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Il pSc del comune di Ferrara
Sicurezza informatica
Recupero delle capriate del Teatro Boldini a Ferrara
pali di fondazione soggetti ad azioni orizzontali in campo statico e dinamico
competenze dei professionisti tecnici in materia di impianti tecnologici
a n n o 1 n u m e r o 2 - N S l u g l i o 2 0 0 7
ingegneri ferraresi
P e r i o d i co Tr i m e s T r a l e d e l l a Fo n d a z i o n e
o r d i n e d e g l i in g e g n e r i d e l l a Pr ov i n c i a d i Fe r r a r a
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D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) Art. 1, comma 1, Aut. nº 070034

L’In dice
ingegneri ferraresi
P eriodico d e l l a Fo n d a z i o n e d e l l ’or d i n e d e g l i in g e g n e r i d e l l a Provincia
d i Fe r r a r a c o n il Patrocinio d e l l 'or d i n e d e g l i in g e g n e r i
Franco Mantero, Silvio Stricchi,
Patrizia Carani
Fondazione dell’Ordine degli Ingegneri della Provincia di Ferrara
Presidente C.D.A. Dott. Ing. Silvio Stricchi
Segretario Dott. Ing. paolo Osti
Tesoriere Dott. Ing. Mauro Monti
Vice Presidente Dott. Ing. Marco Gatti
Pres. Rapp. Ist. Dott. Ing. Marco Bregna
Editore
Fondazione dell'Ordine
degli Ingegneri
della Provincia di Ferrara
Direzione e Redazione
corso Giovecca, 116
Tel. 0532 207126
Fax 0532 248746
fondazione@ordingfe.it
www.ordingfe.it
Il pSc del comune di Ferrara 1
Franco Mantero prime valutazioni e proposte dell'Ordine
degli Ingegneri
Rosario Russo Sicurezza informatica: i vantaggi
della centralizzazione di un sistema
informativo
Paolo Novi problematiche strutturali nell’intervento
di recupero delle capriate del Teatro
Boldini a Ferrara
Andrea Beccati pali di fondazione soggetti ad azioni
orizzontali in campo statico e dinamico
Domenico Chinello competenze dei professionisti tecnici
in materia di impianti tecnologici
Note per i collaboratori della rivista 32
Direttore
Marco Gatti
Coordinamento
Segreteria Editoriale
Gabriella Ferroni
Segreteria Editoriale
patrizia Tamburini
Silvia Stefani
Revisori Redazionali
Vincenzo Scida, piero Fiorini
Alessandro Bucci
Consiglieri Dott. Ing. Franco Mantero
Dott. Ing. patrizia carani
Dott. Ing. Luca Benini
Dott. Ing. patrizia Tamburini
Dott. Ing. Vincenzo Scida
Dott. Ing. piero Fiorini
Direttore Responsabile
Nicola Bianchi
Progetto Grafico
carlo Manzo
Stampa
Tipografia SATE - Via Goretti, 88 Ferrara
chiuso in tipografia il 14/09/2007
Stampato in 1.300 copie
Registrazione Tribunale di Ferrara
5/07 del 13/03/2007
Questa pubblicazione è inviata a tutti gli iscritti dell’Ordine degli Ingegneri della Provincia di Ferrara,
agli Enti Locali, alle Federazioni Regionali e al Consiglio Nazionale.
Gli articoli e le note firmate esprimono solo l’opinione degli autori e non impegnano nè l’editore nè la redazione.
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Il pSc del comune di Ferrara
Fr a n c o Ma n t e ro *, Silvio Stricchi **, Patrizia carani ***
* presidente dell’Ordine
** presidente della Fondazione
*** Vicepresidente dell’Ordine e
presidente della commissione
con la Legge Regionale 20/2000 “Disciplina generale sulla tutela e l’uso del territorio”, il sistema
della pianificazione territoriale è stato rinnovato nei contenuti e nelle procedure.
La novità di fondo consiste nella sostituzione del tradizionale strumento costituito dal piano
Regolatore Generale (pRG) con tre nuovi strumenti e precisamente:
- il piano Strutturale comunale (pSc), per delineare le scelte strategiche di assetto e sviluppo
del territorio;
- i piani Operativi comunali (pOc) ed il Regolamento Urbanistico Edilizo (RUE) per governare,
operativamente, le trasformazioni del territorio rispettivamente nel caso della città esistente e
del territorio rurale e nel caso di nuovi interventi di espansione o di riqualificazione.
Il comune di Ferrara ha da qualche anno avviato l’iter per la redazione del nuovo piano Strutturale
e recentemente ha intrapreso il percorso della adozione con l’obiettivo di concluderlo entro
luglio 2007, comunque in tempi brevi.
L’Ordine e la Fondazione dell’Ordine Ingegneri hanno istituito una commissione di Studio, che
si riunisce regolarmente da febbraio, con il preciso obiettivo di esaminare i documenti e gli elaborati
che costituiscono la bozza di pSc per evidenziare e discutere le problematiche connesse.
A sintesi degli approfondimenti svolti è stato elaborato il documento di seguito riportato.
Si ringraziano i colleghi paolo Ascanelli, Alessio Benini, Alessandro Bondesan, Marco Bregna,
Fabio Busolli, Liliano cavallari, Massimo chiarelli, Alessandro Farinella, Michele Fergnani, Nicola
Forlani, Giorgio Forti, Stefano Franceschini, Alessio Galletti, Dario Gatti, Francesco Guaraldi,
Francesco Mascellani, Roberto patitucci, Valeria Virgili, Davide Vitelletti per la preziosa
collaborazione.
prime valutazioni e proposte dell’Ordine degli Ingegneri
Fr a n c o Ma n t e ro *
* presidente dell'Ordine degli
Ingegneri della provincia di Ferrara,
Ingegnere libero professionista
L’Ordine e la Fondazione degli Ingegneri della provincia di Ferrara hanno istituito una commissione
di Studio per l’esame della bozza di pSc del comune di Ferrara che l’Amministrazione ha
in programma di adottare entro l’estate.
Dopo alcuni mesi di lavoro, che ha registrato anche il contributo di esperti e consulenti esterni
all’Ordine, la commissione ha elaborato il presente documento che ritiene utile portare all’attenzione
dell’Amministrazione comunale e dell’opinione pubblica, al fine di dare il proprio
contributo al dibattito che, sia pure a fatica, si sta ultimamente avviando nella nostra città.
Il documento non entra volutamente nel merito delle scelte di assetto, sviluppo e tutela del
territorio operate dall’Amministrazione comunale, sulle quali ci riserviamo una successiva
valutazione quando saranno noti gli atti tecnici adottati.
con riferimento agli elaborati consegnatici dall’Amministrazione, abbiamo posto innanzi tutto
l’attenzione su problematiche di carattere generale e di impostazione metodologica con
riferimento ai vari livelli di pianificazione previsti dalla LR 20/2000 e alle relative procedure di
approvazione.
1

Su tali punti si ritiene indispensabile una riflessione approfondita prima dell’avvio di un percorso
che potrebbe rivelarsi più accidentato del previsto, vanificando, così, gli obiettivi di fondo dei
nuovi strumenti, apprezzabili e condivisibili, in quanto tendono al superamento di tutte le questioni
giuridiche ed economiche che hanno posto in crisi il vecchio modello regolativo, quali:
- disparità di trattamento, inevitabile conseguenza delle diverse destinazioni urbanistiche delle
aree;
- carenza di fondi per la costruzione della città pubblica;
- conseguente decadenza quinquennale dei vincoli urbanistici preordinati all’esproprio, con
obbligo di indennizzo in caso di reiterazione dei medesimi (sentenza della corte costituzionale
20/05/1999 n. 179).
Le considerazioni di seguito riportate si sviluppano su quattro punti fondamentali: il primo
relativo alla chiarezza e immediatezza di comprensione del piano, il secondo ed il terzo, strettamente
correlati tra di loro, riguardanti rispettivamente i tempi di approvazione e il problema
della salvaguardia, e l’ultimo che prende in considerazione l’eccessivo livello di definizione delle
tavole del pSc.
1. Il nuovo modello di pianificazione urbanistica indicato dal legislatore regionale, basato su tre
differenti livelli e sulla perequazione delle aree, modifica pesantemente tutti gli scenari di riferimento
cui eravamo abituati, con forti conseguenze anche nei riguardi della comprensione degli
strumenti.
per prima cosa dobbiamo rilevare, purtroppo, come l’approccio alla nuova disciplina non sia stato
favorito dal modo in cui sono stati, fino ad ora, proposti gli elaborati del piano Strutturale.
La chiarezza e la immediatezza di comprensione di tavole grafiche, relazioni e normativa sono
sempre auspicabili, in modo da evitare equivoci, dubbi e contenziosi nell’applicazione di uno
strumento urbanistico. Quando poi, come in questo caso, ci si trova di fronte ad una innovazione
così radicale, lo sforzo per facilitarne la comprensione avrebbe dovuto essere uno degli obiettivi
primari.
Invece, ci troviamo di fronte a troppe tavole senza una chiara enunciazione delle gerarchie e
delle differenti finalità.
Quei colori poi! così cromaticamente azzeccati, ma assolutamente incomprensibili e, quindi,
inadatti allo scopo.
La normativa in alcuni punti risulta troppo ermetica, mentre sarebbe invece necessario definire
con maggiore chiarezza ciò che si può e ciò che non si può fare in tutte le varie fasi.
Riteniamo, pertanto, sia assolutamente necessario uno sforzo per eliminare ogni dubbio di
interpretazione e rendere “amichevole” l’approccio al pSc di addetti ai lavori e cittadini (a tale
scopo potrebbe essere utile, tra l’altro, rendere possibile, almeno per via informatica, la sovrapposizione
delle diverse planimetrie ed il confronto con il vigente pRG).
2. In secondo luogo ci preoccupano fortemente i tempi di approvazione di pSc, pOc e RUE.
Dopo un periodo di elaborazione degli studi preparatori e dei vari documenti preliminari che ha
richiesto, forse inevitabilmente vista la grandissima mole di elementi e documenti raccolti, molti
anni di lavoro e dopo un lunghissimo periodo di presentazione e confronto a tutti i livelli (anche
se un vero dibattito non è mai veramente decollato, forse anche per le difficoltà di comprensione
prima evidenziate), pare ci si stia avviando al primo capolinea, rappresentato dalla adozione del
pSc da parte del consiglio comunale.
Una riflessione a questo proposito, però, è doverosa.
Se è opportuno, forse necessario, un periodo di approfondimento e discussione dopo l’adozione
del pSc, ci chiediamo quanto tempo dovrà trascorrere per dare concreta attuazione alla volontà
pianificatoria della Amministrazione con l’adozione di pOc e RUE, previa presentazione alla città
dei relativi documenti preliminari (documento degli obiettivi, bandi di gara ecc.).
Il livello ed il grado di elaborazione di tutto quello che viene dopo il pSc a che punto è? E se
anche tecnicamente si fosse a buon punto (come ci auguriamo, pur non avendo alcuna informazione
al riguardo), la volontà politica quale è? E come influirà su questi tempi la prossima
scadenza elettorale?
2

con l’adozione del pSc riteniamo necessario un preciso impegno politico sui tempi di approvazione
del pSc e degli altri strumenti sottordinati, che, in ogni caso, devono essere i più contenuti
possibile.
Riteniamo, infatti, potrebbe avere gravi conseguenze e controindicazioni un periodo eccessivamente
dilatato, in primo luogo sul mercato e sull’attività edilizia, ma anche sulla finanza locale e
sulla attuazione dei principi generali di sostenibilità ambientale e territoriale voluti dal legislatore
regionale.
Il pSc, infatti, non è uno strumento evanescente, di passaggio verso strumenti sott’ordinati, ma è
un primo livello di pianificazione che produce effetti giuridici, che crea vantaggi e svantaggi.
La sua concreta attuazione avviene però tramite i pOc, per cui lunghi tempi di attesa per l’approvazione
di questo secondo strumento, uniti alle comprensibili titubanze nei confronti delle
nuove modalità operative (perequazione), potrebbero produrre fenomeni di accaparramento
e dunque di monopolio, che comprometterebbero anche gli obiettivi su cui si fonda il nuovo
modello di pianificazione.
Da non trascurare anche possibili ripercussioni negative per la finanza locale sul piano fiscale
(leggasi applicabilità dell’IcI nell’incertezza sulla edificabilità di un’area prima dell’approvazione
del pOc, in quanto il pSc detta solamente previsioni conformative che non attribuiscono diritti
edificatori).
Nell’ipotesi, non remota, che il pSc ponga anche vincoli espropriativi, un eccessivo lasso di
tempo tra la sua approvazione e quella degli altri strumenti operativi gioca a sfavore dell’Amministrazione
comunale, che si troverebbe a veder scorrere inutilmente i termini per la decadenza
dei vincoli stessi, con tutte le conseguenze di maggiore onerosità per gli indennizzi da
corrispondere, nel momento della loro reiterazione per l’attuazione del cosiddetto “pOc. della
città pubblica”.
3. Dopo un primo momento di incertezza, è assodato come l’adozione del pSc, contenendo
previsioni conformative (vedi Ordinanza consiglio di Stato n° 5763/2006), faccia scattare le
cosiddette “misure di salvaguardia”, che, come ben sanno tecnici e amministratori, impongono
di sospendere ogni determinazione sulle pratiche edilizie che, pur se conformi al pRG vigente,
sono in contrasto con lo strumento adottato.
Quello della salvaguardia è un tema che la versione delle norme fino ad oggi resa nota, ha un
pò trascurato.
A vantaggio della chiarezza (ci ripetiamo) e per evitare ogni successivo contenzioso o disparità
di trattamento, deve essere specificato, meglio di quanto facciano oggi le norme ed al di là di
ogni ragionevole dubbio, quali previsioni normative e cartografiche vadano in salvaguardia, indipendentemente
che esse siano definite come indirizzi, direttive o prescrizioni. Se così non fosse,
potrebbe facilmente aprirsi un fronte dalle conseguenze imprevedibili anche per la sopravvivenza
dello stesso pSc, a seguito di possibili ricorsi al TAR. E non è certo interesse dell’Amministrazione,
ma neanche della città, che questo avvenga.
più è lungo il tempo in cui restano in vigore le misure di salvaguardia, più si fa concreto tale
rischio, sulla cui portata ed effetti non siamo in grado di fare previsioni anche a causa della disponibilità
di pochi esempi su cui discutere e confrontarsi, dato che, fino ad oggi, i comuni hanno
portato a termine sostanzialmente solo la pianificazione strutturale.
ci pare, peraltro, che la salvaguardia proposta dal comune di Ferrara non persegua l’obiettivo,
ex art. 12 comma 1 lettera a) della LR 20/2000, di impedire le trasformazioni urbanistiche del
territorio comunale che possono compromettere o rendere più gravosa l’attuazione delle
previsioni strutturali. Inoltre contrasta con il principio generale previsto dall’art. 5 comma 3
della stessa LR della contestuale realizzazione delle previsioni contenute nella pianificazione
territoriale ed urbanistica e degli interventi necessari ad assicurarne la sostenibilità ambientale
e territoriale.
Dilatare eccessivamente i tempi tra adozione di pSc e approvazione dei pOc avrebbe come
conseguenza inevitabile una corsa alla edificazione sulla base del pRG vigente, che vanificherebbe
gli obiettivi di mitigazione e compensazione ambientale e territoriale, imposti invece dal pSc,
compromettendone o rendendone più gravosa l’attuazione.
3

4. Un ulteriore elemento di riflessione è connesso al livello di definizione delle tavole di pSc
che ci è stato fino ad ora proposto.
pSc sta per piano Strutturale comunale: è lo strumento che deve definire le strategie e le scelte
“strutturali” della pianificazione territoriale e urbanistica di un comune.
E proprio in quanto strategiche e strutturali sono previsioni che devono andare ben oltre il
periodo di riferimento del vecchio pRG (si parla di 15 o 20 anni). Non possono, o meglio non
debbono, quindi essere contemplate scelte di dettaglio, proprie dei successivi livelli di pianificazione
che hanno uno scenario di riferimento temporale minore (cinque anni o anche meno), in
quanto devono tenere conto di molte variabili che si possono modificare rapidamente e, inoltre,
devono essere “concordate”, attraverso vari strumenti e modalità, con i privati e con il mercato.
Scelte di dettaglio che, tra l’altro, proprio con il modello perequativo sono di applicazione
estremamente delicata.
La bozza di pSc finora resa nota prevede tavole effettivamente strategiche e strutturali (3.2
“Ambiti” e 5.1 “Attuazione e gestione”), ma anche altre tavole (4.1 “Luoghi e azioni”) in cui si
sono volute dettagliare, a nostro modo di vedere inopportunamente, le scelte, riavvicinandoci a
un vecchio concetto di zonizzazione proprio del pRG e rischiando, così, di vanificare il concetto
stesso di perequazione (quando il comparto perequativo definisce esattamente la città pubblica
e quella privata per la “teoria dei giochi”, sapendo chi è il vincitore e il perdente, i proprietari
saranno meno propensi ad aderire alla perequazione; con più probabilità di rischio di fallimento
del nuovo processo pianificatorio).
peraltro in alcuni casi l’eccessivo dettaglio delle indicazioni ha introdotto anche il tema delle
“deroghe” (vedasi per esempio NTA art. 14 p.to 4) che se non debitamente approfondito, costituisce
apparentemente un varco su cui è possibile agire anche con discrezionalità. E’ necessario
disporre invece di uno strumento che non dia adito ad incertezze; uno strumento sulla base del
quale il tecnico possa fornire ai propri clienti risposte certe ed inequivocabili e possa garantire
la correttezza e il buon andamento dell’azione amministrativa.
Da una attenta lettura degli art. 28 e 30 della L.R. 20, emergono chiaramente contenuti e attribuzioni
che il legislatore affida rispettivamente a pSc e pOc.
Non si vuole certo dire che la norma non consenta l’impostazione che ha voluto dare l’Amministrazione
ai contenuti del pSc, bensì che il livello di definizione delle scelte cui giunge il pSc
di Ferrara non è espressamente richiesto dalla Legge Regionale e non pare opportuno, anche
perchè apre il fianco a tutta una serie di inconvenienti e pericoli già evidenziati.
ci pare che porre in adozione solo quelle tra le tavole predisposte che hanno effettivamente
un contenuto strategico e strutturale rappresenterebbe una scelta opportuna sotto molti punti
di vista e consentirebbe, tra l’altro, di arrivare in tempi brevissimi all’adozione del pSc senza
grossi problemi anche se poi il tempo che ci porterà alla approvazione di pOc e RUE dovesse
allungarsi fino alla prossima legislatura.
Il lavoro svolto relativamente alle tavole che non venissero poste in adozione, non sarebbe
stato comunque inutile perchè rappresenterebbe una opportuna verifica delle ipotesi di piano e
potrebbe ritornare estremamente utile nelle fasi successive.
per finire vorremmo rivolgere all’Amministrazione l’invito ad assumere un importante ruolo di
indirizzo e di controllo nella fase di applicazione pratica della nuova normativa, così da favorire
la familiarizzazione con le nuove modalità operative. Tale impegno potrebbe essere già recepito
ed esplicitato nelle NTA dove peraltro sarebbe opportuno integrare gli articoli dedicati alla
perequazione/compensazione e incentivazione con maggiori indicazioni, anticipando anche i
contenuti dei contratti tipo e manifestando l’impegno a valutare l’opportunità di predisporre
strumenti di gestione dei diritti edificatori sulla stregua di quanto già adottato in altre città.
Ferrara, luglio 2007
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Sicurezza informatica: i vantaggi della centralizzazione
di un sistema informativo
ro S a r i o ruSSo *
L’articolo vuole illustrare, alla luce delle nuove disposizioni di legge in materia di trattamento e protezione dei dati personali, i vantaggi
di una rete centralizzata e ben progettata. Vengono posti in evidenza i principali aspetti negativi della rete decentralizzata dipendenti
dalle peculiari caratteristiche della stessa e dai relativi oneri di gestione. L’analisi sottolinea come l’obbligo di rispettare la normativa
vigente in un sistema siffatto possa scontrarsi con la difficoltà di chi deve provvedere, su incarico del titolare, ad adeguare la rete e a
mantenerla tale nel corso del tempo.
Parole chiave privacy, sicurezza informatica
* Ingegnere dell’Informazione
Libero professionista, consulente
per la sicurezza informatica
Dal 1° gennaio 2004 è in vigore il D.Lgs. 196/03 (“codice in materia di protezione dei dati personali”),
che mette definitivamente in pensione l’ormai obsoleta legge sulla privacy (L. 675/96),
ampliandone gli obblighi da parte dei titolari del trattamento e specificando il compito che
rivestono le diverse figure che operano sui dati personali. pur essendo indubbio il vantaggio per
gli interessati, che vedono ora più tutelati i propri diritti di cittadini, meno evidente è quello di
chi deve ottemperare alle richieste di legge, cioè dei titolari del trattamento, che percepiscono
molto spesso l’obbligo normativo come un puro costo e nulla più.
Accantoniamo quindi momentaneamente la legge, per fare alcune considerazioni. Vedremo, nelle
conclusioni, che la realizzazione di una rete informatica particolarmente attenta alle problematiche
di sicurezza e di protezione dei dati consente di rispondere ai requisiti di legge automaticamente,
senza alcuna spesa aggiuntiva, ma con un enorme beneficio sulla flessibilità di gestione,
sull’utilizzo intelligente delle risorse disponibili e sulla semplicità d’uso.
Se la rete informatica è di dimensioni contenute (all’incirca meno di 4 o 5 pc), le informazioni digitali
non sono necessariamente conservate all’interno di un server centralizzato, ma distribuite
su varie macchine. con “informazioni digitali” intendo non soltanto i dati e i progetti dell’azienda
o del professionista, ma anche la posta elettronica con i rispettivi allegati, l’elenco dei link preferiti,
le annotazioni, la rubrica dei contatti, il calendario degli appuntamenti, ecc… Informazioni
che, se perse in seguito al guasto di un hard disk, sono praticamente irrecuperabili, a meno di
rivolgersi a ditte specializzate con costi quasi sempre proibitivi. In questa situazione, al titolare
non resta altro che far buon viso a cattiva sorte e assestarsi rapidamente dal colpo subìto.
Mi soffermo sull’analisi di una rete siffatta. La distribuzione dei dati su diverse macchine rende
improponibile un vero e proprio backup: finché si tratta di salvare la cartella dei documenti,
il tempo richiesto per quest’operazione è minimo, ma copiare manualmente da diverse parti
del disco fisso tutti i dati importanti, potrebbe diventare molto oneroso. Eppure, spesso non
si riflette sull’importanza del backup: l’hard disk è l’unico componente elettronico con parti in
movimento e quindi è soggetto ad usura più di ogni altro dispositivo. È anche assai delicato:
piccole sovratensioni possono danneggiare irrimediabilmente l’elettronica o comprometterne
il regolare funzionamento. Un urto al case mentre il disco è in funzione potrebbe far impattare
la testina di lettura/scrittura sul piatto in rotazione e danneggiare i dati memorizzati. Se poi il
danno riguarda alcuni settori del disco in cui sono conservati dati criptati, allora l’alterazione di
un solo bit rende inutilizzabile quell’area. Affidare l’ingrato compito di conservare informazioni
tanto vitali per un’azienda o per uno studio professionale unicamente ad un dispositivo così delicato
è quanto mai assurdo, a meno che non si mettano in atto serie politiche di salvataggio dei
dati. Nel caso di rete distribuita, ogni utilizzatore del pc dovrebbe provvedere ad effettuare un
backup: in questo caso, occorrono tanti dispositivi per la copia quanti sono i pc che contengono
dati: improponibile se le macchine sono più di qualche unità. A questo si aggiunge il problema
che, se le policy di sicurezza sono realizzate in maniera sommaria, il titolare del trattamento
rischia di imbattersi in situazioni spiacevoli, dovendo eventualmente dimostrare, nei casi sottoposti
ad indagine giudiziaria, di aver adottato tutte le misure necessarie, incluse quelle atte a
mitigare gli errori di distrazione dei propri collaboratori.
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L’utilizzo di sistemi di hard disk ridondanti (noti come RAID, Redundant Array of Indipendent Disks)
non sono una valida alternativa al backup. Infatti, sebbene questo accorgimento aumenti la disponibilità
dei dati in caso di guasto di un disco fisso, tuttavia non risolve il problema del furto,
dell’incidente (allagamento, incendio, …) e dell’errore umano – anche accidentale – rischi per i
quali la legge (art. 31) richiede espressamente una contromisura idonea.
La difficoltà di adeguare all’attuale normativa una rete decentralizzata è presto detta: è come
pretendere di trasformare un antico palazzo del centro storico rendendolo conforme alle
normative antisismiche oggi in vigore. Taluni imprenditori, per limitare (o eliminare del tutto) i
costi di progettazione della rete informatica aziendale, si limitano a realizzare un sistema che
può funzionare nell’immediato, ma che richiede negli anni un intervento massiccio, qualora si
rendesse necessario un ampliamento di funzionalità per nuove esigenze occorse. La visione “a
breve termine” è purtroppo una caratteristica tipica dell’imprenditoria italiana, ma questa – mi
si passi il termine – miopia è molto più evidente nel campo informatico, per diverse ragioni:
alti costi iniziali del solo materiale elettronico e cultura informatica spesso non all’altezza della
situazione.
Nella realtà italiana – e più in particolare nella nostra zona - le risorse informatiche sono
usate come strumento primario per la raccolta dei dati, vuoi per la semplicità d’uso, vuoi per la
comodità di mantenere archiviate grandi quantità di informazioni in poco spazio. ciò induce l’imprenditore
o il professionista ad affidare alla propria rete informatica le informazioni più delicate
ed importanti. con rammarico, però, constato che, pur riconoscendo una primaria importanza
a questa eccellente risorsa, l’azienda (o lo studio) non investe sufficientemente sulla protezione
dei propri dati, arrivando al paradosso che le informazioni più preziose sono conservate nella
risorsa per la quale si è cercato di investire il meno possibile o non abbastanza per il livello di
importanza che essa riveste.
Una rete distribuita - nel senso appena visto – ha altri svantaggi. L’azienda, nella sua difficile
battaglia di sopravvivenza nel mercato, deve lottare affrontando sfide sempre più ardue, prima
fra tutte la flessibilità. È impensabile al giorno d’oggi immaginare un’azienda che impieghi troppo
tempo a ricercare un file all’interno di un marasma di cartelle sparse in diverse macchine, o
indirizzi email all’interno delle varie rubriche dei pc, o a recuperare un’email all’interno delle
parecchie caselle di posta. La sfida che il mercato oggi ci propone è chiara: solo chi organizza
al meglio le proprie risorse interne vince la battaglia di sopravvivenza. La rete informatica deve
dimostrare le sue potenzialità in questo frangente, ossia nell’estrazione del dato, più che nel suo
inserimento. E qui la rete distribuita mostra tutti i suoi limiti: il dato da recuperare può essere
memorizzato ovunque, addirittura in copie multiple e in versioni differenti. Trovare il documento
desiderato in poco tempo diventa un’impresa scomoda e dispendiosa.
Ma allora quali sono i vantaggi di una rete centralizzata? Innanzi tutto, la gestione degli utenti
è realizzata su un’unica macchina (o su una serie di repliche di tale macchina). ciò si traduce
nella semplicità dell’operazione di sostituzione della password, la cui frequenza non può essere
superiore a 180 giorni in caso di trattamento di dati non sensibili e non giudiziari. Un importante
beneficio è dato dal fatto che qualora il computer normalmente utilizzato da un utente
dovesse improvvisamente guastarsi, l’utente non deve fare altro che posizionarsi davanti ad
un’altra macchina ed utilizzare le proprie credenziali di autenticazione per essere automaticamente
riconosciuto dal sistema, senza quindi venire a conoscenza delle password del collega
che occupa quella postazione. per sottolineare l’importanza della segretezza delle password, si
ricorda che la cassazione 1 (sentenza n° 19554 del 13/09/2006) ha recentemente confermato il
licenziamento di un dipendente di un’azienda che aveva comunicato le password di accesso al
sistema informatico aziendale ad un ex-collega. con questa sentenza, gli “ermellini” ci ricordano
che la segretezza delle password è fondamentale ed è alla base della sicurezza informatica.
come si può notare, il vantaggio ottenuto mediante l’adozione di un sistema informativo centralizzato
ci consegna gratuitamente l’adeguamento della rete alla normativa vigente. In aggiunta,
il backup può essere automatizzato e la ricerca di file, cartelle, email e quant’altro si effettua su
un’unica macchina o, al limite, su un numero molto limitato di macchine.
6

1 Licenziamento per comunicazione
password (http://www.
scintlex.it/notizia/223/51.html)
2 cfr. sentenza della cassazione2 ,
n° 149 del 22 novembre 2006, dep.
9 gennaio 2007 (http://www.penale.
it page.asp?mode=1&IDpag=403)
3 http://www.garanteprivacy.it/
garante/doc.jsp?ID=1387522
D’altra parte, il cambiamento del modus operandi aziendale potrebbe essere ben poco “digerito”
da chi è stato abituato a svolgere il proprio lavoro per anni in maniera differente. È quindi
imprescindibile dalla modernizzazione informatica un’adeguata istruzione di tutto il personale:
compito, tra l’altro, già previsto dalla stessa legge sulla privacy (punto 19.6 All. B). Gli incaricati
del trattamento, alla pari del titolare e dei responsabili, rappresentano, come in un unico corpo,
le varie membra dell’azienda: un errore commesso da uno di loro potrebbe compromettere tutti
gli investimenti e tutti gli sforzi compiuti dagli altri.
certamente, quanto fin qui osservato ha risvolti positivi sulla protezione del know-how aziendale.
Eppure c’è un’ulteriore conseguenza positiva derivante dalla centralizzazione. Questa volta a
trarne beneficio è il titolare stesso. Mi riferisco in particolar modo alla connessione ad Internet
e ai rischi che questa comporta quando l’utente si collega direttamente ad un sito Web esterno.
Diciamo subito che una policy ben fatta deve prevedere categoricamente la responsabilizzazione
del dipendente o del collaboratore che utilizza uno strumento aziendale: senza dubbio la fiducia
da parte dell’azienda verso il dipendente sta alla base dei buoni rapporti che devono intercorrere
tra le diverse gerarchie, eppure recenti studi mostrano che quasi il 70% degli attacchi subiti
dall’azienda proviene proprio dall’interno (da parte dei cosiddetti insider). Attenzione però a
valutare correttamente questo dato: un illecito infatti può essere commesso da un dipendente
o da un collaboratore o – perché no? – dallo stesso titolare in buona fede.
complice di questo fenomeno è l’incompleta (e talora inesatta) informazione divulgata dai media
nostrani. Di recente, tanto per citare un esempio 2 , la stampa ha divulgato la notizia secondo cui
è lecito scaricare materiale coperto dal diritto d’autore senza fini di lucro, omettendo di sottolineare,
però, che i fatti oggetto dell’attenzione della cassazione erano riferiti al 1999: dal 2000 ad
oggi sono almeno cinque le importanti modifiche alla legge sul diritto d’autore (633/41), inclusa
la Legge Urbani introdotta nel 2004, che prevede pene rilevanti anche solo a chi condivide, senza
autorizzazione, materiale protetto, pur senza fini di lucro. È quindi chiaro che, tratti in inganno
dall’inesatta interpretazione dei media, molti continueranno a scaricare dalla rete aziendale materiale
coperto dal diritto d’autore, convinti di non commettere alcun illecito, anzi, potrebbero
essere invogliati a iniziare a farlo.
Di certo, è difficile prevenire queste forme di cattiva informazione; tuttavia, il titolare che adotta
un proxy server all’interno della propria azienda può tenere sotto controllo le connessioni dati in
ingresso o in uscita, agendo sul file di configurazione del server stesso. In tale maniera, può rapidamente
proibire di scaricare file .mp3, evitare che siano visionati siti di svago in orario di lavoro,
proibire la connessione a siti pornografici e di suonerie per cellulari (veicoli molto spesso di
diffusione di pericolosissimi virus), di commercio on-line, di prenotazione viaggi (es. lastminute);
operando un ulteriore giro di vite, può consentire la navigazione in rete solo ai pc aziendali o
solo a quegli utenti che hanno un account valido presso la rete medesima; attraverso un antivirus
posto sul server stesso, può impedire la visualizzazione di pagine Web infette, interponendo un
ulteriore livello interno di controllo sul flusso di dati.
Un recentissimo provvedimento del Garante 3 prevede che il datore di lavoro non possa controllare
la navigazione Internet e la posta elettronica diretta al dipendente, imponendo che
siano adottati dei sistemi di filtraggio a monte della connessione. ciò è ottenibile utilizzando
un proxy server ed un firewall adeguatamente configurati: la protezione offerta da uno solo
dei suddetti dispositivi non appare infatti sufficiente a garantire, da una parte, il rispetto della
legge e, dall’altra, la tutela dell’azienda, la quale deve poter dimostrare la totale estraneità in caso
di rilevamento di illecito.
L’inserimento di simili strumenti all’interno della propria rete aziendale deve essere accompagnato
da adeguata modulistica. Infatti, il Garante dei dati personali pone ben definiti paletti,
primo fra tutti il diritto di riservatezza del lavoratore. Un provvedimento del Garante (provv. del
02/02/2006) ha infatti accolto la protesta di un lavoratore che era stato licenziato dal proprio
datore di lavoro, il quale lo aveva “pizzicato” mentre accedeva ad Internet senza autorizzazione
da un pc aziendale.
7

L’ufficio del Garante spiega che l’accoglimento della richiesta è stato dettato dall’assenza totale di
informativa al dipendente, che quindi veniva controllato a sua insaputa. Tra le righe del provvedimento
si evince che se il datore di lavoro avesse informato preventivamente ed esaustivamente
il lavoratore, concordando i metodi con le rappresentanze sindacali interne, l’azienda avrebbe
potuto far valere le proprie ragioni. Da ciò si deduce l’importanza che riveste la modulistica a
contorno delle scelte tecniche.
Un’ultima considerazione. È necessario prestare la massima attenzione al fatto che, in una rete
centralizzata, i dati potrebbero non più essere disponibili quando il server si guasta, dal momento
che esso rappresenta in quella rete un single point of failure. Naturalmente, la centralizzazione
dei dati e delle risorse deve avvenire tenendo sempre presente uno dei capisaldi della sicurezza
informatica: la disponibilità (availability) dei dati: da ciò discende la necessità di duplicare i server
(dati e servizi), adottando un sistema simile a quello illustrato nella Figura 1.b). È chiaro che le
scelte tecniche di come rinforzare una struttura di rete centralizzata saranno determinate dalle
richieste del cliente e dalla criticità dei servizi offerti dall’azienda.
co n c lu s i o n i
Un’infrastruttura di rete ben progettata permette ampliamenti alla stessa in maniera modulare,
con bassi costi futuri. In questo modo, il titolare può ad esempio adottare la tecnologia VoIp
(per telefonare a tariffe estremamente vantaggiose) con minimi costi di implementazione, ma
soprattutto – e questo è il vantaggio fondamentale – ha un risparmio notevole di tempo e quindi
di denaro, ottenendo in cambio l’adeguamento quasi automatico della propria rete informatica
alle disposizioni di legge.
8
Figura 1. La figura a) mostra una rete non
centralizzata. In questa configurazione, si
corre il rischio che i dati possano essere
replicati più volte sulle singole macchine.
Inoltre, alla navigazione su Internet non
può essere applicato alcun tipo di filtro
capace di impedire il download di programmi
o file protetti dal diritto d’autore,
né è attivabile un qualche altro tipo di
controllo. La figura b) mostra invece una
rete centralizzata ben progettata, in cui,
oltre alla centralizzazione dei dati e degli
utenti, la ridondanza del secondo server
garantisce la disponibilità dei dati e dei
servizi offerti dalla rete. La sincronizzazione
dei dati tra i due server si attua
attraverso un secondo canale dati, in
modo da non sovraccaricare la LAN di
traffico inutile.

problematiche strutturali nell’intervento di recupero delle
capriate del Teatro Boldini a Ferrara
Pao l o nov i *
Il lavoro ha preso in esame le problematiche strutturali dell’intervento di recupero e di messa a norma del “Complesso Boldini” a Ferrara,
con particolare riguardo al recupero delle strutture lignee di copertura e alla verifica della loro resistenza al fuoco in caso di incendio.
Parole Chiave consolidamento, capriate, antincendio, verifica
* Ingegnere civile ambientale
Premessa
Il lavoro, svolto dal Dott. paolo Novi sotto la direzione del prof. Ing. Maurizio Biolcati Rinaldi,
mette a fuoco i criteri di controllo della sicurezza delle tecniche realizzative negli interventi di
ristrutturazione dell’edilizia storica.
Lo studio riportato si riferisce in particolar modo all’esame delle capriate lignee della copertura,
alle indagini preliminari e specifiche resesi necessarie, nonché alle tecniche per il recupero e la
messa a norma.
veriFiche Preliminari
I primi sondaggi successivi allo smontaggio del controsoffitto della sala, hanno portato alla scoperta
di diciotto capriate “palladiane” risalenti al XV secolo; per alcune di esse è emersa una situazione
abbastanza grave: le murature in corrispondenza delle testate presentavano lesioni ed in qualche
caso la mensola e la catena risultavano staccate. Questo fenomeno può essere ricondotto almeno
in parte all’allentamento della cerchiatura metallica che tiene uniti la mensola, la catena e il puntone,
alla diminuita efficienza delle chiodature, all’indebolimento del legno, e quindi all’ossidazione del
metallo dei chiodi, e sicuramente al fatto che il carico sul muro ha una distribuzione triangolare,
con valore massimo sullo spigolo interno, facendo così ruotare la mensola rispetto alla catena.
Numerose teste delle capriate collocate all’interno della muratura sono risultate gravemente
deteriorate, e la superficie dell’appoggio risultava drasticamente diminuita. In queste condizioni
la pressione di schiacciamento si è trasferita sulla mensola causando il disassamento dei due
elementi, e quindi le microlesioni sulla muratura. Tale degrado risulta imputabile a fattori fisici
determinati da muffe, batteri e insetti, nonché da presumibili infiltrazioni di umidità, soprattutto
nella parete nord, ove il fenomeno interessava la quasi totalità delle testate.
Il continuo peggioramento della situazione ha reso necessario ed urgente l’intervento di recupero
illustrato di seguito.
an a l i s i aPProFondiTa d e l lo s TaT o d i c o n s e r va z i o n e
Al fine di individuare con precisione gli interventi e le tecniche per il consolidamento delle strutture
lignee, si è ritenuto opportuno effettuare una indagine polimetodologica a campione sulle
travi e sugli appoggi delle capriate, allo scopo di valutarne lo stato di conservazione.
In particolare sono state eseguite le seguenti operazioni:
- valutazione dell’ integrità corticale delle travi (VIT);
- misura del contenuto di acqua nelle travi (cAT);
- valutazione dell’ integrità del materiale ligneo degli appoggi (VIA);
- misura del contenuto d’ acqua nelle teste delle travi (cAA);
- indagine endoscopica nelle teste delle travi (IE).
A titolo di esempio si riportano di seguito i risultati delle analisi eseguite sulla capriata oggetto
della “pROVA 1”.
Pr o va1
Valutazione dell’integrità del materiale ligneo delle travi e in corrispondenza degli appoggi.
Misura del contenuto d’acqua nelle travi e nelle teste delle travi.
Indagine endoscopica nelle teste delle travi.
9

Valutazione dell’integrità del materiale ligneo in corrispondenza degli appoggi.
Misura del contenuto d’acqua nelle teste delle travi.
Integrità corticale:
10
prova 1/1 prova 1/2 prova 1/3
lato sala di proiezione lato pavimento lato palcoscenico
pessima, ritiri tangenziali,
nodi
pessima, nodi
Attacco xilofago: localizzato localizzato localizzato
Attacco fungino:
componente saprofaga
fungina presente in
maniera invasiva
componente saprofaga
fungina presente in
maniera invasiva
Tipologia del legno: conifera conifera conifera
pessima, ritiri tangenziali,
nodi
componente saprofaga
fungina presente in
maniera invasiva
Umidità: 22% - -
Valutazione dell’integrità del materiale ligneo delle travi.
Misura del contenuto d’acqua nelle travi.
Integrità corticale:
prova 1/1 prova 1/2 prova 1/3
lato sala di proiezione lato pavimento lato palcoscenico
buona, ritiri tangenziali,
nodi
buona, nodi
Attacco xilofago: localizzato localizzato localizzato
buona, ritiri tangenziali,
nodi
Attacco fungino: superficiale localizzato superficiale localizzato superficiale localizzato
Tipologia del legno: conifera conifera conifera
Umidità: 16% 15% 14%
Tecniche realizzaTive Per il recuPero
Alla luce dei risultati ottenuti delle analisi effettuate, si è convenuto di suddividere le diverse
situazioni di degrado in cui si trovano le testate delle travi, secondo la seguente classificazione:
- O stato di degrado molto leggero;
- AL stato di degrado leggero;
- ALL stato di degrado normale;
- B stato di degrado grave;
- c stato di degrado gravissimo.
La tecnologia di consolidamento che si ritiene più adeguata alla situazione riscontrata è quella
che prevede l’impiego di resina epossidica e di una armatura con barre antiscorrimento e a taglio
per la ricostruzione del traliccio di Morsch.

Foto 1/1, Posizione dell'appoggio della
prova 1
Foto 1/2, Indagine endoscopica sulla testa
delle travi, visuale a 0°. Matrice lignea con
decoesioni (profondità 7 cm)
L’intervento si articola come di seguito descritto e prevede l’esecuzione delle seguenti lavorazioni:
1) puntellamento di sicurezza delle teste di capriata che consiste in: a) puntellamento di ciascuna
capriata in prossimità dell’appoggio; b) puntellamento e fissaggio della catena con il puntone
mediante l’inserimento di opportuni cunei e fasce metalliche, per impedire lo scorrimento orizzontale
del puntone e nel fissaggio sulle facce laterali delle catene e dei puntoni di tavole lignee
morsettate e controventate, per impedire lo sbandamento laterale degli elementi;
2) messa in luce delle testate: consiste nella demolizione delle velette di malta e canniccio e nella
smuratura ai lati e al di sotto delle capriate, nell’innesto alle murature, per portare a completa
vista la testata lignea ed il cordolo;
3) eliminazione di tutta la carpenteria metallica degli elementi lignei localizzata in prossimità
delle testate delle travi (chiodi, cerchiature, tiranti);
4) verifica e controllo degli incatenamenti metallici comprensivo dello svincolo delle piastre (o
delle chiavi) degli eventuali tiranti metallici posti ai lati e in testa alle capriate;
11

5) sollevamento delle teste delle capriate in prossimità degli appoggi (scarico degli appoggi),
che consiste in: a) predisposizione di putrelle o travi lignee per il sollevamento delle capriate
(su ponteggio portante), in prossimità degli appoggi, mediante martinetti idraulici o meccanici;
b) esecuzione del sollevamento a più riprese. Tale tipo di intervento viene reiterato su tre travi
non consecutive;
6) restauro delle mensole consistente nel sollevamento dalla sua sede della mensola, calo a
terra e valutazione con la D.L., in merito alla possibilità del recupero e restauro o sua eventuale
sostituzione. In caso che la mensola si presenti del tutto irrecuperabile si provvede alla sua sostituzione
con legno della stessa essenza, riproducendo totalmente la lavorazione della mensola
originaria. Successivamente si provvede al riposizionamento della mensola nella sua sede ed al
ripristino del collegamento con la catena della capriata mediante cravattatura metallica o con
inserimento di perni metallici passanti, fissati con formulati epossidici;
7) ripristino dell’appoggio delle capriate consistente nel reintegro o nella sostituzione dei
mattoni al fine di formare una superficie d’appoggio regolare e piana compresa la creazione
dell’isolamento dell’appoggio per impedire l’assorbimento di umidità da parte dell’elemento
ligneo, mediante formazione di uno strato omogeneo continuo di malta e resina di spessore
variabile (da 1 a 5 cm);
8) recupero delle teste delle capriate deteriorate realizzato in funzione del diverso stato di
degrado degli elementi come di seguito riportato nelle tavole allegate:
- O soft nessuna protesi, 2 barre antiscorrimento;
- AL leggeri protesi, 2 barre antiscorrimento;
- ALL normali protesi, 2 barre antiscorrimento, 2 barre a taglio;
- B gravi protesi, 2 barre antiscorrimento, 4 barre a taglio;
- c gravissimi protesi, 3 barre antiscorrimento, 6 barre a taglio.
Le principali lavorazioni sono le seguenti:
- asportazione di tutta la marcescenza e dell’alburno sfarinato fino alla fibra viva, conservando
le sezioni integre;
- preparazione dei casseri esterni alla sezione dei profili puntone-catena-mensola con ricopertura
in fogli di nylon in modo da poter essere rimossi successivamente per verificare il risultato;
- chiusura dell’apertura fra la mensola e la catena, o con l’aiuto delle staffe esistenti, o con un
cuneo di legno larice preparato in cantiere e adattato caso per caso;
- esecuzione delle perforazioni per le barre inclinate di rinforzo dei denti di taglio;
- esecuzione dell’inghisaggio delle barre con resina bicomponente epox;
12
Foto 1/3, Indagine endoscopica sulla testa
delle travi, visuale a 90°. In evidenza matrice
lignea integra (profondità l0cm)

- esecuzione delle perforazioni sull’orizzontale per armatura a taglio delle sezioni di appoggio;
- completamento della protesi con resina caricata con sabbia di quarzo, a densità controllata;
- rimozione delle casserature per la verifica delle sezioni ricostruite;
- richiusura della muratura lasciando uno spessore di cm 2 di fasciatura dell’appoggio per l’aerazione
della testa;
- sostituzione di tutti i chiodi smossi dai capichiave con viti da legno in sedi di resina.
la veriFica d e l la resisTenza a l F u o c o
Le strutture lignee di copertura, al termine della verifica dello stato di conservazione, sono state
oggetto di studio della resistenza al fuoco.
La disamina si è articolata in due fasi:
- calcolo del carico di incendio dell’ambiente in cui sono ubicate le capriate al fine di individuare
la classe di appartenenza, cioè il tempo, espresso in minuti, a cui deve resistere la struttura in
caso di incendio;
- verifica a sezione ridotta delle capriate, condotta come verifica statica delle strutture lignee
aventi la sezione inferiore a quella originaria a seguito della carbonizzazione provocata dalle
fiamme.
13

ca lco lo d e l c a r i c o d i i n c e n d i o
La relazione di calcolo del carico di incendio è relativa al compartimento denominato “Sala
cinema – teatro” avente una superficie in pianta di 910,16 mq.
per il calcolo del carico di incendio si applicano le seguenti norme tecniche di prevenzione incendi:
• circolare del M.I. n.91 del 14 Settembre 1961. “Norme di sicurezza per la protezione contro
il fuoco dei fabbricati a struttura di acciaio destinati ad uso civile”.
• Decreto del Ministero dell’Interno del 6 Marzo 1986. “calcolo del carico di incendio per locali
aventi strutture portanti in legno”.
• Decreto del Ministero dell’Interno del 8 Marzo 1985. “Direttive sulle misure più urgenti ed
essenziali di prevenzione incendio al fine del rilascio del Nulla Osta provvisorio di cui alla
Legge n° 818 del 7/12/1984”.
• Decreto del Ministero dell’Interno del 19 Agosto 1996. “Approvazione della regola tecnica di
prevenzione incendi per la progettazione, costruzione ed esercizio dei locali di trattenimento
e di pubblico spettacolo”.
• Lettera circolare del Ministero Interno del 26 Novembre 1990 prot. n° 20689/4122. “ Resistenza
al fuoco di strutture portanti in legno”.
• Norme UNI 9504. “procedimento analitico per valutare la resistenza al fuoco degli elementi
costruttivi di legno”.
14

Il calcolo del carico di incendio, è stato effettuato col metodo previsto dalla circolare del Ministero
dell’Interno n° 91 del 14/9/1961; il carico di incendio viene determinato considerando i
quantitativi di materiale combustibile presente all’interno dell’ambiente in oggetto tramite una
analisi dei carichi termici. Successivamente viene determinata la classe da attribuire ai singoli
compartimenti, sulla base del valore precedentemente calcolato, moltiplicato per il valore del
coefficiente riduttivo K valutato sulla base degli indici di valutazione riportati nelle tabelle della
predetta circolare 91/61.
La normativa vigente impone, per il calcolo del carico di incendio l’adozione della seguente
formula:
dove:
q = carico di incendio espresso in Kg Legna / mq
g i = peso in Kg del generico fra gli n prodotti presenti all’interno dei locali
H i = potere calorifico (Kcal/h) del generico fra gli n prodotti di peso g i
A = Superficie del compartimento in mq
La cLASSE dell’edificio è il risultato del prodotto fra il carico d’incendio e il coefficiente riduttivo
K introdotto per tenere conto delle condizioni reali dell’incendio.
Nel caso in esame si ottengono i seguenti valori.
q = 48,62 kg legna/mq
K= 0,644
pertanto, poiché 48,62 * 0,644 = 31,31 kg legna/mq si ha che la cLASSE vale 45.
veriFica d e l la c a P r i aTa a s e z i o n e r i d oT Ta
Il calcolo di verifica di una capriata in legno viene sviluppato secondo le disposizioni del punto
6.1 dell’Allegato A del D.M. 08/03/1995 “Direttive sulle misure più urgenti ai fini del rilascio del
nullaosta provvisorio di cui alla legge 07/12/1984 n° 818. Oggetto del calcolo sono le sezioni
ridotte considerando la velocità di carbonizzazione dettata dalla normativa sopraccitata.
Si considerano, semplificando, carichi distribuiti sui puntoni della capriata e collegamenti a cerniera
tra le varie aste.
a) Verifica della capriata
La verifica viene effettuata con l’ausilio di un programma di calcolo agli elementi finiti, utilizzando
per ogni asta della capriata un elemento finito monodimensionale tipo trave, e considerando tra
le travi medesime collegamenti del tipo a cerniera, come prescritto dalla specifica normativa.
I parametri inseriti nel calcolatore sono quelli riguardanti la geometria del problema, i carichi
esterni ed i vincoli utilizzando le sezioni di calcolo ridotte secondo quanto disposto dalla normativa
in merito alla velocità di carbonizzazione:
• lati ed estradosso di travi 0,8 mm/min;
• intradosso di travi 1,1 mm/min;
• pilastri 0,7 mm/min;
• altre strutture orizzontali 1,1 mm/min.
considerando un incendio della durata di 45 minuti, come richiesto dalla cLASSE dell’edificio,
si ottengono le sezioni ridotte.
cALcOLO SEZIONI RIDOTTE (dopo un incendio di 45 min)
c i = coeff. intradossi ed elementi orizzontali = 1,1
c e = coeff. estradossi e facce laterali = 0,8
c p = coeff. pilastri = 0,7
15

16
DENOMINAZIONE
ASTE
6-7
(puntoni semplici)
9-10-11
(catena principale)
2-3
(ometti laterali)
1-12
(contro catena)
4
(ometto centrale)
5-8
(puntoni doppi)
SEZIONI ORIGINALI
17 x 26
18 x 26
19 x 29
18,5 x 26
18 x 30
(b x h) cm
17x26+18x25=17,5x51
b’=b-45*2c e
b1 = 170-45*2*0,8 =
= 170-72 = 98
b1 = 180-45*2*0,8 =
= 180-72 = 108
b1 = 190-45*2*0,7 =
= 190-63 = 127
b1 = 185-45*2*0,8 =
= 185-72 = 113
b1 = 180-45*2*0,7 =
= 180-63 = 117
b1 = 175-45*2*0,8 =
= 175-72 = 103
DIMENSIONI RIDOTTE [mm]
h’=h-45x(c i+c e)
h1 = 260-45(1,1+0,8) =
= 260-85,5 = 184,5
h1 = 270-45(1,1+0,8) =
= 270-85,5 = 184,5
h1 = 290-(45-2*0,7) =
= 290-63 = 227
h1 = 260-45(1,1+0,8) =
= 260-85,5 = 174,5
h1 = 300-45*2*0,7 =
= 300-63 = 237
h1 = 510-45(1,1+0,8) =
= 510-85,5 = 424,5
co n c lu s i o n i d e l la veriFica
Si può assumere che la tensione ultima del legno costituente le nostre capriate sia di 102 kg/
cmq e poiché la massima tensione risultante dal calcolo è di 74,84 kg/cmq, tutte le verifiche si
possono considerare soddisfatte.
Si ringraziano per il materiale fornito e per la completa disponibilità l’arch. Anna Ghiaini e l’ing.
Giuliano Mezzadri.
SEZIONI
FINALI
RIDOTTE
[cm]
9,8*17,45
10,8*18,45
12,7*22,7
11,3*17,45
11,7*23,7
10,3*42,45

pali di fondazione soggetti ad azioni orizzontali in campo
statico e dinamico
an d r e a Be c c at i*
Con riferimento a diversi tipi di terreno, si esaminano e confrontano i risultati di diversi approcci di calcolo di pali di fondazione
soggetti ad azioni statiche orizzontali.
Si illustra quindi un metodo di calcolo per il dimensionamento di pali di fondazione soggetti a sisma, sulla base delle indicazioni
contenute nel Eurocodice 8 e recepite dalla normativa nazionale.
Parole Chiave pali di fondazione, azioni sismiche
* Ingegnere civile
1. in T r o d u z i o n e e richiami T e o r i c i
Lo studio di interazione fra palo di fondazione soggetto ad azioni orizzontali e terreno viene in
genere affrontato attraverso la modellazione di trave su un letto di molle infinitamente vicine.
L’equazione differenziale che governa il comportamento del palo può essere così rappresentata:
E p . Ip . - E S . y = 0
dove: x = ordinata di riferimento;
y(x) = spostamento;
E p·I p = rigidità flessionale del palo;
E S = modulo di reazione del terreno.
La formulazione classica [1] [2] [3] prevede un modulo di reazione del terreno di tipo elastico.
Successivamente, in seguito alla crescente necessità di meglio caratterizzare il comportamento
di strutture fondate su pali soggetti prevalentemente ad azioni orizzontali (piattaforme off-shore),
potendo disporre di un sempre maggior numero di prove di carico sulla base delle quali
tarare i modelli teorici e sfruttando la possibilità di sviluppare programmi di calcolo automatico,
furono messe a punto modellazioni complesse (metodo “p-y”) basate su legami carico-spostamento
non lineari [4] [5] [6]. Lo stesso tipo di legame costitutivo può essere utilizzato per lo
studio del comportamento dei pali caricati lateralmente in campo dinamico [7] [8] [9].
Un ulteriore affinamento del calcolo è stato ottenuto attraverso l’introduzione della non linearità
dei materiali, in particolare del calcestruzzo e dell’acciaio per i pali in conglomerato
cementizio armato. Infatti il valore della rigidezza flessionale della sezione e la sua variazione in
funzione del livello di carico risulta essere un parametro importante che influenza sensibilmente
il comportamento del palo [10] [11].
Nel seguito, per alcune stratigrafie tipiche individuabili nella pianura padana orientale, si analizza
il comportamento del palo soggetto ad azioni orizzontali; infine si presenta il confronto fra i
risultati ottenuti attraverso i diversi approcci di calcolo e si riportano alcune considerazioni
conclusive.
2. mo d e l lo d i c a lco lo d e l Pa lo e caraTTerizzazione geoTecn
i c a d e i s i T i e s a m i n aT i
2.1. Pa lo c o n s i d e r aT o Per lo s T u d i o
Al fine di ottenere uno studio il più possibile aderente alla comune attività di progettazione,
si è fatto riferimento ad un tipo di palo frequentemente impiegato nella realizzazione di opere
civili.
Si è considerato un tradizionale palo trivellato avente diametro di 1000 mm in conglomerato
cementizio armato. Le caratteristiche principali sono riassunte nella Figura 1. Relativamente al
vincolo di sommità si sono considerate le due condizioni limite, palo libero di ruotare e palo
perfettamente incastrato, fra le quali si colloca il comportamento reale del palo.
17

2.2. descrizione d e i criTeri d i c a lco lo
Il comportamento del palo soggetto a carichi laterali è stato studiato con riferimento ai seguenti
criteri di calcolo:
a) modello elastico;
b) metodo p-y (risposta non lineare del terreno);
c) metodo p-y e non linearità del materiale costituente il palo .
per il calcolo elastico si è fatto riferimento ad un modulo di reazione variabile linearmente con
la profondità (diagramma trapezoidale). Il valore del modulo, per ciascun calcolo eseguito, è stato
ottenuto sulla base delle correlazioni disponibili in letteratura [12] [13] in funzione delle caratteristiche
dei primi metri superficiali di palo. Infatti, come si vedrà nel seguito, variazioni delle
caratteristiche del terreno perdono rapidamente di importanza all’aumentare della profondità
alla quale si manifestano.
Sulla base delle condizioni al contorno è stata impostata una soluzione numerica dell’equazione
differenziale di equilibrio secondo il metodo di Runge-Kutta.
Il calcolo secondo il metodo p-y è stato eseguito mediante un opportuno programma di calcolo
alle differenze finite. Il legame forza-spostamento che simula l’interazione palo-terreno è stato
determinato per ciascun strato interessato dal palo sulla base delle correlazioni disponibili in
letteratura [4] [5] [14] [15]. per il palo è stata considerata una rigidità flessionale EJ indipendente
dal livello di carico.
L’ultimo dei metodi di calcolo non è altro che il precedente nel quale la rigidità flessionale del
palo è variabile in funzione del livello di carico. I legami costitutivi del calcestruzzo e dell’acciaio
considerati [16] sono rappresentati in Figura 2.
ciascuno dei tre metodi illustrati è stato utilizzato per l’analisi del palo modello immerso nei
terreni le cui caratteristiche stratigrafiche e geotecniche sono illustrate nel seguito. Il carico,
costituito da una azione orizzontale H 0 applicata alla testa del palo, è stato applicato per passi
fino al raggiungimento del valore di azione orizzontale che induce una sollecitazione flessionale
prossima al valore ultimo.
18
Figura 1: caratteristiche del palo considerato
Tabella 1: caratterizzazione alto ferrarese
UNITA’ γ [kN/m 3 ] Dr [%] ø’ [°] c u [kpa]
1 18.5 -- 30 --
2a 18.5 -- -- 15
2b 16.0 -- -- 25
3a 19.0 -- -- 70÷100
3b 19.0 50 33 --
Falda a 2 m da p.c.
Tabella 2: caratterizzazione costa ravennate
UNITA’ γ [kN/m3 ] Dr [%] ø’ [°] cu [kpa]
1 19.0 -- -- 30
2 19.0 50 32 --
3 19.5 -- -- 40
Falda a 0.5 m da p.c.
Tabella 3: caratterizzazione Faenza-Imola
UNITA’ γ [kN/m3 ] Dr [%] ø’ [°] cu [kpa]
1 19 -- -- 100
2 19 60÷80 35 --
Falda a 18 m da p.c.

Figura 2: legami costitutivi per i materiali
del palo e stratigrafia alto ferrarese
2.3 caraTTerizzazione geoTecnica d e i s i T i e s a m i n aT i
Si è cercato di individuare le condizioni geotecniche rappresentative della pianura padana orientale;
a tal fine si sono considerate alcune stratigrafie tipiche delle seguenti zone:
- Alto Ferrarese: è una stratigrafia costituita da argille e limi poco o mediamente consistenti
sovrastanti sabbie e argille consistenti (situazione tipica delle zone adiacenti al corso del po);
- costa Ravennate: è caratterizzata da sabbie sovrastanti limi e argille poco consistenti (successione
caratteristica della costa emiliano-romagnola);
- pianura Faentina-Imolese: argille limose consistenti, quindi ghiaia con sabbia (stratigrafia ricorrente
nelle zone pedecollinari della pianura padana).
Nelle Tabelle 1÷3 si riassumono le caratteristiche geotecniche principali per le stratigrafie
individuate. In particolare, per la modellazione del terreno secondo le teorie illustrate in precedenza,
si sono riportati il peso di volume naturale, la consistenza per le unità coesive e l’angolo
di resistenza al taglio per le incoerenti. In Figura 2 è rappresentata la stratigrafia di uno dei siti
esaminati.
Inoltre, con particolare riferimento ai pali di fondazione delle strutture off-shore, si è anche
considerata la situazione geotecnica tipica di fondale marino o lacustre caratterizzata da limi e
argille aventi bassa consistenza e in genere sensitivi. In tal caso lo studio ha fatto riferimento alla
caratterizzazione relativa al ponte Vasco de Gama nella laguna del Tago [17], anche se situazioni
simili sono riscontrabili nelle zone del basso ferrarese e più in generale del delta del po. Il terreno
è stato caratterizzato mediante argille e limi normalconsolidati completamente sommersi,
con γ = 17 kN/m 3 , c u = 0÷15 kpa (da 0 a 25 m, sensitività S t = 2).
19

3. si n T e s i d e i r i s u lTaT i d e l c a lco lo s TaT i c o d e l Pa lo
s o g g e TTo a d a z i o n i orizzonTali
cond.
palo
perfettam.
incastrato
in
sommità
3.1 co n F r o n To Fra i r i s u lTaT i d e r i va n T i da i d i v e r s i m e To d i d i c a lco lo
con riferimento ai metodi di calcolo illustrati, per le stratigrafie descritte al punto precedente,
si sono determinate le deformazioni e le sollecitazioni per il palo sottoposto a livelli di carico
variabile. Nella Tabella 4 sono riassunti i risultati principali in forma numerica assieme allo scostamento
degli stessi rispetto al rispettivo valore ottenuto con il metodo di calcolo più raffinato
(p-y + non linearità materiale del palo). Nella Figura 3, per uno dei siti esaminati, si sono rappresentati
l’andamento dello spostamento in sommità (u 0) in funzione del carico e le sollecitazioni
lungo il fusto del palo in corrispondenza del livello massimo di H 0.
Sulla base del confronto fra i risultati ottenuti si può osservare che:
- i metodi di calcolo elastico e p-y portano in genere ad una sottostima del campo delle deformazioni
ottenuto col metodo p-y + non linearità materiale del palo;
20
cond.
palo
libero in
sommità
ALTO FERRARESE RAVENNA FAENZA-IMOLA DEpOSITI DI FONDALE
H=310 kN H=450 kN H=550 kN H=190-200 kN
elastico p-y p-y +
non lin.
mat. palo
elastico p-y p-y + non
lin. mat.
palo
elastico p-y p-y +
non lin.
mat. palo
elastico p-y p-y + non
lin. mat.
palo
u0 [m] 0,013 0,015 0,036 0,005 0,006 0,017 0,005 0,005 0,013 0,028 0,036 0,094
Minc.
[kNm]
Mmax,fusto
[kNm]
35,00% 40,83% 100,00% 32,69% 38,56% 100,00% 36,50% 41,84% 100,00% 30,22% 38,58% 100,00%
1029 1170 950 1052 1160 973 978 1150 932 1060 1220 1010
108,32% 123,16% 100,00% 108,12% 119,22% 100,00% 104,94% 123,39% 100,00% 104,95% 120,79% 100,00%
267 420 363 291 365 380 219 357 343 287 432 403
73,55% 115,70% 100,00% 76,58% 96,05% 100,00% 63,85% 104,08% 100,00% 71,22% 107,20% 100,00%
u0 [m] 0,030 0,057 0,150 0,014 0,027 0,076 0,009 0,022 0,055 0,071 0,140 0,348
Mmax,fusto
[kNm]
Tabella 4: spostamenti e sollecitazioni massime
19,93% 38,13% 100,00% 18,83% 36,05% 100,00% 17,12% 39,78% 100,00% 20,29% 40,23% 100,00%
774 1220 977 876 1290 1160 650 1150 950 838 1240 1130
79,22% 124,87% 100,00% 75,52% 111,21% 100,00% 68,42% 121,05% 100,00% 74,16% 109,73% 100,00%
Figura 3: andamento deformazione e
sollecitazioni – Alto ferrarese

Figura 4: confronto fra i valori di spostamento
in testa
- nella condizione limite di palo perfettamente incastrato alla sommità i metodi di calcolo meno
raffinati portano ad una sovrastima delle sollecitazioni flessionali massime;
- in entrambe le condizioni limite il metodo di calcolo elastico porta ad una sottostima del
momento flettente massimo lungo il fusto.
3.2 co n s i d e r a z i o n i
In sintesi, dall’esame dei risultati ottenuti, si può affermare che:
- In generale la deformabilità del palo aumenta passando alle modellazioni più complete; lo
spostamento in sommità ottenuto con l’analisi elastica aumenta di un fattore 2÷4 passando
al calcolo con non linearità del terreno e dei materiali costituenti il palo, in corrispondenza di
un livello di carico pari a H 0=H 0(M u/1.5). E’ quindi di fondamentale importanza una valutazione
affidabile dello spostamento in esercizio delle fondazioni da sottoporre a confronto col limite
di tollerabilità della struttura, in particolare per terreni poco consistenti e palificate poco estese
(comportamento prossimo a quello di palo libero in sommità). In Figura 4 sono riassunti i
valori di spostamento massimo ottenuti alla sommità per il palo modello in corrispondenza di
H 0=H 0(M u/1.5). Sui grafici è anche riportato, a puro titolo di confronto, il limite di spostamento
raccomandato dalla Federal Highway Administration [18] per le spalle dei ponti stradali. I metodi
di calcolo meno raffinati portano in molti casi a valutazioni non cautelative dello spostamento.
- per la condizione di palo incastrato alla sommità i metodi di calcolo meno raffinati portano ad
una sovrastima della sollecitazione flessionale massima (in testa al palo) mentre viene sottovalutato
il momento flettente massimo lungo il fusto. Tuttavia il dimensionamento dell’armatura viene
generalmente eseguito facendo riferimento alla sollecitazione flessionale massima che si verifica
in testa, estendendolo a tutta la lunghezza del palo (in questo caso l’errore è ininfluente).
- per la condizione limite di palo libero di ruotare in sommità, il modello elastico porta ad una
sottovalutazione della sollecitazione flessionale massima. pertanto nell’analisi di palificate con
comportamento assimilabile al palo libero in sommità, ai fini del corretto dimensionamento
strutturale, è indispensabile affiancare l’eventuale analisi elastica a schemi di calcolo, anche semplificati
(nella geometria), che però tengano conto almeno della non linearità del terreno.
come anticipato, la modellazione elastica del palo è stata eseguita con particolare riferimento
alle caratteristiche dei primi metri di terreno. Infatti il comportamento del palo soggetto ad
azioni orizzontali in testa risente principalmente delle caratteristiche del terreno nella parte
superficiale.
Gli effetti di variazione di rigidezza del terreno perdono rapidamente di significato all’aumentare
della profondità alla quale si manifestano.
Questo aspetto è stato evidenziato attraverso il calcolo parametrico di un palo incastrato alla
sommità, soggetto ad un’azione orizzontale H 0. Si è fatto riferimento ad un modello elastico di
terreno caratterizzato da un modulo uniforme fino alla profondità x 2Es0 alla quale raddoppia di
valore (passa da E s0 a 2E s0). Si sono calcolate la deformazione e le sollecitazioni lungo il palo al
variare della profondità x 2Es0 previa adimensionalizzazione del problema. Lo schema adimensionalizzato
del modello di calcolo è rappresentato in Figura 5.
Il confronto fra i risultati ottenibili con una modellazione accurata, che tiene conto della effettiva
variazione di modulo, e quella semplificata che estende a tutto il palo le caratteristiche del
terreno presente alla sommità, è riportato in Figura 6.
21

L’approssimazione del terreno alle caratteristiche di rigidezza superficiali è accettabile anche per
variazioni di modulo prossime alla sommità. Infatti anche nel caso in cui si verifichi il raddoppio di
rigidezza a profondità z2Es0 = 2 (ovvero x2
E = 2 × T , in genere T = 2÷4 m, quindi x2Es0 = 4÷8 m)
s0
la soluzione approssimata porta ad errori estremamente contenuti (non superiori al 2%).
per lo studio del comportamento statico di pali soggetti ad azioni orizzontali è quindi evidente
l’importanza della corretta caratterizzazione del terreno specialmente per i primi metri superficiali
di palo.
Figura 6: effetti della variazione di rigidezza del terreno
22
Figura 5: schema adottato per il calcolo
parametrico

Figura 7: schema dell’interazione suolopalo-struttura
Figura 8: schematizzazione della risposta
sismica per l’analisi dell’interazione
suolo-palo-struttura
4. Pa l i d i F o n da z i o n e s o g g e TT i a d a z i o n i sismiche
4.1. ce n n i a l c o m P o rTa m e n To d i PaliFicaTe s o g g e TT e a sisma
La risposta sismica delle strutture fondate su pali è influenzata in maniera significativa dall’interazione
suolo-palo-struttura e costituisce uno dei più complicati problemi di ingegneria
geotecnica-strutturale [19] [20] (Figura 7). In particolare, essendo i pali di fondazione immersi
in materiale non omogeneo con caratteristiche variabili con la profondità ed il livello di carico,
sono soggetti lungo il fusto a spostamenti di diversa entità ed asincroni.
Lo studio del comportamento delle strutture su pali può essere schematicamente scomposto in
interazione inerziale ed interazione di tipo cinematico [20] [21] (Figura 8). Le azioni di origine
cinematica derivano dall’interazione fra il terreno, soggetto ad ogni istante a spostamenti diversi
in funzione della profondità, ed il palo. L’interazione inerziale è conseguente all’applicazione
dell’accelerazione sismica, filtrata dal terreno e dalla interazione dello stesso con i pali di fondazione,
alle masse della sovrastruttura.
Data la complessità del problema sono molteplici le metodologie di studio possibili che, attraverso
diversi livelli di semplificazione del modello, forniscono una interpretazione teorica del
comportamento del palo soggetto ad azioni sismiche (analisi elastica o elastica equivalente, non
lineare, nel dominio delle frequenze, nel dominio del tempo).
23

4.2. aPProccio d i c a lco lo a d o T TaT o
Si è determinata in maniera diretta la risposta complessiva e cinematica per il palo modello ipotizzato
appartenente alla fondazione di una pila da ponte la cui descrizione è riportata nel seguito.
Lo studio è stato condotto attraverso l’analisi nel dominio del tempo della struttura (modello
semplificato della sovrastruttura e della fondazione). Tenendo conto delle caratteristiche di
deformazione in campo dinamico dei diversi strati di terreno, e delle loro variazioni in funzione
del livello di carico, si è determinata la propagazione dell’azione sismica, applicata allo strato di
base, lungo la verticale in corrispondenza della pila [23] [24]. In questo modo è stato possibile
cogliere le amplificazioni o smorzamenti dei vari strati nonché eventuali sfasamenti, ovvero gli
accelerogrammi alla sommità di ciascuno strato.
Si è quindi risaliti, via integrazione diretta, ai diagrammi di spostamento del terreno in funzione
del tempo (free field motion) lungo la verticale in esame. I diagrammi di spostamento ottenuti
sono stati imposti al terreno circostante il palo (ipotesi conservativa). Il palo è stato discretizzato
mediante una modellazione alle differenze finite; l’interazione palo-terreno è stata simulata
attraverso un legame complesso che tiene conto oltre alla non linearità (curve p-y), anche del
degrado della risposta dovuta al distacco fra superficie del palo e terreno e dello smorzamento
del terreno ed eventuale acqua circostante il palo [7] (Figura 9).
L’accelerogramma di base impiegato è relativo al sisma registrato il 06.05.1976 a codroipo, scalato
al valore massimo di accelerazione previsto in ciascuno dei siti esaminati. L’accelerogramma
è stato scelto fra i numerosi disponibili presso ESD (European Strong-Motion Database) ed è
rappresentato in Figura 10.
24
Figura 9: modellazione adottata per la
simulazione degli effetti cinematici ed
inerziali
Figura 10: accelerogramma del sisma
di input

Figura 11: pali soggetti ad azione sismica
– pila di riferimento e schema semplificato
di calcolo
Si è analizzato un palo appartenente ad una fondazione tipica di ponti stradali. In particolare si è
fatto riferimento ad una strada tipo c1 (secondo D.M. 05.11.2003) avente larghezza di carreggiata
di 10.50 m (tipica di strade extraurbane secondarie).
Si è considerato un ponte a più campate con luce di 30 m, realizzato mediante travi prefabbricate
semplicemente appoggiate aventi sezione a “V”. La pila considerata ha una fondazione costituita
da 9 pali Ø 1000 mm collegati in sommità da un plinto in c.c.a. .
La rappresentazione della pila generica e lo schema semplificato di calcolo sono rappresentati
in Figura 11.
4.3. ri s u lTaT i d e l c a lco lo
Dall’esame dell’andamento degli spostamenti e delle sollecitazioni riportati in Figura 12, è evidente
che la componente cinematica degli stessi non è trascurabile, anzi in genere rappresenta il contributo
principale. I valori massimi di spostamento e sollecitazione flessionale ottenuti sono riassunti nella
seguente Tabella 5. Oltre ai valori complessivi sono riportati anche le componenti cinematiche ed
inerziali (queste ultime ottenute dalla differenza fra comportamento complessivo e cinematico).
Le considerazioni principali in merito ai risultati ottenuti possono essere così riassunte:
- I valori massimi di spostamento relativo lungo il palo (u (z)-u (base)), ed a maggior ragione il valore
assoluto degli stessi, sono sostanzialmente di origine cinematica. Il contributo dovuto alle azioni
inerziali, oltre ad essere contenuto entro il 10÷20% del valore complessivo, si esaurisce nei primi
metri di palo.
- Anche le sollecitazioni flessionali massime sono sostanzialmente condizionate dalla componente
cinematica. per le stratigrafie considerate il momento flettente dovuto alle azioni inerziali si
esaurisce entro la metà superiore del palo.
- La sollecitazione flessionale massima si verifica in genere alla sommità del palo tranne nel caso
25

della costa Ravennate dove il momento flettente massimo è nella sostanza completamente di
origine cinematica e si raggiunge a circa 7.5 m dalla sommità del palo (9.5 m da p.c.), ovvero in
corrispondenza del passag gio di strato fra l’unità 2 (sabbia fine limosa media mente addensata)
e l’unità 3 (limi e argille poco con sistenti). In tal caso la variazione di spostamento è concentrata
all’interno dell’unità 3 (avente le caratteri stiche meccaniche più scadenti). La parte di palo
compresa nell’unità 2, avente migliori caratteristiche meccaniche, si trova pressoché incastrata
a causa della piccola variazione di spostamento lungo lo strato e determina lo slittamento in
profondità della solleci tazione flessionale massima.
Tabella 5: calcolo sismico – risultati principali
26
SITO ag/g umax [m] Mmax [kNm]
Faenza-
Imola
0.25 0.126
cin. In. Tot. cin. In. Tot.
[0.00]
Alto ferrarese 0.15 0.108
[0.00]
Ravenna 0.15 0.121
[0.00]
0.004
[0.00]
0.004
[0.00]
0.003
[0.00]
0.130
[0.00]
0.112
[0.00]
0.124
[0.00]
366
[0.00]
548
[0.00]
1128
[7.50]
360
[0.00]
408
[0.00]
361
[0.00]
686
[0.00]
956
[0.00]
1049
[7.50]
NOTA: in tabella sono riportati i livelli massimi in valore assoluto; fra parentesi è riportata
la profondità alla quale si riferisce il dato riportato.
Figura 12: pali soggetti ad azione
sismica – spostamento e sollecitazioni
flessionali lungo il palo

BiBliograFia
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5. si n T e s i e c o n c lu s i o n i
É stato affrontato, secondo diversi metodi di calcolo, lo studio del comportamento statico dei
pali di fondazione soggetti a carichi orizzontali, in alcune condizioni geotecniche tipiche della
Emilia Romagna orientale. I risultati ottenuti mettono in evidenza la necessità di ricorrere a
criteri di calcolo raffinati per pervenire alla corretta definizione del campo delle sollecitazioni e
soprattutto degli spostamenti.
Il calcolo di pali di fondazione soggetti ad azione sismica, secondo un’analisi nel dominio del
tempo tenuto conto del complesso di fenomeni che provoca la non linearità nella reazione
del terreno, ha evidenziato l’importanza degli effetti cinematici indotti dallo spostamento del
terreno attorno al palo. Anche per pali il cui schema statico sia assimilabile alla condizione di
incastrato alla sommità, la sollecitazione massima non necessariamente viene a collocarsi alla
testa del palo; la presenza di variazioni di rigidezza del terreno in profondità può provocare lo
slittamento verso il basso del momento flettente massimo.
Sia nell’analisi statica che dinamica lo studio è stato condotto utilizzando metodi di calcolo
complessi che conducono ad una modellazione raffinata del terreno e del palo. É quindi indispensabile
sottolineare la necessità di disporre di parametri geomeccani attendibili sia in campo
statico che dinamico.
Tenuto conto che le seguenti considerazioni sono di carattere generale e che la campagna geognostica
deve essere necessariamente adeguata all’importanza dell’opera oggetto di studio, l’indagine
geotecnica dovrebbe consentire una caratterizzazione precisa e completa dell’area mediante:
- determinazioni accurate puntuali (indagini di laboratorio su campioni indisturbati) dei parametri
geomeccanici fondamentali per lo studio (peso di volume, resistenza al taglio/consistenza,
modulo di taglio, smorzamento e loro variazione in funzione del livello di deformazione);
- determinazioni estensive dei parametri geomeccanici mediante prove in sito opportunamente
tarate sulla base dei risultati di cui al punto precedente.
Infine è sempre opportuno, data la complessità dei metodi di calcolo più raffinati e la conseguente
difficoltà nel cogliere eventuali imperfezioni nel modello, procedere ad una verifica degli
stessi attraverso il confronto con schemi semplificati, in grado di fornire l’ordine di grandezza
del campo di spostamenti e sollecitazioni attesi.
Si ringraziano il Dott. p. colli (Sinergea S.r.l.) ed il Dott. G. Grimandi (Geo-probe S.r.l.) per la
preziosa collaborazione nella caratterizzazione dei siti oggetto di studio.
[14] Reese L. c., cox W. R.,
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Analysis of Horizontally Layered
Soil Deposits. University of
california (Davis).
27

competenze dei professionisti tecnici in materia di impianti
tecnologici
do M e n i c o chinello *
Parole chiave competenze professionali, impianti tecnologici, coordinamento sicurezza
1. Premessa
Il concreto riparto di competenze tra le diverse figure di professionisti tecnici – periti
industriali, geometri, architetti ed ingegneri – è, da sempre, stato al centro di un vivace
dibattito, sia tra gli studiosi che in giurisprudenza, atteso che, da un lato, la normativa in
materia non si presenta sempre idonea a dissipare i dubbi, né è stata, nel tempo, adeguatamente
aggiornata e, dall’altro lato, viceversa, gli interessi economici di categoria sottesi a
tali problematiche risultano tutt’altro che indifferenti.
Se l’argomento più controverso è senz’altro quello che riguarda le differenti attribuzioni
professionali in materia di progettazione di opere e strutture in cemento armato, ciò
nonostante risulta di notevole interesse anche la suddivisione delle competenze in materia
di progettazione e realizzazione di impianti tecnologici, benché si tratti di un mercato
sicuramente più modesto e settoriale che – come tale – è senz’altro meno foriero di
contestazioni e, dunque, anche di controversie giudiziarie.
In tale ambito, dunque, si tratta di verificare se, e in quali termini, le figure professionali
dianzi dette possano ritenersi abilitate a progettare e/o dirigere la realizzazione di impianti
tecnologici in genere, come ad esempio l’impiantistica termica, meccanica, elettrica e
simili.
È chiaro che un’analisi approfondita impone di considerare separatamente le competenze
delle singole figure professionali, passando ad esaminarle partitamente una per una.
2. comPeTenze d e i P e r i T i indusTriali
In generale, la disciplina delle competenze professionali della figura del perito industriale si
rinviene ancora oggi nel vecchio R.D. 11 febbraio 1929, n. 275, ed in particolare nell’art. 16.
Innanzitutto, va detto che tale disposizione normativa, al primo comma, stabilisce il principio
della specializzazione, prevedendo che ai periti industriali spettano le funzioni esecutive
per i soli lavori inerenti alle singole specialità nell’ambito delle quali si sono diplomati. Tale
aspetto è stato ulteriormente ribadito dalla legge 2 febbraio 1990, n. 17, recante «Modifiche
all’ordinamento professionale dei periti industriali», la quale, nell’introdurre per l’iscrizione
all’albo dei periti industriali il requisito del possesso dell’abilitazione professionale, ha
rafforzato la suddivisione dell’albo in settori di specializzazione e la specificità dei diplomi
conseguiti.
Tale impostazione trova, inoltre, supporto e conferma nella giurisprudenza del Giudice
amministrativo, che vi ha dato un’interpretazione puntuale e restrittiva. Invero, il consiglio
di Stato – nell’affrontare il caso specifico di due periti industriali con specializzazione
in elettrotecnica, che avevano inteso sostenere la propria competenza alla redazione di
progetti di costruzione e/o di allestimento di veicoli a motore – si è espresso in senso
negativo, precisando che «…infatti la competenza dei periti industriali iscritti all’albo professionale
è limitata ai sensi dell’art. 16, R.D. 11 febbraio 1929 n. 275, alle attività strettamente
inerenti alla specializzazione relativa al diploma conseguito» [così cons. Stato, sez. VI, 16
novembre 2000, n. 6136, ma in tal senso, si vedano anche cons. Stato, sez. VI, 24 aprile 2002,
n. 2210 e T.A.R. Marche, 19 settembre 2003, n. 1014].
A sua volta, il secondo comma del succitato art. 16, R.D. n. 275/1929 individua delle generali
attribuzioni ulteriori per tutti i periti industriali in genere, nell’ambito del funzionamento
industriale delle aziende, ma sempre nei limiti delle mansioni delle singole specialità (lett. a),
nonché una serie di competenze particolari per determinate categorie di perito industriale
[da lett. b) a lett. d) del predetto secondo comma]. * Avvocato libero professionista
28

Nello specifico, la lett. d) del citato art. 16, comma 2, consente ai periti di effettuare la
progettazione, la direzione e l’estimo delle costruzioni di quelle semplici macchine ed installazioni
meccaniche o elettriche, le quali non richiedano la conoscenza del calcolo infinitesimale.
Se il requisito negativo della “non necessità” del calcolo infinitesimale è piuttosto
intuitivo (vanno, cioè, escluse dalla competenza dei periti tutte quelle operazioni che
presuppongono – per l’appunto – l’utilizzo del calcolo infinitesimale), assai più complessa
è l’individuazione del requisito positivo, basato sulla “semplicità” dell’attività richiesta al
professionista. Si tratta, infatti, di un parametro di assai difficile identificazione pratica, e che
deve necessariamente essere valutato di volta in volta, in relazione al caso concreto.
In via esemplificativa, può dirsi che la giurisprudenza ha giudicato esulare dall’ambito della
competenza professionale dei periti industriali la progettazione e direzione lavori per opere
di completamento di una rete di metanizzazione [T.A.R. Lombardia, Brescia, 3 settembre 2003,
n. 1200], nonché per l’installazione di impianti di pubblica illuminazione di un centro abitato
[T.A.R. Sardegna, 18 gennaio 2002, n. 9; T.A.R. puglia, Lecce, sez. II, 15 aprile 1995, n. 312].
per completezza, infine, va detto che, secondo l’interpretazione dei Giudici amministrativi, il
requisito della semplicità, per non risultare palesemente forzato, deve considerarsi riferito
non solamente alla progettazione di macchine, ma anche alle installazioni [T.A.R. puglia,
Lecce, sez. II, 15 aprile 1995, n. 312 e cons. Stato, sez. V, 1° luglio 2002, n. 3586].
3. comPeTenze d e i geomeTri
Anche per quanto riguarda la categoria professionale dei geometri, le relative attribuzioni
sono disciplinate da un Regolamento alquanto risalente nel tempo, ossia dal R.D.
11 febbraio 1929, n. 274, il cui art. 16 contiene una precisa elencazione (comunemente
giudicata tassativa sia in dottrina che in giurisprudenza) delle varie attività rimesse alla
competenza di tale figura di professionista tecnico.
Innanzitutto, va detto che già il testo letterale della norma – come più volte precisato nelle
pronunce della Magistratura – conduce facilmente ad escludere una generale competenza
del geometra in materia di impiantistica, atteso che le uniche attribuzioni di tale categoria
professionale in materia di impianti tecnologici sono quelle che attengono all’attività edilizia
in senso stretto e non anche agli impianti, i quali, per esigenze di sicurezza, presuppongono
un’apposita preparazione, che non rientra certo in quella istituzionale dei geometri [cons.
Stato, sez. VI, 10 novembre 1978, n. 1187; T.A.R. Sardegna, 19 novembre 2002, n. 1591].
D’altra parte, tale conclusione è confermata dalla considerazione che l’analogo articolo 16
del R.D. n. 275/1929, recante – come abbiamo visto più sopra – la disciplina della professione
dei periti industriali, contiene un’esplicita previsione di competenza in materia di
impianti tecnologici, a differenza proprio di quanto stabilisce l’art. 16 del R.D. n. 274/1929
sulla professione di geometra: e dunque, poiché i due testi normativi sono stati emanati
contemporaneamente e seguendo uno schema comune, deve ragionevolmente ritenersi
che l’affermazione (esplicita) della competenza per certi settori in favore dei periti, significhi
automaticamente l’esclusione (implicita) delle medesime attribuzioni in capo ai geometri
[cfr. in questi termini, la decisione cons. Stato, sez. VI, 10 novembre 1978, n. 1187].
Di conseguenza, è da escludere che rientri nelle attribuzioni del geometra la possibilità di
progettare e dirigere la realizzazione di impianti elettrici [T.A.R. Sardegna, 19 novembre
2002, n. 1591], di impianti di illuminazione stradale [cass. civ., sez. II, 5 novembre 1992, n.
11994; T.A.R. Sardegna, 19 aprile 1995, n. 547], di impianti di riscaldamento in genere [T.A.R.
Valle d’Aosta, 9 gennaio 1981, n. 5; T.A.R. Emilia Romagna, 15 settembre 1977, n. 420].
Maggiori dubbi vi sono con riferimento agli impianti tecnologici collegati alle opere viarie e
di urbanizzazione in generale.
Una parte minoritaria della giurisprudenza – argomentando dalla normativa che ha
introdotto la tariffa professionale, giudicata innovativa del vecchio regolamento del 1929
– ritiene che i geometri possano seguire i lavori anche di opere fognarie e simili impianti,
purché non si tratti di interventi di grande rilievo. Viceversa, la giurisprudenza dominante e
la più autorevole dottrina risultano di diverso avviso, ritenendo, in buona sostanza, che la
delegificazione (effettuata con la L. 18 ottobre 1961 n. 1181) della disciplina che determina
le tariffe dei geometri non ha abrogato le disposizioni sostanziali riguardanti lo status del
geometra, alle quali solo ci deve riferire per l’individuazione delle attribuzioni tipiche di tale
figura di professionista [cons. Stato, sez. V, 3 gennaio 1992, n. 3].
29

Da ultimo, va detto che, sempre in base alla disciplina sostanziale di cui al R.D. n. 274/1929,
ai geometri spetta la realizzazione di modeste opere di irrigazione, bonifica, di scolo e simili,
purché di tenue rilevanza.
4. comPeTenze d e g l i a r c h i T e TT i
Quanto agli architetti, vi è da dire che si tratta della figura professionale, per certi versi,
più vicina agli ingegneri, in quanto ambedue le categorie comprendono tecnici laureati ed
entrambe trovano la propria disciplina nel R.D. 23 ottobre 1925, n. 2537.
La giurisprudenza maggioritaria, tuttavia, non ritiene generalmente riscontrabile una
completa equiparazione fra tali due figure professionali.
Agli ingegneri è riconosciuta – giusta la previsione dell’art. 51 del R.D. succitato – una
competenza generale, che prende in considerazione interventi di vario tipo, relativi alla
progettazione, conduzione e stima con riferimento alle “costruzioni di ogni specie”, nonché
all’impiantistica civile ed industriale, alle infrastrutture ed ai mezzi di trasporto, di deflusso e
di comunicazione, riconoscendo, in senso lato, un’abilitazione comprendente ogni forma di
applicazione delle tecniche relative alla fisica, alla rilevazione geometrica ed alle operazioni
di estimo.
Viceversa, il successivo art. 52 limita la competenza professionale degli architetti alle sole
“opere di edilizia civile” (che rientrano pure tra le attribuzioni degli ingegneri, eccetto
per quanto riguarda la parte “non tecnica” degli interventi su edifici di rilevante interesse
storico-artistico), nella cui nozione si ricomprendono normalmente tutte (e solo) le opere
connesse ed accessorie alla realizzazione delle abitazioni, come quelle che riguardano
l’impiantistica in genere (termoidraulica, elettrica, fognaria, etc.), purché ovviamente si
tratti di “pertinenze” al servizio di singoli fabbricati o, comunque, di singoli complessi edilizi
[T.A.R. campania, Napoli, sez. I, 14 agosto 1998, n. 2751; T.A.R. Valle d’Aosta, 20 luglio 2000,
n. 141].
Generalmente, dunque, si ritiene che non rientrino fra le attribuzioni degli architetti gli
incarichi riguardanti la realizzazione di opere di urbanizzazione primaria poste al servizio
dell’abitato nel suo insieme, come ad esempio la costruzione o l’ampliamento della rete
idrica comunale, le fognature etc.. In tal senso si erano già espressi in sede consultiva sia il
consiglio Superiore dei Lavori pubblici (parere del 16 dicembre 1983), sia il consiglio di
Stato (parere della Sez. III, 11 dicembre 1984, n. 1538).
così, si è esclusa la competenza degli architetti per i lavori concernenti gli impianti della
rete urbana di condotta e distribuzione dell’acqua, [T.A.R. campania, Napoli, sez. I, 14 agosto
1998, n. 2751], per la progettazione del sistema di videosorveglianza di un insediamento
industriale [T.A.R. Sicilia, palermo, sez. II, 9 giugno 2004, n. 969], nonché per la realizzazione
di alcuni impianti per rifiuti solidi urbani [cons. Stato, sez. IV, 12 settembre 2000, n. 4808].
Né tale impostazione può ritenersi venuta meno, a seguito della modifica dei piani di
studi intervenuta nel corso degli anni, che ha condotto gli studenti in architettura ad
ampliare lo studio delle materie tecniche [T.A.R. Lazio, sez. II, 30 luglio 1990, n. 1477;
T.A.R. Lazio, sez. II, 16 dicembre 1991, n. 1920]. Se tale aspetto consiglia senz’altro di
adeguare quanto prima la normativa sulle competenze professionali di ingegneri ed
architetti al progresso scientifico intervenuto, ciò nonostante, nel perdurare della vigente
disciplina della materia, deve escludersi ogni interpretazione che voglia attribuire anche
agli architetti la progettazione e direzione lavori delle opere igieniche poste a servizio
dell’abitato, delle opere viarie e, più in generale, di quelle riconducibili alla nozione di
opere di urbanizzazione.
per completezza comunque, va detto che vi è anche un orientamento interpretativo
più possibilista – benché indubbiamente minoritario – il quale propende per un’esegesi
più estensiva delle norme di riferimento e per un conseguente ampliamento delle
competenze professionali della figura dell’architetto. così, in talune circostanze, i Giudici
hanno giudicato rientrare tra le attribuzioni degli architetti anche la direzione dei lavori
per la realizzazione di un impianto di depurazione delle acque reflue di un abitato [T.A.R.
Sardegna, 30 settembre 1986, n. 410], un impianto di illuminazione pubblica sul territorio
comunale [cass. civ., sez. II, 29 marzo 2000, n. 613], o di un campo sportivo [T.A.R.
Basilicata, 3 aprile 2006, n. 161]. come detto, tuttavia, si tratta di un’interpretazione
sicuramente meno diffusa e condivisa.
30

BiBliograFia
1. Amato G., Sulla competenza
professionale del geometra,
in cass. penale, 1993, pp 1934
– 1937.
2. Breganze M., Urbanistica
ed edilizia: le competenze dei
progettisti, in Riv. giur. urbanistica,
1992, pp 605 – 639.
3. ciaccia M., competenza dei
geometri in tema di piani di
lottizzazione, in cons. Stato,
1977, II, 953 – 958.
4. ciaccia M., voce Geometri
(ordinamento professionale e
previdenza sociale), in Noviss.
Digesto, App., Torino, 1980, pp
939 – 942.
5. chinello D., Riparto di
competenze tra architetti ed
ingegneri per gli interventi su
immobili di interesse storicoartistico,
in Appalti Urbanistica
Edilizia, 2005, pp 131 – 140.
5. comPeTenze in m aT e r i a d i co o r d i na m e n To d e l la sicurezza
Da ultimo, va detto che, secondo il costante insegnamento della giurisprudenza amministrativa,
nella materia riguardante la realizzazione degli impianti tecnologici, anche l’attività
di coordinazione della sicurezza – sia in fase di progettazione che in fase esecutiva – segue
le regole generali del riparto di competenze, nel senso che l’incarico di coordinatore della
sicurezza potrà legittimamente essere assunto solo da quelle figure professionali che sono
normativamente abilitate ad effettuare la progettazione e la direzione lavori, secondo le
regole generali più sopra illustrate [cons. Stato, sez. IV, 28 febbraio 2002, n. 1208; T.A.R.
Lombardia, Milano, sez. III, 3 maggio 2006, n. 1128].
6. osservazioni c o n c lu s i v e
A conclusione dell’esame dei diversi profili di competenze riferibili a ciascuna delle quattro
categorie di professionisti tecnici, un’ultima notazione si impone.
Si è visto che la disciplina normativa sostanziale a cui far riferimento, per l’individuazione
delle attribuzioni delle varie figure professionali, è alquanto risalente nel tempo, né ha subito
variazioni di sorta, nel corso degli anni, benché siano mutate – e di molto – le tecnologie
impiegabili, i programmi d’insegnamento dei vari corsi di studio, la disciplina relativa agli
esami di stato e quant’altro.
Da più parti, dunque – in tal senso si sono espressi sia diversi studiosi, sia svariate decisioni
della Magistratura – si è rilevato come risulti verosimilmente inadeguato l’attuale complesso
di norme che regola le competenze professionali, auspicando un idoneo, quanto tempestivo,
adeguamento da parte del legislatore.
Tali considerazioni appaiono senz’altro condivisibili, de iure condendo, ossia in un’ottica
di riforma, ma è altrettanto chiaro, che – ad oggi – siamo tuttora tenuti ad applicare le
norme risalenti agli Anni Venti del secolo scorso. Bisogna, quindi, necessariamente concludere
che, per quanto possa apparire comprensibile una rinnovata, futura, definizione delle
attribuzioni professionali, ciò nonostante, finchè il legislatore non provvederà a recepire
le istanze delle diverse categorie di professionisti, intervenendo a disciplinare in maniera
nuova le competenze dei Tecnici, l’interprete e chiunque sia chiamato ad applicare le norme
in questione, non potrà discostarsi dal dato normativo, magari vetusto e inadeguato, ma
tuttora esistente ed in vigore. A pena – ed è evidente – della illegittimità/illiceità degli
eventuali incarichi affidati ed accettati contra legem.
6. chinello D., periti edili
e lavori pubblici: profili di
incompetenza in materia
di progettazione, direzione
lavori e coordinamento della
sicurezza, sul quotidiano
giuridico telematico www.
altalex.com, 03.07.2006.
7. cresti M., Questioni processuali
e sostanziali in tema di
competenze professionali nella
progettazione urbanistica di
carattere attuativo, in Foro
amministrativo, 1990, pp 903
– 914.
8. Dell’Orso A., La nullità del
contratto d’opera intellettuale
ex a. 2231 c.c. e la diversa
competenza degli architetti
e degli ingegneri, in Diritto e
giurisprudenza, 2001, pp 354
– 365.
9. Greca c., La competenza
professionale dei geometri
in materia di progettazione
urbanistica, in Dir. giur. agraria,
2002, pp 464 – 466.
10. Gallucci E., Brevi note sulle
competenze professionali dei
geometri, in cass. penale, 1996,
795 – 798.
11. Lega c., Questioni in tema
di competenza dei geometri, in
Giurisprudenza italiana, 1971, I,
pp 87 – 90.
12. Marzaro Gamba p.,
considerazioni sui limiti della
competenza professionale
dei geometri (con particolare
riguardo ai rapporti tra il R.D.
11 febbraio 1429, n. 274 e la
legge 2 marzo 1949, n. 144), in
Riv. giur. urbanistica, 1992, pp
211 – 224.
13. Marzaro Gamba p., Note in
tema di competenze professionali
degli architetti, in Riv. giur.
urbanistica, 1992, pp 497 – 507.
14. Musolino G., Delimitazione
delle competenze e responsabilità
dei professionisti tecnici,
in Riv. trim. appalti, 1990, pp
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15. Turco Liveri G., Le prestazioni
professionali in edilizia e
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16. Turco Liveri G., La
competenza dei geometri
in tema di progettazione e
programmazione urbanistica, in
Amministrazione italiana, 1987,
pp 1445 – 1453.
31

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Rossi M., Bianchi G. (2002). Le reti di stazioni permanenti GpS
in Italia. Bollettino SIFET, n. 1 (2002), pp 37 – 45
Rossi M., Bianchi G. (2002). Le reti di stazioni permanenti GpS
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