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Boccaccio lettore di Stazio

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Arianna Punzi<br />

e nell’interlinea:<br />

sorore quaerendo<br />

Iusserat Agenor ne Cathmus re<strong>di</strong>ret nisi inventa Europa.<br />

Riscontri <strong>di</strong> questo tipo si potrebbero moltiplicare, ma servirebbero semplicemente<br />

a suggerire che <strong>Boccaccio</strong> <strong>di</strong>sponeva <strong>di</strong> commenti ai classici corredati<br />

da note. Più interessante un’altra suggestione. Infatti sono quattro le mani che<br />

chiosano il testo, la prima che glossa massicciamente le prime 10 carte è <strong>di</strong> circa<br />

50 anni posteriore a quella che scrive, le altre sono mani trecentesche. Tra queste<br />

tuttavia non sono riuscita con certezza ad in<strong>di</strong>viduare la mano del <strong>Boccaccio</strong><br />

che, pur essendo una mano nota e ben stu<strong>di</strong>ata, risulta estremamente mutevole.<br />

Inoltre – come ha <strong>di</strong>mostrato con estrema efficacia Patrizia Rafti – ci troviamo<br />

sovente <strong>di</strong> fronte «a un <strong>Boccaccio</strong> scriba influenzato dal modello relativamente<br />

alla sfera grafico-estetica e quin<strong>di</strong> teso a riprodurne fedelmente, o almeno nell’intenzione<br />

<strong>di</strong> fondo, l’assetto e l’aspetto» 32 .<br />

In questi casi l’unica pista percorribile è sembrata quella <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>are tutti i<br />

segni paratestuali che costellano il co<strong>di</strong>ce: maniculae, graffe, crocette, segni <strong>di</strong><br />

paragrafo ecc. 33 , che nel loro insieme possono almeno suggerire una precisa<br />

modalità <strong>di</strong> lettura. La prima domanda da porsi sarà allora se una qualche ratio<br />

colleghi tra loro i luoghi così segnalati alla quale si può rispondere che nella<br />

maggior parte vengono evidenziate quelle sezioni del testo in vario modo connesse<br />

con le riflessioni in margine alla Comme<strong>di</strong>a dantesca che dovettero<br />

accompagnare <strong>Boccaccio</strong> lungo tutto l’arco della sua produzione, per trovare<br />

nelle Esposizioni il momento culminante.<br />

Intanto molti versi della Tebaide citati nelle Esposizioni sono nel co<strong>di</strong>ce barberiniano<br />

segnati con una crocetta, come nel caso <strong>di</strong> Theb., V, 344-435 (f. 42v), ricordato<br />

nelle Esposizioni a Inferno II: «E secondo che scrive <strong>Stazio</strong> nel suo Tebaida egli<br />

[Orfeo] fu <strong>di</strong> que’ nobili uomini li quali furono chiamati Argonauti [...]». Ma più<br />

interessante la crocetta accanto a Theb. I, 106-109, dove si mette in evidenza un<br />

luogo che sarà ripreso nella chiosa a Inf. IX, 41 (esp. all.) relativa a Tisifone:<br />

142<br />

A’ quali agiugne <strong>Stazio</strong>, <strong>di</strong>cendo:<br />

[...] Suffusa veneno<br />

32 Cfr. P. RAFTI, Riflessioni sull’usus <strong>di</strong>stinguen<strong>di</strong> del <strong>Boccaccio</strong> negli Zibaldoni, in Gli<br />

Zibaldoni <strong>di</strong> <strong>Boccaccio</strong>, cit., pp. 283-306: 284. La stessa stu<strong>di</strong>osa ha de<strong>di</strong>cato che negli ultimi<br />

anni <strong>di</strong>versi contributi ad un elemento fondamentale del sistema grafico del <strong>Boccaccio</strong>: l’interpunzione,<br />

cfr. P. RAFTI, Lumina <strong>di</strong>ctionum. Interpunzione e prosa in Giovanni <strong>Boccaccio</strong>,<br />

I, in «Stu<strong>di</strong> sul <strong>Boccaccio</strong>», XXIV, 1996, pp. 59-121; II, in «Stu<strong>di</strong> sul <strong>Boccaccio</strong>», XXV,<br />

1997, pp. 239-73; III, in «Stu<strong>di</strong> sul <strong>Boccaccio</strong>», XXVII, 1999, pp. 81-123.<br />

33 E che da un punto <strong>di</strong> vista grafico nulla osta a considerare <strong>di</strong> <strong>Boccaccio</strong>.

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