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Orchestra Italiana e Orchestrazione fra Sette e Ottocento

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A questo proposito si può avanzare un’ipotesi che, chiarendo i presupposti del suddetto<br />

cambiamento, mira a giustificarlo alla luce della soluzione pratica adottata da molte orchestra<br />

dell’epoca, ossia l’adozione del fortepiano 12 al posto del cembalo: è verosimile difatti che tale<br />

soluzione abbia completamente rivoluzionato la pratica esecutiva orchestrale eliminando alcune<br />

delle condizioni che imponevano la presenza di due cembali alle estremità dello spazio orchestrale.<br />

La sostituzione del cembalo con il pianoforte<br />

Per meglio chiarire la portata di tale ipotesi bisogna dapprima ribadire, sulla scorta di importanti<br />

lavori specialistici dedicati all’argomento 13 , che l’avvento generalizzato del pianoforte nella pratica<br />

professionale in Italia va verosimilmente retrodatato 14 e che questo fenomeno è stato a lungo<br />

occultato dall’ambiguo significato del termine «cembalo» tra fine del XVIII e inizio del XIX<br />

secolo.<br />

Se difatti uno studio di Elena Biggi Parodi recentemente pubblicato ha pienamente confermato il<br />

fatto che il Metodo per il clavicembalo di Francesco Pollini (1811) fosse in realtà destinato al<br />

pianoforte 15 ; se in un documento ancora precedente, del 1805, troviamo il «maestro al cembalo»<br />

Ambrogio Minoia (all’epoca in forza alla Scala) inequivocabilmente alle prese con un «pianoforte»<br />

16 ; se ormai sappiamo che gli ultimi clavicembali furono costruiti in Italia nei primissimi anni<br />

’90 del <strong>Sette</strong>cento 17 ; se ancora molto precedentemente, addirittura nel 1768, Boccherini pubblicava<br />

le sue Sonate per cembalo con violino obbligato op. 5. mentre l’autografo di quest’ultime (Parma<br />

biblioteca Palatina) è chiaramente destinato al «forte piano» 18 ; se molto di ciò che sta emergendo<br />

intorno alla storia sette-ottocentesca del pianoforte in Italia risulta occultato dietro a quel fuorviante<br />

termine «cembalo» che in italiano aveva dunque la stessa ambiguità del tedesco Clavier 19 , dovremo<br />

allora affidarci all’organologia per chiarire al più presto questa particolare trasformazione<br />

dell’orchestra primo-ottocentesca.<br />

Ad ogni modo è verosimile che la maggior potenza sonora del pianoforte rispetto al<br />

clavicembalo, prima ancora del suo carattere timbrico, dovette rappresentare un elemento<br />

discriminante che ne impose ben presto la preferenza in tutti i teatri italiani rendendo superfluo con<br />

la sua sonorità il raddoppio dello strumento a tastiera (per «comodo de’ Cantori»). Tale<br />

cambiamento, sovente non facilmente riscontrabile nelle testimonianze documentarie proprio per la<br />

generalizzata utilizzazione del termine «cembalo», può essere dunque ipotizzato ogni volta che<br />

compare un solo strumento al posto di due, il che sovente coincide anche con la sua collocazione in<br />

12<br />

Ci si riferisce ai primi modelli di pianoforte, ossia a quelli non dotati di un’intelaiatura metallica di rinforzo.<br />

13<br />

Cfr. Cesare Ponsicchi, Il pianoforte. Sua origine e suo sviluppo, Firenze, Guidi 1876, nel quale sono riportate notizie<br />

che sembrano accreditare una linea di continuità nella costruzione del pianoforte (almeno in Toscana) a partire<br />

dall’attività dello stesso Bartolomeo Cristofori; inoltre il saggio di Mario Fabbri, Il primo «pianoforte» di Bartolomeo<br />

Cristofori e Giorgio F. Haendel, «Chigiana», XXI, 1964, n.s. 1, pp. 143-190: 162-172, nel quale sono riportati i nomi di<br />

sette costruttori di «cembali» con registri di piano e forte, attivi <strong>fra</strong> 1777 1788; dello stesso autore cfr. anche L’alba del<br />

pianoforte. Verità storica sulla nascita del primo cembalo a martelletti, Milano, Nuove Edizioni di Milano 1968,.<br />

14<br />

Le testimonianze di seguito presentate, pur senza alcuna pretesa sistematicità, sembrano tuttavia sufficienti a<br />

dimostrare la validità dell’assunto, ossia la reale prevalenza del pianoforte, almeno nella pratica esecutiva professionale,<br />

negli anni a cavallo tra i due secoli.<br />

15<br />

Elena Biggi Parodi, Il «Metodo pel clavicembalo» di Francesco Pollini, ossia il primo metodo pubblicato in Italia per<br />

il pianoforte, «Nuova rivista musicale italiana», , 1991, pp. 1-29.<br />

16<br />

Cfr. Agostina Zecca Laterza, Bonifacio Asioli Maestro e Direttore della Real musica, «Chigiana», 1971, n.s. 6-7, pp.<br />

61-76; 63.<br />

17<br />

Cfr. Clavicembali e spinette dal XVI al XIX secolo. Collezione L.F. Tagliavini, a cura di Luigi Ferdinando Tagliavini<br />

e John Henry van der Meer, Bologna, Grafis 1986, p.121.<br />

18<br />

cfr. quanto riportato da Franco Angeleri nell’opuscolo allegato al CD Luigi Boccherini, Sonate per fortepiano con<br />

accompagnamento di violino, Tactus TC 74021201, 1990 (Franco Angeleri, fp.; Enrico Gatti, vl.)<br />

19<br />

cfr. Biggi Parodi, art. cit., pp. 5-6 nota 25<br />

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