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BRASILE, Belo Horizonte, iniziative di Rosetta Brambilla - avsi

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RACCONTI DI VITA<br />

OPERA EDUCATIVA DON GIUSSANI<br />

Brasile – <strong>Belo</strong> <strong>Horizonte</strong>


INDICE<br />

Introduzione 3<br />

Rosa <strong>Brambilla</strong> – <strong>Rosetta</strong> (Coor<strong>di</strong>natrice dell’Opera Educativa Don Giussani)<br />

Il cantastorie 4<br />

Stefania Barbieri (amica italiana che ha trascorso un periodo nelle Opere)<br />

Lucas e la scoperta dell’amicizia 6<br />

Luzilan<strong>di</strong>a (educatrice)<br />

“Sarò capace?” 8<br />

Lucio (Direttore del Centro Alvorada)<br />

“Adesso figlia mia io sono una persona” 1<br />

Denise (Mamma <strong>di</strong> Veronica, Samara, Rafaela, Jordania e Patrick)<br />

“È come se avessi ricominciato la mia vita” 12<br />

Ana Eliza (Mamma <strong>di</strong> Eliza, Kayke, Kauan, Marcos e Mateus)<br />

“Cosa il tuo cuore ti <strong>di</strong>ce <strong>di</strong> fare ?” 14<br />

Lilian (Mamma <strong>di</strong> Leonardo, Emily, Gabriely e Leandro)<br />

“Tu sei una grande donna” 16<br />

Lourdes (educatrice e mamma <strong>di</strong> Gilberto, Cicera e Paulo)<br />

PRIMA NELL’ OPERA, ORA PER L’ OPERA 18<br />

- Taisa 18<br />

- Simone 2<br />

- Cicera 22<br />

- Wemerson 24<br />

Conclusione 26<br />

Rosa <strong>Brambilla</strong> – <strong>Rosetta</strong> (Coor<strong>di</strong>natrice dell’Opera Educativa Don Giussani)<br />

“Ultima ora” 26<br />

2


Carissimi amici,<br />

innanzitutto mi presento, mi chiamo Rosa <strong>Brambilla</strong>, <strong>Rosetta</strong> per gli amici, da 42<br />

anni abito qui in Brasile e come molti tra voi sanno, sono coor<strong>di</strong>natrice dell’Opera<br />

Educativa Don Giussani che comprende 4 asili (creche Etelvina Caetano de Jesus,<br />

creche comunitaria Jar<strong>di</strong>m Felicidade, creche Dora Ribeiro, Creche Gilmara Iris),<br />

4 centri socio educativi (centro Alvorada, centro educativo Padre Virgilio, centro<br />

educativo Santuzza Resi e centro educativo Gilmara Iris), una scuola calcio:<br />

Associazione sportiva Virgilio Resi ed il Progetto “Jovem Trabalhador”<br />

(avviamento al lavoro), per giovani dai 15 ai 17 anni. In tutto l’Opera accoglie 115<br />

bambini.<br />

Accompagniamo, inoltre, 3 bambini e ragazzini che non frequentano più l’Opera<br />

ma che continuiamo a sostenere nel loro cammino, attraverso frequenti visite ed un<br />

aiuto concreto (materiale scolastico, vestiario e veniamo loro incontro nelle<br />

necessità che si presentano nel corso dell’anno).<br />

Quest’anno abbiamo pensato <strong>di</strong> fare una cosa <strong>di</strong>versa dal solito. Oltre al <strong>di</strong>segno<br />

dei vostri cari bambini e ragazzini, abbiamo pensato <strong>di</strong> raccontarvi più a fondo la<br />

vita dell’Opera educativa dove, grazie al vostro sostegno, trascorrono la giornata.<br />

Le cose da <strong>di</strong>re sarebbero tante, varrebbe veramente la pena raccontare ogni<br />

singola giornata perché è sempre una novità ma credo che la forma più vera e<br />

concreta <strong>di</strong> trasmettere il vissuto dell’Opera è far parlare proprio i protagonisti <strong>di</strong><br />

questa grande storia, attraverso fatti accaduti, testimonianze, racconti <strong>di</strong> bambini, <strong>di</strong><br />

mamme, <strong>di</strong> educatrici ecc.<br />

Prima <strong>di</strong> lasciare a “loro” la parola, desidero esprimervi la mia sincera commozione<br />

<strong>di</strong> fronte a ciascuno <strong>di</strong> voi. Alcuni tra voi sono venuti a trovarci ed hanno potuto<br />

vedere con i propri occhi, ma non so se è altrettanto facile per chi non è stato mai<br />

qui, immaginare come la vostra presenza ha fatto e continua a fare la <strong>di</strong>fferenza<br />

nella vita <strong>di</strong> tanti bambini e delle loro famiglie. Come leggerete in questi piccoli<br />

racconti, l’incontro con volti concreti desiderosi <strong>di</strong> con<strong>di</strong>videre un cammino insieme<br />

e da cui si è accolti ed amati in tutto il proprio vissuto, personale e familiare, cambia<br />

ra<strong>di</strong>calmente il corso della vita <strong>di</strong> queste<br />

persone. L’Opera e quello che i bambini vivono,<br />

è quoti<strong>di</strong>anamente un’esperienza impagabile e<br />

fondamentale nella loro vita o<strong>di</strong>erna, ma anche<br />

nella loro crescita e per il loro futuro, per il<br />

quale voi siete parte fondamentale con il vostro<br />

sostegno e la vostra fedele amicizia.<br />

ROSA BRAMBILLA<br />

3


IL CANTASTORIE<br />

È uscito nelle sale cinematografiche del Brasile un film che mi auguro arrivi presto<br />

anche da noi. Con il patrocinio dell’Unesco e il contributo <strong>di</strong> molte imprese e<br />

istituzioni il regista Luiz Villaça ha raccontato la storia vera dell’ex -“menino de rua”<br />

Roberto Carlos Ramos, ora pedagogo e grande cantastorie, conosciuto in tutto il<br />

Brasile.<br />

“Non esiste un ragazzino <strong>di</strong> 13 anni che sia irrecuperabile!” Questa è la chiave <strong>di</strong><br />

lettura <strong>di</strong> tutta la storia, la frase pronunciata dall’insegnante francese Margherit<br />

Duvas che conosce Roberto Carlos quando ha ormai collezionato oltre 100 fughe<br />

dalle istituzioni educative statali dove la madre l’aveva inserito all’età <strong>di</strong> 6 anni.<br />

La famiglia numerosa (12 figli) e la miseria l’avevano convinta a portare il figlio nella<br />

FEBEM, istituzione molto pubblicizzata dal Governo come luogo <strong>di</strong> istruzione<br />

privilegiata per chi non si poteva permettere gli stu<strong>di</strong> (gli spot con enfasi<br />

propagandavano: se vuoi <strong>di</strong>ventare professore, me<strong>di</strong>co, ingegnere, vieni alla<br />

FEBEM, ma non era nulla <strong>di</strong> più che una specie <strong>di</strong> istituto <strong>di</strong> correzione!)<br />

“Non esiste un ragazzino <strong>di</strong> 13 anni che sia irrecuperabile!”<br />

Questa stessa frase è vissuta ogni giorno nell’Opera Educativa Don Giussani, nella<br />

città <strong>di</strong> <strong>Belo</strong> <strong>Horizonte</strong>, che accolgono attualmente circa 1150 tra bambini e<br />

adolescenti <strong>di</strong> quartieri poveri (Le favelas) e le loro rispettive famiglie. L’anima delle<br />

opere Don Giussani , sostenute da molti amici italiani è <strong>Rosetta</strong> <strong>Brambilla</strong>, lombarda<br />

doc, brasiliana <strong>di</strong> vocazione.<br />

Da qualche anno è sorto il Centro Socioculturale Alvorada per dare continuità al<br />

percorso educativo iniziato all’asilo: l’intento principale è quello <strong>di</strong> offrire ai ragazzi e<br />

ai giovani una compagnia quoti<strong>di</strong>ana in vista dello sviluppo globale della loro<br />

personalità. Ma cosa ha a che fare questo col film?<br />

Uno degli attori principali del film è Paulo Henrique Cân<strong>di</strong>do Mendes, 13 anni, che<br />

interpreta la fase adolescente del protagonista e Paulinho, come è chiamato da<br />

compagni ed educatori è proprio uno dei ragazzini del Centro Alvorada.<br />

Una delle proposte più significative offerte dal centro ai ragazzi iscritti è la Scuola <strong>di</strong><br />

teatro, attiva da circa 9 anni e condotta dal prof. Robson Ferreira. Il progetto <strong>di</strong><br />

teatro offre una strada nell’arte drammatica a 200 bambini e giovani dei quartieri più<br />

bisognosi della regione Nord <strong>di</strong> <strong>Belo</strong> <strong>Horizonte</strong>. Di tutti questi, circa 50 giovani<br />

hanno dato vita alla Compagnia Teatrale Alvorada, che ha già come esperienza<br />

alcune pièces e letture <strong>di</strong> poesia e testi letterari come “Morte e vida Severina”, <strong>di</strong><br />

João Cabral de Melo Neto, e “Escola de Mulheres”, <strong>di</strong> Molierè.<br />

Il supervisore generale del progetto Marília Salgado racconta che Paulinho è stato<br />

“scoperto” grazie ad una delle assistenti del corso, una giovane attrice che aveva<br />

4


saputo della necessità <strong>di</strong> selezionare tre attori <strong>di</strong> 6, 13 e 19 anni, per il ruolo del<br />

protagonista, Roberto Carlos, nelle <strong>di</strong>verse fasi della sua vita. Per scegliere si è<br />

arrivati a provare circa mille bambini ed adolescenti delle scuole <strong>di</strong> teatro, delle<br />

ONG che hanno progetti sociali nelle periferie e nelle favelas <strong>di</strong> <strong>Belo</strong> <strong>Horizonte</strong>.<br />

E Paulinho continua a frequentare il Centro Alvorada, della favela in cui abita.<br />

All’anteprima del film c’erano gli educatori e i coor<strong>di</strong>natori del centro, commossi, tutti<br />

i compagni entusiasti, i suoi genitori e fratelli emozionati. Chissà se anche lui, come<br />

Roberto Carlos Ramos, de<strong>di</strong>cherà la sua vita ai bambini che vivono a rischio <strong>di</strong><br />

esclusione sociale, certamente non potrà <strong>di</strong>menticare il sorriso e l’ abbraccio<br />

ricevuto ogni giorno quando varca il portone del Centro. Anche la sua vita, come<br />

quella <strong>di</strong> Roberto Carlos, è stata cambiata da un incontro, l’incontro con qualcuno<br />

che guarda il bambino che ha davanti con il desiderio <strong>di</strong> aiutarlo a raggiungere ciò<br />

che desidera, la felicità.<br />

Non è a caso che il luogo in cui è cresciuto si chiami proprio Jar<strong>di</strong>m Felicidade, e<br />

non è un caso che 40 anni fa una donna brianzola sia arrivata qui per compiere il<br />

proprio desiderio <strong>di</strong> felicità. Non è un caso, è storia.<br />

Paulinho in una scena del film<br />

5


LUCAS E LA SCOPERTA DELL’AMICIZIA<br />

Lucas, un bambino vivace e molto intelligente quest’anno ha fatto un cammino<br />

molto bello e questo mi ha permesso <strong>di</strong> imparare molto.<br />

Sono la sua educatrice da due anni e all’inizio Lucas aveva un comportamento<br />

molto aggressivo ed estremamente in<strong>di</strong>sciplinato, non conosceva regole e si<br />

rifiutava <strong>di</strong> realizzare le attività proposte; avevo spesso bisogno <strong>di</strong> ricorrere all’aiuto<br />

delle mie colleghe per riuscire a rapportarmi con lui. Per chi lo conosce adesso, è<br />

<strong>di</strong>fficile immaginare tutto il percorso fatto per conquistare la sua amicizia e la sua<br />

fiducia.<br />

Per far sì che non uscisse più dalla classe senza chiederlo e che partecipasse alle<br />

attività, abbiamo fatto alcuni accor<strong>di</strong>. È stato molto bello, perché lui <strong>di</strong>ceva: “Maestra<br />

io non riesco a stare seduto e fermo e a fare queste cose…!” È stato in quel<br />

momento che ho percepito la reale sofferenza <strong>di</strong> Lucas nel rimanere concentrato e<br />

fermo in classe.<br />

Stava in pie<strong>di</strong>, non si sedeva e girava in classe <strong>di</strong>sturbando e provocando sempre i<br />

compagni. Per questo abbiamo stabilito insieme che sarebbe potuto uscire dalla<br />

classe e fare un giretto in cortile quando ne sentiva la necessità, a patto che<br />

cercasse <strong>di</strong> partecipare maggiormente alle attività proposte ed evitasse <strong>di</strong> litigare<br />

con i compagni. Lucas ha subito accettato ed è andata avanti così per molto tempo.<br />

Ora non sembra più lo stesso, quando arriva mi aspetta per entrare in classe,<br />

chiama i compagni, mi aiuta nel mettere in or<strong>di</strong>ne l’aula e a servire gli amici nel<br />

momento del pranzo.<br />

Alla fine <strong>di</strong> questo anno mi ha sorpreso in modo speciale. Un giorno, mentre faceva<br />

attività sportiva ha iniziato a litigare con un compagno, si è innervosito tanto da<br />

arrivare alle mani. E’ stato un litigio molto brutto nel quale sono dovuta intervenire. Il<br />

compagno Mateus è un bambino molto buono e tranquillo e quando gli ho detto che<br />

sarebbe dovuto uscire dal campo ed aspettare la fine della partita fuori, lui ha<br />

saputo ascoltare; Lucas invece è uscito dal campo solo perché l’ho accompagnato.<br />

Era molto nervoso ed arrabbiato ed ha iniziato ad<strong>di</strong>rittura a minacciare il compagno.<br />

Mi sono avvicinata e l’ho abbracciato forte, capivo più che mai che era ciò che in<br />

fondo Lucas desiderava. Dopo una breve resistenza, ha cominciato ad<br />

abbandonarsi tra le mie braccia ed è rimasto così fino al termine della partita.<br />

6


Il giorno dopo è stato uno dei primi ad arrivare all’Opera, quando siamo entrati tutti<br />

in classe Lucas mi ha detto: “Luzilan<strong>di</strong>a, oggi a scuola ho chiesto perdono a Mateus<br />

e siamo ancora amici!”. Che bello!! Per me è stato sorprendente, chi se lo sarebbe<br />

mai aspettato da Lucas?<br />

Da quel giorno, tutti i venerdì m’invita a casa sua ed io cerco sempre <strong>di</strong> fare il<br />

possibile per esau<strong>di</strong>re il suo desiderio. Lucas è cresciuto molto. Quel bambino<br />

aggressivo ed in<strong>di</strong>sciplinato, ora è solo un ricordo.<br />

Il mio rapporto con la sua famiglia è molto positivo, tutte le volte che vado a casa<br />

loro, la mamma Elaine mi riceve con molto affetto, si fida molto <strong>di</strong> me. So <strong>di</strong> avere<br />

una responsabilità molto grande, a volte penso che è troppo per me ed ho paura <strong>di</strong><br />

non farcela, ma sempre succede qualcosa che mi fa ripartire. Capisco ogni giorno <strong>di</strong><br />

più la grandezza dell’essere educatore, e se questa è la Sua volontà, continuerò a<br />

lavorare come educatrice perché amo quello che faccio.<br />

7


“SARÒ CAPACE?”<br />

Era maggio del 2008, quando un bambino <strong>di</strong> sette anni Ricardo è arrivato all’Opera<br />

educativa. Lo ha portato la nonna materna Alice, che n’è responsabile fin da quando<br />

era neonato. Quando lo ha iscritto, lo ha presentato come un bambino con vari problemi<br />

psicologici ed un lieve <strong>di</strong>sturbo mentale. Con una storia familiare molto complicata alle<br />

spalle, Ricardo è cresciuto ascoltando sua nonna implorando aiuto perché si doveva<br />

prendere cura <strong>di</strong> un bambino che parlava poco, agitato ed incapace <strong>di</strong> imparare come<br />

gli altri bambini. Alice ha cercato <strong>di</strong> ottenere per vari anni il sussi<strong>di</strong>o che il Governo<br />

concede alle persone incapaci <strong>di</strong> una vita sociale in<strong>di</strong>pendente. È stato per questo che<br />

è arrivata all’Opera educativa: chiederci <strong>di</strong> aiutarla a ricevere il sussi<strong>di</strong>o per Ricardo.<br />

Ricardo è cresciuto sentendo la nonna <strong>di</strong>re frasi del tipo: “Lui non riesce ad imparare<br />

niente”, “non sa leggere né scrivere”, “tutti gli altri bambini vanno avanti e lui rimane<br />

in<strong>di</strong>etro”, “il Governo mi deve dare questo sussi<strong>di</strong>o visto che io non ho sol<strong>di</strong> e lui<br />

<strong>di</strong>penderà da me per tutta la vita”, “Non riuscirà mai a terminare gli stu<strong>di</strong> tanto meno a<br />

lavorare”. Mi ricordo molto bene sua nonna Alice che mi <strong>di</strong>ceva tutte queste frasi ogni<br />

volta che c’incontravamo qui all’Opera ed ad<strong>di</strong>rittura alla fermata dell’autobus. In ogni<br />

incontro, con Ricardo sempre al suo fianco, ripeteva: “Lucio, non sono ancora riuscita<br />

ad ottenere il sussi<strong>di</strong>o per Ricardo!!”<br />

Appena saputo che era pronto il risultato della perizia me<strong>di</strong>ca fatta dagli uffici sanitari, le<br />

ho chiesto <strong>di</strong> farmeli vedere e lei me li ha portati il giorno dopo. Ricardo era insieme a<br />

lei. L’esito degli esami constatava che Ricardo non poteva ricevere alcun sussi<strong>di</strong>o<br />

perché non era considerato incapace <strong>di</strong> vita sociale. Nel leggere il referto ho esclamato<br />

con gioia: “Grazie a Dio!”. Mi sono girato verso Ricardo e gli ho detto: “Sei così perfetto<br />

ed intelligente che il me<strong>di</strong>co ha detto che puoi imparare tutto e crescere normalmente,<br />

come tutti i tuoi compagni”. Lui ha accennato un sorriso, ma era così abituato a sentirsi<br />

<strong>di</strong>re che era meno degli altri, che non riusciva a credere a questa nuova e bella notizia.<br />

La nonna, in quel momento, non n’è stata molto contenta perché la sua speranza era <strong>di</strong><br />

ricevere il sussi<strong>di</strong>o. Non spetta a me giu<strong>di</strong>carla perché lei era convinta che Ricardo<br />

fosse traumatizzato per alcuni episo<strong>di</strong> dell’infanzia. Aveva i suoi buoni motivi per<br />

credere ciò.<br />

Dopo aver elogiato Ricardo per le sue potenzialità, ho riba<strong>di</strong>to alla nonna l’immenso<br />

valore del risultato degli esami per la vita <strong>di</strong> entrambi e come fosse importante che<br />

Ricardo continuasse a frequentare la scuola. Da quel giorno Alice non mi ha mi più<br />

chiesto aiuto per ricevere il sussi<strong>di</strong>o, né mi ha più detto niente riguardo alle <strong>di</strong>fficoltà<br />

d’appren<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> Ricardo, ed abbiamo mantenuto un bel rapporto.<br />

Più che mai, adesso era necessario aiutare Ricardo a scoprire le sue capacità nello<br />

stu<strong>di</strong>o, nel rapporto con i compagni e con se stesso ed a riconoscere il senso della sua<br />

vita. Questa è l’importanza del metodo dell’Opera Educativa sempre testimoniato da<br />

8


<strong>Rosetta</strong>: guardare la centralità della persona, partire da ciò che ha <strong>di</strong> positivo ed<br />

educarla introducendola alla realtà che è chiamata a vivere.<br />

Ricardo ha fatto la sua parte ed ha iniziato a vivere appieno la sua infanzia,<br />

recuperando il tempo perso, scoppiando <strong>di</strong> felicità perché ora era “uguale” agli altri.<br />

Quando vedevo Ricardo, lo osservavo correre, sorridere, saltare, <strong>di</strong>scutere e giocare,<br />

tutto quello che i bambini normalmente fanno in questa fase della vita. Mi sembrava un<br />

uccellino appena liberato dalla gabbia che prendeva un volo mai sperimentato prima.<br />

Ora si sentiva degno e capace <strong>di</strong> assaporare questa meravigliosa avventura che è la<br />

vita.<br />

L’anno scorso Ricardo a 15 anni, com’è normale tra i ragazzini <strong>di</strong> qui, ha sentito la<br />

necessità <strong>di</strong> cercare un lavoretto per aiutare nelle spese <strong>di</strong> casa. Quando si è assentato<br />

per alcuni giorni, sono andato subito a cercarlo per sapere cosa succedeva, mi ha<br />

raccontato che lavorava presso un’officina meccanica. In verità era appena un aiutante<br />

in nero, in con<strong>di</strong>zioni molto precarie e senza nessuna persona che lo aveva veramente<br />

a cuore. Gli ho chiesto <strong>di</strong> tornare tra noi, perché oltre ad essere un aiuto per la sua vita<br />

aveva una grande possibilità <strong>di</strong> entrare nel nostro Progetto Jovem Trabalhador<br />

(avviamento al lavoro). Sembrava che Ricardo all’improvviso si fosse ricordato del<br />

passato, e subito ha detto: “Sarò capace?”. Le parole che sempre aveva sentito <strong>di</strong>re<br />

dalla nonna, gli sono improvvisamente tornate alla mente: “Riuscirò ad entrare nel<br />

Progetto e lavorare in banca o in aeroporto?”. Ma quel pensiero evidentemente è<br />

scomparso subito ed il giorno dopo Ricardo era <strong>di</strong> nuovo tra noi.<br />

All’età giusta si è iscritto al Progetto<br />

Jovem Trabalhador ed ha partecipato al<br />

corso <strong>di</strong> “Formazione Umana ed<br />

Educazione Professionale” offerto<br />

dall’Opera Educativa e tra i numerosi<br />

iscritti è stato tra i selezionati. Ho fatto<br />

<strong>di</strong> tutto per potergli dare la notizia<br />

personalmente. Non <strong>di</strong>menticherò mai il<br />

suo sorriso ed il suo sguardo<br />

commosso!! È stato l’inizio <strong>di</strong> una<br />

nuova fase nella vita <strong>di</strong> questo ragazzo:<br />

l’evidenza <strong>di</strong> chi è nato per essere<br />

felice. Sua nonna continua a seguirlo nel suo cammino, con le normali preoccupazioni,<br />

ma ora è orgogliosa <strong>di</strong> Ricardo, il “suo” ragazzo felice e capace.<br />

Oggi Ricardo lavora all’aeroporto <strong>di</strong> <strong>Belo</strong> <strong>Horizonte</strong> come appren<strong>di</strong>sta, facendo nuove<br />

esperienze <strong>di</strong> vita attraverso il lavoro ed i rapporti umani che continua ad avere con le<br />

persone dell’Opera Educativa.<br />

9


“ADESSO, FIGLIA MIA, IO SONO UNA PERSONA”<br />

Quando ero piccolina guardavo le persone che sapevano parlare, che vestivano<br />

abiti molto belli, mentre io usavo sempre gli scarti, non riesco nemmeno a <strong>di</strong>re come<br />

erano le mie cose, ma guardavo quella gente e pensavo: “Mamma mia! Loro sono<br />

persone, ed io che cosa sono?”<br />

Io non lo sapevo, non riuscivo a capire che cosa ero; lavoravo molto in campagna,<br />

mio padre non faceva altro che litigare e sgridare. Quando ero ancora adolescente,<br />

mentre mi recavo a lavoro un uomo mi ha fatto del male, io non sapevo ciò che<br />

stava succedendo, sono arrivata in casa e ho pianto molto. L’ho raccontato a mio<br />

padre che mi ha detto: “Non m’interessa come è successo, qui nella mia casa tu<br />

non rimani” e mi ha mandato via.<br />

E’ stato così che sono arrivata a <strong>Belo</strong> <strong>Horizonte</strong>, sono scesa alla stazione e sono<br />

rimasta lì per giorni e giorni, come una men<strong>di</strong>cante, fino a che alcuni poliziotti mi<br />

hanno trovata e mi hanno chiesto se avevo qualche parente che abitasse qui; ho<br />

risposto che abitava qui la sorella <strong>di</strong> mio padre e ho dato loro il suo nome. I poliziotti<br />

l’hanno trovata e quando siamo arrivati là lei ha confermato che era mia zia e mi ha<br />

fatto rimanere a casa sua fino a che mia figlia non è nata ed io ho iniziato a cercare<br />

un lavoro. Ho sofferto le pene dell’inferno, ho lavorato senza essere pagata, molta<br />

gente si è approfittata <strong>di</strong> me. Ho conosciuto un uomo con il quale poi mi sono<br />

sposata ed ho avuto dei figli pensando che fosse la mia salvezza; ma in verità lui<br />

beveva molto, mi picchiava e maltrattava le mie figlie, era solo sofferenza e<br />

vivevamo ospiti <strong>di</strong> casa in casa.<br />

Quando qui era ancora solo un lotto <strong>di</strong> terreno, la mia amica Cleuza mi ha avvisato<br />

che avrebbe aperto l’asilo e mi ha detto che c’era la possibilità <strong>di</strong> iscrivervi i miei<br />

figli. Io non avevo una casa, mio marito era cattivo, ero incinta <strong>di</strong> Sâmara e pativo la<br />

fame. Tutto quello che guadagnavo lo spendevo per il cibo e anche se io non ero<br />

nessuno, Cleuza mi ha presentato a <strong>Rosetta</strong> che mi ha subito garantito un posto<br />

per i miei figli. Prima ancora che l’asilo aprisse <strong>Rosetta</strong>, insieme a Silvana ed Eliana<br />

due ragazze che vi avrebbero lavorato, sono venute a trovarmi a casa. Vivevo in<br />

con<strong>di</strong>zioni molto precarie ospite a casa <strong>di</strong> mia cognata, con un marito che si<br />

<strong>di</strong>mostrava sempre più violento e dopo che se ne sono andate ho pensato: “Solo<br />

Dio poteva mandarmi questi angeli nella mia vita”.<br />

Subito dopo abbiamo avuto la possibilità <strong>di</strong> occupare un terreno per poterci poi<br />

costruire una casa. Non avevamo ancora niente, non c’era né luce né acqua e<br />

questi angeli mi hanno aiutato ad avere una casa tutta mia. Sono state persone che<br />

mi hanno aiutato a desiderare e ad amare la vita perché io volevo morire.<br />

10


Quando sono rimasta incinta <strong>di</strong> nuovo ho pensato che fosse arrivata la fine: non<br />

sapevo come avrei fatto ad andare avanti.<br />

Questi angeli continuavano a venire nella mia casa e mi spronavano sempre:<br />

“Coraggio Denise, reagisci, la vita è bella!” e mi accompagnavano in tutto.<br />

È nata Sâmara, malata e denutrita con molti problemi <strong>di</strong> salute, io non riuscivo<br />

nemmeno ad allattarla e Silvana le ha donato il suo latte materno per tenerla in vita.<br />

Tanta era la sofferenza che ho iniziato anche a dubitare dell’esistenza <strong>di</strong> Dio e<br />

<strong>Rosetta</strong> mi <strong>di</strong>ceva sempre: “Guarda le amicizie che ti sta donando!”<br />

Allora un giorno ero qui all’asilo ed ho cominciato a guardare le persone che<br />

lavoravano: com’erano felici! Ho chiesto se sarei potuta venire ad aiutare come<br />

volontaria ed ho visto la “Bellezza”, ho cominciato ad aver gusto e amore per le<br />

cose e la depressione se n’è andata.<br />

Adesso io sono una persona, lavoro e non ho paura del futuro. La mia vita è una<br />

grazia, ho ancora delle <strong>di</strong>fficoltà ma lotto perché ho questi angeli vicino a me, che<br />

mi accompagnano e mi guidano.<br />

Non so come ringraziare <strong>Rosetta</strong> e tutti quelli che continuano ad aiutarmi, sono la<br />

famiglia che non ho mai avuto.<br />

I problemi non sono scomparsi né con i miei figli né con il mio attuale compagno,<br />

ma ho tanta forza che mi viene da queste amicizie che mi <strong>di</strong>cono <strong>di</strong> non mollare.<br />

Un giorno io ho detto: “Non avrò mai un lavoro fisso” ed ora invece sono una<br />

persona <strong>di</strong>gnitosa, sono stata assunta in regola presso un supermercato, in un<br />

primo momento come donna delle pulizie ed ora come cuoca e mantengo i miei figli<br />

senza l’aiuto del loro padre che se n’è andato in campagna da molti anni.<br />

“Adesso, figlia mia, io sono una persona!”<br />

Denise insieme ai figli. Da sinistra: Samara, Veronica, Jordania, Rafaela<br />

e Patrick ed ad Ebe, un’amica italiana in visita a <strong>Belo</strong> <strong>Horizonte</strong><br />

11


“È COME SE AVESSI RICOMINCIATO LA MIA VITA”<br />

Mi chiamo Ana Eliza, ho 23 anni e sono mamma <strong>di</strong> sei bambini: Eliza, che ha 7<br />

anni, Kayke, 5 anni, Kauan, 3 anni ed i gemelli Marco e Mateus, 2 anni. Per due<br />

volte ho avuto gemelli, nel primo e nell’ultimo parto, ma una figlia è deceduta<br />

quando aveva pochi giorni. La gravidanza <strong>di</strong> Marco e Mateus è stata molto<br />

complicata. Ho sofferto <strong>di</strong> leptospirosi, una malattia trasmessa dai topi. I bimbi sono<br />

nati prematuri e sono stati ricoverati in rianimazione. Sono usciti dall’Ospedale solo<br />

dopo due mesi. Li ho riportati a casa da sola. Quando sono arrivata ed ho guardato<br />

tutti i miei figli - ora anche i gemellini - non sapevo cosa fare!! Non avevo un lavoro,<br />

vivevamo solo con l’aiuto del sussi<strong>di</strong>o che il governo concede alla famiglie più<br />

povere che era <strong>di</strong> R$ 95,00 ( 30 euro circa) e mantenevo da sola i miei figli.<br />

Non posso neanche ripensare a tutto ciò. È stato molto <strong>di</strong>fficile. Dopo un mese e<br />

mezzo che mi trovavo in questa situazione, ho sentito parlare dell’Opera Educativa,<br />

dove avrei potuto iscrivere i miei figli e così lavorare. Ho preparato i miei figli, ho<br />

messo i gemellini nel passeggino che mi aveva dato in prestito la mia mamma ed<br />

ho cominciato ad affrontare le salite. Quando sono arrivata all’Opera, il portinaio<br />

Geraldo, un signore molto buono, mi ha informato che le iscrizioni si sarebbero<br />

effettuate il giorno successivo e mi ha consigliato <strong>di</strong> arrivare molto presto. Ricordo<br />

ancora il suo sguardo nel chiedermi: “Tutti questi bambini sono tuoi?”. Gli ho<br />

risposto <strong>di</strong> sì e lui è rimasto sconvolto.<br />

Il giorno dopo mi sono alzata all’alba e sono tornata all’asilo con la speranza che<br />

accadesse qualcosa <strong>di</strong> positivo. Ho avuto subito l’opportunità <strong>di</strong> conoscere <strong>Rosetta</strong><br />

e le assistenti sociali Elma e a Patrícia. Mi hanno accolto come se mi conoscessero<br />

da sempre e sono rimaste affascinate dai miei figli. Anche loro hanno avuto una<br />

reazione <strong>di</strong> sorpresa nel vedere i bimbi e mi hanno chiesto se fossero tutti miei. Ho<br />

confermato e spiegato che ero lì proprio per iscriverli all’asilo. Ho raccontato che me<br />

n’occupavo da sola ed avevo urgente bisogno <strong>di</strong> lavorare. Ho parlato molto con<br />

Elma e Patricia, che hanno messo i miei bambini in lista d’attesa, spiegandomi che<br />

in quel momento purtroppo non c’era <strong>di</strong>sponibilità <strong>di</strong> posti. Mi hanno detto che<br />

sarebbero venuti a trovarmi a casa. Ero molto triste e preoccupata.<br />

Dopo una settimana, ho avuto una grande sorpresa: sono venute veramente a casa<br />

mia!! Non ci potevo credere! Ma il bello doveva ancora venire; erano venute, infatti,<br />

per avvisarmi che dal giorno dopo avrei potuto portare i due gemelli Marcos e<br />

Mateus all’asilo. Ero felicissima! Tra l’altro dopo poche settimane anche gli altri miei<br />

figli hanno potuto cominciare a frequentarlo.<br />

L’unica cosa che posso <strong>di</strong>re è che l’incontro con queste persone ha dato un senso<br />

nuovo alla mia vita. La convivenza con loro fa bene sia a me sia ai miei figli. Qui i<br />

12


miei figli, giocano e corrono, imparano a cantare ed a fare molte altre cose. E la<br />

cosa più importante è che sono trattati con affetto, amore e molto rispetto.<br />

Considero tutti quelli che lavorano qui come se fossero la mia famiglia, perché mi<br />

hanno accolto veramente.<br />

È come se avessi ricominciato la mia vita perché ora ho persone molto speciali che<br />

mi aiutano ogni giorno, quando sbaglio mi correggono mi elogiano invece, quando<br />

faccio bene. Patrícia, Elma e <strong>Rosetta</strong> sono cosi.<br />

Sono stata invitata a trascorrere un periodo all’asilo ed ho visto con i miei occhi che<br />

i nostri bambini sono trattati veramente con grande cura ed amore. Io ed ogni<br />

mamma possiamo far parte <strong>di</strong> questa famiglia, è un luogo dove anche noi possiamo<br />

stare bene e collaborare. Questo è molto gratificante!<br />

Ho avuto anche la possibilità <strong>di</strong> conoscere gli altri asili dell’Opera ed ho subito<br />

percepito che il modo <strong>di</strong> trattare le persone è lo stesso. Mi hanno colpito molto le<br />

cuoce che preparavano una semplice pietanza con molta de<strong>di</strong>zione e passione!<br />

Ho vissuto un’altra bellissima esperienza, quando sono stata invitata a partecipare<br />

ad una gita organizzata per i genitori. Incre<strong>di</strong>bile! Un momento particolarmente<br />

significativo è stato quando è arrivato un gruppo <strong>di</strong> musicisti, amici <strong>di</strong> <strong>Rosetta</strong>, che<br />

hanno cantato e suonato provocando una grande emozione in molte persone.<br />

Abbiamo giocato e mangiato insieme. Non ho parole per descrivere una tale<br />

bellezza.<br />

Non posso far altro che ringraziare questa famiglia che ho incontrato. Ho conosciuto<br />

anche meravigliosi amici italiani, persone affettuose che porto nella mente e nel<br />

cuore: Ebe, Chiara, Eleonora, Fabrizio, Giulia, Stefano, Marco e molti altri. Tra loro,<br />

una molto speciale, amorevole, generosa, sincera, semplice, bella e severa quando<br />

ce n’è bisogno: <strong>Rosetta</strong>, a cui sono molto grata. Quando ho qualche problema,<br />

questi amici mi stanno vicino come se quei problemi fossero i loro.<br />

Come si cambia, quando si comincia a far parte <strong>di</strong> questa famiglia!<br />

Elma (a sinistra)<br />

a casa <strong>di</strong> Ana<br />

Eliza per la prima<br />

volta insieme ai<br />

gemellini Marco<br />

e Mateus<br />

13


“COSA IL TUO CUORE TI DICE DI FARE ?”<br />

Mi chiamo Lílian ho 24 anni e 4 figli, la mia storia può succedere a chiunque, ma<br />

non lo augurerei a nessuno. Quando avevo 15 anni ho conosciuto Eduardo, padre<br />

dei miei figli; a quei tempi lui aveva 19 anni e l’ ho incontrato ad una festa a casa <strong>di</strong><br />

mia cugina. A 16 anni sono rimasta incinta del mio primo figlio Leonardo, ero molto<br />

felice perché mi sentivo realizzata come donna, ma non ho pensato alle<br />

conseguenze. Ho smesso <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>are con gran <strong>di</strong>sperazione della mia mamma che<br />

ci ha obbligato a sposarci civilmente; siamo andati ad abitare a casa dei miei<br />

genitori. In seguito ho avuto altre due figlie Emily e Gabriely, ma a casa loro non<br />

c’era posto per così tante persone perciò mio marito chiese a suo padre il permesso<br />

<strong>di</strong> stare in un locale della sua casa che lui usava per tenere la spazzatura. Mio<br />

marito ha pulito il locale, ha fatto il pavimento; siamo venuti ad abitare nel quartiere<br />

Felicidade, nel lotto <strong>di</strong> mio suocero e questo luogo è <strong>di</strong>ventata la nostra <strong>di</strong>mora.<br />

Un giorno sono andata in un ambulatorio pubblico per mettere la spirale; dopo otto<br />

mesi circa sono rimasta incinta del mio quarto figlio ed il me<strong>di</strong>co mi ha spiegato che<br />

la spirale si era spostata. Quando l’ho riferito a mio marito è impazzito e non lo<br />

voleva assolutamente; allora ho cercato conforto in mia suocera, ma anche lei mi ha<br />

detto che dovevo abortire. Insomma tutti mi <strong>di</strong>cevano <strong>di</strong> abortire, la mia famiglia, i<br />

miei amici ecc, ma io non avevo il coraggio <strong>di</strong> fare una cosa così malvagia al mio<br />

bambino. Quando sono rimasta incinta era un momento molto <strong>di</strong>fficile, mio marito<br />

era <strong>di</strong>soccupato, io lavoravo come donna delle pulizie e chiudevo i miei figli in casa;<br />

mio marito usava droga e il nostro matrimonio era in crisi.<br />

È stato in quel momento che mi sono ricordata <strong>di</strong> Elma, assistente sociale dell’asilo,<br />

che mi aveva ricevuto la volta che ero andata a chiedere un posto per i miei figli.<br />

Nonostante non ci fosse <strong>di</strong>sponibilità per loro, ricordo che mi ha accolto con un<br />

affetto che mi ha colpito molto. Per questo ho deciso <strong>di</strong> cercarla, ero <strong>di</strong>sperata e lei<br />

è stata la luce che ha illuminato la mia vita. Quando le ho raccontato tutto, mi ha<br />

chiesto: “Ma cosa significa un figlio per te? Cosa il tuo cuore ti chiede <strong>di</strong> fare?”. Io<br />

ho pianto molto ed ho pensato: “Ma come posso avere dubbi se uccidere o non<br />

uccidere un figlio?”. Elma è stata l’unica persona che mi ha sostenuto nel<br />

continuare a dare vita a mio figlio. Lo stesso giorno mi ha dato anche l’in<strong>di</strong>rizzo <strong>di</strong><br />

un luogo dove avrei potuto frequentare un corso ed imparare a fare artigianato per<br />

aiutare nelle spese <strong>di</strong> casa, là ho imparato a fare tappeti con pezzi <strong>di</strong> stoffa.<br />

Sono andata contro tutto e tutti ed ho deciso <strong>di</strong> tenere mio figlio, sembra quasi che<br />

Dio mi abbia “premiato” per la scelta che ho fatto, perché da quel giorno sono<br />

accaduti molti miracoli nella mia vita.<br />

14


Poco dopo, infatti, mi hanno cercato dall’asilo perché c’era posto per i miei figli, qui<br />

mangiano all’ora giusta mentre prima pativano la fame. Un giorno, prima che i miei<br />

figli cominciassero a frequentare l’asilo, sono andata insieme a loro nella <strong>di</strong>scarica,<br />

dove spesso mi recavo, per raccattare materiale riciclabile che poi rivendevo e resti<br />

<strong>di</strong> cibo. Ho incontrato là un agente sanitario che mi ha denunciato al Tribunale dei<br />

Minori perché mi trovavo in un luogo inadeguato per i miei figli. Quando gli<br />

assistenti sociali del tribunale mi hanno cercata, ho spiegato loro la mia <strong>di</strong>fficile<br />

situazione e mi hanno capita, ma mi hanno detto che non sarei mai più potuta<br />

tornare alla <strong>di</strong>scarica.<br />

Non ci sono più tornata, ma i miei figli non si sono mai <strong>di</strong>menticati <strong>di</strong> quel posto. Un<br />

giorno sono andata nella via principale del nostro quartiere, dove sono i negozi e<br />

sono passata vicino ad un fiumiciattolo che è sempre pieno d’immon<strong>di</strong>zia e c’erano<br />

molti avvoltoi. Mio figlio ha gridato: “Guarda mamma, noi abbiamo vissuto insieme<br />

agli avvoltoi!!”. Mi sono vergognata moltissimo per la reazione scandalizzata delle<br />

persone che si trovavano lì.<br />

Ho già vissuto molte cose brutte, ma, a partire dall’incontro con Elma, ho cominciato<br />

a desiderare una vita bella e <strong>di</strong>gnitosa insieme a mio marito ed ai miei figli. Ho<br />

aiutato Eduardo ad uscire dalla droga, ora lavora presso una fabbrica <strong>di</strong> vestiario e<br />

riesce a mantenere le spese necessarie alla nostra famiglia e non ho più bisogno <strong>di</strong><br />

andare alla <strong>di</strong>scarica per raccattare cibo e materiale riciclabile.<br />

Un altro passo significativo è accaduto dopo la nascita del mio quarto figlio: ho<br />

cominciato ad avere stima <strong>di</strong> me perché prima non mi importava del mio aspetto,<br />

non mi pettinavo né mi interessava vestirmi con abiti belli e pensavo <strong>di</strong> essere nata<br />

per essere così. Ora, soprattutto dopo la nascita <strong>di</strong> Leandro Gabriel e dei nuovi<br />

amici che mi sono fatta all’asilo che mi aiutano ad essere felice, mi piace pettinarmi,<br />

essere curata, ed anche se i vestiti li compro al mercatino dell’usato, vado sempre<br />

ben or<strong>di</strong>nata.<br />

Grazie agli amici dell’asilo ho una vita più serena e felice. Grazie a tutti quelli che mi<br />

hanno aiutato ad aprire gli occhi alla vita!!<br />

Lilian (a sinistra)<br />

insieme all´educatrice<br />

Natalia ed ai quattro<br />

figli, da sinistra:<br />

Emily, Leonardo,<br />

Leandro e Gabriely<br />

15


“TU SEI UNA GRANDE DONNA”<br />

Mi chiamo Lourdes e lavoro come educatrice all’asilo nido. Ho conosciuto questa<br />

Opera nel 1993, periodo in cui praticamente è cominciata la mia battaglia. In questo<br />

stesso periodo ero stata abbandonata da mio marito che mi aveva lasciato con tre<br />

figli ancora piccoli. Siamo rimasti senza un luogo in cui abitare perché pagavamo<br />

l’affitto della baracca in cui stavamo e quando lui se n’è andato ha lasciato l’affitto<br />

arretrato.<br />

La proprietaria, venuta a conoscenza del suo abbandono e della mia<br />

<strong>di</strong>soccupazione, ci ha messo in strada il giorno dopo. Per questo sono stata<br />

costretta ad abitare ospite a casa dei miei fratelli, ma avevo un gran desiderio che i<br />

miei figli frequentassero un asilo. Avevo bisogno <strong>di</strong> trovare un lavoro con urgenza e<br />

non volevo <strong>di</strong>pendere da nessuno per alimentare e per educare i miei figli.<br />

Desideravo lottare per la vita dei miei bambini con tutta la forza e la fede che mi<br />

rimanevano.<br />

Il giorno in cui i miei figli sono entrati all’asilo ero estremamente felice e grata. Di<br />

fronte alle <strong>di</strong>fficoltà che affrontavo nella mia vita, le persone dell’asilo mi hanno<br />

invitato a trascorrere un periodo con loro.<br />

Il mio primo giorno non stavo nella pelle dalla gioia, sentivo che nell’entrare all’asilo<br />

ero abbracciata da Qualcosa <strong>di</strong> molto più grande <strong>di</strong> me. Avevo la sensazione che<br />

tutta la mia sofferenza e le mie <strong>di</strong>fficoltà fossero rimaste fuori dal cancello, perché<br />

era come se qualcuno mi aiutasse a portare la mia croce e la rendesse, così, molto<br />

più leggera.<br />

Per questo motivo mi sono innamorata dell’Opera dal primo istante, era tutto molto<br />

bello, organizzato, or<strong>di</strong>nato e pulito, mi sembrava come se mi si aprisse davanti un<br />

mondo a me totalmente sconosciuto. Il mio primo contatto con <strong>Rosetta</strong> mi ha<br />

segnato profondamente, perché nel vederla sono rimasta senza parole, non sapevo<br />

cosa <strong>di</strong>re e come ringraziarla. Lei mi è venuta incontro, mi ha abbracciato e mi ha<br />

detto: “Tu sei una grande donna”. Dopo quest’incontro, io non sono mai più stata la<br />

stessa, perché nessuno mi aveva mai detto una cosa del genere, abbracciato per<br />

tutto quello che ero, senza neanche conoscermi. Mi sono sentita accolta ed ho<br />

cominciato a capire il mio vero valore.<br />

Da quel momento ho cominciato ad amare i miei figli e le persone che facevano<br />

parte della mia vita in un modo <strong>di</strong>verso, abbracciandoli come io ero stata<br />

abbracciata.<br />

Lavoro in quest’Opera da 16 anni e a volte ho l’impressione <strong>di</strong> amarla più della mia<br />

stessa casa. Lavoro con i bimbi da 0 a 1 anno e sei mesi, mi piace molto ciò che<br />

16


faccio, perché stare con loro è l’occasione <strong>di</strong> scoprire tutti i giorni la mia vera<br />

umanità.<br />

Oggi mio figlio più grande, Gilberto, ha 23 anni, mia figlia Cicera 21 ed il più piccolo<br />

ne ha fatti 18. Sono orgogliosa <strong>di</strong> guardarli e vedere che sono riuscita ad educarli a<br />

seguire il bene. So che non ho fatto niente da sola e non è stato merito mio,ma è<br />

stato grazie all’incontro con queste persone che realmente hanno uno sguardo<br />

<strong>di</strong>verso verso l’altro, uno sguardo che abbraccia tutto, senza lasciar fuori niente.<br />

Dico sempre ai miei figli che non voglio che il giorno in cui il Padre mi chiamerà<br />

piangono, perché tutto ciò che mi ha dato l’ ho amato e me ne sono presa cura con<br />

tutta me stessa, non ho rifiutato la battaglia, ho sempre lottato e mi sento realizzata<br />

e felice. Sono eternamente grata <strong>di</strong> tutto ciò che ho ricevuto.<br />

17


PRIMA NELL’OPERA, ORA PER L’OPERA<br />

- Taísa<br />

Mi chiamo Taisa, ho 20 anni e da quando ne ho 3 sono nell’Opera. Mi basta<br />

chiudere gli occhi che mi posso rivedere arrivando con il mio gemello Thiago. Ogni<br />

giorno era una festa e morivo d’impazienza per poter partecipare ai giochi ed alle<br />

attività. Quasi rivedo la maestra Neide che ci aspettava sulla porta. Ho molta<br />

nostalgia del tempo in cui il motivo dei miei litigi con Thiago era sapere chi avrebbe<br />

dormito vicino alla maestra Marta. La poveretta non sapeva cosa fare e l’unica<br />

soluzione che ha trovato è stata farci alternare i giorni. Questo è uno dei ricor<strong>di</strong> che<br />

mi porto dentro fino ad oggi.<br />

Quando ho compiuto sei anni ho cominciato a frequentare la scuola e così non<br />

potevo più trascorrere tutta la giornata all’asilo. Trascorrevo la mattina qui con la<br />

maestra Neide e nel pomeriggio andavo scuola. Tutto questo è stato possibile<br />

perché <strong>Rosetta</strong> è riuscita ad aprire altre due classi e noi siamo potuti rimanere nel<br />

doposcuola che più tar<strong>di</strong> è <strong>di</strong>ventato il Centro Alvorada. È stato un periodo molto<br />

bello della mia vita. Ho imparato molte cose e convissuto con persone speciali che<br />

si preoccupavano del nostro destino, a cominciare da <strong>Rosetta</strong>.<br />

Una delle cose che c’è sempre stata insegnata è considerare L’Opera come se<br />

fosse nostra e <strong>di</strong>ventarne protagonisti. In questo senso aiutare in piccoli compiti<br />

quoti<strong>di</strong>ani era un modo <strong>di</strong> affermare che sentivo questo luogo come mio. Aiutare la<br />

cuoca Silvana nella pulizia della cucina, per me significava <strong>di</strong>re “si” alla parte che mi<br />

spettava nella cura dell’Opera.<br />

È sorta l’opportunità <strong>di</strong> lavorare insieme a Gilmara, la <strong>di</strong>rettrice, facendo fotocopie<br />

Ne sono stata molto felice ed ho accettato subito, perché ho sempre avuto un<br />

affetto molto grande per lei, tanto che io e la mia amica Tatiane ci contendevamo<br />

sempre la sua attenzione.<br />

Quando ho cominciato a lavorare avevo 14 anni e non ero ancora abbastanza<br />

matura per il mondo del lavoro, credevo fosse tutto un gioco. È stato con Gilmara<br />

che ho imparato tutto quello che adesso so sul lavoro. Mi ricordo ancora la pazienza<br />

che aveva nel spiegarmi il modo <strong>di</strong> fare le cose. Mi riprendeva sempre per il fare<br />

giocherellone ed io le promettevo che sarei migliorata.<br />

A 17 anni sono rimasta incinta <strong>di</strong> mio figlio Artur che ora ha 3 anni. Ai tempi non<br />

sapevo cosa fare, né da chi andare. Avevo paura <strong>di</strong> deludere le persone che mi<br />

amavano, a cominciare dalla mia mamma e da Gilmara. Per tutto quello che stava<br />

accadendo nella mia vita, ho cominciato ad incolpare Dio e mio figlio.<br />

18


Volevo abortire a qualsiasi costo, pensando così <strong>di</strong> rime<strong>di</strong>are al mio errore, ma con<br />

l’aiuto della mia amica Simone, ho pensato bene ed ho deciso <strong>di</strong> tenerlo e <strong>di</strong><br />

raccontarlo a mia mamma che ha pianto molto. Dirlo a Gilmara, poi, è stato ancora<br />

più <strong>di</strong>fficile, perché sapevo che sarebbe stata molto delusa dal mio comportamento.<br />

Ha sofferto, ma è stata una compagnia solida ed accogliente.<br />

Quando ero al settimo mese <strong>di</strong> gravidanza, Gilmara è deceduta in un modo<br />

totalmente inaspettato. La sua morte mi ha lasciato un gran vuoto ed è stato un<br />

colpo molto duro da superare. Nonostante il dolore della per<strong>di</strong>ta, questo mi ha fatto<br />

accorgere <strong>di</strong> molte cose, fra cui la più importante era la serietà che avrei dovuto<br />

avere verso la mia vita, mio figlio ed il mio lavoro a partire da quel momento.<br />

Oggi ho delle gran<strong>di</strong> certezze nella mia vita: la felicità <strong>di</strong> mio figlio che cresce forte e<br />

sano, il mio lavoro, che ora è d’educatrice, che mi fa crescere quoti<strong>di</strong>anamente<br />

come persona e l’aver incontrato in questo cammino persone che mi hanno aiutato<br />

e che lo hanno segnato per sempre. Sono grata a Dio <strong>di</strong> essersi servito <strong>di</strong> queste<br />

persone come strumento per cambiare la mia vita e la vita <strong>di</strong> tanti bambini che oggi<br />

fanno parte <strong>di</strong> questa storia.<br />

In alto Taisa con la<br />

maglietta rossa ad 8 anni<br />

ed a destra ai giorni d´oggi<br />

19


- Simone<br />

Ripensare alla storia della mia vita e accorgermi che per un si detto un giorno tutto<br />

sarebbe cambiato, mi fa venire i brivi<strong>di</strong>.<br />

Sono entrata all’asilo quando avevo 4 anni. Mia mamma ai tempi beveva molto e<br />

non sempre ci accompagnava. Ricordo come se fosse ora, l’allora <strong>di</strong>rettrice Silvana,<br />

che veniva a prenderci tutte le volte che non ci vedeva arrivare. Mi sono fatta molti<br />

amici ed ho imparato molte cose.<br />

A volte penso quale sarebbe stato il mio destino se non avessi incontrato l’asilo, so<br />

che Dio si sarebbe preso cura <strong>di</strong> me ugualmente, ma sicuramente “ha molte cose<br />

da fare” e per questo chiede aiuto a persone come <strong>Rosetta</strong>, per prendersi cura <strong>di</strong><br />

molti come me.<br />

Adesso anche io faccio parte <strong>di</strong> questa storia, come educatrice e mi sento<br />

responsabile del destino <strong>di</strong> molti bambini, adolescenti e <strong>di</strong> tutte le persone che<br />

incrociano il mio cammino.<br />

Qui sono stata abbracciato per tutto quello che sono, con i miei lati positivi ed i miei<br />

limiti, per questo ogni giorno cerco <strong>di</strong> abbracciare i bambini allo stesso modo.<br />

Quando <strong>Rosetta</strong> mi ha proposto <strong>di</strong> lavorare facendo ciò che più mi piace, arte, ho<br />

pensato tra me e me: “ Che meraviglia, posso rimanere in un luogo che non avrei<br />

lasciato per niente al mondo!”<br />

Confesso che all’inizio non è stato facile per me: quei bambini che mi conoscevano<br />

appena, mi guardavano, aspettandosi con ansia qualcosa da me ed io che non era<br />

mai stata prima in una classe, non sapevo cosa <strong>di</strong>re.<br />

Ma ho subito percepito che non c’ era bisogno <strong>di</strong> fare cose eccezionali, si trattava<br />

solo <strong>di</strong> guardarli nello stesso modo in cui io sono stata e continuo ad essere<br />

guardata.<br />

Ogni bambino ha una storia alle spalle, alcune più dure <strong>di</strong> altre. L’ asilo è per molti il<br />

rifugio, sia dalla fame sia dalle aggressioni, insomma, dalla miseria umana. Per<br />

questo capisco, ora con più maturità, quanto questo luogo è importante.<br />

Ora lavorando con i bambini, vedo quanto sono cambiata. Percepisco ogni volta<br />

che sono in classe, che oltre ad educare sono educata a mia volta in tutti i momenti,<br />

dai bambini.<br />

Un bambino del centro educativo mi colpisce particolarmente, si chiama Jander, è<br />

brillante ma porta con sé una storia familiare molto pesante e complicata.<br />

Jander frequenta la 2° elementare e non sa né leggere né scrivere. Un giorno,<br />

quando è arrivato il momento <strong>di</strong> svolgere i compiti, ha chiesto <strong>di</strong> sedersi vicino a<br />

me. Ho spostato il suo banco <strong>di</strong> fronte al mio, ma lui ha insistito che voleva sedersi<br />

<strong>di</strong> fianco a me. Mi ha confidato che voleva imparare a scrivere in corsivo e gli ho<br />

passato alcune paroline da copiare. È impossibile descrivere il suo sguardo in quel<br />

20


momento. Per me è stata l’esperienza più bella che abbia mai vissuto con un<br />

bambino. Jander mi ha sorpreso, quando era il momento del gioco è rimasto in<br />

classe a fare gli esercizi, i compagni non potevano credere ai loro occhi. Jander non<br />

è mai riuscito a stare concentrato per molto tempo in un’attività.<br />

Era stupendo vederlo così impegnato. Quel giorno la mamma è venuta a prenderlo<br />

e ci ho tenuto molto ad esprimerle la mia meraviglia. Jander era lì ed anche lei è<br />

rimasta meravigliata dal mio racconto, si percepiva dal suo sguardo e dal suo<br />

sorriso <strong>di</strong>screto. Jander quel giorno si sentiva felice veramente.<br />

Quando ne combina qualcuna delle sue, gli chiedo: “Ma dov’è finito quel bambino<br />

brillante?”. Lui non si è mai <strong>di</strong>menticato <strong>di</strong> quel momento, come neanche io.<br />

Questo mi fa credere che quest’Opera è un posto veramente <strong>di</strong>verso, perché qui il<br />

metodo è un’amicizia, che per me è il fondamento d’ogni tipo <strong>di</strong> rapporto educativo<br />

che un essere umano può avere.<br />

Sono felice del mio lavoro e innamorata <strong>di</strong> quello che faccio! Ringrazio <strong>Rosetta</strong> e<br />

tanti amici che mi hanno dato e mi continuano a dare l’opportunità <strong>di</strong> fare questo<br />

meraviglioso cammino, pieno <strong>di</strong> speranza.<br />

In basso Simone da piccola<br />

insieme ad alcuni amici ed a<br />

destra ai giorni attuali nel<br />

laboratorio artistico.<br />

21


- Cicera<br />

Mi chiamo Cicera, ho 21 anni e sono entrata all’asilo nel 1993, quando ne avevo 4.<br />

Ero una bambina timida e triste. Avevo <strong>di</strong>versi problemi familiari ed economici ed ho<br />

incontrato in questo luogo persone che mi hanno abbracciato con tutto quello che<br />

portavo dentro <strong>di</strong> me, sostenendo la mia famiglia e soprattutto la mia mamma che<br />

era appena stata abbandonata da mio padre. Oltre a me, la mia mamma aveva altri<br />

due figli: Gilberto che aveva 5 anni e Paulo <strong>di</strong> 1 anno e quattro mesi.<br />

Il mio arrivo all’asilo ha significato la possibilità <strong>di</strong> cambiare la mia storia. Sono<br />

cresciuta accompagnata da molti amici speciali e dal sostegno a <strong>di</strong>stanza. Solo anni<br />

dopo sono riuscita a capire quanto fosse grande la generosità <strong>di</strong> queste persone<br />

che, anche se lontane, mi offrivano il loro aiuto.<br />

Quando è terminato il mio periodo all’asilo, <strong>Rosetta</strong>, preoccupata per il mio destino<br />

e per quello dei miei compagni, ha fatto sì che non ce n’andassimo. È riuscita ad<br />

aprire altre due classi grazie ad una donazione d’amici italiani perché rimanessimo<br />

in questo meraviglioso posto. È stato inaugurato il doposcuola che più tar<strong>di</strong> sarebbe<br />

<strong>di</strong>ventato l’attuale Centro Alvorada.<br />

Quando mi guardo in<strong>di</strong>etro mi commuove cogliere la preoccupazione e lo sguardo<br />

che <strong>Rosetta</strong> ha avuto verso <strong>di</strong> noi. In questa fase della mia vita ho avuto<br />

l’opportunità <strong>di</strong> convivere con vari educatori che avevano lo stesso sguardo verso il<br />

mio destino. Sono stata al centro Alvorada fino ai 15 anni, età in cui ho cominciato a<br />

partecipare al Progetto d’avviamento al lavoro “Jovem Trabalhador”, dove sono<br />

rimasta per due anni, facendo la mia prima esperienza <strong>di</strong> lavoro. Quando è<br />

terminato, ho ricevuto un contratto per lavorare dentro l’Opera. Inizialmente<br />

svolgevo semplici mansioni.<br />

Ora sono una delle responsabili del Sostegno a <strong>di</strong>stanza e sono felicissima del mio<br />

lavoro. Ho vissuto sulla mia pelle come sia importante la presenza <strong>di</strong> questi amici<br />

italiani nella nostra vita e desidero che tutti questi bimbi possano fare la stessa<br />

esperienza.<br />

Sono cosciente che è stato grazie a questo “abbraccio”, che ho ricevuto sin da<br />

piccolina, che ora ho l’opportunità <strong>di</strong> costruire la mia storia in modo bello e<br />

responsabile.<br />

22


Anche i miei due fratelli, cresciuti ugualmente qui all’asilo, hanno seguito una strada<br />

positiva ed ora sono onesti e lavoratori. Gilberto, il più grande fa l’Università e<br />

lavora in un’ONG <strong>di</strong> <strong>Belo</strong> <strong>Horizonte</strong>. Paulo, il più piccolo, lavora presso un’impresa<br />

<strong>di</strong> trasporto e sta per concludere gli stu<strong>di</strong>.<br />

Anche mia mamma, Lourdes, che lavora come educatrice qui al nido è stata accolta<br />

dalle persone dell’Opera 16 anni fa. Prima è riuscita ad avere un posto per i suoi<br />

figli e poi un lavoro che le ha dato maggiore <strong>di</strong>gnità.<br />

Quando avevo solo 6 anni, qui all’asilo mi hanno chiesto: “Perché sei felice?” ed io<br />

ho risposto imme<strong>di</strong>atamente: “Perché il cielo è azzurro, perché Dio esiste ed io mi<br />

fido <strong>di</strong> Lui”. Questa è la frase della mia vita.<br />

Cicera da piccola mentre<br />

impara a suonare la chitarra<br />

ed in basso nel suo ufficio.<br />

23


- Wemerson<br />

Mi chiamo Wemerson, ho 21 anni ed ora lavoro nell’Opera. Avevo 3 anni, quando la<br />

mia mamma è riuscita ad iscrivermi all’asilo. Si era appena separata da mio papà e<br />

si è vista sola con quattro bambini <strong>di</strong> cui prendersi cura, mia sorella Daiane era nata<br />

da poco. Io ero un bambino che piangeva molto ed avevo molti problemi.<br />

Anche se piccolo, mi sentivo solo ed abbandonato, sognavo un padre vicino su cui<br />

poter contare. Mio papà nel separarsi dalla mia mamma, si è separato anche da noi<br />

figli. Sola e con quattro figli da mantenere, mia mamma aveva bisogno <strong>di</strong> lavorare e<br />

quando è riuscita ad iscrivere me e mia sorella in asilo, è stata la nostra salvezza.<br />

L’ incontro con persone come Silvana e <strong>Rosetta</strong>, mi ha fatto sperimentare l’amore e<br />

l’affetto che il mio cuore tanto desiderava. Persone che non erano nemmeno miei<br />

parenti, mi guardavano e mi amavano nel modo in cui desideravo facesse mio<br />

padre. Sono cresciuto in quest’ambiente accogliente che mi ha aiutato a <strong>di</strong>ventare<br />

la persona che sono ora. Ho un temperamento <strong>di</strong>fficile, ma sono pienamente<br />

cosciente dell’importanza <strong>di</strong> queste persone nella mia vita.<br />

molte cose <strong>di</strong> questa professione.<br />

Ho fatto molti incontri lungo questo cammino e<br />

tutti hanno avuto un ruolo decisivo nella mia<br />

vita. Educatori come Neide, Vanda, Alírio,<br />

suor Eliane, Cleuza sono stati fondamentali<br />

per la mia crescita.<br />

L’ incontro con il professor Cleber mi ha<br />

aiutato a livello professionale. Ho cominciato<br />

come alunno nel laboratorio <strong>di</strong> falegnameria e,<br />

con il passare del tempo, lui mi ha insegnato<br />

Ho iniziato a lavorare nell’Opera, prima occupandomi della manutenzione e poi<br />

come aiutante <strong>di</strong> una persona che ha significato molto per me. Ho incontrato in<br />

Anderson, il padre che tanto desideravo. Per una sua richiesta sono stato assunto<br />

dall’Opera. Con il lavoro sono <strong>di</strong>ventato più responsabile e mi sono sentito più<br />

degno. Anderson è morto improvvisamente in un modo molto violento. È stato un<br />

grande shock e per un certo periodo mi sono risentito orfano. Gli amici dell’Opera<br />

mi hanno aiutato e mi hanno sostenuto nel vivere questo momento.<br />

Ancora devo imparare molto, ma so che molto <strong>di</strong> quello che sono adesso lo devo a<br />

tutte le persone che ho incontrato in questo luogo meraviglioso. E vedo in <strong>Rosetta</strong><br />

24


la persona che ha reso possibile l’esistenza <strong>di</strong> questo luogo fondamentale nella mia<br />

vita ed in quella <strong>di</strong> molti altri bambini.<br />

Wemerson da piccolo in cortile<br />

con i compagni<br />

ed in basso in un momento <strong>di</strong> lavoro<br />

25


La prima cosa che desidero comunicarvi è che ogni testimonianza che<br />

leggevo mi provocava un grande stupore <strong>di</strong> fronte alla loro esperienza, e<br />

vedevo descritto ciò che <strong>di</strong>ceva P.P. Pasolini “Se qualcuno ti avesse educato<br />

non potrebbe averlo fatto che con il suo essere, non con il suo parlare, cioè<br />

con il suo amore, o la sua possibilità d’amore.”<br />

Pur non conoscendovi tutti, era impossibile non sentirvi presenti in questi<br />

racconti perché, <strong>di</strong> fatto, siete collaboratori <strong>di</strong> una realtà cambiata, non solo<br />

per queste persone che hanno scritto ma anche per tutti i bambini e per le<br />

loro mamme.<br />

A ciascuno <strong>di</strong> voi il mio GRAZIE.<br />

Un grande abbraccio<br />

<strong>Rosetta</strong><br />

“Ultima ora”: quando avevamo quasi terminato la relazione,<br />

un giorno prima della data stabilita per l’invio in Italia, a causa<br />

<strong>di</strong> un forte temporale abbiamo avuto un problema al computer<br />

ed abbiamo perso il file. Abbiamo cercato Gilberto, ora tecnico<br />

d’informatica presso un’ONG brasiliana, che fino ai 16 anni è<br />

stato accolto all’Opera, che si è subito reso <strong>di</strong>sponibile<br />

nell’aiutarci. Se ora potete leggere questo libretto è grazie alla<br />

sua gratuità, che nasce, come ci ha spiegato, dalla gratitu<strong>di</strong>ne<br />

che ha per l’amicizia che continua tutt’ora con <strong>Rosetta</strong> e con<br />

alcune persone dell’Opera.<br />

Gilberto, il primo in basso da destra ai<br />

tempi in cui frequentava l’Opera e in<br />

alto ai giorni d’oggi.<br />

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