Moretti paper - Scuola Superiore di Studi Storici, Geografici ...

ajnavgkh kai; oJ misqo;~ tou` a[llw~ ti h] wJ~ sunhnevcqh xuggravyai ajph`n, «poiché entrambi,
scrivendo quando già Alessandro era morto, non erano costretti né per necessità né per
profitto a descrivere gli avvenimenti in modo diverso da come erano avvenuti» 13 .
Sembra, dunque, opportuno ritenere che Aristobulo abbia messo mano alla sua opera in un
momento successivo alla spedizione in Asia, anche se non si può escludere che già in
precedenza egli avesse preso appunti o elaborato alcuni capitoli, attività di cui l’aneddoto
riportato da Luciano, se veritiero, potrebbe essere testimonianza 14 .
Non ci sono pervenuti né il titolo né indicazioni circa l’estensione dell’opera storica di
Aristobulo, che doveva essere incentrata sul regno di Alessandro e sulla sua spedizione dalla
Macedonia, passando per la Grecia, fino all’Indo. La maggior parte dei frammenti presenta
descrizioni di luoghi o città visitate dal re macedone, anche se Aristobulo viene citato anche
per dati relativi a caduti in battaglia, o ad eventi militari. Dei 63 frammenti raccolti da Jacoby,
solo i primi tre fanno riferimento al periodo precedente l’attraversamento dell’Ellesponto,
periodo durante il quale Alessandro si dedicò alla preparazione della spedizione ed anche alla
normalizzazione della situazione in Macedonia e in Grecia, dove, in seguito alla morte di
Filippo II (336 a.C.), si erano creati disordini.
Si è scelto di proporre, come esempio del lavoro che si sta portando avanti, l’analisi di un
frammento relativo proprio a questa prima fase del regno di Alessandro, perché è indicativo
delle problematiche connesse allo studio della storiografia greca in frammenti, e nello stesso
tempo dimostra l’importanza di Aristobulo e degli storici di Alessandro per la ricostruzione
del periodo che va dalla morte di Filippo II all’età dei diadochi.
• FGrHist 139 F3 – L’aneddoto di Demostene
(1 b) PLUT., Dem. 23, 4-6: εὐθὺς δ᾽ ὁ ᾽Αλέξανδρος ἐξήιτει πέµπων τῶν δηµαγωγῶν δέκα µέν, ὡς
᾽Ιδοµενεὺς (III) καὶ ∆οῦρις (76 F 39) εἰρήκασιν, ὀκτὼ δ᾽, ὡς οἱ πλεῖστοι καὶ δοκιµώτατοι τῶν
13
ARR., An. pro. 2.
14
Cfr. P. BRUNT, Notes on Aristobulus of Cassandria, in «CQ» XXIV, 1974, p. 65: «I abstain from conjectures on the
exact time when Aristobulus wrote, or on the relation of his work to Ptolemy’s, but there can be no doubt that in its final
and published form it was composed long after the events recounted, and that Aristobulus must have depend on his
personal and perhaps dim recollections, or on notes he had made at the time, or on the writings of others, or on
combination of these sources»; Canfora propone, sulla scia di Nissen (cfr. F.H. NISSEN, Uber die Abfassungzeit von
Arrians Anabasis, in «RhM» 43, 1888, p. 242), che Luciano abbia scritto prima di Arriano, e per questo abbia ignorato
la precisazione sulla datazione dell’opera di Aristobulo (cfr. CANFORA, Teorie e tecnica della storiografia classica, cit.,
pp. 29-30). Non si può tuttavia, secondo Canfora e altri, escludere l’ipotesi che Luciano abbia voluto utilizzare
l’aneddoto pur essendo consapevole della sua infondatezza, in quanto utile ad esemplificare la tesi da lui esposta (cfr.
CANFORA, Teorie e tecnica della storiografia classica, cit., p. 30, nota 44; p. 50, nota 21; MACLEOD, Lucian: A
selection, cit., pp. 285; 293; AMBAGLIO, Luciano e la storiografia greca tràdita per citazioni, cit., che presenta
un’analisi delle citazioni di altri storici presenti in Luciano; in particolare, cfr. p. 135).
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