Sergio Santarnecchi HEIDEGGER 1. La vita Martin ... - Russell Newton
Sergio Santarnecchi HEIDEGGER 1. La vita Martin ... - Russell Newton
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<strong>Sergio</strong> <strong>Santarnecchi</strong><br />
L’essere non ricorda nulla e per questo il nulla appartiene all’essere. Perciò noi<br />
temiamo il nulla, in quanto esperienza, non tanto del nulla stesso, come ancora si<br />
sosteneva in precedenza, ma dell’inusualità dell’essere, della sua inaccessibilità: per<br />
conoscerlo sarebbe necessario uscire da ogni assuefazione. Ma dal momento che ciò è<br />
impossibile, perché siamo enti tra enti, circondati dagli enti e non possiamo uscire da<br />
noi stessi, “l’Essere stesso deve estrometterci dall’ente, sgomentare noi che, nell’ente,<br />
ne siamo assediati, sottraendoci a questo assedio” (DE 464). Questa sottrazione ci<br />
porta di fronte alla verità, oltre gli ideali, le finalità, gli auspici, le rassegnazioni.<br />
Questa sottrazione è l’evento: il darsi dell’essere, il costituirsi dell’essere che nello<br />
stesso tempo ci costituisce, come esserci, nella nostra autenticità. Infatti, il rapporto tra<br />
essere ed esserci non è un rapporto di pura passività, ma un reciproco relazionarsi e<br />
costituirsi. “L’Essere ha bisogno dell’uomo per essere essenzialmente e l’uomo<br />
appartiene all’Essere per compiere la sua estrema determinazione in quanto esserci”<br />
(DE255).<br />
Evento è tutta la realtà nella sua abissale gratuità, nel suo accadere improducibile e<br />
improgrammabile, nella sua irriducibilità a qualsivoglia schema: la nascita di un<br />
bambino per quanto sia preparata ed attesa, il bambino che giunge è qualcosa di<br />
assolutamente nuovo, assolutamente altro, e sorprende ogni previsione. In questo senso<br />
è un avvenimento. O anche l’incontro tra due persone che quando s’incontrano, si<br />
amano e si costituiscono reciprocamente nella relazione che si è realizzata.<br />
Avvenimento è la realtà nella sua non deducibilità: essa mi colpisce e mi mette in<br />
movimento e genera conoscenza, come risposa dell’uomo all’irrompere<br />
dell’avvenimento. L’evento è, dunque, una rottura in cui accade l’essere, la radura in<br />
cui, nella luce e nel silenzio, la realtà si manifesta, sia come svolta epocale, che come<br />
accadimento quotidiano.<br />
Questo distingue la posizione di Heidegger da quella di un generico misticismo, in<br />
cui predomina l’abbandono del soggetto all’assoluto, che per altro esiste in quanto tale<br />
indipendentemente dal soggetto stesso. Non così in Heidegger in cui l’evento è un<br />
costituirsi nello stesso tempo dell’essere e dell’esserci, che quindi non esistono<br />
indipendentemente prima del loro reciproco darsi. L’obiettivo vero di Heidegger è,<br />
comunque, quello di mantenere acceso in quei pochi e rari (“Per i pochi che di tempo in<br />
tempo tornano a domandarsi, per coloro cioè che affrontano nuovamente la decisione<br />
sull’essenza della verità. Per i rari che portano con sé il sommo coraggio della<br />
solitudine per pensare la nobiltà dell’Essere e parlare della sua unicità”, DE 41) che<br />
siano disponibili, quel senso di attesa, di cambiamento, di nuovo inizio, che sempre è<br />
nelle cose: quello stesso senso di attesa e di disponibilità che nei medesimi anni<br />
troviamo, seguendo le indicazioni di Heidegger che i poeti sono i cercatori dell’Essere,<br />
in Aspettando Godot di Samuel Beckett.<br />
Dell’evento si articola in sei fughe: “<strong>La</strong> risonanza ha la sua portata nel già-statoessenzialmente-presente<br />
e nel futuro, e con ciò la sua forza di impatto nel presente,<br />
attraverso il gioco di passaggio. Il gioco di passaggio trae la sua necessarietà solo<br />
dalla risonanza della necessità dell’abbandono dell’essere. Risonanza e gioco di<br />
passaggio costituiscono per il pensiero iniziale il terreno e il campo per spiccare il<br />
salto nell’essenziale permanenza dell’Essere. Il salto apre in primo luogo le distese<br />
ancora inviolate e i velamenti di ciò in cui deve spingersi la fondazione dell’esserci che<br />
appartiene alla chiamata dall’evento. A tutte queste combinazioni si deve far fronte in<br />
base all’insistenza nell’esserci che distingue l’essere dai venturi. Essi assumono e<br />
custodiscono l’appartenenza all’evento risvegliata dalla chiamata e la sua svolta, e<br />
giungono così a stare davanti ai cenni dell’ultimo dio” (DE 104).<br />
<strong>La</strong> risonanza è l’eco flebile dell’essere nell’epoca presente, cui solo i pochi e rari<br />
sono in grado di prestare attenzione: eco come ultima presenza del primo inizio e primo<br />
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