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Pacem in Terris spunti di riflessione - Diocesi di Brescia

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<strong>Pacem</strong> <strong>in</strong> <strong>Terris</strong><br />

<strong>spunti</strong> <strong>di</strong> <strong>riflessione</strong>


<strong>Diocesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Brescia</strong><br />

Commissione Giustizia e Pace<br />

PACEM IN TERRIS<br />

Spunti <strong>di</strong> <strong>riflessione</strong><br />

Con la partecipazione della Caritas <strong>Brescia</strong>na


Commissione <strong>di</strong>ocesana Giustizia e Pace.<br />

Albert<strong>in</strong>elli Bianca<br />

Bertoni don Stefano<br />

Corazz<strong>in</strong>a don Fabio<br />

Eusebi Luciano<br />

Gu<strong>in</strong>dani Michele<br />

Mattei Giuseppe<br />

Pelucchi p. Alberto<br />

Piergentili Alessandro<br />

Sberna Mario<br />

Scaroni Mauro<br />

Tira Maurizio<br />

Toffari p. Mario<br />

Ungari Aldo<br />

Zani don Ruggero<br />

Hanno collaborato:<br />

Agost<strong>in</strong>o Mantovani, Presidente della FOCSIV<br />

Emore Mart<strong>in</strong>elli, delle ACLI Prov<strong>in</strong>ciali


INTRODUZIONE<br />

Il 40° anniversario della <strong>Pacem</strong> <strong>in</strong> terris non è passato<br />

<strong>in</strong>osservato; il camm<strong>in</strong>o dell’umanità con i suoi<br />

slanci <strong>di</strong> entusiasmo e le sue contrad<strong>di</strong>zioni non<br />

manca <strong>di</strong> rendere più che mai attuali le parole profetiche<br />

<strong>di</strong> papa Giovanni XXIII; lo stesso Giovanni Paolo<br />

II, nel messaggio per la giornata della pace 2003, ne<br />

ha sottol<strong>in</strong>eato la pregnanza richiamando ad un impegno<br />

permanente fondato sulle parole della <strong>Pacem</strong> <strong>in</strong><br />

terris.<br />

In questi mesi sono successe tante cose e su <strong>di</strong> esse<br />

dobbiamo riflettere con sapienza evangelica per <strong>in</strong>terpretarle<br />

<strong>in</strong> modo corretto e per essere testimoni cre<strong>di</strong>bili<br />

<strong>di</strong> valori <strong>in</strong>tramontabili. Questi poi, non sono vali<strong>di</strong><br />

solo per i cattolici; sono ispirati al bene dell’umanità<br />

tutta e per questo non possiamo tenerli r<strong>in</strong>chiusi <strong>in</strong><br />

ambiti ristretti.<br />

La commissione <strong>di</strong>ocesana Giustizia e Pace ha qu<strong>in</strong><strong>di</strong><br />

voluto offrire agli educatori (sacerdoti, catechisti, <strong>in</strong>segnanti,<br />

genitori) uno strumento per approfon<strong>di</strong>re la<br />

<strong>Pacem</strong> <strong>in</strong> terris e per leggere alla sua luce alcuni problemi<br />

<strong>di</strong> oggi.<br />

Presentando i 4 pilastri che sorreggono la pace (verità,<br />

giustizia, solidarietà e libertà) abbiamo esemplificato,<br />

sotto forma <strong>di</strong> schede, alcune situazioni <strong>in</strong>erenti<br />

i rapporti tra le persone, i rapporti tra le persone e gli<br />

stati, i rapporti tra gli stati.<br />

Chie<strong>di</strong>amo a Dio, con S. Francesco, che faccia <strong>di</strong> noi<br />

uno strumento della sua pace.


L<br />

a <strong>Pacem</strong> <strong>in</strong> terris afferma che i<br />

rapporti fra le comunità politiche<br />

vanno regolati nella verità.<br />

La proclamazione <strong>di</strong> questo pr<strong>in</strong>cipio<br />

è molto concreta (numeri 49 e 50); si<br />

parla <strong>di</strong> elim<strong>in</strong>azione <strong>di</strong> ogni traccia<br />

<strong>di</strong> razzismo, <strong>di</strong> riconoscimento dell’uguale<br />

<strong>di</strong>gnità <strong>di</strong> natura, della<br />

presa <strong>di</strong> coscienza delle <strong>di</strong>fferenze<br />

tra gli esseri umani e le comunità<br />

politiche e del fatto che esse non giustificano<br />

idee <strong>di</strong> superiorità, ma che<br />

devono condurre alla vicendevole<br />

elevazione.<br />

Inoltre si afferma che la verità esige<br />

mezzi <strong>di</strong> <strong>in</strong>formazione che si ispir<strong>in</strong>o<br />

a serena obiettività resp<strong>in</strong>gendo i<br />

meto<strong>di</strong> con i quali si lede <strong>in</strong>giustamente<br />

la reputazione <strong>di</strong> questo o <strong>di</strong><br />

quel popolo.<br />

Aff<strong>in</strong>ché i rapporti tra le persone e le<br />

comunità politiche possano essere<br />

positivi, ci si deve ispirare ad alcune<br />

regole; esse non sono meccaniche<br />

come quelle che regolano l’ord<strong>in</strong>e<br />

fisico dell’universo, ma <strong>di</strong> natura<br />

<strong>di</strong>versa, e vanno cercate là dove Dio<br />

le ha scritte, cioè nella natura<br />

umana.<br />

Queste norme non limitano la libertà<br />

della persona ma la garantiscono e<br />

la promuovono, per farne uno stru-<br />

mento <strong>di</strong> umanità e <strong>di</strong> progresso,<br />

non <strong>di</strong> sopruso per se stessi e per il<br />

prossimo. All’uomo è stato affidato il<br />

mondo perché lo governasse e ne utilizzasse<br />

le risorse per vivere nella<br />

<strong>di</strong>gnità e nella pace; l’uomo è stato<br />

affidato a se stesso perché nella pienezza<br />

della sua libertà raggiungesse<br />

la perfezione; questo significa conoscere<br />

la <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> marcia perché<br />

la strada, come lo stesso racconto<br />

biblico della Genesi <strong>in</strong>segna (Gen<br />

3,1-13), è piena <strong>di</strong> tentazioni fuorvianti.<br />

Si comprende allora come la<br />

vera autonomia morale dell’uomo sia<br />

<strong>in</strong> l<strong>in</strong>ea con l’accoglienza della legge<br />

morale perché solo così si scopre il<br />

vero bene, quello <strong>in</strong><strong>di</strong>cato da colui<br />

che conosce l’universo e le creature<br />

che <strong>in</strong> esso abitano.<br />

Il <strong>di</strong>scorso dell’acquisizione della<br />

legge non è <strong>di</strong> tipo impositivo ma<br />

educativo. Infatti il primo passaggio<br />

richiesto è quello della conoscenza<br />

del bene e del male, conoscenza che<br />

fa riferimento ad un qualcosa <strong>di</strong><br />

preesistente, non frutto dell’elaborazione<br />

umana e per questo<br />

<strong>in</strong><strong>di</strong>sponibile alla manipolazione<br />

da parte dell’uomo. Conoscere il<br />

bene ed il male è <strong>in</strong>nanzitutto rico-<br />

7


8<br />

La Verità<br />

noscere Dio, ascoltarne la Parola e<br />

poi esprimere liberamente la propria<br />

adesione al bene e l’avversione al<br />

male.<br />

Un’opera educativa <strong>di</strong> non sempre<br />

facile esecuzione, <strong>in</strong> modo particolare<br />

quando libertà si confonde con ribellione.<br />

Ora, se questa è da approvare<br />

per elim<strong>in</strong>are il sopruso e l’<strong>in</strong>giustizia,<br />

è <strong>in</strong>vece <strong>in</strong>sana quando si volge contro<br />

il bene del s<strong>in</strong>golo e della società<br />

nell’esaltazione dell’egoismo <strong>in</strong><strong>di</strong>viduale<br />

<strong>in</strong>capace <strong>di</strong> vedere e <strong>di</strong> sentire<br />

la comunità attorno a se.<br />

Il Concilio Vaticano II ricorda che<br />

«norma suprema della vita umana è<br />

la legge <strong>di</strong>v<strong>in</strong>a, eterna, oggettiva e<br />

universale, per mezzo della quale<br />

Dio con un <strong>di</strong>segno <strong>di</strong> sapienza e <strong>di</strong><br />

amore ord<strong>in</strong>a, <strong>di</strong>rige e governa tutto<br />

il mondo e le vie della comunità<br />

umana. E Dio rende partecipe l’uomo<br />

della sua legge, cosicché l’uomo,<br />

per soave <strong>di</strong>sposizione della provvidenza<br />

<strong>di</strong>v<strong>in</strong>a, possa sempre più<br />

conoscere l’immutabile verità».<br />

Sant’Agost<strong>in</strong>o la def<strong>in</strong>isce come «la<br />

ragione o la volontà <strong>di</strong> Dio che<br />

comanda <strong>di</strong> conservare l’ord<strong>in</strong>e<br />

naturale e proibisce <strong>di</strong> turbarlo»; san<br />

Tommaso la identifica con «la ragione<br />

della <strong>di</strong>v<strong>in</strong>a sapienza che muove<br />

tutto al f<strong>in</strong>e dovuto». E la sapienza <strong>di</strong><br />

Dio è provvidenza, amore che si<br />

Dalla seconda lettera <strong>di</strong> S. Paolo<br />

Apostolo ai Cor<strong>in</strong>ti (cap. 3)<br />

Com<strong>in</strong>ciamo forse <strong>di</strong> nuovo a raccomandare<br />

noi stessi? O forse abbiamo bisogno, come<br />

altri, <strong>di</strong> lettere <strong>di</strong> raccomandazione per voi o<br />

da parte vostra? La nostra lettera siete voi,<br />

lettera scritta nei nostri cuori, conosciuta e<br />

letta da tutti gli uom<strong>in</strong>i. È noto <strong>in</strong>fatti che voi<br />

siete una lettera <strong>di</strong> Cristo composta da noi,<br />

scritta non con <strong>in</strong>chiostro, ma con lo Spirito<br />

del Dio vivente, non su tavole <strong>di</strong> pietra, ma<br />

sulle tavole <strong>di</strong> carne dei vostri cuori.<br />

Questa è la fiducia che abbiamo per mezzo <strong>di</strong><br />

Cristo, davanti a Dio. Non però che da noi<br />

stessi siamo capaci <strong>di</strong> pensare qualcosa come<br />

proveniente da noi, ma la nostra capacità<br />

viene da Dio, che ci ha resi m<strong>in</strong>istri adatti <strong>di</strong><br />

una Nuova Alleanza, non della lettera ma<br />

dello Spirito; perché la lettera uccide, lo<br />

Spirito dá vita.<br />

Se il m<strong>in</strong>istero della morte, <strong>in</strong>ciso <strong>in</strong> lettere<br />

su pietre, fu circonfuso <strong>di</strong> gloria, al punto<br />

che i figli d’Israele non potevano fissare il<br />

volto <strong>di</strong> Mosè a causa dello splendore pure<br />

effimero del suo volto, quanto più sarà glo-<br />

prende cura (Veritatis Splendor 43).<br />

L’uomo, nella profon<strong>di</strong>tà della sua<br />

coscienza, scopre la ricchezza <strong>di</strong><br />

questa norma che non è lui a darsi<br />

ma che è già presente, prima <strong>di</strong> lui<br />

ed impegna a fondo la sua libertà.<br />

Riconoscere ed accogliere con piena<br />

responsabilità queste <strong>in</strong><strong>di</strong>cazioni<br />

significa aprirsi alla comprensione<br />

dell’umanità, al perseguimento del<br />

bene comune che proprio per questa<br />

sua caratteristica <strong>di</strong> universalità rap-


ioso il m<strong>in</strong>istero dello Spirito? Se già il m<strong>in</strong>istero<br />

della condanna fu glorioso, molto <strong>di</strong> più<br />

abbonda <strong>di</strong> gloria il m<strong>in</strong>istero della giustizia.<br />

Anzi sotto quest’aspetto, quello che era glorioso<br />

non lo è più a confronto della sovraem<strong>in</strong>ente<br />

gloria della Nuova Alleanza. Se dunque ciò<br />

che era effimero fu glorioso, molto più lo sarà<br />

ciò che è duraturo. Forti <strong>di</strong> tale speranza, ci<br />

comportiamo con molta franchezza e non facciamo<br />

come Mosè che poneva un velo sul suo<br />

volto, perché i figli <strong>di</strong> Israele non vedessero la<br />

f<strong>in</strong>e <strong>di</strong> ciò che era solo effimero. Ma le loro<br />

menti furono accecate; <strong>in</strong>fatti f<strong>in</strong>o ad oggi quel<br />

medesimo velo rimane, non rimosso, alla lettura<br />

dell’Antico Testamento, perché è <strong>in</strong> Cristo<br />

che esso viene elim<strong>in</strong>ato. F<strong>in</strong>o ad oggi, quando<br />

si legge Mosè, un velo è steso sul loro cuore;<br />

ma quando ci sarà la conversione al Signore,<br />

quel velo sarà tolto. Il Signore è lo Spirito e<br />

dove c’è lo Spirito del Signore c’è libertà. E noi<br />

tutti, a viso scoperto, riflettendo come <strong>in</strong> uno<br />

specchio la gloria del Signore, veniamo trasformati<br />

<strong>in</strong> quella medesima immag<strong>in</strong>e, <strong>di</strong><br />

gloria <strong>in</strong> gloria, secondo l’azione dello Spirito<br />

del Signore.<br />

presenta la più grande manifestazione<br />

della <strong>di</strong>gnità <strong>di</strong> ciascuna persona<br />

e <strong>di</strong> ciascun popolo. La ricerca della<br />

verità apre dunque l’orizzonte alla<br />

considerazione dell’unica famiglia<br />

umana che, ricca delle sue <strong>di</strong>versità,<br />

si apre la strada alla piena realizzazione<br />

della sua vocazione: vivere<br />

nella tranquillità dell’ord<strong>in</strong>e.<br />

Questa ricerca deve affrontare<br />

anche la fatica del dubbio, della<br />

La Verità<br />

ribellione, del <strong>di</strong>alogo e del confronto.<br />

Il dubbio, <strong>in</strong>sito <strong>in</strong> ogni scelta,<br />

vuole un approfon<strong>di</strong>mento conoscitivo<br />

delle ragioni che sostengono l’orientamento<br />

dei pensieri. Importante<br />

qu<strong>in</strong><strong>di</strong> il <strong>di</strong>alogo cont<strong>in</strong>uo con se stesi<br />

e con Dio perché il dubbio non<br />

<strong>di</strong>venti paralizzante pregiu<strong>di</strong>cando<br />

anche l’armonia dell’esistenza della<br />

persona. C’è poi da considerare,<br />

fatto non secondario, la propensione<br />

alla ribellione e cioè l’affermazione<br />

<strong>di</strong> sé <strong>in</strong> contrapposizione con l’altro<br />

piuttosto che <strong>in</strong> comunione con lui.<br />

Anche quando ciò <strong>in</strong>veste il rapporto<br />

con Dio, non viene meno il desiderio<br />

<strong>di</strong> autonomia <strong>in</strong>terpretato come<br />

affrancamento da ogni tutela giu<strong>di</strong>cata<br />

soffocante. Ma la compagnia <strong>di</strong><br />

Dio è liberante.<br />

Inf<strong>in</strong>e, il confronto permette <strong>di</strong> valutare<br />

la presenza <strong>di</strong> sensibilità <strong>di</strong>verse<br />

nell’avvic<strong>in</strong>amento alla verità e <strong>di</strong><br />

stu<strong>di</strong>are la possibilità <strong>di</strong> comporre<br />

<strong>di</strong>versi contributi nel raggiungimento<br />

dell’unica meta.<br />

(Veritatis Splendor 57) Lo stesso testo<br />

della Lettera ai Romani, che ci ha<br />

fatto cogliere l’essenza della legge<br />

naturale, <strong>in</strong><strong>di</strong>ca anche il senso biblico<br />

della coscienza, specialmente nel suo<br />

specifico legame con la legge:<br />

«Quando i pagani, che non hanno la<br />

legge, per natura agiscono secondo<br />

9


10<br />

La Verità<br />

la legge, essi, pur non avendo legge,<br />

sono legge a se stessi; essi <strong>di</strong>mostrano<br />

che quanto la legge esige è scritto<br />

nei loro cuori come risulta dalla testimonianza<br />

della loro coscienza e dai<br />

loro stessi ragionamenti, che ora li<br />

accusano ora li <strong>di</strong>fendono» (Rm<br />

2,14-15).<br />

(Veritatis Splendor 58) Non si<br />

apprezzerà mai adeguatamente l’importanza<br />

<strong>di</strong> questo <strong>in</strong>timo <strong>di</strong>alogo<br />

dell’uomo con se stesso. Ma, <strong>in</strong> realtà,<br />

questo è il <strong>di</strong>alogo dell’uomo con<br />

Dio, autore della legge, primo modello<br />

e f<strong>in</strong>e ultimo dell’uomo. «La<br />

coscienza - scrive san Bonaventura -<br />

è come l’araldo <strong>di</strong> Dio e il messaggero,<br />

e ciò che <strong>di</strong>ce non lo comanda da<br />

se stessa, ma lo comanda come proveniente<br />

da Dio, alla maniera <strong>di</strong> un<br />

araldo quando proclama l’e<strong>di</strong>tto del<br />

re. E da ciò deriva il fatto che la<br />

coscienza ha la forza <strong>di</strong> obbligare».<br />

In quest’ord<strong>in</strong>e <strong>di</strong> idee si comprende<br />

la consequenzialità esistente tra il<br />

riferimento a Dio e gli atti morali; è <strong>in</strong><br />

forza del primo che si illum<strong>in</strong>a <strong>di</strong><br />

significato ogni s<strong>in</strong>gola azione e dal<br />

primo <strong>di</strong>scende il criterio <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>zio<br />

per la bontà o meno <strong>di</strong> ogni s<strong>in</strong>golo<br />

atto. Il <strong>di</strong>scostarsi da questo riferimento<br />

<strong>di</strong>venta fonte <strong>di</strong> malvagità<br />

pregiu<strong>di</strong>cando la comprensione della<br />

verità e rendendo precario l’ord<strong>in</strong>e<br />

morale.<br />

Dobbiamo fare i conti con il male che<br />

a volte si trova profondamente ra<strong>di</strong>cato<br />

nelle persone; con certi atti che<br />

si oppongono per loro stessa natura<br />

al bene: questi non hanno ragione<br />

alcuna per essere giustificati.<br />

L’elenco che troviamo nella Veritatis<br />

Splendor è chiaro: «Tutto ciò che è<br />

contro la vita stessa, come ogni specie<br />

<strong>di</strong> omici<strong>di</strong>o, il genoci<strong>di</strong>o, l’aborto,<br />

l’eutanasia e lo stesso suici<strong>di</strong>o<br />

volontario; tutto ciò che viola l’<strong>in</strong>tegrità<br />

della persona umana, come le<br />

mutilazioni, le torture <strong>in</strong>flitte al corpo<br />

e alla mente, gli sforzi per violentare<br />

l’<strong>in</strong>timo dello spirito; tutto ciò che<br />

offende la <strong>di</strong>gnità umana, come le<br />

con<strong>di</strong>zioni <strong>in</strong>fraumane <strong>di</strong> vita, le<br />

<strong>in</strong>carcerazioni arbitrarie, le deportazioni,<br />

la schiavitù, la prostituzione, il<br />

mercato delle donne e dei giovani, o<br />

ancora le ignom<strong>in</strong>iose con<strong>di</strong>zioni del<br />

lavoro con le quali i lavoratori sono<br />

trattati come semplici strumenti <strong>di</strong><br />

guadagno, e non come persone libere<br />

e responsabili; tutte queste cose, e<br />

altre simili, sono certamente vergognose<br />

e, mentre guastano la civiltà<br />

umana, ancor più <strong>in</strong>qu<strong>in</strong>ano coloro<br />

che così si comportano, che non quelli<br />

che le subiscono, e ledono grandemente<br />

l’onore del Creatore».<br />

Il sommo bene morale consiste nel<br />

camm<strong>in</strong>are nella luce <strong>di</strong> Cristo : egli


è via, verità e vita, egli è <strong>in</strong> grado <strong>di</strong><br />

dare ad ogni uomo ed all’umanità<br />

<strong>in</strong>tera la ragione per una convivenza<br />

pacifica, solidale e creativa: l’amore<br />

La Verità<br />

che è corrispondenza all’<strong>in</strong>iziale<br />

vocazione con la quale ciascuno è<br />

venuto al mondo.<br />

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1<br />

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La Verità<br />

DIRITTI E DOVERI DELLA PERSONA<br />

ELENCO DEI DIRITTI E DEI DOVERI<br />

NELLA PACEM IN TERRIS<br />

E NELLA DICHIARAZIONE<br />

UNIVERSALE DEI DIRITTI UMANI<br />

<strong>Pacem</strong> <strong>in</strong> <strong>Terris</strong>: dal N. 1 al N. 25<br />

Dichiarazione Universale dei <strong>di</strong>ritti dell’uomo:<br />

artt. 3 – 4 – 5 –16 – 18 – 23 – 25 – 27 – 29<br />

<strong>Pacem</strong> <strong>in</strong> terris Dichiarazione Universale<br />

N. 7 ARTT. 3 – 4 – 5<br />

N. 8 ART. 18<br />

N. 9 ART. 16<br />

N. 10 ARTT. 23-25<br />

N. 13 ART. 27<br />

N. 14 ART. 29<br />

Per la 32ª Giornata Mon<strong>di</strong>ale della Pace del 1° gennaio 1999, il Santo<br />

Padre ha scelto come tema “Nel rispetto dei <strong>di</strong>ritti umani il segreto<br />

della Pace vera”, della pace che non si impone ma che sorge dal cuore<br />

<strong>di</strong> ogni persona, da ogni comunità umana e mira al bene <strong>di</strong> tutti.<br />

Il rispetto dei <strong>di</strong>ritti delle s<strong>in</strong>gole persone e <strong>di</strong> ogni popolo garantisce<br />

e promuove la vera pace.<br />

Nel 1948, dopo la trage<strong>di</strong>a della seconda guerra mon<strong>di</strong>ale, la comunità<br />

<strong>in</strong>ternazionale ha <strong>in</strong>fatti proclamato solennemente nel primo paragrafo<br />

del Preambolo della Dichiarazione Universale dei <strong>di</strong>ritti umani<br />

che “il riconoscimento della <strong>di</strong>gnità <strong>in</strong>erente a tutti i membri della<br />

famiglia umana e dei loro <strong>di</strong>ritti, uguali ed <strong>in</strong>alienabili, costituisce il<br />

fondamento della libertà, della giustizia e della pace nel mondo”.


La Verità<br />

E ancora troviamo nell’<strong>in</strong>troduzione della “<strong>Pacem</strong> <strong>in</strong> terris” (N. 1 e 3):<br />

“La Pace <strong>in</strong> terra, anelito profondo degli esseri umani <strong>di</strong> tutti i tempi,<br />

può venire <strong>in</strong>staurata e consolidata solo nel pieno rispetto dell’ord<strong>in</strong>e<br />

stabilito da Dio”. “Con l’ord<strong>in</strong>e mirabile dell’Universo cont<strong>in</strong>ua a far<br />

stridente contrasto il <strong>di</strong>sord<strong>in</strong>e che regna tra gli esseri umani e tra i<br />

popoli, quasi che i loro rapporti non possano essere regolati che per<br />

mezzo della forza. Sennonché il Creatore ha scolpito l’ord<strong>in</strong>e anche nell’essere<br />

degli uom<strong>in</strong>i: ord<strong>in</strong>e che la coscienza rivela e <strong>in</strong>giunge perentoriamente<br />

<strong>di</strong> seguire”.<br />

La natura umana è l’unico posto dove Dio ha scritto “le leggi che <strong>in</strong><strong>di</strong>cano<br />

chiaramente come gli uom<strong>in</strong>i devono regolare i loro vicendevoli<br />

rapporti nella convivenza e come vanno regolati i rapporti fra i cittad<strong>in</strong>i<br />

e le pubbliche autorità all’<strong>in</strong>terno delle s<strong>in</strong>gole comunità politiche<br />

e quelli fra le s<strong>in</strong>gole persone e le comunità politiche da una parte e<br />

dall’altra la comunità mon<strong>di</strong>ale, la cui creazione oggi è urgentemente<br />

reclamata dalle esigenze del bene comune universale” (N. 4).<br />

“Ogni essere umano è persona, soggetto <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritti e doveri” che scaturiscono<br />

dalla sua stessa natura: <strong>di</strong>ritti e doveri universali, <strong>in</strong>violabili,<br />

<strong>in</strong>alienabili” (N. 5).<br />

È <strong>in</strong>teressante vedere il richiamo che Giovanni XXIII fa della<br />

Dichiarazione universale dei <strong>di</strong>ritti della persona.<br />

“Ogni essere umano ha <strong>di</strong>ritto all’esistenza e a un tenore <strong>di</strong> vita<br />

<strong>di</strong>gnitoso, ha il <strong>di</strong>ritto al rispetto della sua persona e ha <strong>di</strong>ritti<br />

riguardanti i valori morali e culturali” (N. 7) (Artt. 3-4-5),<br />

“Ha il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> onorare Dio secondo il dettame della sua coscienza,<br />

ha il <strong>di</strong>ritto al culto <strong>di</strong> Dio privato e pubblico” (N. 8) (Art. 18).<br />

“Ha il <strong>di</strong>ritto alla libertà nella scelta del proprio stato”.(N. 9) (Art. 16).<br />

“Ha il <strong>di</strong>ritto al lavoro - (N. 10) e (Art. 23) – quale mezzo per provvedere<br />

alla vita propria e dei figli”.(Art. 25).<br />

“L’uomo ha il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> riunione e <strong>di</strong> associazione e <strong>di</strong> conferire alla<br />

medesima la struttura che ritiene idonea a perseguire gli obiettivi<br />

prefissati (N. 11). Come pure ha il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> libertà <strong>di</strong> movimento<br />

e <strong>di</strong> <strong>di</strong>mora nell’<strong>in</strong>terno della comunità politica <strong>di</strong> cui è cittad<strong>in</strong>o e<br />

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14<br />

La verità<br />

<strong>di</strong> immigrare, quando legittimi <strong>in</strong>teressi lo consigl<strong>in</strong>o, <strong>in</strong> altre<br />

comunità politiche e stabilirsi <strong>in</strong> esse”.(N. 12).<br />

“L’uomo, come tale, lungi dall’essere l’oggetto e un elemento passivo<br />

nella vita sociale, ne è <strong>in</strong>vece e deve esserne e rimanerne il soggetto,<br />

il fondamento e il f<strong>in</strong>e” (N. 13) (Art. 27).<br />

E’ <strong>in</strong><strong>di</strong>ssolubile il rapporto fra <strong>di</strong>ritti e doveri nella stessa persona. Ad<br />

ogni <strong>di</strong>ritto appena descritto corrisponde un dovere ed hanno entrambi<br />

nella legge naturale che li conferisce o che li impone, la loro ra<strong>di</strong>ce,<br />

la loro forza <strong>in</strong><strong>di</strong>struttibile. Il <strong>di</strong>ritto, per esempio, <strong>di</strong> ogni essere<br />

umano all’esistenza è connesso con il suo dovere <strong>di</strong> conservarsi la<br />

vita.(N. 14) (Artt. 29-41).<br />

E’ chiaro, qu<strong>in</strong><strong>di</strong>, che nella convivenza umana ogni <strong>di</strong>ritto naturale <strong>in</strong><br />

una persona comporta un rispettivo dovere <strong>in</strong> tutte le altre persone: il<br />

dovere <strong>di</strong> riconoscere e rispettare quel <strong>di</strong>ritto. Pertanto, coloro che<br />

riven<strong>di</strong>cano i propri <strong>di</strong>ritti <strong>di</strong>menticando i rispettivi doveri, corrono il<br />

pericolo <strong>di</strong> costruire con una mano e <strong>di</strong> <strong>di</strong>struggere con l’altra” (N. 15).<br />

“Gli esseri umani, essendo persone, sono sociali per natura. Sono nati<br />

per convivere qu<strong>in</strong><strong>di</strong> e operare per il bene degli altri. Ciò richiede che la<br />

convivenza umana sia ord<strong>in</strong>ata e che qu<strong>in</strong><strong>di</strong> i vicendevoli <strong>di</strong>ritti e doveri<br />

siano riconosciuti e promossi. Ciò significa che nelle s<strong>in</strong>gole comunità<br />

ciascuno deve farsi carico <strong>di</strong> venire <strong>in</strong>contro alle esigenze dei più deboli<br />

prima ancora che essi si trov<strong>in</strong>o nella con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> dover chiedere<br />

aiuto” (N. 16). (Questo è un modo per realizzare la sussi<strong>di</strong>arietà).<br />

“Perché tutto questo si realizzi nel rispetto della <strong>di</strong>gnità della persona,<br />

è necessario che la medesima operi consapevolmente e liberamente,<br />

per conv<strong>in</strong>zione <strong>in</strong> attitud<strong>in</strong>e <strong>di</strong> responsabilità e non <strong>in</strong> forza <strong>di</strong><br />

pressioni o forzature” (N. 17).<br />

“In questo modo la convivenza fra gli esseri umani è ord<strong>in</strong>ata e per<br />

rispondere alla loro <strong>di</strong>gnità <strong>di</strong> persone si deve fondare sulla verità al<br />

richiamo dell’Apostolo Paolo: «Via dunque da voi la menzogna e parli<br />

ciascuno con suo prossimo secondo verità poiché siamo membri gli uni<br />

degli altri». Ciò domanda convivenza che, nel rispetto dei <strong>di</strong>ritti e nel-


La verità<br />

l’adempimento dei doveri, sia vivificata e <strong>in</strong>tegrata dall’amore. Esso è<br />

un atteggiamento dell’animo che fa sentire come propri i bisogni e le<br />

esigenze altrui, rende partecipi gli altri dei propri beni e rende sempre<br />

più chiara la comunione nel mondo dei valori spirituali” (N. 18).<br />

“L’ord<strong>in</strong>e trova il suo fondamento nel vero Dio che è la prima Verità e il<br />

sommo Bene. E quando i rapporti della convivenza si pongono <strong>in</strong> term<strong>in</strong>i<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>ritti e <strong>di</strong> doveri, gli esseri umani si aprono sul mondo dei valori<br />

spirituali e comprendono che cosa sia la verità, la giustizia, l’amore, la<br />

libertà e <strong>di</strong>ventano consapevoli <strong>di</strong> appartenere a quel mondo” (N. 25).<br />

Nel mondo attuale, tuttavia, quanti popoli <strong>in</strong> preda ai conflitti o all’oppressione<br />

aspirano al riconoscimento della loro <strong>di</strong>gnità, quanti <strong>in</strong><strong>di</strong>vidui<br />

chiedono solo <strong>di</strong> poter partecipare a pieno titolo alla vita della<br />

società a cui appartengono, quanti bamb<strong>in</strong>i sfruttati non sanno nemmeno<br />

<strong>di</strong> avere <strong>di</strong>ritti!<br />

Di fronte al fenomeno della globalizzazione economica e f<strong>in</strong>anziaria<br />

come fare per proteggere i deboli? Quali sono le sfide che il nostro<br />

tempo suscita dal punto <strong>di</strong> vista dei <strong>di</strong>ritti umani? Dove è il conf<strong>in</strong>e tra<br />

<strong>di</strong>ritti e doveri? Come garantire l’<strong>in</strong>tegrità della persona umana?<br />

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La Verità<br />

I DIRITTI VIOLATI NEI SINGOLI STATI<br />

“L’autorità non è una forza <strong>in</strong>controllata: è <strong>in</strong>vece la facoltà <strong>di</strong> comandare<br />

secondo ragione” (<strong>Pacem</strong> <strong>in</strong> <strong>Terris</strong>, 27).<br />

Chi ha potere, non può esercitarlo <strong>in</strong> maniera arbitraria. Se non si<br />

riconosce questa verità, non si riconosce neppure che esiste una verità<br />

ultima che guida ed orienta l’azione politica; allora, come sottol<strong>in</strong>ea<br />

Giovanni Paolo II nell’enciclica Centesimus Annus, “le idee e le convizioni<br />

possono essere facilmente strumentalizzate per f<strong>in</strong>i <strong>di</strong> potere”.<br />

Come <strong>di</strong>mostra la storia, “nei regimi totalitari ed autoritari è stato<br />

portato all’estremo il pr<strong>in</strong>cipio del primato della forza sulla ragione”,<br />

ma anche una democrazia senza valori si converte facilmente <strong>in</strong> un<br />

totalitarismo aperto oppure subdolo (Centesimus Annus, n. 10 e 46).<br />

“L’autorità che si fonda solo o pr<strong>in</strong>cipalmente sulla m<strong>in</strong>accia o sul<br />

timore <strong>di</strong> pene o sulla promessa ed attrattiva <strong>di</strong> premi, non muove efficacemente<br />

gli esseri umani all’attuazione del bene comune; e se anche,<br />

per ipotesi, li movesse, ciò non sarebbe conforme alla loro <strong>di</strong>gnità <strong>di</strong><br />

persone, e cioè <strong>di</strong> esseri ragionevoli e liberi. L’autorità è, soprattutto,<br />

una forza morale” (<strong>Pacem</strong> <strong>in</strong> <strong>Terris</strong>, 28).<br />

Una legge od un regolamento v<strong>in</strong>colano solo se le persone riescono a<br />

sentirne l’importanza. Pensiamo, per esempio, alle campagne antifumo<br />

o <strong>di</strong> prevenzione degli <strong>in</strong>cidenti sulla strada: <strong>in</strong>asprire le pene <strong>di</strong><br />

per sé non serve, a meno <strong>di</strong> creare una cultura che stigmatizzi il fumo<br />

e la guida imprudente, perché danneggiano sé stessi e gli altri.<br />

Pensiamo alla pena <strong>di</strong> morte: molti la <strong>in</strong>vocano come mezzo <strong>di</strong> <strong>di</strong>ssuasione<br />

<strong>di</strong> chi sarebbe <strong>in</strong>dotto ad un comportamento crim<strong>in</strong>ale. È veramente<br />

efficace? Ma, soprattutto, è giusta?<br />

“Quando una legge è <strong>in</strong> contrasto con la ragione, la si denom<strong>in</strong>a legge<br />

<strong>in</strong>iqua; <strong>in</strong> tal caso, però, cessa <strong>di</strong> essere legge e <strong>di</strong>viene piuttosto un atto<br />

<strong>di</strong> violenza” (San Tommaso, Summa Theologiae, passo ripreso <strong>in</strong><br />

<strong>Pacem</strong> <strong>in</strong> <strong>Terris</strong>, 30).


I cristiani non si sottomettono ciecamente all’autorità. Come sottol<strong>in</strong>ea<br />

Giovanni XXIII, alcune leggi «non hanno forza <strong>di</strong> obbligare la<br />

coscienza, perché “bisogna obbe<strong>di</strong>re a Dio piuttosto che agli uom<strong>in</strong>i”<br />

(At 5,29)» (<strong>Pacem</strong> <strong>in</strong> <strong>Terris</strong>, 30). «Il compito della legge civile - ricorda<br />

Giovanni Paolo II - consiste, <strong>in</strong>fatti, nel garantire un’ord<strong>in</strong>ata convivenza<br />

sociale nella vera giustizia, perché tutti “possiamo trascorrere<br />

una vita calma e tranquilla con tutta pietà e <strong>di</strong>gnità” (1 Tm 2, 2).<br />

Segni dei tempi<br />

Nel suo “Rapporto Annuale 2003”, l’organizzazione umanitaria<br />

Amnesty International (AI) descrive m<strong>in</strong>uziosamente le violazioni dei<br />

<strong>di</strong>ritti umani avvenute nel corso del 2002 <strong>in</strong> ben 151 paesi del globo. I<br />

dati possono <strong>in</strong>durci a riflettere: <strong>in</strong>fatti, sono 42 i paesi <strong>in</strong> cui si sono<br />

avute esecuzioni extragiu<strong>di</strong>ziali od uccisioni illegali; 106 quelli <strong>in</strong> cui<br />

le forze <strong>di</strong> sicurezza, la polizia o le altre autorità statali hanno fatto<br />

ricorso a maltrattamenti e torture (tra questi è compresa anche<br />

l’Italia). In 54 paesi si sono avuti arresti arbitrari, detenzioni arbitrarie<br />

o detenzioni senza accusa né processo. Sono 35 i paesi <strong>in</strong> cui attualmente<br />

sono r<strong>in</strong>chiusi <strong>in</strong> carcere dei prigionieri <strong>di</strong> coscienza.<br />

Per quanto riguarda la pena capitale, si sono avute nuove condanne a<br />

morte <strong>in</strong> 61 paesi ed esecuzioni <strong>in</strong> 28 paesi.<br />

Alcuni esempi <strong>di</strong> violazioni dei <strong>di</strong>ritti umani da parte <strong>di</strong><br />

governi.<br />

La Verità<br />

Il trattamento dei <strong>di</strong>sabili mentali <strong>in</strong> Bulgaria.<br />

Istituto psichiatrico femm<strong>in</strong>ile <strong>di</strong> Sad<strong>in</strong>ovo, Bulgaria. Donne vestite <strong>di</strong><br />

abiti sporchi e laceri, alcune ad<strong>di</strong>rittura sem<strong>in</strong>ude. Lenzuola su<strong>di</strong>ce,<br />

ur<strong>in</strong>a e feci sul pavimento e sui muri. Le con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> vita negli ospedali<br />

psichiatrici bulgari sono drammatiche e spesso i ricoverati sono<br />

sottoposti a trattamenti che hanno ben poco <strong>di</strong> umano: secondo quanto<br />

riferito nel rapporto <strong>di</strong> AI, capita che <strong>in</strong> alcuni istituti la terapia con<br />

elettroshock venga somm<strong>in</strong>istrata senza impiego <strong>di</strong> anestetici o miorilassanti.<br />

Sono soprattutto le misure legislative a rivelarsi <strong>in</strong>adeguate:<br />

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La verità<br />

il ricovero è spesso <strong>di</strong>sposto senza una <strong>di</strong>agnosi precisa, contro la<br />

volontà del paziente, e mancano misure per controllare e ricontrollare<br />

nel tempo la <strong>di</strong>agnosi tramite specialisti. I bamb<strong>in</strong>i e le donne sono le<br />

categorie più colpite. Le risorse stanziate dallo Stato non sono sembrate<br />

coprire nemmeno le necessità m<strong>in</strong>ime per alimentazione, riscaldamento<br />

e abbigliamento. AI ha osservato pratiche <strong>di</strong> costrizione e <strong>di</strong><br />

reclusione abusive <strong>in</strong> tutti gli istituti per adulti e con<strong>di</strong>zioni materiali<br />

spaventose <strong>in</strong> otto su <strong>di</strong>eci case <strong>di</strong> cura sociali per adulti. Alcuni e<strong>di</strong>fici<br />

erano fatiscenti, sporchi e <strong>in</strong> certi punti poco sicuri. In queste circostanze,<br />

non stupisce che, soprattutto nei lunghi e fred<strong>di</strong> perio<strong>di</strong><br />

<strong>in</strong>vernali, <strong>in</strong> questi luoghi il tasso <strong>di</strong> mortalità sia particolarmente<br />

alto.<br />

Discrim<strong>in</strong>azioni <strong>in</strong> In<strong>di</strong>a (dal Rapporto Annuale 2002 <strong>di</strong> AI).<br />

In In<strong>di</strong>a, i membri <strong>di</strong> gruppi socialmente ed economicamente emarg<strong>in</strong>ati<br />

quali donne, dalit o a<strong>di</strong>vasis (cioè, appartenenti alle classi più<br />

umili o alle popolazioni tribali), e le m<strong>in</strong>oranze religiose subiscono cont<strong>in</strong>uamente<br />

abusi e <strong>di</strong>scrim<strong>in</strong>azioni da parte della polizia o <strong>di</strong> soggetti<br />

non statali. Nonostante l’esistenza <strong>di</strong> leggi riformatrici, la possibilità<br />

per queste persone <strong>di</strong> accedere alla giustizia rimane limitata, <strong>in</strong><br />

quanto il sistema giu<strong>di</strong>ziario penale tende a riprodurre nel proprio<br />

funzionamento le <strong>di</strong>scrim<strong>in</strong>azioni <strong>di</strong> sesso, casta e classe esistenti<br />

nella società.<br />

Discrim<strong>in</strong>azione nella Federazione Russa<br />

(libera traduzione e riassunto dell’articolo “Non pensano che noi siamo esseri umani”<br />

della rivista Wire, <strong>di</strong> AI, on-l<strong>in</strong>e al l<strong>in</strong>k http://web.amnesty.org/web/wire.nsf/)<br />

“Ero con i miei genitori, Begza<strong>di</strong> e Sultan Akhemdov. Era la prima<br />

volta che ci arrischiavamo ad uscire a lavorare i campi…ce n’erano<br />

circa 15 <strong>di</strong> loro, <strong>in</strong> tre macch<strong>in</strong>e, una <strong>di</strong> queste della polizia…hanno<br />

com<strong>in</strong>ciato semplicemente col <strong>di</strong>rci <strong>di</strong> andare a “casa”, <strong>di</strong>cendo che noi<br />

non siamo <strong>di</strong> qui. Ci hanno riso <strong>di</strong>etro, <strong>di</strong>cendoci <strong>di</strong> andare <strong>in</strong> C<strong>in</strong>a,<br />

Viet Nam, Canada. Non pensano che noi siamo esseri umani” (Gulya<br />

Ishikhova, Maggio 2002).<br />

Gulya Ishikhova e i suoi genitori sono mescheti, e vivono nel territo-


io <strong>di</strong> Krasnodar, nel sud-ovest della Federazione Russa. I mescheti<br />

sono un gruppo <strong>in</strong> predom<strong>in</strong>anza musulmano, espulso dalla Georgia<br />

nel 1944 durante il regime sovietico. I cittad<strong>in</strong>i dell’ex Unione<br />

Sovietica che risiedevano nella Federazione Russa nel febbraio 2002<br />

sono <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto cittad<strong>in</strong>i russi. La maggior parte dei mescheti <strong>in</strong> Russia<br />

possono esercitare i loro <strong>di</strong>ritti <strong>di</strong> cittad<strong>in</strong>anza, ma quelli che vivono<br />

nel territorio <strong>di</strong> Krasnodar cont<strong>in</strong>uano a vedersi negati i proprio <strong>di</strong>ritti,<br />

a causa <strong>di</strong> leggi e pratiche fortemente <strong>di</strong>scrim<strong>in</strong>atorie. Ai mescheti<br />

sono negate pensioni, benefit per i figli e l’accesso ai livelli più alti dell’istruzione.<br />

Non possono ufficialmente registrare gli acquisti <strong>di</strong><br />

immobili o veicoli, né i matrimoni e le morti. Inoltre, spesso sono fermati<br />

e <strong>in</strong>terrogati dalla polizia con il pretesto <strong>di</strong> controllarne i documenti<br />

<strong>di</strong> identità, ostacolati nel lavoro come nella vita quoti<strong>di</strong>ana.<br />

C<strong>in</strong>a: Le autorità c<strong>in</strong>esi contro Internet.<br />

(fonte: sempre Wire)<br />

La verità<br />

Huang Qi, un <strong>in</strong>gegnere <strong>in</strong>formatico che mise <strong>in</strong> l<strong>in</strong>ea il primo sito<br />

c<strong>in</strong>ese sui <strong>di</strong>ritti umani, è uno dei 33 prigionieri <strong>di</strong> coscienza detenuti<br />

per aver archiviato materiale su Internet. Infatti, Huang è stato accusato<br />

<strong>di</strong> “sovversione” quando sul suo sito sono apparsi alcuni messaggi<br />

critici nei confronti dell’autorità; tra questi, un resoconto <strong>di</strong> una<br />

“Madre Tiananmen”, che raccontava come la polizia abbia picchiato a<br />

morte suo figlio durante le proteste del 1989.<br />

A partire dalla sua prima apparizione <strong>in</strong> C<strong>in</strong>a, risalente al 1995,<br />

Internet si è sviluppato <strong>in</strong> maniera crescente: alcuni sondaggi <strong>in</strong><strong>di</strong>cano<br />

50 milioni <strong>di</strong> utenti, un numero secondo solo a quello degli Stati<br />

Uniti. La rete apre nuove vie per con<strong>di</strong>videre e <strong>di</strong>ssem<strong>in</strong>are <strong>in</strong>formazioni<br />

da fonti <strong>in</strong> tutto il mondo, permettendo una libertà <strong>di</strong> espressione<br />

mai conosciuta <strong>in</strong> C<strong>in</strong>a. Tuttavia, le autorità la considerano una<br />

m<strong>in</strong>accia e stanno facendo <strong>di</strong> tutto per metterla sotto controllo.<br />

Migliaia <strong>di</strong> Internet Café sono stati costretti a chiudere. I locali superstiti<br />

sono obbligati ad <strong>in</strong>stallare un programma che filtra più <strong>di</strong> 50.000<br />

siti proibiti, perché pornografici o considerati “sovversivi”. Così, molti<br />

siti considerati politicamente delicati sono <strong>in</strong>accessibili dalla C<strong>in</strong>a,<br />

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La verità<br />

quali, ad esempio, i siti degli organi <strong>di</strong> <strong>in</strong>formazione <strong>in</strong>ternazionale e<br />

quelli delle organizzazioni umanitarie. Il controllo, però, riesce ad<br />

essere ancora più pervasivo: il portale c<strong>in</strong>ese Sohu.com ricorda a coloro<br />

che accedono alle “chat room” (luoghi <strong>in</strong> cui gli utenti possono <strong>di</strong>alogare<br />

tra loro) che gli “argomenti che danneggiano la reputazione<br />

dello stato” sono proibiti e m<strong>in</strong>accia: “Se avete cittad<strong>in</strong>anza c<strong>in</strong>ese e<br />

deliberatamente scegliete <strong>di</strong> contravvenire queste regole, Sohu.com è<br />

obbligato a denunziarvi all’Ufficio <strong>di</strong> Sicurezza Pubblica”. A sua volta,<br />

nel Novembre 2000, il m<strong>in</strong>istro per la Pubblica Sicurezza ha annunciato<br />

il suo progetto “Scudo d’Oro”. Questo progetto promuoverà l’<br />

“adozione <strong>di</strong> una tecnologia <strong>in</strong>formatica avanzata per aumentare il<br />

controllo della polizia” e costruire un sistema <strong>di</strong> sorveglianza <strong>di</strong> massa<br />

capace <strong>di</strong> garantire alla polizia l’accesso ai dati <strong>di</strong> qualsiasi cittad<strong>in</strong>o<br />

c<strong>in</strong>ese connesso ad Internet. Per realizzare questa <strong>in</strong>iziativa, le autorità<br />

<strong>di</strong>pendono dalla tecnologia e dall’ esperienza <strong>di</strong> compagnie occidentali.<br />

Le persone che contravvengono alle leggi che comprimono la libertà <strong>di</strong><br />

espressione e <strong>di</strong> op<strong>in</strong>ione attraverso Internet affrontano l’arresto e il<br />

carcere. Secondo recenti <strong>di</strong>sposizioni, queste persone potrebbero<br />

anche essere condannate a morte.


DIRITTO INTERNAZIONALE:<br />

VALORI FONDAMENTALI<br />

I valori fondamentali del <strong>di</strong>ritto <strong>in</strong>ternazionale sono ben<br />

espressi nei prologhi <strong>di</strong> alcuni trattati che hanno visto la luce<br />

dalla f<strong>in</strong>e della seconda guerra mon<strong>di</strong>ale <strong>in</strong> poi. Ne riportiamo<br />

alcuni esempi.<br />

Carta delle Nazioni Unite (1945)<br />

Noi, popoli delle Nazioni Unite, decisi<br />

a salvare le future generazioni dal flagello della guerra, che per due<br />

volte nel corso <strong>di</strong> questa generazione ha portato <strong>in</strong><strong>di</strong>cibili afflizioni<br />

all’umanità,<br />

a riaffermare la fede nei <strong>di</strong>ritti fondamentali dell’uomo, nella <strong>di</strong>gnità<br />

e nel valore della persona umana, nella eguaglianza dei <strong>di</strong>ritti degli<br />

uom<strong>in</strong>i e delle donne e delle nazioni gran<strong>di</strong> e piccole,<br />

a creare le con<strong>di</strong>zioni <strong>in</strong> cui la giustizia ed il rispetto degli obblighi<br />

derivanti dai trattati e dalle altri fonti del <strong>di</strong>ritto <strong>in</strong>ternazionale possano<br />

essere mantenuti,<br />

a promuovere il progresso sociale ed un più elevato tenore <strong>di</strong> vita <strong>in</strong><br />

una più ampia libertà,<br />

e per tali f<strong>in</strong>i a praticare la tolleranza ed a vivere <strong>in</strong> pace l’uno con l’altro<br />

<strong>in</strong> rapporti <strong>di</strong> buon vic<strong>in</strong>ato, ad unire le nostre forze per mantenere<br />

la pace e la sicurezza <strong>in</strong>ternazionale, ad assicurare, me<strong>di</strong>ante l’accettazione<br />

<strong>di</strong> pr<strong>in</strong>cipi e l’istituzione <strong>di</strong> sistemi, che la forza delle armi<br />

non sarà usata, salvo che nell’<strong>in</strong>teresse comune, ad impiegare strumenti<br />

<strong>in</strong>ternazionali per promuovere il progresso economico e sociale<br />

<strong>di</strong> tutti i popoli,<br />

abbiamo deciso <strong>di</strong> unire i nostri sforzi per il raggiungimento <strong>di</strong> tali f<strong>in</strong>i.<br />

Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo (1948)<br />

(ve<strong>di</strong> GIUSTIZIA, Scheda 3, pag.36)<br />

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La verità<br />

Costituzione UNESCO (1945)<br />

ORGANIZZAZIONE DELLE NAZIONI UNITE PER L’EDUCAZIONE, LE SCIENZE E LA CULTURA<br />

I Governi degli Stati membri della presente Convenzione, <strong>in</strong> nome dei<br />

loro popoli, <strong>di</strong>chiarano:<br />

che, poiché le guerre nascono nello spirito degli uom<strong>in</strong>i, è nello spirito<br />

degli uom<strong>in</strong>i che devono essere poste le <strong>di</strong>fese della pace;<br />

che la reciproca <strong>in</strong>comprensione dei popoli è sempre stata, nel corso<br />

della storia, l’orig<strong>in</strong>e dei sospetti e della <strong>di</strong>ffidenza tra le nazioni, per<br />

cui i <strong>di</strong>ssensi hanno troppo spesso degenerato nella guerra;<br />

che il grande e terribile conflitto testé term<strong>in</strong>ato è stato generato dalla<br />

negazione dell’ideale democratico <strong>di</strong> <strong>di</strong>gnità, d’eguaglianza e <strong>di</strong> rispetto<br />

della personalità umana e dalla volontà <strong>di</strong> sostituirgli, sfruttando<br />

l’ignoranza e i pregiu<strong>di</strong>zi, il dogma delle <strong>di</strong>versità razziali ed umane;<br />

che la <strong>di</strong>gnità dell’uomo esige la <strong>di</strong>ffusione della cultura e l’educazione<br />

generale <strong>in</strong> un <strong>in</strong>tento <strong>di</strong> giustizia, <strong>di</strong> libertà e <strong>di</strong> pace, per cui a<br />

tutte le nazioni <strong>in</strong>combono sacrosanti doveri da compiere <strong>in</strong> uno spirito<br />

<strong>di</strong> mutua assistenza;<br />

che una pace basata esclusivamente su accor<strong>di</strong> economici e politici tra<br />

i Governi non raccoglierebbe il consenso unanime, duraturo e s<strong>in</strong>cero<br />

dei popoli e che, per conseguenza, detta pace deve essere fondata sulla<br />

solidarietà <strong>in</strong>tellettuale e morale dell’umanità.<br />

Per tali motivi, gli Stati che hanno firmato la presente Convenzione,<br />

risoluti a garantire a tutti il completo ed identico <strong>di</strong>ritto all’educazione,<br />

la libera ricerca della verità oggettiva ed il libero scambio delle<br />

idee e delle cognizioni, decidono <strong>di</strong> sviluppare e moltiplicare le relazioni<br />

tra i loro popoli, ai f<strong>in</strong>i <strong>di</strong> una miglior comprensione e <strong>di</strong> una più<br />

precisa e più reale conoscenza dei loro rispettivi costumi.<br />

Convenzione sui Diritti dell’Infanzia (1989)<br />

Gli Stati aderenti alla presente Convenzione …<br />

Rammentando che nella Dichiarazione Universale dei Diritti<br />

dell’Uomo le Nazioni Unite hanno proclamato che l’<strong>in</strong>fanzia ha <strong>di</strong>ritto<br />

a un aiuto e a un’assistenza particolari.<br />

Conv<strong>in</strong>ti che la famiglia, unità fondamentale della società e ambiente


La verità<br />

naturale per la crescita e il benessere <strong>di</strong> tutti i suoi membri e <strong>in</strong> particolare<br />

dei fanciulli, deve ricevere la protezione e l’assistenza <strong>di</strong> cui<br />

necessita per poter svolgere <strong>in</strong>tegralmente il suo ruolo nella collettività,<br />

riconoscendo che il fanciullo ai f<strong>in</strong>i dello sviluppo armonioso e completo<br />

della sua personalità deve crescere <strong>in</strong> un ambiente familiare <strong>in</strong> un<br />

clima <strong>di</strong> felicità, <strong>di</strong> amore e <strong>di</strong> comprensione, <strong>in</strong> considerazione del<br />

fatto che occorre preparare pienamente il fanciullo ad avere una sua<br />

vita <strong>in</strong><strong>di</strong>viduale nella società, ed educarlo nello spirito degli ideali proclamati<br />

nella Carta delle Nazioni Unite, <strong>in</strong> particolare <strong>in</strong> uno spirito<br />

<strong>di</strong> pace, <strong>di</strong> <strong>di</strong>gnità, <strong>di</strong> tolleranza, <strong>di</strong> libertà, <strong>di</strong> uguaglianza e <strong>di</strong> solidarietà,<br />

…<br />

Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea (2000)<br />

I popoli europei nel creare tra loro un’unione sempre più stretta hanno<br />

deciso <strong>di</strong> con<strong>di</strong>videre un futuro <strong>di</strong> pace fondato su valori comuni.<br />

Consapevole del suo patrimonio spirituale e morale, l’Unione si fonda<br />

sui valori <strong>in</strong><strong>di</strong>visibili e universali <strong>di</strong> <strong>di</strong>gnità umana, <strong>di</strong> libertà, <strong>di</strong><br />

uguaglianza e <strong>di</strong> solidarietà; l’Unione si basa sui pr<strong>in</strong>cipi <strong>di</strong> democrazia<br />

e dello stato <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto. Essa pone la persona al centro della sua<br />

azione istituendo la cittad<strong>in</strong>anza dell’Unione e creando uno spazio <strong>di</strong><br />

libertà, sicurezza e giustizia.<br />

L’Unione contribuisce al mantenimento e allo sviluppo <strong>di</strong> questi valori<br />

comuni, nel rispetto della <strong>di</strong>versità delle culture e delle tra<strong>di</strong>zioni<br />

dei popoli europei, dell’identità nazionale degli Stati membri e dell’ord<strong>in</strong>amento<br />

dei loro pubblici poteri a livello nazionale, regionale e locale;<br />

essa cerca <strong>di</strong> promuovere uno sviluppo equilibrato e sostenibile e<br />

assicura la libera circolazione delle persone, dei beni, dei servizi e dei<br />

capitali nonché la libertà <strong>di</strong> stabilimento.<br />

A tal f<strong>in</strong>e è necessario, rendendoli più visibili <strong>in</strong> una Carta, rafforzare<br />

la tutela dei <strong>di</strong>ritti fondamentali alla luce dell’evoluzione della società,<br />

del progresso sociale e degli sviluppi scientifici e tecnologici.<br />

La presente Carta riafferma, nel rispetto delle competenze e dei compiti<br />

della Comunità e dell’Unione e del pr<strong>in</strong>cipio <strong>di</strong> sussi<strong>di</strong>arietà, i<br />

<strong>di</strong>ritti derivanti <strong>in</strong> particolare dalle tra<strong>di</strong>zioni costituzionali e dagli<br />

obblighi <strong>in</strong>ternazionali comuni agli Stati membri, dal trattato<br />

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La verità<br />

sull’Unione europea e dai trattati comunitari, dalla convenzione europea<br />

per la salvaguar<strong>di</strong>a dei <strong>di</strong>ritti dell’uomo e delle libertà fondamentali,<br />

dalle carte sociali adottate dalla Comunità e dal Consiglio<br />

d’Europa, nonché i <strong>di</strong>ritti riconosciuti dalla giurisprudenza della Corte<br />

<strong>di</strong> giustizia delle Comunità europee e da quella della Corte europea<br />

dei <strong>di</strong>ritti dell’uomo.<br />

Il go<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> questi <strong>di</strong>ritti fa sorgere responsabilità e doveri nei confronti<br />

degli altri come pure della comunità umana e delle generazioni<br />

future.<br />

Pertanto, l’Unione Europea riconosce i <strong>di</strong>ritti, le libertà, e i pr<strong>in</strong>cipi<br />

enunciati qui <strong>di</strong> seguito: Dignità, Libertà, Uguaglianza, Solidarietà,<br />

Cittad<strong>in</strong>anza, Giustizia.


1) Secondo una prospettiva assai<br />

ra<strong>di</strong>cata, tipica del mondo occidentale,<br />

l’approccio con l’altro dev’essere<br />

giusto: <strong>di</strong> una giustizia, però, che<br />

è quella della bilancia o, <strong>in</strong> term<strong>in</strong>i<br />

più tecnici, la cosiddetta giustizia<br />

commutativa. Altro, dunque, dall’unicuique<br />

suum, cioè da un’idea <strong>di</strong><br />

giustizia che, <strong>in</strong>vece <strong>di</strong> ra<strong>di</strong>carsi su<br />

una nozione formale <strong>di</strong> reciprocità,<br />

cerchi <strong>di</strong> realizzare quanto corrisponda,<br />

nei <strong>di</strong>versi contesti, alla<br />

<strong>di</strong>gnità <strong>di</strong> ciascuno dei soggetti co<strong>in</strong>volti.<br />

Quest’ultima nozione <strong>di</strong> giustizia<br />

emerge nelle <strong>di</strong>chiarazioni sui <strong>di</strong>ritti<br />

umani come pure nei testi costituzionali,<br />

non senza alcuni profili riconducibili<br />

allo ius gentium del <strong>di</strong>ritto<br />

romano.<br />

La prima caratterizza <strong>in</strong>vece gran<br />

parte delle norme giuri<strong>di</strong>che positive,<br />

<strong>di</strong> ambito civile o penale, come pure<br />

la vita economica e quella politica, le<br />

relazioni fra gli Stati, la stessa ord<strong>in</strong>arietà,<br />

soprattutto, dei rapporti<br />

Quale giustizia per la pace? *<br />

<strong>in</strong>terpersonali.<br />

Se l’approccio con l’altro dev’essere<br />

giusto, esso comporta una previa<br />

valutazione dell’altro, vale a <strong>di</strong>re un<br />

giu<strong>di</strong>zio su <strong>di</strong> lui. Se questo si risolve<br />

<strong>in</strong> senso negativo, rende l’altro un<br />

avversario, un nemico, comunque un<br />

soggetto estraneo nei cui confronti<br />

potrei giustamente rapportarmi secondo<br />

quella stessa negatività che io<br />

abbia ravvisato <strong>in</strong> lui.<br />

È giusto, <strong>in</strong> quest’ottica, che colui il<br />

quale abbia fatto del male riceva del<br />

male; e che solo colui il quale abbia<br />

fatto del bene – mi abbia fatto del<br />

bene – riceva del bene.<br />

La massima davvero praticata rischia<br />

<strong>di</strong> essere: è giusto che colui il quale<br />

rappresenti per me (e secondo me)<br />

un male riceva del male; è giusto che<br />

colui il quale rappresenti per me (e<br />

secondo me) un bene riceva del<br />

bene.<br />

Ma il fatto è che nessuno risulta<br />

estraneo al male; e che ciascuno può<br />

costituire, <strong>in</strong> molteplici situazioni, un<br />

*(il testo che segue è un libero adattamento dell’articolo del prof Luciano Eusebi pubblicato col titolo<br />

“Quale giustizia per una convivenza pacifica?”, <strong>in</strong> Dialoghi, Roma, 2002, 2, pp. 54-65, e <strong>in</strong> Dialoghi<br />

Carmelitani, <strong>Brescia</strong>, 2002, 3, pp. 14-20, nonché col titolo “Quale giustizia per la pace?”, <strong>in</strong> Dignitas.<br />

Percorsi <strong>di</strong> carcere e <strong>di</strong> giustizia, n. 1/2002, pp. 6-15. Il testo <strong>in</strong>tegrale è reperibile anche sul sito della<br />

<strong>Diocesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Brescia</strong> www.<strong>di</strong>ocesi.brescia.it nella sezione della Pastorale Sociale.<br />

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26<br />

La giustizia<br />

limite all’espansione dei bisogni<br />

materiali altrui.<br />

Secondo il modello <strong>di</strong> giustizia s<strong>in</strong><br />

qui preso <strong>in</strong> considerazione, dunque,<br />

l’altro è sempre un nemico almeno<br />

potenziale.<br />

2) In un simile meccanismo della giustizia,<br />

nonostante le apparenze, non<br />

c’è un prima e un dopo nel modo <strong>di</strong><br />

manifestarsi del male: il male compiuto<br />

per così <strong>di</strong>re pro<strong>di</strong>toriamente,<br />

secondo pura malvagità, e il male<br />

che – <strong>in</strong> quanto si contrappone al<br />

male – è giusto e <strong>di</strong>viene un bene.<br />

È molto facile, <strong>in</strong>fatti, legittimare <strong>in</strong><br />

term<strong>in</strong>i <strong>di</strong> ritorsione il male che si<br />

compie, dato che non è <strong>di</strong>fficile<br />

reperire nell’altro del male, essendo<br />

ciascuno <strong>in</strong> qualche misura artefice<br />

<strong>di</strong> male. Del resto, chi riteniamo<br />

abbia fatto il male spesso, a sua<br />

volta, lo ha giustificato <strong>in</strong> cuor suo<br />

come una ritorsione. E chi subisce un<br />

male ritenuto giusto da chi lo <strong>in</strong>fligge<br />

non lo percepisce come giustizia,<br />

ma solo come un male: un male che<br />

spegnerà <strong>in</strong> lui il rimorso e la stessa<br />

coscienza del male compiuto (lo<br />

esprime con grande efficacia<br />

Dostoevskij nelle Memorie da una<br />

casa <strong>di</strong> morti) e fungerà, a sua volta,<br />

da avallo per la sua ritorsione.<br />

3) Gli effetti della logica <strong>di</strong> giustizia<br />

s<strong>in</strong> qui tratteggiata <strong>in</strong>vestono molte-<br />

(Mt 5,17-26)<br />

Non pensate che io sia venuto ad<br />

abolire la Legge o i Profeti; non son<br />

venuto per abolire, ma per dare compimento.<br />

In verità vi <strong>di</strong>co: f<strong>in</strong>ché non<br />

siano passati il cielo e la terra, non<br />

passerà neppure un iota o un segno<br />

dalla legge, senza che tutto sia compiuto.<br />

Chi dunque trasgre<strong>di</strong>rà uno<br />

solo <strong>di</strong> questi precetti, anche m<strong>in</strong>imi,<br />

e <strong>in</strong>segnerà agli uom<strong>in</strong>i a fare altrettanto,<br />

sarà considerato m<strong>in</strong>imo nel<br />

regno dei cieli. Chi <strong>in</strong>vece li osserverà<br />

e li <strong>in</strong>segnerà agli uom<strong>in</strong>i, sarà<br />

considerato grande nel regno dei<br />

cieli<br />

Poiché io vi <strong>di</strong>co: se la vostra giustizia<br />

non supererà quella degli scribi e<br />

dei farisei, non entrerete nel regno<br />

dei cieli.<br />

Avete <strong>in</strong>teso che fu detto agli antichi:<br />

Non uccidere; chi avrà ucci<br />

plici settori card<strong>in</strong>e dei rapporti<br />

sociali e risultano assai più estesi <strong>di</strong><br />

quanto a prima vista potrebbe ritenersi.<br />

a. L’espressione <strong>di</strong> tale logica s’identifica<br />

nel concetto corrente <strong>di</strong> giustizia<br />

penale. Si è soliti ritenere che<br />

più dura si configuri la ritorsione nei<br />

confronti delle condotte illecite più<br />

efficiente risulterebbe la prevenzione.<br />

b. La politica <strong>in</strong>ternazionale resta<br />

caratterizzata dal fatto che a presi<strong>di</strong>o<br />

del proprio bene vengono ord<strong>in</strong>aria-


so sarà sottoposto a giu<strong>di</strong>zio. Ma io<br />

vi <strong>di</strong>co: chiunque si a<strong>di</strong>ra con il proprio<br />

fratello, sarà sottoposto a giu<strong>di</strong>zio.<br />

Chi poi <strong>di</strong>ce al fratello: stupido,<br />

sarà sottoposto al s<strong>in</strong>edrio; e chi gli<br />

<strong>di</strong>ce: pazzo, sarà sottoposto al fuoco<br />

della Geenna.<br />

Se dunque presenti la tua offerta<br />

sull’altare e lì ti ricor<strong>di</strong> che tuo fratello<br />

ha qualche cosa contro <strong>di</strong> te,<br />

lascia lì il tuo dono davanti all’altare<br />

e và prima a riconciliarti con il<br />

tuo fratello e poi torna ad offrire il<br />

tuo dono.<br />

Mettiti presto d’accordo con il tuo<br />

avversario mentre sei per via con<br />

lui, perché l’avversario non ti consegni<br />

al giu<strong>di</strong>ce e il giu<strong>di</strong>ce alla guar<strong>di</strong>a<br />

e tu venga gettato <strong>in</strong> prigione. In<br />

verità ti <strong>di</strong>co: nonuscirai <strong>di</strong> là f<strong>in</strong>ché<br />

tu non abbia pagato f<strong>in</strong>o all’ultimo<br />

spicciolo!<br />

mente attuate strategie non <strong>di</strong>sponibili<br />

a farsi carico, nel medesimo tempo,<br />

del bene altrui, ovvero, <strong>in</strong> altri term<strong>in</strong>i,<br />

del bonum commune. Non sussistendo<br />

una prospettiva <strong>di</strong> reciprocità<br />

<strong>in</strong> grado <strong>di</strong> costituirne il fondamento,<br />

il bene stesso f<strong>in</strong>isce per essere identificato<br />

con gli <strong>in</strong>teressi propri.<br />

c. Si comprende altresì il <strong>di</strong>s<strong>in</strong>teresse<br />

a una traduzione cre<strong>di</strong>bile dei<br />

<strong>di</strong>ritti umani nella vita concreta <strong>di</strong><br />

gran parte dell’umanità, col timore<br />

non <strong>in</strong>fondato che il processo <strong>in</strong> atto<br />

<strong>di</strong> cosiddetta globalizzazione possa<br />

La giustizia<br />

ripetere gli effetti perversi per i soggetti<br />

deboli delle piccole globalizzazioni<br />

realizzatesi <strong>in</strong> epoche passate:<br />

dalla conquista, alcuni secoli or<br />

sono, del cont<strong>in</strong>ente americano, al<br />

colonialismo, alle vicende recenti<br />

che hanno <strong>in</strong>vestito la transizione<br />

verso l’economia <strong>di</strong> mercato<br />

dell’Europa orientale.<br />

d. La giustizia <strong>in</strong>tesa come reciprocità<br />

connota <strong>in</strong> modo decisivo gli<br />

stessi modelli educativi e, su tale presupposto,<br />

le relazioni fondamentali<br />

tra le persone. F<strong>in</strong> dalla più tenera<br />

età veniamo motivati ad agire sulla<br />

base <strong>di</strong> gratificazioni e punizioni;<br />

nella nostra memoria resta <strong>in</strong>delebile<br />

l’immag<strong>in</strong>e <strong>di</strong> lavagne reali o metaforiche<br />

contenenti l’elenco dei buoni<br />

e quello dei cattivi.<br />

e. I nessi fra modelli retributivi della<br />

giustizia e attività economica restano<br />

un terreno da scandagliare. Senza<br />

dubbio, tuttavia, il liberismo lasciato<br />

a se stesso implica il perseguimento<br />

del bene <strong>di</strong> alcuni mettendo <strong>in</strong> conto<br />

il soccombere <strong>di</strong> chi non è sufficientemente<br />

capace, che dunque giustamente<br />

paga per la sua <strong>in</strong>ettitud<strong>in</strong>e:<br />

tanto che l’economia europea, più <strong>di</strong><br />

ogni altra, conosce mezzi <strong>di</strong> (ri)equilibrio<br />

che sono sentore <strong>di</strong> una logica<br />

<strong>di</strong>versa della giustizia, ma che oggi,<br />

sovente, non hanno buona stampa.<br />

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La giustizia<br />

4) A supporto della giustizia retributiva<br />

è stato per secoli utilizzato, strumentalizzandolo,<br />

il riferimento religioso,<br />

me<strong>di</strong>ante letture superficiali <strong>di</strong><br />

espressioni tratte dalle Scritture.<br />

Quanti, del resto, vedono nella religione<br />

nient’altro che il presi<strong>di</strong>o della<br />

logica secondo cui i buoni vanno<br />

premiati e i cattivi puniti?<br />

Nulla <strong>in</strong> effetti deturpa il messaggio<br />

religioso più ra<strong>di</strong>calmente della sua<br />

identificazione con l’idea che il male<br />

esiga una ritorsione secondo il male:<br />

la peculiarità dell’annuncio cristiano,<br />

non per questo del tutto estranea alle<br />

altre tra<strong>di</strong>zioni religiose, sta, piuttosto,<br />

nel conv<strong>in</strong>cimento che solo il<br />

bene – l’amore – è vera alternativa <strong>di</strong><br />

vita allo scandalo del male.<br />

Amare non è il sentimento irenistico<br />

dei giorni spensierati; è, piuttosto, lo<br />

scarto – lo spasimo – che si realizza<br />

quando, <strong>di</strong> fronte al male, deci<strong>di</strong>amo<br />

<strong>di</strong> attivarci, o comunque <strong>di</strong> porci,<br />

secondo una logica <strong>di</strong>versa da quel<br />

male (secondo ciò che è alternativo<br />

al male): dunque, quando non ce ne<br />

lasciamo schiacciare o non ci appiattiamo<br />

su <strong>di</strong> esso; quando quel male<br />

non <strong>di</strong>viene giustificazione delle<br />

nostre <strong>in</strong>erzie <strong>di</strong>silluse, delle nostre<br />

<strong>in</strong>teressate cecità, se non delle nostre<br />

vendette.<br />

L’amore è una cosa viva: è protesta<br />

nei confronti del male, però non con<br />

i mezzi del male (“se c’è una guerra<br />

tra il bene e il male, e il bene usa le<br />

armi del male, chi v<strong>in</strong>ce?”).<br />

C’è una sorta <strong>di</strong> mistero: si ama a<br />

partire dal male; non ci è dato concepire<br />

un amore non speso, che <strong>in</strong> qualche<br />

modo non sia crocifisso, che non<br />

muova dall’impossibilità <strong>di</strong> restare<br />

<strong>in</strong><strong>di</strong>fferenti verso l’una o l’altra realtà<br />

negativa, che non costituisca un sussulto<br />

<strong>di</strong> orgoglio nei confronti <strong>di</strong> ciò<br />

che solo fisicamente può schiacciarci,<br />

o verso il nostro stesso peccato.<br />

Da millenni ci <strong>in</strong>terroghiamo sul problema<br />

del male. Ma forse un abbozzo<br />

<strong>di</strong> risposta esige che si sposti l’attenzione<br />

proprio sull’amore: ciò che<br />

regge il mondo, ciò che è vera vita,<br />

ciò che non può non essere, perché<br />

lo è <strong>in</strong>nanzitutto Dio nella Sua<br />

<strong>di</strong>mensione tr<strong>in</strong>itaria, e che resterà.<br />

L’amore costituisce una realtà d<strong>in</strong>amica,<br />

che riusciamo a descrivere solo<br />

riferendoci all’<strong>in</strong>compiutezza –<br />

potremmo <strong>di</strong>re al fetore irrime<strong>di</strong>abile<br />

<strong>di</strong> morte (da Auschwitz a ogni morte)<br />

– che dom<strong>in</strong>a <strong>in</strong> sua assenza: dunque,<br />

come superamento (o trascen<strong>di</strong>mento)<br />

del male, come donarsi gratuito<br />

che si consuma, <strong>di</strong>mostrandosi<br />

fecondo, attraverso l’abbandono <strong>di</strong><br />

ogni riserva egoistica, e che <strong>di</strong>schiude<br />

una con<strong>di</strong>zione altra rispetto allo<br />

scandalo del male.


5) L’alternativa alla giustizia della<br />

bilancia si realizza attraverso un<br />

<strong>di</strong>ritto il quale abbia a che fare col<br />

riconoscimento dell’altro: limite al<br />

mio avere, ma necessario al mio<br />

essere.<br />

Si tratta <strong>di</strong> domandarsi, rispetto a<br />

tutte le situazioni <strong>di</strong> <strong>in</strong>compiutezza –<br />

La giustizia<br />

<strong>di</strong> male – che <strong>in</strong>contriamo nella vita<br />

come si possa agire con <strong>in</strong>telligenza<br />

secondo il bene. Prima <strong>di</strong> qualsiasi<br />

giu<strong>di</strong>zio sull’altro che ci consenta <strong>di</strong><br />

legittimare la nostra <strong>in</strong><strong>di</strong>fferenza o <strong>di</strong><br />

giustificare <strong>in</strong> term<strong>in</strong>i <strong>di</strong> ritorsione il<br />

nostro male, ci si deve accollare la<br />

fatica del bene.<br />

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La giustizia<br />

LA GIUSTIZIA PIEGATA;<br />

SFIDUCIA E DIFFIDENZA<br />

Osserva Rita Borsell<strong>in</strong>o, vice presidente <strong>di</strong> “Libera. Associazioni,<br />

nomi e numeri contro le mafie” e sorella del giu<strong>di</strong>ce Carlo Borsell<strong>in</strong>o,<br />

assass<strong>in</strong>ato dalla mafia : «Mi ritrovo spesso a parlare <strong>di</strong> questi argomenti<br />

(giustizia e tentativi <strong>di</strong> delegittimazione della magistratura) con<br />

i giovani - che sono i miei <strong>in</strong>terlocutori nelle tante scuole che ogni anno<br />

visito e nelle quali parlo - e noto un’evoluzione nel loro atteggiamento:<br />

un tempo registravo una grande fiducia nella magistratura, nell’operato<br />

dei magistrati che venivano percepiti come dei punti fermi, dei<br />

garanti della legalità e del senso <strong>di</strong>ffuso <strong>di</strong> legalità. Da quando, <strong>in</strong>vece,<br />

si è <strong>in</strong>iziato a parlare dei magistrati come dei “nemici” della giustizia<br />

e della legalità, ho registrato un <strong>di</strong>sorientamento proprio tra i giovani.<br />

In quella fase <strong>di</strong> <strong>di</strong>sorientamento, i giovani ci riempivano <strong>di</strong><br />

domande, conservavano la voglia <strong>di</strong> capire non senza sottol<strong>in</strong>eare le<br />

contrad<strong>di</strong>zioni. Adesso spesso i giovani che <strong>in</strong>contro non pongono più<br />

nemmeno le domande: mi guardano quasi con compassione, come se<br />

parlassimo <strong>di</strong> cose del passato, come se fossimo dei nostalgici <strong>di</strong> questa<br />

legalità che, se prima forse non si capiva bene che cosa fosse, ora è<br />

come se non esistesse più, quasi fosse un concetto superato. E questa<br />

sfiducia palpabile è un ulteriore segno gravissimo…».<br />

E’ una grave responsabilità quella che si assume chi alimenta e <strong>di</strong>ffonde<br />

- anche e soprattutto nei confronti delle giovani generazioni -<br />

questo clima <strong>di</strong> “sospetto” nei confronti della Giustizia e <strong>di</strong> chi la<br />

amm<strong>in</strong>istra.<br />

UNA GRAVE RESPONSABILITA’<br />

La delegittimazione della magistratura e, <strong>in</strong> fondo, dell’idea stessa<br />

della Giustizia, è pericolosissima.<br />

La gente comune, che non ha nulla da nascondere - grazie a Dio, ce n’è<br />

ancora tanta -, ritiene che chi si sente veramente <strong>in</strong>nocente, dovrebbe<br />

desiderare, anzi pretendere, un chiarimento giu<strong>di</strong>ziario.<br />

Ed <strong>in</strong>vece… il rimescolamento dei 3 poteri sanciti dalla Costituzione


della Repubblica Italiana, Legislativo (esercitato dal Parlamento),<br />

Esecutivo (esercitato dal Governo) e Giu<strong>di</strong>ziario (esercitato dalla<br />

Magistratura), provoca gravi rischi. E’ il caso <strong>in</strong> cui il Governo chieda<br />

al Parlamento <strong>di</strong> approvare una legge con lo scopo <strong>di</strong> ostacolare il<br />

corso della Giustizia o, peggio ancora, <strong>di</strong> favorire gli <strong>in</strong>teressi <strong>di</strong> pochi<br />

potenti depenalizzando azioni che prima erano considerate reato.<br />

Quando ciò accade, la <strong>di</strong>gnità del “ Diritto” viene sm<strong>in</strong>uita da <strong>in</strong>teressi<br />

“particolari” e la “Giustizia” si <strong>in</strong>debolisce, piegata dall’arroganza<br />

del potere che <strong>in</strong>tende sottometterla attraverso cont<strong>in</strong>ui con<strong>di</strong>zionamenti<br />

della sua autonomia.<br />

IL RISPETTO DEL DIRITTO<br />

Nel Discorso al Corpo Diplomatico, il 13 gennaio 2003, il Papa<br />

Giovanni Paolo II parla <strong>di</strong> “ rispetto del Diritto”, a livello planetario<br />

ma anche <strong>in</strong> riferimento ad ogni s<strong>in</strong>gola nazione. Dice: “La vita <strong>in</strong><br />

società - <strong>in</strong> particolare la vita <strong>in</strong>ternazionale - suppone dei pr<strong>in</strong>cipi<br />

comuni <strong>in</strong>tangibili, il cui scopo è <strong>di</strong> garantire la sicurezza e la libertà<br />

dei cittad<strong>in</strong>i e delle Nazioni. Tali regole <strong>di</strong> condotta sono alla base<br />

della stabilità nazionale e <strong>in</strong>ternazionale. Oggi, i responsabili politici<br />

hanno a <strong>di</strong>sposizione testi appropriati e pert<strong>in</strong>enti istituzioni. Basta<br />

metterli <strong>in</strong> pratica. Il mondo sarebbe totalmente <strong>di</strong>verso se si com<strong>in</strong>ciasse<br />

ad applicare, <strong>in</strong> maniera s<strong>in</strong>cera, gli accor<strong>di</strong> sottoscritti!…”<br />

I riferimenti più solenni sono:<br />

- a livello <strong>in</strong>ternazionale, la “Carta delle Nazioni Unite”, la<br />

“Dichiarazione universale dei <strong>di</strong>ritti dell’uomo” e l’O.N.U.<br />

- a livello nazionale, la “ Costituzione della Repubblica Italiana”<br />

e le Istituzioni Repubblicane.<br />

E’ attuale quanto <strong>di</strong>ceva Giovanni XXIII nella “<strong>Pacem</strong> <strong>in</strong> terris”:<br />

La giustizia<br />

“ La Giustizia e<strong>di</strong>ficherà la pace, se ciascuno concretamente<br />

rispetterà i <strong>di</strong>ritti altrui e si sforzerà <strong>di</strong> adempiere pienamente<br />

i propri doveri verso gli altri”.<br />

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La giustizia<br />

IL CORRETTO ESERCIZIO<br />

DELL’AUTORITA’<br />

Introduzione<br />

Una corretta visione della pace, è stato da più parti sottol<strong>in</strong>eato, non<br />

ha bisogno <strong>di</strong> contrapporsi al suo contrario, rifiuta cioè <strong>di</strong> ricorrere al<br />

concetto <strong>di</strong> guerra per def<strong>in</strong>irsi.<br />

La pace, anche questo è più volte stato riba<strong>di</strong>to sulla scia <strong>di</strong> Papa<br />

Giovanni, è il risultato dell’azione umana basata sui quattro pilastri<br />

della verità, giustizia, carità, libertà.<br />

Oggi, semmai, possiamo <strong>di</strong>re che vi è maggiore sensibilità per l’elemento<br />

giustizia, term<strong>in</strong>e quasi sempre associato a quello <strong>di</strong> pace.<br />

Inoltre, il concetto <strong>di</strong> carità risulta arricchito se lo si abb<strong>in</strong>a, come del<br />

resto era chiaro nel pensiero giovanneo, a quello <strong>di</strong> solidarietà.<br />

Possiamo qu<strong>in</strong><strong>di</strong> parlare <strong>di</strong> carità-solidarietà.<br />

Cre<strong>di</strong>amo sia poi facile convenire che a quarat’anni dalla “<strong>Pacem</strong> <strong>in</strong><br />

<strong>Terris</strong>” la fatica <strong>di</strong> costruire la pace si fa sempre più esigente.<br />

Insomma la pace, nel suo senso pieno, è un progetto che mai sarà pienamente<br />

realizzato su questa terra perché gli ostacoli alla sua piena<br />

<strong>in</strong>staurazione sono nel cuore stesso dell’uomo, “fallace” <strong>di</strong>ce la Bibbia.<br />

Ma fra il progetto, che resterà <strong>in</strong>compiuto, f<strong>in</strong>o all’ultimo giorno, e il<br />

presente dove la menzogna, l’<strong>in</strong>giustizia, l’egoismo ed il servaggio sono<br />

molto <strong>di</strong>ffusi, c’è tutto lo spazio per l’impegno più vasto, la più ampia<br />

delle missioni, la più costante delle azioni. E questo per tutti.<br />

Rapporti tra gli esseri umani e i pubblici poteri<br />

Uno dei pr<strong>in</strong>cipi basilari sui quali l’enciclica <strong>in</strong>siste è la <strong>di</strong>gnità della<br />

persona umana. In riferimento a questo pr<strong>in</strong>cipio ne vengono sottol<strong>in</strong>eati<br />

altri due: la società come comunità <strong>di</strong> persone e l’umanità come<br />

famiglia umana. (cfr. Luigi Lorenzetti, <strong>in</strong> “La fatica della pace”, EDB<br />

2003). “Gli esseri umani sono tutti uguali nella <strong>di</strong>gnità naturale”<br />

(<strong>Pacem</strong> <strong>in</strong> <strong>Terris</strong> n°24). “Non ci sono esseri umani superiori per natura<br />

ed esseri umani <strong>in</strong>feriori per natura”(n° 50).


La giustizia<br />

Dall’uguale <strong>di</strong>gnità deriva l’uguaglianza tra gli esseri umani (cfr. ibidem<br />

pag. 53). La <strong>di</strong>gnità della persona non è un concetto vago e generico,<br />

<strong>in</strong><strong>di</strong>ca che ad ogni essere umano vanno garantiti quelli che solitamente<br />

chiamiamo <strong>di</strong>ritti umani.<br />

La “<strong>Pacem</strong> <strong>in</strong> <strong>Terris</strong>” ci presenta la concezione <strong>di</strong> uno Stato moderno<br />

che, pur essendo Stato <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto, è anche Stato-Comunità che trova la<br />

sua ragion d’essere nel bene comune, ossia bene <strong>di</strong> ciascuno e <strong>di</strong> tutti<br />

al quale ognuno può e deve dare un contributo secondo le sue capacità.<br />

A tutti, veramente a tutti gli uom<strong>in</strong>i, deve essere garantito l’esercizio<br />

dei <strong>di</strong>ritti e ognuno è sollecitato a farsi carico dei più deboli e ad osservare<br />

una serie <strong>di</strong> doveri, “<strong>in</strong><strong>di</strong>ssolubilmente” legati ai <strong>di</strong>ritti stessi.<br />

L’enciclica sottol<strong>in</strong>ea come i rapporti fra i cittad<strong>in</strong>i e i pubblici poteri<br />

vadano regolati “secondo giustizia”, facendo notare che questo comporta<br />

il “riconoscimento dei vicendevoli <strong>di</strong>ritti, l’adempimento dei<br />

rispettivi doveri”.<br />

Il Papa , nella parte de<strong>di</strong>cata ai “Rapporti tra gli esseri umani e i poteri<br />

pubblici all’<strong>in</strong>terno delle s<strong>in</strong>gole comunità politiche”, illustra ampiamente<br />

la necessità dell’autorità per un ord<strong>in</strong>ato vivere civile.<br />

L’autorità deve sì essere legittimata dal consenso ma deriva da Dio.<br />

Dice Renato Raffaele Mart<strong>in</strong>o (<strong>in</strong> A.Giovagnoli (a cura <strong>di</strong>), “<strong>Pacem</strong> <strong>in</strong><br />

<strong>Terris</strong>”, Guer<strong>in</strong>i e associati, Milano 2003): “In forza della sua orig<strong>in</strong>e<br />

umana e <strong>di</strong>v<strong>in</strong>a, anziché frutto <strong>di</strong> un consenso, l’autorità è espressione<br />

<strong>di</strong> esigenze che la precedono e la guidano, legate all’ord<strong>in</strong>e morale,<br />

impresso orig<strong>in</strong>ariamente, e alla <strong>di</strong>gnità dell’uomo.” E ancora:<br />

“L’autorità che comanda contro la retta ragione si trasforma <strong>in</strong> sopruso<br />

e non può obbligare la coscienza.”<br />

“Il consenso sociale, come anche l’adesione della maggioranza, sono<br />

decisivi per giungere a detenere la facoltà <strong>di</strong> comandare, ma non rendono<br />

moralmente valide le opzioni dei governanti.” (cfr. “<strong>Pacem</strong> <strong>in</strong><br />

<strong>Terris</strong>” n° 32).<br />

I valori non sono creati e decisi dallo Stato e nemmeno dalla maggioranza.<br />

Giovanni Paolo II riprende il concetto e lo esemplifica nella<br />

“Evangelium vitae” chiedendo provocatoriamente: “Quando una maggioranza<br />

parlamentare o sociale decreta la legittimità della soppres-<br />

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La giustizia<br />

sione... della vita umana non ancora nata, non assume una decisione<br />

“tirannica”...? La coscienza universale giustamente reagisce nei confronti<br />

dei crim<strong>in</strong>i contro l’umanità <strong>di</strong> cui il nostro secolo ha fatto così<br />

tristi esperienze. Forse che questi crim<strong>in</strong>i cesserebbero <strong>di</strong> essere tali<br />

se, <strong>in</strong>vece <strong>di</strong> essere commessi da tiranni senza scrupoli, fossero legittimati<br />

dal consenso popolare?”.<br />

Dalla” <strong>Pacem</strong> <strong>in</strong> <strong>Terris</strong>” si ev<strong>in</strong>ce chiaramente che compito primario<br />

dei pubblici poteri è quello <strong>di</strong> servire la crescita piena delle persone e<br />

dei gruppi sociali. Chi detiene l’autorità deve qu<strong>in</strong><strong>di</strong>:<br />

a) astenersi dal comprimere il pluralismo sociale, tanto fecondo per la<br />

vita della comunità;<br />

b) sostenere il pr<strong>in</strong>cipio <strong>di</strong> rappresentanza, fondamento della democrazia;<br />

c) favorire il pr<strong>in</strong>cipio della sussi<strong>di</strong>arietà, che comporta il rispetto e il<br />

potenziamento della <strong>di</strong>gnità e dell’autonomia delle persone e dei gruppi<br />

sociali;<br />

d) perseguire la democrazia partecipativa perché più sono numerose le<br />

persone che si <strong>in</strong>teressano al bene comune e più efficacemente questo<br />

sarà raggiunto o salvaguardato.<br />

“Sia facilitata la istituzione dei corpi <strong>in</strong>terme<strong>di</strong> che rendono più articolata<br />

e più feconda la vita sociale” (n° 39).<br />

Il pluralismo sociale oggi, soprattutto <strong>in</strong> Europa, non può ignorare il<br />

numero sempre crescente <strong>di</strong> gruppi etnici anche <strong>in</strong> rapporto all’immigrazione.<br />

Sul <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> emigrazione nell’enciclica si legge: “Ogni<br />

essere umano... ha pure <strong>di</strong>ritto, quando legittimi <strong>in</strong>teressi lo consigliano,<br />

<strong>di</strong> immigrare <strong>in</strong> altre Comunità politiche e stabilirsi <strong>in</strong> esse”(n°<br />

12) e “Vanno certamente considerati come elementi del bene comune<br />

le caratteristiche etniche che contrad<strong>di</strong>st<strong>in</strong>guono i vari gruppi<br />

umani”(n° 33).<br />

“E’ un’esigenza della loro <strong>di</strong>gnità <strong>di</strong> persone che gli esseri umani prendano<br />

parte attiva alla vita pubblica...Attraverso la partecipazione alla vita<br />

pubblica si aprono agli esseri umani nuovi e vasti campi <strong>di</strong> bene; mentre<br />

i frequenti contatti fra cittad<strong>in</strong>i e funzionari pubblici rendono a questi


la giustizia<br />

meno arduo cogliere le istanze obbiettive del bene comune…” (n° 44).<br />

I pr<strong>in</strong>cipi affermati da papa Giovanni e le sue numerose quanto precise<br />

<strong>in</strong><strong>di</strong>cazioni, applicate alla situazione o<strong>di</strong>erna caratterizzata dal<br />

neoliberismo e dalla concezione <strong>di</strong>storta della libertà perché <strong>in</strong>tesa<br />

come permissivismo, devono seriamente fare riflettere.<br />

Spesso si verifica che oggi <strong>in</strong> modo molto <strong>di</strong>s<strong>in</strong>volto, chi ha l’autorità<br />

la fa co<strong>in</strong>cidere con la “volontà della maggioranza”, <strong>in</strong>tesa come<br />

somma <strong>di</strong> volontà <strong>in</strong><strong>di</strong>viduali. “Ciò <strong>in</strong>duce le maggioranze ed i rispettivi<br />

governi a proporsi come gli unici <strong>in</strong>terpreti dell’<strong>in</strong>tera società e a<br />

esercitare il potere ricorrendo a modalità autoritarie e populiste, m<strong>in</strong>imizzando<br />

o scavalcando, se non negando, il valore <strong>di</strong> altre rappresentanze<br />

sociali, quasi che queste non fossero espressioni democratiche e<br />

altrettanto legittime della società.” (Renato Raffaele Mart<strong>in</strong>o, ibidem).<br />

Se questa analisi è vera, ed è quanto meno certo che falsa non è, molto<br />

bisogna recuperare del concetto <strong>di</strong> autorità e <strong>di</strong> bene comune come li<br />

<strong>in</strong>tendeva papa Giovanni.<br />

Al n° 40 l’enciclica sottol<strong>in</strong>ea che,<br />

per il bene comune, i pubblici poteri,<br />

nel tutelare i <strong>di</strong>ritti <strong>di</strong> alcuni<br />

<strong>in</strong><strong>di</strong>vidui o gruppi sociali, non cre<strong>in</strong>o<br />

posizioni <strong>di</strong> privilegio per alcuni<br />

e nel promuovere i <strong>di</strong>ritti della<br />

persona “si arrivi all’assurdo risultato<br />

<strong>di</strong> ridurne eccessivamente o<br />

renderne impossibile il genu<strong>in</strong>o<br />

esercizio”.<br />

Il Papa prosegue, e la sottol<strong>in</strong>eatura<br />

è nel testo: “Dev’essere sempre riaffermato il pr<strong>in</strong>cipio che la presenza<br />

dello Stato <strong>in</strong> campo economico non va attuata per ridurre sempre<br />

<strong>di</strong> più la sfera <strong>di</strong> libertà della <strong>in</strong>iziativa personale dei s<strong>in</strong>goli cittad<strong>in</strong>i,<br />

ma per garantire a quella sfera la maggiore ampiezza possibile,<br />

nell’effettiva tutela, per tutti e per ciascuno, dei <strong>di</strong>ritti essenziali<br />

della persona”.<br />

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La giustizia<br />

VIOLAZIONI DEL DIRITTO<br />

INTERNAZIONALE<br />

1) Possiamo <strong>di</strong>re che il <strong>di</strong>ritto è l’espressione del criterio <strong>di</strong><br />

giustizia che un popolo si da nel regolare la propria vita. Se il<br />

popolo si allarga ad abbracciare tutta l’umanità può <strong>di</strong>ventare<br />

più <strong>di</strong>fficile trovare tale criterio ed estendere la giustizia<br />

ovunque.<br />

Non mancano tuttavia delle premesse <strong>di</strong> tutto rispetto:<br />

Dalla <strong>di</strong>chiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo<br />

Preambolo<br />

Considerato che il riconoscimento della <strong>di</strong>gnità <strong>in</strong>erente a tutti i membri<br />

della famiglia umana e dei loro <strong>di</strong>ritti, uguali ed <strong>in</strong>alienabili, costituisce<br />

il fondamento della libertà, della giustizia e della pace nel<br />

mondo; Considerato che il <strong>di</strong>sconoscimento e il <strong>di</strong>sprezzo dei <strong>di</strong>ritti<br />

dell’uomo hanno portato ad atti <strong>di</strong> barbarie che offendono la coscienza<br />

dell’umanità, e che l’avvento <strong>di</strong> un mondo <strong>in</strong> cui gli esseri umani godono<br />

della libertà <strong>di</strong> parola e <strong>di</strong> credo e della libertà dal timore e dal bisogno<br />

è stato proclamato come la più alta aspirazione dell’uomo;<br />

Considerato che è <strong>in</strong><strong>di</strong>spensabile che i <strong>di</strong>ritti dell’uomo siano protetti<br />

da norme giuri<strong>di</strong>che, se si vuole evitare che l’uomo sia costretto a<br />

ricorrere, come ultima istanza, alla ribellione contro la tirannia e l’oppressione;<br />

Considerato che è <strong>in</strong><strong>di</strong>spensabile promuovere lo sviluppo<br />

dei rapporti amichevoli tra le Nazioni; Considerato che i popoli delle<br />

Nazioni Unite hanno riaffermato nello Statuto la loro fede nei <strong>di</strong>ritti<br />

fondamentali dell’uomo, nella <strong>di</strong>gnità e nel valore della persona<br />

umana, nell’eguaglianza dei <strong>di</strong>ritti dell’uomo e della donna, ed hanno<br />

deciso <strong>di</strong> promuovere il progresso sociale e un migliore tenore <strong>di</strong> vita<br />

<strong>in</strong> una maggiore libertà; Considerato che gli Stati membri si sono<br />

impegnati a perseguire, <strong>in</strong> cooperazione con le Nazioni Unite, il rispetto<br />

e l’osservanza universale dei <strong>di</strong>ritti dell’uomo e delle libertà fondamentali;<br />

Considerato che una concezione comune <strong>di</strong> questi <strong>di</strong>ritti e <strong>di</strong><br />

queste libertà è della massima importanza per la piena realizzazione


La giustizia<br />

<strong>di</strong> questi impegni; l’Assemblea Generale proclama la presente<br />

Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo come ideale da raggiungersi<br />

da tutti i popoli e da tutte le Nazioni, al f<strong>in</strong>e che ogni <strong>in</strong><strong>di</strong>viduo<br />

e ogni organo della società avendo costantemente presente questa<br />

Dichiarazione, si sforzi <strong>di</strong> promuovere, con l’<strong>in</strong>segnamento e l’educazione,<br />

il rispetto <strong>di</strong> questi <strong>di</strong>ritti e <strong>di</strong> queste libertà e <strong>di</strong> garantirne,<br />

me<strong>di</strong>ante misure progressive <strong>di</strong> carattere nazionale e <strong>in</strong>ternazionale,<br />

l’universale ed effettivo riconoscimento e rispetto tanto fra popoli<br />

degli stessi Stati membri, quanto fra quelli dei territori sottoposti alla<br />

loro giuris<strong>di</strong>zione.<br />

2) Ma non mancano clamorose <strong>di</strong>vergenze da queste buone<br />

<strong>in</strong>tenzioni<br />

Guantanamo Bay, Cuba: lotta al terrorismo <strong>in</strong>ternazionale.<br />

“Cari papà, mamma e sorelle. Sono negli Stati Uniti. Sono stato arrestato.<br />

Spero <strong>di</strong> essere rilasciato presto, poiché sono <strong>in</strong>nocente”. Chi scrive,<br />

è Issa Khan, un me<strong>di</strong>co omeopatico afgano r<strong>in</strong>chiuso nella base<br />

navale <strong>di</strong> Guantanamo, quella del film “Co<strong>di</strong>ce d’onore” per <strong>in</strong>tenderci.<br />

A Guantanamo, secondo il segretario alla <strong>di</strong>fesa americano<br />

Rumsfield, dovrebbe essere r<strong>in</strong>chiuso il nocciolo duro <strong>di</strong> al–Qaeda,<br />

l’organizzazione terroristica <strong>in</strong>ternazionale che fa capo a B<strong>in</strong> Laden.<br />

Purtroppo, se si legge la storia <strong>di</strong> Issa narrata nel numero del 29<br />

Ottobre 2002 del settimanale americano “Time”, si scopre che non è<br />

proprio così. Molti detenuti sono stati arrestati e trasferiti a Cuba per<br />

errore, altri perché deliberatamente fatti arrestare da autorità corrotte.<br />

«Mischiati a veri terroristi – scrivono i giornalisti del “Time” –, ci<br />

sono un ragazzo <strong>di</strong> 16 anni, due afgani novantenni, un cameraman<br />

sudanese <strong>di</strong> Al-Jazeera. (…) Altri sono stati arrestati perché non<br />

hanno sottostato alle estorsioni del capo della polizia segreta <strong>di</strong><br />

Kandahar – <strong>in</strong> teoria, alleato degli Stati Uniti – e qu<strong>in</strong><strong>di</strong> sono stati<br />

denunciati come uom<strong>in</strong>i <strong>di</strong> B<strong>in</strong> Laden. (…) Secondo i detenuti pakistani,<br />

l’esercito americano pagava l’Alleanza del Nord 5000$ per ogni<br />

prigioniero catturato che <strong>di</strong>chiarasse <strong>di</strong> essere un telebano, e 20000$<br />

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La giustizia<br />

per ogni supposto combattente <strong>di</strong> al-Qaeda. Con questo <strong>in</strong>centivo, i<br />

detenuti sostengono che i coman<strong>di</strong> alleati arrestavano ogni pakistano<br />

che si aggirasse attorno al campo <strong>di</strong> battaglia, qu<strong>in</strong><strong>di</strong> sottraevano loro<br />

confessioni con la forza. (…) Con il senno <strong>di</strong> poi, l’esercito americano<br />

avrebbe dovuto fare una selezione più attenta dei sospetti membri <strong>di</strong><br />

al-Qaeda e fare meno affidamento sui cacciatori <strong>di</strong> taglie afgani prima<br />

<strong>di</strong> consegnare biglietti <strong>di</strong> sola andata per Cuba. (…) Ma l’amm<strong>in</strong>istrazione<br />

Bush aveva <strong>di</strong>sperato bisogno <strong>di</strong> evitare un altro attacco terroristico<br />

e prendere B<strong>in</strong> Laden. Questo o<strong>di</strong>o, <strong>di</strong>cono gli attivisti per i<br />

<strong>di</strong>ritti umani, ha portato l’amm<strong>in</strong>istrazione a rigettare le regole poste<br />

dalla Convenzione <strong>di</strong> G<strong>in</strong>evra per il trattamento dei prigionieri <strong>di</strong><br />

guerra».<br />

Ad esempio, secondo quanto denuncia Amnesty International, <strong>in</strong> un<br />

primo momento i detenuti sono stati ospitati nel campo X-Ray, una<br />

struttura temporanea composta da piccole gabbie fatte con griglie <strong>di</strong><br />

metallo esposte agli elementi e illum<strong>in</strong>ate da potenti proiettori. I prigionieri<br />

erano messi ai ceppi ogni volta che venivano portati fuori<br />

dalle celle e non potevano fare esercizio fisico. In seguito è stato<br />

costruito un campo permanente chiamato Camp Delta, dove a partire<br />

da aprile sono stati trasferiti i reclusi. I prigionieri hanno cont<strong>in</strong>uato<br />

a essere chiusi per 24 ore <strong>in</strong> celle ancora più piccole <strong>di</strong> quelle del<br />

campo X-Ray.<br />

(M. Elliott, Welcome to Camp X-Ray;<br />

Time Magaz<strong>in</strong>e, 28 Gennaio 2002)<br />

Crisi senza via d’uscita?<br />

Le chiamano crisi <strong>in</strong>ternazionali ma, a leggere le cronache dei giornali,<br />

assomigliano <strong>di</strong> più a cataclismi improvvisi e <strong>in</strong>aspettati che, come<br />

calamità naturali, si riversano su un paese, lo <strong>in</strong>ondano <strong>di</strong> violenza e<br />

<strong>di</strong> terrore, ne devastano irrime<strong>di</strong>abilmente il tessuto sociale e le capacità<br />

produttive. Pur nella varietà delle <strong>di</strong>verse situazioni, i s<strong>in</strong>tomi<br />

sono sempre gli stessi: ogni settore della società viene co<strong>in</strong>volto negli<br />

scontri e nelle lotte <strong>di</strong> potere tra i gruppi rivali, la popolazione civile<br />

<strong>di</strong>venta bersaglio <strong>di</strong> sistematiche violazioni dei <strong>di</strong>ritti umani, si <strong>di</strong>f-


La giustizia<br />

fonde la crim<strong>in</strong>alità organizzata che trae vantaggio dall’anarchia<br />

generalizzata e dal collasso delle istituzioni statali, le élite più vic<strong>in</strong>e<br />

ai gruppi <strong>di</strong> potere si arricchiscono a <strong>di</strong>smisura mentre gli strati deboli<br />

della società cadono <strong>in</strong> forme estreme <strong>di</strong> <strong>di</strong>sagio, povertà ed esclusione<br />

sociale. Non dobbiamo faticare troppo nella ricerca <strong>di</strong> esempi che<br />

chiariscano <strong>di</strong> che cosa stiamo parlando: Colombia e Venezuela, Me<strong>di</strong>o<br />

Oriente e Sudan, Algeria e Costa d’Avorio e poi Sierra Leone, Liberia,<br />

Cecenia, Nepal... Chi si occupa <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritti umani sa che raramente le<br />

crisi <strong>in</strong>ternazionali scoppiano d’improvviso, senza una ragione, appunto<br />

come le calamità naturali. A volte <strong>di</strong>etro ai fenomeni <strong>di</strong> violenza<br />

<strong>in</strong>ternazionale ci sono soprattutto <strong>in</strong>teressi economici ed esigenze<br />

strategiche da sod<strong>di</strong>sfare. Altre volte, e lo abbiamo denunciato <strong>in</strong> occasione<br />

degli <strong>in</strong>terventi militari <strong>in</strong> Kossovo e <strong>in</strong> Afghanistan, queste<br />

crisi non sono altro che il drammatico epilogo <strong>di</strong> storie decennali <strong>di</strong><br />

violenza e abusi dei <strong>di</strong>ritti umani su vasta scala. Per questo motivo<br />

non ci stancheremo mai <strong>di</strong> ripetere che il modo più serio <strong>di</strong> affrontare<br />

le crisi <strong>in</strong>ternazionali non è quello <strong>di</strong> frapporsi con le armi una volta<br />

che queste si siano verificate, ma <strong>di</strong> prevenirne lo scoppio attraverso<br />

un’efficace e coraggiosa politica <strong>di</strong> protezione dei <strong>di</strong>ritti umani. Chi si<br />

occupa <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritti umani sa anche che, quando le crisi si scatenano, non<br />

è impossibile adottare misure per arg<strong>in</strong>are la violenza e raggiungere<br />

accettabili soluzioni <strong>di</strong> compromesso. Alla tra<strong>di</strong>zionale richiesta <strong>di</strong><br />

negoziati <strong>di</strong>plomatici dovrebbe aggiungersi l’applicazione <strong>di</strong> tre pr<strong>in</strong>cipi<br />

fondamentali. Primo, che i <strong>di</strong>ritti umani e le norme umanitarie<br />

non sono negoziabili e devono essere collocati al centro <strong>di</strong> ogni processo<br />

<strong>di</strong> pace. Secondo, che la presenza <strong>di</strong> osservatori <strong>in</strong>ternazionali costituisce<br />

una con<strong>di</strong>zione essenziale per garantire la protezione dei <strong>di</strong>ritti<br />

umani. Terzo, che i governi e gli <strong>in</strong><strong>di</strong>vidui responsabili <strong>di</strong> crim<strong>in</strong>i e<br />

abusi dovrebbero essere sottoposti al pubblico scrut<strong>in</strong>io e condotti<br />

d<strong>in</strong>anzi alla giustizia. (…)<br />

Marco Bertotto<br />

Presidente <strong>di</strong> Amnesty International Sezione Italia<br />

Dal notiziario soci e amici della sezione italiana<br />

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La giustizia<br />

.<br />

Dal Corriere della Sera<br />

del 29/01/03<br />

«Mai giusta la guerra<br />

preventiva»<br />

Il «no» dei vescovi italiani alla guer<br />

ra è netto come quello del Papa e<br />

può essere riassunto <strong>in</strong> due affer<br />

mazioni: «Se una guerra è preventi<br />

va non è mai giusta» e «non basta<br />

l’autorizzazione dell’Onu a legitti<br />

marla» Le due affermazioni sono<br />

state fatte ieri dal vescovo Giuseppe<br />

Betori segretario della Conferenza<br />

episcopale italiana (Cei) In risposta<br />

a una domanda dei giornalisti<br />

Betori ha così ripreso i pronuncia<br />

menti contro la guerra preventiva<br />

che sono già venuti dai card<strong>in</strong>ali<br />

Ru<strong>in</strong>i e Sodano e dagli arcivescovi<br />

Tauran e Mart<strong>in</strong>o: «L’autorizzazio<br />

ne dell’Onu è uno degli elementi<br />

che compongono uno scenario <strong>di</strong><br />

plausibilità ma non l’unico! Se resta<br />

la <strong>di</strong>mensione preventiva <strong>di</strong> una<br />

guerra (cioè se non c’è da risponde<br />

re a un’aggressione) non basta un<br />

voto dell’Onu a legittimarla»


Quale solidarietà nel tempo della globalizzazione?<br />

Al n° 16 della <strong>Pacem</strong> <strong>in</strong> <strong>Terris</strong><br />

si legge: Non basta…riconoscere<br />

e rispettare <strong>in</strong> ogni<br />

essere umano il <strong>di</strong>ritto ai mezzi <strong>di</strong><br />

sussistenza: occorre pure che ci si<br />

adoperi, secondo le proprie forze,<br />

perché ogni essere umano <strong>di</strong>sponga<br />

<strong>di</strong> mezzi <strong>di</strong> sussistenza <strong>in</strong> misura sufficiente.<br />

E’ un superamento della vecchia concezione<br />

dei “<strong>di</strong>ritti umani” che, da<br />

Locke (i tre <strong>di</strong>ritti fondamentali: alla<br />

vita, alla proprietà e alla libertà) <strong>in</strong><br />

avanti, attraversa varie Carte dei<br />

Diritti dell’uomo e Costituzioni. Non<br />

è sufficiente, cioè, affermare che<br />

questi <strong>di</strong>ritti vanno tutelati nel senso<br />

che non si deve porre loro ostacoli (e<br />

lo Stato deve farsi garante <strong>di</strong> questo),<br />

ma occorre adoperarsi <strong>in</strong> senso positivo:<br />

essi vanno sostenuti con politiche<br />

e azioni appropriate (oggi ai<br />

primi tre ne aggiungiamo altri, come<br />

il <strong>di</strong>ritto a lavoro, casa, assistenza<br />

sanitaria, benefici sociali eccetera).<br />

Non per una semplice benevolenza<br />

con<strong>di</strong>scendente da parte <strong>di</strong> chi ha<br />

verso chi non ha, ma per giustizia,<br />

perché la <strong>di</strong>gnità della persona - che<br />

va riconosciuta a tutti, senza <strong>di</strong>st<strong>in</strong>zione<br />

- sta nella sua capacità <strong>di</strong><br />

autodeterm<strong>in</strong>arsi, <strong>di</strong> costruire il proprio<br />

dest<strong>in</strong>o; <strong>di</strong>gnità senza la quale<br />

la parola “libertà” suona vuota e irrisoria<br />

(si veda anche il n.17 della<br />

<strong>Pacem</strong> <strong>in</strong> <strong>Terris</strong>).<br />

Se è vero che viviamo <strong>in</strong> un villaggio<br />

globale per cui ciò che succede <strong>in</strong><br />

Sudan o <strong>in</strong> Venezuela ha ripercussioni<br />

negli USA o a Bruxelles, o viceversa, è<br />

anche vero che rispetto ai <strong>di</strong>ritti non<br />

c’è stata una globalizzazione equivalente.<br />

Sembra, <strong>in</strong>vece, che certi <strong>di</strong>ritti<br />

siano tali solo per il 20% dell’umanità,<br />

la parte v<strong>in</strong>cente. Il resto<br />

arranca, sperando <strong>in</strong> concessioni,<br />

nelle briciole che cadono dalla tavola<br />

del padrone.<br />

Qui, però, tocchiamo un punto estremamente<br />

dolente: troppo spesso la<br />

parola ‘solidarietà’ ha assunto e<br />

assume tuttora la connotazione <strong>di</strong><br />

qualcosa che qualcuno decide <strong>di</strong><br />

fare per buon cuore e, come tale,<br />

un’azione facoltativa. Non per un<br />

<strong>di</strong>ritto dell’altro a ricevere o esserne<br />

fatto parte. Una solidarietà che si traduce<br />

sovente <strong>in</strong> “carità”, o elemos<strong>in</strong>a.<br />

Con quella ambiguità <strong>di</strong> cui il term<strong>in</strong>e<br />

“carità” soffre ancora, masche-<br />

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42<br />

Solidarietà<br />

rando spesso ciò che dovrebbe essere<br />

dovuto per giustizia. Questo è<br />

vero sia a livello <strong>in</strong>terpersonale, sia<br />

tra persone istituzioni e Stati, come<br />

pure tra Stato e Stato. Si va così dal<br />

buon cuore delle emozioni solidali al<br />

volontariato, per f<strong>in</strong>ire con il capitalismo<br />

compassionevole e i governi<br />

illum<strong>in</strong>ati - per cui chi ha ridotto alla<br />

fame un paese grazie alla svalutazione<br />

da lui imposta sulle monoculture<br />

<strong>di</strong> produzione locale è il primo a<br />

mandare derrate alimentari gratis<br />

allo stesso. O scoprire che sullo stesso<br />

aereo militare <strong>in</strong> cui viaggiano<br />

armi e soldati viaggiano pure i me<strong>di</strong>ci<br />

che cureranno le ferite <strong>in</strong>ferte ai<br />

civili dalla guerra “<strong>in</strong>evitabile”. Così<br />

la solidarietà umana è salva.<br />

Ma allora la visione <strong>di</strong> fondo <strong>di</strong>etro<br />

la solidarietà, come le sue motivazioni<br />

e azioni del resto, vanno messe <strong>in</strong><br />

<strong>di</strong>scussione. Per molti - <strong>di</strong> estrazione<br />

cristiana e non - le motivazioni che<br />

sostengono varie forme <strong>di</strong> solidarietà<br />

(da quelle più locali a quelle <strong>in</strong>ternazionali,<br />

dagli <strong>in</strong>terventi <strong>di</strong> s<strong>in</strong>goli alle<br />

ONG) e cioè, l’aiuto, il voler partecipare<br />

a progetti <strong>di</strong> sviluppo <strong>in</strong> paesi<br />

impoveriti o il dare una mano <strong>in</strong> realtà<br />

locali <strong>di</strong> sofferenza, bisogno e<br />

abbandono, sono motivazioni sacre,<br />

quasi <strong>in</strong>toccabili. Appartengono al<br />

profondo dei nostri sentimenti <strong>di</strong><br />

Isaia (58, 1-9)<br />

Grida a squarciagola, non aver<br />

riguardo; come una tromba alza la<br />

voce; <strong>di</strong>chiara al mio popolo i suoi<br />

delitti, alla casa <strong>di</strong> Giacobbe i suoi<br />

peccati.<br />

Mi ricercano ogni giorno, bramano <strong>di</strong><br />

conoscere le mie vie, come un popolo<br />

che pratichi la giustizia e non abbia<br />

abbandonato il <strong>di</strong>ritto del suo Dio;<br />

mi chiedono giu<strong>di</strong>zi giusti, bramano<br />

la vic<strong>in</strong>anza <strong>di</strong> Dio: «Perché <strong>di</strong>giunare,<br />

se tu non lo ve<strong>di</strong>, mortificarci, se<br />

tu non lo sai?».<br />

Ecco, nel giorno del vostro <strong>di</strong>giuno<br />

curate i vostri affari,angariate tutti i<br />

vostri operai. Ecco, voi <strong>di</strong>giunate fra<br />

litigi e alterchi e colpendo con pugni<br />

<strong>in</strong>iqui.<br />

Non <strong>di</strong>giunate più come fate oggi,<br />

così da fare u<strong>di</strong>re <strong>in</strong> alto il vostro<br />

chiasso.<br />

E’ forse come questo il <strong>di</strong>giuno che<br />

compassione, altruismo, volontà <strong>di</strong><br />

con<strong>di</strong>visione, attenzione alle evidenti<br />

sofferenze e <strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong> tanti a cui<br />

vogliamo rispondere. Discutere <strong>di</strong><br />

queste è mettere il <strong>di</strong>to dove siamo<br />

più vulnerabili a possibili critiche o<br />

rivisitazioni. E suscettibili.<br />

Anche il mettere sotto scrut<strong>in</strong>io le<br />

varie azioni e <strong>in</strong>terventi a sfondo<br />

umanitario, filantropico o simili<br />

(valutazione <strong>in</strong> sé <strong>in</strong>dubbiamente<br />

necessaria, a meno che non cre<strong>di</strong>a-


amo, il giorno <strong>in</strong> cui l’uomo si<br />

mortifica? Piegare come un giunco il<br />

proprio capo, usare sacco e cenere<br />

per letto, forse questo vorresti chiamare<br />

<strong>di</strong>giuno e giorno gra<strong>di</strong>to al<br />

Signore?<br />

Non è piuttosto questo il <strong>di</strong>giuno che<br />

voglio: sciogliere le catene <strong>in</strong>ique,<br />

togliere i legami del giogo, rimandare<br />

liberi gli oppressi e spezzare ogni<br />

giogo?<br />

Non consiste forse nel <strong>di</strong>videre il<br />

pane con l’affamato, nell’<strong>in</strong>trodurre<br />

<strong>in</strong> casa i miseri, senza tetto, nel vestire<br />

uno che ve<strong>di</strong> nudo, senza <strong>di</strong>stogliere<br />

gli occhi da quelli della tua carne?<br />

Allora la tua luce sorgerà come l’aurora,<br />

la tua ferita si rimarg<strong>in</strong>erà<br />

presto. Davanti a te camm<strong>in</strong>erà la<br />

tua giustizia, la gloria del Signore ti<br />

seguirà. Allora lo <strong>in</strong>vocherai e il<br />

Signore ti risponderà; implorerai<br />

aiuto ed egli <strong>di</strong>rà: «Eccomi!».<br />

mo ancora che basti voler fare il<br />

bene per farlo bene) per molti si<br />

identifica con un attacco alle motivazioni<br />

che ci portiamo dentro, al<br />

<strong>di</strong>ritto dell’altro, soprattutto se<br />

oppresso, <strong>di</strong> essere aiutato, e al<br />

dovere nostro <strong>di</strong> farlo. Lo si vede,<br />

<strong>in</strong>f<strong>in</strong>e, come un attacco politico agli<br />

Stati più democratici e alle loro politiche<br />

filantropiche. Ma non tutti gli<br />

aiuti aiutano davvero, non tutta la<br />

solidarietà si esprime <strong>in</strong> progetti,<br />

atteggiamenti, con<strong>di</strong>visioni che<br />

Solidarietà<br />

fanno sentire l’altro, il povero, persona<br />

e non solo vittima, partecipe e<br />

non solo ricevente passivo <strong>di</strong> aiuti,<br />

attenzione e azione.<br />

Sullo stesso piano, non tutti i progetti<br />

servono a lunga <strong>di</strong>stanza, non tutta<br />

l’emergenza è davvero tale o può<br />

cont<strong>in</strong>uare ad essere gestita come<br />

tale. Anche se fanno sentir buono il<br />

popolo solidale (peccato poi che,<br />

come già constatato, i Paesi donatori<br />

o protagonisti dell’aiuto sono gli stessi<br />

che hanno causato molti dei mali che<br />

sembrano voler lenire o curare).<br />

Le stesse ONG, agenzie governative e<br />

volontari vari f<strong>in</strong>iscono, più o meno<br />

<strong>in</strong>volontariamente, per <strong>di</strong>ventare<br />

parte <strong>di</strong> quel sistema che prima impoverisce<br />

e poi manda gli aiuti ai poveri<br />

che ha creato o contribuito a creare.<br />

Per metterli successivamente <strong>in</strong><br />

campi profughi dove possono essere<br />

aiutati meglio. Aiutati a rimanere per<br />

sempre poveri e profughi; e perpetuare<br />

così quell’assistenza solidale che,<br />

purtroppo, offre un volto presentabile<br />

al sistema politico ed economico che<br />

ne fa uso.<br />

Per tutte queste ragioni la solidarietà,<br />

come la giustizia, non possono pensare<br />

<strong>di</strong> poter evitare il <strong>di</strong>alogo e il<br />

confronto con il pensare, il potere e<br />

l’agire politico.<br />

Senza <strong>di</strong>menticare che tanta solidarietà<br />

<strong>in</strong>ternazionale è ormai, così<br />

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44<br />

Solidarietà<br />

autoreferenziale, fonte <strong>di</strong> lavoro, <strong>di</strong><br />

bus<strong>in</strong>ess e funzionale al Sistema che<br />

non può permettersi <strong>di</strong> affrontare<br />

certe domande. Sarebbe un gettarsi<br />

la zappa sui pie<strong>di</strong>.<br />

Esam<strong>in</strong>are motivazioni, risposte e<br />

risultati <strong>di</strong> azioni solidali ai vari livelli<br />

non basta.<br />

L’altro passaggio necessario è riconoscere<br />

che la solidarietà non parla<br />

il l<strong>in</strong>guaggio della benevolenza, ma<br />

della giustizia e del <strong>di</strong>ritto. Non solo<br />

perché molta solidarietà è, <strong>in</strong> realtà,<br />

restituzione <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritti negati. Occorre<br />

aprirsi ad una visione <strong>di</strong> “welfare<br />

planetario” (come qualcuno l’ha<br />

def<strong>in</strong>ita) caratterizzato dalla creazione<br />

<strong>di</strong> legami sociali significativi e<br />

rispettosi dei <strong>di</strong>ritti, bene <strong>di</strong> tutti,<br />

bene per tutti. Si avrà un futuro <strong>di</strong><br />

pace (e non <strong>di</strong> guerra perenne, a<br />

<strong>di</strong>fesa dei <strong>di</strong>ritti e beni <strong>di</strong> pochi) solo<br />

se i <strong>di</strong>ritti fondamentali <strong>di</strong> ogni<br />

essere umano verranno rispettati,<br />

protetti e realizzati.. Solo così una<br />

reale convivenza umana potrà essere<br />

possibile - quella convivenza<br />

umana pacifica così cara all’autore<br />

della <strong>Pacem</strong> <strong>in</strong> <strong>Terris</strong>.<br />

Un salto <strong>di</strong> visione qualitativo e un<br />

passaggio obbligato, non solo per<br />

amore e solidarietà con chi ha meno,<br />

ma anche per amore e solidarietà<br />

con i nostri figli, se non vogliamo che<br />

si ritrov<strong>in</strong>o a vivere <strong>in</strong> un futuro fatto<br />

<strong>di</strong> cittadelle asse<strong>di</strong>ate e <strong>di</strong>vise, non<br />

tra Nord e Sud, ma tra chi ha e chi<br />

no, a Nord come nel Sud del mondo.


SOCCORRI L’ORFANO,<br />

LA VEDOVA, LO STRANIERO<br />

1. Dio protegge l’orfano, la vedova e lo straniero<br />

Solidarietà<br />

Orfano, vedova e straniero: sono tre realtà strettamente collegate<br />

nella Bibbia, <strong>in</strong> quanto il comportamento con queste categorie <strong>di</strong> persone<br />

è capace <strong>di</strong> produrre la bene<strong>di</strong>zione o la male<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> Dio.<br />

Alcune brevi citazioni:<br />

Il profeta Malachia è categorico sul giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> Dio: “ Io mi accosterò a<br />

voi per il giu<strong>di</strong>zio e sarò un testimone pronto contro gli <strong>in</strong>cantatori,<br />

contro gli adulteri, contro gli spergiuri, contro chi froda il salario all’operaio,<br />

contro gli oppressori della vedova e dell’orfano e contro<br />

chi fa torto al forestiero. Costoro non mi temono, <strong>di</strong>ce il Signore<br />

degli Eserciti”. (Ml. 3,5)<br />

Il salmo 145 <strong>di</strong>st<strong>in</strong>gue il comportamento <strong>di</strong> Dio da quello dell’empio<br />

proprio perché “il Signore protegge lo straniero, egli sostiene<br />

l’orfano e la vedova, ma sconvolge le vie degli empi”.<br />

E <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e il Deuteronomio (10,18) spiega che “Dio rende giustizia all’orfano<br />

e alla vedova, ama il forestiero e gli dà pane e vestito”. A proposito<br />

<strong>di</strong> questa citazione è bene sottol<strong>in</strong>eare che il vestito è il simbolo<br />

della misericor<strong>di</strong>a (Dio lo <strong>di</strong>ede ad Adamo ed Eva dopo il peccato orig<strong>in</strong>ale)<br />

e il pane è chiaramente il simbolo dell’amore che richiama la<br />

manna e, nel Nuovo testamento, la stessa eucaristia.<br />

Mi sono domandato perché c’è questa costante connessione nella<br />

Bibbia tra l’orfano, la vedova e lo straniero. A me pare che ci sia un<br />

motivo profondo: la def<strong>in</strong>izione <strong>di</strong> queste tre categorie <strong>di</strong> persone<br />

avviene sempre per <strong>di</strong>fetto, per mancanza <strong>di</strong> qualche cosa <strong>di</strong> essenziale:<br />

l’orfano è colui che ha perso uno o tutti e due i genitori; la vedova<br />

è colei che ha perso il marito; lo straniero è colui che ha perso il<br />

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luogo della sua nascita, il suo humus vitale. Tre realtà <strong>di</strong>verse, tre<br />

per<strong>di</strong>te <strong>di</strong> oggetti – soggetti <strong>di</strong>versi, ma che procurano le stesse due<br />

conseguenze: viene meno la protezione (del genitore, del marito, del<br />

proprio popolo) e il soggetto resta <strong>in</strong> balia del volere <strong>di</strong> altri: il suo<br />

<strong>di</strong>ritto <strong>di</strong>pende da altri che lo programmano per lui.<br />

E’ <strong>in</strong>teressante notare come il Vecchio Testamento reclami la bontà e<br />

la carità su queste tre categorie <strong>di</strong> persone: ”Quando, facendo la mietitura<br />

nel tuo campo, vi avrai <strong>di</strong>menticato qualche mannello, non tornerai<br />

<strong>in</strong><strong>di</strong>etro a prenderlo; sarà per il forestiero, per l’orfano e per la<br />

vedova, perché il Signore tuo Dio ti bene<strong>di</strong>ca <strong>in</strong> ogni lavoro delle tue<br />

mani”. (Deut. 24,21)<br />

E’ una prima manifestazione <strong>di</strong> quel meraviglioso piano <strong>di</strong> Dio che<br />

tende a riportare l’uomo alla primitiva <strong>di</strong>gnità <strong>di</strong> Figlio <strong>di</strong> Dio, <strong>di</strong>gnità<br />

che appartiene ad ogni uomo e che nel Vangelo si esprimerà nella<br />

compassione <strong>di</strong> Gesù che risuscita il figlio unico della vedova <strong>di</strong> Naim<br />

e che <strong>in</strong>vierà i suoi apostoli ad annunciare il vangelo a tutte le genti.<br />

2. Ieri come oggi per il forestiero<br />

Ma, sorprendente, nella vita della gente, descritta dal Vecchio<br />

Testamento, ritroviamo alcune esigenze riguardanti <strong>in</strong> particolare i<br />

migranti, che sono attualissime anche al giorno d’oggi.<br />

Leggiamo nella Bibbia: “Vi sarà una sola legge per il nativo e per<br />

il forestiero, che è domiciliato <strong>in</strong> mezzo a voi”. (Es 12,49)<br />

In nessuna parte del mondo moderno il forestiero gode degli stessi<br />

benefici <strong>di</strong> legge <strong>di</strong> cui godono gli <strong>in</strong><strong>di</strong>geni. Molte sono le legislazioni<br />

che, <strong>in</strong> particolare, tendono a lasciare lo straniero <strong>in</strong> uno stato <strong>di</strong> precarietà.<br />

Da noi, <strong>in</strong> Italia, ci ha pensato <strong>in</strong> particolare la legge Bossi –<br />

F<strong>in</strong>i. Comunque l’uguaglianza dei <strong>di</strong>ritti politici (voto a chi paga le<br />

tasse dove lavora) è una chimera: l’eventuale piena partecipazione<br />

dell’immigrato alla vita politica e sociale potrebbe danneggiare sopra-


Solidarietà<br />

tutto chi ritiene che l’uomo <strong>di</strong>venta titolare <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritti a seconda del<br />

posto dove nasce: ma <strong>in</strong> questo caso ci si <strong>di</strong>mentica che le frontiere<br />

sono un’opera dell’uomo e non <strong>di</strong> Dio!<br />

Sempre nel libro dell’Esodo (22,20) leggiamo: “Non molesterai il<br />

forestiero né l’opprimerai, perché voi siete stati forestieri nel<br />

paese d’Egitto”.<br />

La per<strong>di</strong>ta della memoria storica è un vizio dell’uomo superbo ed egoista.<br />

E’ molto <strong>in</strong>teressante notare come molti nostri emigrati Italiani <strong>in</strong><br />

Germania, non appena raggiungono una posizione socialmente significativa<br />

o per ricchezza o per cultura, cercano <strong>in</strong> tutti i mo<strong>di</strong> <strong>di</strong> <strong>di</strong>menticare<br />

e <strong>di</strong> far <strong>di</strong>menticare la propria orig<strong>in</strong>e e <strong>di</strong> <strong>in</strong>serirsi nella società<br />

dom<strong>in</strong>ante: a volte gli stessi genitori che hanno abbandonato la<br />

patria con appena la qu<strong>in</strong>ta elementare <strong>di</strong>ventano un bagaglio scomodo,<br />

soprattutto <strong>in</strong> relazione alla società ospitante. Ma il fenomeno dell’oblio<br />

perseguita soprattutto oggi <strong>in</strong> Italia quanti non sanno accettare<br />

che non ci sono <strong>di</strong>ritti <strong>di</strong> possesso che vengono dalla nazionalità. Per<br />

fortuna c’é sempre qualcuno, come il Presidente Ciampi, che non<br />

<strong>di</strong>mentica: anche “i nostri” furono emigrati e per loro abbiamo lottato,<br />

perché i loro <strong>di</strong>ritti fossero riconosciuti: ora non ci è lecito da oppressi<br />

che eravamo <strong>di</strong>ventare i nuovi oppressori.<br />

Un po’ rozza appare la def<strong>in</strong>izione dei <strong>di</strong>ritti positivi che leggiamo<br />

sempre nel libro dell’esodo: “Per sei giorni farai i tuoi lavori, ma<br />

nel settimo giorno farai riposo, perché possano goder quiete il<br />

tuo bue e il tuo as<strong>in</strong>o e possano respirare i figli della tua schiava<br />

e il forestiero”. (Es 23,12)<br />

Più raff<strong>in</strong>ata quella del legislatore del Levitico: “Questa sarà per voi<br />

una legge perenne: nel settimo mese, nel decimo giorno del<br />

mese, vi umilierete, vi asterrete da qualsiasi lavoro, sia colui<br />

che è nativo del paese, sia il forestiero che soggiorna <strong>in</strong> mezzo<br />

a voi.” (Lv,16,29)<br />

Il forestiero è titolare dei medesimi <strong>di</strong>ritti <strong>di</strong> riposo e <strong>di</strong> rispetto delle<br />

festività: <strong>di</strong> fatto egli è già soggetto alle leggi dell’economia del paese<br />

<strong>in</strong> cui è immigrato, dove, <strong>di</strong> solito, svolge i lavori più uimili: sarebbe<br />

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un grave peccato che non gli venissero riconosciuti i <strong>di</strong>ritti elementari<br />

(riposo, ferie, <strong>di</strong>ritto alla famiglia, alla casa, al tempo libero) che<br />

sono propri <strong>di</strong> ogni persona umana.


WELFARE E DIRITTI<br />

DI CITTADINANZA<br />

“La Solidarietà nel rapporto tra Istituzioni e Cittad<strong>in</strong>i”<br />

Solidarietà<br />

Il grado <strong>di</strong> civiltà <strong>di</strong> un Paese democratico si misura sulla sua capacità<br />

<strong>di</strong> estendere a tutti i cittad<strong>in</strong>i i <strong>di</strong>ritti fondamentali della persona,<br />

aff<strong>in</strong>ché tutti possano sentirsi, a pieno titolo, parte della propria<br />

comunità. Mentre i <strong>di</strong>ritti democratici <strong>di</strong> partecipazione sono da<br />

tempo garantiti, la tutela dello Stato Sociale, a garanzia dei bisogni<br />

essenziali della persona, fatica ad estendersi <strong>in</strong> ugual misura a tutte<br />

le persone.<br />

La <strong>di</strong>fficoltà dello Stato a garantire universalmente servizi socio assistenziali<br />

efficienti, deriva <strong>in</strong> particolare da due con<strong>di</strong>zioni oggettive:<br />

1. I costi sempre più elevati dei servizi dovuto all’estensione della platea<br />

dei beneficiari.<br />

2. Le gran<strong>di</strong> trasformazioni sociali dovute ai processi <strong>di</strong> globalizzazione<br />

<strong>in</strong> atto richiedono risposte più tempestive e flessibili, <strong>in</strong> contrasto<br />

con uno stato sociale ancora centralizzato (a castello: dove chi è<br />

all’<strong>in</strong>terno è tutelato, chi resta fuori no).<br />

Quali rime<strong>di</strong>? Ormai quasi tutti (forze sociali, politiche, economisti)<br />

sono concor<strong>di</strong> sulla necessità <strong>di</strong> rivedere lo stato sociale per renderlo<br />

più adeguato alle esigenze delle persone, ma <strong>di</strong>verse sono le ricette per<br />

raggiungere questo scopo. C’è una l<strong>in</strong>ea “liberista” che punta sulle<br />

capacità dei s<strong>in</strong>goli <strong>di</strong> programmare il proprio stato sociale accedendo<br />

al libero mercato; lo stato <strong>in</strong>terverrebbe solo per le con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> povertà<br />

più estreme. A questa si contrappone una visione più solidaristica<br />

che ritiene <strong>in</strong><strong>di</strong>spensabile l’universalità del welfare, partendo prioritariamente<br />

dalle fasce più deboli della società; <strong>in</strong> questo caso lo Stato,<br />

attraverso le sue articolazioni, garantisce i livelli essenziali; il resto<br />

deve essere <strong>in</strong>tegrato ricorrendo al privato sociale e <strong>in</strong> parte al mercato<br />

(pensioni <strong>in</strong>tegrative, servizi alla persona, colf).<br />

Tenendo <strong>in</strong> considerazione la seconda visione <strong>di</strong> Stato Sociale (molto<br />

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Solidarietà<br />

più vic<strong>in</strong>a agli <strong>in</strong>segnamenti della Dottr<strong>in</strong>a Sociale della Chiesa),<br />

bisogna dar corso e rendere operative leggi e norme che prevedono uno<br />

stato sociale più ra<strong>di</strong>cato nel territorio, la dove i bisogni si formano e<br />

possono essere meglio identificati e sod<strong>di</strong>sfatti <strong>in</strong> s<strong>in</strong>tonia tra pubblico<br />

e privato sociale (welfare portatile).<br />

In questo contesto è prioritario focalizzare l’attenzione su tre gran<strong>di</strong><br />

filoni:<br />

1) La legge 328\2000 sui Piani <strong>di</strong> zona, nata per dare risposte più<br />

efficaci ai problemi socio-assistenziali e che fa della partecipazione, dell’<strong>in</strong>tegrazione<br />

e della sussi<strong>di</strong>arietà, gli elementi più qualificanti ed <strong>in</strong>novativi<br />

(le associazioni no-profit, il privato sociale, partecipano <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto<br />

alla progettazione e stesura dei piani <strong>di</strong> zona <strong>di</strong>strettuali) rischia <strong>di</strong> arenarsi<br />

per mancanza <strong>di</strong> risorse f<strong>in</strong>anziarie, <strong>di</strong> coord<strong>in</strong>amento tra Stato,<br />

Regioni e Comuni, e per la mancata attuazione dei decreti <strong>di</strong> competenza<br />

dello Stato (solo 4 sono stati emanati su 11 previsti).<br />

2) Il Mercato del Lavoro italiano, con l’attuazione prima della<br />

legge “Treu” e più recentemente con la legge “Biagi”, è uno dei più<br />

flessibili <strong>in</strong> Europa; ciò può rispondere positivamente alle richieste<br />

delle Aziende e favorire l’<strong>in</strong>gresso dei giovani nel mondo del lavoro (da<br />

fonti Istat, sono più <strong>di</strong> 4 milioni i lavoratori co<strong>in</strong>volti, con la prospettiva<br />

<strong>di</strong> una forte crescita nel prossimo decennio). E’ purtroppo carente<br />

nei confronti delle necessità sociali delle persone e delle famiglie e nel<br />

campo delle tutele per i nuovi lavori: il popolo dei co.co.co.<br />

(Collaborazioni coord<strong>in</strong>ate e cont<strong>in</strong>uative) per esempio ha una scarsa<br />

copertura previdenziale e sanitaria e nessuna tutela a livello s<strong>in</strong>dacale.<br />

L’obiettivo più urgente, qu<strong>in</strong><strong>di</strong>, è quello <strong>di</strong> estendere i <strong>di</strong>ritti e le<br />

tutele a quelli che non ne usufruiscono; ridurre la precarietà dei rapporti<br />

<strong>di</strong> lavoro atipici, attraverso politiche attive del lavoro (<strong>di</strong>ritti formativi<br />

<strong>in</strong><strong>di</strong>viduali, certificazione delle competenze acquisite <strong>in</strong> più<br />

percorsi lavorativi, sistema del collocamento pubblico e privato efficiente)<br />

e sostegno al red<strong>di</strong>to familiare nei momenti <strong>di</strong> <strong>in</strong>attività tra un<br />

lavoro e l’altro.


Solidarietà<br />

3) Con la regionalizzazione della sanità, priva <strong>di</strong> un’adeguata<br />

solidarietà a livello Nazionale, il pericolo <strong>di</strong> una sanità a due velocità<br />

(buona per le regioni più ricche del centro-nord e scadente per quelle<br />

più povere, concentrate nel Sud e nelle Isole) è <strong>in</strong>evitabile, ma socialmente<br />

<strong>in</strong>accettabile.<br />

Gli effetti negativi <strong>di</strong> questa <strong>di</strong>sparità sono sotto gli occhi <strong>di</strong> tutti: gli<br />

standard dei servizi nelle Asl e negli ospedali del Nord sono accettabili<br />

con punte <strong>di</strong> eccellenza negli ospedali <strong>di</strong> varie regioni; al Sud gli standard<br />

sono decisamente <strong>in</strong>sufficienti, salvo alcune “isole <strong>di</strong> specializzazione”.<br />

A ciò si deve aggiungere la filosofia aziendalista delle Asl che<br />

tende a privilegiare gli elementi economici rispetto a quelli umani e<br />

sociali (ve<strong>di</strong> omelia del Vescovo <strong>in</strong> occasione della solennità dei santi<br />

Patroni <strong>di</strong> <strong>Brescia</strong> il 15/02/03): riduzione dei posti letto e dei giorni <strong>di</strong><br />

degenza, <strong>in</strong>troduzione dei buoni sanità <strong>in</strong> cambio della riduzione dei<br />

servizi. Inoltre la privatizzazione dei servizi attraverso gli accre<strong>di</strong>tamenti<br />

alle strutture private, se da un lato ha offerto ai cittad<strong>in</strong>i più possibilità<br />

<strong>di</strong> accesso, dall’altro lato ha prodotto uno sca<strong>di</strong>mento della qualità<br />

dei servizi pubblici (che fra l’altro si devono sobbarcare i costi degli<br />

<strong>in</strong>terventi più complessi e <strong>di</strong> più lunga durata) e ridotto notevolmente<br />

la prevenzione sul territorio per mancanza <strong>di</strong> risorse economiche.<br />

Una sanità che torni a mettere al centro la persona, deve essere l’obiettivo<br />

<strong>di</strong> tutte le forze sociali e politiche; ciò non esclude un rigoroso<br />

controllo della spesa sanitaria che riduca gli sprechi e ricorra se necessario<br />

al contributo dei cittad<strong>in</strong>i. Tutto questo può essere realizzato <strong>in</strong><br />

un ottica <strong>di</strong> co<strong>in</strong>volgimento, <strong>in</strong>tegrazione e concertazione tra Stato,<br />

Regioni, Comuni, privato sociale e forze sociali, che ne rafforzi il senso<br />

<strong>di</strong> solidarietà, sussi<strong>di</strong>arietà e responsabilità.<br />

Inf<strong>in</strong>e, uno stato sociale solidale non può che partire dalla famiglia,<br />

una famiglia non frammentata <strong>in</strong> categorie, ma unita <strong>in</strong> un rapporto<br />

tendente a valorizzare la catena tra generazioni (genitori, figli, nonni).<br />

Purtroppo <strong>in</strong> Italia si è fatto troppo poco per le famiglie (solo il 3,8%<br />

della spesa sociale, contro l’8,2% della me<strong>di</strong>a europea). F<strong>in</strong>o ad oggi<br />

non si è <strong>in</strong>centivata la natalità (le coppie con figli non superano il<br />

44,9% nel 2000, si calcola che la nascita <strong>di</strong> un figlio comporti un aggra-<br />

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vio pari al 22% del bilancio <strong>di</strong> una coppia. Così <strong>in</strong> Italia il 24,5% delle<br />

famiglie povere ha tre o più figli). Le famiglie si sobbarcano sempre <strong>di</strong><br />

più l’onere <strong>di</strong> assistenza agli anziani (circa il 53% delle famiglie ha un<br />

anziano <strong>in</strong> casa). La famiglia è il primo ammortizzatore sociale per i giovani<br />

che non hanno lavoro e che non riescono a mantenersi autonomamente<br />

(il 60% dei giovani tra i 18-34 anni vive con almeno un genitore).<br />

Sono elementi sufficienti aff<strong>in</strong>ché il governo e le forze politiche <strong>di</strong>ano<br />

risposte coerenti alle promesse contenute nei programmi elettorali<br />

che per troppo tempo non hanno mantenuto. La famiglia non può<br />

essere strumentalizzata per f<strong>in</strong>i politici o ideologici, per poi essere<br />

lasciata sola ad affrontare i gravi problemi che la <strong>in</strong>vestono. È tempo<br />

<strong>di</strong> risposte concrete.<br />

Bauman ha sostenuto che la responsabilità sociale, ossia la consapevolezza<br />

che il benessere <strong>di</strong> mio fratello <strong>di</strong>pende da quello che faccio ma<br />

anche da quello che mi astengo dal fare, costituisce la moralità della persona<br />

e il grado <strong>di</strong> civiltà della società. “La portata <strong>di</strong> un ponte si misura<br />

dalla forza del pilone più debole. La qualità <strong>di</strong> una società dovrebbe<br />

<strong>in</strong>fatti misurarsi nella qualità <strong>di</strong> vita dei suoi membri più deboli; e poiché<br />

l’essenza della morale è la responsabilità che ci si assume per l’umanità<br />

degli altri, quello è anche il metro del livello etico <strong>di</strong> una società”.


COOPERAZIONE<br />

INTERNAZIONALE<br />

Solidarietà<br />

Se le parole hanno un significato, come devono - Don Milani <strong>in</strong> una lettera<br />

a sua madre <strong>di</strong>ceva <strong>di</strong> “vivere le parole” - il term<strong>in</strong>e cristiano non<br />

può essere mai usato casualmente. Senza ra<strong>di</strong>calismi, con mitezza e<br />

umiltà, va sottol<strong>in</strong>eato questo essere cristiani per poterne gioire sempre,<br />

<strong>in</strong> tempi nei quali <strong>in</strong> molti sembrano vergognarsi o temono <strong>di</strong><br />

essere “troppo cristiani”. Il rischio è quello <strong>di</strong> dare per scontata questa<br />

gioia al punto da <strong>di</strong>menticarla. Essere cristiani significa sentirsi <strong>in</strong><br />

pace con tutti, dove la pace è il massimo bene che si può immag<strong>in</strong>are;<br />

significa credere nella giustizia, dove la giustizia significa fare del<br />

bene, significa essere misericor<strong>di</strong>osi nel senso del saper perdonare<br />

perché l’altro è nostro fratello.<br />

Di pace si parla tanto, soprattutto <strong>di</strong> questi tempi. Di giustizia, se ne<br />

parla ma già <strong>in</strong> m<strong>in</strong>or misura. E <strong>di</strong> perdono? Quasi mai. È solo il Santo<br />

Padre che non cessa <strong>di</strong> ricordarlo: “non c’è pace senza giustizia, non c’è<br />

giustizia senza perdono”.<br />

Il percorso che ci accomuna riguarda i problemi operativi della pratica<br />

quoti<strong>di</strong>ana: l’<strong>in</strong>contro con i poveri, nel Sud del mondo, come qui da noi.<br />

Là ci sono quelli che muoiono <strong>di</strong> fame -24 mila persone al giorno - che<br />

non hanno accesso all’acqua potabile, me<strong>di</strong>c<strong>in</strong>e, ospedali, scuole e che<br />

qu<strong>in</strong><strong>di</strong> non hanno nemmeno giustizia e non si sa come facciano ancora<br />

a nutrire speranze.<br />

Qui ci sono i poveri <strong>di</strong> morale, <strong>di</strong> umanità, <strong>di</strong> amore. Quest’ultima<br />

povertà è trasversale, ma la si trova <strong>di</strong> più da noi, <strong>in</strong> Occidente, dove<br />

la gente sta bene economicamente, ma spesso sta male dentro e ciò si<br />

evidenzia con il <strong>di</strong>sprezzo per la vita e tutto ciò che ne consegue.<br />

Succede perché cresce la corsa al potere, al profitto, al consumo e al<br />

piacere, <strong>in</strong> modo c<strong>in</strong>ico e sfrenato.<br />

Ci accomuna la ricerca delle soluzioni, ci accomuna l’impegno <strong>di</strong> fare<br />

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il bene, <strong>di</strong> partecipare alle vicende del mondo. Ci accomuna la solidarietà<br />

che promuove l’uguaglianza tra le persone e qu<strong>in</strong><strong>di</strong> porta ad<br />

<strong>in</strong>tervenire verso chi sta peggio, verso i più <strong>di</strong>seredati, gli afflitti nel<br />

corpo e nell’anima. Ci accomuna l’identità <strong>di</strong> essere fratelli <strong>in</strong> Cristo<br />

perché figli <strong>di</strong> un unico Padre.<br />

Siamo conv<strong>in</strong>ti che sono importanti sia le risorse pubbliche che private.<br />

Esse ci permettono <strong>di</strong> procurare cibo e me<strong>di</strong>c<strong>in</strong>e e <strong>di</strong> costruire scuole,<br />

pozzi e ospedali, nel così detto terzo mondo, ma tutti sappiamo che<br />

la realizzazione <strong>di</strong> un progetto non è la soluzione.<br />

Per un autentico sviluppo, <strong>in</strong>sieme al progetto, deve esserci la crescita<br />

dell’uomo, del suo protagonismo, della sua <strong>in</strong>teriorità morale, della<br />

sua spiritualità. A questo proposito abbiamo bisogno <strong>di</strong> riqualificare la<br />

nostra religiosità, <strong>di</strong> combattere il laicismo <strong>di</strong>lagante. Dobbiamo operare<br />

perché si adotti uno stile <strong>di</strong> vita più sobrio qui da noi perché solo<br />

così è con<strong>di</strong>visione. Ciò permetterà <strong>di</strong> capire meglio i bisogni dell’altro<br />

e <strong>di</strong> <strong>di</strong>videre con l’altro.<br />

Laicato missionario, volontariato cristiano e cooperazione <strong>in</strong>ternazionale<br />

possono recuperare l’entusiasmo delle orig<strong>in</strong>i e operare <strong>di</strong> più<br />

<strong>in</strong>sieme, pur nella specificità dei ruoli e delle funzioni. La cooperazione<br />

tra le Chiese è <strong>in</strong><strong>di</strong>spensabile e va sostenuta come fattore <strong>di</strong> sviluppo,<br />

conv<strong>in</strong>ti, come <strong>di</strong>ce un antico proverbio, che il vero miracolo non<br />

è galleggiare sull’acqua o volare nell’aria, ma è camm<strong>in</strong>are sulla<br />

Terra. La religione è <strong>in</strong> grado <strong>di</strong> rimettere <strong>in</strong> moto il protagonismo dei<br />

popoli. È <strong>di</strong> straord<strong>in</strong>aria attualità ciò che succede negli Stati arabi<br />

dove la vera risorsa forse non è più il petrolio, ma la religione. Lo scontro<br />

<strong>di</strong> civiltà non è tra cristiani ed islamici, ma è semmai tra la nostra<br />

filosofia materialista da una parte e Islam e Cristianesimo dall’altra.<br />

La cooperazione e il <strong>di</strong>alogo <strong>in</strong>terreligioso sono <strong>in</strong> grado <strong>di</strong> produrre<br />

autentici miracoli, compreso quello <strong>di</strong> allontanare i conflitti.


Dalla carta delle ONGS<br />

(organizzazioni non governative <strong>di</strong> sviluppo).<br />

Solidarietà<br />

Le ONGS credono nei seguenti valori: giustizia sociale, equità e rispetto<br />

dei <strong>di</strong>ritti umani.<br />

Le ONGS credono che ogni uomo e ogni donna abbia <strong>di</strong>ritto ad un<br />

livello m<strong>in</strong>imo <strong>di</strong> vita, che si fonda su un’equa <strong>di</strong>stribuzione delle<br />

risorse della Terra, sull’elim<strong>in</strong>azione della povertà, sulla giustizia<br />

sociale e su un’equa ripartizione della ricchezza.<br />

Le ONGS credono che ogni persona debba essere <strong>in</strong> grado <strong>di</strong> determ<strong>in</strong>are<br />

i propri valori e le proprie priorità, con la possibilità <strong>di</strong> organizzarsi<br />

per realizzarli.<br />

Le ONGS credono nell’importanza <strong>di</strong> una azione solidale rispettosa<br />

degli obiettivi delle comunità con cui e per cui lavorano, <strong>in</strong> conformità<br />

con le priorità che queste ultime identificano come proprie e ritengono<br />

che questo debba avvenire attraverso la partecipazione popolare<br />

nel processo <strong>di</strong> sviluppo.<br />

Le ONGS credono <strong>in</strong>oltre che gli uom<strong>in</strong>i e le donne delle comunità<br />

co<strong>in</strong>volte dovrebbero, nella maggior misura possibile, essere responsabili<br />

dell’ideazione, pianificazione, realizzazione e valutazione dei<br />

progetti e dei programmi, nella loro elaborazione politica al Nord.<br />

Credono nel costante <strong>di</strong>alogo con i partner locali e nella partecipazione<br />

locale alle decisioni prese circa le spese e la politica da seguire.<br />

Le ONGS credono che l’op<strong>in</strong>ione pubblica abbia sia il dovere che il<br />

<strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> essere co<strong>in</strong>volta nella cooperazione allo sviluppo e nel raggiungimento<br />

della giustizia sociale. Per questa ragione sollecitano ed<br />

<strong>in</strong>coraggiano il sostegno, <strong>di</strong>retto ed <strong>in</strong><strong>di</strong>retto, dell’op<strong>in</strong>ione pubblica al<br />

loro lavoro.<br />

Le ONGS credono nel seguente approccio alla cooperazione allo sviluppo<br />

e all’aiuto umanitario:<br />

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Solidarietà<br />

• Dare professionalità al loro lavoro<br />

• Accrescere le capacità dei partner del Sud<br />

• Rafforzare i gruppi sociali particolarmente svantaggiati<br />

• Lavorare per elim<strong>in</strong>are le <strong>di</strong>sparità tra i sessi<br />

• Utilizzare adeguati meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> raccolta dei fon<strong>di</strong><br />

• Realizzare azioni che dur<strong>in</strong>o nel tempo<br />

• Impegnarsi <strong>in</strong> attività <strong>di</strong> educazione allo sviluppo, sensibilizzando<br />

il Nord ai problemi del Sud del mondo<br />

• Usare la loro capacità <strong>di</strong> co<strong>in</strong>volgimento per favorire la collaborazione<br />

fra i <strong>di</strong>versi settori della società.


N<br />

el 1997 Giorgio Gaber<br />

scriveva un “Elogio della<br />

schiavitù”:<br />

“In uno dei miei rari momenti <strong>di</strong><br />

luci<strong>di</strong>tà ho avuto una illum<strong>in</strong>azione<br />

così folgorante che lì per lì mi ha<br />

spaventato: la libertà mi fa male,<br />

anzi malissimo. …<br />

Mi spiego meglio. Un uomo <strong>in</strong> catene<br />

sa benissimo quello che vuole: vuole<br />

togliersi le catene. E allora lotta, r<strong>in</strong>ghia,<br />

si <strong>di</strong>batte, tende i suoi nervi, tira<br />

fuori tutta la sua energia. E f<strong>in</strong>almente:<br />

“libero! Sono libero, sono libero,<br />

sono libero, od<strong>di</strong>o come sono libero<br />

…” E piano piano tutti i muscoli della<br />

sua faccia si rilassano, si afflosciano,<br />

lasciano <strong>in</strong>travedere i chiari s<strong>in</strong>tomi<br />

<strong>di</strong> una tristezza progressiva e <strong>in</strong>f<strong>in</strong>ita.<br />

Dopo un po’ <strong>in</strong>grassa anche.<br />

Ma è chiaro: è la lotta per la libertà<br />

che fa bene. La libertà fa malissimo”.<br />

Come <strong>di</strong>ceva Sartre: “l’uomo è condannato<br />

ad essere libero”.<br />

La sua <strong>di</strong>gnità lo rende libero e<br />

responsabile <strong>di</strong> ogni gesto, scelta,<br />

cosa che fa, progetta, realizza. La<br />

scommessa è che la mia libertà<br />

<strong>di</strong>venti una possibilità e un camm<strong>in</strong>o<br />

<strong>di</strong> liberazione che co<strong>in</strong>volge l’umani-<br />

tà <strong>in</strong>tera, che non chiude gli occhi<br />

sulla realtà delle forme più <strong>di</strong>verse,<br />

palesi o nascoste <strong>di</strong> schiavitù, <strong>di</strong> violenza,<br />

<strong>di</strong> rifiuto, <strong>di</strong> sopraffazione, <strong>di</strong><br />

conquista, <strong>di</strong> sfruttamento.<br />

<strong>Pacem</strong> <strong>in</strong> terris n. 18: “La convivenza<br />

fra gli esseri umani è qu<strong>in</strong><strong>di</strong> ord<strong>in</strong>ata,<br />

feconda e rispondente alla loro<br />

<strong>di</strong>gnità <strong>di</strong> persone quando si fonda<br />

sulla verità, … quando si attua<br />

secondo giustizia, … quando è vivificata<br />

e <strong>in</strong>tergrata dall’amore, … e<br />

quando è attuata nella libertà, nel<br />

modo cioè che si ad<strong>di</strong>ce alla <strong>di</strong>gnità<br />

<strong>di</strong> esseri portati dalla loro stessa<br />

natura razionale ad assumere la<br />

responsabilità del proprio operare”<br />

<strong>Pacem</strong> <strong>in</strong> <strong>Terris</strong> n. 64: “i rapporti fra<br />

le comunità politiche vanno regolati<br />

nella libertà. Il che significa che nessuna<br />

<strong>di</strong> esse ha il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> esercitare<br />

un’azione oppressiva sulle altre o <strong>di</strong><br />

<strong>in</strong>debita <strong>in</strong>gerenza. Tutte <strong>in</strong>vece<br />

devono proporsi <strong>di</strong> contribuire perché<br />

<strong>in</strong> ognuna sia sviluppato il senso<br />

<strong>di</strong> responsabilità, lo spirito <strong>di</strong> <strong>in</strong>iziativa,<br />

e l’impegno a essere la prima<br />

protagonista nel realizzare la propria<br />

ascesa <strong>in</strong> tutti i campi”.<br />

Traggo da tutto questo alcune<br />

considerazioni.<br />

57


58<br />

La libertà<br />

1 La libertà chiede <strong>in</strong>nanzitutto il<br />

coraggio della fraternità, <strong>di</strong> un<br />

amore aperto e creativo non per il<br />

nostro piccolo mondo solo ma per<br />

l’umanità <strong>in</strong>tera. La libertà apre<br />

all’altro, al fratello, allo straniero, a<br />

ogni uomo o donna, a ogni popolo e<br />

cultura.<br />

“Qualunque sia la tua con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong><br />

vita, pensa a te e ai tuoi cari, ma non<br />

lasciarti imprigionare nell’angusta<br />

cerchia della tua piccola famiglia.<br />

Una volta per tutte adotta la famiglia<br />

umana!<br />

Bada a non sentirti estraneo a nessuna<br />

parte del mondo.<br />

Sii un uomo <strong>in</strong> mezzo agli altri.<br />

Nessun problema <strong>di</strong> qualsiasi popolo,<br />

ti sia <strong>in</strong><strong>di</strong>fferente. Vibra con le<br />

gioie e le speranze <strong>di</strong> ogni gruppo<br />

umano. Fa tue le sofferenze e le umiliazioni<br />

dei tuoi fratelli nell’umanità<br />

Vivi a scala mon<strong>di</strong>ale. O meglio<br />

ancora universale.”<br />

Così dom Helder Camara vede la<br />

presenza del cristiano <strong>in</strong> questo<br />

mondo e a suo modo si augura una<br />

globalizzazione che assuma il volto<br />

<strong>di</strong> una comunità fraterna nella quale<br />

crescano con<strong>di</strong>visione, giustizia,<br />

pace. Pare proprio questa la scommessa<br />

e la <strong>di</strong>rezione dell’impegno dei<br />

cristiani <strong>in</strong> questo momento storico.<br />

2 In secondo luogo la libertà chiede il<br />

coraggio della responsabilità e della<br />

partecipazione allo svolgimento e alla<br />

costruzione della storia.<br />

Giovanni Paolo II nel messaggio per<br />

la Giornata della Pace del 1981 dal<br />

titolo “Per servire la pace rispetta la<br />

libertà”, sottol<strong>in</strong>eava: “La migliore<br />

garanzia della libertà e della sua<br />

effettiva realizzazione poggia sulla<br />

responsabilità delle persone e dei<br />

popoli, sugli sforzi che ciascuno compie<br />

al proprio livello, nel suo ambiente<br />

imme<strong>di</strong>ato, sul piano nazionale e<br />

<strong>in</strong>ternazionale. Perché la libertà non è<br />

un regalo: essa deve essere <strong>in</strong>cessantemente<br />

conquistata. Essa camm<strong>in</strong>a <strong>di</strong><br />

pari passo col senso della responsabilità,<br />

che grava su ciascuno. Non si<br />

possono rendere liberi gli uom<strong>in</strong>i,<br />

senza renderli al tempo stesso più<br />

coscienti delle esigenze del bene<br />

comune e più responsabili”<br />

Nel 1972 lo stesso Gaber cantava:<br />

“La libertà non è stare sopra un albero,<br />

non è neanche aver un’op<strong>in</strong>ione,<br />

e nemmeno un gesto o una <strong>in</strong>venzione,<br />

la libertà non è uno spazio<br />

libero.<br />

La libertà è partecipazione.”


3 In terzo luogo la libertà chiede il<br />

coraggio <strong>di</strong> fare i conti con la propria<br />

coscienza, e con i valori umani<br />

e religiosi che la illum<strong>in</strong>ano.<br />

Era il 1965 e don Lorenzo Milani<br />

nella sua auto<strong>di</strong>fesa contro l’accusa<br />

<strong>di</strong> vilipen<strong>di</strong>o alla patria e tra<strong>di</strong>mento,<br />

per aver <strong>di</strong>feso la scelta degli<br />

obiettori <strong>di</strong> coscienza al servizio militare,<br />

<strong>in</strong>titolata “L’Obbe<strong>di</strong>enza non è<br />

più una virtù”, così parlava ai giu<strong>di</strong>ci<br />

e ai giovani:<br />

“Quando si tratta <strong>di</strong> due persone che<br />

compiono un delitto <strong>in</strong>sieme, per<br />

esempio il mandante e il sicario, voi<br />

gli date un ergastolo per uno e tutti<br />

capiscono che la responsabilità non<br />

si <strong>di</strong>vide per due.<br />

Un delitto come quello <strong>di</strong> Hiroshima<br />

ha richiesto qualche migliaio <strong>di</strong> corresponsabili<br />

<strong>di</strong>retti: politici, scienziati,<br />

tecnici, operai, aviatori. Ognuno<br />

<strong>di</strong> essi ha tacitato la propria coscienza<br />

f<strong>in</strong>gendo a se stesso che quella<br />

cifra andasse a denom<strong>in</strong>atore. Un<br />

rimorso ridotto a millesimi non toglie<br />

il sonno all’uomo <strong>di</strong> oggi.<br />

E così siamo giunti a questo assurdo<br />

che l’uomo delle caverne se dava<br />

una randellata sapeva <strong>di</strong> fare male e<br />

si pentiva. L’aviere dell’era atomica<br />

riempie il serbatoio dell’apparecchio<br />

che poco dopo <strong>di</strong>s<strong>in</strong>tegrerà 200.000<br />

giapponesi e non si pente.<br />

La libertà<br />

A dar retta ai teorici dell’obbe<strong>di</strong>enza<br />

e a certuni tribunali tedeschi, dell’assass<strong>in</strong>io<br />

<strong>di</strong> 6.000.000 <strong>di</strong> ebrei<br />

risponderà solo Hitler. Ma Hitler era<br />

irresponsabile perché pazzo.<br />

Dunque quel delitto non è mai avvenuto<br />

perché non ha autore.<br />

C’è un modo solo per uscire da questo<br />

gioco <strong>di</strong> parole. Avere il coraggio<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>re ai giovani che essi sono tutti<br />

sovrani, per cui l’obbe<strong>di</strong>enza non è<br />

ormai più una virtù, ma la più subdola<br />

delle tentazioni, che non credano<br />

<strong>di</strong> potersene fare scudo né davanti<br />

agli uom<strong>in</strong>i né davanti a Dio, che<br />

bisogna che si sentano ognuno l’unico<br />

responsabile <strong>di</strong> tutto.<br />

A questo patto l’umanità potrà <strong>di</strong>re <strong>di</strong><br />

avere avuto <strong>in</strong> questo secolo un progresso<br />

morale parallelo e proporzionale<br />

al suo progresso tecnico.<br />

San Salvador 23 marzo 1980, Mons<br />

Oscar Romero, poco tempo prima <strong>di</strong><br />

essere assass<strong>in</strong>ato <strong>di</strong>ceva <strong>in</strong> una<br />

omelia:<br />

“Vorrei rivolgere un <strong>in</strong>vito particolare<br />

agli uom<strong>in</strong>i dell’esercito e, <strong>in</strong> concreto,<br />

alle basi della guar<strong>di</strong>a nazionale,<br />

della polizia, delle caserme.<br />

Fratelli, appartenete al nostro stesso<br />

popolo, uccidete i vostri fratelli<br />

contad<strong>in</strong>i e davanti ad un ord<strong>in</strong>e<br />

<strong>di</strong> uccidere che viene da un uomo<br />

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60<br />

La libertà<br />

deve prevalere la legge <strong>di</strong> Dio che<br />

<strong>di</strong>ce: NON UCCIDERE... Nessun<br />

soldato è obbligato ad obbe<strong>di</strong>re a<br />

un ord<strong>in</strong>e che sia contro la legge<br />

<strong>di</strong> Dio... Una legge immorale nessuno<br />

deve adempierla... E’ ora,<br />

ormai, che recuperiate la vostra<br />

coscienza e obbe<strong>di</strong>ate anzitutto ad<br />

essa, piuttosto che all’ord<strong>in</strong>e del<br />

peccato... La Chiesa, che <strong>di</strong>fende i<br />

<strong>di</strong>ritti <strong>di</strong> Dio, della legge <strong>di</strong> Dio,<br />

della <strong>di</strong>gnità umana, della persona,<br />

non può rimanere <strong>in</strong> silenzio <strong>di</strong><br />

fronte a così grande abom<strong>in</strong>azione.<br />

Vogliamo che il governo si renda<br />

conto sul serio che non servono a<br />

niente le riforme se sono macchiate<br />

con tanto sangue... In nome <strong>di</strong> Dio,<br />

dunque, e <strong>in</strong> nome <strong>di</strong> questo popolo<br />

sofferente i cui lamenti salgono<br />

al cielo sempre più tumultuosi, vi<br />

supplico, vi prego, vi ord<strong>in</strong>o <strong>in</strong><br />

nome <strong>di</strong> Dio: Basta con la repressione!...”.<br />

4 In quarto luogo la libertà<br />

chiede il coraggio della verità.<br />

Quella verità che non riduce<br />

l’uomo ai suoi gesti e ai suoi errori,<br />

e che ci rende liberi <strong>di</strong> ricom<strong>in</strong>ciare<br />

ancora una volta a convivere<br />

anche con i nostri nemici,<br />

<strong>in</strong> una logica <strong>di</strong> riconciliazione e<br />

fiducia.<br />

E’ ancora il papa che nel messag-<br />

gio per la giornata della pace del<br />

1980 dal titolo “La verità forza<br />

della pace”, <strong>di</strong>ce:<br />

“La verità non consente <strong>di</strong> <strong>di</strong>sperare<br />

dell’avversario. L’uomo <strong>di</strong><br />

pace, che essa ispira, non riduce<br />

l’avversario all’errore, nel quale<br />

lo vede soccombere. Al contrario,<br />

egli riduce l’errore alle sue reali<br />

proporzioni e fa appello alla<br />

ragione, al cuore e alla coscienza<br />

dell’uomo, per aiutarlo a riconoscere<br />

e ad accogliere la verità,”<br />

migliorando!<br />

“Gesù <strong>di</strong>sse a quelli che avevano<br />

creduto <strong>in</strong> lui: Se rimanete ben<br />

ra<strong>di</strong>cati nella mia parola, siete<br />

veramente miei <strong>di</strong>scepoli. Così<br />

conoscerete la verità, e la verità vi<br />

farà liberi”. ( Gv 8,31s)<br />

5 In qu<strong>in</strong>to luogo la libertà<br />

chiede il coraggio <strong>di</strong> liberazioni<br />

nonviolente. Nella tra<strong>di</strong>zione<br />

dei movimenti <strong>di</strong> liberazione<br />

degli oppressi spesso si è fatto<br />

uso della violenza. Scacciare il<br />

conquistatore, spodestare il <strong>di</strong>ttatore,<br />

correggere le <strong>in</strong>giustizie,<br />

recrim<strong>in</strong>are l’uguaglianza, hanno<br />

spesso giustificato l’uso della violenza<br />

e dei suoi strumenti più<br />

semplici e sofisticati.<br />

Mons Pero Sudar, vescovo ausiliare<br />

<strong>di</strong> Sarajevo, ci <strong>di</strong>ceva pochi


mesi fa, a 7 anni dalla f<strong>in</strong>e del<br />

conflitto <strong>in</strong> Bosnia:<br />

“Durante il regime comunista<br />

nella ex Jugoslavia pensavo<br />

anch’io, che come ultimo mezzo<br />

per arrivare alla libertà, può servire<br />

anche la guerra. Oggi non lo<br />

penso più! Il mio cambiamento<br />

ra<strong>di</strong>cale è dovuto alla mia delusione,<br />

non soltanto verso coloro<br />

che hanno voluto dom<strong>in</strong>are, sottomettere<br />

gli altri, ma anche verso<br />

coloro che si sono <strong>di</strong>fesi. … Ecco<br />

La libertà<br />

perché sostengo che l’atteggiamento<br />

della nonviolenza è l’unica<br />

strada, che ci è rimasta, anche se<br />

molto lunga.”<br />

Mi viene da cantare una canzone<br />

<strong>di</strong> Edoardo Bennato, <strong>in</strong>titolata<br />

“Venderò”, chiude così:<br />

“Ogni cosa ha il suo prezzo,<br />

ma nessuno saprà,<br />

quanto costa la mia libertà.”<br />

E’ un augurio e un impegno!<br />

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La libertà<br />

LE NUOVE SCHIAVITU’<br />

Facile quando ve<strong>di</strong> le catene ai tuoi polsi e ti senti trasc<strong>in</strong>ato <strong>di</strong> forza<br />

capire che qualcuno ti ha reso schiavo, <strong>di</strong>fficile quando le catene non<br />

le ve<strong>di</strong>, gli altri magari pure non se ne accorgono, ma giorno dopo giorno<br />

qualcuno o qualcosa ti hanno reso <strong>di</strong>pendente e allora, anche senza<br />

catene <strong>di</strong> ferro, hai cessato <strong>di</strong> essere libero e la tua vita è guidata e<br />

decisa da altro che te stesso.<br />

La Francia della liberté, egalité, fraternité abolì def<strong>in</strong>itivamente la<br />

schiavitù solo nel 1833 (la rivoluzione francese l’aveva tolta e<br />

Napoleone re<strong>in</strong>trodotta). Gli Stati Uniti l’abolirono nel 1863, l’Arabia<br />

Sau<strong>di</strong>ta nel 1962. Ultima la Mauritania, che con commovente slancio<br />

<strong>di</strong> umanità ha <strong>di</strong>chiarato illegale il commercio degli schiavi nel 1981,<br />

pur praticandolo ancora oggi.<br />

Qu<strong>in</strong><strong>di</strong> è vero, esistono anche oggi forme <strong>di</strong> schiavitù <strong>di</strong> tipo “classico”:<br />

uom<strong>in</strong>i, donne o bamb<strong>in</strong>i che sono venduti per essere servi <strong>di</strong><br />

altri, per tutta la vita. Nel Sudan, i bamb<strong>in</strong>i sono sequestrati dalle<br />

milizie governative e venduti nei mercati. A volte li si ritrova nelle<br />

case <strong>di</strong> <strong>di</strong>plomatici <strong>in</strong> Svizzera, Inghilterra o Francia tenuti <strong>in</strong> situazione<br />

<strong>di</strong> schiavitù domestica. In In<strong>di</strong>a, <strong>in</strong> Pakistan e <strong>in</strong> Bangladesh,<br />

più <strong>di</strong> 20 milioni <strong>di</strong> bamb<strong>in</strong>i sono <strong>in</strong> servitù per debiti. F<strong>in</strong> da piccolissimi,<br />

questi bamb<strong>in</strong>i sono costretti a lavorare per rimborsare un<br />

debito contratto dalle precedenti generazioni della loro famiglia.<br />

Se <strong>in</strong> Mauritania e Sudan la schiavitù esiste <strong>in</strong> forma tra<strong>di</strong>zionale, nei<br />

paesi del golfo <strong>di</strong> Gu<strong>in</strong>ea è più assimilabile ad una sorta <strong>di</strong> servitù<br />

coatta, come nel caso del Togo, del Ben<strong>in</strong> e della Nigeria. Frotte <strong>di</strong><br />

bamb<strong>in</strong>i lasciano le famiglie nell’entroterra rurale, e con la bene<strong>di</strong>zione<br />

dei genitori vengono affidati a parenti, amici, o semplici “caporali”<br />

che li portano <strong>in</strong> città, e trovano loro un impiego. Questo sistema<br />

sarebbe già considerato sfruttamento e schiavitù nel nostro paese,<br />

mentre rappresenta la normale realtà <strong>di</strong> gran parte dei paesi più


La libertà<br />

poveri dell’Africa. Nel mondo sono circa 250 milioni i bamb<strong>in</strong>i al <strong>di</strong><br />

sotto dei 14 anni che lavorano (145.000 <strong>in</strong> Italia).<br />

Ad oggi questi ragazz<strong>in</strong>i e tanti adulti hanno preso anche la via delle<br />

navi, giungendo nel nostro paese e <strong>in</strong> tutta Europa alla ricerca <strong>di</strong> un<br />

futuro migliore, o semplicemente <strong>di</strong> un futuro, barattandolo con la loro<br />

adolescenza. Spesso queste persone sono <strong>in</strong> mano ad organizzazioni<br />

che ne curano il trasporto e il lavoro, tenendoli <strong>in</strong> loro potere con i<br />

debiti, le m<strong>in</strong>acce e la magia, un v<strong>in</strong>colo molto più forte <strong>di</strong> quanto<br />

potremmo credere.<br />

In Europa l’antica schiavitù che ci ha accompagnato per secoli, si è<br />

trasformata così nella schiavitù del clandest<strong>in</strong>o, dell’ultimo arrivato<br />

nel nostro prospero mondo. Per lo più è qui perché là stava morendo.<br />

Adesso non ha <strong>di</strong>ritti, non ha lamentele lecite, non può <strong>di</strong>scutere<br />

sul salario, sulle richieste <strong>di</strong> affitto, non può uscire liberamente (se poi<br />

è c<strong>in</strong>ese non esce affatto). Il clandest<strong>in</strong>o è il nuovo schiavo: lo posso far<br />

lavorare come voglio, lo posso usare, prostituire, trasportare come<br />

merce. Anche oggi come una volta ho la legge dalla mia parte, perché<br />

tutti sappiamo che un clandest<strong>in</strong>o è un pericolo per la società e se<br />

sgarra sarà espulso.<br />

A fianco <strong>di</strong> queste forme ancestrali o r<strong>in</strong>novate <strong>di</strong> schiavitù, si sono<br />

andate sviluppando delle forme estreme <strong>di</strong> lavoro <strong>in</strong>fantile sulle quali<br />

numerosi paesi basano il loro sviluppo economico. In In<strong>di</strong>a, i bamb<strong>in</strong>i<br />

rappresentano il 70% della forza lavoro usata nelle <strong>in</strong>dustrie dei tappeti.<br />

In Perù, li si ritrova nelle m<strong>in</strong>iere d’oro; <strong>in</strong> Colombia, nelle m<strong>in</strong>iere <strong>di</strong><br />

carbone; <strong>in</strong> Ghana, nelle imprese <strong>di</strong> estrazione dell’oro e nelle Filipp<strong>in</strong>e<br />

e <strong>in</strong> Tailan<strong>di</strong>a nelle case chiuse. Questi bamb<strong>in</strong>i sono sottomessi a con<strong>di</strong>zioni<br />

<strong>di</strong> lavoro caratterizzate da privazione della libertà, orari <strong>di</strong> lavoro<br />

troppo pesanti e mancanza <strong>di</strong> scolarizzazione, e sono <strong>in</strong>oltre soggetti<br />

a molteplici maltrattamenti, che <strong>in</strong>fluiscono negativamente e irreversibilmente<br />

sul loro sviluppo fisico e psichico. Molti bamb<strong>in</strong>i che svolgono<br />

mansioni pericolose nelle fabbriche non raggiungono il do<strong>di</strong>cesimo<br />

anno <strong>di</strong> età.<br />

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Meglio <strong>di</strong> altre nazioni, dove la schiavitù è legata al reclutamento forzato<br />

come soldati rivolto anche a bamb<strong>in</strong>i dagli otto anni <strong>in</strong> su. In<br />

Sudan, Uganda, Sierra Leone, ma non solo qui, esistono i bamb<strong>in</strong>i<br />

soldato, che anche dopo la f<strong>in</strong>e della guerra saranno schiavi, per sempre,<br />

<strong>di</strong> quello che hanno visto e fatto.<br />

Torniamo al nostro mondo ed alle nostre città. Qui esiste la schiavitù<br />

della prostituzione: ragazze deportate dalle proprie case sulle<br />

nostre strade per sod<strong>di</strong>sfare i desideri malsani <strong>di</strong> uom<strong>in</strong>i che hanno<br />

perso la <strong>di</strong>gnità. Meglio chiamarle prostituìte, piuttosto che prostitute,<br />

perché sono ragazze come le altre, non sono nate <strong>di</strong>verse, ma sono<br />

trattate <strong>di</strong>versamente, viste <strong>di</strong>versamente, a loro ci si permette <strong>di</strong> fare<br />

qualsiasi cosa. In Italia si parla <strong>di</strong> 70.000 persone costrette a prostituirsi,<br />

prevalentemente per strada (il 65%) e <strong>di</strong> queste il 20% è m<strong>in</strong>orenne,<br />

(ogni anno nel mondo circa un milione <strong>di</strong> bamb<strong>in</strong>i vengono<br />

avviati al mercato del sesso). Una percentuale alta delle ragazze che<br />

sono per strada è <strong>in</strong> stato <strong>di</strong> totale schiavitù, privo <strong>di</strong> qualsiasi libertà,<br />

alla mercé dello sfruttatore e degli italiani che le violentano a<br />

pagamento (si stima siano 9 milioni), se arriveranno negli anni a sv<strong>in</strong>colarsi<br />

dal debito verso lo sfruttatore, resteranno comunque segnate<br />

per sempre.<br />

In un certo senso anche l’embrione, l’uomo concepito e non ancora<br />

nato, rientra nella situazione dello schiavo: <strong>di</strong>pende totalmente dalla<br />

volontà altrui ed è poco tutelato dalla legge, che anzi concede ad un altro<br />

il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> vita o <strong>di</strong> morte su <strong>di</strong> lui. Non lo si riconosce come persona.<br />

La schiavitù dell’usura <strong>in</strong>catena famiglie e lavoratori, <strong>in</strong> un circolo<br />

<strong>in</strong>f<strong>in</strong>ito, che non lascia scampo. Talvolta può essere anche una banca<br />

ad <strong>in</strong>catenare legalmente una famiglia che si è trovata <strong>in</strong> <strong>di</strong>fficoltà. Si<br />

vive per pagare un debito, che come una creatura mostruosa cont<strong>in</strong>ua<br />

a crescere.<br />

C’è la schiavitù della <strong>di</strong>pendenza da droghe, ma anche quella da<br />

psicofarmaci o dall’alcool. La vita <strong>di</strong>venta mono<strong>di</strong>rezionale, ogni gior-


La libertà<br />

no, ogni <strong>in</strong>contro, ogni avvenimento viene letto con l’unica chiave <strong>di</strong><br />

lettura dell’assunzione <strong>di</strong> quella certa sostanza, che devo cercare, procurare,<br />

lasciare assorbire dal mio corpo, perché altrimenti non posso<br />

vivere e f<strong>in</strong>almente torno sereno e posso <strong>in</strong>iziare a preoccuparmi <strong>di</strong><br />

nuovo <strong>di</strong> quella stessa sostanza, la devo cercare, procurare, lasciarla<br />

<strong>di</strong> nuovo assorbire dal mio corpo. L’orizzonte è sempre quello, ed è<br />

chimico.<br />

Poi ci sono altre schiavitù, nascoste, subdole, che forse non accetterai,<br />

perché afferrano anche noi. Uno stu<strong>di</strong>o universitario <strong>di</strong> questi mesi<br />

parla della <strong>di</strong>pendenza dei nostri adolescenti dal telefono cellulare.<br />

Non è l’unico stu<strong>di</strong>o che ne parla. Possiamo anche sottovalutarlo, <strong>di</strong>re<br />

che fa parte del progresso scientifico, <strong>di</strong>re che è utile anche ai genitori<br />

per trovare i figli. Poi leggi che il 56% dei bamb<strong>in</strong>i <strong>di</strong> 10 anni lo possiede,<br />

il 30% lo considera <strong>in</strong><strong>di</strong>spensabile, il 68% non lo spegne neppure<br />

quando va a dormire, l’80% l’ha acceso anche <strong>in</strong> chiesa (ecco chi era<br />

domenica scorsa!). Ho visto due fidanzati camm<strong>in</strong>are uno <strong>di</strong> fianco<br />

all’altro e parlare entrambi al proprio telefon<strong>in</strong>o, rivolti all’esterno<br />

della coppia, ridevano.<br />

C’è il rischio <strong>di</strong> una strana forma <strong>di</strong> schiavitù, quella del mondo virtuale,<br />

entro e mi collego sempre più ad un mondo che non è la realtà,<br />

un mondo <strong>di</strong> cui posso anche ignorare i volti con cui chatto, un mondo<br />

fatto <strong>di</strong> storie <strong>di</strong> altri, ma che non sono la mia storia, la mia vita, la<br />

mia relazione umana con chi mi è accanto. La schiavitù virtuale può<br />

<strong>in</strong>iziare con la televisione: quando stai guardando la 73ª puntata <strong>di</strong><br />

uno stesso sequel televisivo non sei più te stesso, altri vivono <strong>in</strong> te, non<br />

solo hai r<strong>in</strong>unciato ad usare il cervello, è la vita non vera <strong>di</strong> altri che<br />

ti è penetrata dentro, scostando la tua. Pensate al Grande Fratello:<br />

puoi vivere m<strong>in</strong>uto per m<strong>in</strong>uto la vita <strong>di</strong> quel gruppo, come se tu fossi<br />

lì, come se stessi parlando con loro, <strong>in</strong> quella casa, su quel letto, <strong>in</strong><br />

quel gab<strong>in</strong>etto. Dal televisore poi passo al computer: <strong>in</strong>ternet è la rete<br />

grande quanto il mondo, sto con tutti, so tutto <strong>di</strong> tutti, meno che dei<br />

miei familiari, con loro non parlo. Non è solo un problema <strong>di</strong> comunicazione,<br />

il virtuale mi estranea dalla realtà, mi allontana dalla mia<br />

vita, mi schiavizza perché mi deporta <strong>in</strong> un mondo <strong>di</strong>verso, che non<br />

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La libertà<br />

esiste o quando esiste è <strong>di</strong>fferente dal mio.<br />

Inf<strong>in</strong>e: c’è schiavitù anche dove c’è assenza <strong>di</strong> verità. La menzogna è<br />

sempre non libertà. Solo la verità rende liberi. Dove l’utilità viene<br />

anteposta alla verità l’uomo <strong>di</strong>venta schiavo dell’utilitarismo e <strong>di</strong> coloro<br />

che possono decidere quale sia l’utile. I temi del vero e del bene non<br />

sono separabili e dove non c’è il vero, non c’è il bene supremo che è la<br />

libertà. Se non possiamo conoscere la verità riguardo a Dio, allora<br />

anche la verità riguardo a ciò che è bene e a ciò che è male resta <strong>in</strong>accessibile.<br />

In tal caso non esiste il bene e il male; rimane solo il calcolo<br />

delle conseguenze: l’ethos viene sostituito dal calcolo. Detto più chiaramente:<br />

le tre domande sulla verità, sul bene, su Dio sono un’unica<br />

domanda. E se ad essa non c’è risposta, allora brancoliamo nel buio<br />

riguardo alle cose essenziali della nostra vita e al buio non c’è libertà.


LA LIBERTA’ RELIGIOSA<br />

La libertà<br />

L’affermazione più forte sulla libertà religiosa la troviamo <strong>in</strong><br />

una lettera enciclica <strong>di</strong> Pio XI, del lontano 1937, che avendo per tema<br />

la situazione della Chiesa cattolica nel Reich germanico porta significativamente<br />

e curiosamente un titolo <strong>in</strong> tedesco: “Mit brennender<br />

Sorge” (Con viva ansia). Ora <strong>in</strong> questo documento si afferma che: “Il<br />

credente ha un <strong>di</strong>ritto <strong>in</strong>alienabile <strong>di</strong> professare la sua fede e <strong>di</strong> praticarla<br />

<strong>in</strong> quella forma che ad essa conviene. Quelle leggi che sopprimono<br />

o rendono <strong>di</strong>fficile la professione e la pratica <strong>di</strong> questa fede, sono <strong>in</strong><br />

contrasto con il <strong>di</strong>ritto naturale”. (n.38)<br />

Ora il tema è certamente delicato e <strong>di</strong>fficile perché parlando <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto/dovere<br />

dei s<strong>in</strong>goli e delle comunità alla libertà religiosa rientriamo<br />

nel grande tema della giustizia.<br />

La prima osservazione che possiamo fare è che la libertà religiosa<br />

appartiene all’area dei <strong>di</strong>ritti umani che avrà una collocazione centrale<br />

nella “<strong>Pacem</strong> <strong>in</strong> terris”. I <strong>di</strong>ritti dell’uomo costituiscono oggi la<br />

base necessaria dell’<strong>in</strong>tegrazione fra la cultura giuri<strong>di</strong>co-morale e<br />

tutte le religioni, le culture, i gruppi etnici, i movimenti umanistici. La<br />

nostra società è particolarmente sensibile a questo tema.<br />

Una vera svolta storica l’abbiamo proprio qui, vale a <strong>di</strong>re nella<br />

“<strong>Pacem</strong> <strong>in</strong> terris” (nn.6-13) e, imme<strong>di</strong>atamente dopo, nel Concilio<br />

Vaticano II con la <strong>di</strong>chiarazione “Dignitatis humanae” (DH).<br />

Il tema sottende una domanda: come è possibile <strong>di</strong>chiarare il <strong>di</strong>ritto<br />

alla libertà religiosa, quando si sa che solo la verità porta con sé dei<br />

<strong>di</strong>ritti? Solo chi è nella verità ha il <strong>di</strong>ritto alla libertà e la Chiesa sapeva<br />

e <strong>di</strong>chiarava <strong>di</strong> essere nella verità. Il Concilio risolve il problema<br />

partendo dalla persona, mettendo al centro la persona umana e non i<br />

valori spirituali quali la verità, la giustizia, l’amore, la libertà. La persona<br />

“è soggetto <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritti e <strong>di</strong> doveri che scaturiscono imme<strong>di</strong>atamente<br />

e simultaneamente dalla sua stessa natura: i <strong>di</strong>ritti e doveri che<br />

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sono perciò universali, <strong>in</strong>violabili, <strong>in</strong>alienabili” (<strong>Pacem</strong> <strong>in</strong> terris n.5).<br />

Quello che qui si è capito è la centralità della persona e delle relazioni<br />

tra persone e non da persona a valore o da valore a persona. Prima<br />

<strong>in</strong>vece si riteneva appunto che solo la verità ha <strong>di</strong>ritti e la libertà della<br />

religione si fonda sulla sua verità. Ogni <strong>di</strong>ritto umano si fonda non su<br />

una verità astrattamente def<strong>in</strong>ita, ma sulla verità concreta, esistenziale<br />

che è l’uomo, precisamente sulla <strong>di</strong>gnità della persona umana<br />

che è valore primario, talmente primario da fare da fondamento agli<br />

stessi <strong>di</strong>ritti umani e qu<strong>in</strong><strong>di</strong> anche al <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> fede e <strong>di</strong> religione come<br />

al <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> libertà.<br />

Sia la persona che la comunità devono essere liberi e garantiti dallo<br />

stato riguardo al rapporto con Dio perché si tratta <strong>di</strong> un <strong>di</strong>ritto e <strong>di</strong><br />

una libertà fondamentale. La possibilità del libero esercizio della religione<br />

è sia del s<strong>in</strong>golo che dell’<strong>in</strong>tera società perché si tratta <strong>di</strong> un<br />

bene che è sia personale che comunitario. Perciò “l’obbligo <strong>di</strong> rispettare<br />

la libertà religiosa ricade su ognuno, si tratti <strong>di</strong> privati cittad<strong>in</strong>i o<br />

della legittima autorità civile” (Giovanni Paolo II, The signal occasion,<br />

AAS71,1979,124). Vi è qu<strong>in</strong><strong>di</strong>, ed è riconosciuta, la libertà <strong>di</strong> professare<br />

la propria religione e il proprio culto <strong>di</strong>v<strong>in</strong>o per qualsiasi credo<br />

religioso. Di fronte allo stato pertanto tutte le religioni hanno uguali<br />

<strong>di</strong>ritti e uguale libertà (DH, 2).<br />

Ci doman<strong>di</strong>amo però: tutte le religioni sono ugualmente buone<br />

per la salvezza e la santificazione? Vanno considerate tutte allo<br />

stesso modo? Hanno tutte il medesimo valore? Qui la risposta deve<br />

essere maggiormente articolata. Gesù Cristo, Dio-uomo è l’unico<br />

Salvatore e Redentore <strong>di</strong> tutta l’umanità che conosciamo dalla rivelazione<br />

<strong>di</strong>v<strong>in</strong>a: “In nessun altro c’è salvezza, non vi è <strong>in</strong>fatti altro nome<br />

dato agli uom<strong>in</strong>i sotto il cielo nel quale sia stabilito che possiamo essere<br />

salvi” (At. 4,12). Egli è il Capo della sua Chiesa, la quale è <strong>in</strong>sieme<br />

“mistero” e “soggetto storico”. Qu<strong>in</strong><strong>di</strong> il catechismo della Chiesa cattolica<br />

sottol<strong>in</strong>ea che la “vera religione” sussiste “nell’unica Chiesa <strong>di</strong><br />

Cristo” che è la Chiesa “cattolica e apostolica” (n.2015). Lo stesso concetto<br />

lo troviamo nella Lumen Gentium (n.8). Su questa concezione si


La libertà<br />

fonda anche il <strong>di</strong>ritto-dovere dell’evangelizzazione che è missione fondamentale<br />

della Chiesa. Vi è libertà religiosa, ma non tutte le religioni<br />

sono ugualmente buone al f<strong>in</strong>e della salvezza.<br />

Ovviamente il <strong>di</strong>ritto alla libertà religiosa non si limita alla Chiesa<br />

cattolica ma è da estendere a tutte le comunità religiose. Il Concilio<br />

Vaticano II porta questa grande novità nella storia della Chiesa.<br />

Tale <strong>di</strong>ritto non riguarda né il contesto della religione; né le relazioni<br />

personali dell’uomo con la verità e l’errore; ma unicamente e specificamente<br />

l’esercizio sociale della <strong>di</strong>mensione religiosa della persona<br />

umana stessa. Quello della libertà religiosa è un <strong>di</strong>ritto che riguarda le<br />

relazioni tra i cittad<strong>in</strong>i sotto l’aspetto della libertà personale e ha a che<br />

fare con l’<strong>in</strong>teriore adesione alla religione, la pratica e il culto privato e<br />

pubblico, la sua manifestazione agli altri, l’<strong>in</strong>flusso delle conv<strong>in</strong>zioni<br />

religiose sulle varie attività (sanità, cultura, economia, politica…)<br />

Ogni s<strong>in</strong>gola persona ed ogni comunità sono pertanto protette nella<br />

loro relazione con la verità e con Dio secondo la propria scelta e decisione<br />

e nella maggior parte delle Costituzioni statuali e <strong>in</strong> documenti<br />

<strong>in</strong>ternazionali tale <strong>di</strong>ritto è riconosciuto sancito.<br />

Collegato al nostro tema è certamente quello della coscienza<br />

personale: “ognuno ha il dovere e qu<strong>in</strong><strong>di</strong> il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> cercare la verità<br />

<strong>in</strong> materia religiosa per formarsi, utilizzando i mezzi idonei, giu<strong>di</strong>zi<br />

<strong>di</strong> coscienza retti e veri secondo prudenza. L’uomo coglie e riconosce<br />

gli imperativi della legge <strong>di</strong>v<strong>in</strong>a attraverso la sua coscienza che egli è<br />

tenuto a seguire fedelmente <strong>in</strong> ogni sua attività, per arrivare a Dio suo<br />

f<strong>in</strong>e. Non lo si deve costr<strong>in</strong>gere ad agire contro la sua coscienza. Ma<br />

non si deve neppure impe<strong>di</strong>rgli <strong>di</strong> operare <strong>in</strong> conformità ad essa,<br />

soprattutto <strong>in</strong> campo religioso” (DH, 3).<br />

E’ ovvio che il <strong>di</strong>ritto alla libertà religiosa non è “licenza morale <strong>di</strong> aderire<br />

all’errore” e alla sua <strong>di</strong>ffusione: nessuno può avere <strong>di</strong>ritto a qualsiasi<br />

errore. Pertanto vi sono anche limiti alla libertà religiosa come il<br />

controllo da parte dell’autorità competente su <strong>di</strong>sord<strong>in</strong>i che si possono<br />

<strong>in</strong>nescare con il pretesto della libertà religiosa.<br />

Proviamo ad avanzare un esempio: il non <strong>in</strong>frequente richiamo <strong>di</strong><br />

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La libertà<br />

alcuni responsabili dell’Islam alla guerra santa. Il rispetto per quello<br />

che <strong>di</strong> specifico una cultura porta con sé non può essere confuso con la<br />

neutralità che sconf<strong>in</strong>a nell’ignavia perché non è vero che tutto può<br />

essere detto senza alcun limite. Vi è per esempio <strong>in</strong> ogni paese una<br />

ra<strong>di</strong>cata tra<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> civiltà che quanti scelgono <strong>di</strong> vivere <strong>in</strong> Italia<br />

hanno il dovere <strong>di</strong> rispettare. Di questa tra<strong>di</strong>zione la dottr<strong>in</strong>a della<br />

“guerra santa” non solo non fa parte, ma costituisce l’esatta negazione.<br />

La nostra convivenza ripu<strong>di</strong>a la logica della violenza e si fonda proprio<br />

sul rispetto delle <strong>di</strong>versità. La libertà <strong>di</strong> pensiero, e più specificamente<br />

quella religiosa, non comportano il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> r<strong>in</strong>negare questi<br />

pr<strong>in</strong>cipi, sui quali si <strong>in</strong>serisce <strong>in</strong>vece ogni altra libertà. Ne consegue<br />

che l’estremismo fondamentalista, nella misura <strong>in</strong> cui compromette il<br />

rispetto dell’identità altrui con la sua <strong>in</strong>tolleranza, rappresenta una<br />

m<strong>in</strong>accia per quella cultura dell’accoglienza che <strong>in</strong> questi anni ha reso<br />

possibile il graduale <strong>in</strong>serimento degli stranieri nella nostra società.<br />

E’ necessario qui, da parte dello Stato un atteggiamento <strong>di</strong> sapiente<br />

fermezza per garantire quella oggettiva sicurezza che consente una<br />

convivialità delle <strong>di</strong>fferenze.


LA PERSONA PRIMA DI TUTTO<br />

La libertà<br />

Quarant’anni fa Papa Giovanni XXIII, nella sera della sua esistenza,<br />

affidò al mondo quella famosa carezza donata ai più piccoli – <strong>di</strong>venuti<br />

gli adulti <strong>di</strong> oggi - quale concreto gesto d’affetto <strong>di</strong> un Papa dalla<br />

conv<strong>in</strong>ta umanità. Per molti aspetti quella stessa carezza si è amplificata<br />

ed universalizzata nella realtà profetica della “<strong>Pacem</strong> <strong>in</strong> <strong>Terris</strong>”,<br />

la sua ultima enciclica, <strong>di</strong> fatto il testamento spirituale, dai contenuti<br />

ispirati e dettati da una profonda compassione per l’uomo e le sue<br />

vicende.<br />

Nel breve volgere <strong>di</strong> questo frattempo il clima <strong>in</strong>ternazionale che si<br />

respira oggi, pur non essendo più quello da “guerra fredda”, è comunque<br />

malato e bisognoso <strong>di</strong> r<strong>in</strong>novate e conv<strong>in</strong>te “carezze”.<br />

Le precarie costruzioni del <strong>di</strong>ritto <strong>in</strong>ternazionale traballano <strong>in</strong>fatti<br />

vistosamente alla prova dell’attualità, sotto la sempre più evidente<br />

pressione egemone <strong>di</strong> poteri forti globalizzati, che fanno peraltro leva<br />

su un’<strong>in</strong><strong>di</strong>scutibile supremazia militare e che sono trasversali al<br />

mondo della f<strong>in</strong>anza, dell’economia e <strong>di</strong> una politica <strong>in</strong>forme, perché <strong>in</strong><br />

larga parte soggetta alle logiche con<strong>di</strong>zionanti <strong>di</strong> <strong>in</strong>teressi <strong>di</strong> parte<br />

prem<strong>in</strong>enti.<br />

Da un lato si vorrebbe che i commerci mon<strong>di</strong>ali fossero del tutto affidati<br />

alle impietose leggi del libero mercato; per contro permangono<br />

<strong>in</strong>vece ancora <strong>in</strong>giustificabili fenomeni <strong>di</strong> chiusura riguardo la libera<br />

circolazione degli esseri umani e la stessa accettazione <strong>di</strong> valori universali<br />

comuni.<br />

Dell’enciclica <strong>di</strong> Giovanni XXIII conosciamo la portata profetica e la<br />

capacità <strong>di</strong> cogliere i pilastri sui quali costruire l’unica vera pace<br />

umana possibile e duratura. Più volte nel testo compaiono <strong>in</strong>fatti i<br />

richiami alti alla necessità <strong>di</strong> operare e vivere secondo Verità,<br />

Giustizia, Amore e Libertà. E’ quanto mai necessario anche oggi.<br />

Opportunamente la Chiesa sta ora <strong>in</strong>oltre affermando con forza l’<strong>in</strong><strong>di</strong>spensabilità<br />

del Perdono, come necessario atteggiamento per la piena<br />

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riconciliazione tra s<strong>in</strong>goli e comunità, prelim<strong>in</strong>are ad ogni altro sforzo,<br />

perché non si “fatichi <strong>in</strong>vano”.<br />

La “<strong>Pacem</strong> <strong>in</strong> <strong>Terris</strong>” ha affrontato nel 1963 temi sociali scomo<strong>di</strong>, ritenuti<br />

tali soprattutto per la rigida mentalità del tempo, dove la separazione<br />

tra ambiti politici e religiosi sembrava essere patrimonio da<br />

custo<strong>di</strong>re e l’<strong>in</strong>teresse al sociale poteva essere impropriamente ritenuta<br />

preoccupazione <strong>di</strong> scuola ed esclusiva marxista. Vi era ancora <strong>in</strong>oltre<br />

un’imperfetta comprensione del dovuto impegno sociale della<br />

Chiesa, che poco dopo, sgombrando il campo ad ogni equivoco, Paolo<br />

VI def<strong>in</strong>irà “maestra ed esperta <strong>in</strong> umanità”.<br />

La “<strong>Pacem</strong> <strong>in</strong> <strong>Terris</strong>” prende <strong>in</strong>equivocabilmente le <strong>di</strong>stanze da ogni<br />

possibile giustificazione della legittimità <strong>di</strong> una guerra, nei confronti<br />

della quale assume toni senza replica (“alienum est a ratione ….”).<br />

Non è possibile nessuna “guerra giusta”; la guerra, ed ancor più quella<br />

def<strong>in</strong>ita con l<strong>in</strong>guaggio pubblicitario “moderna e tecnologica”, è<br />

sempre dolore, morte e <strong>di</strong>struzione, <strong>di</strong> vita e speranze, a partire dalle<br />

tante vittime <strong>in</strong>nocenti.<br />

La Chiesa torna a dare vigore alla realtà <strong>di</strong> “essere nel mondo, ma <strong>di</strong><br />

non appartenere alle logiche del mondo”, e nessuna ragione istituzionale<br />

la può porre a con<strong>di</strong>videre ragioni <strong>di</strong> mera opportunità temporale.<br />

La “novità” del parlare della “<strong>Pacem</strong> <strong>in</strong> <strong>Terris</strong>” ha fatto sì che alcuni<br />

temi siano stati anche trattati con <strong>in</strong>evitabile prudenza, sia pure nella<br />

chiarezza del l<strong>in</strong>guaggio impiegato.<br />

Oggi, <strong>in</strong>fatti, l’uomo contemporaneo <strong>di</strong> “buona volontà” potrebbe dubitare<br />

dell’opportunità <strong>di</strong> <strong>in</strong>sistere su concetti come la “autorità” <strong>in</strong><br />

campo sociale def<strong>in</strong>ita espressione della volontà <strong>di</strong>v<strong>in</strong>a e l’asserzione<br />

della vali<strong>di</strong>tà delle “gerarchie sociali” riferita all’esistente, specie <strong>in</strong><br />

tempi nei quali la gerarchia è <strong>di</strong>venuta perlopiù funzionale alla conservazione<br />

<strong>di</strong> predom<strong>in</strong>i economici <strong>di</strong>scrim<strong>in</strong>anti a favore <strong>di</strong> economie<br />

dei consumi e <strong>di</strong> poteri ad esse delegati, più che a necessità <strong>di</strong> gerarchie<br />

nell’educazione vicendevole all’amore, alla crescita nella conoscenza<br />

e nel servizio agli altri.<br />

Ciò significa riba<strong>di</strong>re con forza che la spiritualità della persona non


La libertà<br />

può essere <strong>di</strong>menticata o messa <strong>in</strong> secondo piano rispetto ad esigenze<br />

materiali; vi è la necessità <strong>di</strong> un umanesimo nuovo basato sulla<br />

“rievangelizzazione della storia” secondo il Cristo Pr<strong>in</strong>cipe della pace,<br />

e unico vero Liberatore del mondo.<br />

Si tratta qu<strong>in</strong><strong>di</strong> <strong>di</strong> andare ben oltre il concetto <strong>di</strong> “uomo-macch<strong>in</strong>a biologica<br />

consumatrice” cui fa tristemente seguito una concezione “utilitaristica”<br />

dell’essere umano <strong>in</strong> tutti i campi del vivere sociale. Va riaffermata<br />

l’assoluta orig<strong>in</strong>alità, sacralità, <strong>in</strong>tangibilità e vera piena<br />

<strong>di</strong>gnità <strong>di</strong> ogni persona, dal suo concepimento al <strong>di</strong>venire ultimo,<br />

quale Spirito aperto sull’Assoluto da cui proviene, <strong>in</strong>carnato e me<strong>di</strong>ato<br />

<strong>in</strong> un contesto materiale cont<strong>in</strong>gente e con<strong>di</strong>zionante, ma che non<br />

ne rappresenta un limite.<br />

Davvero “non <strong>di</strong> solo pane vive l’uomo”. E con<strong>di</strong>viderlo significa anche<br />

riba<strong>di</strong>re la contrarietà ad ogni propensione neo-liberista ed anche ad<br />

ogni preclusione nei confronti <strong>di</strong> altri popoli e culture.<br />

In questo nuovo umanesimo, esplicitamente od implicitamente cristiano,<br />

va dato massimo rilievo ai <strong>di</strong>ritti dell’uomo, e vanno ricreate le<br />

basi etiche per una convivenza realmente pacifica e democratica tra le<br />

genti del mondo e l’economia. Le leggi, gli organismi sovranazionali ed<br />

il progresso vanno misurati a partire dalla tutela dei <strong>di</strong>ritti <strong>in</strong><strong>di</strong>fesi e<br />

violati, leggendo la storia a partire dal “fondo”.<br />

In questo la “<strong>Pacem</strong> <strong>in</strong> terris” ci è ancora oggi <strong>di</strong> grande stimolo ed<br />

aiuto, mantiene vivo il suo spirito profetico e la capacità <strong>di</strong> suscitare<br />

passioni ed evangelici entusiasmi.<br />

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PER UN’INFORMAZIONE PIÙ COMPLETA<br />

Serge Latouche<br />

IL PENSIERO CREATIVO CONTRO L’ECONOMIA DELL’ASSURDO<br />

EMI ISBN 88-307- 1195-0 – pp. 128 – Anno 2002 – E 7,00<br />

Il modello occidentale <strong>di</strong> sviluppo è giunto a un punto critico. I suoi effetti<br />

negativi sull’ambiente e sulla maggior parte dell’umanità sono evidenti. Un<br />

modello <strong>di</strong> sviluppo che promette ricchezza e produce povertà è assurdo.<br />

Bisogna imparare a frenare, a rallentare, all’occorrenza a fermarsi, prima<br />

che altri lutti, altri cataclismi, altre guerre ci mettano a nudo <strong>di</strong> fronte alla<br />

nostra stupi<strong>di</strong>tà. Una speranza: <strong>in</strong> tutto il mondo, anche <strong>in</strong> Occidente, nascono<br />

oasi <strong>di</strong> un nuovo pensiero creativo che vuole stili <strong>di</strong> vita sociale ed economica<br />

più equilibrati e più giusti, basati su una pace più profonda e più<br />

vera.<br />

AA.VV.<br />

DAI CIELI DELL’UTOPIA ALLA POLVERE DELLA STORIA<br />

EMI ISBN 88-307- 1199-3 – pp. 128 – Anno 2002 – E 7,00<br />

Il camm<strong>in</strong>o dell’umanità ha sempre oscillato tra i cieli dell’utopia, i valori più<br />

alti, e la polvere della storia, ciò che riusciamo concretamente a realizzare.<br />

La guerra, il neoliberismo, lo svuotamento delle democrazie, le speculazioni<br />

f<strong>in</strong>anziare, la cancellazione dei <strong>di</strong>ritti umani, le omologazioni culturali e i<br />

fondamentalismi rubano i sogni, cancellano il futuro, come recita la Prima<br />

Parte del libro, de<strong>di</strong>cata all’analisi dei meccanismi dell’<strong>in</strong>giustizia planetaria.<br />

Ma tutti noi che abbiamo guardato al Nuovo Millennio come ad un’era regolata<br />

da un nuovo ord<strong>in</strong>e economico <strong>in</strong>ternazionale dobbiamo r<strong>in</strong>novare il<br />

nostro sogno <strong>di</strong> umanità, attraverso scelte coraggiose, con<strong>di</strong>visione, solidarietà,<br />

sobrietà, non violenza e <strong>di</strong>alogo (Seconda Parte). Re<strong>in</strong>ventare la democrazia,<br />

la libertà e la partecipazione nella globalizzazione, ricondurre le <strong>in</strong>iziative<br />

economiche all’<strong>in</strong>terno della comunità, <strong>in</strong><strong>di</strong>viduare modelli sociali e<br />

culturali comuni, nel rispetto delle <strong>di</strong>versità è il programma da attuare per il<br />

nostro progetto <strong>di</strong> mondo (Terza Parte).


Carlo Gubitosa<br />

L’INFORMAZIONE ALTERNATIVA<br />

EMI ISBN 88-307- 1165-9 – pp. 128 – Anno 2002 – E 7,00<br />

Un’analisi critica degli aspetti giornalistici, tecnologici, sociali e politici dell’<strong>in</strong>formazione.<br />

Un viaggio negli angoli più nascosti del “villaggio globale”<br />

per scoprire che l’<strong>in</strong>formazione è potere, bus<strong>in</strong>ess, arma <strong>di</strong> guerra, <strong>di</strong>suguaglianza,<br />

<strong>in</strong>giustizia, ma anche libertà, verità, passione, impegno sociale,<br />

rapporti umani, curiosità, voglia <strong>di</strong> esserci e <strong>di</strong> capire la storia del nostro<br />

tempo. Stampa, televisione, c<strong>in</strong>ema, Internet possono essere strumenti <strong>di</strong> solidarietà,<br />

costruzione <strong>di</strong> speranza e <strong>di</strong> pace, la voce <strong>di</strong> chi non ha voce.<br />

L’<strong>in</strong>formazione alternativa è un <strong>in</strong>vito ad abbracciare l’utopia della libertà,<br />

della giustizia e della pace per tutti.<br />

AA.VV.<br />

NUOVE REGOLE PER IL NUOVO MILLENNIO<br />

EMI ISBN 88-307- 1003-2 – pp. 160 – Anno 2001 – E 8,26<br />

Nel percorso che ha portato l’umanità al Terzo Millennio sono stati ratificati<br />

i <strong>di</strong>ritti della persona, le formule per tutelare l’ambiente, le con<strong>di</strong>zioni per un<br />

modello <strong>di</strong> sviluppo umano e sostenibile, le regole per la convivenza pacifica<br />

fra i popoli. Da questi valori dobbiamo partire. Vogliamo che questi valori<br />

<strong>di</strong>vent<strong>in</strong>o programmi politici contro lo sfruttamento dei bamb<strong>in</strong>i, le speculazioni<br />

f<strong>in</strong>anziarie, la <strong>di</strong>struzione delle foreste e dei fiumi, per il controllo<br />

delle imprese mult<strong>in</strong>azionali, per la cancellazione del debito dei paesi poveri,<br />

perché vengano rispettati i <strong>di</strong>ritti dei lavoratori, per rendere le istituzioni<br />

<strong>in</strong>ternazionali più trasparenti e democratiche.<br />

Marco Orsi<br />

EDUCARE AD UNA CITTADINANZA RESPONSABILE<br />

EMI ISBN 88-307- 0748-1 – pp. 224 – Anno 1998 – E 11,36<br />

Le crisi del Novecento hanno mostrato che le istituzioni politiche ed economiche<br />

non sono <strong>in</strong> grado <strong>di</strong> risolvere tutti i conflitti né <strong>di</strong> farsi carico <strong>di</strong> tutti i<br />

problemi: spetta ai cittad<strong>in</strong>i assumersi la responsabilità e l’impegno <strong>di</strong> rendere<br />

questo mondo più accogliente per le generazioni future, mettendo al<br />

centro dell’etica sociale il valore del servizio e ridando senso autentico<br />

alla società dei servizi. Questo libro propone una pedagogia basata sul<br />

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<strong>di</strong>ritto alla responsabilità, che offre ai giovani l’opportunità <strong>di</strong> impegnarsi<br />

per il bene comune. Il terzo millennio ha bisogno <strong>di</strong> uom<strong>in</strong>i e<br />

donne che, nel contesto planetario, sappiano contemplare il creato - la<br />

natura e la vita - ma anche mettervi ord<strong>in</strong>e rispettandone le leggi e i<br />

limiti.


SITI INTERNET<br />

Cooperazione, Solidarietà e Pace<br />

http://www.caritasitaliana.it/ - CARITAS<br />

http://www.paxchristi.it/ - Pax Christi<br />

http://www.wolfnet.com/peacel<strong>in</strong>k/- La telematica ecopacifista <strong>in</strong> Italia<br />

http://www.beati.org - Beati i Costruttori <strong>di</strong> Pace<br />

http://www.tavoladellapace.it/default2.asp- Tavola Della Pace<br />

http://www.forumhabitat.polito.it/- Forum sui paesi <strong>in</strong> via <strong>di</strong> sviluppo<br />

http://www.amnesty.it/ - Amnesty International<br />

http://www.gruppoabele.org/- Gruppo Abele<br />

http://www.manitese.it/ - Manitese, un impegno <strong>di</strong> giustizia<br />

http://www.aifo.it/ - Associazione italiana amici <strong>di</strong> Raoul Follereau (AIFO)<br />

http://www.reterr.it/- Rete Ra<strong>di</strong>e’ Resch <strong>di</strong> solidarieta’ <strong>in</strong>ternazionale<br />

http://www.focisv.it – Federazione Organismi Cristiani Servizio Internazionale<br />

Volontario<br />

http://www.cnv.cpr.it/ - Centro Nazionale per il Volontariato<br />

http://www.solidea.org/ - Nuove idee per la solidarietà <strong>in</strong>ternazionale<br />

http://www.icsitalia.org/ - Consorzio Italiano <strong>di</strong> Solidarietà’<br />

http://www.unimondo.org/ - Internet per i <strong>di</strong>ritti umani e lo sviluppo sostenibile<br />

Campagne, Boicottaggi, Appelli<br />

Titolo Capitolo S<br />

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T<br />

I<br />

http://www.amnesty.it/campaign/ - Appelli <strong>di</strong> Amnesty contro la pena <strong>di</strong> morte e<br />

altre <strong>in</strong>giustizie<br />

http://www.arpnet.it/~mente/scarpe/welcome.htm - Campagna scarpe giuste<br />

http://www.manitese.it/global_march/dossier.htm - Dossier sul lavoro <strong>in</strong>fantile<br />

http://www.manitese.it/boycott/boycott.htm - Lista boicottaggi mult<strong>in</strong>azionali<br />

http://www.arpnet.it/~mente/<strong>di</strong>gnity/welcome.htm - Campagna Made <strong>in</strong> Dignity<br />

http://www.hrcusa.org/ - Human Rights Campaign<br />

http://www.vvaf.org/landm<strong>in</strong>e/ - Campagna <strong>in</strong>ternazionale contro le m<strong>in</strong>e antiuomo.<br />

http://www.unimondo.org/bilanci<strong>di</strong>giustizia/ - Bilanci <strong>di</strong> Giustizia<br />

http://www.cit<strong>in</strong>v.it/associazioni/CNMS/ - Centro Nuovo Modello <strong>di</strong> Sviluppo<br />

http://www.ethicalconsumer.org/ - Ethical Consumer, <strong>in</strong>formazioni dettagliate su<br />

oltre 20.000 aziende<br />

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Informazione alternativa<br />

http://www.misna.org - Agenzia d’<strong>in</strong>formazione dal Sud del mondo.<br />

http://www.emi.it EMI - E<strong>di</strong>trice Missionaria Italiana<br />

http://www.nonviolence.org/ - The Nonviolence Web<br />

http://www.unimondo.org/ - Unimondo supersito <strong>in</strong>terculturale<br />

http://www.<strong>in</strong>ternazionale.it/home.htm - Internazionale, il meglio dai giornali <strong>di</strong><br />

tutto il mondo<br />

http://www.wolfnet.com/peacel<strong>in</strong>k/mosaipax.html - Mosaico <strong>di</strong> Pace<br />

http://www.mercatiesplosivi.com/guerrepace - Guerre&Pace, mensile <strong>di</strong> <strong>in</strong>formazione<br />

<strong>in</strong>ternazionale<br />

http://www.retelilliput.org/ - Per un’economia <strong>di</strong> giustizia<br />

http://www.tmcrew.org/ - Boicottaggi<br />

http://www.rfb.it/ - Resistenza ai Frankenfood ed alla Biopirateria<br />

http://www.<strong>in</strong>es.gn.apc.org/ctm/altromercato/l’altromercato.html - L’altromercato,<br />

rivista bimestrale<br />

http://www.arpnet.it/~mente/giustoMovimento/welcome.htm - Guida ai comportamenti<br />

per un mondo migliore


INDICE<br />

Introduzione Pag. 5<br />

1) Verità Pag. 7<br />

Scheda 1: Diritti e doveri della persona Pag. 12<br />

Scheda 2: I <strong>di</strong>ritti violati nei s<strong>in</strong>goli stati Pag. 16<br />

Scheda 3: Diritto <strong>in</strong>ternazionale:<br />

i valori fondamentali Pag. 21<br />

2) Giustizia Pag. 25<br />

Scheda 1: La giustizia piegata;<br />

sfiducia e <strong>di</strong>ffidenza Pag. 30<br />

Scheda 2: Il corretto esercizio dell’autorità Pag. 32<br />

Scheda 3: Violazioni del <strong>di</strong>ritto <strong>in</strong>ternazionale Pag. 36<br />

3) Solidarietà Pag. 41<br />

Scheda 1: Soccorri l’orfano, la vedova,<br />

il forestiero Pag. 45<br />

Scheda 2: Welfare e <strong>di</strong>ritti <strong>di</strong> cittad<strong>in</strong>anza. Pag. 49<br />

Scheda 3: Cooperazione <strong>in</strong>ternazionale Pag. 53<br />

4) Libertà Pag. 57<br />

Scheda 1: Le nuove schiavitù Pag. 62<br />

Scheda 2: Libertà religiosa Pag. 67<br />

Scheda 3: La persona prima <strong>di</strong> tutto Pag. 71<br />

Per un’<strong>in</strong>formazione più completa Pag. 74<br />

Siti <strong>in</strong>ternet Pag. 77<br />

I<br />

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D<br />

I<br />

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E<br />

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Ricarta è una carta riciclata realizzata utilizzando 100% carta stampata selezionata. Grazie alla<br />

selezione della materia prima, Ricarta non necessita nè sbianchitura nè <strong>di</strong>s<strong>in</strong>chiostrazione, escludendo<br />

qu<strong>in</strong><strong>di</strong>, f<strong>in</strong> dall’<strong>in</strong>izio, tecnologie altamente <strong>in</strong>qu<strong>in</strong>anti<br />

F<strong>in</strong>ito <strong>di</strong> stampare nel mese <strong>di</strong> Agosto 2003<br />

dalla Tipolitografia S. Eustacchio <strong>Brescia</strong>

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