong>postulato</strong> è una conseguenza degli altri asserti fondamentali,<br />

ma soltanto duemila anni dopo si è <strong>di</strong>mostrato che esso è in<strong>di</strong>pendente da essi: cambiandone<br />

l’enunciato si cambia tipo <strong>di</strong> geometria, anche se gran parte delle costruzioni fatte continua a valere.<br />

Accennerò poi alle cosiddette geometrie non-euclidee (<strong>di</strong> Riemann 1 e <strong>di</strong> Lobačevskij 2 ) ed alcune<br />

loro importanti ricadute nel concetto <strong>di</strong> spazio-tempo, che ha portato Einstein 3 a formulare la sua<br />

nota Teoria della Relatività Generale.<br />

La questione del parallelismo tra rette è uno dei pochi problemi matematici significativi che siano<br />

accessibili anche a non iniziati. L’apparente semplicità del problema è in realtà contraddetta<br />

dall’evidenza dei fatti: ogni <strong>di</strong>mostrazione, che sembra ad<strong>di</strong>rittura non dover richiedere molto<br />

impegno per una soluzione, si <strong>di</strong>mostra sempre vana. Infatti, sono innumerevoli i tentativi <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>mostrazione, fatti da matematici <strong>di</strong> tutte le epoche e <strong>di</strong> tutte le nazionalità, per dare una<br />

consistenza logica a quella che si doveva ritenere una necessità 4 . Ma in che termini si può<br />

ricondurre la questione? È importante anzitutto riportare fedelmente la def. XXXIII ed il <strong>postulato</strong><br />

V del I° libro degli Elementi <strong>di</strong> <strong>Euclide</strong> 5 :<br />

def. XXIII Parallele sono quelle rette che, essendo nello stesso piano e venendo prolungate<br />

illimitatamente dall’una o dall’altra parte, non si incontrano fra loro da nessuna<br />

delle due parti.<br />

post. V [Sia <strong>postulato</strong>] che, se una retta venendo a cadere su due rette forma gli angoli<br />

interni e dalla stessa parte minori <strong>di</strong> due retti, le due rette prolungate<br />

illimitatamente verranno ad incontrarsi da quella parte in cui sono gli angoli<br />

minori <strong>di</strong> due retti.<br />

1<br />

Bernhard Riemann (1826 – 1866), tedesco, uno dei maggiori e più originali matematici moderni.<br />

2<br />

Nicolas Ivanovich Lobačevskij (1793 – 1856), matematico russo.<br />

3<br />

Albert Einstein (1879 - 1955), grande fisico-matematico tedesco, naturalizzato americano a causa delle persecuzioni<br />

razziali nella Germania <strong>di</strong> Hitler.<br />

4<br />

Nel libro “Mutamenti del pensiero matematico” <strong>di</strong> Herbert Meschkowski (Boringhieri), si legge a pag.32: “Nell’anno<br />

1763, G.S.Klügel, un allievo <strong>di</strong> Kaestner, ha raccolto nella sua tesi i tentativi <strong>di</strong> <strong>di</strong>mostrazione del qui to <strong>postulato</strong> a lui<br />

accessibili (ottantadue!), e ha <strong>di</strong>mostrato che essi sono tutti inadeguati. Nel migliore dei casi, essi sostituiscono il<br />

<strong>postulato</strong> con un assioma equivalente”.<br />

5<br />

Cfr. “Gli Elementi <strong>di</strong> <strong>Euclide</strong>”, a cura <strong>di</strong> A.Frajese e L.Maccioni, (UTET).<br />

2


c<br />

<br />

Riferendosi al V° <strong>postulato</strong>, così scrive il Saccheri 6 :<br />

<br />

Figura 1 – il V° <strong>postulato</strong> <strong>di</strong> <strong>Euclide</strong><br />

<br />

! P : P = a ∩ b<br />

“Del resto non vi è nessuno che dubiti della verità dell’enunciato opposto; ma in<br />

questo soltanto accusano <strong>Euclide</strong> <strong>di</strong> essersi, cioè, servito del nome Assioma, quasi<br />

appunto [come se] dai soli termini attentamente esaminati desse la certezza a sé<br />

stesso.” 7<br />

Ma perché viene mossa questa accusa ad <strong>Euclide</strong>? Proclo 8 , nel commentare il V° <strong>postulato</strong><br />

usa dei termini ancora più forti del Saccheri stesso, e nel contempo più illuminanti e dotati <strong>di</strong><br />

straor<strong>di</strong>naria ricchezza e modernità 9 :<br />

“Anche questo deve essere assolutamente cancellato dai postulati; perchè è un teorema<br />

che presenta molta <strong>di</strong>fficoltà, le quali Tolomeo 10 ha cercato <strong>di</strong> risolvere in un suo libro,<br />

e che richiede, per la <strong>di</strong>mostrazione, molti definizioni e teoremi. […] Ora il fatto che le<br />

rette convergono col <strong>di</strong>minuire degli angoli retti è vero e necessario: ma il fatto che,<br />

convergendo sempre <strong>di</strong> più, nel prolungarsi si incontrino, è probabile, ma non<br />

necessario, a meno che non ci sia un ragionamento che <strong>di</strong>mostri che il fatto è vero per<br />

le linee rette. Che esistano effettivamente delle linee convergenti all’infinito, ma<br />

asintote, per quanto il fatto sembri incre<strong>di</strong>bile o paradossale tuttavia è vero, ed è stato<br />

constato in altre specie <strong>di</strong> linee. Non sarà dunque mai possibile per le linee rette ciò<br />

che lo è per quelle linee? Perché fino a che non ne saremo convinti da una<br />

<strong>di</strong>mostrazione, il fatto che questa proprietà si mostri in altre linee attrae<br />

l’immaginazione; che se poi le ragioni che contestano l’incontro fossero<br />

impressionanti, come non respingeremmo a maggior ragione questo fatto, probabile sì,<br />

ma irrazionale, dalla nostra dottrina?”<br />

Dunque il V° <strong>postulato</strong> stabilisce un metodo per riconoscere se due rette sono parallele,<br />

riconducendo le operazioni <strong>di</strong> controllo “al finito”. Ed è proprio qui la questione: non viene<br />

contestata la vali<strong>di</strong>tà del contenuto dell’affermazione <strong>di</strong> <strong>Euclide</strong>, ma solo il nome <strong>di</strong> assioma 11 . In<br />

6 Girolamo Saccheri (1667-1733), gesuita, insegnante <strong>di</strong> matematica in vari collegi del suo or<strong>di</strong>ne in Italia; nel 1733<br />

cercò <strong>di</strong> <strong>di</strong>mostrare, senza riuscirvi, il V° <strong>postulato</strong>, in quanto usufruì <strong>di</strong> un elemento intuitivo che equivaleva al<br />

<strong>postulato</strong> delle parallele. Ve<strong>di</strong> appen<strong>di</strong>ce III.<br />

7 Cfr. G.Saccheri, “Evclides ab omni nævo vin<strong>di</strong>catus” (<strong>Euclide</strong> liberato da ogni macchia), Milano 1733.<br />

8 Proclo (410-485), filosofo neoplatonico, autore del “Commento al I° libro degli Elementi <strong>di</strong> <strong>Euclide</strong>”<br />

9 Cfr. Proclo, “Commento al I° libro degli Elementi <strong>di</strong> <strong>Euclide</strong>”, Pisa 1978, pagg. 164-165.<br />

10 Tolomeo <strong>di</strong> Alessandria (I° secolo d.C.), matematico ed astronomo greco, autore del libro “Sintassi Matematica”.<br />

11 L’assioma (dal greco “<strong>di</strong>gnità”) è un principio generale evidente ed in<strong>di</strong>mostrabile, che può fare da premessa<br />

ad una teoria. In <strong>Euclide</strong>, il primo ad avere consapevolezza della necessità <strong>di</strong> ammettere esplicitamente un gruppo <strong>di</strong><br />

P<br />

<br />

a<br />

b<br />

3


verità, fin dai tempi <strong>di</strong> <strong>Euclide</strong> il <strong>di</strong>battito sull’argomento fu acceso. Per tentare <strong>di</strong> porre fine alla<br />

questione si seguirono nel corso dei secoli due vie 12 . Molti tentarono <strong>di</strong> sostituire il V° <strong>postulato</strong><br />

con un altro equivalente, ma <strong>di</strong> contenuto più intuitivo ed imme<strong>di</strong>ato; altri invece cercarono <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>mostrarlo, sulla base dei precedenti postulati. Delle informazioni preziose su entrambi gli<br />

atteggiamenti ci vengono fornite da Proclo nelle pagine de<strong>di</strong>cate al commento della:<br />

prop. XXIX Una retta che cada su rette parallele forma gli angoli alterni uguali fra loro,<br />

l’angolo esterno uguale all’angolo interno ed opposto, ed angoli interni dalla<br />

stessa parte la cui somma è uguale a due retti.<br />

c<br />

<br />

<br />

Riferendosi al V° <strong>postulato</strong> Proclo <strong>di</strong>ce:<br />

P<br />

Figura 2 – proposizione XXIX<br />

“Ma come sarebbe in<strong>di</strong>mostrabile una proposizione la cui inversa è registrata fra i<br />

teoremi come <strong>di</strong>mostrabile? Infatti il teorema che due angoli interni <strong>di</strong> ogni triangolo,<br />

comunque presi, sono minori <strong>di</strong> due angoli retti, è l’ inversa <strong>di</strong> questo <strong>postulato</strong>”,<br />

riprendendo concetti già espressi in precedenza, e portando una nuova motivazione al proprio<br />

convincimento. In effetti si può notare una certa <strong>di</strong>pendenza implicita tra gli enunciati delle<br />

proposizioni: uno è inverso dell’altro, che a sua volta rappresenta un corollario <strong>di</strong> un’altra, e così<br />

via. Per convincersene, basta osservare che la<br />

prop. XVIII In ogni triangolo la somma <strong>di</strong> due angoli presi è minore <strong>di</strong> due retti.<br />

<br />

è proprio l’inversa del V° <strong>postulato</strong>. D’altra parte la prop. XXIX è l’inversa della prop. XXVII, e<br />

la prop. XXVII è <strong>di</strong>mostrata me<strong>di</strong>ante la prop. XVI, <strong>di</strong> cui la prop. XVII è un corollario: visti gli<br />

strettissimi rapporti delle proposizioni citate, non appare del tutto fuori luogo la domanda <strong>di</strong> Proclo.<br />

regole non <strong>di</strong>mostrate, il termine <strong>postulato</strong> è specifico della geometria, mentre con assioma si in<strong>di</strong>ca una proprietà non<br />

<strong>di</strong>mostrata che riguarda però tutte le <strong>di</strong>scipline come, ad esempio: “il tutto è maggiore della parte”.<br />

12 Nel numero 17 della rivista “Le Scienze” (Gennaio 1970) è stato pubblicato un articolo del filosofo ungherese della<br />

matematica Imre Tòth (1921 - ), dal titolo “La geometria non euclidea prima <strong>di</strong> <strong>Euclide</strong>” in cui l’autore, partendo da<br />

un’accurata analisi <strong>di</strong> alcuni passi tratti dalle opere <strong>di</strong> Aristotele, avanza l’ipotesi che ci sia stato un approccio noneuclideo<br />

al problema delle parallele, da parte <strong>di</strong> matematici anteriori ad <strong>Euclide</strong> stesso. In particolare egli riscontra che:<br />

“Una stessa conclusione falsa può derivare da parecchie ipotesi. Per esempio, che due rette si incontrino, e nel caso che<br />

l’angolo interno sia maggiore del corrispondente angolo esterno, e nel caso in cui la somma degli angoli [interni] <strong>di</strong> un<br />

triangolo sia maggiore <strong>di</strong> due retti”.<br />

<br />

b<br />

a<br />

a || b <br />

4


A<br />

<br />

Per completezza è bene riportare anche le<br />

prop. XVI In ogni triangolo, se si prolunga uno dei lati, l’angolo esterno è maggiore <strong>di</strong><br />

ciascuno dei due angoli interni ed opposti.<br />

prop. XVII Se una retta che venga a cadere su altre due rette forma gli angoli alterni uguali<br />

fra loro, le due rette saranno fra loro parallele.<br />

c<br />

<br />

<br />

B<br />

<br />

Più avanti nella sua analisi, Proclo riporta per esteso la <strong>di</strong>mostrazione me<strong>di</strong>ante una riduzione<br />

all’assurdo del V° <strong>postulato</strong> effettuata da Tolomeo, sfruttando il concetto <strong>di</strong> rette asintoto. Egli<br />

procede poi in una critica serrata della <strong>di</strong>mostrazione <strong>di</strong> Tolomeo, mettendo in luce i lati deboli del<br />

<strong>postulato</strong>, offrendo nel contempo una propria <strong>di</strong>mostrazione. Quest’ultima si basa su un assioma già<br />

utilizzato da Aristotele per <strong>di</strong>mostrare che “il cosmo è limitato”:<br />

“Se due rette partenti da un punto e formanti un angolo, sono prolungate all’infinito,<br />

l’intervallo <strong>di</strong> esse, aumentando all’infinito, supera ogni grandezza finita” 13<br />

<strong>Il</strong> ragionamento fatto da Aristotele è il seguente 14 :<br />

“… che il corpo mosso <strong>di</strong> moto circolare sia <strong>di</strong> necessità perfettamente finito, appare<br />

evidente da quel che segue. Se ciò che si muove in circolo è infinito, saranno infinite<br />

13 L’inciso è il ragionamento <strong>di</strong> Proclo.<br />

14 Cfr. “De cælo”, 271 b 28 – 272 a 7.<br />

Figura 4 – proposizione XVII<br />

’<br />

'<br />

C<br />

Figura 3 – proposizioni XVIII e XVI<br />

P<br />

<br />

b<br />

a<br />

D<br />

AB || CD ', '.<br />

''<br />

'' <br />

a || b <br />

5


anche le linee che partono dal centro. Ma le linee infinite anche intervalli infiniti: e<br />

<strong>di</strong>co intervallo fra le linee quello al <strong>di</strong> là del quale non è dato assumere un intervallo<br />

maggiore <strong>di</strong> quello dato, per modo che, come noi <strong>di</strong>ciamo infinito il numero in quanto<br />

non c’è numero massimo, la medesima ragione vale anche per l’intervallo. Se dunque<br />

l’infinito non si può percorrere tutto, ed essendo infinito, anche l’intervallo è<br />

necessariamente infinito, ne consegue che esso non può muoversi in circolo. Ma noi<br />

ve<strong>di</strong>amo che il ciclo si volge in un circolo e col ragionamento siamo giunti a stabilire<br />

che vi è un corpo cui è proprio il moto circolare… ”<br />

Utilizzando l’assioma sopra citato, Proclo <strong>di</strong>mostra dapprima che, se una retta taglia una <strong>di</strong> due<br />

rette parallele, allora taglia anche l’altra, e ricava poi il V° <strong>postulato</strong> come conseguenza. La<br />

proprietà <strong>di</strong> passaggio <strong>di</strong>mostrata da Proclo verrà utilizzata come assioma nel 1769 da Joseph Fenn<br />

nella forma:<br />

“Due rette incidenti non possono essere entrambe parallele ad una terza retta”<br />

mentre la formulazione a noi familiare del V° <strong>postulato</strong> è nota come assioma <strong>di</strong> Playfair (1795):<br />

“Attraverso un dato punto P non sulla retta l, esiste soltanto un retta nel piano <strong>di</strong> P ed l<br />

che non incontra l” 15<br />

Non si trova enunciata da <strong>Euclide</strong> questa proposizione, anche se essa è imme<strong>di</strong>atamente deducibile<br />

dalla 16 :<br />

prop. XXX Rette parallele ad una stessa retta sono parallele tra loro.<br />

Della questione si occupa invece Proclo in una minuziosa analisi delle propp. XXX e XXXI:<br />

Proprio a proposito <strong>di</strong> quest’ultima (con la quale <strong>Euclide</strong> insegna a costruire una parallela ad una<br />

retta data 17 ), <strong>di</strong>ce tra l’altro:<br />

15 M.Kline, “Mathematical thought from ancient to modern times”, OUP 1972, pag. 865.<br />

16 Ve<strong>di</strong> i commenti <strong>di</strong> A.Frajese a pagg.123-126 negli “Elementi”, UTET<br />

17 Ve<strong>di</strong> Appen<strong>di</strong>ce II per l’enunciato della prop. XXXI.<br />

P<br />

Figura 5 – V° <strong>postulato</strong> <strong>di</strong> <strong>Euclide</strong><br />

Figura 6 – proposizione XXX<br />

l’<br />

<br />

<br />

l<br />

l’<br />

l’’<br />

l<br />

! l’ : l ∩ l’ = Ø<br />

l || l’, l’’ || l ’ l || l’’<br />

6


“[…] in effetti, se per uno stesso punto fossero condotte due parallele alla stessa retta,<br />

sarebbero anche parallele tra loro, ma s’incontrerebbero al punto dato; il che è<br />

impossibile […]”.<br />

Si <strong>di</strong>ceva che l’analisi <strong>di</strong> Proclo è molto minuziosa, quasi pedante, tanto da indurre lo stesso ad una<br />

sorta <strong>di</strong> giustificazione <strong>di</strong> fronte al lettore. Scrive così Proclo 18 :<br />

“[…] era necessario segnalare questi fatti a causa delle <strong>di</strong>fficoltà sollevate dai sofisti e<br />

delle tendenze alle giovanili contestazioni degli studenti: perché molte persone si<br />

compiacciono d’imbattersi in pretesi paralogismi e <strong>di</strong> infliggere ai dotti un rompicapo<br />

inutile […]”<br />

Una definizione <strong>di</strong> parallela, <strong>di</strong>versa da quella <strong>di</strong> <strong>Euclide</strong>, viene attribuita da Proclo a Posidonio 19 :<br />

“Posidonio <strong>di</strong>ce che le parallele sono quelle che né si incontrano né si allontanano in<br />

uno stesso piano, ma hanno uguali tutte le perpen<strong>di</strong>colari condotte dai punti <strong>di</strong> una<br />

sull’altra”<br />

p<br />

E subito aggiunge:<br />

“Ora tutte le rette che facciano queste perpen<strong>di</strong>colari sempre più piccole, s’incontrano<br />

tra loro; perché la perpen<strong>di</strong>colare può determinare le altezze delle aree e le <strong>di</strong>stanze<br />

delle linee; perciò se sono uguali le perpen<strong>di</strong>colari, sono uguali le <strong>di</strong>stanze fra le due<br />

rette; e se le perpen<strong>di</strong>colari <strong>di</strong>ventano più gran<strong>di</strong> o più piccole, la <strong>di</strong>stanza cresce o<br />

<strong>di</strong>minuisce, e le rette si incontrano tra loro dalla parte dove le perpen<strong>di</strong>colari<br />

<strong>di</strong>minuiscono […]”<br />

Limitatamente agli scopi prefissati, non può mancare qui un accenno alla somma degli angoli<br />

interni <strong>di</strong> un triangolo. <strong>Il</strong> commento <strong>di</strong> Proclo alla prop. XXXII è lunghissimo: basterà riportarne<br />

solo la parte finale:<br />

“[…] e infine vi <strong>di</strong>rò ancora una cosa, che il fatto <strong>di</strong> avere gli angoli interni uguali a<br />

due a due retti è una proprietà del triangolo in quanto tale; ed è perciò che Aristotele<br />

lo cita come esempio nei suoi trattati apo<strong>di</strong>ttici, quando considera ciò che è, in sé e per<br />

sé, ogni oggetto 20 . Allora, come ad ogni figura appartiene, come primaria e peculiare<br />

proprietà, il fatto <strong>di</strong> essere delimitata, così ad ogni triangolo rettilineo, e non ad ogni<br />

figura, appartiene la proprietà <strong>di</strong> avere gli angoli interni eguali a due retti. E sembra<br />

che la verità <strong>di</strong> questo teorema coincida con le nozioni comuni. Se infatti immaginiamo<br />

una linea retta e due linee rette tali che, poste ai suoi estremi ad angolo retto,<br />

18 Commento alla prop. XXX<br />

19 Posidonio (II° - I° sec. A.C.)<br />

20 Aristotele, “Secon<strong>di</strong> Analitici”, 73 b 25 e seguenti<br />

p’<br />

<br />

Figura 7 – definizione <strong>di</strong> parallela <strong>di</strong> Posidonio<br />

l || l’ p = p’ p, p’ l , l’<br />

l<br />

l’<br />

7


s’inclinano poi una verso l’altra simultaneamente per generare un triangolo, ve<strong>di</strong>amo<br />

che, <strong>di</strong> quanto s’inclinano, <strong>di</strong> altrettanto <strong>di</strong>minuiscono gli angoli retti che esse<br />

formavano con la retta; cosicché aggiungendo nella misura della loro inclinazione<br />

verso il vertice tanto quanto hanno tolto da quegli angoli retti, necessariamente esse<br />

vengono a formare i tre angoli uguali a due retti”.<br />

Ma il seme da cui nasceranno le geometrie non-euclidee lo gettò Saccheri, quando tentò la riduzione<br />

all’assurdo della necessità <strong>di</strong> adottare il <strong>postulato</strong> della parallela 21 . Le geometrie non-euclidee non<br />

riconoscono infatti il V° <strong>postulato</strong> <strong>di</strong> <strong>Euclide</strong>, ed in particolare tale sconfessione può riguardare<br />

l’esistenza o l’unicità della retta parallela. Comunque, la piena consapevolezza delle conseguenze<br />

della negazione del V° <strong>postulato</strong> <strong>di</strong> <strong>Euclide</strong> si ebbe nel XIX° secolo, da parte <strong>di</strong> Riemann, Bolyai e<br />

soprattutto Lobačevskij. Si suole allora sostituire al V° <strong>postulato</strong> i seguenti:<br />

post. V1 Non esiste alcuna retta passante per un punto esterno ad una retta data e parallela<br />

a questa. (Riemann)<br />

post. V2 Esistono due <strong>di</strong>verse rette passanti per un punto esterno ad una retta data e<br />

parallela a questa. (Bolyai - Lobačevskij)<br />

Verso la prima metà dell’ottocento, il giovane matematico tedesco B. Riemann costruì un modello<br />

<strong>di</strong> geometria non euclidea, sostituendo al V° <strong>postulato</strong> il <strong>postulato</strong> V1. Egli assunse come enti<br />

primitivi della sua geometria:<br />

I <strong>Il</strong> piano costituito da una qualunque superficie sferica .<br />

II <strong>Il</strong> punto costituito da una qualunque coppia <strong>di</strong> punti (A0,A1), ottenuti come<br />

intersezione <strong>di</strong> un <strong>di</strong>ametro <strong>di</strong> con la superficie sferica .<br />

III La retta costituita da un qualunque circolo massimo <strong>di</strong> .<br />

Mostriamo la non contrad<strong>di</strong>ttorietà <strong>di</strong> questa geometria, cioè che non possano coesistere una<br />

proposizione e la sua negazione tra le conseguenze degli assiomi adottati, con ovviamente il V°<br />

mo<strong>di</strong>ficato:<br />

post. I Per due punti del piano passa un'unica retta.<br />

post. II Per un punto del piano passano infinite rette.<br />

post. V1 Non esiste alcuna retta passante per un punto esterno ad una retta data e parallela<br />

a questa<br />

<strong>Il</strong> primo è indubitabile, considerando il fatto che esiste un’unica circonferenza passante per<br />

quattro punti A0, A1, B0, B1 della superficie sferica .<br />

21 Ve<strong>di</strong> Appen<strong>di</strong>ce III.<br />

A0<br />

<br />

A1<br />

Figura 8 – Sfera <strong>di</strong> Riemann<br />

<br />

8


A0<br />

<strong>Il</strong> secondo è altrettanto evidente, dato che esistono infinite circonferenze n passanti<br />

per due punti A0, A1 della superficie sferica .<br />

<strong>Il</strong> terzo è invece la necessaria mo<strong>di</strong>fica da apportare al corpus assiomatico dato che sulla sfera <br />

non esiste alcun circolo massimo p passante per due punti A0, A1 della superficie sferica e<br />

parallela ad una data circonferenza . Infatti ogni retta p passante per il punto P (caratterizzato<br />

dalla coppia <strong>di</strong> punti A0, A1 della superficie sferica ) interseca la retta sempre nel punto P’<br />

(caratterizzato dalla coppia <strong>di</strong> punti B0, B1 della superficie sferica ) <strong>di</strong>verso da P, quin<strong>di</strong> essa non<br />

potrà mai essere parallela a .<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

A0<br />

B0<br />

B0<br />

A0<br />

Figura 10 – <strong>postulato</strong> II<br />

Figura 11 – <strong>postulato</strong> V 1<br />

L’altra geometria non-euclidea che pren<strong>di</strong>amo in considerazione fu elaborata dall’ungherese Bolyai<br />

e dal russo Lobačevskij, quasi contemporaneamente ma in<strong>di</strong>pendentemente tra loro, nel 1829. Essi<br />

sostituirono al V° <strong>postulato</strong> il <strong>postulato</strong> V2. Essi assunsero come enti primitivi:<br />

B1<br />

Figura 9 – <strong>postulato</strong> I<br />

n<br />

A1<br />

A1<br />

A1<br />

B1<br />

p<br />

<br />

<br />

<br />

9


I <strong>Il</strong> piano costituito da una qualunque cerchio 22 . (Piano <strong>di</strong> Klein 23 )<br />

II <strong>Il</strong> punto costituito da una qualunque punto interno al cerchio . (Punto <strong>di</strong> Klein)<br />

III La retta costituita da un qualunque corda del cerchio , estremi esclusi. (retta <strong>di</strong><br />

Klein)<br />

Due rette <strong>di</strong> Klein sono incidenti se si intersecano in un punto <strong>di</strong> Klein, cioè si<br />

intersecano in un punto interno e non sul bordo <strong>di</strong> . Due rette <strong>di</strong> Klein sono parallele se si<br />

intersecano in un punto del bordo <strong>di</strong> .<br />

Vogliamo far vedere la non contrad<strong>di</strong>ttorietà anche <strong>di</strong> questa geometria, cioè che anche in essa<br />

valgono i postulati della geometria euclidea, tranne il V°.<br />

post. I Per due punti del piano passa un'unica retta.<br />

post. II Per un punto del piano passano infinite rette.<br />

post. V2 Esistono due rette passanti per un punto esterno ad una retta data e parallela a<br />

questa.<br />

I primi due sono evidentemente verificati. È il terzo che invece <strong>di</strong>versifica questa geometria da<br />

quella euclidea, infatti, fissata una retta <strong>di</strong> Klein ed un punto <strong>di</strong> Klein P fuori da questa, esistono<br />

due <strong>di</strong>stinte rette <strong>di</strong> Klein passanti per P e parallele a : esse sono le due corde passanti per P<br />

e per gli estremi A∞,B∞ della corda .<br />

A∞<br />

A<br />

C<br />

Figura 12 – postulati I e II<br />

P<br />

<br />

<br />

Figura 13 – <strong>postulato</strong> V 2<br />

22 Cerchio, cioè l’insieme dei punti interni alla circonferenza , bordo escluso.<br />

23 Felix Klein (1849 – 1925), matematico tedesco; si deve a lui l’introduzione dei termini ellitica (Riemanniana) ed<br />

iperbolica (Lobačevskijana ) per <strong>di</strong>versificare le geometrie non-euclidee da quella euclidea.<br />

B<br />

<br />

<br />

B∞<br />

10


Da quanto detto, le geometrie non-euclidee hanno in comune con la geometria euclidea molti asserti<br />

e teoremi, ma non quelli che <strong>di</strong>pendono dal V° <strong>postulato</strong> <strong>di</strong> <strong>Euclide</strong>, come ad esempio la prop.<br />

XXXII 24 . Entrambe queste geometrie permettono <strong>di</strong> costruire modelli alternativi della realtà,<br />

proprio a causa della <strong>di</strong>versa definizione <strong>di</strong> retta e piano, con ricadute molto importanti. Così,<br />

nell’esperienza quoti<strong>di</strong>ana, cioè nella fisica delle piccole <strong>di</strong>stanze (che potremmo sintetizzare con<br />

l’intervallo <strong>di</strong> sensibilità dal millimetro al chilometro), il modello geometrico <strong>di</strong> riferimento, cioè la<br />

schematizzazione che risulta più idonea a rappresentare la realtà, è sicuramente quello euclideo. Ma<br />

non appena cominciamo a considerare gran<strong>di</strong> <strong>di</strong>stanze 25 , e vogliamo ad esempio misurare la somma<br />

delle ampiezze dei tre angoli interni ad un triangolo geodetico 26 , bisogna ricorrere alla geometria <strong>di</strong><br />

Riemann. Per un tale triangolo costruito sulla superficie sferica, si ha che la somma delle ampiezze<br />

dei suoi angoli interni è superiore a 180° a causa dei suoi lati “curvi”.<br />

A<br />

C<br />

<br />

<br />

Figura 14 – Triangolo ellittico<br />

<strong>Il</strong> modello geometrico <strong>di</strong> Lobačevskij è invece usato nella cosiddetta fisica delle particelle. La<br />

superficie che meglio si adatta alla geometria <strong>di</strong> Lobačevskij è quella iperbolica, detta anche<br />

superficie a sella, dove le rette sono le curve geodetiche della superficie curva.<br />

24 Vedere Appen<strong>di</strong>ce II.<br />

25 Non occorre che siano <strong>di</strong>stanze astronomiche: bastano anche <strong>di</strong>stanze sufficientemente gran<strong>di</strong> sulla superficie<br />

terrestre (curve geodetiche). Per definizione, si intende per geodetica la linea più breve sulla superficie considerata che<br />

unisce due punti della superficie stessa. Ad esempio un meri<strong>di</strong>ano terrestre è una geodetica della Terra.<br />

26 Cioè <strong>di</strong> un triangolo i cui lati sono curve geodetiche, ovvero archi <strong>di</strong> circonferenze massime della terra.<br />

B<br />

Figura 15 – superficie a sella<br />

<br />

11


Se consideriamo un triangolo ABC costruito su <strong>di</strong> essa, con lati curvilinei (perché archi <strong>di</strong><br />

geodetiche), la somma sei suoi angoli interni è inferiore a 180°.<br />

A<br />

<br />

<br />

B<br />

Ecco che allora, nella geometria <strong>di</strong> Riemann la somma degli angoli interni <strong>di</strong> un triangolo è<br />

superiore a 180°, mentre in quella <strong>di</strong> Lobačevskij la somma è minore <strong>di</strong> 180°, cioè entrambe<br />

contrad<strong>di</strong>cono la prop. XXXII del I° libro degli Elementi <strong>di</strong> <strong>Euclide</strong>, in cui si afferma che la<br />

somma degli angoli interni <strong>di</strong> un triangolo è 180°. Per questo motivo la geometria <strong>di</strong> Riemann si<br />

<strong>di</strong>ce ellittica, o curvatura positiva, mentre la geometria <strong>di</strong> Lobačevskij si <strong>di</strong>ce iperbolica, o<br />

curvatura negativa.<br />

<strong>Il</strong> vero trionfo delle geometrie non-euclidee ebbe luogo con i nuovi modelli della realtà, proposti<br />

dalla “Teoria della Relatività Generale” 27 . Ogni pianeta in orbita intorno al Sole descrive un’orbita<br />

ellittica, <strong>di</strong> cui il Sole è un fuoco 28 . Ma intorno alla metà del XIX° secolo si scoprì che il perielio 29<br />

dell’orbita <strong>di</strong> Mercurio non rimane fisso nel tempo, ma si sposta costantemente in avanti, per cui<br />

l’orbita ellittica ruota molto lentamente, in un movimento <strong>di</strong> precessione 30 . Questo fenomeno fu<br />

attribuito al fatto che, oltre al Sole, anche gli altri pianeti del sistema solare esercitano su Mercurio<br />

un influenza attrattiva non trascurabile. L’entità della precessione misurata però non concordava per<br />

43 secon<strong>di</strong> d’arco per secolo con quella calcolata usando un modello geometrico euclideo. Per<br />

questo motivo gli astronomi dell’epoca ipotizzarono la presenza <strong>di</strong> un pianeta nascosto che<br />

ricercarono inutilmente per molto tempo. Invece, nella sua Teoria della Relatività Generale,<br />

Einstein attribuì il fenomeno alla curvatura dello spazio-tempo 31 . Egli spiegò che le leggi della fisica<br />

27 Pubblicata da A. Einstein in una serie <strong>di</strong> articoli intorno al 1915, a seguito della critica mossa da E. Mach (1836 –<br />

1916 filosofo della scienza francese) alla sua celebre “Teoria della relatività speciale” del 1905. In questa nuova<br />

Teoria egli estese il primo <strong>postulato</strong> della relatività ristretta (che sancisce l’equivalenza delle leggi della fisica in tutti i<br />

sistemi inerziali, cioè in sistemi che si spostano <strong>di</strong> moto rettilineo uniforme gli uni rispetto gli altri) anche a sistemi <strong>di</strong><br />

riferimento qualsiasi, quin<strong>di</strong> pure non inerziali, in modo tale che l’accelerazione così come la velocità assumesse un<br />

carattere relativo e non assoluto. Non rimaneggiò invece il secondo <strong>postulato</strong> (che ratifica la costanza della velocità c<br />

della luce in tutti i sistemi <strong>di</strong> riferimento) in modo tale che la velocità della luce si può considerare la velocità-limite che<br />

può assumere un corpo in movimento. Sancì inoltre la <strong>di</strong>latazione gravitazionale del tempo, ossia lo spostamento verso<br />

il rosso (red-shift) della luce proveniente da una Stella e la deviazione che un raggio luminoso subisce nell’attraversare<br />

un campo gravitazionale. È in questo contesto che si è sviluppata tutta la fisica <strong>di</strong> quest’ultimo secolo.<br />

28 Secondo la prima legge <strong>di</strong> J.Keplero (1571 – 1630), astronomo e matematico tedesco.<br />

29 È il punto più vicino al Sole nell’orbita che un corpo descrive intorno ad esso.<br />

30 Fenomeno per cui i punti equinoziali (punti in cui il Sole si trova esattamente sull’equatore; ciò accade due volte<br />

l’anno: il 21 Marzo e 23 Settembre) descrivono tutta l’orbita eclittica, cioè la traiettoria apparentemente circolare<br />

percorsa dal Sole in un anno, in circa 26000 anni. Questa orbita presenta un caratteristico aspetto a “rodonea”, cioè a<br />

curva piana a petali, detta anche rosa proprio per la somiglianza del suo grafico con questo fiore.<br />

31 Egli spiegò che questa curvatura è legata alla <strong>di</strong>stribuzione delle masse nello spazio, la gravitazione incurva così lo<br />

spazio-tempo. Un suggestivo esempio <strong>di</strong> quanto succede si può ottenere pensando alla luce come una pallina che<br />

percorre un piano elastico deformato dalla presenza <strong>di</strong> masse (i pianeti e le stelle). Per determinare quale tipo <strong>di</strong><br />

geometria descriva correttamente l’Universo dovremmo misurarne la curvatura, legata alla velocità con cui L’Universo<br />

<br />

C<br />

Figura 17 – triangolo iperbolico<br />

12


classica rimanevano valide per pianeti più lenti, mentre andava applicata la correzione relativistica<br />

all’orbita <strong>di</strong> Mercurio, pianeta dotato <strong>di</strong> velocità orbitale piuttosto elevata visto la sua vicinanza al<br />

Sole. L’accordo del valore misurato con quello previsto dalla sua Teoria sancì il primo grande<br />

successo <strong>di</strong> questa Teoria. Egli previde inoltre che la luce si comporti come un corpo dotato <strong>di</strong><br />

massa propria, cosicché, quando essa passa attraverso un campo gravitazionale tende a deviare il<br />

suo percorso sotto l’azione della forza che genera il campo. La traiettoria del cammino ottico<br />

<strong>di</strong>venta un arco <strong>di</strong> geodetica su una superficie fatta a sella piuttosto che rettilinea in uno spazio<br />

euclideo.<br />

Stella 1 Stella 2<br />

Angolo<br />

Terra<br />

Stella 1<br />

Pos. apparente<br />

P’<br />

P<br />

Luna in eclissi<br />

Stella 1<br />

Pos. effettiva<br />

Sole<br />

Terra<br />

Sole<br />

Stella 2<br />

Figura 16 – deviazione della luce<br />

Stella 1<br />

Pos. apparente<br />

Angolo apparente<br />

Angolo apparente<br />

Luna in eclissi<br />

Stella 1<br />

Pos. effettiva<br />

Tale curvatura è stata misurata sperimentalmente per la prima volta nel 1919 in occasione <strong>di</strong> una<br />

eclissi solare, osservando la posizione <strong>di</strong> una stella quando i suoi raggi passavano in prossimità del<br />

sole. Per effetto <strong>di</strong> questa deviazione, la posizione della stella ad un osservatore sulla terra appare in<br />

P’ anziché in P, posizione reale del corpo celeste, in<strong>di</strong>viduata in un altro momento, quando il sole,<br />

spostandosi dalla ideale congiungente la terra con la stella nel suo movimento <strong>di</strong> rivoluzione, non ha<br />

più una <strong>di</strong>retta influenza sul cammino ottico.<br />

è in espansione a causa del Big-Bang. In base ai dati oggi <strong>di</strong>sponibili sembra che l’Universo sia <strong>di</strong> tipo iperbolico: la sua<br />

espansione non dovrebbe mai avere fine. Solo se si dovesse trovare la “massa mancante” (circa sette volte quella <strong>di</strong><br />

tutte le galassie) si potrebbe <strong>di</strong>re che l’universo è chiuso, riconducibile dunque ad un Universo “pulsante”, che a<br />

seguito <strong>di</strong> una espansione, ha poi una contrazione e così via, all’infinito. Ma l’Universo, così come lo conosciamo, è<br />

finito o infinito? Se la curvatura è positiva lo spazio è chiuso, come quello <strong>di</strong> una sfera, e dunque esso sarebbe finito. Se<br />

la sua curvatura è negativa, lo spazio è aperto come quello <strong>di</strong> una sella, dunque l’Universo, secondo i dati attualmente in<br />

nostro possesso, è infinito.<br />

Sole<br />

Terra<br />

Terra<br />

Stella 2<br />

13


È interessante notare che, quando facciamo tendere a zero l’area <strong>di</strong> un triangolo iperbolico, si<br />

riottene l’usuale triangolo con angoli interni pari ad un angolo piatto. Questo succede perché questo<br />

triangolo a lati “dritti” verrebbe costruito sul piano tangente la sella, il quale è sicuramente<br />

“piatto” 32 .<br />

A<br />

Figura 18 – ingran<strong>di</strong>mento sul piano tangente<br />

La stesso proce<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> passaggio al limite può essere adottato anche al caso <strong>di</strong> un triangolo<br />

geodetico su una superficie <strong>di</strong> Riemann: facendo tendere a zero la sua area si riottene un triangolo a<br />

lati “dritti”.<br />

Possiamo allora ritenere che il modello geometrico usuale, cioè quello euclideo, sia una caso<br />

particolare della geometria ellittica od iperbolica, ottenuto da un passaggio al limite? Che in questo<br />

centri per caso il V° <strong>postulato</strong>? Al lettore la <strong>di</strong>mostrazione.<br />

32 Lo stesso fenomeno si può descrivere con questa semplice esperienza: come può accorgersi un abitante della Terra<br />

che essa è una superficie curva? Bisogna aumentare sensibilmente l’altezza del suo punto <strong>di</strong> osservazione, salendo per<br />

esempio sulla vetta <strong>di</strong> una montagna, perché possa accorgersi che l’orizzonte non è una linea retta, ma una curva.<br />

Dunque egli può ritenere la terra, in prima approssimazione, localmente piatta. Non me ne voglia Cristoforo Colombo!<br />

C<br />

B<br />

14


Enunciati alternativi del V° <strong>postulato</strong> 33 :<br />

APPENDICE I<br />

1. Esiste un triangolo i cui angoli formano due retti. (Legendre 34 )<br />

2. Data una qualsiasi figura, ne esiste una ad essa simile e <strong>di</strong> grandezza arbitraria. (Wallis 35 ,<br />

Carnot 36 , Laplace 37 )<br />

3. Si può sempre tracciare per un punto interno ad un angolo minore <strong>di</strong> ⅔ <strong>di</strong> un angolo retto una<br />

linea retta che intersechi entrambi i lati dell’angolo. (Legendre)<br />

4. Ogni retta passante per un punto interno ad un angolo interseca almeno un lato dell’angolo.<br />

5. “Se potessi <strong>di</strong>mostrare che esiste un triangolo rettilineo avente l’area maggiore <strong>di</strong> qualsiasi<br />

valore dato. Sarei in grado <strong>di</strong> <strong>di</strong>mostrare in modo perfettamente rigoroso l’intera geometria”<br />

(Gauss 38 in una lettera a W.Belyai, 1799)<br />

6. Non esiste alcun triangolo in cui ogni angolo sia piccolo a piacere. (Worpitzky)<br />

7. Se in un quadrilatero tre angoli sono retti, anche il quarto è retto. (Clairaut 39 , 1741)<br />

8. Se due rette sono parallele, allora esse sono simmetriche rispetto al punto me<strong>di</strong>o <strong>di</strong> ogni loro<br />

trasversale. (Veronese 40 , 1904)<br />

9. Due rette parallele intercettano, su ogni trasversale passante per il punto me<strong>di</strong>o <strong>di</strong> un segmento<br />

compreso fra esse, un altro segmento il cui punto me<strong>di</strong>o coincide con il punto me<strong>di</strong>o dell’altro.<br />

(Ingrami, 1904)<br />

10. Gli angoli interni da una stessa parte formati da due rette parallele con una trasversale sono<br />

supplementari.<br />

11. Una retta che interseca un’altra retta interseca tutte le parallele ad essa.<br />

12. Due rette parallele ad una terza sono parallele fra loro (prop. Transitiva del parallelismo).<br />

13. Due parallele hanno <strong>di</strong>stanza costante.<br />

14. Per tre punti non allineati <strong>di</strong> un piano passa una ed una sola circonferenza.<br />

15. La somma degli angoli interni <strong>di</strong> un triangolo è un angolo piatto.<br />

33 Tratti da “Euclid’s Elements, translated with introduction and commentary”, T.L.Heath, Dover 1956, vol 1, pag. 220<br />

34 Adrien Marie Legendre, (1752 – 1833), matematico francese.<br />

35 John Wallis (1616 – 1703), matematico, grammatico ed ecclesiastico inglese.<br />

36 Lazare Nicolas Carnot (1753 – 1823), generale, matematico francese, padre del fisico Sa<strong>di</strong> Carnot.<br />

37 Pierre Simon Laplace (1749 – 1827), matematico ed astronomo francese.<br />

38 Karl Federich Gauss (1777 – 1855), matematico tedesco, considerato il “re” dei matematici.<br />

39 Alexis Claude Clairaut (1713 – 1765), precoce matematico francese.<br />

40 Giuseppe Veronese (1854 – 1917), docente <strong>di</strong> geometria all’Università <strong>di</strong> Padova.<br />

15


Costruzione <strong>di</strong> una parallela ad una retta data.<br />

prop. XXXI Costruzione <strong>di</strong> una parallela ad una retta data passante per un punto.<br />

Siano A il punto e BC la retta assegnati.<br />

È richiesta la costruzione della retta EF, parallela<br />

a BC, passante per A.<br />

APPENDICE II<br />

Consideriamo un qualsiasi punto D della retta BC e<br />

congiungiamolo ad A.<br />

Costruiamo l’angolo DAE uguale all’angolo ADC<br />

sul segmento DA.<br />

Costruiamo poi la semiretta AF congiunta ad AE in<br />

A ed allineata con AE.<br />

B D C<br />

Dato che il segmento AD produce sulle rette BC ed ED angoli alterni interni EAD e<br />

ADC uguali, segue che EF è parallelo a BC per la prop. XVII. ▀<br />

Questa originale costruzione <strong>di</strong> <strong>Euclide</strong> è frequentemente usata nel resto del I° libro a cominciare<br />

dalla proposizione seguente:<br />

prop. XXXII La somma degli angoli interni ad un triangolo è un angolo piatto.<br />

Dimostrazione:<br />

A<br />

<br />

B<br />

<br />

'<br />

'<br />

<br />

Mandata la semiretta CD parallelamente al segmento AB, col proce<strong>di</strong>mento usato<br />

nella prop. XXXI, si viene a costruire un angolo piatto, composto dagli angoli , 'e<br />

'. A causa del parallelismo <strong>di</strong> CD con AB, succede che<br />

' (perché AB || CD), ' (perché alterni interni)<br />

Allora, dato che ''= 180° si trae la conclusione. ▀<br />

La prop. XXXI è sovente usata anche nei libri II, IV, VI, XI, XII, e XIII. Curiosamente questa<br />

stessa costruzione funziona anche in geometria iperbolica, sebbene <strong>di</strong>fferenti parallele per A siano<br />

costruite per <strong>di</strong>fferenti punti D.<br />

C<br />

E A F<br />

D<br />

16


Note sulla vita e le opere <strong>di</strong> G.Saccheri.<br />

APPENDICE III<br />

Nell’anno della sua morte, il 1733, egli <strong>di</strong>ede alle stampe il suo famoso libro “<strong>Euclide</strong>s ab omni<br />

nævo vin<strong>di</strong>catus” in cui si sforzava <strong>di</strong> <strong>di</strong>mostrare il <strong>postulato</strong> delle parallele con un ragionamento<br />

molto sofisticato. Venuto a conoscenza degli sforzi del matematico arabo Nasir Ed<strong>di</strong>n per<br />

<strong>di</strong>mostrare il <strong>postulato</strong> quasi cinquecento anni prima, decise <strong>di</strong> applicare a tale problema la reductio<br />

ad absurdum. Egli partiva da un quadrilatero isoscele birettangolare, oggi noto col nome <strong>di</strong><br />

“quadrilatero <strong>di</strong> Saccheri”, avente i lati AD e BC uguali tra loro, ed entrambi perpen<strong>di</strong>colari alla<br />

base AB.<br />

D N<br />

C<br />

= =<br />

90° 90°<br />

A M B<br />

Figura 19 – quadrilatero <strong>di</strong> Saccheri<br />

Senza usare il V° <strong>postulato</strong> <strong>di</strong>mostrava dapprima che l’asse MN della base inferiore risulta anche<br />

asse della base superiore, poi che gli angoli superiori Ĉ e Ď erano uguali e che per essi si potevano<br />

avanzare tre ipotesi, da lui espresse come:<br />

[a] angolo acuto,<br />

[r] angolo retto,<br />

[o] angolo ottuso.<br />

Mostrando che le ipotesi [a] e [o] conducono ad un assurdo, egli riteneva con un ragionamento<br />

in<strong>di</strong>retto <strong>di</strong> avere <strong>di</strong>mostrato l’ipotesi [r] come conseguenza necessaria degli altri postulati <strong>di</strong><br />

<strong>Euclide</strong>, <strong>di</strong>versi dal V°. Sappiamo oggi che egli aveva involontariamente costruito una geometria<br />

non-euclidea perfettamente coerente. Ma siccome egli era intimamente convinto che l’unica valida<br />

geometria fosse quella euclidea, non si accorse della scoperta, anzi, con un ragionamento contorto,<br />

giunse ottusamente a credere che anche l’ipotesi [r] conducesse ad un assurdo. Pertanto si lasciò<br />

sfuggire il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> reclamare a sé il vanto <strong>di</strong> quella che sarebbe stata senza dubbio la scoperta più<br />

notevole del XVIII° secolo: la geometria non-euclidea, vanto che fu poi <strong>di</strong> Riemann, Bolyai e<br />

Lobačevskij circa un secolo dopo.<br />

17


H. Meschkowski “Mutamenti del pensiero matematico” Boringhieri<br />

A.Frajese , L.Maccioni “Gli Elementi <strong>di</strong> <strong>Euclide</strong>” UTET<br />

BIBLIOGRAFIA<br />

G.Saccheri “Evclides ab omni nævo vin<strong>di</strong>catus” Frammenti in internet<br />

Proclo “Commento al I° libro degli Elementi <strong>di</strong><br />

<strong>Euclide</strong>”<br />

Pisa 1978<br />

I. Tòth “La geometria non euclidea prima <strong>di</strong> articolo da“Le Scienze”<br />

<strong>Euclide</strong>”<br />

Gennaio 1970<br />

Aristotele “De cælo” SEI<br />

M.Kline “Mathematical thought from ancient to<br />

modern times”<br />

OUP<br />

T.L.Heath “The thirteen books of Euclid's Elements<br />

translated from the text of Heiberg with<br />

Dover Publ. 1956<br />

introduction and commentary”<br />

Sito internet<br />

http://www.perseus.tufts.edu<br />

C.B.Boyer “Storia della matematica” Oscar Stu<strong>di</strong>o Mondatori<br />

I.Ghersi “Matematica <strong>di</strong>lettevole e curiosa” Hoepli<br />

J.D.Wilson, A.J.Buffa “Fisica – percorsi e metodo” – voll 2,3 Principato<br />

C.Mirra “Geometria – con esercizi e problemi per<br />

le Scuole Me<strong>di</strong>e Superiori”<br />

Trevisini E<strong>di</strong>tore Milano<br />

Dichiarazione <strong>di</strong> saccheggio<br />

Poco, assai poco possiamo aggiungere ad un deliberato saccheggio con copiature profonde dei<br />

lavori insigni dei maestri <strong>di</strong> scienza. Offro queste mie pagine ai miei allievi perché dalla mia umile<br />

parola possano risalire ai maestri citati, un po’ come “…salire sulle spalle <strong>di</strong> giganti…”<br />

18

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