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Relazione - Parco Nazionale dell'Aspromonte

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Ente <strong>Parco</strong> <strong>Nazionale</strong> dell’Aspromonte - Ufficio di Piano<br />

Martora Martes martes<br />

Questa specie sembra abbastanza diffusa nella fascia di montagna dove si rinviene principalmente nelle<br />

aree forestate che predilige. La Martora è una predatore assai efficiente dello scoiattolo. Non è facile<br />

distinguere le tracce di Martora e Faina, altro mustelide assai simile di taglia, più opportunista, e che può<br />

frequentare anche margini di bosco.<br />

Faina Martes foina<br />

La Faina è ben diffusa in tutta l’area del <strong>Parco</strong> e facilmente avvistabile. Comune è trovare esemplari morti,<br />

spesso sulla strada. Più frequente alle fasce altitudinali più basse, frequenta sia ambienti coltivati e<br />

insediamenti umani (è comune trovarne le tracce nelle soffitte) che incolti e macchie.<br />

Puzzola Mustela putorius<br />

La presenza di questa specie dovrebbe essere certa ma non esistono ritrovamenti recenti certi. D’altra parte<br />

la specie è piuttosto elusiva, sebbene sia favorita dalla vicinanza discreta dell’uomo, che le fornisce cibo e<br />

riparo. La sua presenza è quindi probabilmente maggiore accanto a caseggiati o edifici abbandonati ,<br />

preferibilmente in presenza di corsi d’acqua, e inferiore nelle zone più isolate e aride del <strong>Parco</strong>.<br />

Donnola Mustela nivalis<br />

La sua presenza nell’area è certa ma non esistono rilievi recenti. La dieta strettamente carnivora di questo<br />

mustelide fa ritenere che la sua consistenza sia strettamente legata a quella delle sue principali prede, i<br />

piccoli roditori. Rinvenire tracce di questa specie non è facile, anche perchè durante l’inverno scava<br />

gallerie sotto la neve.<br />

Gatto selvatico Felis silvestris<br />

L’area del <strong>Parco</strong> presenta in molte aree le caratteristiche descritte come ottimali per la presenza del gatto<br />

selvatico: boschi estesi, affioramenti rocciosi, pareti impervie, presenza di corsi d’acqua. Tra i diversi<br />

ambienti del <strong>Parco</strong>, il gatto selvatico potrebbe raggiungere densità ottimali, che non sono comunque mai<br />

alte, nei boschi (faggeta, querceta, nei boschi misti sia termofili che mesofili) mentre il lecceto puro o i<br />

boschi di aghifoglie, pur essendo frequentati, rivestono probabilmente un ruolo più marginale.<br />

Cinghiale Sus scrofa<br />

Il cinghiale, di cui sono stati effettuati negli ultimi anni ripopolamenti anche nelle aree del <strong>Parco</strong>, è<br />

presente diffusamente nell’area del <strong>Parco</strong> e non solo alle quote inferiori. Dai querceti e lecceti, infatti,<br />

questi animali si spingono fino all’interno dei boschi mesofili di quota. Si ritiene probabile che il<br />

ripopolamento del cinghiale sia stata una delle cause che ha favorito la ricolonizzazione dell’Aspromonte<br />

da parte del Lupo.<br />

Nell’Allegato 4 sono riportati gli strumenti legislativi di protezione a livello internazionale e i livelli di<br />

minaccia delle specie di mammiferi presenti nel <strong>Parco</strong>. Per questi ultimi sono indicati sia i livelli IUCN<br />

riportati nel recentissimo “The Atlas of European Mammals” (Mitchell-Jones et al., 1999) che quelli<br />

indicati nel “Libro Rosso degli animali d’Italia - Vertebrati” (Bulgarini et al. 1998) che, utilizzando<br />

comunque le categorie IUCN, forniscono una stima più mirata della situazione delle popolazioni italiane.<br />

Si nota così come le due specie di Lepus non considerate nelle normative se non come parte di Lepus<br />

capensis, siano nel territorio nazionale da considerarsi “in pericolo critico” e il driomio presente nelle<br />

regioni meridionali (Dryomys nitedula aspromontis) non considerato dall’IUCN venga invece registrato<br />

come “in pericolo”.<br />

7.4.3. IL LUPO (CANIS LUPUS)<br />

Sebbene anche in Italia, come nel resto d’Europa, la caccia e la deforestazione facessero sentire<br />

pesantemente i propri effetti, tuttavia ancora all’inizio di questo secolo il Lupo era presente in tutte le zone<br />

collinari e montane dell’Appennino e, anche se con pochi esemplari, nelle Alpi, (Cagnolaro et al., 1994)<br />

dove si estinse negli anni venti (Brunetti, 1984), e in Sicilia dove l’ultimo esemplare fu ucciso al Bosco<br />

della Ficuzza nel 1935 (Sarà, 1998).<br />

L’erosione della popolazione proseguì in maniera rapida fino agli anni settanta quando la popolazione<br />

italiana, ridotta a pochi ed isolati nuclei localizzati nelle regioni centromeridionali, era stimata in non più<br />

di 100 esemplari (cfr. Ghigi, 1911, Cagnolaro et al., 1974; Zimen & Boitani, 1975).<br />

Negli anni ottanta si assiste ad una inversione di tendenza con una sensibile ripresa demografica e una<br />

espansione dell’areale che ha portato alla ricolonizzazione dell’Appennino dalle propaggini più<br />

meridionali dell’Aspromonte fino alle Alpi occidentali e i primi contrafforti montagnosi francesi del<br />

Mercantour e nel confine svizzero. Protezione legale della specie, campagne di sensibilizzazione<br />

<strong>Relazione</strong> Piano del <strong>Parco</strong> – gennaio 2007 Pagina 148

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