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Relazione - Parco Nazionale dell'Aspromonte

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Ente <strong>Parco</strong> <strong>Nazionale</strong> dell’Aspromonte - Ufficio di Piano<br />

dell’Appennino meridionale), ma l’eccesso di pascolo porta all’assenza di rinnovamento del sottobosco,<br />

soprattutto se alla pratica del pascolo si sovrappone quella della “pulizia del sottobosco” da parte degli<br />

operai forestali. E’ consigliabile piuttosto il contingentamento o la turnazione, concentrando il pascolo in<br />

certe aree in periodi di cinque/dieci anni, consentendo il rinnovamento ed il riassetto nelle altre.<br />

Nell’orizzonte delle sclerofille (leccio, sughera, querce sempreverdi in generale) va posta particolare<br />

attenzione al recupero del suolo e della qualità degli elementi arborei, quasi sempre di pessima qualità ed<br />

età scarsa, almeno per ottenere un recupero dell’avifauna spontanea di pregio, grossi Falconidi, rapaci<br />

notturni, dei ripari per Vespertilionidi, in generale dello spessore dello strato corticale, essenziale per<br />

dendrofili grandi e piccoli (gechi, coleotteri Tenebrionidi). Il suolo, spesso ridotto alla sola frazione dello<br />

scheletro lapideo, può riacquistare ritenuta idrica per accumulo di sostanza organica in decomposizione ed<br />

in tal modo recuperare il ruolo di riparo per molte specie che in esso trovano l’habitat o siti per la<br />

deposizione delle uova e la nidificazione (testuggini, termiti, avifauna insettivora).<br />

I rimboschimenti vanno distinti in base all’essenza usata. Sono poco favorevoli alla biodiversità animale<br />

autoctona o di pregio quelli ad eucalipto, ampiamente tollerabili quelli con essenze spontanee locali o<br />

affini (es.: pino calabro), da verificare ma comunque interessanti gli interventi basati su legname di pregio<br />

come noce, ciliegio, etc., aventi generalmente influsso benefico o indifferente sulla fauna, sfavorevoli a<br />

fauna saproxilofaga, fillofaga ed avifauna quelli con conifere esotiche o a “rapido accrescimento”. Va in<br />

ogni caso tenuto presente che una densità eccessiva dell’impianto è dannosa alla fauna, per l’eccesso di<br />

ombreggiamento e la conseguente mancanza di rugiada, l’impoverimento delle potenzialità di<br />

nidificazione dell’avifauna, il monotrofismo della lettiera, la totale assenza di sottobosco e di biomasse<br />

legnose disponibili.<br />

Pascoli<br />

Pascoli ed aree arbustive costituiscono una delle fisionomie di ecosistema dominanti nel paesaggio del<br />

<strong>Parco</strong>. Ai fini della fauna va ricordato che nei pascoli e nelle formazioni aperte in generale si concentrano<br />

specie e comunità di origine antropozoogena, di minor pregio ai fini della conservazione della biodiversità.<br />

E’ però importante distinguere, anche in questo caso, fra pascoli montani di altitudine, generalmente più<br />

ricchi e connessi a successioni ecologiche naturali dell’area, dove si possono addensare non poche specie<br />

tipiche o addirittura endemiche, come la farfalla Parnassius apollo, legata alle crassulacee delle scarpate<br />

detritiche umide, e i pascoli di media o bassa altitudine, in particolare su suoli argillosi, in fase di soliflusso<br />

od erosione, dove il pregio faunistico è da considerarsi pressoché nullo, in quanto la comunità insediata è<br />

quella tipica dei vertisuoli. Anche in questo orizzonte più basso è però utile riconoscere comunità<br />

potenzialmente seminaturali da quelle più fortemente antropizzate, garighe e pascoli pulvinati ad Armeria<br />

potrebbero essere fra gli habitat più meritevoli di attenzione, una riprova faunistica potrebbe essere la loro<br />

ricchezza in specie spontanee di avifauna ed entomofauna, per esempio Passeriformi Alaudidi ed Insetti<br />

Ortotteri, ma allo stato attuale mancano studi in loco.<br />

Tra i fattori gestionali più importanti vanno ricordati ancora il pascolo, il ripristino del coltivo e l’incendio.<br />

Paradossalmente, pascolo ed incendio sembrano creare le condizioni per una certa continuità di specie rare<br />

o interessanti di avifauna, come dimostrato da studi recenti in area mediterranea e in particolare nel <strong>Parco</strong><br />

del Pollino (Brandmayr et al., 2002). Fra pascolo ed incendio è comunque da preferire il primo, in quanto<br />

la pratica dell’incendio, molto usata dai pastori in tutto il Mediterraneo, porta con il tempo ad un estremo<br />

impoverimento del suolo. L’eccesso di pascolo è comunque un fattore negativo, soprattutto perché elimina<br />

una parte della flora spontanea e di conseguenza una frazione non piccola dell’entomofauna, in particolare<br />

lepidotteri. Anche nei pascoli è dunque consigliabile un rinnovo delle risorse, basato su turnazione e<br />

confronto di particelle a diverso impatto, per ottimizzare l’uso del suolo e massimizzare la resa zootecnica<br />

dell’allevamento, inteso come estensivo. Sono da evitare in ogni caso quegli eccessi che portano ed<br />

erosione e soliflusso, situazioni spesso irreversibili che portano ad assetti e paesaggi prossimi alla<br />

desertificazione, particolarmente frequenti nella fascia costiera ed estremamente depauperati dal punto di<br />

vista faunistico.<br />

Anche una tendenza al rimboschimento forzato che non tenga conto delle specificità vocazionali del sito è<br />

negativa per l’habitat del pascolo, che risente di ombreggiamenti e piantumazioni non in linea con le<br />

successioni ecologiche. In tal caso la situazione può essere mitigata dal diradamento di<br />

rimboschimenti/selvagioni troppo fitti e dall’uso controllato di pascolo ovino o bovino.<br />

<strong>Relazione</strong> Piano del <strong>Parco</strong> – gennaio 2007 Pagina 314

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