Il racconto di intrattenimento - Loescher
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Percorsi nel <strong>racconto</strong><br />
2<br />
Edgar Allan Poe<br />
Boston 1809 – Baltimora 1849<br />
<strong>Il</strong> cuore rivelatore<br />
Genere <strong>racconto</strong> dell’orrore<br />
Tratto da «The Broadway Journal» (1845)<br />
... e a poco a poco, lentamente, io m’ebbi fitto 1<br />
in capo quel pensiero <strong>di</strong> togliergli la vita<br />
e <strong>di</strong> sbarazzarmi, così per sempre,<br />
<strong>di</strong> quel suo terribile occhio.<br />
1. fitto: conficcato,<br />
piantato.<br />
2. assennatezza:<br />
buon senso misto<br />
a saggezza.<br />
Meraviglie<br />
e inquietanti fantasie<br />
Nel <strong>racconto</strong> Poe osserva gli effetti che un<br />
sentimento può avere su un uomo. <strong>Il</strong> protagonista,<br />
sempre più ossessionato dall’occhio<br />
del suo vicino, un uomo mite e<br />
inoffensivo, giunge a commettere un orri-<br />
bile delitto. Potrebbe farla franca, se...<br />
Caratteristica del <strong>racconto</strong> è l’atmosfera<br />
inquietante, al confine tra realtà e immaginazione,<br />
dove razionale e irrazionale si<br />
confondono.<br />
Sul serio! Io sono nervoso, molto nervoso, e lo sono sempre stato. Ma perché<br />
pretendete che io sia pazzo? La malattia – è vero – ha resi più penetranti<br />
i miei sensi, ma non li ha logorati, non li ha <strong>di</strong>strutti! Io avevo, finissimo,<br />
il senso dell’u<strong>di</strong>to e ho intese tutte le voci del cielo e della terra. E molte<br />
anche dell’Inferno. Come potrei esser pazzo, allora? State dunque attenti e notate<br />
con quanta assennatezza 2 , e soprattutto, con quanta calma io posso narrarvi<br />
tutt’intero il fatto.<br />
È impossibile stabilire in che modo quell’idea m’attraversò il cervello la prima<br />
volta. Io so solo che, una volta concepita, essa mi ossessionò giorno e notte. Un<br />
motivo preciso non c’era. La passione, ad esempio, non vi aveva per nulla la sua<br />
parte. Io amavo quel buon vecchio. Egli non mi aveva mai fatto alcun male.<br />
Non mi aveva mai offeso. Io non desideravo il suo oro. Immagino che fosse il<br />
suo occhio! Sì, era quello senz’altro! Uno dei suoi occhi era simile a quello d’un<br />
S. Damele, T. Franzi, Passi da giganti © <strong>Loescher</strong> E<strong>di</strong>tore, 2010
3. lanterna cieca: lampada a olio schermata<br />
in modo che non <strong>di</strong>ffondesse luce<br />
all’esterno.<br />
avvoltoio... un occhio d’un pallido azzurro, come velato da una membrana.<br />
Quando esso cadeva su <strong>di</strong> me a guardarmi, il sangue mi s’agghiacciava nelle vene...<br />
e a poco a poco, lentamente, io m’ebbi fitto in capo quel pensiero <strong>di</strong> togliergli<br />
la vita e <strong>di</strong> sbarazzarmi, così per sempre, <strong>di</strong> quel suo terribile occhio.<br />
<strong>Il</strong> problema era tutto qui. Voi credete che io sia pazzo. E i pazzi non sanno<br />
davvero quel che fanno. Avreste, invece, dovuto vedermi. E vedere ancora con<br />
quanta assennatezza mi posi al lavoro, con quanta circospezione, con quale alta<br />
sapienza <strong>di</strong> comme<strong>di</strong>ante e, infine, con quale preveggenza! Non ebbi mai a esser<br />
tanto gentile col vecchio come durante tutta la settimana innanzi il suo assassinio.<br />
Ogni sera, verso la mezzanotte, io giravo la maniglia della sua porta e aprivo –<br />
ma piano, piano – un impercettibile spiraglio, e poi ancora... ancora... fintanto<br />
che non avevo aperto abbastanza da far entrare la mia testa, tutta, al <strong>di</strong> là della<br />
porta. Facevo passare, allora, una lanterna cieca 3 , la quale era perfettamente<br />
chiusa. Perfettamente chiusa, <strong>di</strong>co, tanto che non ne filtrava un solo raggio <strong>di</strong><br />
luce. Era allora il momento <strong>di</strong> affacciare la testa. A vedere con quanta destrezza<br />
compivo quell’operazione, voi avreste indubitabilmente riso. Io muovevo la mia<br />
testa, infatti, con una estrema lentezza. Estrema, <strong>di</strong>co, acciocché 4 il sonno del<br />
vecchio non potesse in nulla venir turbato. Trascorreva, al certo, un’ora intera<br />
perché potessi passarla tutta, e puntarla innanzi quel tanto che sarebbe stato<br />
sufficiente perché potessi vedere il vecchio coricato nel suo letto. Un pazzo – <strong>di</strong>te!<br />
– sarebb’egli stato tanto prudente? E come io avevo cacciata tutt’intera la testa<br />
nella stanza, allora cominciavo – ma con cautela, con infinita cautela – cominciavo<br />
a schiudere la lanterna, ma lentamente, veh! con esasperante lentezza,<br />
perché la sua cerniera cigolava. Ed io la schiudevo quel tanto che era sufficiente<br />
a lasciar cadere un solo e impercettibile raggio <strong>di</strong> luce – un filo – su quell’occhio<br />
da avvoltoio: e per sette volte, per sette lunghissime notti, a mezzanotte<br />
in punto, tornai dal vecchio, e sempre trovai ben chiuso quel suo occhio, per<br />
modo che mi fu impossibile, non che compiere, iniziare soltanto l’opera che<br />
m’ero proposto, giacché non era quel buon vecchio a eccitar la mia ira, ma quel<br />
suo orribile, malefico occhio. E quando aggiornava 5 , tutte le mattine, entravo<br />
spavaldo nella sua stanza e mi rivolgevo, senza veruno 6 scrupolo, e lo chiamavo<br />
col suo nome, affettando 7 la massima cor<strong>di</strong>alità, e non mancavo mai <strong>di</strong> chiedergli<br />
come avesse trascorsa la sua notte. Ma dunque, non siete persuasi? Egli<br />
avrebbe dovuto esser provveduto d’una sottilissima penetrazione 8 , perché potesse<br />
sospettare che ogni notte, a mezzanotte, io ero là, da lui, e guardavo, guardavo<br />
il suo sonno.<br />
L’ottava notte, se possibile, andai ancor più cauto che per l’innanzi 9 , nello<br />
schiudere la sua porta. [...] Avevo affacciata la testa ed ero sul punto <strong>di</strong> schiudere<br />
la lanterna, allorché il mio pollice ebbe a scivolare sul metallo della serratura,<br />
e il vecchio si drizzò sul letto. E strillò: «Chi va là?»<br />
4. acciocché: affinché, allo scopo <strong>di</strong>.<br />
5. aggiornava: faceva giorno.<br />
6. veruno: alcuno.<br />
7. affettando: fingendo.<br />
8. sottilissima penetrazione: acutissima<br />
capacità <strong>di</strong> intendere.<br />
9. che per l’innanzi: che in precedenza.<br />
S. Damele, T. Franzi, Passi da giganti © <strong>Loescher</strong> E<strong>di</strong>tore, 2010<br />
6 <strong>Il</strong> <strong>racconto</strong> <strong>di</strong> <strong>intrattenimento</strong> Meraviglie e inquietanti fantasie<br />
3
Percorsi nel <strong>racconto</strong><br />
4<br />
10. rodìo dei tarli: rumore prodotto dal<br />
rosicchiare dei tarli, piccolissimi parassiti<br />
del legno.<br />
11. impiantito: pavimento <strong>di</strong> legno.<br />
Io rimasi immobile, assolutamente immobile, e trattenni il respiro. Non mossi<br />
un muscolo durante un’ora e per tutto quel tempo non intesi il vecchio far l’atto<br />
<strong>di</strong> coricarsi nuovamente. Egli era sempre seduto sul suo letto. E ascoltava.<br />
Egli ascoltava come avevo ascoltato io, e notti e notti, il rodìo dei tarli 10 tra parete<br />
e parete.<br />
Un gemito sommesso mi raggiunse improvviso l’orecchio, ed era il gemito<br />
d’uno spavento mortale. [...] Sapevo ciò che in quel punto sentiva il povero e<br />
buon vecchio, e per quanto fossi posseduto, allora, da un estremo desiderio <strong>di</strong><br />
ridere, non potei far <strong>di</strong> meno ch’esserne mosso a pietà. Sapevo ch’egli era restato<br />
desto fin dal momento in cui aveva u<strong>di</strong>to il primo, lieve rumore. Egli s’era rivoltolato<br />
nel letto, allora, e nel frattempo i suoi spaventi erano andati man mano<br />
aumentando. Aveva tentato <strong>di</strong> persuadersi che non v’era, per essi, alcun motivo,<br />
ma non vi era riuscito. Egli aveva detto tra sé: non è nulla <strong>di</strong> nulla; è il vento<br />
che soffia nel camino, è un sorcio che ha attraversato <strong>di</strong> furia l’impiantito 11 , è<br />
soltanto un grillo, che ha emesso il suo piccolo strido. E s’era sforzato d’infondersi<br />
coraggio me<strong>di</strong>ante siffatte 12 ipotesi ma le aveva trovate tutte vane. Tutte<br />
vane, poiché la Morte veniente 13 gli era passata <strong>di</strong>nanzi con la sua grande ombra<br />
nera, e in quella lo aveva avviluppato 14 . Ed era soltanto il funereo influsso <strong>di</strong><br />
quell’ombra invisibile che gli faceva sentire – anche se egli non vedeva nulla e<br />
nulla u<strong>di</strong>va – la presenza della mia testa, in quella sua camera.<br />
Come io ebbi atteso a lungo e inutilmente ch’egli si coricasse <strong>di</strong> nuovo, mi risolvetti,<br />
infine, a schiudere un po’ quel mio lume, ma tanto poco ch’era quasi<br />
un nulla. E lo feci <strong>di</strong> furto 15 , in modo tale che voi non sapreste nemmeno immaginarlo,<br />
e non solo, un unico pallido raggio, un sottile filo <strong>di</strong> ragno, uscì dalla<br />
fessura e andò a cadere, <strong>di</strong>ritto, sull’occhio d’avvoltoio.<br />
Ed era aperto, era spalancato; e mi bastò appena guardarlo un solo istante<br />
ch’io ero già pervenuto al colmo dell’ira. Lo vi<strong>di</strong> perfettamente, lo vi<strong>di</strong>, quell’azzurro<br />
opaco, ricoperto della schifosa membrana che m’agghiacciava il midollo<br />
nelle ossa, lo vi<strong>di</strong> e null’altro vi<strong>di</strong> all’infuori <strong>di</strong> esso dacché l’istinto aveva <strong>di</strong>retto<br />
l’unico sottil raggio del mio lume là, in quel punto dannato.<br />
Non v’ho già detto che la pazzia <strong>di</strong> cui mi accusate altro non è se non iperacutezza<br />
16 dei miei sensi? Ebbene, un rumor sordo e soffocato e intermittente mi<br />
giunse, in quel punto, all’orecchio ed esso era simile a quello che produrrebbe<br />
un orologio che sia stato avvoltolato nella bambagia. Ed io riconobbi quel rumore.<br />
Esso scaturiva dal cuore del vecchio, e avvenne che eccitasse la mia furia, al<br />
modo stesso che il rullo del tamburo esaspera il coraggio del soldato.<br />
E non<strong>di</strong>meno io seppi contenermi e non mi mossi, e rimasi immobile, e non<br />
osavo quasi respirare, e badavo soltanto a tener ben fermo quell’unico raggio del<br />
mio lume, <strong>di</strong>ritto, sull’occhio d’avvoltoio. E nel contempo la marcia infernale del<br />
suo cuore scan<strong>di</strong>va più forti i suoi colpi, sempre più forti, <strong>di</strong>veniva precipitosa e<br />
alzava il tono, il timbro, lo alzava, lo alzava! <strong>Il</strong> terrore del vecchio doveva essere<br />
estremo! E il battito del suo cuore, <strong>di</strong>veniva più forte <strong>di</strong> minuto in minuto...<br />
S. Damele, T. Franzi, Passi da giganti © <strong>Loescher</strong> E<strong>di</strong>tore, 2010<br />
12. siffatte: simili, <strong>di</strong> quel tipo.<br />
13. veniente: che stava arrivando.<br />
14. avviluppato: avvolto strettamente.<br />
15. <strong>di</strong> furto: <strong>di</strong> nascosto.<br />
16. iperacutezza: estrema capacità, sensibilità.
17. iscoppiare: scoppiare.<br />
18. Spiccai: staccai.<br />
[...] Pareva che quel cuore stesse per iscoppiare 17 . E così fui posseduto da nuova<br />
angoscia. Certo! Certo! <strong>Il</strong> rumore avrebbe potuto essere inteso da qualche vicino...<br />
No, no! L’ora del vecchio era suonata!<br />
Spalancai il mio lume tutt’intero e mi precipitai, insieme, con un urlo fortissimo,<br />
nella stanza. <strong>Il</strong> vecchio non emise un grido, non un solo grido, <strong>di</strong>co. State<br />
bene attenti? Io lo trassi giù dal giaciglio sull’impiantito, in un attimo solo, e gli<br />
rovesciai addosso tutto il peso del letto. Fu allora che, accortomi d’essere ormai<br />
a buon punto nella mia opera, mi lasciai andare, infine, a ridere per la gioia. E<br />
non<strong>di</strong>meno il suo cuore continuò ancora per qualche istante a battere ma d’un<br />
battito sordo e velato. E io non ne fui allarmato. Attraverso il muro non lo avrebbe<br />
potuto u<strong>di</strong>re nessuno: vacillò ancora, poi si spense del tutto. <strong>Il</strong> vecchio era<br />
morto. Rimossi il letto ed esaminai il cadavere. Certo, egli era morto, morto stecchito.<br />
Posai la mia mano sul suo cuore e ve la trattenni un qualche minuto. Non<br />
s’u<strong>di</strong>va alcuna pulsazione. Egli era morto stecchito. <strong>Il</strong> suo occhio aveva cessato<br />
per sempre <strong>di</strong> tormentarmi.<br />
Se ancora persistete a credermi pazzo, vi persuaderete del contrario allorché<br />
vi darò un ragguaglio delle sagge precauzioni ch’ebbi a usare per nascondere il<br />
cadavere. La notte avanzava ed io lavoravo in fretta, ma anche in silenzio. Spiccai<br />
18 , dapprima, dal corpo, la testa. Fu poi la volta delle braccia e delle gambe.<br />
Tolsi, quin<strong>di</strong>, dall’impiantito, tre assi e nascosi il tutto tra i regoli 19 . Restituii, <strong>di</strong>poi,<br />
il loro luogo alle assi, e con tale destrezza e perizia che nessun occhio umano<br />
– neanche il suo – avrebbe potuto avvedersi d’alcunché. Non c’era nemmeno<br />
nulla da lavare, non una sola traccia <strong>di</strong> su<strong>di</strong>cio, non la minima stilla 20 <strong>di</strong> sangue!<br />
Oh! s’io non ero stato bene accorto anche in quello! Un catino aveva raccolto<br />
prudentemente il tutto. Sarebbe stata da ridere.<br />
Come mi fui sbrigato <strong>di</strong> quel lavoro, l’orologio del campanile vicino batteva le<br />
quattro. Ma la tenebra era come a mezzanotte. Nel mentre che le ore battevano,<br />
u<strong>di</strong>i picchiare all’uscio <strong>di</strong> strada. Discesi per aprire, ed ero perfettamente tranquillo.<br />
Cosa potevo temere ormai? Entrarono tre uomini che si <strong>di</strong>ssero ufficiali<br />
<strong>di</strong> polizia, e le loro maniere apparvero, non<strong>di</strong>meno, estremamente cortesi. Un<br />
vicino aveva u<strong>di</strong>to gridare nella notte, e, sorto il sospetto che un qualche delitto<br />
potesse essere stato consumato nei paraggi, ne aveva informata la polizia. I tre<br />
gentiluomini erano stati, infatti, mandati a ispezionare il quartiere.<br />
Io sorrisi: <strong>di</strong> che cosa, infatti, potevo ancora aver paura? Die<strong>di</strong> così il benvenuto<br />
ai tre uomini, e <strong>di</strong>ssi che il grido era sfuggito a me stesso, in sogno. Dissi loro<br />
che il mio vecchio amico era ancora in viaggio, e condussi, inoltre, i due a visitare<br />
tutta la casa. Dissi loro <strong>di</strong> cercare e soprattutto li spronai a cercar bene. E<br />
alla fine li condussi anche nella sua camera. Mostrai loro i suoi tesori, che erano<br />
intatti e in or<strong>di</strong>ne perfetto. Nell’entusiasmo che mi possedeva, afferrai due se<strong>di</strong>e<br />
e li supplicai <strong>di</strong> riposarsi lì, in quella stanza e, nella folle audacia del trionfo sicuro,<br />
andai a metter la mia se<strong>di</strong>a proprio sul luogo dove si trovava nascosto, tagliato<br />
in pezzi, il cadavere della mia vittima.<br />
19. regoli: le assi trasversali che sostengono<br />
il pavimento.<br />
20. stilla: goccia.<br />
S. Damele, T. Franzi, Passi da giganti © <strong>Loescher</strong> E<strong>di</strong>tore, 2010<br />
6 <strong>Il</strong> <strong>racconto</strong> <strong>di</strong> <strong>intrattenimento</strong><br />
5<br />
Meraviglie e inquietanti fantasie
Percorsi nel <strong>racconto</strong><br />
6<br />
21. procurai: cercai.<br />
22. Mi tolsi: mi alzai.<br />
Le guar<strong>di</strong>e parevan sod<strong>di</strong>sfatte. La mia condotta pareva che li avesse del tutto<br />
convinti. Io, poi, mi sentivo completamente tranquillo. Sedettero, dunque, e cominciarono<br />
a parlare del più e del meno, e a tutto io rispondevo con umore eccellente...<br />
ma, a un tratto, m’accorsi che stavo impallidendo e, non so come, desiderai<br />
che se ne andassero. Cominciò a dolermi il capo, infatti, e un penetrante<br />
ronzio cominciò a infasti<strong>di</strong>rmi le orecchie. E non<strong>di</strong>meno coloro restavano seduti<br />
e continuavano a chiacchierare. In quel mentre il ronzio, una sorta <strong>di</strong> tintinnio,<br />
ebbe a farsi più <strong>di</strong>stinto e, per non u<strong>di</strong>rlo, procurai <strong>di</strong> parlare anch’io, e <strong>di</strong><br />
parlare il più che potevo, ma esso non si lasciò sopraffare e acquistò un carattere<br />
ben preciso, e dovetti riconoscere, infine, che esso non era nelle mie orecchie.<br />
Non c’è dubbio ch’io <strong>di</strong>venni, per allora, estremamente pallido, e badai, così,<br />
a ostinarmi nella conversazione e con foga sempre maggiore. Ma quel rumore<br />
aumentava <strong>di</strong> minuto in minuto. Che cosa avrei potuto fare? Esso era un rumore<br />
sordo e soffocato e intermittente, e in tutto simile a quello che produrrebbe<br />
un orologio avvoltolato nella bambagia. Io respiravo a fatica: e gli agenti? Oh, gli<br />
agenti non lo sentivano ancora. Procurai21 <strong>di</strong> parlare più in fretta e più forte ma<br />
quel rumore cresceva senza tregua. Mi tolsi22 dalla se<strong>di</strong>a e cominciai a <strong>di</strong>scorrere<br />
<strong>di</strong> futili argomenti, ma ad altissima voce e con furia, nel mentre che il rumore<br />
cresceva, cresceva a ogni minuto. Ma perché non se ne andavano? Io misuravo,<br />
su e giù, a passi pesanti, il pavimento, esasperato da quel loro contrad<strong>di</strong>ttorio23 ,<br />
ed il rumore cresceva con regolarità, con assoluta costanza. Gran Dio; che cosa<br />
potevo fare? Mi agitavo, smaniavo, bestemmiavo! Scuotevo la seggiola sulla<br />
quale m’ero <strong>di</strong>anzi24 seduto, la facevo scricchiolare sull’impiantito, ma quel rumore<br />
aveva oramai sommerso tutto il resto, e cresceva e cresceva ancora, senza<br />
soste, interminabilmente. E <strong>di</strong>ventava più forte, sempre più forte, e gli uomini<br />
chiacchieravano e scherzavano e ridevano. Ma era mai possibile che non lo u<strong>di</strong>ssero?<br />
Id<strong>di</strong>o onnipotente! No, no! Essi u<strong>di</strong>vano, essi sospettavano, essi sapevano,<br />
eppure si <strong>di</strong>vertivano allo spettacolo del mio terrore, così almeno mi parve e lo<br />
credo tuttavia. Ma ogni cosa sarebbe stata da preferirsi a quella orribile derisione.<br />
Io non mi sentivo ormai <strong>di</strong> sopportare oltre quelle loro ipocrite risa. Sentii<br />
che mi abbisognava25 gridare o morire. E intanto, ecco – lo u<strong>di</strong>te? – ecco, ascoltate!<br />
Esso si fa più forte, più forte, e ancora più forte, sempre più forte!<br />
Miserabili! Ipocriti! urlai. Non fingete oltre! Confesso ogni cosa. Ma togliete,<br />
togliete quelle tavole, scoperchiate l’impiantito! È là. È là sotto! È IL BATTITO<br />
DEL SUO TERRIBILE CUORE!<br />
E. A. Poe, Racconti fantastici e del terrore, trad. it. <strong>di</strong> E. Vittorini,<br />
Casale Monferrato, Piemme, 1998<br />
S. Damele, T. Franzi, Passi da giganti © <strong>Loescher</strong> E<strong>di</strong>tore, 2010<br />
23. contrad<strong>di</strong>ttorio: <strong>di</strong>scorso in cui si sostengono<br />
concetti <strong>di</strong>versi e contrastanti.<br />
24. <strong>di</strong>anzi: in precedenza.<br />
25. mi abbisognava: mi era necessario.
EDGAR ALLAN POE<br />
Edgar Allan Poe nacque a Boston<br />
nel 1809. Figlio <strong>di</strong> attori girovaghi,<br />
rimase orfano da piccolo e si trasferì<br />
con la famiglia adottiva in Inghilterra,<br />
dove compì i primi stu<strong>di</strong>.<br />
Tornato negli Stati Uniti, frequentò<br />
l’università, ma ne venne<br />
espulso perché de<strong>di</strong>to all’alcol e al<br />
gioco. Entrato in conflitto con il<br />
patrigno, nel 1829 andò a vivere a<br />
Baltimora presso una zia, che lo<br />
mantenne per tutta la vita. Dopo<br />
gli insuccessi dei suoi primi libri<br />
<strong>di</strong> poesie, vinse un concorso con il<br />
Tra normalità e follia<br />
<strong>racconto</strong> Manoscritto trovato in<br />
una bottiglia (1833) e <strong>di</strong>venne<br />
giornalista. Sposò la cugina tre<strong>di</strong>cenne<br />
Virginia, malata <strong>di</strong> tubercolosi,<br />
che <strong>di</strong>venne il modello <strong>di</strong> tanti<br />
personaggi femminili delle sue<br />
opere.<br />
Tra il 1835 e il 1845 scrisse e pubblicò<br />
vari racconti, tra i quali La lettera<br />
rubata e I delitti della rue Morgue,<br />
che anticiparono il moderno<br />
romanzo poliziesco, <strong>Il</strong> pozzo e il<br />
pendolo, La maschera della Morte<br />
Rossa e i noti “racconti del terro-<br />
Analisi e interpretazione<br />
<strong>Il</strong> <strong>racconto</strong> presenta i principali elementi <strong>di</strong> un<br />
giallo: un delitto, il suo esecutore, il movente, gli<br />
investigatori. Tuttavia ciò che interessa all’autore<br />
non è tanto scoprire il colpevole e il suo movente,<br />
quanto mostrare la “psicologia malata”, le inquietu<strong>di</strong>ni<br />
comuni a tanti in<strong>di</strong>vidui.<br />
«Io sono nervoso, molto nervoso», <strong>di</strong>ce <strong>di</strong> sé il<br />
protagonista, ma non «pazzo», «Io avevo, finissimo,<br />
il senso dell’u<strong>di</strong>to e ho inteso tutte le voci del<br />
cielo e della terra. E molte anche dell’Inferno».<br />
Già in queste affermazioni iniziali risultano evidenti<br />
le contrad<strong>di</strong>zioni del personaggio, che rifiuta<br />
categoricamente <strong>di</strong> essere considerato «pazzo»,<br />
ma contemporaneamente non nasconde –<br />
anzi, si vanta – <strong>di</strong> intendere «le voci dell’Inferno».<br />
<strong>Il</strong> confine tra logica e follia è assai sfumato e<br />
nella <strong>di</strong>storta psicologia del protagonista convivono<br />
personalità <strong>di</strong>verse: una che descrive minuziosamente<br />
i propri comportamenti con termini<br />
come «assennatezza», «calma», «circospezione»,<br />
«alta sapienza <strong>di</strong> comme<strong>di</strong>ante», «preveggenza»,<br />
un’altra che compie azioni che non è in<br />
grado <strong>di</strong> motivare, preda <strong>di</strong> un’ossessione che<br />
non sa decifrare («Un motivo preciso non<br />
c’era»).<br />
L’uso della prima persona rende più evidente la<br />
<strong>di</strong>stanza tra le azioni e le parole con cui vengono<br />
descritte; è il protagonista stesso, infatti, che<br />
racconta gli avvenimenti, svelando via via i particolari<br />
<strong>di</strong> un delitto della cui inutilità ed efferatezza<br />
sembra non essere consapevole.<br />
I simboli<br />
re” (come Ligeia, La rovina della<br />
casa degli Usher, <strong>Il</strong> gatto nero, <strong>Il</strong><br />
cuore rivelatore). <strong>Il</strong> suo unico romanzo<br />
fu Le avventure <strong>di</strong> Gordon<br />
Pym (1838). La pubblicazione della<br />
raccolta <strong>di</strong> poesie <strong>Il</strong> corvo e altre<br />
poesie (1845) gli aprì le porte del<br />
definitivo successo. Nel 1847, però,<br />
la moglie morì; lo sconforto che<br />
ne seguì precipitò Poe nell’alcolismo<br />
e nella droga, fino a ripetute<br />
crisi <strong>di</strong> delirium tremens che lo<br />
portarono a morire nel 1849, a soli<br />
quarant’anni.<br />
Due elementi assumono nella vicenda un valore<br />
simbolico: l’occhio e il cuore.<br />
<strong>Il</strong> protagonista non è colpito dallo sguardo, ma da<br />
un occhio del vicino, un occhio solo, «simile a<br />
quello d’un avvoltoio... un occhio d’un pallido<br />
azzurro, come velato da una membrana». L’occhio<br />
lo perseguita («Quando esso cadeva su <strong>di</strong> me<br />
a guardarmi, il sangue mi s’agghiacciava nelle vene»),<br />
e il protagonista ne è attratto e respinto nel<br />
medesimo tempo, perché esso è il simbolo della<br />
vita normale, <strong>di</strong> ciò che esiste al <strong>di</strong> fuori della sua<br />
mente malata; è l’occhio dell’uomo da cui egli si<br />
sente giu<strong>di</strong>cato e rifiutato e che, pertanto, decide<br />
<strong>di</strong> cancellare con un atto <strong>di</strong> violenza.<br />
<strong>Il</strong> cuore è il simbolo stesso della sua follia. Ossessionato<br />
dal battito del cuore del vecchio, anche<br />
dopo averlo ucciso, il protagonista è spinto a<br />
comportamenti assur<strong>di</strong>: «Procurai <strong>di</strong> parlare più<br />
in fretta e più forte ma quel rumore cresceva senza<br />
tregua. [...] Mi agitavo, smaniavo, bestemmiavo!»,<br />
fino a giungere alla completa e non richiesta<br />
confessione, tra<strong>di</strong>to dal battito del «cuore rivelatore»<br />
che solo lui sente.<br />
La suspense<br />
Per creare un senso <strong>di</strong> attesa e tensione emotiva<br />
nel lettore, l’autore procede nella narrazione per<br />
tappe, o “gra<strong>di</strong>ni”, utilizzando espe<strong>di</strong>enti <strong>di</strong>versi.<br />
L’ambientazione è inquietante: «Ogni sera, verso<br />
la mezzanotte...», «filtrava un solo raggio <strong>di</strong> lu-<br />
S. Damele, T. Franzi, Passi da giganti © <strong>Loescher</strong> E<strong>di</strong>tore, 2010<br />
6 <strong>Il</strong> <strong>racconto</strong> <strong>di</strong> <strong>intrattenimento</strong><br />
7<br />
Meraviglie e inquietanti fantasie
Percorsi nel <strong>racconto</strong><br />
8<br />
ce...», «pauroso silenzio notturno <strong>di</strong> quella vecchia<br />
casa...»<br />
Vengono anticipati alcuni particolari significativi:<br />
«Non ebbi mai a essere tanto gentile col vecchio<br />
come durante tutta la settimana precedente<br />
il suo assassinio», «<strong>Il</strong> vecchio – lui! – non nutriva<br />
alcun sospetto».<br />
Ci sono colpi <strong>di</strong> scena: «Un gemito mi raggiunse<br />
improvviso l’orecchio», «un unico pallido raggio<br />
[...] andò a cadere, <strong>di</strong>ritto, sull’occhio d’avvoltoio».<br />
<strong>Il</strong> finale è “a sorpresa”.<br />
La voce narrante<br />
Tra gli elementi che conferiscono forte suspense a<br />
questo <strong>racconto</strong>, sicuramente c’è l’uso della voce<br />
narrante: il protagonista, ricorrendo a un soliloquio,<br />
parla in prima persona e il lettore assiste così<br />
allo svolgersi degli avvenimenti attraverso l’ottica<br />
dell’assassino. Per ottenere un maggior coin-<br />
I fatti<br />
1. Qual è l’avvenimento centrale intorno a cui<br />
ruota l’intero <strong>racconto</strong>?<br />
2. Quale evento inatteso, innaturale e<br />
inspiegabile, costringe il protagonista<br />
a smascherarsi e a confessare?<br />
<strong>Il</strong> colpevole<br />
3. Quali “prove” della sua assennatezza offre<br />
il protagonista?<br />
4. <strong>Il</strong> <strong>racconto</strong> si presenta come un soliloquio,<br />
narrato in prima persona dal protagonista, un<br />
uomo che <strong>di</strong>chiara <strong>di</strong> essere normale. Ma le sue<br />
azioni, al contrario, rivelano follia e alienazione.<br />
Quali azioni in particolare?<br />
5. Quali sentimenti il protagonista <strong>di</strong>chiara <strong>di</strong><br />
aver <strong>di</strong>mostrato nei confronti del vecchio?<br />
<strong>Il</strong> movente<br />
Interrogare il testo<br />
6. Qual è il movente del delitto?<br />
7. Perché l’occhio del vicino <strong>di</strong>sturba tanto<br />
il protagonista? Che immagine evoca in lui?<br />
8. L’uomo sa che con quell’occhio il vecchio “vede”<br />
dentro <strong>di</strong> lui e lo giu<strong>di</strong>ca; scegli tra le seguenti<br />
affermazioni quelle che ti sembrano più vicine<br />
allo spirito del personaggio e motiva le tue<br />
scelte.<br />
S. Damele, T. Franzi, Passi da giganti © <strong>Loescher</strong> E<strong>di</strong>tore, 2010<br />
volgimento, il narratore si rivolge spesso in modo<br />
<strong>di</strong>retto ai lettori/ascoltatori, utilizzando il “voi”:<br />
«Voi credete che io sia pazzo... Pensate e cercate <strong>di</strong><br />
vedermi mentre ero là... Non v’ho già detto che la<br />
pazzia <strong>di</strong> cui mi accusate...» L’assassino sa tutto e<br />
può quin<strong>di</strong> manipolare le informazioni che via via<br />
fornisce, con l’obiettivo <strong>di</strong> <strong>di</strong>mostrare – a se stesso,<br />
prima che agli investigatori – <strong>di</strong> non essere pazzo.<br />
Quando il <strong>racconto</strong> inizia, gli avvenimenti si sono<br />
già svolti e il protagonista-io narrante li ricostruisce<br />
alternando l’uso del presente e del passato remoto<br />
o dell’imperfetto, evidenziando due piani<br />
temporali <strong>di</strong>versi: quello attuale, in cui sta facendo<br />
la sua deposizione, e quello passato in cui i fatti<br />
sono avvenuti («A quell’idea non potei far <strong>di</strong><br />
meno che lasciarmi sfuggire un riso sommesso.<br />
Ed egli – forse – udì, poiché si rivoltò, all’improvviso,<br />
nel suo letto, come se stesse per ridestarsi.<br />
Voi pensate ch’io, allora, fui per ritrarmi, vero?<br />
No certo»).<br />
a. L’uomo sa che il vecchio lo giu<strong>di</strong>ca malato<br />
<strong>di</strong> mente.<br />
b. L’uomo vede la vita negli occhi del<br />
vecchio, una vita normale che a lui è negata.<br />
c. L’uomo non sopporta <strong>di</strong> vedere<br />
quell’occhio perché sembra davvero<br />
uno sguardo da avvoltoio.<br />
d. L’uomo pensa che, eliminando per<br />
sempre quello sguardo, riuscirà a mettere<br />
fine ai suoi problemi.<br />
e. L’uomo compie l’omici<strong>di</strong>o perché sente<br />
l’o<strong>di</strong>o del vecchio nei suoi confronti.<br />
<strong>Il</strong> linguaggio e la struttura<br />
9. <strong>Il</strong> protagonista è anche io-narrante<br />
degli avvenimenti.<br />
a. A chi si rivolge durante la sua deposizione?<br />
b. Quale effetto ottiene con tale tecnica?<br />
a. Attenua l’effetto suspense per<br />
tranquillizzare il lettore.<br />
b. Coinvolge il lettore nelle indagini.<br />
c. Trascina il lettore nel vortice malato della<br />
mente del personaggio.<br />
d. Induce il lettore a credere alle parole del<br />
narratore, che afferma <strong>di</strong> non essere pazzo.
10. Qual è il momento <strong>di</strong> maggiore tensione<br />
narrativa del <strong>racconto</strong>? In<strong>di</strong>vidualo<br />
e contrassegnalo con una riga a margine.<br />
11. Perché nel <strong>racconto</strong> è particolarmente<br />
importante il punto <strong>di</strong> vista della narrazione?<br />
12. Rileggi con attenzione le ultime righe del testo<br />
(da «Io non mi sentivo ormai <strong>di</strong> sopportare<br />
oltre quelle loro ipocrite risa...») e sottolinea<br />
tutti i verbi.<br />
a. In quali tempi sono espressi?<br />
b. Come spieghi l’uso del presente in<strong>di</strong>cativo?<br />
Argomentare<br />
Dalla lettura alla scrittura<br />
15. Qual è il significato del titolo <strong>Il</strong> cuore rivelatore? Per rispondere dovrai ricercare nel testo<br />
le informazioni che il protagonista fornisce a proposito del cuore del vicino e delle circostanze in cui<br />
lo sente o l’ha sentito battere.<br />
Scrittura creativa<br />
Si tratta <strong>di</strong> un errore grammaticale o esso è<br />
in<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> ciò che avviene nella mente del<br />
protagonista?<br />
La suspense<br />
13. Divi<strong>di</strong> il testo in gran<strong>di</strong> sequenze narrative che<br />
corrispondano ai “gra<strong>di</strong>ni” che costruiscono la<br />
vicenda e trova per ciascuna un breve titolo.<br />
14. La prospettiva del <strong>racconto</strong> è <strong>di</strong>scendente<br />
(antefatto, crimine, indagini, in<strong>di</strong>viduazione del<br />
colpevole) o ascendente (crimine, rivelazione<br />
del colpevole, ricostruzione dei fatti)?<br />
16. Servendoti della tua immaginazione – che forse viene alimentata anche dalle serie televisive centrate<br />
sul crimine e dalla vasta produzione <strong>di</strong> videogiochi <strong>di</strong> questo genere – immagina e scrivi in modo<br />
sintetico la trama <strong>di</strong> un <strong>racconto</strong> horror che abbia come azione centrale un crimine. Ricorda <strong>di</strong> mettere<br />
bene a fuoco il movente, la personalità del criminale, l’atto criminale, gli in<strong>di</strong>zi e le tracce seguite<br />
dal detective, il modo in cui egli compie le indagini e quello in cui si giunge all’identificazione<br />
del criminale.<br />
S. Damele, T. Franzi, Passi da giganti © <strong>Loescher</strong> E<strong>di</strong>tore, 2010<br />
6 <strong>Il</strong> <strong>racconto</strong> <strong>di</strong> <strong>intrattenimento</strong><br />
9<br />
Meraviglie e inquietanti fantasie
Percorsi nel <strong>racconto</strong><br />
10<br />
1. braghi: pozzanghere <strong>di</strong> fanghiglia.<br />
2. patire: sopportare, tollerare.<br />
3. ratto: veloce.<br />
Tommaso Landolfi<br />
Pico Farnese 1908 – Roma 1979<br />
<strong>Il</strong> <strong>racconto</strong> del lupo mannaro<br />
4. empivano: riempivano.<br />
5. vescica <strong>di</strong> strutto: la vescica urinaria<br />
<strong>di</strong> maiale o <strong>di</strong> bovino che veniva ripuli-<br />
Genere <strong>racconto</strong> del mistero<br />
Tratto da <strong>Il</strong> mar delle blatte e altre storie (1939)<br />
... essa ci costringe a rotolarci mugolando<br />
e latrando nei posti umi<strong>di</strong>, nei braghi 1<br />
<strong>di</strong>etro ai pagliai; guai allora se un nostro<br />
simile ci si parasse davanti!<br />
La luna è stata fonte <strong>di</strong> ispirazione per poesie<br />
e canzoni, rappresentata in innumerevoli<br />
<strong>di</strong>pinti, considerata una dea da molte<br />
popolazioni e comunque sentita come una<br />
presenza amica, che rischiara la notte benevolmente,<br />
per tutti tranne che per i protagonisti<br />
<strong>di</strong> questo <strong>racconto</strong>, che con la luna<br />
hanno qualche problema.<br />
ed io non possiamo patire<br />
L’amico 2 la luna: al suo lume escono i morti sfigurati<br />
dalle tombe, particolarmente donne avvolte in bianchi sudari,<br />
l’aria si colma d’ombre verdognole e talvolta s’affumica d’un giallo sinistro,<br />
tutto c’è da temere, ogni erbetta ogni fronda ogni animale, in una notte <strong>di</strong><br />
luna. E quel che è peggio, essa ci costringe a rotolarci mugolando e latrando nei<br />
posti umi<strong>di</strong>, nei braghi <strong>di</strong>etro ai pagliai; guai allora se un nostro simile ci si parasse<br />
davanti! Con cieca furia lo sbraneremmo, ammenoché egli non ci pungesse,<br />
più ratto3 <strong>di</strong> noi, con uno spillo. E, anche in questo caso, rimaniamo tutta la<br />
notte, e poi tutto il giorno, stor<strong>di</strong>ti e torpi<strong>di</strong>, come uscissimo da un incubo infamante.<br />
Insomma l’amico ed io non possiamo patire la luna.<br />
Ora avvenne che una notte <strong>di</strong> luna io sedessi in cucina, ch’è la stanza più riparata<br />
della casa, presso il focolare; porte e finestre avevo chiuso, battenti e sportelli,<br />
perché non penetrasse filo dei raggi che, fuori, empivano4 e facevano sospesa<br />
l’aria. E tuttavia sinistri movimenti si producevano entro <strong>di</strong> me, quando<br />
l’amico entrò all’improvviso recando in mano un grosso oggetto rotondo simile<br />
a una vescica <strong>di</strong> strutto5 , ma un po’più brillante. Osservandola si vedeva che<br />
pulsava alquanto, come fanno certe lampade elettriche, e appariva percorsa da<br />
deboli correnti sottopelle, le quali suscitavano lievi riflessi madreperlacei simili a<br />
quelli <strong>di</strong> cui svariano6 le meduse.<br />
«Che è questo?» gridai, attratto mio malgrado da alcunché <strong>di</strong> magnetico nell’aspetto<br />
e, <strong>di</strong>rò, nel comportamento della vescica.<br />
S. Damele, T. Franzi, Passi da giganti © <strong>Loescher</strong> E<strong>di</strong>tore, 2010<br />
ta e fatta seccare per contenere lo strutto,<br />
il grasso <strong>di</strong> maiale per friggere.<br />
6. svariano: danno colorazioni <strong>di</strong>verse.
7. ialino: che ha l’aspetto e la trasparenza<br />
del vetro.<br />
«Non ve<strong>di</strong>? Son riuscito ad acchiapparla...» rispose l’amico guardandomi con<br />
un sorriso incerto.<br />
«La luna!» esclamai allora. L’amico annuì tacendo. Lo schifo ci soverchiava: la<br />
luna fra l’altro sudava un liquido ialino 7 che gocciava <strong>di</strong> tra le <strong>di</strong>ta dell’amico.<br />
Questi però non si decideva a deporla.<br />
«Oh mettila in quell’angolo» urlai, «troveremo il modo <strong>di</strong> ammazzarla!»<br />
«No», <strong>di</strong>sse l’amico con improvvisa risoluzione, e prese a parlare in gran fretta,<br />
«ascoltami, io so che, abbandonata a se stessa, questa cosa schifosa farà <strong>di</strong><br />
tutto per tornarsene in mezzo al cielo (a tormento nostro e <strong>di</strong> tanti altri); essa<br />
non può farne a meno, è come i palloncini dei fanciulli. E non cercherà davvero<br />
le uscite più facili, no, su sempre dritta, ciecamente e stupidamente: essa, la maligna<br />
che ci governa, c’è una forza irresistibile che regge anche lei. Dunque hai<br />
capito la mia idea: lasciamola andare qui sotto la cappa, e, se non ci libereremo<br />
<strong>di</strong> lei, ci libereremo del suo funesto splendore, giacché la fuliggine la farà nera<br />
quanto uno spazzacamino. In qualunque altro modo è inutile, non riusciremmo<br />
ad ammazzarla, sarebbe come voler schiacciare una lacrima d’argento vivo».<br />
Così lasciammo andare la luna sotto la cappa; ed essa subito s’elevò colla rapi<strong>di</strong>tà<br />
d’un razzo e sparì nella gola del camino.<br />
«Oh», <strong>di</strong>sse l’amico «che sollievo! quanto faticavo a tenerla giù, così viscida e<br />
grassa com’è! E ora speriamo bene»; e si guardava con <strong>di</strong>sgusto le mani impiastricciate.<br />
U<strong>di</strong>mmo per un momento lassù un rovellio 8 , dei fiati sor<strong>di</strong> al pari <strong>di</strong> trulli 9 ,<br />
come quando si punge una vescia 10 , persino dei sospiri: forse la luna, giunta alla<br />
strozzatura della gola, non poteva passare che a fatica, e si sarebbe detto che<br />
sbuffasse. Forse comprimeva e sformava, per passare, il suo corpo molliccio;<br />
gocce <strong>di</strong> liquido sozzo cadevano friggendo nel fuoco, la cucina s’empiva <strong>di</strong> fumo,<br />
giacché la luna ostruiva il passaggio. Poi più nulla e la cappa prese a risucchiare<br />
il fumo.<br />
Ci precipitammo fuori. Un gelido vento spazzava il cielo terso, tutte le stelle<br />
brillavano vivamente; e della luna non si scorgeva traccia. Evviva urràh, gridammo<br />
come invasati, è fatta! e ci abbracciavamo. Io poi fui preso da un dubbio:<br />
non poteva darsi che la luna fosse rimasta appiattata nella gola del mio camino?<br />
Ma l’amico mi rassicurò, non poteva essere, assolutamente no, e del resto m’accorsi<br />
che né lui né io avremmo avuto ormai il coraggio d’andare a vedere; così ci<br />
abbandonammo, fuori, alla nostra gioia. Io, quando rimasi solo bruciai sul fuoco,<br />
con grande circospezione, sostanze velenose, e quei suffumigi 11 mi tranquillizzarono<br />
del tutto. Quella notte medesima, per gioia, andammo a rotolarci un<br />
po’ in un posto umido nel mio giar<strong>di</strong>no, ma così, innocentemente e quasi per<br />
sfregio, non perché vi fossimo costretti.<br />
Per parecchi mesi la luna non ricomparve in cielo e noi eravamo liberi e leggeri.<br />
Liberi no, contenti e liberi dalle triste rabbie, ma non liberi. Giacché non è<br />
che non ci fosse in cielo, lo sentivamo bene invece che c’era e ci guardava; solo<br />
era buia, nera, troppo fuligginosa per potersi vedere e poterci tormentare. Era<br />
8. rovellio: lavorio faticoso.<br />
9. trulli: rumorose emissioni d’aria dagli<br />
intestini.<br />
10. vescia: vescica.<br />
11. suffumigi: vapori.<br />
S. Damele, T. Franzi, Passi da giganti © <strong>Loescher</strong> E<strong>di</strong>tore, 2010<br />
6 <strong>Il</strong> <strong>racconto</strong> <strong>di</strong> <strong>intrattenimento</strong><br />
11<br />
Meraviglie e inquietanti fantasie
Percorsi nel <strong>racconto</strong><br />
12<br />
12. mondando: ripulendo.<br />
TOMMASO LANDOLFI<br />
Tommaso Landolfi, nato a Pico<br />
Farnese, in provincia <strong>di</strong> Frosinone<br />
nel 1908, si laureò in Lingua e Letteratura<br />
russa all’Università <strong>di</strong> Firenze.<br />
Alla collaborazione con <strong>di</strong>verse<br />
riviste e quoti<strong>di</strong>ani, tra cui<br />
«<strong>Il</strong> Mondo» e il «Corriere della Sera»,<br />
affiancò l’attività <strong>di</strong> traduttore<br />
dal russo, dal tedesco e dal francese,<br />
traducendo, tra gli altri, Gogol’,<br />
Pusˇkin, Novalis, Hofmann -<br />
sthal, la cui produzione gli offrì<br />
spunti importanti per la sua opera.<br />
Nel 1937 uscì la prima raccolta<br />
<strong>di</strong> racconti, Dialogo dei massimi sistemi.<br />
<strong>Il</strong> suo interesse per il miste-<br />
come il sole nero e notturno che nei tempi antichi attraversava il cielo a ritroso,<br />
fra il tramonto e l’alba.<br />
Infatti, anche quella nostra misera gioia cessò presto; una notte la luna ricomparve.<br />
Era slabbrata e fumosa, cupa da non si <strong>di</strong>re, e si vedeva appena, forse solo<br />
l’amico ed io potevamo vederla, perché sapevamo che c’era; e ci guardava<br />
rabbuiata <strong>di</strong> lassù con aria <strong>di</strong> vendetta. Vedemmo allora quanto l’avesse danneggiata<br />
il suo passaggio forzato per la gola del camino; ma il vento degli spazi e<br />
la sua corsa stessa l’andavano gradatamente mondando12 della fuliggine, e il suo<br />
continuo volteggiare ne riplasmava il molle corpo. Per molto tempo apparve come<br />
quando esce da un’eclisse, pure ogni giorno un po’più chiara; finché ri<strong>di</strong>venne<br />
così, come ognuno può vederla, e noi abbiamo ripreso a rotolarci nei braghi.<br />
Ma non s’è ven<strong>di</strong>cata, come sembrava volesse, in fondo è più buona <strong>di</strong> quanto<br />
non si crede, meno maligna più stupida, che so! Io per me propendo a credere<br />
che non ci abbia colpa in definitiva, che non sia colpa sua, che lei ci è obbligata<br />
tale e quale come noi, davvero propendo a crederlo. L’amico no, secondo lui<br />
non ci sono scuse che tengano.<br />
Ed ecco ad ogni modo perché io vi <strong>di</strong>co: contro la luna non c’è niente da fare.<br />
Le più belle pagine <strong>di</strong> Tommaso Landolfi, a cura <strong>di</strong> I. Calvino, Milano, Rizzoli, 1982<br />
S. Damele, T. Franzi, Passi da giganti © <strong>Loescher</strong> E<strong>di</strong>tore, 2010<br />
ro e il magico si rivelarono già nel<br />
primo romanzo, La pietra lunare<br />
(1939), dove si narra la vita <strong>di</strong> un<br />
piccolo centro <strong>di</strong> provincia nel<br />
quale si <strong>di</strong>ffonde l’inquietante<br />
presenza della stregoneria. Seguirono<br />
<strong>di</strong>versi altri racconti tra il<br />
fantastico e il grottesco, tra i quali<br />
la novella gotica Racconto d’autunno<br />
(1947), il romanzo fantascientifico<br />
Cancroregina (1950),<br />
che racconta <strong>di</strong> un astronauta prigioniero<br />
in una capsula spaziale,<br />
e i Racconti impossibili (1966). Altre<br />
opere sono caratterizzate da<br />
una vena <strong>di</strong> orrore, come le raccol-<br />
te <strong>Il</strong> Mar delle blatte (1939) e In società<br />
(1962), mentre prevalgono<br />
motivi autobiografici in La bière<br />
du pécheur (1953), Rien va (1963) e<br />
Des mois (1967). Fu anche poeta,<br />
critico letterario e drammaturgo.<br />
Evidente già dalle prime opere è il<br />
tema della vanità dell’agire umano,<br />
trattato con una apparente e<br />
spesso <strong>di</strong>vertita leggerezza. La vali<strong>di</strong>tà<br />
del suo lavoro venne riconosciuta<br />
da Eugenio Montale e da<br />
Italo Calvino, che ne curò una antologia<br />
nel 1982. Vinse il premio<br />
Strega nel 1975 con A caso. Morì a<br />
Roma nel 1979.
<strong>Il</strong> lato buffo dell’orrore<br />
Analisi e interpretazione<br />
Landolfi nei suoi racconti amava addentrarsi nella<br />
<strong>di</strong>mensione del fantastico, però in modo molto<br />
personale e spesso ribaltandone i termini. È<br />
ciò che avviene anche in questo <strong>racconto</strong> a proposito<br />
del rapporto tra la luna e i protagonisti,<br />
due amici affetti da licantropismo, fenomeno per<br />
cui la luna piena trasformerebbe alcuni uomini<br />
in lupi mannari, i licantropi. <strong>Il</strong> motivo del lupo<br />
mannaro, che ha origine in una forma <strong>di</strong> isteria<br />
che spingerebbe l’in<strong>di</strong>viduo colpito – <strong>di</strong> solito in<br />
coincidenza con la fase <strong>di</strong> luna piena – a simulare<br />
il comportamento e l’ululato del lupo, è presente<br />
nella letteratura dell’orrore, sia in quella popolare<br />
che in quella colta, basti ricordare la novella<br />
Mal <strong>di</strong> Luna <strong>di</strong> Pirandello.<br />
Landolfi ne offre una versione molto personale:<br />
vittime non sono i lupi mannari, ma la luna. Non<br />
si sa come, essa è stata catturata ed è descritta prima<br />
come qualcosa <strong>di</strong> ripugnante («un grosso oggetto<br />
rotondo simile a una vescica <strong>di</strong> strutto, ma<br />
un po’più brillante»), poi come una sfera affumicata<br />
e deformata, a causa del passaggio dalla canna<br />
del camino, percorso consacrato dalla favolistica<br />
al lupo cattivo, e il riferimento non è casuale.<br />
I temi<br />
Del <strong>racconto</strong> si possono dare <strong>di</strong>verse interpretazioni.<br />
A un primo livello si può notare che l’autore<br />
ha operato un cambiamento <strong>di</strong> connotazione<br />
del fantastico: da cupo e terrificante l’ha trasformato<br />
in giocoso e leggero, per il <strong>di</strong>vertimento<br />
suo e dei lettori.<br />
A una lettura più approfon<strong>di</strong>ta si può analizzare<br />
il rapporto tra i protagonisti, uomini tormentati,<br />
incapaci <strong>di</strong> accettare se stessi e le proprie manchevolezze,<br />
e la luna, personalizzazione simbolica<br />
dei loro incubi, <strong>di</strong> cui ci si può impadronire,<br />
ma non si può <strong>di</strong>struggere. Mettono in atto un<br />
complicato rituale per liberarsene («... lasciamola<br />
I personaggi<br />
1. Chi sono i protagonisti?<br />
Interrogare il testo<br />
2. La loro natura è affermata esplicitamente<br />
o si desume dal testo?<br />
3. Nella storia c’è un terzo personaggio,<br />
inanimato: <strong>di</strong> chi si tratta?<br />
andare qui sotto la cappa, e, se non ci libereremo<br />
<strong>di</strong> lei, ci libereremo del suo funesto splendore...<br />
In qualunque altro modo è inutile, non riusciremmo<br />
ad ammazzarla»), ma esso è preventivamente<br />
e <strong>di</strong>chiaratamente destinato al fallimento.<br />
Altrettanto si può <strong>di</strong>re per la loro aspirazione alla<br />
normalità; anche quando la luna non compare<br />
più in cielo, essi non sono liberi dalla loro privata<br />
ossessione e sentono il bisogno <strong>di</strong> comportarsi come<br />
se ci fosse, anche se non sono <strong>di</strong>sposti a riconoscerlo:<br />
«Quella notte medesima, per gioia, andammo<br />
a rotolarci un po’ in un posto umido nel<br />
mio giar<strong>di</strong>no, ma così, innocentemente e quasi<br />
per sfregio, non perché vi fossimo costretti».<br />
La struttura e lo stile<br />
I racconti de Landolfi sono stati definiti da Italo<br />
Calvino dei “congegni narrativi esatti”, in cui<br />
l’autore sa costruire la storia oscillando tra il surreale<br />
e il grottesco e soprattutto utilizzando il<br />
meccanismo del “non detto”. Del comportamento<br />
dei protagonisti, «l’amico e io», e della loro insofferenza<br />
verso la luna è offerta una descrizione<br />
ampia («... essa ci costringe a rotolarci mugolando<br />
e latrando nei posti umi<strong>di</strong>, nei braghi <strong>di</strong>etro ai<br />
pagliai; guai allora se un nostro simile ci si parasse<br />
davanti!...»), ma incompleta, in quanto non si<br />
spiega mai che sono lupi mannari. Così come non<br />
si <strong>di</strong>ce che quel «grosso oggetto rotondo simile a<br />
una vescica <strong>di</strong> strutto» è la luna. Divenuta invisibile<br />
(«Per parecchi mesi la luna non ricomparve<br />
in cielo e noi eravamo liberi e leggeri»), la luna è<br />
un personaggio presente quanto e più <strong>di</strong> prima<br />
(«... lo sentivamo bene invece che c’era e ci guardava;<br />
solo era buia, nera...»), creando un senso<br />
<strong>di</strong> attesa verso lo scioglimento finale, quando la<br />
luna «slabbrata e fumosa, cupa da non si <strong>di</strong>re» ricompare<br />
e, quasi con sollievo, i due protagonisti<br />
riprendono a rotolarsi nel braghi, perché «contro<br />
la luna non c’è niente da fare».<br />
Influssi misteriosi<br />
4. Che influenza esercita la luna sui due amici?<br />
5. Quale unica <strong>di</strong>fesa può mettere in atto un loro<br />
simile minacciato?<br />
6. Dove cercano <strong>di</strong> rifugiarsi i due amici nelle<br />
notti <strong>di</strong> luna?<br />
S. Damele, T. Franzi, Passi da giganti © <strong>Loescher</strong> E<strong>di</strong>tore, 2010<br />
6 <strong>Il</strong> <strong>racconto</strong> <strong>di</strong> <strong>intrattenimento</strong> Meraviglie e inquietanti fantasie<br />
13
Percorsi nel <strong>racconto</strong><br />
14<br />
7. Nonostante le loro precauzioni, la luna<br />
li raggiunge: precisa chi l’ha presa e descrivi<br />
il suo aspetto.<br />
8. <strong>Il</strong> narratore e l’amico non sono d’accordo sulla<br />
sorte da riservare alla luna; spiega le due<br />
<strong>di</strong>verse posizioni e le rispettive motivazioni.<br />
Attraverso il camino<br />
9. Al passaggio della luna attraverso la canna<br />
del camino è de<strong>di</strong>cata una particolareggiata<br />
descrizione; quali rumori emette la luna?<br />
Come si deforma il suo corpo?<br />
10. Per essere sicuro che la luna sia uscita dal<br />
camino, il protagonista mette in atto una<br />
particolare azione: quale?<br />
11. Che cosa fanno i due amici dopo essersi liberati<br />
dalla luna?<br />
Argomentare<br />
Dalla lettura alla scrittura<br />
19. Qual è o quali sono, secondo te, i significati del <strong>racconto</strong>? In particolare, concentrati sulla luna e su<br />
come essa viene considerata, rispetto ai soliti mo<strong>di</strong> <strong>di</strong> rappresentarla.<br />
Scrittura creativa<br />
20. Prova a immaginare <strong>di</strong> essere tu il lupo mannaro che si è impossessato della sua nemica, la luna.<br />
Che cosa ne avresti fatto?<br />
S. Damele, T. Franzi, Passi da giganti © <strong>Loescher</strong> E<strong>di</strong>tore, 2010<br />
La ricomparsa della luna<br />
12. Come si sentono i due amici durante<br />
la sparizione della luna?<br />
13. Qual è l’aspetto della luna, nel momento in cui<br />
ricompare?<br />
14. In che modo la luna riacquista il suo aspetto?<br />
15. Con la ricomparsa della luna, i due amici<br />
ritornano alle antiche abitu<strong>di</strong>ni?<br />
La struttura del testo<br />
16. <strong>Il</strong> narratore è interno o esterno?<br />
17. Che tipo <strong>di</strong> focalizzazione è in atto<br />
nel <strong>racconto</strong>?<br />
18. Nel <strong>racconto</strong> fabula e intreccio corrispondono?
Guy de Maupassant<br />
Miromesnil (Norman<strong>di</strong>a) 1850 – Passy (Parigi) 1893<br />
La paura<br />
Genere <strong>racconto</strong> del mistero<br />
Tratto da «Le figaro» (1884)<br />
... fu come un’apparizione fantastica: due<br />
uomini erano ritti in un bosco, attorno a<br />
un gran fuoco... e intorno ad essi, come la<br />
scena <strong>di</strong> un dramma, gli alberi ver<strong>di</strong>...<br />
1. fenolo: composto<br />
aromatico derivato<br />
dagli idrocarburi,<br />
detto anche<br />
acido fenico.<br />
2. illune: senza luna.<br />
3. almanaccando:<br />
cercando <strong>di</strong> capire.<br />
Un fatto casuale, la visione <strong>di</strong> due uomini<br />
accanto a un fuoco, induce due viaggiatori<br />
che si trovano su un treno a riflettere sulla<br />
paura e a raccontarsi delle “storie <strong>di</strong> paura”.<br />
<strong>Il</strong> treno filava a tutto vapore nelle tenebre.<br />
Mi trovavo solo, <strong>di</strong> fronte a un vecchio signore che guardava dal finestrino.<br />
Nella carrozza, una carrozza della compagnia ferroviaria Paris-Lyon-Mé<strong>di</strong>terranée<br />
proveniente senza dubbio da Marsiglia, c’era un forte odore <strong>di</strong> fenolo 1 .<br />
Notte illune 2 , senza un soffio, torrida. Non si vedevano stelle, e la ventata del<br />
treno lanciato a tutta corsa ci gettava in viso qualche cosa <strong>di</strong> caldo, <strong>di</strong> molle,<br />
d’opprimente, d’irrespirabile.<br />
Partiti da Parigi tre ore prima, andavamo verso il centro della Francia senza<br />
veder nulla del paese che attraversavamo.<br />
D’improvviso, fu come un’apparizione fantastica: due uomini erano ritti in<br />
un bosco, attorno a un gran fuoco. Li vedemmo forse un secondo: erano, ci sembrò,<br />
due pezzenti male in arnese, rossi nel chiarore abbagliante del fuoco, con<br />
facce barbute volte verso <strong>di</strong> noi: e intorno ad essi, come la scena <strong>di</strong> un dramma,<br />
gli alberi ver<strong>di</strong>, d’un verde chiaro e lucente, i tronchi colpiti dal vivo riflesso della<br />
fiamma, il fogliame attraversato, penetrato, irrorato dalla luce che vi fluiva.<br />
Poi tutto tornò nell’oscurità.<br />
Certo, fu una ben strana visione. Che cosa facevano, in quella foresta, i due<br />
vagabon<strong>di</strong>? Perché il fuoco in quella notte soffocante?<br />
<strong>Il</strong> mio compagno <strong>di</strong> viaggio trasse l’orologio e mi <strong>di</strong>sse:<br />
«Mezzanotte precisa, signore: abbiamo visto una cosa veramente singolare».<br />
Ammisi che così era, e iniziammo una conversazione, almanaccando 3 chi potessero<br />
essere quei due: malfattori che bruciavano qualche corpo <strong>di</strong> reato, o stregoni<br />
che preparavano un filtro? Non è per cuocere la minestra che s’accende un<br />
fuoco <strong>di</strong> quel genere, a mezzanotte, in piena estate. Che facevano dunque?<br />
Non sapemmo immaginare nulla <strong>di</strong> verosimile.<br />
E il mio vicino si mise a parlare... Era un vecchio del quale non mi riusciva determinare<br />
la professione. Un originale certamente, istruitissimo, e, sembrava,<br />
anche un po’ squilibrato.<br />
S. Damele, T. Franzi, Passi da giganti © <strong>Loescher</strong> E<strong>di</strong>tore, 2010<br />
6 <strong>Il</strong> <strong>racconto</strong> <strong>di</strong> <strong>intrattenimento</strong> Meraviglie e inquietanti fantasie<br />
15
Percorsi nel <strong>racconto</strong><br />
16<br />
4. scema: <strong>di</strong>minuisce fino a sparire.<br />
5. assuefatta: abituata.<br />
6. fuochi fatui: fiammelle che si possono<br />
vedere nei cimiteri; sono dovute ai<br />
gas prodotti dalla decomposizione dei<br />
corpi.<br />
Ma chi sa quali siano i savi e quali i pazzi, in questa vita nella quale la ragione<br />
dovrebbe spesso chiamarsi stupi<strong>di</strong>tà e la follia chiamarsi genio? Diceva:<br />
«Sono contento <strong>di</strong> quello che ho visto. Per qualche minuto ho provato una<br />
sensazione perduta! Come doveva essere inquietante la terra, una volta, quando<br />
era così misteriosa! Man mano che si solleva il velo dell’ignoto, l’immaginazione<br />
degli uomini s’immiserisce. Non vi pare, signore, che la notte sia assai<br />
vuota e d’un buio assai volgare, da quando non vi sono più apparizioni? Si <strong>di</strong>ce<br />
interiormente: “Nulla più <strong>di</strong> fantastico, più nessuna strana coincidenza: tutto<br />
l’inesplicabile è spiegato. <strong>Il</strong> sovrannaturale scema 4 come un lago che un canale<br />
prosciughi: la scienza, <strong>di</strong> giorno in giorno, allontana i limiti del meraviglioso”.<br />
Ebbene, io, signore, appartengo alla vecchia razza, che ama credere. Appartengo<br />
alla vecchia razza ingenua abituata a non capire, a non cercare, a non sapere,<br />
assuefatta 5 ai misteri che ci attorniano: la vecchia razza ingenua che si nega<br />
alla semplice e netta verità. Proprio, signore: si è immiserita l’immaginazione<br />
sorprendendo l’invisibile. Oggi la terra m’appare come un mondo abbandonato,<br />
deserto e nudo: se ne sono andate le credenze che lo rendevano poetico. Quando<br />
esco, la notte, come vorrei rabbrivi<strong>di</strong>re <strong>di</strong> quell’angoscia per la quale le vecchie<br />
donnette si fanno il segno della croce rasentando i muri dei cimiteri, e gli<br />
ultimi superstiziosi fuggono <strong>di</strong>nanzi agli strani vapori palustri e ai fantastici fuochi<br />
fatui 6 ! Come vorrei credere a quel qualcosa <strong>di</strong> vago e terrificante che c’immaginiamo<br />
<strong>di</strong> sentir passare nell’ombra! Come l’oscurità della sera doveva essere<br />
cupa, terribile, un tempo, quando era piena <strong>di</strong> esseri favolosi, sconosciuti, vagabon<strong>di</strong>,<br />
malvagi, dei quali non si potevano indovinare le forme, la cui apprensione<br />
agghiacciava il cuore, la cui occulta potenza oltrepassava i limiti del nostro<br />
pensiero, e la cui offesa era inevitabile!<br />
Scomparendo il soprannaturale, anche la paura autentica è scomparsa dalla<br />
terra, poiché non si ha veramente paura che <strong>di</strong> quanto non si comprende. I pericoli<br />
visibili possono allarmare, turbare, spaventare: che cos’è questo in confronto<br />
alla convulsione che agita l’animo quando si pensa che s’incontrerà uno<br />
spettro errante, che si subirà l’abbraccio d’un morto, che si vedrà slanciarsi contro<br />
<strong>di</strong> noi una delle spaventevoli bestie inventate dal terrore degli uomini? Dacché<br />
non sono più abitate da spiriti, le tenebre mi sembrano chiare.<br />
Lo prova il fatto che se ci trovassimo improvvisamente soli in quel bosco, più<br />
che dall’apprensione d’un qualsiasi pericolo reale saremmo ossessionati dall’immagine<br />
dei due esseri singolari apparsici poc’anzi nel lampo del loro fuoco».<br />
Ripeté:<br />
«Non si ha veramente paura che <strong>di</strong> quanto non si comprende».<br />
E ad un tratto mi tornò il ricordo d’un episo<strong>di</strong>o raccontatoci una domenica da<br />
Turgenev 7 in casa <strong>di</strong> Gustave Flaubert 8 .<br />
Non so s’egli lo abbia poi inserito in qualche suo libro.<br />
S. Damele, T. Franzi, Passi da giganti © <strong>Loescher</strong> E<strong>di</strong>tore, 2010<br />
7. Turgenev: (pron. Turghenief) Ivan Segeevič<br />
Turgenev (1818-83), scrittore rus -<br />
so, autore <strong>di</strong> racconti, comme<strong>di</strong>e e romanzi<br />
<strong>di</strong> carattere realistico. I romanzi<br />
più noti sono Padri e figli e Un nido <strong>di</strong> nobili.<br />
8. Gustave Flaubert: scrittore francese<br />
(1821-80), che Maupassant frequentò<br />
a Parigi. Teorizzò l’“impersonalità” dell’artista.<br />
<strong>Il</strong> suo romanzo più famoso è<br />
Madame Bovary.
9. canuta: coi capelli bianchi.<br />
10. Ovi<strong>di</strong>o: Publio Ovi<strong>di</strong>o Nasone (43 a. C.<br />
- 17/18 d. C.), poeta latino, autore delle<br />
[...] Turgenev ci <strong>di</strong>sse, quel giorno:<br />
«Non si ha veramente paura che <strong>di</strong> quanto non si comprende».<br />
Seduto, o piuttosto abbandonato, in un’ampia poltrona, le braccia pendenti,<br />
le gambe allungate e inerti, la testa interamente canuta 9 , annegava in quel gran<br />
flutto <strong>di</strong> barba e <strong>di</strong> capelli argentei che gli dava l’aspetto d’un Padreterno o d’un<br />
fiume d’Ovi<strong>di</strong>o 10 .<br />
Parlava lentamente, con una certa pigrizia che conferiva un incanto alle frasi,<br />
e una certa esitazione della lingua un po’ tarda 11 che sottolineava l’esattezza colorita<br />
delle parole. L’occhio chiaro, spalancato, rifletteva, come l’occhio d’un<br />
bimbo, tutte le emozioni del suo pensiero.<br />
Ci raccontò quanto segue.<br />
Un giorno, da giovanotto, egli cacciava in una foresta russa. Aveva camminato<br />
tutto il giorno, e verso la fine del pomeriggio era giunto in riva a un calmo<br />
corso d’acqua che scorreva sotto gli alberi, tra gli alberi, pieno d’erbe galleggianti,<br />
profondo, limpido e freddo.<br />
<strong>Il</strong> cacciatore fu colto da un bisogno imperioso <strong>di</strong> gettarsi in quell’acqua trasparente.<br />
Si svestì e si lanciò nella corrente. Era un giovanotto grande e grosso, robustissimo,<br />
e nuotatore ar<strong>di</strong>to.<br />
Si lasciava galleggiare lentamente, tranquillo nell’animo, sfiorato dall’erbe e<br />
dalle ra<strong>di</strong>ci, felice <strong>di</strong> sentir scivolare leggermente le liane contro la sua carne.<br />
D’improvviso una mano gli si posò sulla spalla. Egli si voltò con uno scatto e<br />
scorse un essere spaventoso che lo guardava avidamente.<br />
Somigliava a una donna o a una scimmia. Aveva una faccia enorme, rugosa,<br />
che faceva smorfie e rideva. Due cose innominabili, due mammelle <strong>di</strong> certo, le<br />
galleggiavano davanti, mentre i capelli smisurati, arruffati, arrugginiti dal sole,<br />
le circondavano il viso e le sventolavano sulla schiena. Turgenev si sentì trafiggere<br />
dalla schifosa, glaciale paura delle cose sovrannaturali.<br />
Senza riflettere, senza pensare, senza comprendere, si mise a nuotare <strong>di</strong>speratamente<br />
verso la riva. Ma il mostro nuotava ancora più veloce e gli toccava il<br />
collo, la schiena, le gambe, dando in piccole risatine <strong>di</strong> gioia. Pazzo <strong>di</strong> spavento,<br />
il giovanotto raggiunse finalmente la riva e si slanciò nel bosco a tutta velocità,<br />
senza nemmeno pensare a riprendere gli abiti e il fucile.<br />
Un essere spaventoso lo seguì, correndo come lui e sempre brontolando. Al<br />
termine delle forze e paralizzato dal terrore, il fuggiasco stava per cadere, quando<br />
un fanciullo che custo<strong>di</strong>va alcune capre accorse armato <strong>di</strong> frusta, e si mise a<br />
colpire l’orrenda bestia umana che fuggì gridando <strong>di</strong> dolore. Turgenev la vide<br />
sparire tra i cespugli, simile alla femmina <strong>di</strong> un gorilla.<br />
Era una povera pazza che da più <strong>di</strong> trent’anni viveva in quel bosco della carità<br />
dei pastori, e passava metà del giorno nuotando nel fiume.<br />
<strong>Il</strong> grande scrittore russo concluse:<br />
«Mai nella mia vita ebbi tanta paura, semplicemente perché non avevo capito<br />
che cosa potesse essere quel mostro».<br />
Metamorfosi, in cui spiega le mitiche trasformazioni<br />
avvenute dall’epoca del<br />
Caos fino a quella <strong>di</strong> Cesare.<br />
11. tarda: lenta.<br />
S. Damele, T. Franzi, Passi da giganti © <strong>Loescher</strong> E<strong>di</strong>tore, 2010<br />
6 <strong>Il</strong> <strong>racconto</strong> <strong>di</strong> <strong>intrattenimento</strong><br />
17<br />
Meraviglie e inquietanti fantasie
Percorsi nel <strong>racconto</strong><br />
18<br />
12. Finistère: regione della Francia, all’estremità<br />
occidentale della Bretagna.<br />
13. magate: toccate dalla magia.<br />
<strong>Il</strong> mio compagno <strong>di</strong> viaggio, al quale avevo ripetuto l’avventura, annuì: non si<br />
ha paura che <strong>di</strong> quanto non si comprende.<br />
«Già, non si ha paura che <strong>di</strong> quanto non si comprende. Non si prova veramente<br />
quell’orrenda convulsione dell’animo che si chiama spavento se non<br />
quando alla paura si mescola un po’ del terrore superstizioso dei secoli passati.<br />
Anche io ho provato questo spavento in tutto il suo orrore, e per una cosa tanto<br />
semplice, tanto sciocca che oso appena raccontarla.<br />
«Viaggiavo in Bretagna, solo soletto, a pie<strong>di</strong>. Avevo percorso il Finistère 12 , le<br />
lande desolate, le terre nude dove il giunco è l’unica cosa che cresce accanto a<br />
gran<strong>di</strong> pietre sacerdotali, pietre magate 13 . <strong>Il</strong> giorno prima avevo visitato la sinistra<br />
punta del Raz 14 , questa fine del vecchio mondo dove si battono eternamente<br />
due oceani: l’Atlantico e la Manica. Avevo la mente piena <strong>di</strong> leggende, <strong>di</strong> storie<br />
lette o raccontate a proposito <strong>di</strong> quella terra <strong>di</strong> credenze e <strong>di</strong> superstizioni.<br />
«E camminavo da Penmarch verso Pont-l’Abbé 15 , <strong>di</strong> notte. Conoscete Penmarch?<br />
Un lido piatto, piatto senza eccezione, bassissimo, più basso del mare, si<br />
<strong>di</strong>rebbe. Lo si vede dovunque, grigio e minaccioso, quel mare irto <strong>di</strong> scogli bavosi<br />
come bestie infuriate.<br />
«Avevo pranzato in una bettola <strong>di</strong> pescatori, e ora camminavo sulla strada <strong>di</strong>ritta,<br />
fra due lande. Era buio fitto.<br />
«Di quando in quando, simile a un fantasma eretto, una pietra drui<strong>di</strong>ca 16 sembrava<br />
mi guardasse passare; e a poco a poco mi sentivo invadere da una vaga apprensione:<br />
<strong>di</strong> che? Proprio, non lo sapevo. Vi sono certe sere nelle quali ci pare<br />
d’essere sfiorati da spiriti: l’anima rabbrivi<strong>di</strong>sce senza ragione, il cuore palpita<br />
nel timore confuso <strong>di</strong> quel qualcosa d’invisibile ch’io rimpiango tanto. Quella<br />
strada mi sembrava lunga, lunga, e interminabilmente deserta.<br />
«Nessun rumore fuorché il fragore dei flutti, lontano, alle mie spalle: e a tratti<br />
quel rumore monotono e minaccioso sembrava vicinissimo, così vicino che<br />
pareva le onde mi fossero alle calcagna e corressero attraverso i campi con la loro<br />
fronte <strong>di</strong> schiuma: e io avevo voglia <strong>di</strong> fuggire, <strong>di</strong> fuggire a gambe levate per<br />
sottrarmi ad esse. <strong>Il</strong> vento, un vento basso che soffiava a raffiche e faceva fischiare<br />
i giunchi intorno a me. E per quanto camminassi veloce, avevo freddo<br />
alle braccia e alle gambe: un brutto freddo d’angoscia.<br />
«Oh, come avrei voluto incontrare qualcuno!<br />
«Era così buio che ora <strong>di</strong>stinguevo appena la strada.<br />
«E d’improvviso davanti a me, lontanissimo, u<strong>di</strong>i rotolare qualche cosa. Pensai:<br />
“To’, una carrozza”. Poi non u<strong>di</strong>i più nulla.<br />
«Un momento dopo percepii <strong>di</strong>stintamente lo stesso rumore, più vicino. Non<br />
vedevo nessun lume, però; ma <strong>di</strong>cevo tra me: “Non hanno fanale. C’è da stupirsene,<br />
in questo paese <strong>di</strong> selvaggi?”<br />
«<strong>Il</strong> rumore s’interruppe ancora una volta, poi riprese. Era troppo esiguo perché<br />
si trattasse d’una carretta: e d’altronde non u<strong>di</strong>vo il trotto del cavallo, cosa<br />
che mi stupiva, perché la notte era calma.<br />
«Cercai: “Che cosa sarà?”<br />
S. Damele, T. Franzi, Passi da giganti © <strong>Loescher</strong> E<strong>di</strong>tore, 2010<br />
14. punta del Raz: promontorio della<br />
Bretagna.<br />
15. Penmarch... Pont-l’Abbé: località del-<br />
la Bretagna.<br />
16. pietra drui<strong>di</strong>ca: pietra sacra per i<br />
drui<strong>di</strong>, i sacerdoti degli antichi celti.
«S’avvicinava veloce, velocissimo! Certo, u<strong>di</strong>vo soltanto una ruota: nessuno<br />
scalpitio <strong>di</strong> zoccoli o <strong>di</strong> pie<strong>di</strong>: nulla. Di che cosa si trattava?<br />
«Era vicino, vicinissimo: mi gettai in un fosso con un movimento <strong>di</strong> paura<br />
istintiva e vi<strong>di</strong> passare accanto a me una carriola che correva... sola... nessuno la<br />
spingeva... già... una carriola... sola... <strong>Il</strong> cuore mi balzava con tanta violenza che<br />
m’accasciai sull’erba e ascoltai turbinare la ruota che s’allontanava, che se ne<br />
andava verso il mare.<br />
«Non osavo più alzarmi, né camminare, né fare un movimento: perché, se la<br />
carriola fosse ritornata, se mi avesse inseguito, sarei morto <strong>di</strong> terrore. Stentai a<br />
lungo per riprendermi: e feci il resto della strada con tale angoscia nell’animo<br />
che il minimo rumore mi troncava il respiro.<br />
«Non è sciocco, tutto ciò? Ma che paura! Riflettendo, più tar<strong>di</strong>, ho compreso:<br />
senza dubbio, un ragazzo, scalzo, spingeva la carriola: io, invece, cercavo la testa<br />
d’un uomo ad altezza normale! Voi mi capite... quando si ha già in mente un<br />
brivido <strong>di</strong> soprannaturale... una carriola che corre... da sola... Che paura!»<br />
Tacque un istante, poi riprese:<br />
«Vedete, signore, noi stiamo assistendo a uno spettacolo curioso e terribile:<br />
questa invasione del colera!<br />
«Sentite l’odore del fenolo <strong>di</strong> cui queste carrozze sono sature?... vuol <strong>di</strong>re<br />
ch’esso è presente, chissà dove. Bisogna vedere Tolone in questo momento. Ah,<br />
davvero si sente ch’è presente, lui. E non è già la paura d’una malattia che fa<br />
impazzire quella gente. <strong>Il</strong> colera è un’altra cosa, è l’Invisibile, è un flagello d’altri<br />
tempi, dei tempi passati, una sorta <strong>di</strong> Spirito malefico che ritorna e che ci stupisce<br />
quanto ci spaventa poiché, almeno così sembra, appartiene alle età scomparse.<br />
I me<strong>di</strong>ci mi fanno ridere, col loro microbo. Non è un insetto quello che terrorizza<br />
gli uomini al punto che si buttano dalla finestra; è il colera, è l’essere inesprimibile<br />
e terribile venuto dal fondo dell’Oriente.<br />
«Attraversate Tolone: nelle sue strade si balla. Perché ballare in questi giorni<br />
<strong>di</strong> morte? Nella campagna, in vicinanza della città, si lanciano fuochi d’artificio,<br />
si accendono fuochi <strong>di</strong> gioia: le orchestrine suonano ariette allegre in tutte le<br />
passeggiate pubbliche.<br />
«E questo perché Egli è lì, perché lo si sfida, non già il Microbo ma il Colera, e<br />
si vuol essere spaval<strong>di</strong> <strong>di</strong> fronte a lui come <strong>di</strong> fronte a un nemico nascosto che ci<br />
attende in agguato. È per lui che si balla, si ride, si grida, s’accendono quei fuochi,<br />
si suonano quei valzer: per lui, lo spirito che uccide e che sentiamo presente<br />
dovunque, invisibile, minaccioso, come uno <strong>di</strong> quegli antichi geni del male che i<br />
sacerdoti barbari esorcizzavano...»<br />
G. de Maupassant, Racconti fantastici, trad. it. <strong>di</strong> E. Bianchetti, Milano, Mondadori, 1983<br />
S. Damele, T. Franzi, Passi da giganti © <strong>Loescher</strong> E<strong>di</strong>tore, 2010<br />
6 <strong>Il</strong> <strong>racconto</strong> <strong>di</strong> <strong>intrattenimento</strong> Meraviglie e inquietanti fantasie<br />
19
Percorsi nel <strong>racconto</strong><br />
20<br />
GUY DE MAUPASSANT<br />
Guy de Maupassant nacque a Miromesnil,<br />
in Norman<strong>di</strong>a, nel 1850.<br />
Fino all’età <strong>di</strong> tre<strong>di</strong>ci anni visse tra<br />
il mare e un entroterra lussureggiante,<br />
appassionandosi <strong>di</strong> natura<br />
e <strong>di</strong> sport da praticare all’aperto.<br />
La sua educazione cominciò<br />
presso il seminario a Yvetot, da cui<br />
fu cacciato per il suo razionalismo,<br />
e terminò al liceo <strong>di</strong> Rouen,<br />
dove si <strong>di</strong>mostrò uno studente<br />
molto dotato, de<strong>di</strong>candosi anche<br />
alla poesia e prendendo parte<br />
ad alcune rappresentazioni filodrammatiche.<br />
Nel 1870 si arruolò come guar<strong>di</strong>a<br />
e assistette alla sconfitta francese,<br />
che evocherà più tar<strong>di</strong> in numerose<br />
novelle. Nel 1871 lasciò la<br />
Norman<strong>di</strong>a e giunse a Parigi dove<br />
lavorò per <strong>di</strong>eci anni come impiegato<br />
presso il Dipartimento Navale.<br />
Lo scrittore Gustave Flaubert,<br />
<strong>Il</strong> tema centrale<br />
S. Damele, T. Franzi, Passi da giganti © <strong>Loescher</strong> E<strong>di</strong>tore, 2010<br />
amico d’infanzia della madre, lo<br />
prese sotto la sua protezione e favorì<br />
il suo debutto nell’ambito del<br />
giornalismo e della letteratura. A<br />
casa <strong>di</strong> Flaubert incontrò il romanziere<br />
russo Ivan Turgenev, il<br />
francese Émile Zola e molti dei<br />
protagonisti della scuola realista<br />
e naturalista. Dopo i primi versi e<br />
brevi operette teatrali, una novella,<br />
Palla <strong>di</strong> sego, apparsa nel 1880,<br />
ebbe un notevole successo, che gli<br />
aprì le porte dell’alta società, raffigurata<br />
in molte delle sue opere<br />
successive. Iniziò anche a compiere<br />
numerosi viaggi, che lo portarono<br />
in Algeria, Italia, Gran Bretagna,<br />
Sicilia, tornando da ciascuno<br />
con un nuovo volume.<br />
Gli anni compresi tra il 1880 e il<br />
1891 furono quelli <strong>di</strong> più intenso<br />
lavoro, con oltre trecento novelle,<br />
sei romanzi e opere teatrali. Nel<br />
Analisi e interpretazione<br />
Tema ricorrente nei racconti dei due viaggiatori e<br />
nelle circostanze che li hanno generati è la paura.<br />
Un’immagine improvvisa, «due pezzenti male<br />
in arnese, rossi nel chiarore abbagliante del<br />
fuoco», induce il più anziano dei viaggiatori a ricordare<br />
il mondo <strong>di</strong> un tempo, quando la scarsità<br />
delle conoscenze lasciava posto all’ignoto, «... a<br />
quel qualcosa <strong>di</strong> vago e terrificante che c’immaginiamo<br />
<strong>di</strong> sentir passare nell’ombra!» Con la<br />
scomparsa del soprannaturale, egli afferma, è<br />
scomparsa l’immaginazione e soprattutto «la<br />
paura autentica», poiché «non si ha veramente<br />
paura che <strong>di</strong> quanto non si comprende». Quest’ultima<br />
frase racchiude la chiave per capire il<br />
concetto <strong>di</strong> paura presente nel testo ed è utilizzata<br />
dall’autore come strumento per legare tra loro<br />
i ricor<strong>di</strong> dei due viaggiatori.<br />
Nei racconti la paura trova una sua personificazione<br />
in personaggi come la spaventosa donna<br />
del fiume, in oggetti come la carriola che corre<br />
da sola, o, infine, nel Colera, la malattia simbolo<br />
<strong>di</strong> morte che per tanto tempo ha terrorizzato gli<br />
1881 pubblicò il suo primo volume<br />
<strong>di</strong> racconti dal titolo La Maison Tellier,<br />
seguiti dai Racconti della beccaccia<br />
(1883), Racconti del giorno<br />
e della notte (1885) e dal <strong>racconto</strong><br />
<strong>di</strong> viaggio La vita errante (1890);<br />
tra i romanzi i più importanti sono<br />
Una vita (1883), Bel Ami (1885),<br />
Forte come la morte (1889), <strong>Il</strong> nostro<br />
cuore (1890).<br />
Negli anni successivi la sua salute<br />
si deteriorò, nonostante una costituzione<br />
apparentemente robusta;<br />
il suo equilibrio mentale entrò<br />
in crisi e manifestò stati allucinatori<br />
accompagnati da una costante<br />
paura della morte. Nel<br />
1892, in seguito a un tentativo <strong>di</strong><br />
suici<strong>di</strong>o, venne internato in una<br />
clinica a Passy, dove morì nel 1893,<br />
all’età <strong>di</strong> quarantatré anni. È sepolto<br />
nel cimitero <strong>di</strong> Montparnasse<br />
a Parigi.<br />
uomini. Ciò che accomuna i suoi <strong>di</strong>versi volti è<br />
che corrispondono a qualcosa «che non si comprende».<br />
L’ambiente<br />
Ingre<strong>di</strong>enti fondamentali delle storie <strong>di</strong> paura sono<br />
l’ambiente e l’atmosfera e, nel ricrearli, Maupassant<br />
è veramente un maestro.<br />
<strong>Il</strong> treno su cui si trovano i due viaggiatori «... filava<br />
nelle tenebre». Attorno ai «due pezzenti male<br />
in arnese», gli alberi sembrano creare «la scena <strong>di</strong><br />
un dramma». L’avventura del cacciatore avviene<br />
in un ambiente solitario, un fiume «profondo,<br />
limpido e freddo», circondato da un bosco deserto.<br />
<strong>Il</strong> viaggiatore in Bretagna è solo, cammina nel<br />
«buio fitto» e sente «grigio e minaccioso, quel mare<br />
irto <strong>di</strong> scogli bavosi come bestie infuriate» e il<br />
vento «che soffiava a raffiche e faceva fischiare i<br />
giunchi». La cupa atmosfera, creata ad arte, spiega<br />
perché sia così <strong>di</strong>fficile interpretare fenomeni<br />
che, in altre circostanze, probabilmente non susciterebbero<br />
alcuna paura.
Storie nella storia<br />
La costruzione del <strong>racconto</strong> procede per gra<strong>di</strong>,<br />
creando nel lettore un senso <strong>di</strong> incertezza su dove<br />
la narrazione lo stia portando.<br />
Nella parte iniziale, una scena improvvisa e rapida<br />
– è vista da un treno che corre velocemente<br />
– viene presentata come inspiegabile. Serve<br />
tuttavia come pretesto per suscitare il sospetto<br />
che stia accadendo qualcosa <strong>di</strong> terribile («malfattori<br />
che bruciavano qualche corpo <strong>di</strong> reato, o<br />
I personaggi<br />
1. Dove si trovano gli osservatori all’inizio<br />
del <strong>racconto</strong>?<br />
2. In quale momento del giorno i viaggiatori<br />
hanno la strana visione?<br />
L’apparizione<br />
3. Quali elementi dell’apparizione attirano<br />
l’attenzione dei viaggiatori?<br />
4. Che spiegazioni ipotizzano i viaggiatori per<br />
spiegare il comportamento dei due vagabon<strong>di</strong>?<br />
Che cosa escludono?<br />
5. Di che cosa si lamenta l’anziano compagno<br />
<strong>di</strong> viaggio?<br />
Racconti nel <strong>racconto</strong><br />
6. Per rendere più cre<strong>di</strong>bile il <strong>racconto</strong> che ricorda,<br />
l’autore introduce alcuni riferimenti alla sua<br />
vita reale. Di quali riferimenti si tratta?<br />
7. Chi è l’autore del <strong>racconto</strong> fatto a casa<br />
<strong>di</strong> Flaubert?<br />
8. Chi è l’autore del secondo <strong>racconto</strong>?<br />
La storia del cacciatore<br />
9. Nell’episo<strong>di</strong>o che racconta, dove si trova<br />
Turgenev? In che momento del giorno?<br />
10. Chi incontra il cacciatore? Descrivine l’aspetto.<br />
11. Qual è la reazione del cacciatore?<br />
12. Che cosa ha realmente spaventato il<br />
cacciatore?<br />
a. Una povera pazza.<br />
Interrogare il testo<br />
b. Un mostro immaginario.<br />
stregoni che preparavano un filtro?») e lasciare<br />
il lettore col fiato sospeso fino al finale a sorpresa,<br />
quando viene offerta una possibile spiegazione,<br />
tutt’altro che tranquillizzante: si accendono<br />
fuochi per sfidare un nemico terribile,<br />
il colera. Nel frattempo, però, l’attenzione del<br />
lettore è stata tenuta accesa da altri due racconti,<br />
in cui l’apparente inspiegabilità dei fatti ha<br />
suscitato un profondo terrore nei protagonisti e<br />
coinvolto il lettore nel misterioso meccanismo<br />
che genera la paura.<br />
c. <strong>Il</strong> non aver capito che cosa potesse essere<br />
quel mostro.<br />
La storia dell’anziano viaggiatore<br />
13. In quale ambiente si svolge la storia<br />
raccontata dal viaggiatore? Quali elementi<br />
lo impensieriscono?<br />
14. <strong>Il</strong> viaggiatore viene spaventato da un rumore.<br />
Precisa:<br />
a. <strong>di</strong> che rumore si tratta.<br />
b. chi lo produce.<br />
c. che spiegazione ne dà il viaggiatore.<br />
Una conclusione imprevista<br />
15. Secondo il viaggiatore, a Tolone c’è un terribile<br />
nemico. Precisa:<br />
a. <strong>di</strong> che cosa si tratta.<br />
b. quale in<strong>di</strong>zio è presente sul treno.<br />
c. come reagiscono le persone.<br />
La struttura del <strong>racconto</strong><br />
16. Chi è il viaggiatore-io narrante della parte<br />
iniziale del <strong>racconto</strong>?<br />
17. Chi è l’io narrante del <strong>racconto</strong> fatto nella casa<br />
<strong>di</strong> Flaubert?<br />
18. In che modo Turgenev prende le <strong>di</strong>stanze da se<br />
stesso protagonista della storia?<br />
a. Dichiara che si tratta <strong>di</strong> un personaggio<br />
<strong>di</strong> fantasia.<br />
b. A volte passa dalla prima alla terza<br />
persona.<br />
c. Usa sempre la terza persona.<br />
S. Damele, T. Franzi, Passi da giganti © <strong>Loescher</strong> E<strong>di</strong>tore, 2010<br />
6 <strong>Il</strong> <strong>racconto</strong> <strong>di</strong> <strong>intrattenimento</strong> Meraviglie e inquietanti fantasie<br />
21
Percorsi nel <strong>racconto</strong><br />
22<br />
Argomentare<br />
Sequenza Sintesi<br />
<strong>Il</strong> viaggio in treno<br />
<strong>Il</strong> cacciatore<br />
Un rumore nella notte<br />
<strong>Il</strong> colera<br />
S. Damele, T. Franzi, Passi da giganti © <strong>Loescher</strong> E<strong>di</strong>tore, 2010<br />
Dalla lettura alla scrittura<br />
19. L’anziano viaggiatore afferma: «Non si ha veramente paura che <strong>di</strong> quanto non si comprende».<br />
Sei d’accordo con la sua affermazione? Commentala esponendo le tue considerazioni in merito.<br />
Riassumere le sequenze<br />
20. <strong>Il</strong> <strong>racconto</strong> è composto da alcune macrosequenze, in<strong>di</strong>cate nella seguente tabella con brevi titoli.<br />
Completala con la sintesi dei fatti (fabula) corrispondenti a ciascuna.