Impaginato 2007 - Comune di Monza

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San Giovanni, la croce di Agilulfo e la corona votiva di Teodolinda vengono esposti sull’altare maggiore, dopo il restauro del maestro di oreficeria Antellotto Bracciforte di Piacenza, voluto dall’Arcivescovo di Milano Giovanni Visconti. Questi, in occasione della restituzione del Tesoro, dona alla chiesa di San Giovanni un calice d’argento di gran peso e altri arredi sacri. Sotto un baldacchino, attorniato da alcuni ecclesiastici, l’artefice del ritorno del Tesoro siede su una marmorea sedia arcivescovile vicino al fratello Luchino, Signore di Milano, di Monza e di tutta la Longobardia. L’insegna del biscione visconteo e alcuni “homini d’arme” del Magnifico Signore ne annunciano la numerosa e ricca corte. Intanto il popolo presente all’importante evento cittadino esulta festoso, producendosi in danze, canti, piccoli scherzi e in travestimenti di animali fantastici per spaventare, divertire e stupire. Anche i ceti più umili partecipano ai festeggiamenti, per cercare di dimenticare le frustrazioni quotidiane causate dalle carestie e dalle guerre. – 21 – Ghi Meregalli
Lo spettacolo in piazza Duomo Un Tesoro conteso tra il Bene e il Male Una principessa dai biondi lunghi capelli, proveniente dal nord, per diventare la Regina di un popolo, o meglio di due popoli che convivono, uno che segue la Legge Longobarda, l’altro la Legge Romana, fa edificare una Basilica presso il suo palazzo, posto in un piccolo borgo ai limiti della pianura di mezzo, là dove terminano le nebbie e il clima è più salubre. Dona alla Basilica tante ricchezze, compreso un favoloso Tesoro con corone, calici, croci e parecchi altri oggetti finemente lavorati con molte pietre preziose. Sembrerebbe l’inizio di un racconto di fantasia, invece si tratta di una realtà storica che ha per ambientazione la nostra città. Le corone sono ovviamente regali: del re, della regina, dell’erede al trono e la più preziosa, quella utilizzata per le incoronazioni, è anche la più enigmatica e leggendaria, in quanto si dice che contenga del ferro ricavato da un chiodo della crocifissione di Cristo. Così pure una delle preziose croci contiene una porzione del legno usato sul Golgota. L’intero popolo difende e venera il Tesoro e le sacre reliquie della Passione. I Canonici della Basilica lo custodiscono gelosamente in luoghi sicuri e segreti, ma spesso i detentori del potere temporale con metodi autoritari se ne impadroniscono per darlo in pegno, a fronte di eccezionali prestiti in monete d’oro. I Canonici, stanchi di queste indebite appropriazioni e per evitare peggiore sorte durante i saccheggi e le distruzioni a seguito degli assedi al Borgo, affidano a quattro uomini “giusti” i pezzi più preziosi del Tesoro, affinché lo nascondano in un luogo ignoto. I quattro si riuniscono in gran segreto una notte, prendono il Tesoro, si recano in un posto isolato, scavano una buca e vi interrano tutti i preziosi e sacri oggetti. Poi ognuno di loro parte per quattro diverse strade, tenendo ognuno per sè la destinazione finale e con la promessa di non rivelare ad alcuno il nascondiglio del Tesoro, salvo che in pericolo di morte, a persona in grado di mantenere lo stesso vincolo sotto giuramento. Ma ecco che le Forze del Male fanno credere ad uno di loro di esser giunto ai suoi ultimi respiri. Costui rivela il segreto ad un religioso, che non si comporta da timorato di Dio. Con la complicità di alcuni borghigiani traditori, il Tesoro viene tratto dal nascondiglio, trasportato e nascosto dove nessuno mai sospetterebbe: nel palazzo dove il Papa ha stabilito la sua nuova sede lontano da – 22 –
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