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Il Tabloid del festival Time in Jazz 2005

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<strong>in</strong>fo@time<strong>in</strong>jazz.it


2<br />

<strong>Il</strong> critico italiano Gianfranco Salvatore, curatore di un<br />

<strong>in</strong>teressante libro sulla Techno-Trance, scrive nella sua<br />

prefazione: “Gli anni di techno e di musica digitale<br />

hanno risvegliato nella nostra civiltà tecnologica e<br />

metropolitana un’antichissima risorsa vitale: la capacità<br />

di trascendere il proprio corpo per accedere, attraverso la<br />

musica e la danza, alla dimensione <strong>del</strong>l’ignoto, <strong>del</strong>l’altrove<br />

e dunque <strong>del</strong>la trance”.<br />

In un recente convegno, svoltosi a Venezia nel 2002 sul<br />

tema “Musica e stati alterati di coscienza”, si è riflettuto<br />

<strong>in</strong> modo approfondito sui poteri <strong>del</strong>la musica che da<br />

sempre modificano la nostra percezione emotiva e sull’associazione<br />

sistematica tra musica e stati transitori di<br />

alterazione <strong>del</strong>le attività psichiche (trance, estasi, sdoppiamento<br />

o sovrapposizione di personalità, visione,<br />

“viaggio” mistico, ecc.) che è riscontrabile alle più diverse<br />

latitud<strong>in</strong>i e nei riti a sfondo terapeutico e religioso di<br />

molte culture e società tradizionali.<br />

“Essa costituisce tuttora - si scrive nella prefazione al convegno<br />

- un tratto caratteristico dei cosiddetti culti di possessione<br />

africani e mediterranei, <strong>del</strong>lo sciamanismo euroasiatico<br />

e amer<strong>in</strong>diano, <strong>del</strong>le pratiche devozionali <strong>del</strong>la<br />

mistica islamica e anche di alcuni nuovi riti cristiani. Già<br />

rilevata da Platone e Aristotele, questa s<strong>in</strong>golare relazione<br />

fra musica e stati non ord<strong>in</strong>ari di coscienza è divenuta<br />

oggetto di particolare attenzione soprattutto a partire dalla<br />

seconda metà <strong>del</strong> secolo scorso a seguito di approfonditi<br />

studi antropologici e storico-religiosi sulle tecniche e le<br />

religioni ‘estatiche’ suscitando anche un certo <strong>in</strong>teresse di<br />

massa grazie alla particolare diffusione di alcune ricerche, come<br />

quelle di Ernesto De Mart<strong>in</strong>o e Diego Carpitella sul tarantismo<br />

pugliese o di Métraux sul vodu haitiano”.<br />

E’ stato il grande fotografo sardo Franco P<strong>in</strong>na a documentare<br />

parte <strong>del</strong>lo straord<strong>in</strong>ario lavoro di De Mart<strong>in</strong>o: dalla <strong>in</strong>chiesta a<br />

Tricarico <strong>del</strong> 1952 f<strong>in</strong>o alla ricerca sul tarantismo nel Salento <strong>del</strong><br />

1959 passando per la “spedizione” <strong>in</strong> Lucania <strong>del</strong> 1952, questa<br />

prima forma di “antropologia visuale” racconta <strong>in</strong> un <strong>in</strong>teressante<br />

libro fotografico quel rapporto tra Sud e magia e tra magia e musica<br />

che è alla base, ad esempio, <strong>del</strong> nuovo fenomeno legato al tarantismo<br />

pugliese, oggi prepotentemente alla ribalta.<br />

Dal convegno di Venezia si ev<strong>in</strong>ce quanto il contributo <strong>del</strong>l’etnomusicologia<br />

si sia rivelato fondamentale nello studio sulle potenzialità<br />

<strong>del</strong>la musica <strong>in</strong> rapporto all'<strong>in</strong>duzione verso condizioni estatiche<br />

o di trance; <strong>in</strong> particolare, il noto saggio di Gilbert Rouget su<br />

“Musica e trance” (1980) ha proposto una completa classificazione<br />

dei vari fenomeni avanzando precise ipotesi sui rispettivi ruoli che<br />

musica, danza, rito e f<strong>in</strong>alità terapeutiche giocano nello strano<br />

meccanismo dei riti di possessione.<br />

Negli atti <strong>del</strong> convegno di Venezia si legge ancora: “Se per alcuni<br />

anni la discussione scientifica sui rapporti fra musica e stati<br />

non ord<strong>in</strong>ari di coscienza è stata molto vivace e ricca di contributi<br />

è nell’ultimo decennio che il dibattito si è progressivamente<br />

attenuato, lasciando aperti non pochi <strong>in</strong>terrogativi circa l’effettivo<br />

‘potere’ - puramente emozionale e comunicativo o anche psicofisiologico<br />

- <strong>del</strong>la musica all’<strong>in</strong>terno dei vari dispositivi terapeutici<br />

e religiosi tradizionali. Paradossalmente, però, le questioni<br />

sollevate si sono riverberate al di fuori degli ambiti scientifici,<br />

favorendo <strong>in</strong>direttamente un proliferare di nuovi fenomeni: dallo<br />

sviluppo di particolari tecniche terapeutiche con musica, quali ad<br />

esempio la ‘respirazione olotropica’ sperimentata a partire dagli<br />

il <strong>festival</strong><br />

<strong>Il</strong> segno e la musica verso la primordiale e sciamanica metafora <strong>del</strong>l’arte<br />

Digital Trance<br />

La Tiger Dixie Band e lo staff di <strong>Time</strong> <strong>in</strong> <strong>Jazz</strong> alla festa f<strong>in</strong>ale <strong>del</strong> Festival 2004<br />

anni ‘70 dal medico praghese Stanislav Grof <strong>in</strong> California, a un<br />

<strong>in</strong>teresse crescente <strong>del</strong>le nuove generazioni occidentali per alcune<br />

pratiche coreutico-musicali tradizionalmente connesse alla<br />

trance o all’estasi”.<br />

Un esempio tra tutte quelle dei rituali gnâwa <strong>del</strong> Marocco o dei dervisci<br />

mevlevi turchi che avremo il piacere di ospitare proprio <strong>in</strong><br />

seno al nostro <strong>festival</strong>. Ma come riesam<strong>in</strong>are oggi il nesso musica/trance<br />

e soprattutto come svolgere questo tema all’<strong>in</strong>terno di un<br />

<strong>festival</strong> di jazz come il nostro?<br />

In Marocco, <strong>in</strong> occasione <strong>del</strong>la festa <strong>del</strong>la Achura i bamb<strong>in</strong>i ricevono<br />

<strong>in</strong> dono dai genitori un piccolo tamburo (ta’rija) per praticare<br />

il ritmo di possessione con cui si <strong>in</strong>voca la presenza <strong>del</strong>la<br />

santa Lala Mnena, che ha il potere di far entrare <strong>in</strong> trance. Nei<br />

ritmi complessi e nelle danze di possessione praticate dalle tribù<br />

Gnâwa (di cultura nera) e Jahjûka (di cultura bianca), il suono<br />

<strong>del</strong>le percussioni <strong>in</strong>fluisce sul corpo alterando la frequenza <strong>del</strong>le<br />

onde cerebrali e qu<strong>in</strong>di <strong>in</strong>ondando le zone sensibili <strong>del</strong> cervello.<br />

Si verifica così un aumento <strong>del</strong>la produzione di ormoni da parte<br />

<strong>del</strong> sistema ghiandolare, che a sua volta <strong>in</strong>fluisce sulle emozioni<br />

e sulla mente. Se lo stato di trance è uno stato di coscienza <strong>in</strong>dotto<br />

a livello fisico per liberare lo spirito, è per questo che nelle<br />

cerimonie di trance si usano ritmi fortemente ossessivi, capaci di<br />

provocare i necessari mutamenti fisici.<br />

Si tende <strong>del</strong> resto a def<strong>in</strong>ire sommariamente “musica” un <strong>in</strong>sieme<br />

di suoni articolato e armonioso, mentre questi altro non sono<br />

che onde vibrazionali e noi siamo fatti di vibrazioni elettromagnetiche.<br />

In un altro <strong>in</strong>teressante saggio sulla “Musica come<br />

nutrimento”, Carlo Di Stanislao sostiene che la regolazione di<br />

molte funzioni <strong>del</strong> corpo umano, animale o vegetale, è dovuta<br />

proprio a onde vibrazionali coerenti (studi di Froelich, Popp, Del<br />

Giudice, Kervran, Vithoulkas e altri recentissimi sugli effetti <strong>del</strong>-<br />

l’omeopatia, <strong>del</strong>la cromoterapia, <strong>del</strong> soft-laser, <strong>del</strong>la<br />

musicoterapia), e studiosi <strong>del</strong> calibro di Bienveniste affermano<br />

che qualsiasi sostanza agisce attraverso la sua specifica<br />

vibrazione, piuttosto che grazie alla sua composizione<br />

molecolare.<br />

Oltre all’elemento ritmico <strong>in</strong>calzante, è dunque l’elemento<br />

sonoro a def<strong>in</strong>ire le potenzialità evocative e vibrative <strong>del</strong>lo<br />

tsunami sonoro che <strong>in</strong>duce all’alterazione degli stati di<br />

coscienza. Quel flusso stratificato e circolare fatto di loops<br />

e campionamenti digitali che, come scrive ancora<br />

Salvatore, “trasfigurano lo strato armonico verso uno strato<br />

timbrico e/o di contrappunto forsennato”; ed è proprio questa<br />

risultanza che il musicologo Roberto Agost<strong>in</strong>i def<strong>in</strong>isce<br />

“contrappunto amelodico”.<br />

La facilità di pilotare moderni sequencer, multieffetti digitali<br />

e computer con programmi di registrazione musicale, ha<br />

facilitato enormemente quel percorso che porta a trovare<br />

una precisa e logica relazione tra una musica apparentemente<br />

spoglia di contenuti armonici e priva (sempre apparentemente)<br />

di pensiero costruttivo, anche se c’è un preciso<br />

filo conduttore e un riferimento neanche troppo <strong>in</strong>diretto tra<br />

il tardo Debussy, John Cage, Strav<strong>in</strong>skij e Xenakis con<br />

quell’Ottocento teso verso uno sviluppo esasperato <strong>del</strong>la<br />

melodia e <strong>del</strong>la densità armonica.<br />

In questo contesto è evidente quanto il jazz abbia contribuito<br />

<strong>in</strong> maniera forte, <strong>in</strong> quanto l<strong>in</strong>guaggio musicale<br />

nato nel Novecento, a rompere gli arg<strong>in</strong>i <strong>del</strong>la corretta<br />

armonia, <strong>del</strong>l’esasperata melodizzazione e dunque <strong>del</strong>l’estetica<br />

canonica.<br />

<strong>Il</strong> 18 Febbraio <strong>del</strong> 1969, il trombettista Miles Davis entra nello<br />

studio “B” <strong>del</strong>la Columbia assieme a Wayne Shorter, John<br />

McLaughl<strong>in</strong>, Herbie Hancock, Chick Corea, Joe Zaw<strong>in</strong>ul, Dave<br />

Holland e Tony Williams. Sei mesi dopo l’album è nei negozi: si<br />

<strong>in</strong>titola “In A Silent Way” e <strong>in</strong>augura, a dispetto <strong>del</strong> titolo, l’era<br />

meno silenziosa <strong>del</strong>la storia <strong>del</strong> jazz con i suoi suoni acidi e duri.<br />

Nello stesso momento i teorici e i giornalisti coniarono un term<strong>in</strong>e<br />

per def<strong>in</strong>ire un nuovo stile: quello <strong>del</strong>la “fusion” che marcherà<br />

fortemente gli anni Settanta e i primi Ottanta…<br />

Ma se il concetto di fusione messo <strong>in</strong> atto dal trombettista<br />

<strong>del</strong>l’<strong>Il</strong>l<strong>in</strong>ois rappresenta l’apertura estrema <strong>del</strong> jazz verso le altre<br />

musiche, è nel messaggio <strong>in</strong>tr<strong>in</strong>seco che bisogna trovare la chiave<br />

che aprirà le porte alle “musiche altre” per andare verso una<br />

visione più cosmopolita <strong>del</strong>l’arte che conduce il jazz, musica<br />

“meticciata” per antonomasia, da una dimensione di nicchia verso<br />

quella popolarità che oggi ha raggiunto il suo apice.<br />

Se il popolo dei rave rappresenta quella risposta all’implosiva<br />

condizione elitaria <strong>del</strong> jazz degli anni Settanta, è ora nelle grandi<br />

kermesse estive che si può toccare per mano quella sorta di<br />

ebbrezza collettiva che Gilbert Rouget constata come una nuova<br />

necessità comunicativa: il movimento (<strong>in</strong> quanto opposto all’immobilità<br />

estatica), il rumore (opposto al silenzio), la presenza di<br />

altre persone (opposta alla solitud<strong>in</strong>e) e l’iperstimolazione (opposta<br />

alla privazione sensoriale) sono <strong>in</strong>dividuati e catalogati anche<br />

da Gianfranco Salvatore come i punti card<strong>in</strong>e <strong>del</strong>l’esigenza di<br />

<strong>in</strong>contro e di fruizione collettiva, e appartengono, a mio avviso,<br />

sia al mondo <strong>del</strong> rave che a quello, ad esempio, <strong>del</strong> nuovo jazz<br />

scand<strong>in</strong>avo, turco o newyorkese.<br />

<strong>Time</strong> <strong>in</strong> jazz, che quest’anno diventa maggiorenne e che pensa<br />

per eventi (non nel senso biecamente commerciale <strong>del</strong> term<strong>in</strong>e) e<br />

per <strong>in</strong>contri e scontri attraverso un armonioso bombardamento di<br />

BERCHIDDA: L’AMMINISTRAZIONE COMUNALE<br />

BEN’ENIDOS<br />

BENVENUTI<br />

KARIBU<br />

WELCOME<br />

BIENVENUE<br />

BIENVENIDOS<br />

VELKOMMEN<br />

WILLKOMMEN<br />

VELKOM<br />

TERVETULOA<br />

HOS GELDINIZ<br />

BUN VENIT


stimoli e di accadimenti, non poteva non affrontare, nel segno e<br />

nella musica, il “transire” verso la primordiale e sciamanica<br />

metafora <strong>del</strong>l’arte.<br />

* * *<br />

“Though liv<strong>in</strong>g <strong>in</strong> technologic and modern societies, techno and<br />

digital music years awakened a very ancient and <strong>in</strong>ner human life<br />

property: a sort of capacity of transcend<strong>in</strong>g the body by means of<br />

music and dance, sett<strong>in</strong>g off towards the unknown, the elsewhere<br />

then <strong>in</strong>to trance” said the Italian critic Gianfranco Salvatore <strong>in</strong><br />

his book’s preface on techno-trance.<br />

In a recent conference on “Music and altered states of consciousness”<br />

(Venice, Italy 2002), music power of modify<strong>in</strong>g <strong>in</strong>dividual<br />

emotional perception has been exam<strong>in</strong>ed thoroughly. This<br />

led to f<strong>in</strong>d a systematic relationship between music and temporary<br />

altered states of m<strong>in</strong>d’s activities as those experienced <strong>in</strong><br />

several traditional cultures’ heal<strong>in</strong>g, mystical and religious experiential<br />

forms (trance, ecstasy, personality’s splitt<strong>in</strong>g, visionary<br />

and mystical journey etc.).<br />

As reported from the conference’s preface: “By now, this not<br />

only is a specific legacy of the so-called African and<br />

Mediterranean possession cults but of Euroasian and American<br />

Indian shamanism, Islamic mysticism’s religious practices and<br />

recent Christian rites as well. Not secluded to Plato and Aristotle,<br />

the peculiar relationship between music and non-ord<strong>in</strong>ary states<br />

of consciousness (NOSC) have been highlighted by exhaustive<br />

anthropological and historical <strong>in</strong>vestigations on ecstatic religions<br />

and techniques s<strong>in</strong>ce the end of the last century. Moreover, surveys<br />

on Apulean tarantism phenomena (by Ernesto De Mart<strong>in</strong>o<br />

and Diego Carpitella) or on Haïtian voodoo cult (by Métraux)<br />

opened up to a widespread mass <strong>in</strong>terest”.<br />

First essay of “visual anthropology”, the <strong>in</strong>terest<strong>in</strong>g book by the<br />

great Sard<strong>in</strong>ian photographer Franco P<strong>in</strong>na gave evidence to the<br />

extraord<strong>in</strong>ary De Mart<strong>in</strong>o’s work: Tricarico’s <strong>in</strong>quiry and<br />

Lucania’s expedition <strong>in</strong> 1952 and his survey on Apulean tarantism<br />

<strong>in</strong> 1959. Magic and the South, magic and music: a relationship at<br />

the base of the cutt<strong>in</strong>g-edge <strong>in</strong>terest for tarantism phenomenon.<br />

Accord<strong>in</strong>g to Venice’s conference assumptions, ethnomusicology<br />

has been forcefully conducive to studies on music’s potential<br />

property of sett<strong>in</strong>g people <strong>in</strong>to ecstasy or trance. At this purpose,<br />

it’s worth mention<strong>in</strong>g Gilbert Rouget’s “Music and Trance”<br />

(1980). His work is an extended analysis and classification of<br />

diverse phenomena related to music and trance as well as a<br />

developed theory on music, dance and heal<strong>in</strong>g practices’ specific<br />

roles <strong>in</strong> rituals of possession. “Although very attentive and<br />

active for several years, scientific debates on music and nonord<strong>in</strong>ary<br />

states of consciousness matters have cont<strong>in</strong>uously<br />

dim<strong>in</strong>ished dur<strong>in</strong>g the latest ten years. Nevertheless, many questions<br />

on real music strength’s emotional, communicative and<br />

psycho-physiological effects with<strong>in</strong> traditional heal<strong>in</strong>g and religious<br />

rituals left the matter open and <strong>in</strong>directly gave way to other<br />

non-scientific belief systems. So far, specific therapeutic music<br />

techniques developed: <strong>in</strong> California dur<strong>in</strong>g the ‘70s, the<br />

holotropic breathwork by the Praguese physician Stanislav Grof,<br />

and a new Western generations’ grow<strong>in</strong>g <strong>in</strong>terest <strong>in</strong> choreuticmusical<br />

practices traditionally l<strong>in</strong>ked to trance or ecstasy”.<br />

Provided that and among all, this year we have the pleasure of host<strong>in</strong>g<br />

Gnawa and Mawlawi rituals, respectively from Morocco and<br />

Turkey. But how can we currently re-exam<strong>in</strong>e music/trance relationship<br />

and develop the issue with<strong>in</strong> a jazz <strong>festival</strong> of this sort?<br />

In Morocco, dur<strong>in</strong>g Ashura’s celebration, relatives are used to<br />

give their children a small drum (ta’rija) as present. The <strong>in</strong>strument’s<br />

possession beat allow them to recall on sa<strong>in</strong>t Lala<br />

Mnena’s power of sett<strong>in</strong>g people <strong>in</strong>to trance. Both Gnawa (from<br />

blacks heritage) and Jajuka tribes (from whites heritage) feature<br />

GIOVEDÌ 11 AGOSTO<br />

Montalvu Foresta Demaniale Monte Limbara Sud - h. 06.00<br />

MontAlbæ In > Paolo Fresu & Alborada Str<strong>in</strong>g Quartet<br />

“Scores”<br />

<strong>in</strong> collaborazione con l’Ente Foreste <strong>del</strong>la Sardegna<br />

Stazioni ferroviarie<br />

Olbia/Monti/Berchidda/Oschiri/Chilivani<br />

partenza h. 10.59 > arrivo h. 12.33<br />

“TEE / TrancEuropExpress”<br />

Brittany Bagpipes & Orchestra di Launeddas di Luigi Lai<br />

produzione orig<strong>in</strong>ale<br />

<strong>in</strong> collaborazione con Trenitalia e RFI<br />

Ozieri, Basilica di Sant’Antioco di Bisarcio - h. 18.00<br />

Bugge Wesseltoft & Sidsel Endresen<br />

Berchidda, Piazza <strong>del</strong> Popolo - h. 21.30<br />

Jon Balke Magnetic North Orchestra<br />

Jacques Pellen “Celtic Procession” con Brittany Bagpipes<br />

produzione orig<strong>in</strong>ale<br />

VENERDÌ 12 AGOSTO<br />

Monti, Santuario di San Paolo Eremita - h. 11.00<br />

Jon Balke & Bugge Wesseltoft Duo - produzione orig<strong>in</strong>ale<br />

Oschiri, Chiesa di N. Signora Di Castro - h. 18.00<br />

Triptyque<br />

Berchidda, Piazza <strong>del</strong> Popolo - h. 21.30<br />

Gnawa Sidi Mimoun “Gnaoua project”<br />

special guest: Karim Ziad - produzione orig<strong>in</strong>ale<br />

Bugge Wesseltoft New Conception of <strong>Jazz</strong><br />

SABATO 13 AGOSTO<br />

Berchidda, Chiesa di San Michele - h. 11.00<br />

Jon Balke piano solo<br />

Berchidda, Chiesa di Santa Cater<strong>in</strong>a - h. 18.00<br />

Gnawa Sidi Mimoun “Gnawa acoustic project”<br />

il <strong>festival</strong><br />

possession rituals based on danc<strong>in</strong>g and complex beats. Here,<br />

sounds from percussion affect the body by spread<strong>in</strong>g <strong>in</strong>side<br />

bra<strong>in</strong>’s sensitive areas and alter<strong>in</strong>g its waves’ frequencies. Due to<br />

the glandular system, a hormones production’s <strong>in</strong>crease follows<br />

and consequently <strong>in</strong>fluences emotions as well as m<strong>in</strong>d greatly.<br />

Provid<strong>in</strong>g that trance is a state of consciousness <strong>in</strong>duced at a physical<br />

level to free<strong>in</strong>g soul, this expla<strong>in</strong>s the use of obsessive rhythms<br />

dur<strong>in</strong>g trance rituals <strong>in</strong> order to cause the physical changes required.<br />

Usually music is roughly described as a harmonic and articulated<br />

sound as a whole, without tak<strong>in</strong>g <strong>in</strong>to account that sounds are<br />

noth<strong>in</strong>g else than vibration waves as well as human be<strong>in</strong>g is<br />

made from electromagnetic vibrations. Accord<strong>in</strong>g to Carlo Di<br />

Stanislao’s impressive essay on “Musica come nutrimento”,<br />

vibration waves do coherently <strong>in</strong>fluence numerous human, animal<br />

and vegetable body’s functions (see also Froelich, Popp, Del<br />

Giudice, Kervran, Vithoulkas and latest studies on effects related<br />

to homeopathy, chromo-therapy, soft-laser and music-therapy).<br />

Bienveniste and researchers of his same k<strong>in</strong>d assume that more<br />

than through its molecular composition any substance acts<br />

accord<strong>in</strong>g to its own peculiar vibration. Hence, the <strong>del</strong>uge of<br />

sounds’ evocative and vibration strength caus<strong>in</strong>g the so-called<br />

altered states of consciousness is strictly due to the sound element<br />

<strong>in</strong> itself apart from any throbb<strong>in</strong>g beat.<br />

A sort of loop-digital-sample-bedded and circular stream “transforms<br />

the harmonic surface <strong>in</strong>to a frantic counterpo<strong>in</strong>t” Salvatore<br />

writes. And accord<strong>in</strong>g to music researcher Roberto Agost<strong>in</strong>i, “a<br />

non-melodic counterpo<strong>in</strong>t” results from the occurred and above<br />

mentioned transformation.<br />

By far modern sequencers, digital multi-effects and music<br />

record<strong>in</strong>g softwares’ access is now undisputedly easy. This has<br />

managed to f<strong>in</strong>d out a specific and logic relationship between an<br />

apparently harmonic content and construct<strong>in</strong>g thought-bared<br />

music with the n<strong>in</strong>eteenth century’s sound features forcefully<br />

aimed to develop melody and harmonic density. Nonetheless, the<br />

later Debussy’s work, John Cage, Strav<strong>in</strong>skij and Xenakis have<br />

a def<strong>in</strong>ite and mutual theme and a pretty direct reference to.<br />

In the twentieth century, jazz has profoundly contributed to overcome<br />

patterns a proper harmony, an exacerbat<strong>in</strong>g melody and<br />

then aesthetics’ rules imposed.<br />

On February 18th 1969, the trumpeter Miles Davis alongside<br />

Wayne Shorter, John McLaughl<strong>in</strong>, Herbie Hancock, Chick Corea,<br />

Joe Zaw<strong>in</strong>ul, Dave Holland and Tony Williams set out record<strong>in</strong>g<br />

<strong>in</strong> Columbia Records’ B studio. Six months later the album’s<br />

release. Despite its title, “In a Silent Way” and its acid and harsh<br />

sounds opened up to the jazz history’s noisiest period. At the same<br />

time, theorists and journalists described this new born orig<strong>in</strong>al<br />

style deeply <strong>in</strong>fluenc<strong>in</strong>g the com<strong>in</strong>g ‘70s and ‘80s as “fusion”.<br />

Hence, the <strong>Il</strong>l<strong>in</strong>ois-born trumpeter def<strong>in</strong>itely po<strong>in</strong>ted jazz to other<br />

musical directions. “Half-bred” music par excellence, jazz has<br />

been progressively worldwide prized s<strong>in</strong>ce then and at its popularity’s<br />

apex today as a field of music.<br />

Right opposite to the unwill<strong>in</strong>g jazz’s élite condition faced <strong>in</strong> the<br />

‘70s, rave’s summer reunions and followers now better represent<br />

the new communicat<strong>in</strong>g need. Accord<strong>in</strong>g to Gilbert Rouget as<br />

well as Gianfranco Salvatore, motion, noise, collective dimension<br />

and hyper-stimulation play a key role <strong>in</strong> the urg<strong>in</strong>g of a collective<br />

dimension. And <strong>in</strong> my op<strong>in</strong>ion, they are also deeply concerned<br />

with new jazz expressions com<strong>in</strong>g from Scand<strong>in</strong>avia,<br />

Turkey and New York.<br />

Specifically conceived on its events’ <strong>in</strong>ner mean<strong>in</strong>g, <strong>Time</strong> <strong>in</strong> <strong>Jazz</strong><br />

Festival has been based on its ever stimulat<strong>in</strong>g strength s<strong>in</strong>ce<br />

ever. And now, turn<strong>in</strong>g to its 18th edition, arts as well as music<br />

have just got to be committed to the “Trans-ire” toward art’s primordial<br />

and shamanic symbolism.<br />

Berchidda, Giard<strong>in</strong>i Casa di riposo per anziani - h. 19.45<br />

Gara di Poesia <strong>in</strong> l<strong>in</strong>gua sarda con i poeti improvvisatori<br />

Mario Masala, Bruno Agus e Giuseppe Porcu<br />

Berchidda, Piazza <strong>del</strong> Popolo - h. 21.30<br />

“Experimentum Mundi Remix” opera di musica immag<strong>in</strong>istica<br />

- live di Giorgio Battistelli e Maurizio Martusciello<br />

Mercan Dede Secret Tribe<br />

DOMENICA 14 AGOSTO<br />

Berchidda, Museo <strong>del</strong> V<strong>in</strong>o – h. 10.30<br />

Presentazione dei libri “Musica e Architettura. Paesaggi<br />

<strong>del</strong>la contemporaneità” a cura di Salvatore Peluso e<br />

“Paolo Fresu: la Sardegna, il <strong>Jazz</strong>” di Enzo Gravante<br />

Berchidda, Museo <strong>del</strong> V<strong>in</strong>o - h. 12.00<br />

Concerto Aperitivo con Angelo Lazzeri Quartetto<br />

Nughedu San Nicolò, Chiesa di Sant’Antonio Abate - h. 18.00<br />

Furio Di Castri & Gianluca Petrella Duo<br />

Berchidda, Piazza <strong>del</strong> Popolo - h. 21.30<br />

Michel Benita & Judith Darmont “Translate”<br />

guests: Erik Truffaz, Philippe Garcia<br />

Sex Mob - special guest: DJ Olive<br />

LUNEDÌ 15 AGOSTO<br />

Semida - Arboreto mediterraneo - Foresta Demaniale<br />

Monte Limbara Sud - h. 11.00<br />

Steven Bernste<strong>in</strong> “Special Mounta<strong>in</strong>” Project<br />

produzione orig<strong>in</strong>ale<br />

<strong>in</strong> collaborazione con l’Ente Foreste <strong>del</strong>la Sardegna<br />

Tempio Pausania, L’Agnata - h. 18.00<br />

Danilo Rea “<strong>Il</strong> jazz <strong>in</strong>contra la musica d'autore:<br />

omaggio a Fabrizio De Andrè” produzione orig<strong>in</strong>ale<br />

<strong>in</strong> collaborazione con la Fondazione Fabrizio De Andrè<br />

“La Gallura di Fabrizio tra musica e e poesia”<br />

mostra fotografica h. 10.00>21.00<br />

Berchidda, Piazza <strong>del</strong> Popolo - h. 21.30<br />

Gianluca Petrella Indigo Quartet<br />

Bollywood Brass Band & Festa f<strong>in</strong>ale con giochi pirotecnici<br />

Montalvu Foresta Demaniale Monte Limbara Sud<br />

h. 06.30 <strong>del</strong> 16 agosto<br />

MontAlbæ Out > Paolo Fresu & Alborada Str<strong>in</strong>g Quartet<br />

“ArvoPärtrance” - produzione orig<strong>in</strong>ale<br />

TUTTE LE SERE<br />

Berchidda, per le vie <strong>del</strong> paese<br />

Bollywood Brass Band - h. 19.30<br />

Mistura Pura/Dj set - h. 20.30<br />

TUTTE LE NOTTI<br />

Berchidda, Cortili di Casa Meloni,, 11>15 agosto,<br />

dopo i concerti<br />

TRANCE di NOTTE / NOTE <strong>in</strong> TRANCE<br />

rassegna di film etnografici a cura di Gianfranco Cabiddu<br />

<strong>in</strong> collaborazione con l’Istituto Superiore Regionale Etnografico<br />

Berchidda, Museo <strong>del</strong> V<strong>in</strong>o, 11>15 agosto - h. 24.00<br />

The MiXzone/Dj set e live happen<strong>in</strong>gs a cura di Radio X<br />

<strong>in</strong> collaborazione con il Museo <strong>del</strong> V<strong>in</strong>o e la Cooperativa<br />

La Memoria Storica<br />

PAV PROGETTO ARTI VISIVE<br />

Mostre _ Esposizioni _ Eventi > 11-15 agosto<br />

organizzazione e cura di<br />

Giannella Demuro e Antonello Fresu<br />

Arte tra le note > Piazza <strong>del</strong> Popolo<br />

scenografie d’artista per i concerti serali di <strong>Time</strong> <strong>in</strong> <strong>Jazz</strong><br />

Bianco-Valente, Massimo Kaufmann, Nero Project,<br />

Pastorello<br />

Digit@l trance > Museo PAV/Cortili Casa Meloni/Sa Casara<br />

a cura di Giannella Demuro e Antonello Fresu<br />

Bianco-Valente, Isabella Bordoni, Christian Chironi,<br />

Emilio Fant<strong>in</strong>, Greta Frau, Nero Project, Antonio Riello,<br />

Sara Rossi, Nico Vascellari<br />

3<br />

* * *<br />

Su critigu Gianfranco Salvatore, curadore de unu <strong>in</strong>teressante<br />

libberu subra sa Techno-Trance, iscriet <strong>in</strong> sa prefatzione: “sos<br />

annos de techno e de musica digitale ant ischidadu <strong>in</strong> sa tziviltade<br />

tecnologica e metropolitana una resursa antigoria e primaria:<br />

sa capatzidade de trassendere su corpus pro <strong>in</strong>trare, cun sa musica<br />

e cun sa danza, <strong>in</strong> sa dimensione de s’<strong>in</strong>connottu, de s’atterue<br />

e duncas de sa trance”.<br />

In unu retzente cunvegnu subra su tema «Musica e stati alterati<br />

di coscienza» fattu a Venezia <strong>in</strong> su 2002 s’est reflettidu <strong>in</strong> manera<br />

prufunda subra sos poderes de sa musica chi dae sempre<br />

mudana sa percetzione emotiva e subra s’associatzione sistematica<br />

tra musica e istados transitorios de alteratzione de sas attividades<br />

psichicas (trance, estasi, isdoppiamentu o sovrappositzione<br />

de personalidade, bisione, 'viaggiu' misticu e atteru) chi si<br />

podene acciapare <strong>in</strong> sas pius diversas latitud<strong>in</strong>es e <strong>in</strong> sos ritos a<br />

isfundu terapeuticu e religiosu de differentes culturas e sotziedades<br />

traditzionales.<br />

“Issa costituit galu – s’iscriet <strong>in</strong> sa prefazione a su cunvegnu – unu<br />

trattu caratteristicu e connottu de sos cultos de pussessu africanos<br />

e mediterraneos, de s’isciamanismu euroasiaticu e amer<strong>in</strong>dianu,<br />

de sas pratigas devotzionales de tzeltu misticismu <strong>in</strong>dianu e puru<br />

de tzertos ritos cristianos. Già connotta <strong>in</strong> Platone e Aristotele<br />

custa s<strong>in</strong>gulare relatzione tra musica e istados non ord<strong>in</strong>arios de<br />

cuscientzia est divennida ‘oe unu elementu de particulare attentzione<br />

a partire dae sa segunda meidade de su seculu passadu gratzias<br />

a sos istudios apprufundidos de antropologia e atteros de<br />

carattere istoricu-religiosu subra sas tecnicas ei sas religiones<br />

‘estaticas’ <strong>in</strong>dziriende puru unu tzertu <strong>in</strong>teressu de medas gratzias<br />

a sa particulare diffusione de tzertas cheltas, coment’e a cussas de<br />

Ernesto De Mart<strong>in</strong>o e Diego Carpitella subra su tarantismu<br />

pugliesu o de Métraux subra su vudu haitianu”.<br />

Ed est propriu su grande fotografu sardu Franco P<strong>in</strong>na a aere<br />

documentadu parte de s’istraord<strong>in</strong>ariu trabagliu de De Mart<strong>in</strong>o:<br />

dae s’<strong>in</strong>chiesta a Tricarico de su 1952 fenament’a sa chelta subra<br />

su tarantismu <strong>in</strong> Salento de su 1959 passende pro s’ispeditzione<br />

<strong>in</strong> Lucania de su 1952 custa primma fromma de 'antropologia<br />

visuale' rellattat <strong>in</strong> unu <strong>in</strong>teressante libberu fotograficu cussu rapportu<br />

tra Sud e majia chi est a sa base, peresempiu, de cussu<br />

fenomenu nou chi est ligadu a su tarantismu pugliesu e chi oe est<br />

de moda tott’ue…<br />

Dae su cunvegnu de Venezia si cumprendet cantu su cuntributu de<br />

s’etnomusicologia siat istadu fundamentale <strong>in</strong> s’istudiu de sas<br />

potentzialidades de sa musica <strong>in</strong> rapportu a s’<strong>in</strong>dutzione versu tzertas<br />

conditziones estaticas o de trance e <strong>in</strong> particulare su sadzu mentovadu<br />

de Gilbert Rouget subra «Musica e trance» (1980) hat propostu<br />

una classificatzione cumpleta de sos differentes fenomenos<br />

avantzende ipotesis pretzisas subra sos rispettivos impreos chi<br />

musica, danza, ritu e f<strong>in</strong>alidades terapeuticas giogana <strong>in</strong> s’istrambulu<br />

meccanismu de sos ritos de pussessione.<br />

In sos matessi attos de su cunvegnu si legget galu: “si pro tzertos<br />

annos sa discussione iscientifica subra sos rapportos tra musica e<br />

istados non ord<strong>in</strong>arios de cuscientzia est istada meda ‘ia e ricca<br />

de cuntenudos est <strong>in</strong> sos ultimos deghe annos chi su dibbatidu<br />

s’est pianu pianu alleventadu, lassende abeltas paritzas preguntas<br />

subra s’effettivu 'podere' – puramente emotzionale e comunicativu<br />

ma puru psicofisiologicu – de sa musica a s’<strong>in</strong>ternu de sos dispositivos<br />

terapeuticos e religiosos traditzionales.<br />

Istrambotigamente, però, sas chistiones sullevadas si sunu abertas<br />

a fora dae sos logos iscientificos, favorende <strong>in</strong>direttamente<br />

una naschida de fenomenos noos: dae s’isviluppu de particulares<br />

tecnicas terapeuticas cun musica, unu esempiu pro tottu sa 'respirazione<br />

olotropica' isperimentada a partire dae sos annos '70 dae<br />

su duttore de Praga Stanislav Grof <strong>in</strong> California, a unu <strong>in</strong>teresse<br />

En-Trance > Museo PAV<br />

a cura di Valerio Dehò<br />

Kar<strong>in</strong> Andersen, Matteo Basilè, Paolo Consorti,<br />

Massimo Kaufmann, Jorunn Monrad, Luisa Raffaelli,<br />

Francesca Semeria, Nicola Troilo<br />

Weblife - forme di vita nella rete > Cortili di Casa Meloni<br />

a cura di Valent<strong>in</strong>a Tanni<br />

Alessandro Capasso/Abstract Codex, Yuli Ziv/Adam001,<br />

Gustavo Romano/Cyberzoo, Stanza/Genomixer,<br />

S<strong>in</strong>glecell & Doublecell, Luca Bert<strong>in</strong>i/Vi-Con, Grégoire<br />

Zabé/ VirLab, Raewyn Turner e Col<strong>in</strong> Beardon/World<br />

Tree, www.8081.com/The Island<br />

Progetto Neon: Feroci <strong>in</strong>validi di ritorno dai paesi<br />

caldi > Sa Casara<br />

a cura di G<strong>in</strong>o Giannuzzi<br />

Amae Artgroup, Andrea Melloni, Barbara Fässler,<br />

Christ<strong>in</strong>e de la Garenne, Diego Zuelli, Letizia<br />

Ronz<strong>in</strong>i, Maria Vittoria Perrelli, Mauro Sampaolesi,<br />

Monika Stemmer, Nark BKB, Nicola Gobbetto,<br />

Roberta Piccioni, Sabr<strong>in</strong>a Torelli, Sandr<strong>in</strong>e<br />

Nicoletta, Sergia Avveduti, Simone Barresi,<br />

Sophie Usunier, Susanna Scarpa, Tu'm<br />

V/ideo/azioni > Sa Casara<br />

Francesco Casu, Erik Chevalier, Giovanni Coda,<br />

Tore Manca, Mario Pischedda, Elisabetta Saiu,<br />

Giulia Sale, Massimo Sanna, Danilo S<strong>in</strong>i<br />

Stage/Backstage > Museo <strong>del</strong> V<strong>in</strong>o<br />

<strong>in</strong>stallazione fotografica sul <strong>festival</strong> e i suoi artisti<br />

attraverso lo sguardo di “professionisti” e<br />

“non professionisti” <strong>del</strong>lo scatto<br />

Semida > Foresta Demaniale Monte Limbara Sud,<br />

<strong>in</strong> permanenza<br />

Clara Bonfiglio, Giovanni Campus, Bruno Petretto,<br />

P<strong>in</strong>uccio Sciola, Monica Sol<strong>in</strong>as


4<br />

sempre pius mannu dae parte de sas dzeneratziones noas pro<br />

tzertas praticas coreuticas-musicales ligadas dae sempre a sa<br />

trance o a s’estasi”.<br />

Unu esempiu tra totu cussas de sos rituales gnâwa de su Marocco<br />

o de sos derviscios Mevlevos turcos chi amus su piaghere de<br />

ospitare propriu <strong>in</strong> s<strong>in</strong>u a su <strong>festival</strong> nostru.<br />

Ma comente si diat rijam<strong>in</strong>are ‘oe su nessu ei su rapportu musica/trance<br />

e, ispecialmente, comente affrontare custu tema a s’<strong>in</strong>ternu<br />

de unu <strong>festival</strong> jazz coment’e su nostru?<br />

In Marocco, <strong>in</strong> s’occasione de sa festa de s’Achura sos piseddos<br />

ant <strong>in</strong> donu dae sos babbos e dai sas mamas unu tamburu m<strong>in</strong>oreddu<br />

(ta’rija) pro pratigare su ritmu de pussessione ‘ue si <strong>in</strong>cremensat<br />

sa presentzia de sa santa Lala Mnena chi at su podere de<br />

faghere <strong>in</strong>trare <strong>in</strong> trance. In sos ritmos cumplessos e <strong>in</strong> sos ballos<br />

de pussessione pratigados dae sas tribù Gnâwa (de cultura niedda)<br />

e Jahjûka (de cultura bianca) su sonu de sas percussiones <strong>in</strong>fluit<br />

subra su corpus movende sas frecuentzias de sas undas tzerebrales<br />

e duncas <strong>in</strong>undhende de ormones dae parte de su sistema giangulare,<br />

chi a borta sua, <strong>in</strong>fluit <strong>in</strong> sas emotziones e <strong>in</strong> sa mente. Si s’istadu<br />

de trance est unu istadu de cuscentzia <strong>in</strong>dottu a livellu fisicu<br />

pro liberare s’ispiritu est pro custu chi <strong>in</strong> sas tzerimonias de trance<br />

si impittan ritmos ossessivos capatzos de provocare sos netzessarios<br />

cambiamentos fisicos.<br />

De su restu si chircat de def<strong>in</strong>ire <strong>in</strong> modu summariu ‘musica’ s’umpare<br />

de sos sonos articulados e armoniosos mentres custos no sunu<br />

atteru che undas vibratzionales e nois semus fattos de vibratziones<br />

elettromagneticas. In un’atteru <strong>in</strong>teressante sadzu subra «Musica<br />

come nutrimento» Carlo di Stanislao sustenit chi sa regulatzione de<br />

paritzas funtziones de su corpus umanu, animale o vegetale, est<br />

devida propriu a undas vibratzionales coerentes (istudios de<br />

Froelich, Popp, Del Giudice, Kervran, Vithoulkas e atteros retzentes<br />

subra sos effettos de s’omeopatia, de sa cromoterapia, de su softlaser<br />

e de sa musicoterapia) e istudiosos de su calibru de Bienveniste<br />

affirmana chi ondzi sustantzia agit attraversu s’ispetzifica vibrazione<br />

sua pius che gratzias a sa cumpositzione molecolare.<br />

A parte s’elementu ritmicu ossessivu est duncas s’elementu<br />

sonoru a def<strong>in</strong>ire sas potentzialidades evocativas e vibrativas de<br />

su tsunami sonoru chi non giughet a s’alteratzione de sos istados<br />

de cuscientzia. Cussu riu istratificadu e circulare fattu de loops e<br />

campionamentos digitales chi, comente iscriet ancora Salvatore:<br />

“trasfigurana s’istratu armonicu pro andare <strong>in</strong> unu istratu timbricu<br />

e/o de contrapuntu foraessidu” ed est propriu custa resultant-<br />

il <strong>festival</strong><br />

zia chi su musicologu Roberto Agost<strong>in</strong>i def<strong>in</strong>it 'contrappunto<br />

amelodico'.<br />

Sa fatzilidade <strong>in</strong> su ghidare modernos sequenzer, multieffettos<br />

digitales e computer cun programmas de registratzione musicale<br />

at fatzilitadu meda custu cam<strong>in</strong>u chi giughet ‘oe a buscare una<br />

pretzisa e logica relatzione tra una musica chi diat parrere ispodzada<br />

de contenudos armonicos e briva (galu <strong>in</strong> modu apparente)<br />

de pensamentu costruttivu – puru si b’at unu pretzisu filu cunduttore<br />

e unu referimentu mancu gasi <strong>in</strong>direttu tra su tardu<br />

Debussy, John Cage, Strav<strong>in</strong>skij e Xenakis – cun cussu<br />

Ottighentos tesu versu unu ilviluppu esasperadu de sa melodia e<br />

de sa densidade armonica.<br />

In custu cuntestu est evidente cantu sa musica jazz apat contribuidu<br />

<strong>in</strong> manera forte, <strong>in</strong> cantu limbadzu musicale nadu <strong>in</strong> su<br />

Noighentos, a chilivrare sas tremas de sa curretta armonia, de s’esasperada<br />

melodicidzatzione e duncas de s’estetiga canoniga.<br />

Su 18 de Frealdzu de su 1969 su trumbettista Miles Davis <strong>in</strong>trat<br />

<strong>in</strong> s’istudiu B de sa Columbia umpare a Wayne Shorter, John<br />

McLaughl<strong>in</strong>, Herbie Hancock, Chick Corea, Joe Zaw<strong>in</strong>ul, Dave<br />

Holland e Tony Williams. Ses meses pius’a tardu cussu tribagliu<br />

est <strong>in</strong> sas buttegas. S’<strong>in</strong>titulat «In A Silent Way» e dat s’<strong>in</strong>com<strong>in</strong>tzu,<br />

a dispettu de su titulu, a s’era sa pius pagu silentziosa de<br />

s’istoria de su jazz cun sos sonos suos ischidos, fortes e marcados.<br />

In cussu matessi mementu sos teoricos ei sos periodistas<br />

imbentana unu istile nou: cussu de sa «fusion» chi ad’a marcare<br />

<strong>in</strong> manera forte sos annos settanta ei sos primos annos ottanta…<br />

Ma si su cuntzetu de fusione imbentadu dae su trumbettista de<br />

s’<strong>Il</strong>l<strong>in</strong>ois rappresentat s’abertura estrema de su jazz a sas atteras<br />

musicas est <strong>in</strong> su messadzu cuadu chi bisondzat de buscare sa<br />

giae chi podet aberrere sas giannas a sas atteras musicas pro<br />

andare versu una bisione pius cosmopolita de s’arte chi ghidat su<br />

jazz, musica morighada e mus<strong>in</strong>ada pro antonomasia, dae una<br />

dimensione de pagos versu cussa popularidade chi oe at apidu su<br />

massimu rescontru.<br />

Si su populu de su rave rappresentat sa resposta a s’implosiva<br />

conditzione elitaria de su jazz de sos annos settanta como est <strong>in</strong><br />

sos affiotos mannos de dzente de s’istìu chi si podet toccare pro<br />

manu cussa lanta cullettiva chi Gilbert Rouget cunstatat comente<br />

una netzessidade comunicativa noa: su movimentu (<strong>in</strong> cantu<br />

oppostu a s’immobilidade estatica), su bur<strong>del</strong>lu (oppostu a su<br />

selentziu), sa presentzia de attera dzente (opposta a sa soledale)<br />

ei s’iperistimulatzione (opposta a sa brivatzione sensoriale) sunu<br />

<strong>in</strong>dividuadas e catalogadas puru dae Gianfranco Salvatore<br />

comente sos puntos pr<strong>in</strong>tzipales de s’esigentzia de s’<strong>in</strong>contru e<br />

de sa fruitzione collettiva e apparten<strong>in</strong>, a bisu meu, sia a su<br />

mundu de su rave che a cussu , peresempiu, de su jazz nou iscand<strong>in</strong>avu,<br />

turcu o newyorkesu.<br />

<strong>Time</strong> <strong>in</strong> jazz, chi custu annu est divennidu de edade madzore e<br />

chi pensat pro eventos (no <strong>in</strong> su sensu pius commerciale de su<br />

term<strong>in</strong>e) e pro <strong>in</strong>cuntros e iscuntros cun unu armoniosu bumbardamentu<br />

de istimulos e de cosas chi sutzed<strong>in</strong>i no podiat no imbestire,<br />

<strong>in</strong> su signu e <strong>in</strong> sa musica, su ‘transire’ versu sa primordiale<br />

e isciamanica metafora de s’arte.<br />

Referenze bibliografiche/References/Referentzias bibliograficas<br />

1. “I Viaggi nel sud di Ernesto de Mart<strong>in</strong>o”, a cura di/edited<br />

by/curadu dae Arturo Zavatt<strong>in</strong>i, Franco P<strong>in</strong>na e Ando Gilardi,<br />

Bollati Bor<strong>in</strong>ghieri editori (maggio/May/maju1999)<br />

2. “Techno-Trance”, a cura di/edited by/curadu dae Gianfranco<br />

Salvatore, saggi di/saggios de/essays by/saggios de R. Agost<strong>in</strong>i,<br />

D. D’Arcangelo, M. De Dom<strong>in</strong>icis, S. Guerra Lisi, G. Lapassade,<br />

P. Pagoda, G. Salvatore, Castelvecchi editore<br />

(maggio/May/maju1988)<br />

3. Gilbert Rouget “La musique et la trance”, Gallimard Editions<br />

/ Paris 1980, “Musica e Trance”, Edizione italiana riveduta e<br />

accresciuta/ revised and enriched/editzione italiana curretta e<br />

accreschida, E<strong>in</strong>audi Editore (Tor<strong>in</strong>o 1986)<br />

4. “Gnâwa & Jahjûka Trance”, www.italyproduces.com/morocco/musica<br />

5. “Musica e stati alterati di coscienza: una questione ancora<br />

aperta” , Istituto Interculturale di studi musicali comparati,<br />

Sem<strong>in</strong>ario <strong>in</strong>ternazionale di studi/International<br />

Conference/Sem<strong>in</strong>ariu <strong>in</strong>ternatzionale de istudios (Venezia,<br />

24/26 gennaio/January 2002/‘ennardzu, www.c<strong>in</strong>i.it/fondazione/03.istituti/iismc/eventi/asc2002.htm<br />

6. “La musica come nutrimento. Generalità ed aspetti legati al<br />

mo<strong>del</strong>lo medico c<strong>in</strong>ese” - Dietetica Medica Scientifica e<br />

Tradizionale, a cura di/edited by/curadu dae Carlo Valente e<br />

Carlo di Stanislao, CEA Edizioni (Milano 1999)


Paolo Fresu <strong>in</strong>contra il Quartetto<br />

Alborada per l’apertura <strong>del</strong>la diciottesima<br />

edizione di <strong>Time</strong> <strong>in</strong> <strong>Jazz</strong>; all’alba,<br />

e si tratta di una novità assoluta<br />

per la manifestazione, nell’<strong>in</strong>cantevole<br />

paesaggio <strong>del</strong> Monte Limbara, la<br />

tromba <strong>del</strong> musicista berchiddese e i<br />

viol<strong>in</strong>i di Anton Berovski e Sonia<br />

Peana, la viola di Nicola Ciricugno e<br />

il violoncello di Piero Salvatori offriranno<br />

al pubblico una prova <strong>del</strong>l’<strong>in</strong>tesa<br />

raggiunta <strong>in</strong> anni di proficua collaborazione.<br />

Un <strong>in</strong>contro che testimonia<br />

la poliedricità <strong>del</strong> trombettista<br />

sardo, sempre pronto a misurare la<br />

sua ormai riconosciuta naturalezza<br />

artistica con il mondo “classico”.<br />

Si com<strong>in</strong>cia alle 6:00, ma sarà bene<br />

muoversi con il giusto anticipo per<br />

coprire la distanza che separa<br />

Berchidda dalla località<br />

“Montalvu” (30 m<strong>in</strong>uti di macch<strong>in</strong>a<br />

e 15 di camm<strong>in</strong>ata), primo suggestivo<br />

“teatro” di <strong>Time</strong> <strong>in</strong> <strong>Jazz</strong>; una<br />

levataccia, per i jazzofili berchiddesi,<br />

che sarà ampiamente ricompensata<br />

dallo spettacolo offerto.<br />

Scores è il titolo di questo primo concerto<br />

di Paolo Fresu e Alborada (il<br />

secondo, all’alba <strong>del</strong> 16, chiuderà il<br />

<strong>festival</strong> con un programma diverso),<br />

titolo tratto a piè pari da quello di un<br />

cd (pubblicato dalla CAM Records)<br />

che raccoglie due colonne sonore<br />

scritte dal trombettista per i film <strong>Il</strong> più<br />

cru<strong>del</strong>e <strong>del</strong> giorni di Ferd<strong>in</strong>ando<br />

Vicent<strong>in</strong>i Orgnani (dedicato alla<br />

vicenda <strong>del</strong>la giornalista <strong>Il</strong>aria Alpi) e<br />

L’isola di Costanza Quatriglio.<br />

giovedì 11 agosto <strong>2005</strong><br />

L’11 agosto al sorgere <strong>del</strong> sole Paolo Fresu apre il <strong>festival</strong> col Quartetto Alborada<br />

L’alba di <strong>Time</strong> <strong>in</strong> <strong>Jazz</strong><br />

Paolo Fresu e il Quartetto Alborada<br />

Dai nomi “sacri” come quelli di<br />

Claudio Monteverdi e Erik Satie, passando<br />

per trascrizioni di musica tradizionale,<br />

s<strong>in</strong>o, ancora, a composizioni<br />

orig<strong>in</strong>ali <strong>del</strong>o stesso Fresu e di altri<br />

componenti <strong>del</strong> gruppo, il camm<strong>in</strong>o<br />

musicale di questa formazione si snoda<br />

lungo l’asse di nuove avventure sonore,<br />

per approdare all’ambizioso progetto<br />

di suonare composizioni commissionate<br />

ad importanti autori contemporanei<br />

di musica colta e <strong>del</strong> c<strong>in</strong>ema.<br />

Nato nel 1996, il Quartetto Alborada<br />

ha un repertorio che privilegia la<br />

5<br />

musica barocca e quella <strong>del</strong><br />

Novecento, con particolare attenzione<br />

per il m<strong>in</strong>imalismo e uno spazio per le<br />

composizioni orig<strong>in</strong>ali. F<strong>in</strong> dall'<strong>in</strong>izio<br />

l'attività <strong>del</strong> quartetto si è sviluppata <strong>in</strong><br />

due direzioni dist<strong>in</strong>te ma tra loro correlate:<br />

da un lato, l'attività quartettistica<br />

alimentata dalla ricerca e dallo studio<br />

<strong>in</strong> funzione di un cont<strong>in</strong>uo arricchimento<br />

<strong>del</strong> repertorio; dall'altro, le<br />

collaborazioni a progetti nell’ambito<br />

<strong>del</strong> jazz contemporaneo.<br />

Impegnato (dal 1998) nel progetto<br />

Voyage en Sardaigne di Enzo Favata,<br />

che fonde suggestioni etniche con<br />

<strong>in</strong>fluenze jazz, e poi <strong>in</strong> Heartland di<br />

David L<strong>in</strong>x, Diederik Wissels e<br />

Paolo Fresu, il Quartetto Alborada ha<br />

partecipato alla realizzazione <strong>del</strong>la<br />

colonna sonora <strong>del</strong> film L'âge d'or di<br />

Luis Buñuel nell'ambito <strong>del</strong>la rassegna<br />

“Musique Lumière” nel 1997, e<br />

preso parte a numerose rassegne<br />

nazionali e <strong>in</strong>ternazionali. <strong>Il</strong> suo<br />

repertorio abituale comprende, tra le<br />

altre, musiche di John Dowland,<br />

Carlo Gesualdo pr<strong>in</strong>cipe di Venosa,<br />

Johann Sebastian Bach, Erik Satie,<br />

Michael Nyman, Arvo Pärt, Karl<br />

Jenk<strong>in</strong>s, Alberto G<strong>in</strong>astera, John<br />

Cage, Astor Piazzolla, Philip Glass e<br />

Morton Feldmann.<br />

TrancEuropExpress: c<strong>in</strong>que stazioni <strong>in</strong> musica<br />

Cornamuse e launeddas dialogano sui b<strong>in</strong>ari<br />

La prima giornata <strong>del</strong> <strong>festival</strong> propone uno dei<br />

progetti più <strong>in</strong>teressanti e spettacolari di questa<br />

edizione di <strong>Time</strong> <strong>in</strong> <strong>Jazz</strong>: un concerto "a tappe"<br />

nelle stazioni ferroviarie lungo la tratta Olbia-<br />

Chilivani. Protagoniste, le c<strong>in</strong>que cornamuse dei<br />

Brittany Bagpipes e le launeddas di Luigi Lai e di<br />

quattro suoi allievi <strong>del</strong>la Scuola Civica di Musica<br />

di Cagliari, che si alterneranno <strong>in</strong> una sorta di<br />

staffetta musicale nelle diverse stazioni. <strong>Il</strong> pubblico,<br />

imbarcato su un treno appositamente allestito,<br />

troverà alle diverse fermate ora l’una ora<br />

l’altra formazione, per poi ascoltarle riunite <strong>in</strong>sieme<br />

alla tappa f<strong>in</strong>ale nella stazione di Chilivani.<br />

Patrick Molard<br />

Un evento orig<strong>in</strong>ale <strong>del</strong> <strong>festival</strong> che r<strong>in</strong>nova il<br />

sodalizio tra <strong>Time</strong> <strong>in</strong> <strong>Jazz</strong>, Trenitalia e RFI (Rete Ferroviaria Italiana), già collaudato con successo<br />

lo scorso anno (allora ne fu protagonista Uri Ca<strong>in</strong>e), e che nel titolo, "TrancEuropExpress", allude<br />

chiaramente al contesto ferroviario e al tema di questa edizione <strong>del</strong> <strong>festival</strong>.<br />

<strong>Il</strong> treno partirà alle 10:59 dalla stazione di Olbia (che mette a disposizione <strong>del</strong> pubblico i suoi<br />

parcheggi), dove ad accolgliere gli spettatori-viaggiatori saranno i musicisti bretoni, per trovare<br />

nella successiva fermata a Monti il gruppo di Luigi Lai. Ancora cornamuse nella stazione di<br />

Berchidda, e poi le launeddas <strong>in</strong> quella di Oschiri. <strong>Il</strong> "viaggio musicale" term<strong>in</strong>erà a Chilivani<br />

(arrivo previsto alle 12:33), con le launeddas alla prima pensil<strong>in</strong>a e le cornamuse su quella esterna,<br />

prima di un embrassons-nous f<strong>in</strong>ale che a mo’ di processione condurrà i viaggiatori verso una<br />

degustazione dei prodotti offerti dagli sponsor berchiddesi <strong>del</strong> <strong>festival</strong>. <strong>Il</strong> treno ripartirà <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e<br />

alle 13:16 per riportare il pubblico a Olbia (e nelle fermate <strong>in</strong>termedie).<br />

L’ensemble di cornamuse appositamente riunito per l’occasione è composto da musicisti <strong>del</strong><br />

Bagad (tipico gruppo <strong>del</strong>la musica bretone, a base di cornamuse, bombarde e percussioni) de<br />

Concarneau (Yann Cariou, Hervé Le Floc'h, Yann Pelliet) e <strong>del</strong> Bagad d’Auray (Pascal Gu<strong>in</strong>go),<br />

ed è guidato da Patrick Molard, considerato come uno dei migliori solisti <strong>del</strong>lo strumento <strong>in</strong><br />

Europa. Questa stessa formazione comparirà <strong>in</strong> serata accanto alla “Celtic Procession” di Jacques<br />

Pellen nel secondo concerto <strong>in</strong> Piazza <strong>del</strong> Popolo, mentre Molard sarà di scena anche venerdì 12<br />

(ore 18:00) nella Chiesa di N.S. di Castro a Oschiri, <strong>in</strong>sieme al fratello Jacky e a Jacques Pellen.<br />

Luigi Lai, presente a Berchidda con un gruppo di allievi, è il più grande virtuoso vivente <strong>del</strong>lo<br />

strumento simbolo <strong>del</strong>la musica tradizionale sarda. Anche lui, come Molard, ha diffuso con successo<br />

nell’ambito jazz (con collaborazioni con “giganti” come Ornette Coleman e l’Art<br />

Ensemble of Chicago) lo strumento tradizionale più antico, popolare e seducente <strong>del</strong>l’isola.<br />

Brittany Bagpipes & Orchestra di Launeddas di Luigi Lai<br />

Stazioni ferroviarie di Olbia, Monti, Berchidda, Oschiri, Chilivani<br />

Partenza da Olbia ore 10,59 arrivo a Chilivani ore 12,33<br />

Quota di partecipazione al viaggio euro 5,00


6<br />

Sarà la Magnetic North Orchestra<br />

a <strong>in</strong>augurare la serie dei concerti<br />

sul palco centrale di Piazza <strong>del</strong><br />

Popolo, alle 21.30 <strong>del</strong>l’11 agosto.<br />

<strong>Il</strong> gruppo diretto da Jon Balke<br />

nasce dall’idea di unire un sestetto<br />

jazz, un quartetto d’archi e un<br />

gruppo di percussionisti, e poter<br />

così esplorare quante più sonorità<br />

possibili. Sette sono <strong>in</strong>fatti i musicisti<br />

che accompagneranno il<br />

piano e la tastiera <strong>del</strong> leader <strong>del</strong>la<br />

formazione: Per Jorgensen alla<br />

tromba e voce, Fredrik Lund<strong>in</strong> ai<br />

sax tenore e soprano e al flauto,<br />

Bjarte Eike e Peter Spissky ai viol<strong>in</strong>i,<br />

Tom Pitty al violoncello,<br />

Ingar Zach e Helge Norbakken<br />

alle percussioni.<br />

Una fusione di diversi cont<strong>in</strong>enti<br />

musicali, frutto <strong>del</strong>le molteplici<br />

esperienze maturate dal pianista<br />

norvegese: “<strong>Il</strong> mio <strong>in</strong>tento – scrive<br />

– non è quello di sfruttare la<br />

musica di altre culture: ho vissuto<br />

esperienze fantastiche nelle strade<br />

e nelle piazze <strong>del</strong>l’Asia e<br />

<strong>del</strong>l’Africa, ma tornando a casa<br />

ho sempre provato a dimenticarle,<br />

cercando di capire piuttosto su<br />

quali criteri quelle culture fossero<br />

state costruite. Per capirle occorre<br />

spostare il centro <strong>del</strong>l’attenzione:<br />

nelle musiche non occidentali si<br />

giovedì 11 agosto <strong>2005</strong><br />

Un nuovo l<strong>in</strong>guaggio che viene dal Nord<br />

<strong>Il</strong> suono magnetico di Jon Balke<br />

Jon Balke e la Magnetic North Orchestra<br />

dà risalto alla presenza, alla concentrazione<br />

e allo stato d’animo<br />

degli esecutori, non si cerca di<br />

focalizzare la tonalità, le scale, i<br />

pattern ritmici e quant’altro noi<br />

pensiamo.”<br />

Dal suo debutto nel 1992 al Vossa<br />

<strong>Jazz</strong> Festival <strong>in</strong> Norvegia, la raison<br />

d’être <strong>del</strong>la formazione scand<strong>in</strong>ava<br />

è sempre stata quella di<br />

creare una produzione orig<strong>in</strong>ale<br />

partendo dall’energia racchiusa nel<br />

jazz tradizionale, nella musica<br />

classica contemporanea e nelle<br />

sonorità orig<strong>in</strong>arie <strong>del</strong>l’Africa settentrionale<br />

ed occidentale.<br />

Jon Balke, pianista, compositore,<br />

produttore, è considerato f<strong>in</strong> dal<br />

suo debutto (nel 1974) una <strong>del</strong>le<br />

nuove leve <strong>del</strong>la “free improvised<br />

music”. <strong>Il</strong> pubblico berchiddese<br />

potrà apprezzare le sue qualità <strong>in</strong><br />

altre due occasioni. La prima, il 12<br />

agosto alle 11 nel Santuario di San<br />

Paolo Eremita a Monti, <strong>in</strong> un <strong>in</strong>trigante<br />

duo con un altro pianista<br />

scand<strong>in</strong>avo, Bugge Wesseltoft, per<br />

una <strong>del</strong>le tante produzioni orig<strong>in</strong>ali<br />

di <strong>Time</strong> <strong>in</strong> <strong>Jazz</strong>. E ancora <strong>in</strong> una<br />

chiesa campestre, quella di San<br />

Michele a Berchidda, dove sabato<br />

13 (sempre alle 11) saluterà il pubblico<br />

di <strong>Time</strong> <strong>in</strong> <strong>Jazz</strong> con un concerto<br />

di piano solo.<br />

Una nuova Celtic Procession<br />

Musica bretone, jazz e ritmi africani nel progetto di Jacques Pellen<br />

Jacques Pellen (ph. Eric Legret)<br />

Tiene banco la musica bretone nella prima giornata di <strong>Time</strong> <strong>in</strong> <strong>Jazz</strong> <strong>2005</strong>: dopo<br />

“TrancEuropExpress”, concerto ferroviario “a tappe” con la partecipazione <strong>del</strong>le Brittany<br />

Bagpipes, tocca stavolta alla Celtic Procession di Jacques Pellen menare le danze <strong>in</strong> Piazza <strong>del</strong><br />

Popolo, nel secondo set <strong>del</strong>la serata <strong>in</strong>augurale. Un concerto che, oltre alle stesse cornamuse<br />

reduci dalla performance <strong>del</strong> matt<strong>in</strong>o nelle stazioni, vedrà la presenza di due ospiti d’eccezione<br />

come il percussionista alger<strong>in</strong>o Karim Ziad e l’enfants du pays Paolo Fresu alla tromba e al<br />

flicorno. I due “stranieri” completeranno un ensemble <strong>in</strong>teramente bretone formato da Jacques<br />

Pellen alla chitarra, Erik Marchand alla voce, Jean-Michel Veillon al flauto, Jacky Molard al<br />

viol<strong>in</strong>o, Ronan Pellen al cistre e al violoncello, Hélène Labarrière al contrabbasso e Patrick<br />

Molard, Pascal Gu<strong>in</strong>go, Yann Cariou, Hervé Le Floc'h e Yann Pelliet alle cornamuse.<br />

Laboratorio permanente ma mutabile nel tempo, nei suoi qu<strong>in</strong>dici anni di vita la Celtic procession<br />

ha ospitato personalità di spicco <strong>del</strong> jazz europeo e <strong>del</strong>la musica bretone, assumendo<br />

di volta <strong>in</strong> volta diverse sembianze musicali, sia dal vivo che <strong>in</strong> studio. Jacques Pellen è da<br />

sempre l’anima di una famiglia <strong>in</strong> cont<strong>in</strong>ua ricerca di nuove sonorità, come testimoniamo i<br />

sette album registrati <strong>in</strong> questi anni. L’apporto <strong>del</strong> percussionista alger<strong>in</strong>o Karim Ziad dona una<br />

veste “africana” alla Celtic Procession; la sua conoscenza profonda <strong>del</strong>la metrica tradizionale<br />

<strong>del</strong>la sua terra conferisce una nuova connotazione musicale al progetto. Scrive Pellen:<br />

“L’<strong>in</strong>contro con Karim Ziad ha precipitato la processione <strong>in</strong> un diluvio b<strong>in</strong>ario che ero f<strong>in</strong>ora<br />

riuscito a lasciare da parte. C’è meno jazz, si può dire, e c’è più transe, ma senza essere tendenza,<br />

e basata soprattutto sulle danze bretoni.” Altrettanto importante il contributo di Paolo<br />

Fresu, già presente <strong>in</strong> precedenti versioni <strong>del</strong> gruppo, atteso <strong>in</strong> uno dei suoi territori preferiti,<br />

la ritmica.<br />

Con la creazione <strong>del</strong>la Celtic Procession negli anni Ottanta, Pellen (nato a Brest nel 1957) è tra<br />

i musicisti che più contribuiscono all’evoluzione <strong>del</strong>la musica bretone. Per quasi dieci anni il<br />

chitarrista si è confrontato con il temperamento, con l’utilizzo di micro-<strong>in</strong>tervalli, cercando di<br />

immag<strong>in</strong>arne l’effetto, di applicarli alla polifonia, di sovrapporli. Un processo che lui stesso<br />

chiama “dalmatizzazione” <strong>del</strong>la musica <strong>del</strong>la Bretagna centrale, uno studio <strong>del</strong>la suddivisione<br />

<strong>del</strong> tempo.<br />

Altro progetto nato dall’unione di tre musicisti bretoni - Jacques Pellen e i fratelli Patrick et<br />

Jacky Molard - è Triptyque, <strong>in</strong> scena il 12 agosto alle 18 nella Chiesa di N.S. di Castro a<br />

Oschiri: un progetto nato nel 1993 e che vanta un’<strong>in</strong>tensa attività, con partecipazioni a <strong>festival</strong><br />

<strong>in</strong>ternazionali e tournée <strong>in</strong> Europa, Canada e Yemen. Considerato il successo musicale <strong>del</strong><br />

momento, questo trio colpisce la critica per la capacità di creare un l<strong>in</strong>guaggio autentico con<br />

la musica e gli strumenti tradizionali e per la vastità <strong>del</strong> repertorio, che spazia dal jazz alla<br />

musica moderna a quella tradizionale.


Gnawa project<br />

Canti e danze <strong>in</strong> arrivo dal Marocco<br />

Nell’ideale capitolo <strong>del</strong><br />

<strong>festival</strong> dedicato alle<br />

musiche etniche rientrano<br />

i Gnawa Sidi<br />

Mimoun, <strong>in</strong> arrivo da<br />

Casablanca per aprire<br />

la serata <strong>del</strong> 12 e per<br />

un concerto acustico<br />

nella Chiesa di Santa<br />

Cater<strong>in</strong>a alle 18 <strong>del</strong><br />

giorno dopo. Guidati<br />

dalla voce e dal ganbri<br />

(il tradizionale liutotamburo<br />

a tre corde) di<br />

Ab<strong>del</strong>kabir "Cheb", i<br />

c<strong>in</strong>que musicisti-danzatori<br />

metteranno <strong>in</strong><br />

scena la festa che precede la fase rituale <strong>del</strong>la<br />

Lila, il complesso rituale coreutico-musicale dei<br />

Gnawa <strong>del</strong> Marocco. Suoni e danze ancestrali,<br />

melodie ipnotiche e ritmi ossessivi, capaci di<br />

portare alla trance, cui si unirà come special<br />

guest il percussionista alger<strong>in</strong>o Karim Ziad.<br />

***<br />

I Gnawa <strong>del</strong> Marocco sono i discendenti degli<br />

schiavi neri deportati dai paesi <strong>del</strong>l'Africa occidentale<br />

subsahariana (Mauritania, Senegal,<br />

Mali, Niger, Gu<strong>in</strong>ea). (…)<br />

Musicisti e danzatori, i Gnawa praticano una<br />

complessa liturgia coreutico-musicale (lila,<br />

derdebà), che riattualizza il sacrificio primordiale<br />

e la genesi <strong>del</strong>l'universo attraverso l'evocazione<br />

<strong>del</strong>le sette pr<strong>in</strong>cipali manifestazioni<br />

<strong>del</strong>l'attività demiurgica div<strong>in</strong>a, i sette mlùk, rappresentati<br />

da sette colori (…).<br />

I mlùk sono evocati da sette "divise musicali",<br />

sette cellule melodico-ritmiche (um), ognuna<br />

<strong>del</strong>le quali, ripetuta e variata, dà orig<strong>in</strong>e a una<br />

<strong>del</strong>le sette suites che costituiscono il repertorio<br />

Karim Ziad (ph. E. Rasto<strong>in</strong>)<br />

coreutico-musicale <strong>del</strong><br />

rituale dei Gnawa. Nel<br />

corso di queste sette<br />

suites sono bruciati<br />

sette diversi tipi di<br />

<strong>in</strong>censo e i danzatori<br />

sono ricoperti da veli di<br />

sette colori differenti.<br />

Ognuno dei sette mlùk<br />

è accompagnato da un<br />

seguito di "personaggi",<br />

identificabili dalla<br />

musica, dal canto e dai<br />

passi di danza: queste<br />

entità, trattate come<br />

"presenze" (hadràt)<br />

che il pr<strong>in</strong>cipio di<br />

coscienza <strong>in</strong>contra nello spazio/tempo estatico<br />

(hal), sono messe <strong>in</strong> relazione con complessi<br />

mentali e comportamenti umani.<br />

Scopo <strong>del</strong> rituale è re<strong>in</strong>tegrare ed equilibrare le<br />

energie fondamentali <strong>del</strong> corpo umano, le stesse<br />

energie che sostengono i fenomeni sensibili<br />

e l'attività creatrice div<strong>in</strong>a. (…)<br />

Preceduto da un sacrificio animale (…), il<br />

rituale notturno <strong>in</strong>izia con l'apertura e la consacrazione<br />

<strong>del</strong>lo spazio, l’aada ("abitud<strong>in</strong>e",<br />

forma rituale), durante la quale i musicisti<br />

Gnawa eseguono una danza vorticosa suonando<br />

i qraqèb e due grossi tamburi a doppia<br />

membrana (tbola).<br />

<strong>Il</strong> successivo <strong>in</strong>tervento <strong>del</strong> ganbri apre il<br />

trèq (sentiero), la successione, rigidamente<br />

codificata, <strong>del</strong> repertorio rituale di musiche,<br />

danze, colori e <strong>in</strong>censi, che guida nel viaggio<br />

estatico attraverso i dom<strong>in</strong>î dei sette mlùk,<br />

f<strong>in</strong>o alla r<strong>in</strong>ascita nel mondo ord<strong>in</strong>ario, alle<br />

prime luci <strong>del</strong>l'alba.<br />

Antonio Baldassarre<br />

venerdì 12 agosto <strong>2005</strong><br />

Con “Boogie”<br />

il nuovo (jazz) è servito<br />

La "New Conception of <strong>Jazz</strong>" di Bugge Wesseltoft<br />

Pianista, tastierista,<br />

compositore e<br />

produttore, Bugge<br />

Wesseltoft è da<br />

anni uno dei protagonisti<br />

<strong>del</strong>la<br />

nuova scena jazz<br />

europea. <strong>Il</strong> suo<br />

<strong>in</strong>teresse per molteplici<br />

generi<br />

musicali (dal jazz<br />

al soul, dalla<br />

musica d’avanguardia<br />

alla classica)<br />

ha portato nel Bugge Wesseltoft<br />

1995 alla creazione<br />

<strong>del</strong>la New Conception of <strong>Jazz</strong>, il progetto<br />

con il quale “Boogie” chiuderà la serata <strong>del</strong> 12<br />

sul palco centrale di Piazza <strong>del</strong> Popolo.<br />

Si tratta <strong>del</strong>la summa <strong>del</strong>la ricerca musicale di<br />

“Boogie”: la formula v<strong>in</strong>cente e la peculiarità<br />

<strong>del</strong> programma è data da basi ritmiche sempre<br />

molto groovy, e molta improvvisazione. Con<br />

Wesseltoft saranno sul palco centrale Ole<br />

Morten Vaagan al contrabbasso e al basso elettrico,<br />

Andreas Bye alla batteria, Rikard<br />

Gensollen alle percussioni e all’elettronica,<br />

oltre al dj Jonas Lonna. Una formazione totalmente<br />

diversa da quella che nel lontano 1996<br />

registrò il primo album <strong>del</strong> progetti, e frutto<br />

<strong>del</strong>le esperienze maturate da Wesseltoft negli<br />

ultimi dieci anni, che l’hanno portato alla realizzazione<br />

di diversi album e, proprio l’anno<br />

scorso, a un ritorno alle radici <strong>del</strong>la New<br />

Conception of <strong>Jazz</strong>. “Film Ing”, con le sue risonanze<br />

di pianoforte mal<strong>in</strong>conicamente nordiche,<br />

i s<strong>in</strong>tetizzatori robustamente funkeggianti,<br />

le atmosfere techno e ambient, è suo ultimo<br />

capolavoro. Già con “Mov<strong>in</strong>g” (2001) tuttavia,<br />

7<br />

registrato <strong>in</strong> soli<br />

tre giorni nel suo<br />

ormai leggendario<br />

studio di registrazione<br />

a Oslo,<br />

Wesseltoft aveva<br />

osato dove altri<br />

avevano fallito,<br />

compiendo un<br />

vero e proprio<br />

balzo nella galassia<br />

<strong>del</strong> “Future<br />

<strong>Jazz</strong>”, con un<br />

sapiente mélange<br />

di melodia, ritmo<br />

e soul. Questa sua<br />

nuova identità – dopo le atmosfere rarefatte dei<br />

suoi esordi alla Ecm di Manfred Eicher negli<br />

anni ’90 - mette d’accordo i jazzisti più tradizionalisti<br />

con coloro che meglio si identificano<br />

con i generi più disparati: deep house, techno e<br />

ambient.<br />

Oltre a un <strong>in</strong>edito e promettente duo con l’altro<br />

pianista norvegese presente al <strong>festival</strong>, Jon<br />

Balke (venerdì 12 al Santuario di San Paolo<br />

Eremita a Monti, alle 11), Bugge Wesseltoft<br />

sarà impegnato anche nella prima giornata <strong>del</strong><br />

<strong>festival</strong>, giovedì 11 alle 18, nella Basilica di<br />

Sant’Antioco di Bisarcio, a Ozieri, con Sidsel<br />

Endresen.<br />

L’<strong>in</strong>contro con questa cantante, compositrice e<br />

poetessa risale al 1993 e ha portato alla realizzazione<br />

di tre album, l’ultimo, “Out Here. In<br />

There” <strong>del</strong> 2002. Entrambi norvegesi, entrambi<br />

esponenti di un NU jazz tutto nordico, hanno<br />

saputo trarre il meglio dalle loro diverse esperienze,<br />

dimostrando una capacità di allargare<br />

cont<strong>in</strong>uamente i propri orizzonti musicali che ha<br />

riscosso un vasto successo di pubblico e critica


8<br />

<strong>Il</strong> 17 agosto 1996 Giorgio Battistelli presentava<br />

a Berchidda il suo Experimentum Mundi<br />

(“Opera di musica immag<strong>in</strong>istica” per percussioni,<br />

voci, maestri selciaroli, bottai, falegnami,<br />

arrot<strong>in</strong>i, fabbro-ferrai, pasticciere, muratori<br />

e scalpell<strong>in</strong>o”) chiudendo la nona edizione di<br />

<strong>Time</strong> <strong>in</strong> <strong>Jazz</strong>, “(S)colpire… La percussione.” A<br />

nove anni di distanza Battistelli torna a<br />

Berchidda, aprendo la serata <strong>del</strong> 13 col nuovo<br />

“Experimentum Mundi Remix”, che ben si<br />

adatta al tema “Digital trance” di questa diciottesima<br />

edizione.<br />

Una rivisitazione <strong>del</strong> capolavoro <strong>del</strong> compositore<br />

romano (il progetto debuttò 24 anni fa),<br />

ricomposto ed <strong>in</strong>terpretato da Martux-m - al<br />

secolo Maurizio Martusciello - e dallo stesso<br />

Battistelli, che provoca il confronto fra il suono<br />

concreto generato nella sua crudezza vitale e i<br />

campionamenti elettronici nella loro essenza<br />

<strong>in</strong>organica.<br />

Percussionista, compositore e musicista elettronico,<br />

Maurizio Martusciello è la pr<strong>in</strong>cipale novità <strong>del</strong>l’organico,<br />

che comprende per il resto la solita nutrita orchestra<br />

di artigiani - i bottai Alfredo Sannibale e Gianni Sannibale, i<br />

falegnami Silvio Tamburri e Alberto Cas<strong>in</strong>i, il pasticciere<br />

Marcello Di Palma, i selciaioli Antonio Innocenzi e Oberdan<br />

Carp<strong>in</strong>eti, i muratori Ciro Paudice e Maurizio Verdosci, i<br />

fabbri Fabio Sannibale e Edoardo Borgianni, gli arrot<strong>in</strong>i<br />

Miro Carp<strong>in</strong>eti e Aldo Sardilli, lo scalpell<strong>in</strong>o Fernando<br />

Carp<strong>in</strong>eti e i calzolai Sergio Leandri e Guido Salustri -, oltre<br />

alle voci di Paola Calcagni, Ida Sannibale, Annarita Sever<strong>in</strong>i<br />

sabato 13 agosto <strong>2005</strong><br />

Experimentum Mundi Remix<br />

Torna a Berchidda l’orchestra “artigianale” di Battistelli<br />

Experimentum Mundi<br />

e Elvira Tamburri e alle percussioni di Nicola Raffone.<br />

Battistelli, att<strong>in</strong>gendo all'Encyclopédie di Diderot e<br />

D'Alembert (uno dei testi capitali <strong>del</strong>l'<strong>Il</strong>lum<strong>in</strong>ismo), ha generato<br />

con Experimentum Mundi un'opera di teatro musicale<br />

genu<strong>in</strong>a e sorprendente, <strong>in</strong> grado di restituirci la nostra<br />

memoria e una perduta identità. L'orchestra, costituita dai<br />

sedici artigiani che suonano i ferri <strong>del</strong> loro mestiere, rievoca<br />

la vita di villaggi ormai scomparsi, attraverso timbri e richiami<br />

perduti nel tempo.<br />

Le note digitali di Martux-m accostano questa visione alla<br />

nostra contemporaneità: Experimentum<br />

Mundi Remix diviene così uno splendido<br />

affresco musicale di gesti, gente, paesaggi e<br />

racconti scomparsi per sempre, frammenti di<br />

memoria resuscitati da un presente frenetico<br />

ed artificiale.<br />

Tra i fondatori <strong>del</strong> gruppo di ricerca e sperimentazione<br />

musicale Edgar Varèse e <strong>del</strong> gruppo<br />

Beat 72, il compositore Giorgio Battistelli riceve<br />

nel 1991 il premio Cervo per la Musica<br />

Nuova e nel 1992, con Keplers Traum, il premio<br />

<strong>del</strong>la SIAE per un'opera lirica rappresentata <strong>in</strong><br />

prima assoluta all'estero. Con “Experimentum<br />

Mundi” (1981) ha raccolto successi e riconoscimenti<br />

<strong>in</strong> tutta Europa. È il direttore artistico<br />

<strong>del</strong>la Biennale Musica 2004 di Venezia.<br />

La scrittura musicale di Battistelli, non immune<br />

da <strong>in</strong>fluenze avanguardistiche, sviluppa<br />

una vivida drammaturgia <strong>del</strong> suono anche<br />

nelle composizioni più strumentali.<br />

Maurizio Martusciello ha preso parte a numerosi<br />

<strong>festival</strong> <strong>in</strong> Francia, Italia e Inghilterra. Nel 1997 fonda,<br />

<strong>in</strong>sieme a Filippo Paol<strong>in</strong>i, METAXU, uno dei gruppi più<br />

apprezzati sulla scena elettroacustica-sperimentale.<br />

Collabora con il gruppo di c<strong>in</strong>ema sperimentale Cane<br />

Capovolto ed il gruppo Cellule d'Intervention Metamk<strong>in</strong>e. Ha<br />

fondato numerosi progetti di musica elettronica sperimentale,<br />

fra i più <strong>in</strong>teressanti d'Europa. Nel 2003 è stato fra i protagonisti<br />

<strong>del</strong>l'evento conclusivo <strong>del</strong> Romaeuropa Festival 2003<br />

con un progetto sulla s<strong>in</strong>fonia n. 2 di Mahler Resurrection,<br />

realizzato con il pianista Danilo Rea.


“Se le vie sono differenti, lo scopo è<br />

uno solo”. <strong>Il</strong> messaggio fondamentale<br />

<strong>del</strong> Maestro Sufi Jalal ud-D<strong>in</strong> Rumi,<br />

fondatore <strong>del</strong>la scuola dei Dervisci<br />

Rotanti, è anche la forza motrice <strong>del</strong><br />

lavoro <strong>del</strong>l’artista turco Mercan Dede,<br />

protagonista il 13 <strong>del</strong> secondo concerto<br />

<strong>in</strong> Piazza <strong>del</strong> Popolo, con i suoi<br />

Secret Tribe. La ricerca <strong>del</strong>la creazione<br />

di un l<strong>in</strong>guaggio universale e il tentativo<br />

di fare <strong>in</strong>contrare due generi<br />

musicali apparentemente distanti sono<br />

tra i suoi scopi, come per una trasposizione<br />

musicale <strong>del</strong>la filosofia Sufi <strong>del</strong>l’armonia<br />

degli opposti. Mercan Dede<br />

ritiene che mettendo <strong>in</strong>sieme suoni<br />

digitali, elettronici con quelli di strumenti<br />

fatti con le mani, “umani”, può<br />

nascere un l<strong>in</strong>guaggio universale, <strong>in</strong><br />

grado di unire il vecchio e il nuovo,<br />

l’antico e il moderno, l’Oriente e<br />

l’Occidente. <strong>Il</strong> contrasto fra sonorità<br />

elettroniche e tradizionali porta al<br />

nucleo <strong>del</strong>la filosofia Sufi che guida<br />

questo artista: “Non sono cose real-<br />

Mercan Dede<br />

mente separate”, dice: “L’essenza <strong>del</strong><br />

Sufismo è il contrasto: ogni cosa esiste con il suo opposto.”<br />

L’elettronica e la tradizione folklorica turca sono i due convergenti<br />

opposti <strong>del</strong> progetto musicale di Mercan Dede (qui alle<br />

prese con ney, bendir, voce, piatti e campionamenti), che sarà<br />

accompagnato sul palco da Aykut Sütoglu al clar<strong>in</strong>etto e alla<br />

tromba, Göksel Baktagir al kanun, Hüsey<strong>in</strong> Ceylan e Ismail<br />

Pesluk alle percussioni e dalla danza di Mira Burke.<br />

In questi ultimi anni il musicista-dj-producer turco ha raccolto<br />

un grande successo di critica e di pubblico nel suo paese e <strong>in</strong><br />

tutta Europa. Ma per Dede, il cui nome deriva da un personag-<br />

sabato 13 agosto <strong>2005</strong><br />

Elettronica e tradizione Sufi<br />

Mercan Dede Secret Tribe<br />

gio m<strong>in</strong>ore di un noto romanzo turco contemporaneo, il viaggio<br />

f<strong>in</strong>o a qui è stato lungo e decisamente poco convenzionale. Nato<br />

<strong>in</strong> uno sperduto villaggio <strong>del</strong>la Turchia, Ark<strong>in</strong> <strong>Il</strong>icali (questo il<br />

suo vero nome) rimane affasc<strong>in</strong>ato dal suono <strong>del</strong> ney (il flauto<br />

tradizionale turco) mentre ascolta la radio: ha solo sei anni. Da<br />

allora alla nascita <strong>del</strong> gruppo Secret Tribe, nel 1997, matura le<br />

esperienze più disparate. Più che gli studi di giornalismo <strong>in</strong>trapresi<br />

all’università di Istanbul, un ruolo importante lo ha giocato<br />

la sua passione per la fotografia, che lo ha portato <strong>in</strong> Canada<br />

per un’esposizione a Saskatoon, dove deciderà poi di stabilirsi,<br />

9<br />

cimentandosi per la prima volta come<br />

dj. All’alba <strong>del</strong>la rivoluzione techno,<br />

il giovane turco sceglie il nome d’arte<br />

di Ark<strong>in</strong> Allen (ma anche quello di<br />

Poundmaker) e ben presto raggiunge<br />

una certa fama negli ambienti technotribalhouse,<br />

affiancato da percussionisti,<br />

vocalisti e musicisti vari.<br />

Compone diversi album nelle vesti di<br />

Ark<strong>in</strong> Allen, s<strong>in</strong>o al debutto come<br />

Mercan Dede, nel 1987, con il primo<br />

disco, Sufi Dreams. Progetto techno<br />

m<strong>in</strong>imalista, il disco ottiene ottime<br />

recensioni. Nel 1997 nasce Secret<br />

Tribe: Mohammad e Faruuk Shams, il<br />

percussionista Scott Russell ed il viol<strong>in</strong>ista<br />

canadese Hugh Marsh sono<br />

alcuni dei musicisti che, negli anni,<br />

hanno contribuito ad arricchire le file<br />

<strong>del</strong>la formazione. Ad essi si sono uniti<br />

anche i danzatori dervisci, Isaiah Sala<br />

e successivamente Mira Burke. Con<br />

questa formazione registra quattro<br />

album, l’ultimo dei quali, Sufi<br />

Traveller, nato dalla comb<strong>in</strong>azione<br />

dei due precedenti album, è frutto di<br />

una serie di concerti <strong>in</strong> Nord America nell’estate 2004.<br />

<strong>Il</strong> poliedrico Ark<strong>in</strong> Allen/Mercan Dede partecipa ad eventi <strong>in</strong><br />

tutto il mondo (Montreal, Montreux, Stati Uniti, Kazakhistan,<br />

Bahreyn, Istanbul e Parigi). Numerose le sue produzioni per la<br />

danza, con collaborazioni con P<strong>in</strong>a Bausch, e attualmente per il<br />

nuovo progetto Orman Sehir (Jungle City), con la compagnia<br />

turca MDT. L’elemento <strong>del</strong>la danza è d’altronde fondamentale<br />

nella tradizione musicale turca, e presente anche <strong>in</strong> Secret Tribe;<br />

la celebre danza rotante è un vero e proprio servizio liturgico,<br />

ricolmo di un <strong>in</strong>tenso e rigoroso simbolismo.


10<br />

L’ensemble umbro presenta<br />

dal vivo il suo secondo album<br />

Angelo Lazzeri Quartetto<br />

Aperitivo con<br />

Angelo Lazzeri<br />

Altro appuntamento ormai consolidato nel cartellone di <strong>Time</strong> <strong>in</strong><br />

<strong>Jazz</strong> è quello col concerto aperitivo al Museo <strong>del</strong> V<strong>in</strong>o, che prevede<br />

ogni anno la presentazione di un nuovo album di una formazione<br />

emergente nel panorama sardo o nazionale. Domenica<br />

14, alle 12, il quartetto <strong>del</strong> chitarrista Angelo Lazzeri presenterà<br />

dal vivo il secondo lavoro discografico, per la nuova etichetta<br />

Giotto Music di Perugia.<br />

Nato circa c<strong>in</strong>que anni fa, il gruppo è formato da alcuni dei<br />

musicisti più rappresentativi <strong>del</strong>l'area umbra: i quattro componenti<br />

hanno una notevole esperienza musicale alle spalle e suonano<br />

composizioni orig<strong>in</strong>ali <strong>del</strong>lo stesso Angelo Lazzeri - una<br />

matrice stilistica, la sua, da ricercarsi fra il jazz di John Scofield,<br />

Ornette Coleman e Pepper Adams -, le cui sonorità vengono<br />

suscitate dalla fusione <strong>del</strong>le due voci soliste <strong>del</strong>la chitarra e <strong>del</strong><br />

sax baritono di Rossano Emili. Completano l'organico Daniele<br />

Mencarelli al contrabbasso e Fabrizio Morganti alla batteria.<br />

Lazzeri, nato a Nuoro nel 1971, risiede a Perugia dal 1990, dove<br />

ha <strong>in</strong>trapreso l’attività professionale come musicista, suonando<br />

<strong>in</strong> teatri e club <strong>in</strong> Italia ed Europa. Accompagna a un <strong>in</strong>tenso<br />

lavoro didattico l’attività concertistica, che lo ho portato al<br />

“Festivaletteratura” di Mantova, a Umbria <strong>Jazz</strong>, al Festival<br />

Musica sulle Bocche e <strong>in</strong> molte altre rassegne m<strong>in</strong>ori. Suona<br />

nella Perugia <strong>Jazz</strong> Orchestra diretta da Mario Raja. Dopo il<br />

primo disco Mirto, edito dalla Wide Sound, eccolo alla seconda<br />

prova <strong>in</strong> sala d’<strong>in</strong>cisione.<br />

domenica 14 agosto <strong>2005</strong><br />

Translate<br />

La musica e l’immag<strong>in</strong>e<br />

Ospiti prestigiosi al fianco di Michel Benita<br />

L’<strong>in</strong>gresso nell’era digitale di uno dei protagonisti <strong>del</strong> jazz<br />

europeo, il contrabbassista Michel Benita, avviene nel<br />

2003, grazie all’<strong>in</strong>contro con la VJ Judith Darmont.<br />

Translate, il progetto che aprirà la serata <strong>del</strong> 14 sul palco<br />

centrale di Piazza <strong>del</strong> Popolo, è il frutto di questa collaborazione;<br />

i due lavorano qui <strong>in</strong> modo analogo (con campionamenti,<br />

loop e elettronica) al trattamento <strong>in</strong> tempo reale di<br />

forme preesistenti, giocando con le figure effimere che portano<br />

allo spazio mentale <strong>del</strong> loro pubblico.<br />

Judith Darmont è una VJ che, come fanno i DJ con la musica,<br />

rimo<strong>del</strong>la <strong>in</strong> tempo reale i suoi materiali video attraverso<br />

il laptop, mentre Michel Benita campiona se stesso e tratta<br />

il materiale sonoro appena creato, dal vivo, sul palco.<br />

Translate diviene così una sorta di “laboratorio a due cervelli”,<br />

come è stato def<strong>in</strong>ito di recente.<br />

L’improvvisazione è il filo che guida musica e immag<strong>in</strong>i, <strong>in</strong><br />

un rapporto libero e <strong>in</strong>terattivo: le sequenze visive e il discorso<br />

<strong>del</strong> contrabbasso, <strong>in</strong> un gioco di stimoli reciproci, producono<br />

una miscela imprevedibile,<br />

tanto auditiva quanto visiva,<br />

basata sulla sorpresa e sulle<br />

<strong>in</strong>terferenze.<br />

Aperto per natura alle collaborazioni,<br />

Translate presenta a<br />

Berchidda due ospiti <strong>del</strong> calibro<br />

di Eric Truffaz, un trombettista<br />

"figlio" di Miles Davis e Jon<br />

Hassell, ben noto per la sua capacità<br />

di mescolare jazz ed elettronica,<br />

e Philippe Garcia (alias<br />

Kpt’n Planet), eccellente batterista<br />

che porta <strong>in</strong> dote al progetto,<br />

<strong>in</strong>sieme ai propri suoni, la sua<br />

conoscenza di altri codici musicali,<br />

come hip-hop, drum’n’bass<br />

e dub. Raccolti <strong>in</strong>torno al "groove"<br />

<strong>del</strong> basso e alle sequenze <strong>del</strong><br />

computer di Michel Benita, tutti<br />

si fondono <strong>in</strong>timamente nelle<br />

immag<strong>in</strong>i di Judith Darmont che<br />

sono come dei “film sonori” <strong>in</strong> Michel Benita<br />

cui ognuno può portare il proprio immag<strong>in</strong>ario.<br />

Contrabbassista dalle sonorità profonde, calde e vive,<br />

Michel Benita è considerato una <strong>del</strong>le rivelazioni degli anni<br />

Ottanta e un pilastro <strong>del</strong> jazz europeo; il suo percorso artistico,<br />

le sue esperienze, le sue collaborazioni rivelano un<br />

musicista impegnato, entusiasta, curioso.<br />

Nato ad Algeri nel 1954, <strong>in</strong> Francia dal 1959, Michel Benita<br />

ha <strong>in</strong>iziato la sua carriera nel 1976 suonando con Jean-Marc<br />

Padovani, Guy Lafitte e Bill Coleman. A Parigi dal 1981, collabora<br />

con numerosi artisti (Eric Barret, Aldo Romano, Daniel<br />

Humair, Enrico Rava, Michel Portal, Archie Shepp, Peter<br />

Ersk<strong>in</strong>e), prima di diventare compositore e leader, dal 1988,<br />

alla guida <strong>del</strong> quartetto Préferences, con Rita Marcotulli<br />

(piano), Dewey Redman (sax) e Aldo Romano (batteria). Da<br />

allora prosegue le sue numerose collaborazioni (“Palat<strong>in</strong>o” di<br />

Aldo Romano, Nguyên Lê, D<strong>in</strong>o Saluzzi) e realizza nuovi<br />

progetti, con dei brani orig<strong>in</strong>ali per quattro esposizioni con<br />

scenografie <strong>del</strong> designer americano Hilton McConnico, tra il<br />

1996 e il 1999. Tra il 2000 ed il<br />

2001 Benita forma ben due gruppi:<br />

ELB (Peter Ersk<strong>in</strong>e/batteria e<br />

Nguyên Lê/chitarra) e la formazione<br />

composta da Gaël Horellou<br />

(sax alto) e Philippe Garcia (batteria<br />

e sampler). Con quest’ultimo<br />

suona anche nel Ladyland<br />

Quartet di Erik Truffaz, nel 2002,<br />

<strong>in</strong> una tournée mondiale.<br />

Judith Darmont (Grenoble,<br />

1968) ha esordito nel 1987 con<br />

<strong>del</strong>le scenografie per la televisione,<br />

ma nel corso degli anni si<br />

è impadronita dei nuovi mezzi<br />

multimediali, ottenendo nel<br />

2000 la consacrazione come<br />

video-artista. Così la descrive<br />

Pierrick Ala<strong>in</strong>, <strong>del</strong> magaz<strong>in</strong>e<br />

Télérama: “Potrebbe essere<br />

nipote <strong>del</strong>l’artista Tamara<br />

Lempicka e figlia di Mac Intosh,<br />

l’<strong>in</strong>ventore <strong>del</strong> computer”.


Sex Mob è una <strong>del</strong>le più eccitanti<br />

band <strong>del</strong>l’attuale scena newyorkese.<br />

La formazione diretta da Steven<br />

Bernste<strong>in</strong> si esibirà a Berchidda nel<br />

secondo set di domenica 14, unica<br />

data italiana per quest’estate, con<br />

DJ Olive come special guest.<br />

I Sex Mob sono nati dalla collaborazione<br />

di Bernste<strong>in</strong> con il sassofonista<br />

contralto Briggan Krauss, il<br />

bassista Tony Scherr e il batterista<br />

Kenny Wollesen; ma nelle registrazioni<br />

<strong>del</strong> gruppo si possono <strong>in</strong>contrare<br />

altri protagonisti <strong>del</strong>la scena<br />

jazz contemporanea, come John<br />

Medeski, Roswell Rudd, Marcus<br />

Rojas e David Tronzo. Dal 1998,<br />

anno <strong>del</strong>l’acclamato CD per<br />

Knitt<strong>in</strong>g Factory/Columbia “D<strong>in</strong> of<br />

Inequity”, questa formazione ha<br />

guadagnato la pole position tra le<br />

nuove proposte musicali <strong>del</strong>la<br />

Grande Mela.<br />

Tra le maggiori caratteristiche <strong>del</strong><br />

gruppo quella di “trasfigurare” con<br />

una forte dose di humour materiali<br />

eterogenei grazie alle eclettiche<br />

sensibilità dei quattro musicisti.<br />

Nelle loro <strong>in</strong>terpretazioni può capi- Steven Bernste<strong>in</strong> (ph. Alan Nahigian)<br />

tare di ascoltare versioni assolutamente<br />

esilaranti di brani di Pr<strong>in</strong>ce, Ell<strong>in</strong>gton, Lennon e McCartney, passando magari per una<br />

divertente ripresa <strong>del</strong>la “Macarena”, mentre fra i suoi dischi “Sex Mob Does Bond” re<strong>in</strong>terpreta<br />

la musica di John Barry per i film <strong>del</strong> mitica 007. Ma il dato palese è certo la fe<strong>del</strong>tà a un<br />

progetto coerente, che secondo le stesse parole di Bernste<strong>in</strong> si basa fondamentalmente sul dato<br />

melodico: “Cerchiamo melodie veramente solide e ne sviluppiamo gli aspetti più <strong>in</strong>tensi con un<br />

umorismo preso maledettamente sul serio”.<br />

Steven Bernste<strong>in</strong> e i Sex Mob, v<strong>in</strong>citori di diversi premi, suonano <strong>in</strong> tour mondiale da ormai 9<br />

anni. La loro musica viene trasmessa dalla National Public Radio (NPR), dalla MTV e <strong>in</strong><br />

Saturday Night Live.<br />

domenica 14 agosto <strong>2005</strong><br />

<strong>Il</strong> trombettista Steven Bernste<strong>in</strong><br />

di scena coi Sex Mob<br />

T rasfigurazioni <strong>in</strong> musica da New York<br />

11<br />

Bernste<strong>in</strong>, arrangiatore e compositore,<br />

suona uno speciale strumento<br />

a coulisse, diffuso agli albori <strong>del</strong><br />

jazz ma poi abbandonato, che –<br />

dice – gli permette di avvic<strong>in</strong>are il<br />

suono <strong>del</strong>la tromba a quello <strong>del</strong>la<br />

voce umana. Questo strumento,<br />

unito a una particolare predilezione<br />

per Armstrong e allo studio con<br />

<strong>in</strong>segnanti <strong>del</strong>la vecchia generazione,<br />

conferisce al suo sound una<br />

qualità “old time” molto robusta,<br />

dall'<strong>in</strong>tenso vibrato e dalla spontanea<br />

espressività.<br />

Qualità che sarà possibile apprezzare<br />

forse maggiormente nell’altro<br />

concerto di Steven Bernste<strong>in</strong> a<br />

<strong>Time</strong> <strong>in</strong> <strong>Jazz</strong>: la matt<strong>in</strong>a di<br />

Ferragosto, alle 11, <strong>del</strong>l’Arboreto<br />

Mediterraneo <strong>del</strong>la Foresta<br />

Demaniale Monte Limbara Sud, va<br />

<strong>in</strong> scena <strong>in</strong>fatti lo “Special<br />

Mounta<strong>in</strong> Project”, una produzione<br />

orig<strong>in</strong>ale nel corso <strong>del</strong>la quale l’americano<br />

potrà esibire tutto il suo<br />

istrionico repertorio. <strong>Il</strong> trombettista<br />

è d’altronde un rappresentante<br />

ideale di una dote comune a molti<br />

dei talenti emersi negli ultimi anni<br />

sulla scena musicale downtown<br />

newyorchese, l’<strong>in</strong>cl<strong>in</strong>azione cioè a spaziare con bella noncuranza e spregiudicatezza da un<br />

genere all'altro, da un contesto musicale al suo esatto contrario. Tra le sue attività si evidenziano<br />

quella di direttore musicale dei Lounge Lizards, di compositore e arrangiatore per il c<strong>in</strong>ema<br />

(tra l'altro nella colonna musicale <strong>del</strong> “Kansas City” di Robert Altman), di turnista sopraff<strong>in</strong>o<br />

nelle registrazioni di Lou Reed e St<strong>in</strong>g. Ma le doti <strong>del</strong> trombettista di orig<strong>in</strong>e ebraica non si fermano<br />

qui: il suo atteggiamento è stato efficacemente paragonato a quello di un detective, che<br />

cerca stimoli come fossero <strong>in</strong>dizi nel calderone <strong>del</strong>le musiche contemporanee, <strong>in</strong>globandone gli<br />

elementi <strong>in</strong> un proprio universo coerente, non per scoprire il colpevole di un <strong>del</strong>itto, ma per<br />

<strong>in</strong>seguire un costante impulso espressivo e creativo.


12<br />

<strong>Time</strong> <strong>in</strong> <strong>Jazz</strong> allarga i suoi<br />

conf<strong>in</strong>i e per la prima<br />

volta nella sua storia propone<br />

un concerto dall’altra<br />

parte <strong>del</strong> Limbara, nel<br />

territorio di Tempio<br />

Pausania, a una trent<strong>in</strong>a<br />

di chilometri da<br />

Berchidda. Lo fa <strong>in</strong> collaborazione<br />

con la<br />

Fondazione Fabrizio De<br />

Andrè per battezzare un<br />

progetto orig<strong>in</strong>ale dedicato<br />

al grandissimo cantautore<br />

genovese che fece<br />

<strong>del</strong>la Sardegna, e <strong>in</strong> particolare<br />

<strong>del</strong>la Gallura, la<br />

sua terra d’adozione. <strong>Il</strong><br />

pianista Danilo Rea, uno<br />

dei pr<strong>in</strong>cipali protagonisti<br />

<strong>del</strong>la scena jazz italiana,<br />

ha raccolto l’<strong>in</strong>vito di<br />

Paolo Fresu e <strong>del</strong>la<br />

Fondazione De Andrè di Danilo Rea<br />

offrire al pubblico <strong>del</strong> <strong>festival</strong><br />

(il pomeriggio di Ferragosto, alle 18) un tributo<br />

personale all’<strong>in</strong>dimenticabile Faber proprio nel suo<br />

buen retiro <strong>del</strong>l’Agnata.<br />

<strong>Il</strong> nome di Danilo Rea potete trovarlo tra i credits di dischi<br />

di M<strong>in</strong>a, Claudio Baglioni e Fiorella Mannoia: ricercatissimo<br />

nel giro <strong>del</strong> pop e <strong>del</strong>la musica leggera, dove<br />

conta un lungo elenco di collaborazioni <strong>in</strong> concerto e <strong>in</strong><br />

sala di registrazione, trova però nel jazz l’acqua <strong>in</strong> cui<br />

nuotare. Con una solida preparazione accademica (si è<br />

diplomato al conservatorio “S.Cecilia” di Roma), una<br />

virtuosistica padronanza <strong>del</strong> suo strumento, una felice<br />

lunedì 15 agosto <strong>2005</strong><br />

Sulle tracce di Faber<br />

<strong>Il</strong> jazz <strong>in</strong>contra la musica d’autore:<br />

l’omaggio di Danilo Rea a Fabrizio De Andrè<br />

vena improvvisativa e<br />

un’esperienza vastissima,<br />

il quarantottenne pianista<br />

romano (ma di natali<br />

vicent<strong>in</strong>i) è uno dei nomi<br />

di spicco <strong>del</strong>la musica<br />

improvvisata <strong>in</strong> Italia.<br />

Chet Baker, Lee Konitz,<br />

Steve Grossman, Bob<br />

Berg, Michael Brecker,<br />

Billy Cobham, Aldo<br />

Romano, Dave Liebman,<br />

Joe Lovano: sono alcuni<br />

dei più prestigiosi jazzisti<br />

tra i tanti cui Danilo Rea<br />

ha avuto occasione di<br />

affiancare la propria<br />

tastiera. E poi il qu<strong>in</strong>tetto<br />

di Giovanni Tommaso, il<br />

blasonatissimo gruppo<br />

L<strong>in</strong>gomania, e Doctor 3,<br />

una <strong>del</strong>le più apprezzate<br />

formazioni nostrane, di<br />

cui condivide le fortune<br />

con il bassista Enzo<br />

Pietropaoli e il batterista Fabrizio Sferra.<br />

<strong>Jazz</strong>, pop, musica leggera ma anche “colta”: eccolo<br />

dunque impegnato, come solista, nell’opera di Roberto<br />

De Simone Requiem per Pier Paolo Pasol<strong>in</strong>i, sotto la<br />

direzione di Zoltan Pesko al teatro San Carlo di Napoli,<br />

e <strong>in</strong> ensemble al “Ross<strong>in</strong>i Opera Festival”, al teatro di<br />

Pesaro dedicato all’autore <strong>del</strong> Guglielmo Tell, nel progetto<br />

Ross<strong>in</strong>i mon amour.<br />

Senza dimenticare il suo disco più recente, Lirico, un<br />

omaggio personale <strong>in</strong> chiave jazz alla grande tradizione<br />

operistica.<br />

L’isola nel cuore<br />

<strong>Il</strong> “rifugio” di un poeta <strong>in</strong> uno stazzo tra i boschi<br />

Fabrizio De André scelse l'Agnata per realizzare il<br />

e un campo da tennis <strong>del</strong> progetto orig<strong>in</strong>ale non<br />

suo sogno di bamb<strong>in</strong>o, <strong>in</strong>iziato quando aveva c<strong>in</strong>-<br />

vennero mai realizzati. Disse una volta Dori:<br />

que anni e la famiglia lo aveva rifugiato dalla guer-<br />

"F<strong>in</strong>iremo per cercare le pall<strong>in</strong>e da tennis nel<br />

ra nella tenuta di famiglia vic<strong>in</strong>o ad Asti. Lì aveva<br />

bosco", e rideva; ma c'era poco da ridere se si<br />

imparato ad amare la terra e le piante f<strong>in</strong>o a deci-<br />

pensa che senza <strong>in</strong>terventi pubblicitari, senza teledere<br />

che "da grande" avrebbe avuto una tenuta<br />

fono, solo attraverso il tam tam degli ospiti la sto-<br />

come quella tutta per sé. Parlava volentieri <strong>del</strong>la<br />

ria di questa “fazenda” è f<strong>in</strong>ita sul F<strong>in</strong>ancial<br />

sua “fazenda” di Tempio, comprata una trent<strong>in</strong>a<br />

<strong>Time</strong>s. Nessuno capì mai se Fabrizio volesse esse-<br />

d'anni fa, quando era soltanto uno "stazzo", un<br />

re considerato un contad<strong>in</strong>o. I suoi amici raccon-<br />

appezzamento quasi abbandonato con un palazzottano<br />

che <strong>in</strong> realtà con Fabrizio si parlava più di<br />

to tipico gallurese <strong>in</strong> granito f<strong>in</strong>e Ottocento,<br />

poesia che di agricoltura, nonostante le cent<strong>in</strong>aia<br />

immerso <strong>in</strong> una foresta di querce da sughero,<br />

di volumi che studiò per coltivare la sua terra, e<br />

costruito sulle rocce. E naturalmente con una leg-<br />

non sempre i suoi ospiti conoscevano la storia di<br />

genda di un enorme tesoro sepolto fra gli alberi e<br />

quella Agnata che lo aveva ammaliato. Per lo più,<br />

cercato <strong>in</strong>vano per anni. Gliene aveva parlato<br />

all’Agnata, i suoi ospiti erano legati alla storia<br />

Giovanni Mureddu, un autista di Tempio. Fabrizio<br />

sarda, come Salvatore Sechi di Tempio Pausania,<br />

ne comprò 150 ettari. Tre corpi di terreno con nomi<br />

alto funzionario <strong>del</strong>la Presidenza <strong>del</strong>la<br />

che sembravano usciti dalle sue canzoni, Tanca<br />

Repubblica, per Fabrizio soprattutto musicista<br />

Longa, Donna Maria, l'Agnata. Una trent<strong>in</strong>a di<br />

anni fa vi andò a vivere con Dori Grezzi, nel palaz-<br />

Fabrizio De André nella sua casa all’Agnata<br />

concentrato sullo studio <strong>del</strong> fagotto, per ricreare<br />

con uno strumento "colto" il suono etnico pastozotto<br />

<strong>del</strong>l'Agnata, a lume di can<strong>del</strong>a, senza telefono, <strong>in</strong> un terreno abbandonato, completamente rale <strong>del</strong>le "launeddas". Per giocare a scopa scelse Alberto Sant<strong>in</strong>i, un amico che viveva a<br />

<strong>in</strong>colto, <strong>in</strong> un'asprezza da western americano. Con una tenacia da pioniere sardo riuscì a ristrut- Viterbo e che per una qu<strong>in</strong>dic<strong>in</strong>a d'anni lo aiutò nei lavori <strong>del</strong>l'Agnata, con abbastanza fanatiturare<br />

la stalla ed <strong>in</strong>iziò ad allevare i vitell<strong>in</strong>i da carne, e poi maial<strong>in</strong>i, e poi a sem<strong>in</strong>are gli orti, smo da costruire vic<strong>in</strong>o a Viterbo una villa chiamata Agnat<strong>in</strong>a. Le loro partite a scopa erano<br />

e poi a produrre uova, e poi a coltivare l’ulivo e la vite e tutto quello che poteva servire per un sempre molto serie: guai a chi li disturbava. Ma se Fabrizio sì allontanava un momento Alberto<br />

ristorante. Innalzò il solaio ricavandone una mansarda e restaurò un'altra stalla diroccata attrez- gli truccava l'elenco dei punti ed al suo ritorno accortosi di quell’<strong>in</strong>ganno, tutti a ridere come<br />

zata poi come dispensa. Dopo tre anni il palazzotto diventò quasi abitabile e Fabrizio caparbia- ragazzi. Si rideva davvero, non soltanto come ragazzi, quando all’Agnata piombava Beppe<br />

mente vi andò a vivere con Dori tra una tournée e l'altra. In un altro piccolo rudere sistemò una Grillo, amico d'<strong>in</strong>fanzia e di famiglia, caro a Fabrizio come un fratello. Con lui è come se uscis-<br />

cuc<strong>in</strong>a ricavandone una camera per i custodi. Così, riuscì a fondare il ristorante, subito diventase dallo spesso <strong>in</strong>volucro di autodifesa costruitosi addosso per schivare difficoltà fastidiose<br />

to famoso.<br />

create dall'<strong>in</strong>vadenza dei curiosi.<br />

Fabrizio si divertiva a giocare con quella terra, e ha giocato anche col rio Capriuneddu che In quell’ambiente così familiare amava comporre le sue canzoni: curava parole e musica<br />

attraversa la tenuta. Costruì uno sbarramento ricavandone un lago per l'irrigazione ma anche f<strong>in</strong>o alle prime luci <strong>del</strong>l’alba.<br />

per accogliere <strong>del</strong>le trote trovate <strong>in</strong> una pozza d'acqua, attirando anatre e gall<strong>in</strong>elle d'acqua. “<strong>Il</strong> mio nome resterà con le mie canzoni” commentava divertito a chi gli rispondeva: “tu<br />

Sulla costa <strong>del</strong>la coll<strong>in</strong>a progettò con l’aiuto <strong>del</strong>l’Ing. Visicale, e successivamente realizzò con pensa a campà”.<br />

Dori, un edificio di otto stanze e una pisc<strong>in</strong>a ricavata nella roccia, mentre un campo per le bocce<br />

Marco Ladu e Mariella Panu


lunedì 15 agosto <strong>2005</strong><br />

Energia e creatività <strong>del</strong>l'Indigo Quartet<br />

Gianluca Petrella anche <strong>in</strong> duo con Furio Di Castri<br />

Toccherà a Gianluca Petrella il compito di<br />

aprire la festa f<strong>in</strong>ale di <strong>Time</strong> <strong>in</strong> <strong>Jazz</strong>, alle 21:30<br />

<strong>del</strong> 15; una <strong>del</strong>le star <strong>del</strong> jazz made <strong>in</strong> Italy, e<br />

presente al <strong>festival</strong> anche <strong>in</strong> uno spettacolare<br />

duo con Furio Di Castri, domenica 14 alle 18<br />

nella Chiesa di Sant’Antonio Abate a Nughedu<br />

S. Nicolò.<br />

Con il suo Indigo Quartet il trombonista pugliese<br />

unisce il senso più vivo <strong>del</strong>la tradizione con le<br />

istanze più moderne <strong>del</strong> suono contemporaneo.<br />

Nel nucleo concettuale <strong>del</strong>la filosofia <strong>del</strong> gruppo<br />

trovano spazio tracce dixieland e quell’impronta<br />

di “musicista alternativo” che Petrella<br />

propone anche <strong>in</strong> altri aspetti <strong>del</strong>la sua produzione.<br />

Lavorando da solo nel proprio studio,<br />

tagliando e cucendo loop, pattern, campionature<br />

e “nuovi suoni” elettronici (Gianluca si diverte<br />

spesso ad “uscire” dai panni <strong>del</strong> jazzista, proponendo<br />

travolgenti serate D-Jay Set, che lo vedono<br />

spesso protagonista <strong>del</strong>le notti di alcuni locali<br />

di tendenza) è riuscito a tradurre il materiale<br />

base per un quartetto, senza però, opportunamente, perdere di<br />

vista la matrice acustica e fondamentalmente jazzistica.<br />

Spazio alla Bollywood Brass Band per la festa<br />

f<strong>in</strong>ale di <strong>Time</strong> <strong>in</strong> <strong>Jazz</strong>: la formazione anglo-<strong>in</strong>diana,<br />

già di scena tutti i giorni <strong>in</strong>torno alle 19.45<br />

nei concerti pre-serali lungo le vie <strong>del</strong> paese,<br />

potrà <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e esibire il suo repertorio sul palco<br />

centrale, il 15, col consueto corredo di fuochi<br />

pirotecnici <strong>del</strong>la Teo Fireworks, col quale <strong>Time</strong><br />

<strong>in</strong> <strong>Jazz</strong> saluta il suo pubblico.<br />

Band multirazziale anglo-<strong>in</strong>diana, la Bollywood<br />

Brass Band nasce nel 1992 dall’<strong>in</strong>contro artistico<br />

tra la street-band lond<strong>in</strong>ese Crocodile Style e<br />

Johnny Kalsi, leader <strong>del</strong>la Dhol Foundation e<br />

maggior esponente <strong>del</strong>la musica Bhangra <strong>in</strong><br />

Inghilterra. L’<strong>in</strong>troduzione <strong>del</strong> dhol, percussione<br />

<strong>in</strong>diana dal suono particolarmente alto, ha segnato<br />

la svolta decisiva nel percorso artistico <strong>del</strong>la<br />

formazione lond<strong>in</strong>ese. La Bollywood Brass Band<br />

è stata subito protagonista <strong>del</strong>la stagione consacrata<br />

alla celebrazione Diwali, il <strong>festival</strong> <strong>del</strong>le<br />

luci, per poi dedicarsi alla musica per matrimoni,<br />

ottenendo un enorme consenso <strong>in</strong> Inghilterra. Ma<br />

Gianluca Petrella (ph. Studio Jackson)<br />

Un gruppo nato un anno e mezzo fa che riesce a sorprendere<br />

per la straord<strong>in</strong>aria energia di base e con, <strong>in</strong> più, <strong>in</strong> organico,<br />

Gran f<strong>in</strong>ale con la<br />

Bollywood Brass Band<br />

Quattro donne nella formazione anglo-<strong>in</strong>diana<br />

La Bollywood Brass Band<br />

negli ultimi anni le performance vanno ben oltre<br />

le occasioni nuziali. <strong>Il</strong> loro repertorio è <strong>in</strong>fatti<br />

costituito dalle canzoni più famose di film vecchi<br />

e nuovi tratti dalla nutrita filmografia di Bombay,<br />

forse la più prolifica al mondo; musiche popolari<br />

<strong>del</strong> Punjab, i classici di musicisti <strong>in</strong>diani, <strong>in</strong>fluenze<br />

samba, reggae, funk, jazz, balcaniche e world<br />

music. Una miscela co<strong>in</strong>volgente e ipnotica, dove<br />

gli <strong>in</strong>trecci eleganti dei fiati sono sostenuti da<br />

<strong>in</strong>calzanti ritmi bhangra. Vivace e suggestivo<br />

anche l’impatto scenico, con l’impiego di costumi,<br />

l’accompagnamento con passi di danza di<br />

Simmy Gupta, e le immag<strong>in</strong>i tratte dai blockbusters<br />

di Bombay che verranno proiettate sullo<br />

sfondo <strong>del</strong> palco <strong>in</strong> s<strong>in</strong>cronia con la musica dal<br />

vivo di Sahra Moore (sax soprano, melodica) Will<br />

Embliss (tromba), Kay Charlton (tromba e flicorno),<br />

Dave Jago (trombone), Tim Smart (trombone),<br />

Alice K<strong>in</strong>loch (susafono), Philippe<br />

d’Amonville (batteria), Nick Cattermole (bass<br />

drum, percussioni) e Jas Daffu (dhol).<br />

13<br />

oltre alla propulsiva sp<strong>in</strong>ta <strong>del</strong> leader, l’esperienza<br />

di Paol<strong>in</strong>o Dalla Porta al contrabbasso,<br />

l’<strong>in</strong>telligente apporto di Fabio Accardi<br />

(tra i nomi nuovi più seguiti anche Oltralpe)<br />

alla batteria, e Francesco Bearzatti, il miglior<br />

“nuovo talento” <strong>del</strong> jazz nazionale 2003<br />

(“Musica <strong>Jazz</strong>”), al sax tenore e clar<strong>in</strong>etto.<br />

Altro nuovo progetto di Petrella è quello che<br />

lo vede <strong>in</strong> duo col contrabbassista milanese<br />

Furio Di Castri; i due suonano <strong>in</strong>sieme da<br />

poco più di un anno, anche nel qu<strong>in</strong>tetto<br />

Outl<strong>in</strong>e. Hanno registrato per la Wide Sound<br />

il disco Under Construction, che costituirà<br />

parte <strong>del</strong> repertorio offerto al <strong>festival</strong>; quella<br />

seguita dal duo è una strada di esplorazione e<br />

dissacrazione dei suoni bassi, capace di giocare<br />

come poche altre sul ribaltamento dei<br />

ruoli tradizionali dei due strumenti che guidano<br />

l’avventura. L’accurata elaborazione<br />

<strong>del</strong> materiale musicale non prevede nessun<br />

suono “midi”, piuttosto percussioni sugli<br />

strumenti, mani, carta, mollette o bacchette varie, filtrate o utilizzate<br />

accanto a samples montati su un computer.


14<br />

JAZZ E NU JAZZ<br />

tra ritmo e contam<strong>in</strong>azione<br />

nei DJ set di Mistura Pura<br />

Federica Grappasonni/Dj set Mistura Pura<br />

Un suono che <strong>in</strong>contra un altro suono, un’<strong>in</strong>terferenza fra vari<br />

generi musicali, una pozione magica dove si mischiano espressioni<br />

di mondi e momenti storici apparentemente diversi e lontani<br />

tra loro.<br />

La dimensione ballabile e percussiva presente nel jazz s<strong>in</strong> dalle sue<br />

orig<strong>in</strong>i; le <strong>in</strong>fluenze <strong>del</strong>la musica asiatica e di quella africana nel<br />

jazz e nel blues; l’<strong>in</strong>contro <strong>del</strong> jazz con il samba; il lat<strong>in</strong> jazz,<br />

l’elettronica e il jazz progressivo dei paesi nordici… sono questi i<br />

tratti musicali catturati e messi a confronto nel dj set Mistura Pura<br />

di Federica Grappasonni, che ad oggi rappresentano il cuore <strong>del</strong>le<br />

produzioni Lounge e Clubb<strong>in</strong>g. E dunque dalla bacchetta magica<br />

di Art Blakey – detentore <strong>del</strong> ritmo, <strong>in</strong> particolare nel suo periodo<br />

Bebop, 1946, che s’impose a quello <strong>del</strong>la West Coast – alla dimensione<br />

più popolare, funky e disco, di Miles Davis – anticipatore di<br />

tendenze musicali – alla melodia bossa novista di Tom Jobim -<br />

<strong>in</strong>terpretata a f<strong>in</strong>e anni c<strong>in</strong>quanta, tra i tanti, da Joao Gilberto, Stan<br />

Getz, Charlie Byrd, Ella Fitzgerald, Frank S<strong>in</strong>atra, Sarah<br />

Vaughan… - f<strong>in</strong>o ad arrivare alle modernissime produzioni nu jazz<br />

che vedono nelle etichette <strong>in</strong>dipendenti Compost Records, Far<br />

Out, Schema Records, N<strong>in</strong>ja Tune, per citarne alcune, il meglio dei<br />

nuovi orizzonti jazz dance. Ogni passaggio, da un periodo all’altro,<br />

è <strong>in</strong>tervallato da campionamenti (legali) registrati dalla dj nell’arco<br />

dei giorni e <strong>del</strong>le notti: urbani e di periferia, di campagna e<br />

di mare: è qui che ogni forma di vita ha il suo ritmo e il suo suono<br />

prima ancora di divenire musica.<br />

<strong>Il</strong> Mistura Pura dj set (Federica Grappasonni) si caratterizza dai<br />

nuovi l<strong>in</strong>guaggi <strong>del</strong>la bossa nova e <strong>del</strong> jazz. Dopo il debutto a<br />

Milano nel 2000, com<strong>in</strong>cia a sperimentare percussioni dal vivo da<br />

accompagnare alla musica jazz selezionata. La notte di Natale<br />

2002 organizza la serata “Homeless” nel Dormitorio Comunale di<br />

viale Ortles: la dj, nelle vesti anche di direttrice artistica, si fa<br />

accompagnare da quattro percussionisti scelti dai gruppi di batteria<br />

di percussioni dei Mitoka Samba. Nel giugno <strong>del</strong> 2004 è <strong>in</strong>vitata<br />

come dj ufficiale per festeggiare i c<strong>in</strong>quant’anni <strong>del</strong>la Rai a<br />

Cannes: nella splendida cornice <strong>del</strong>la terrazza <strong>del</strong> Palais du<br />

Festival, Federica prepara un live set dai suoni lounge-jazz accompagnata<br />

da un sassofonista, una cantante e un percussionista. A<br />

ottobre esce il primo s<strong>in</strong>golo <strong>del</strong>la dj producer, “Bossa Colorata”,<br />

brano a metà tra la bossa e il samba, raccolto nella compilation<br />

“Milano Clubb<strong>in</strong>g” (etichetta Aries/ distribuzione Audioglobe).<br />

DJ/set<br />

un melt<strong>in</strong>g-pot totale sicuramente reversibile<br />

Digital e Trance:<br />

faranno male?<br />

Digital Trance. Bel tema, ho pensato subito. E poi ce n’è a<br />

bizzeffe… anche se <strong>in</strong> realtà di questi term<strong>in</strong>i abbiamo<br />

piene le orecchie e sebbene non esista nulla che li abbia<br />

mai legati storicamente, almeno così come ce lo saremmo<br />

aspettato.<br />

Forse c’entra la filosofia, o parte di essa. Da quando esiste<br />

la mania <strong>del</strong>l’etichetta o <strong>del</strong>la catalogazione a tutti i costi,<br />

abbiamo una concezione più o meno sicura di questo tema.<br />

Ma la verità è che non esiste niente di “puro” che unisca i<br />

due term<strong>in</strong>i sotto lo stesso tetto. O meglio, non esiste con i<br />

crismi <strong>del</strong>la catalogazione d.o.c. O forse , <strong>in</strong>vece, è sempre<br />

esistito; nella Babele analitica <strong>del</strong> tempo digitale o nelle<br />

teste pensanti <strong>del</strong>le nuove<br />

architetture futuribili, nel<br />

pennello con le setole<br />

antiche di qualche estremo<br />

pensatore d’immag<strong>in</strong>e.<br />

Gli artisti, quelli veri,<br />

faranno festa. Con la<br />

musica è diverso, ma ce<br />

la faranno lo stesso.<br />

Dietro a quei due term<strong>in</strong>i<br />

c’era forse una sorta di<br />

m<strong>in</strong>imalismo storico:<br />

quello acustico di Steve<br />

Reich o quello elettronico<br />

di Philip Glass; forse<br />

entrambi benedetti dall’anima<br />

di Terry Riley o<br />

<strong>del</strong>la mente di qualche<br />

californiano bruciata<br />

dagli acidi. Oggi segue le<br />

rotte <strong>del</strong> rave o quelle<br />

antesignanamente “out” che uscivano dai locali alternativi<br />

di San Francisco, veicolati dalle filosofie “corrotte” (così<br />

dicevano a quel tempo) <strong>del</strong> Rhythm and Noise Ensemble di<br />

Naut Humon, capace di def<strong>in</strong>irsi “traffic controller”, pr<strong>in</strong>cipe<br />

<strong>del</strong>le “s<strong>in</strong>fonie rumoristiche” ; dissonanti, metallurgiche<br />

eppure <strong>in</strong> un certo senso wagneriane, avrebbe forse scritto<br />

Lester Bangs. Poi è cambiato tutto e il testimone, dopo essere<br />

passato dalle terre australiane a quelle islandesi e poi<br />

ancora da quelle svizzere a quelle d’Albione, f<strong>in</strong>almente al<br />

Nord dei Nord, oltre a quella Germania che ne ha fatto un<br />

marchio di fabbrica per Ibiza e succursali. E Wesseltoft è<br />

sembrato esserne padrone assoluto per un lungo momento;<br />

addirittura geniale quando ha ipotizzato “nuove concezioni<br />

jazzistiche” metabolizzate dalla macch<strong>in</strong>a. Ancora una volta<br />

salta <strong>in</strong> mente il pensiero di quel sant’uomo di Brian Eno,<br />

primo – fra tutti – a stabilire la legge che – per essere salvata<br />

e vivificata – la musica <strong>del</strong>le macch<strong>in</strong>e avrebbe dovuto<br />

essere comunque guidata dall’uomo. E’ un po’ ciò che più<br />

nelle gambe e meno nella mente profetizzò Paul Oakenfeld,<br />

quando partorì l’idea – sposata poi da tutti i locali che si<br />

rispettano e tremendamente alla moda - <strong>del</strong>le zone “chill<br />

out”, per riportare alla realtà un fisico martoriato da pressioni<br />

sonore una volta impensabili. C’è poi la trance: <strong>in</strong> questo<br />

senso, una sorta di discesa nel Maelstrom totale, lasciando<br />

probabilmente alle spalle l’abrasivo e il sublim<strong>in</strong>ale.<br />

Vengono <strong>in</strong> mente altri due nomi: Meredith Monk e<br />

Diamanda Galas, guarda caso anche loro <strong>in</strong>vitate a <strong>festival</strong><br />

che portano il term<strong>in</strong>e “jazz” nel proprio nome. E Peter<br />

Gabriel, oppure Robert Fripp, ben consci <strong>del</strong> fatto che la<br />

purezza <strong>del</strong> suono più acustico sia una sorta di trance elettronica<br />

<strong>in</strong> un mondo che è fatto di imbecillità imperante,<br />

capace di ridurre il suono<br />

a un mero esercizio di<br />

divertimento tout-court.<br />

Difficile? Per niente, se<br />

si pensa alle cent<strong>in</strong>aia di<br />

migliaia che ogni anno,<br />

ad un certo punto <strong>del</strong>la<br />

settimana, <strong>in</strong> piena notte,<br />

fuggono dalle bombe<br />

<strong>del</strong>le città e si rifugiano<br />

nell’entroterra di spiagge<br />

desolate, hangar abbandonati<br />

e si avv<strong>in</strong>ghiano a<br />

torri di casse e diffusori<br />

issate sul pianale di un<br />

rimorchio di Tir, per<br />

godersi bombe nelle<br />

orecchie firmate da mr.<br />

Decibel <strong>in</strong> persona.<br />

Digital Trance non è<br />

nulla oppure il tutto contemporaneo:<br />

più o meno<br />

una mappa aggiornata di ciò che non dovrebbe essere più<br />

nelle corde di un viol<strong>in</strong>o, anche se di viol<strong>in</strong>i è ovviamente<br />

sempre più piena la possibilità. Anche, con le dovute differenze,<br />

nelle aree disco più tradizionali <strong>del</strong>la riviera romagnola.<br />

Moda, letteratura, arte e tendenza: dentro c’è tutta la<br />

digital trance possibile ed immag<strong>in</strong>abile. Uno dei siti di riferimento<br />

di un movimento che non può nascere - anche se lo<br />

vorrebbe - perché il tema è troppo “vasto”, troppo “sporco”<br />

e troppo “furbo” è Elektrobar.com dove psytrance, chillout,<br />

house e trip-hop + storico drum&bass la fanno da padrone<br />

accanto a veri e propri “Starship Trooper” come Atmos,<br />

Astrix, S-Range oppure Lemon 8. E <strong>in</strong>tanto, Gianluca<br />

Petrella, fa girare nel suo lettore, spazi onirici che abbracciano<br />

f<strong>in</strong>landesi che imitano Sun Ra oppure teutonici deejays,<br />

figli degeneri dei Kosmische Kuriere dei Settanta.<br />

Digital Trance, <strong>in</strong>somma. E questo non può essere che un<br />

<strong>in</strong>izio. Klaus, <strong>in</strong>tanto, ride sotto i baffi e Fresu è <strong>in</strong> cuc<strong>in</strong>a a<br />

preparare il pranzo.<br />

Vittorio Albani


I poeti improvvisatori<br />

<strong>del</strong>la Sardegna<br />

Gara poetica improvvisata sul tema “La trance”<br />

Bruno Agus<br />

Mario Masala<br />

Giuseppe Porcu<br />

Un cantore-bamb<strong>in</strong>o e due adulti: quest’anno la<br />

proposta degli improvvisatori a <strong>Time</strong> <strong>in</strong> <strong>Jazz</strong> ha<br />

un’articolazione molto particolare. Saranno di<br />

scena tre poeti estemporanei di generazioni<br />

diverse: Giuseppe Porcu di Irgoli, 19 anni, perito<br />

agrario fresco di diploma all’Istituto Bernardo<br />

Brau di Nuoro, sulla scena <strong>del</strong>le sagre da appena<br />

un anno, affiancherà Bruno Agus di Gairo (48),<br />

che ha <strong>in</strong>iziato la sua carriera nel 1981, e Mario<br />

Màsala di Silanus (70), che fu a sua volta un<br />

enfant prodige, avendo esordito sui palchi <strong>del</strong>le<br />

gare a soli sedici anni, nell’agosto <strong>del</strong> 1951, nel<br />

suo paese natale per la festa di San Lorenzo.<br />

<strong>Il</strong> debutto di Giuseppe Porcu, nella primavera <strong>del</strong><br />

2003 a Nule durante un concorso a premio riservato<br />

ai poeti orali, ha rappresentato una novità di<br />

rilievo, dal momento che da oltre mezzo secolo<br />

non si registrava un esordio <strong>in</strong> età così verde. <strong>Il</strong><br />

pubblico ha sùbito mostrato di gradire molto questa<br />

presenza nuova e <strong>in</strong>attesa, tanto che il numero<br />

<strong>del</strong>le gare, nella stessa stagione <strong>del</strong> 2003, è<br />

notevolmente cresciuto rispetto alla media degli<br />

ultimi dieci anni.<br />

Mario Màsala, Bruno Agus e Giuseppe Porcu<br />

costituiscono oggi -<strong>in</strong> una gara poetica che li<br />

veda protagonisti <strong>in</strong>sieme- il confronto più credibile<br />

fra le tre generazioni che rappresentano,<br />

essendo ciascuno di loro il maggior vessillifero<br />

<strong>del</strong>la propria.<br />

Quella di <strong>Time</strong> <strong>in</strong> <strong>Jazz</strong> <strong>2005</strong> potrà forse essere<br />

un’occasione più che propizia, davvero utile a chi<br />

ha <strong>in</strong>teresse a farsi un’idea diretta e precisa -<br />

verificata sul campo - <strong>del</strong>la situazione <strong>del</strong> canto<br />

improvvisato negli spettacoli di piazza Sardegna:<br />

nel solco <strong>del</strong>la tradizione, certo, ma anche nell’apertura<br />

a eventuali <strong>in</strong>novazioni e arricchimenti,<br />

nella forma e nella sostanza.<br />

Paolo Pillonca<br />

DJ/set & altri eventi<br />

15<br />

The MiXzone<br />

Tutte le notti<br />

al Museo <strong>del</strong> V<strong>in</strong>o<br />

dj set e live happen<strong>in</strong>gs<br />

a cura di Radio X<br />

Digitale dalla nascita. Dall’ottobre <strong>del</strong> 1995 quando - prima <strong>in</strong> Europa - ha <strong>in</strong>iziato a trasmettere<br />

musica <strong>in</strong> diretta via Internet. Ma non solo. Radio X è digitale nel Dna musicale,<br />

con quella <strong>in</strong>nata predilezione per i suoni <strong>in</strong>ventati o campionati attraverso macch<strong>in</strong>e elettroniche.<br />

Ma anche per il ruolo creativo affidato alla figura <strong>del</strong> dee-jay, vero e proprio alchimista<br />

digitale, manipolatore di beats e campioni, Grande Sacerdote <strong>del</strong> misterioso Rituale<br />

<strong>del</strong> Groove, che esso si celebri tra le luci di un club o nel buio denso e pulsante di un programma<br />

radio.<br />

Radio X è una piccola anomalia nella storia <strong>del</strong>l’emittenza. Intanto perché nasce prima<br />

come web radio che come stazione fm (dove va <strong>in</strong> onda <strong>in</strong> prov<strong>in</strong>cia di Cagliari sui 96.8<br />

Mhz). E poi per altri motivi. Per il fatto di non fare pubblicità, se non a <strong>in</strong>iziative promosse<br />

dalla stessa radio. Per il fatto di ricavare dalla rete e dalle attività live, anziché dagli spot,<br />

le sue pr<strong>in</strong>cipali risorse di sostentamento. Per il fatto di non essere forse neppure più una<br />

radio <strong>in</strong> senso stretto, ma una eX – radio, una community devota all’elettronica e alla sperimentazione,<br />

un catalizzatore di progetti editoriali e musicali provenienti un po’ da tutta<br />

Europa, anche grazie alla partnership con Tiscali da cui nel 1999 è nato il felice esperimento<br />

di MUSIX (look<strong>in</strong>g for the perfect bit), primo esempio di etichetta on l<strong>in</strong>e <strong>in</strong>teramente dedicata<br />

alla sperimentazione digitale e ai suoni emergenti.<br />

A Radio X il <strong>festival</strong> <strong>Time</strong> <strong>in</strong> <strong>Jazz</strong> ha chiesto di curare per questa edizione <strong>del</strong> <strong>festival</strong> una<br />

vetr<strong>in</strong>a dedicata alle sonorità digitali mescolate dalle abili mani dei dee-jay. Riprendendo così<br />

il titolo di uno dei format <strong>del</strong>la webradio cagliaritana, il Museo <strong>del</strong> V<strong>in</strong>o ospita per ciascuna<br />

<strong>del</strong>le c<strong>in</strong>que serate <strong>del</strong> <strong>festival</strong> una MixZone che mette a confronto e <strong>in</strong> s<strong>in</strong>ergia tra loro deejay<br />

e sperimentatori elettronici di diversa estrazione e diverso orientamento. Dal m<strong>in</strong>imalismo<br />

all’electro clash, dalla drum’n’bass più parossistica all’energia vitale <strong>del</strong> break beat, s<strong>in</strong>o alle<br />

contam<strong>in</strong>azioni nordiche tra elettronica e jazz, passando per paesaggi sonori che richiamano<br />

l’immag<strong>in</strong>ario c<strong>in</strong>ematografico o profumi esotici che arrivano da paesi lontani...<br />

I c<strong>in</strong>que dj sets di Berchidda – aperti anche all’<strong>in</strong>terazione con musicisti live, territorio di<br />

sperimentazione sempre più spesso frequentato nelle serate di Radio X - diventeranno subito<br />

dopo il <strong>festival</strong> una speciale compilation on demand da ascoltare via Internet all’<strong>in</strong>dirizzo<br />

www.radiox.it oppure www.radioxonl<strong>in</strong>e.com


16<br />

Gli autori dei saggi raccolti<br />

nel volume “Tecno<br />

Trance – Una rivoluzione<br />

musicale di f<strong>in</strong>e millennio”<br />

(AA. VV. a cura<br />

di G. Salvatore,<br />

Castelvecchi, Roma,<br />

1998) condividono -<br />

assieme a non pochi<br />

musicologi e antropologi,<br />

sociologi <strong>del</strong>la religione<br />

e storici <strong>del</strong>la<br />

danza, psicanalisti e<br />

musicoterapeuti, neomistici<br />

ed edonisti <strong>in</strong>calliti,<br />

“psiconauti” e frequentatori<br />

di rave parties,<br />

discoteche, centri<br />

sociali - due idee forti:<br />

che quella famiglia di<br />

nuove musiche comprese<br />

sotto la def<strong>in</strong>izioneombrello<br />

di ‘techno’<br />

abbiano (def<strong>in</strong>itivamente?)<br />

trasformato alcuni<br />

modi tradizionali di<br />

comporre, produrre,<br />

riprodurre, ascoltare e<br />

ballare suoni organizzati;<br />

e che tanto i creatori quanto gli utenti di tali musiche vi<br />

attribuiscano un notevole potere sul corpo e sulla psiche.<br />

Si tratterebbe, <strong>in</strong>somma, di un fenomeno complesso che ha a che<br />

fare sia con la creatività artistica che con gli stati di coscienza; con<br />

il pensiero musicale, e con la fede <strong>in</strong> un potere trascendente <strong>del</strong>la<br />

musica; con un hic et nunc <strong>del</strong>l’esperienza musicale, ma anche<br />

con un suo Altrove, situato nell’acronìa di un Eterno Ritorno.<br />

Stiamo parlando di qualcosa che, viste le premesse, sembra<br />

<strong>in</strong>nescare una duplice rivoluzione, nell’estetica e nell’etica<br />

musicale, e più <strong>in</strong> generale nel rapporto tra la musica e l’uomo.<br />

Un rapporto che da circa mille anni - cioè dalla nascita<br />

nell’Occidente europeo di una musica “laica”, sganciata da<br />

necessità liturgiche o devozionali, e soprattutto dal dom<strong>in</strong>io<br />

<strong>del</strong>la chiesa cattolica su modi e forme, occasioni e strumenti<br />

<strong>del</strong> fare musica - non si presentava più accompagnato da tali<br />

problematiche, e di tale complessità.<br />

Alcuni aspetti di questa rivoluzione rappresentano anche<br />

l’estrema conseguenza di un secolo di musica afroamericana,<br />

cioè <strong>del</strong> radicamento <strong>del</strong> blues e <strong>del</strong> jazz - e di tutti i<br />

generi che variamente ne discendono - nelle pratiche musicali<br />

extra-accademiche, neo-popolari, di massa. Se ne<br />

riscontrano gli effetti non soltanto nei modi di fare musica,<br />

sempre più alla portata di tutti, ma anche nella competenza<br />

comune, sempre più “afroamericanizzata”: si pensi a come<br />

e quanto il blues feel<strong>in</strong>g sia stato acquisito, negli ultimi due<br />

o tre decenni, perf<strong>in</strong>o tra gli <strong>in</strong>terpreti e il pubblico <strong>del</strong>la<br />

canzone italiana. Di fatto, poi, un certo “colore” afroamericano<br />

viene sentito, dagli utenti di qualsiasi musica, come il<br />

segno di una maggiore vic<strong>in</strong>anza alle “orig<strong>in</strong>i” <strong>del</strong>la comunicazione<br />

musicale: un “atto” primordiale condividibile<br />

secondo mo<strong>del</strong>li psichici, rituali e sociali che valorizzano il<br />

momento <strong>del</strong>la ricezione e <strong>del</strong>la partecipazione. Di conseguenza,<br />

il comportamento musicale degli ascoltatori esprime<br />

una crescente funzionalizzazione <strong>del</strong>l’oggetto musicale:<br />

nella danza o nella meditazione, nel relax o nell’eros, attorno<br />

alla vita <strong>in</strong>teriore o alla vita di relazione. Di pari passo,<br />

l’ascolto musicale tende a farsi sempre meno astratto: ora<br />

somatizzato, ora psichicizzato, spesso teso verso una percezione<br />

“<strong>in</strong>tegrale” ma mai esclusivamente “mentale”.<br />

digital trance<br />

Techno-trance<br />

La trance, i rave e il “bisogno di trascendenza”<br />

Eppure ci si sbaglierebbe a ritenere che tutte queste radicalizzazioni<br />

f<strong>in</strong>iscano per limitare, <strong>del</strong>la musica, la prospettiva<br />

strettamente estetica. Pensiamo a come le competenze <strong>del</strong><br />

“compositore” divengano via via più diffuse anche presso i<br />

“non musicisti”, attraverso l’uso ormai quotidiano <strong>del</strong> computer<br />

domestico, e di programmi e software musicali una volta<br />

assai specialistici, ma oramai sempre più alla portata <strong>del</strong>l’utente<br />

comune. Se, una volta, la semplicità <strong>del</strong>la forma strofica<br />

consentiva a chiunque, magari fischiettando, di <strong>in</strong>ventare una<br />

canzone, il “computer di massa” ha reso estremamente vic<strong>in</strong>i<br />

(e al limite <strong>in</strong>terscambiabili) compositori ed utenti <strong>del</strong>la house<br />

music e poi <strong>del</strong>la “techno”, musica che si esprime attraverso<br />

due fattori entrati a far parte <strong>del</strong>la capacità di chiunque: accesso<br />

friendly alle tecnologie <strong>in</strong>formatiche, e logica sequenziale.<br />

La disponibilità di queste tecnologie, spesso a basso costo,<br />

non solo ha trasformato <strong>in</strong> potenziali musicisti i dj (come è<br />

stato rilevato anche <strong>in</strong> altre occasioni), ma ha radicato <strong>in</strong>tuizioni<br />

formali, capacità strutturanti, paesaggistica sonora presso<br />

lo stesso pubblico. Tutto ciò costituisce il presupposto di<br />

una creatività diffusa, virtualmente di massa, per giunta applicata<br />

a forme aperte e perf<strong>in</strong>o complesse: il che certo non limita<br />

ma espande la prospettiva estetica, democratizzando la consapevolezza<br />

<strong>del</strong> processo artistico.<br />

E come si fa a sostenere, aprioristicamente, che una semplificazione<br />

<strong>del</strong>le procedure compositive conduca <strong>in</strong>evitabilmente<br />

ad un impoverimento <strong>del</strong>le possibilità musicali? In questo<br />

do it yourself le risorse offerte sia dalla s<strong>in</strong>tesi elettronica che<br />

dal campionamento digitale <strong>del</strong> suono hanno esaltato la sensibilità<br />

timbrica, mentre la facilità di costruzione ritmica derivante<br />

dalla possibilità di produrre sequenze percussive pilotate<br />

da una tastiera e articolate <strong>in</strong> tempo “non reale”, step by<br />

step, ha enormemente contribuito all’<strong>in</strong>venzione poliritmica.<br />

La comb<strong>in</strong>azione di questi due fattori, col mettere <strong>in</strong> primo<br />

piano timbri e ritmi, non fa altro che portare a compimento un<br />

processo che, dal tardo Debussy a John Cage, o da Strav<strong>in</strong>skij<br />

a Xenakis e a Nancarrow, ha lungamente impegnato le più<br />

belle <strong>in</strong>telligenze <strong>del</strong> Novecento musicale “cólto”, dopo un<br />

Ottocento che aveva portato il suo mito <strong>del</strong>lo sviluppo melodico<br />

e <strong>del</strong>la densità armonica f<strong>in</strong>o all’implosiva crisi <strong>del</strong><br />

wagnerismo. A questo<br />

riguardo, dunque, certe<br />

<strong>in</strong>novazioni <strong>del</strong>la techno<br />

potrebbero essere<br />

tranquillamente considerate<br />

nel senso <strong>del</strong>la<br />

cont<strong>in</strong>uità storica.<br />

Stupisce, peraltro,<br />

anche l’estrema concretezza<br />

- questa sì una<br />

novità estetica, un<br />

segno di discont<strong>in</strong>uità,<br />

una frattura - con cui<br />

certi materiali musicali<br />

vengono messi <strong>in</strong> opera<br />

nella techno: la riduzione<br />

<strong>del</strong> dato melodico<br />

f<strong>in</strong>o al suo azzeramento,<br />

la def<strong>in</strong>itiva trasfigurazione<br />

<strong>del</strong>lo strato armonico<br />

<strong>in</strong> puro alone timbrico,<br />

o la sua sostituzione<br />

<strong>in</strong> un contrappunto<br />

forsennato, la cui<br />

unica ragione diviene<br />

ritmica. Se la techno,<br />

come scrive Roberto<br />

Agost<strong>in</strong>i, è un “flusso<br />

sonoro stratificato e circolare”,<br />

allora ogni “strato” - o sequenza di loops - può essere<br />

<strong>in</strong>teso come una “voce” che, nella tessitura complessiva, è<br />

al tempo stesso <strong>in</strong>dipendente e <strong>in</strong> relazione paritetica e dialettica<br />

con le altre “voci”, con gli altri “strati”. E’ proprio quest’idea<br />

di contrappunto amelodico a “smontare” vecchi criteri<br />

strutturali, a mescolare le carte. Ecco dunque come il dom<strong>in</strong>io<br />

<strong>del</strong> timbro e <strong>del</strong>la pulsazione, elevato a livelli di assoluta<br />

necessità e sufficienza, va a capovolgere il tradizionale buon<br />

senso musicale, portando i parametri espressivi (tratti prosodici,<br />

agogici, d<strong>in</strong>amiche, accenti; e volume, e sound) a farsi<br />

strutturali, e quelli strutturali a diventare accessori (melodia,<br />

armonia) o totalizzanti e <strong>in</strong>vasivi (metro e ritmo).<br />

Altri (…) <strong>in</strong>sistono <strong>in</strong>vece più sul fatto - altrimenti raro ed<br />

episodico, da un millennio circa a questa parte - che proprio<br />

a tale capovolgimento di ruoli gli utenti <strong>del</strong>la techno attribuiscano<br />

un effetto euforico, come <strong>in</strong> un carnevale di suoni,<br />

una “musica alla rovescia” dove tutto può accadere, e dove<br />

tutto quello che accade provoca effetti neurofisiologici e psicosomatici.<br />

(…)<br />

Una tale relazione può <strong>in</strong> effetti essere illum<strong>in</strong>ata da vari punti<br />

di vista. La si può ad esempio registrare presso gli stessi utenti<br />

<strong>del</strong>la musica techno: frequentatori di rave parties e discoteche<br />

dichiarano di ascoltare e danzare questa musica, <strong>in</strong> certe<br />

specifiche condizioni ambientali e collettive, per trarne un<br />

effetto che chiamano <strong>in</strong> vari modi: “sballo”, “alterazione”, ma<br />

soprattutto “trance”.<br />

Alla gente bisogna dare ascolto, anche quando si esprime <strong>in</strong><br />

maniera “poco scientifica”. Può essere oggetto di discussione<br />

cosa si <strong>in</strong>tenda veramente quando nel rave viene <strong>in</strong>vocata una<br />

vera e propria “trance”, ma la scarsa considerazione nella<br />

quale spesso è tenuto l’argomento dipende anche da certe sue<br />

distorsioni giornalistiche o sociologistiche. Concentrandosi<br />

attorno agli aspetti più pittoreschi <strong>del</strong> fenomeno, il chiacchiericcio<br />

dei media ne ha <strong>in</strong>fatti appiattito le peculiarità sui soliti<br />

luoghi comuni <strong>del</strong> sensazionalismo, la fenomenologia <strong>in</strong> semplici<br />

“si fa per dire”. Si tende, ad esempio, ad accostare la<br />

danza e la trance (o certi tratti musicali - come l’iteratività - e<br />

la trance) <strong>in</strong> un acritico rapporto di causa ed effetto. Non meno<br />

sbrigativo è l’evocare (…) la demonicità <strong>del</strong>la “possessione”


per stigmatizzare ogni forma di trasporto fisico<br />

<strong>in</strong>dotto dalla musica. Fenomeni di grande portata<br />

f<strong>in</strong>iscono così per smarrire, nel vaniloquio da bar<br />

o da parrocchia, il loro significato più profondo.<br />

Ma una competenza meglio approfondita sarebbe<br />

più consona, quando si chiamano <strong>in</strong> causa due tra<br />

le più profonde esperienze psicofisiche <strong>del</strong>l’uomo:<br />

la capacità di giocare con lo spazio, il ritmo,<br />

l’equilibrio, che si esprime attraverso la danza, e<br />

quella sapienza mistica e tecnica sviluppata dai<br />

primordi <strong>del</strong>l’umanità per modificare gli stati di<br />

coscienza ord<strong>in</strong>aria, per proiettarsi “altrove”, per<br />

calarsi anima e corpo nella trance.<br />

Ma, <strong>in</strong> fondo, i luoghi comuni e le semplificazioni<br />

che si sentono <strong>in</strong> giro scaturiscono da certi automatismi<br />

che andrebbero <strong>in</strong>dagati nella più recente<br />

storia <strong>del</strong>le idee. Pur nata <strong>in</strong> Europa, la dimensione<br />

<strong>del</strong> rave party deve all’America - oltre all’ispirazione<br />

afroamericana portata dalla house music - anche certe idee sem<strong>in</strong>ali, suggestioni potenti e<br />

versatili che si possono oggi riconoscere, ad esempio nella riscoperta <strong>del</strong>la propria cultura autoctona,<br />

quella amer<strong>in</strong>dia, <strong>in</strong> qualche tarda deriva <strong>del</strong>l’utopismo naturalista e proto-ecologista, alla<br />

Thoreau, nonché nel persistere di certe idee dei movimenti controculturali degli anni Sessanta, tra<br />

hippismo e d<strong>in</strong>torni, e più recentemente nel dilagare di uno spiritualismo dopolavoristico di<br />

impronta New Age. Non c’è da stupirsi di quanta eterogeneità possa raccogliersi attorno a un<br />

unico nucleo di idee <strong>in</strong>iziali. Accade semplicemente che movimenti anche molto differenti abbiano<br />

diversamente rielaborato i medesimi pr<strong>in</strong>cìpi, distanti per scopi e identità ma solidali nella<br />

ricerca <strong>del</strong> superamento di un’idea-guida <strong>del</strong>la cultura Occidentale: la dicotomia corpo/anima.<br />

Che <strong>in</strong> ultima analisi, laicizzata e filtrata da ogni sovrastruttura religiosa, si può ridurre a un’altra<br />

opposizione posta dall’antropologia culturale, quella tra natura e cultura. Parole-chiave come<br />

“neotribale” o “psiche<strong>del</strong>ico”, che da tempo risuonano nella musica e nella cultura giovanili, <strong>in</strong><br />

qualche modo hanno preparato gli animi alla rivoluzione <strong>del</strong>la techno-trance: culturalmente “rivoluzionaria”<br />

proprio per l’attacco che sembra sferrare a dicotomie quali quelle citate.<br />

Ma ripartiamo dal livello <strong>del</strong>la semplice evidenza. Quel che dice la gente, riferendosi a un’esperienza<br />

direttamente provata, a un proprio vissuto personale, merita sempre ascolto. Se nei rave, o<br />

<strong>in</strong> generale nel consumo musicale <strong>del</strong>la techno, viene proiettato il desiderio di attivare un meccanismo<br />

<strong>in</strong> grado di <strong>in</strong>tervenire sui propri stati di coscienza, e se questo desiderio viene identificato<br />

con aspirazioni nebulosamente ma dichiaratamente “spirituali”, ben oltre la semplice attività<br />

psicomotoria, vuol dire che tra il ballo e lo sballo si agitano precisi contenuti latenti. Nelle calig<strong>in</strong>i<br />

<strong>del</strong> “giorno dopo”, dopo una notte di techno-trance, quel che resta è il senso di aver celebrato<br />

un’esperienza che forse non è solo di tipo edonistico. Se questo è quanto molti utenti <strong>del</strong>la techno<br />

si sforzano di <strong>in</strong>dicare, spendendo con dis<strong>in</strong>voltura un term<strong>in</strong>e impegnativo e <strong>in</strong>esorabilmente<br />

“scientifico” come trance, il loro sforzo di capire se stessi andrebbe aiutato, decodificato.<br />

L’implicazione più immediata è che, nell’attribuire oggi alla musica una funzione e un potere, si<br />

resuscita la dottr<strong>in</strong>a <strong>del</strong>l’ethos platonico e aristotelico. Cioè si risveglia, dalla storia <strong>del</strong>le orig<strong>in</strong>i<br />

<strong>del</strong>la coscienza, un’attitud<strong>in</strong>e radicata <strong>in</strong> tecniche addirittura preistoriche, quando attività elementari<br />

e primarie - come contemplare il cielo stellato o immedesimarsi nel flusso di un suono<br />

naturale - com<strong>in</strong>ciavano ad essere elaborate, trasformandosi <strong>in</strong> una risorsa umana, nell’<strong>in</strong>tuizione<br />

di un pattern. Indispensabile anticamera <strong>del</strong> pensiero scientifico e tecnico. Ma anche <strong>del</strong>la chia-<br />

digital trance<br />

17<br />

ve ritmica che regola la nostra esistenza nel<br />

mondo, e il rapporto fra immanenza e trascendenza,<br />

e i possibili modi di <strong>in</strong>serirsi negli <strong>in</strong>terstizi<br />

fra spirito e materia, imparando a servirsene,<br />

ad usare la propria persona come una batteria di<br />

energie capace di alimentare esperienze estreme.<br />

Servendosi di ogni accessorio disponibile. Fra cui<br />

anche, e soprattutto, il suono organizzato.<br />

Su questo modo di <strong>in</strong>quadrare il problema pesa la<br />

posizione, autorevole e impresc<strong>in</strong>dibile, di Gilbert<br />

Rouget, massimo studioso vivente dei rapporti fra<br />

musica e trance. Rouget ha sostenuto, sulla base di<br />

un campionario storico-fenomenologico piuttosto<br />

esaustivo, che una relazione di stretta consequenzialità<br />

fra un certo stimolo musicale e un’alterazione<br />

degli stati di coscienza non è dimostrabile.<br />

Ciò ha improvvisamente reso più prudenti tutti gli<br />

studiosi. Prudenza forse eccessiva, giacché l’imponente<br />

studio <strong>del</strong>l’etnomusicologo francese non nega la tesi di una relazione consequenziale, ma<br />

solo la sua dimostrabilità allo stato attuale <strong>del</strong>le ricerche. Anzi, il suo lavoro di documentazione<br />

mostra che, anche se non si può attribuire meccanicamente un certo effetto a un preciso parametro<br />

musicale, la presenza <strong>del</strong>la musica <strong>in</strong> molti rituali estatici e di possessione è dovunque sentita come<br />

altamente significativa. Egli stesso ammette che, nei fenomeni presi <strong>in</strong> esame, la musica - pur non<br />

potendo essere considerata una causa scatenante tout court - rappresenta una sorta di medium emozionale<br />

che favorisce la creazione di quelle condizioni neuro-psico-fisiologiche da cui la trance<br />

viene appunto <strong>in</strong>nescata. Ora, con l’ammissione che esistono condizioni <strong>del</strong>la trance che le sono<br />

necessarie, anche se non sufficienti, e che tra i fattori che agevolano l’<strong>in</strong>staurarsi di uno stato di<br />

trance vi è anche la funzione emotiva <strong>del</strong>la musica, lo stesso scetticismo di Rouget cade un po’ <strong>in</strong><br />

contraddizione, limitando la portata generale <strong>del</strong>la sua tesi, ed enfatizzandone la posizione negativa:<br />

semplicemente, “Non è (ancora) dimostrabile che...”. (…)<br />

“Techno-trance” è un’espressione che ha avuto fortuna soprattutto <strong>in</strong> Italia per <strong>in</strong>dicare l’<strong>in</strong>tero<br />

spettro antropologico-musicale <strong>del</strong> fenomeno, cioè ambedue le “idee forti”. Altrove la def<strong>in</strong>izione<br />

di ‘techno-trance’ viene attribuita solo al sottogenere di un altro sottogenere (la techno,<br />

appunto) e considerata come una <strong>del</strong>le tante gemmazioni di un movimento musicale che, pur<br />

mostrando <strong>in</strong>negabili tratti di omogeneità, si presenta parcellizzato <strong>in</strong> una miriade di def<strong>in</strong>izioni,<br />

ciascuna ritenuta rappresentativa di un stile: acid house, Chicago house, Detroit techno,<br />

hardcore, Balearic, <strong>in</strong>die dance, garage, speed garage, deep house, progressive house, gabba,<br />

trance, <strong>in</strong>telligent techno, ambient, jungle, hardbag, happy hardcore, breakbeat... Si dira: non<br />

è certo cosa nuova che, nell’universo <strong>del</strong>la musica extracolta, le def<strong>in</strong>izioni applicate a stili e<br />

generi siano molto più numerose dei loro effettivi referenti. Ma il fatto che ciascuna di queste<br />

sotto-def<strong>in</strong>izioni applicate a quanto sta tra la house music e la techno music si limiti ad <strong>in</strong>dicare,<br />

il più <strong>del</strong>le volte, una differenziazione ristretta ad una s<strong>in</strong>gola variante di un s<strong>in</strong>golo parametro<br />

(ad esempio il valore metronomico espresso dalla quantità di battiti per m<strong>in</strong>uto), ribadisce<br />

con forza il carattere em<strong>in</strong>entemente funzionale di questa musica. Ogni microgenere, <strong>in</strong>datti,<br />

esprime la sua variante <strong>in</strong> maniera talmente omogenea da soddisfare tanto l’esigenza di un<br />

missaggio “fluido”, sentita dalla maggior parte dei dj, quanto l’attribuzione, da parte degli utenti,<br />

di particolari “poteri” a determ<strong>in</strong>ate caratteristiche agogiche o sonore. (…)<br />

Gianfranco Salvatore


18<br />

Dervisci è un term<strong>in</strong>e persiano che<br />

significa monaco implorante.<br />

L’etimologia riconduce alla parola<br />

araba darwish che significa povero<br />

perché perdendo Dio (l’Amato),<br />

l’uomo ha perso tutto ciò che possedeva.<br />

Derviscio è l’uomo caduto<br />

nella prigione terrena, è il povero.<br />

Un proverbio musulmano dice che<br />

siamo tutti poveri, eccetto Dio. <strong>Il</strong><br />

povero, però, grazie alla virtù <strong>del</strong><br />

canto, <strong>del</strong> suono e <strong>del</strong>la danza può<br />

addentrarsi nel camm<strong>in</strong>o di ricongiungimento<br />

col div<strong>in</strong>o. È quello<br />

che fanno i dervisci mevlevi, chiamati<br />

anche dervisci rotanti, che,<br />

attraverso una danza vertig<strong>in</strong>osa<br />

ricercano la percezione di Dio dentro<br />

di sé e l’unione col div<strong>in</strong>o. E<br />

come <strong>in</strong> tutte le cerimonie che si<br />

rispettano neanche un gesto è frutto<br />

<strong>del</strong> caso: il danzatore, medium tra<br />

cielo e terra, con la mano destra<br />

aperta e rivolta verso il cielo accoglie<br />

la grazia div<strong>in</strong>a, mentre con la<br />

mano s<strong>in</strong>istra aperta, col palmo<br />

rivolto verso il basso, la trasferisce a<br />

terra. In un crescendo vertig<strong>in</strong>oso i<br />

Dervisci, accompagnati dalla musica<br />

mistica <strong>del</strong> nay (flauto verticale),<br />

ruotano su se stessi: il piede s<strong>in</strong>istro,<br />

che ha la funzione di perno, fissato<br />

al pavimento mentre l’altro dà la<br />

sp<strong>in</strong>ta che permette la roteazione su<br />

se stessi. Per evitare il capogiro tengono<br />

la testa <strong>in</strong>cl<strong>in</strong>ata verso destra e<br />

gli occhi fissi sul palmo <strong>del</strong>la mano<br />

s<strong>in</strong>istra. Ogni aspetto <strong>del</strong>la danza,<br />

i dervisci<br />

L’ESTASI MISTICA DEI DERVISCI<br />

Una danza per congiungersi al div<strong>in</strong>o<br />

dei vestiti e degli atteggiamenti ha<br />

un valore altamente simbolico: il<br />

lungo abito, che roteando forma un<br />

cerchio, rappresenta il cosmo che<br />

tutto avvolge; la lunga veste bianca<br />

rappresenta il sudario, il mantello<br />

nero la tomba, l’alto cappello cil<strong>in</strong>drico<br />

la pietra tombale che il derviscio<br />

pone sulle passioni terrene. La<br />

danza dei Dervisci com<strong>in</strong>cia con una<br />

preghiera al profeta Maometto.<br />

Senza mai stancarsi la voce profonda<br />

<strong>del</strong> Derviscio <strong>in</strong>voca <strong>in</strong>izialmente<br />

una sola sillaba hû che sta per Lui,<br />

Allah, per poi evolversi nelle sette<br />

sillabe lâ ilâha illâ-llah - non c’è Dio<br />

se non Allah. I Dervisci si spogliano<br />

dei loro mantelli neri, simbolo <strong>del</strong>l’oscuro<br />

mondo terreno <strong>in</strong> cui l’anima<br />

è chiusa, e <strong>in</strong>iziano lentamente a<br />

volteggiare, con le braccia <strong>in</strong>crociate.<br />

Quando, <strong>in</strong> un rapido <strong>in</strong>cedere, le<br />

rotazioni diventano sempre più veloci,<br />

i danzatori distendono le loro<br />

braccia: aprono la mano destra verso<br />

il cielo per accogliere il div<strong>in</strong>o e la<br />

s<strong>in</strong>istra verso il basso per donare<br />

l’<strong>in</strong>flusso <strong>del</strong> Dio ai mortali. <strong>Il</strong><br />

Derviscio, <strong>in</strong> un <strong>in</strong>cessante e sempre<br />

più veloce volteggiare, raggiunge<br />

l’estasi, e quando sembra cadere <strong>in</strong><br />

trance la musica si ferma. <strong>Il</strong><br />

Derviscio cont<strong>in</strong>ua a danzare nel<br />

silenzio ed è’ <strong>in</strong> quel momento che,<br />

allontanato dalla mente ogni contatto<br />

con la materialità terrena, entra f<strong>in</strong>almente<br />

<strong>in</strong> contatto con il div<strong>in</strong>o.<br />

Angela Manca di Mores


<strong>in</strong>fo@time<strong>in</strong>jazz.it<br />

Mercoledì 11 agosto <strong>2005</strong><br />

Mercoledì 11 agosto <strong>2005</strong>


22<br />

Abbonamenti (solo platea)<br />

Intero euro 55,00<br />

Ridotto euro 45,00<br />

Biglietti <strong>in</strong>teri<br />

Platea euro 17,00<br />

Tribuna euro 14,00<br />

(*) Platea euro 8,50<br />

(*) Tribuna euro 7,00<br />

Biglietti ridotti<br />

Platea euro 14,00<br />

Tribuna euro 11,00<br />

(*) Platea euro 7,00<br />

(*) Tribuna euro 5,50<br />

Ridotti<br />

ragazzi dai 10 ai 12 anni,<br />

soci <strong>Time</strong> <strong>in</strong> <strong>Jazz</strong>,<br />

studenti CTS,<br />

adulti oltre i 65 anni e<br />

portatori handicap<br />

(**)<br />

Ingresso libero<br />

(***)<br />

Quota di partecipazione<br />

al viaggio euro 5,00<br />

il programma<br />

Montalvu - Foresta Demaniale Monte Limbara Sud - 06.00<br />

MontAlbæ In > Paolo Fresu & Alborada Str<strong>in</strong>g Quartet<br />

“Scores”<br />

11<br />

<strong>in</strong> collaborazione con l’Ente Foreste <strong>del</strong>la Sardegna<br />

Stazioni ferroviarie di Olbia, Monti, Berchidda, Oschiri e Chilivani<br />

partenza Olbia 10,59 > arrivo Chilivani 12.33<br />

“TEE / TrancEuropExpress” ***<br />

Brittany Bagpipes & Orchestra di Launeddas di Luigi Lai<br />

produzione orig<strong>in</strong>ale - <strong>in</strong> collaborazione con Trenitalia e RFI<br />

Monti, Santuario di San Paolo Eremita - 11.00<br />

Jon Balke & Bugge Wesseltoft Duo<br />

12<br />

produzione orig<strong>in</strong>ale<br />

Oschiri, Chiesa di Nostra Signora di Castro - 18.00<br />

Triptyque<br />

Berchidda, it<strong>in</strong>erante - 19.45<br />

Bollywood Brass Band<br />

Berchidda, Chiesa di San Michele - 11.00<br />

Jon Balke piano solo<br />

13<br />

Berchidda, Chiesa di Santa Cater<strong>in</strong>a - 18.00<br />

Gnawa Sidi Mimoun “Gnawa acoustic project”<br />

Berchidda, Giard<strong>in</strong>i <strong>del</strong>la Casa di riposo per anziani - 19.45<br />

Gara di Poesia <strong>in</strong> l<strong>in</strong>gua sarda<br />

con i poeti improvvisatori Mario Masala, Bruno Agus e Giuseppe Porcu<br />

14<br />

Berchidda, Museo <strong>del</strong> V<strong>in</strong>o – 10.30<br />

Presentazione dei libri “Musica e Architettura. Paesaggi<br />

<strong>del</strong>la contemporaneità” a cura di Salvatore Peluso e<br />

“Paolo Fresu: la Sardegna, il <strong>Jazz</strong>” di Enzo Gravante<br />

Berchidda, Museo <strong>del</strong> V<strong>in</strong>o - 12.00<br />

Concerto Aperitivo con Angelo Lazzeri Quartetto<br />

Nughedu San Nicolò, Chiesa di Sant’Antonio Abate - 18.00<br />

Furio Di Castri & Gianluca Petrella Duo<br />

Semida - Arboreto mediterraneo - Foresta Demaniale Monte Limbara<br />

Sud - 11.00<br />

15<br />

Steven Bernste<strong>in</strong> “Special Mounta<strong>in</strong>” Project<br />

produzione orig<strong>in</strong>ale, <strong>in</strong> collaborazione con l’Ente Foreste <strong>del</strong>la Sardegna<br />

Tempio Pausania, L’Agnata - 18.00<br />

Danilo Rea “<strong>Il</strong> jazz <strong>in</strong>contra la musica d'autore:<br />

omaggio a Fabrizio De Andrè” - produzione orig<strong>in</strong>ale<br />

<strong>in</strong> collaborazione con la Fondazione Fabrizio De Andrè<br />

TUTTE LE SERE<br />

Berchidda, per le vie <strong>del</strong> paese - 19.30<br />

Bollywood Brass Band<br />

Berchidda, luoghi variabili - 20,30<br />

Mistura Pura/ Dj set<br />

PAV PROGETTO ARTI VISIVE<br />

organizzazione e cura di Giannella Demuro e Antonello Fresu<br />

Mostre _ Esposizioni _ Eventi • 11>15 agosto<br />

Arte tra le note > Piazza <strong>del</strong> Popolo<br />

scenografie d’artista per i concerti serali di <strong>Time</strong> <strong>in</strong> <strong>Jazz</strong><br />

lBianco-Valente, Massimo Kaufmann, Nero Project, Pastorello<br />

Digit@l trance> Museo PAV, Cortili di Casa Meloni/Sa Casara<br />

a cura di Giannella Demuro e Antonello Fresu<br />

Bianco-Valente, Isabella Bordoni, Christian Chironi,<br />

Emilio Fant<strong>in</strong>, Greta Frau, Nero Project, Antonio Riello,<br />

Sara Rossi, Nico Vascellari<br />

En-Trance > Museo PAV<br />

a cura di Valerio Dehò<br />

Kar<strong>in</strong> Andersen, Matteo Basilè, Paolo Consorti,<br />

Massimo Kaufmann, Jorunn Monrad, Luisa Raffaelli,<br />

Francesca Semeria, Nicola Troilo<br />

Weblife - forme di vita nella rete > Cortili di Casa Meloni<br />

a cura di Valent<strong>in</strong>a Tanni<br />

Alessandro Capasso/Abstract Codex, Yuli Ziv/Adam001, Gustavo<br />

Romano/Cyberzoo, Stanza/Genomixer, S<strong>in</strong>glecell & Doublecell,<br />

Luca Bert<strong>in</strong>i/Vi-Con, Grégoire Zabé/ VirLab, Raewyn Turner e<br />

Col<strong>in</strong> Beardon/World Tree, www.8081.com/The Island<br />

Ozieri, Basilica di Sant’Antioco di Bisarcio - 18.00<br />

Bugge Wesseltoft & Sidsel Endresen<br />

Berchidda, it<strong>in</strong>erante - 19.45<br />

Bollywood Brass Band<br />

Berchidda, Piazza <strong>del</strong> Popolo - 21.30<br />

Jon Balke Magnetic North Orchestra<br />

Jacques Pellen “Celtic Procession” con Brittany Bagpipes<br />

produzione orig<strong>in</strong>ale<br />

Berchidda, Piazza <strong>del</strong> Popolo - 21.30<br />

Gnawa Sidi Mimoun “Gnawa project”<br />

special guest: Karim Ziad<br />

produzione orig<strong>in</strong>ale<br />

Bugge Wesseltoft New Conception of <strong>Jazz</strong><br />

Berchidda it<strong>in</strong>erante - 19.45<br />

Bollywood Brass Band<br />

Berchidda, Piazza <strong>del</strong> Popolo - 21.30<br />

“Experimentum Mundi Remix”<br />

opera di musica immag<strong>in</strong>istica<br />

live di Giorgio Battistelli e Maurizio Martusciello<br />

Mercan Dede Secret Tribe<br />

Berchidda, it<strong>in</strong>erante - 19.45<br />

Bollywood Brass Band<br />

Berchidda, Piazza <strong>del</strong> Popolo - 21.30<br />

Michel Benita & Judith Darmont “Translate”<br />

guests: Erik Truffaz, Philippe Garcia<br />

Sex Mob<br />

special guest: DJ Olive<br />

“La Gallura di Fabrizio tra musica e poesia”<br />

mostra fotografica - 10.00>21.00<br />

Berchidda, Piazza <strong>del</strong> Popolo - 21.30<br />

Gianluca Petrella Indigo Quartet *<br />

Bollywood Brass Band ** & Festa f<strong>in</strong>ale<br />

con giochi pirotecnici<br />

Montalvu - Foresta Demaniale Monte Limbara Sud - 06.00 <strong>del</strong> 16 agosto<br />

MontAlbæ Out > Paolo Fresu & Alborada Str<strong>in</strong>g Quartet<br />

“ArvoPärtrance” - produzione orig<strong>in</strong>ale<br />

TUTTE LE NOTTI<br />

Berchidda, Piazza <strong>del</strong> Popolo, dopo i concerti<br />

TRANCE di NOTTE / NOTE <strong>in</strong> TRANCE<br />

rassegna di film etnografici su musica e trance a cura di Gianfranco<br />

Cabiddu <strong>in</strong> collaborazione con l’Istituto Superiore Regionale Etnografico<br />

Berchidda, Museo <strong>del</strong> V<strong>in</strong>o,11>15 agosto - 24.00<br />

The MiXzone (***)/Dj set e live happen<strong>in</strong>gs<br />

a cura di Radio, X <strong>in</strong> collaborazione con il Museo <strong>del</strong><br />

V<strong>in</strong>o e la Cooperativa La Memoria Storica<br />

Progetto Neon: Feroci <strong>in</strong>validi di ritorno dai paesi<br />

caldi > Sa Casara<br />

a cura di G<strong>in</strong>o Giannuzzi<br />

Amae Artgroup, Andrea Melloni, Barbara Fässler, Christ<strong>in</strong>e<br />

de la Garenne, Diego Zuelli, Letizia Ronz<strong>in</strong>i, Maria Vittoria<br />

Perrelli, Mauro Sampaolesi, Monika Stemmer, Nark BKB,<br />

Nicola Gobbetto, Roberta Piccioni, Sabr<strong>in</strong>a Torelli,<br />

Sandr<strong>in</strong>e Nicoletta, Sergia Avveduti, Simone Barresi, Sophie<br />

Usunier, Susanna Scarpa, Tu'm<br />

V/ideo/azioni > Sa Casara<br />

Francesco Casu, Erik Chevalier, Giovanni Coda, Tore Manca, Mario<br />

Pischedda, Elisabetta Saiu, Giulia Sale, Massimo Sanna, Danilo S<strong>in</strong>i<br />

Stage/Backstage > Museo <strong>del</strong> V<strong>in</strong>o<br />

<strong>in</strong>stallazione fotografica sul <strong>festival</strong> e i suoi artisti attraverso lo<br />

sguardo di “professionisti” e “non professionisti” <strong>del</strong>lo scatto<br />

Semida > Foresta Demaniale Monte Limbara Sud, <strong>in</strong> permanenza<br />

Clara Bonfiglio, Giovanni Campus, Bruno Petretto, P<strong>in</strong>uccio Sciola,<br />

Monica Sol<strong>in</strong>as


PAV - progetto arti visive<br />

MUSEOPAV<br />

CORTILI DI CASA MELONI<br />

SA CASARA<br />

Arte tra le note<br />

scenografie d’artista<br />

Bianco-Valente, Massimo Kaufmann,<br />

Nero Project, Pastorello<br />

Digit@l trance<br />

a cura di Giannella Demuro e<br />

Antonello Fresu<br />

Bianco-Valente, Isabella Bordoni,<br />

Christian Chironi, Emilio Fant<strong>in</strong>,<br />

Greta Frau, Nero Project, Antonio Riello,<br />

Sara Rossi, Nico Vascellari<br />

En-Trance<br />

a cura di Valerio Dehò<br />

Kar<strong>in</strong> Andersen, Matteo Basilè,<br />

Paolo Consorti, Massimo Kaufmann,<br />

Jorunn Monrad, Luisa Raffaelli,<br />

Francesca Semeria, Nicola Troilo<br />

Feroci <strong>in</strong>validi di ritorno<br />

dai paesi caldi<br />

a cura di G<strong>in</strong>o Giannuzzi<br />

Amae Artgroup, Andrea Melloni,<br />

Barbara Fässler, Christ<strong>in</strong>e de la Garenne,<br />

Diego Zuelli, Letizia Ronz<strong>in</strong>i,<br />

Maria Vittoria Perrelli, Mauro Sampaolesi,<br />

Monika Stemmer, Nark BKB,<br />

Nicola Gobbetto,Roberta Piccioni,<br />

Sabr<strong>in</strong>a Torelli, Sandr<strong>in</strong>e Nicoletta,<br />

Sergia Avveduti, Simone Barresi,<br />

Sophie Usunier, Susanna Scarpa, Tu'm<br />

Weblife<br />

a cura di Valent<strong>in</strong>a Tanni<br />

Alessandro Capasso/Abstract Codex, Yuli<br />

Ziv/Adam001, Gustavo Romano/Cyberzoo,<br />

Stanza/Genomixer, S<strong>in</strong>glecell & Doublecell,<br />

Luca Bert<strong>in</strong>i/Vi-Con, Grégoire Zabé/ VirLab,<br />

Raewyn Turner e Col<strong>in</strong> Beardon/World Tree,<br />

www.8081.com/The Island<br />

V/ideo/azioni<br />

Francesco Casu, Erik Chevalier,<br />

Giovanni Coda, Tore Manca, Mario<br />

Pischedda, Elisabetta Saiu,<br />

Giulia Sale, Massimo Sanna, Danilo S<strong>in</strong>i<br />

Stage/Backstage<br />

<strong>in</strong>stallazione fotografica sul <strong>festival</strong> e i suoi<br />

artisti attraverso lo sguardo di “professionisti”<br />

e “non professionisti” <strong>del</strong>lo scatto<br />

Semida (<strong>in</strong> permanenza)<br />

Clara Bonfiglio, Giovanni Campus, Bruno<br />

Petretto, P<strong>in</strong>uccio Sciola, Monica Sol<strong>in</strong>as<br />

23


24<br />

PAV - progetto arti visive<br />

Digit@l<br />

Trance<br />

L’arte contemporanea<br />

<strong>in</strong> scena a Berchidda<br />

Bianco-Valente/ Isabella Bordoni / Cristian Chironi<br />

Emilio Fant<strong>in</strong> / Greta Frau / Nero Project / Antonio Riello<br />

Sara Rossi / Nico Vascellari<br />

Anche se visto attraverso la lente raffreddata<br />

<strong>del</strong> tempo, il percorso evolutivo compiuto dall’essere<br />

umano, particolarmente <strong>in</strong> questi secoli<br />

recenti, appare straord<strong>in</strong>ario e ricco di aspettative,<br />

oltre che di <strong>in</strong>certezze. L’impressione è,<br />

<strong>in</strong>fatti, quella di trovarsi <strong>in</strong> un momento topico<br />

per la “specie” umana. L’impensabile accelerazione<br />

<strong>del</strong> progresso tecnologico e digitale<br />

sembra imporre un nuovo passaggio <strong>del</strong> testimone:<br />

dall’homo sapiens all’homo technologicus.<br />

Quella che a prima vista può apparire,<br />

<strong>in</strong>fatti, come un’improbabile e disturbante ibridazione<br />

l<strong>in</strong>guistica si rivela, piuttosto, come<br />

l’epifania di un futuro non troppo lontano, anzi,<br />

parrebbe, già <strong>in</strong> fieri.<br />

È <strong>in</strong>negabile, <strong>in</strong>fatti, che l’uomo contemporaneo<br />

stia già attraversando un panorama esistenziale<br />

tecnologico e post-umano, la cui manifestazione<br />

primaria è quella che porta ad affiancare<br />

ed <strong>in</strong>tegrare la complessa struttura umana, con<br />

quella artificiale, come confermano <strong>in</strong> modo<br />

<strong>in</strong>confutabile i vari e ormai familiari dispositivi<br />

biotecnologici.<br />

E se forse, le <strong>in</strong>novazioni e le sperimentazioni<br />

tecnologiche <strong>in</strong> ambiti eticamente “sensibili”<br />

accendono ancora il dibattito sulle sempre più<br />

fragili ed aleatorie problematiche identitarie, è,<br />

<strong>in</strong>vece, già ormai pienamente accettato e condiviso<br />

il processo che ha <strong>in</strong>teressato il cr<strong>in</strong>ale comunicativo,<br />

quello che ha portato ad un’<strong>in</strong>tegrazione<br />

pressoché osmotica tra la comunicazione biologica<br />

umana e quella virtuale <strong>del</strong>le macch<strong>in</strong>e.<br />

Ma nonostante la presenza sempre più <strong>in</strong>vasiva<br />

<strong>del</strong>l’elemento tecnologico nella vita quotidiana<br />

abbia prodotto una trasformazione profonda e,<br />

di conseguenza, nuovi rapporti con la realtà<br />

sociale, culturale, politica <strong>del</strong> nostro tempo,<br />

ancora molti fattori legano l’homo technologicus<br />

al suo predecessore. Tra questi il bisogno<br />

ancestrale di liberarsi, di tanto, <strong>in</strong> tanto, dalle<br />

strutture collettive e sociali per raggiungere e<br />

liberare gli strati profondi <strong>del</strong> sé.<br />

Questo desiderio di “perdersi” <strong>del</strong>l’<strong>in</strong>dividuo, si<br />

esprime nel concetto di trance, sia nella sua<br />

accezione più tradizionale sia, soprattutto, nella<br />

sua estensione tecnologica e digitale. Infatti, se<br />

la distorsione <strong>del</strong> normale stato di coscienza e la<br />

conseguente alterazione <strong>del</strong>le capacità<br />

percettive e sensoriali sono da sempre legati<br />

alla def<strong>in</strong>izione <strong>del</strong> concetto di trance, ciò è<br />

ancor più vero oggi che le nuove e sofisticate<br />

tecnologie <strong>in</strong>formatiche - sollecitando una sorta<br />

di estensione “elettronica” <strong>del</strong>la capacità<br />

percettiva – facilitano l’accesso a quella sorta di<br />

“stravolgimento” visivo e sonoro che contraddist<strong>in</strong>gue<br />

gran parte <strong>del</strong>le più recenti sperimentazioni<br />

artistiche contemporanee.<br />

È proprio da ciò, <strong>in</strong>fatti, che spesso deriva quella<br />

componente ipnotica e <strong>in</strong>sieme straniante di<br />

molte <strong>del</strong>le opere che nascono dall’utilizzo <strong>del</strong><br />

mezzo elettronico o digitale, opere che danno<br />

vita alla rassegna <strong>in</strong>ternazionale d’arte contemporanea<br />

Digit@l Trance.<br />

Giannella Demuro<br />

dall’alto, <strong>in</strong> senso antiorario:<br />

Bianco-Valente<br />

Emilio Fant<strong>in</strong><br />

Nico VAscellari<br />

Cristian Chironi<br />

Sara Rossi


PAV - progetto arti visive<br />

En-Trance<br />

Kar<strong>in</strong> Andersen / Matteo Basilé / Paolo Consorti<br />

Massimo Kaufmann / Jorunn Monrad / Luisa Raffaelli<br />

Francesca Semeria / Nicola Troilo<br />

Non è vero che il mondo possa essere visto dal di dentro<br />

o dal di fuori. C’è una terza possibilità: vederlo<br />

dalla soglia.<br />

D’altra parte non è vero si dice sempre che si “viene<br />

al mondo”? Qu<strong>in</strong>di un passaggio regolamentato esiste.<br />

Basta trovarlo e non abbandonarlo mai. F<strong>in</strong> a che<br />

sarà possibile, naturalmente. Allora il modesto gioco<br />

l<strong>in</strong>guistico <strong>del</strong> titolo (“Entrance-Trance”) è un semplice<br />

richiamo mnemotecnico alla nostra possibilità<br />

di esistenza. La trance non ci porta fuori, ma ci conduce<br />

dentro. Essere fuori di sé spesso equivale a perdersi,<br />

ad addentrarsi però <strong>in</strong> un altro “spazio <strong>in</strong>teriore”<br />

alla Hubbard. Almeno f<strong>in</strong>o a che il significato<br />

<strong>del</strong>la parola Io resta conf<strong>in</strong>ato ad una percezione <strong>del</strong><br />

sé oggettiva. Siamo tutti hegeliani, verrebbe certe<br />

voglia di dire, ma non sempre e non per sempre. Ci<br />

sono dei vantaggi a non scambiare la filosofia con la<br />

religione.<br />

Molte volta la perdita <strong>del</strong> sé, risulta positiva, come<br />

accade nella sessualità. Altre volte deve essere così e<br />

basta, come durante il dolore che si prova per la perdita<br />

<strong>del</strong>la persona amata. <strong>Il</strong> cordoglio è uno spazio<br />

che la cultura ha occupato <strong>in</strong> nome <strong>del</strong>l’<strong>in</strong>dividuo. “Ti<br />

dico io come ti devi comportare per fare bene la tua<br />

parte di essere umano.” Qu<strong>in</strong>di tutti i riti relativi, gli<br />

abiti, i gesti, i discorsi, i colori adeguati, gli occhiali<br />

scuri e tutto il resto. Sesso e morte sono i due estremi<br />

<strong>del</strong>la vita, <strong>in</strong> mezzo ai quali abbiamo costruito le<br />

autostrade, il denaro e la televisione: ma <strong>in</strong> mezzo,<br />

appunto. Cerchiamo sempre di conquistarci degli<br />

spazi estremi. Nel celebre romanzo di Hesse “<strong>Il</strong> Lupo<br />

<strong>del</strong>la steppa” la porta <strong>del</strong> cabaret-<strong>in</strong>ferno <strong>in</strong> cui il protagonista<br />

f<strong>in</strong>isce per perdersi è nascosta, non appare a<br />

tutti. Se il Mondo è una grande proiezione<br />

<strong>del</strong>l’Anima, allora è chiaro che i segreti sono altrettante<br />

piccole porte che dobbiamo trovare.<br />

Sappiamo <strong>del</strong> resto, per abitud<strong>in</strong>e se non per esperienza,<br />

che uscire vuol dire entrare da qualche altra<br />

parte. <strong>Il</strong> segreto <strong>del</strong>le porte è questo, mettono <strong>in</strong><br />

comunicazione, collegano stati d’animo o stanze <strong>del</strong>l’anima.<br />

Sono lì immobili, bisogna cercarle, ma alcune<br />

volte bisogna anche tenerle di vista per una possibilità<br />

di rientro.<br />

Alla f<strong>in</strong>e l’arte propone un viaggio provvisorio, le sue<br />

porte sono visibili, certe volte anche troppo. Ma la<br />

funzione è la stessa. La trance artistica è permanente,<br />

si trasforma all’<strong>in</strong>terno <strong>del</strong>la visione che si raccoglie<br />

<strong>in</strong> un’immag<strong>in</strong>e digitale o meno. Comunque si tratta<br />

di qualcosa <strong>in</strong> cui ci si fa trasportare e l’opera d’arte<br />

resta porta o f<strong>in</strong>estra o specchio (per regalare un<br />

ricordo ad Alice) oltre i quali vi è un mondo immag<strong>in</strong>ato,<br />

vero, certo, che l’artista ha preparato per sé. E<br />

questo che ci offre. Perdersi o ritrovarsi, o tutte e due<br />

le cose, è una questione di scelta. Oppure basta non<br />

scegliere e farsi portare. Anche così non è male, forse<br />

è anche più divertente. Ma le chiavi <strong>del</strong>la porta, è così<br />

da San Pietro a Prodi, qualcuno deve averle. Alla f<strong>in</strong>e<br />

è l’artista il proprietario di casa è meglio non scordarlo.<br />

Entriamo e usciamo dai suoi appartamenti ed è<br />

per questo che poi ritroviamo la strada <strong>del</strong> ritorno.<br />

Altrimenti sarebbe impossibile,anche per lui. La sua<br />

trance ha il biglietto di ritorno, altrimenti la perdita di<br />

sé sarebbe totale e irreversibile.<br />

Abbiamo parlato di limiti e di conf<strong>in</strong>i, le nostre En-<br />

Trance non sono pubblicate sulle pag<strong>in</strong>e gialle, ma<br />

non visibili e vivibili. Con la provvisorietà di un’<br />

esperienza da cui riaversi, il nostro abbandono <strong>del</strong>la<br />

mente non è una vacanza, ma un viaggio di studio. È<br />

così come tutte le esperienze che portano a uscire da<br />

sé stessi per entrare nelle case immag<strong>in</strong>arie da cui è<br />

composto il Mondo-Anima, quello ci tocca di abitare<br />

coscienziosamente e senza altre alternative. Siamo<br />

attratti dalla vita sempre sospesa tra il Nulla e il Tutto,<br />

per questo la trance è una simulazione di uscita, di<br />

spostamento <strong>in</strong> una dimensione che esclude la quotidianità<br />

e da questa è esclusa. L’arte vive questo conf<strong>in</strong>e<br />

arido e selvaggio <strong>in</strong> cui tante porte attendono i<br />

viaggiatori. Ma a guardarle bene sono altrettante<br />

opere d’arte.<br />

Valerio Dehò<br />

dall’alto, <strong>in</strong> senso antiorario:<br />

Kar<strong>in</strong> Andersen<br />

Nicola Troilo<br />

Luisa Raffaelli<br />

Massimo Kaufmann<br />

25


26<br />

Migliaia di siti nascono e muoiono ogni giorno. Milioni di utenti si connettono e disconnettono<br />

senza posa. Internet è un grande ecosistema che vive riconfigurandosi<br />

<strong>in</strong>cessantemente. È un habitat fatto di tecnologia e pensiero, che si evolve secondo<br />

una logica organica. È frequentato da esseri umani, che si aggirano sotto forma di<br />

avatar, nicknames e numeri IP, ma anche da altre forme di vita. È la vita artificiale,<br />

robotica, costruita con str<strong>in</strong>ghe di codice autogeneranti. Che prende le forme più<br />

diverse: ipnotici esser<strong>in</strong>i <strong>in</strong> movimento, disegni c<strong>in</strong>etici o virus dispettosi. Un viaggio<br />

affasc<strong>in</strong>ante tra tecnologia e biologia, tra naturale e artificiale. Nove progetti web<br />

d’artista per conoscere la fauna <strong>del</strong>la rete.<br />

anche i virus si <strong>in</strong>namorano Protagonisti di una travagliata storia d’amore, “Yazna”<br />

e “++”, sono due codicilli <strong>in</strong>fetti partoriti dall’immag<strong>in</strong>azione e dalla programmazione<br />

di Luca Bert<strong>in</strong>i. Per il progetto “Vi-Con” (il titolo fa riferimento alla prima proposta<br />

<strong>del</strong>la composizione testuale T9 <strong>del</strong> cellulare quando si cerca di scrivere “ti<br />

amo”), Bert<strong>in</strong>i ha messo a punto due virus che si r<strong>in</strong>corrono nei computer <strong>del</strong>la rete.<br />

Sostanzialmente <strong>in</strong>nocui, i due worm hanno il solo scopo di cercarsi, come due <strong>in</strong>namorati<br />

costretti alla separazione. Nel caso <strong>in</strong> cui dovessero riunirsi, le istruzioni <strong>del</strong><br />

software daranno luogo ad una di tre possibilità: rottura (si lasciano), fusione (si uniscono<br />

per formare un solo file) o procreazione (generano un piccolo nuovo virus).<br />

Vi-Con - http://www.vi-con.net<br />

algoritmi artistici La ricerca di Alessandro Capozzo si focalizza nella creazione di<br />

software generativi e/o <strong>in</strong>terattivi, realizzati utilizzando il software Process<strong>in</strong>g come<br />

strumento pr<strong>in</strong>cipale. Abstract Codex è un contenitore di opere computazionali estetiche.<br />

<strong>Il</strong> pr<strong>in</strong>cipale obiettivo <strong>del</strong> progetto consiste nell’<strong>in</strong>dagare le possibilità <strong>del</strong>la<br />

programmazione come medium espressivo. In quest’ottica il codice è la materia formante<br />

l’opera digitale e allo stesso tempo processo creativo (svelato). Gli algoritmi<br />

e le strategie computazionali sono qu<strong>in</strong>di <strong>in</strong>tesi come elementi costruttivi e di organizzazione<br />

formale. Abstract Codex - http://www.abstract-codex.net<br />

il bestiario digitale S<strong>in</strong>glecell (2001) e Doublecell (2002) sono dei bestiari onl<strong>in</strong>e.<br />

Come i bestiari medievali, i due siti <strong>in</strong>cludono creature di ogni specie, frutto <strong>del</strong>la<br />

programmazione creativa di un gruppo di artisti <strong>in</strong>ternazionali. Tutti gli esseri digitali<br />

<strong>in</strong>clusi nel progetto sono forme di vita artificiale, molte <strong>del</strong>le quali derivano il<br />

proprio aspetto e il proprio comportamento dall’<strong>in</strong>terazione con l’utente. I lavori <strong>in</strong><br />

mostra sono <strong>del</strong> S<strong>in</strong>glecell Collective, composto da: Sami Arola, Ed Burton, Peter<br />

Cho, Joshua Davis, Chris Fahey, Juha Huuskonen, Golan Lev<strong>in</strong>, Casey Reas, Jarkko<br />

Salm<strong>in</strong>en, Jared Schiffman, Manny Tan, Mart<strong>in</strong> Wattenberg e Marius Watz.<br />

S<strong>in</strong>glecell & Doublecell - http://www.s<strong>in</strong>glecell.org<br />

all’orizzonte c’è un’isola L’Isola è costituita da diversi macroambienti (spiaggia, foresta,<br />

macchia mediterranea, montagna, valli). 80/81 vuole proporre con questo sitoambiente<br />

un nuovo tipo di <strong>in</strong>terfaccia di rete. <strong>Il</strong> lavorare su concetti come ambiente e<br />

immersività pone il baricentro <strong>del</strong>l’utenza non più sul contenuto <strong>del</strong> sito, ma sulla figura<br />

<strong>del</strong>l’utente. L’immersività che si propone non è sempre descrittiva, è piuttosto rappresentativa<br />

ed evocativa. www.8081.com non è solo un’isola poetica, ma anche uno<br />

stato <strong>del</strong>l’arte <strong>del</strong>le tecnologie e <strong>del</strong>la riflessione artistica e filosofica sulle nuove modalità<br />

e strategie di comunicazione. The Island - http://www.8081.com<br />

specie <strong>in</strong> via d’est<strong>in</strong>zione Cyberzoo è uno zoo virtuale dove è possibile sperimentare,<br />

<strong>in</strong> tutta sicurezza, le forme di vita più selvagge e pericolose <strong>del</strong>la rete: i virus. La missione<br />

di questo particolare giard<strong>in</strong>o zoologico, creato dall’artista argent<strong>in</strong>o Gustavo<br />

Romano, è quella di preservare le “specie <strong>in</strong> pericolo” (cioè i virus ormai obsoleti e<br />

dimenticati) nell’ambiente <strong>in</strong> cui sono nate e vissute (la rete). Lo zoo dei codici dispettosi<br />

applica i pr<strong>in</strong>cipi che regolano la biosfera ad un nuovo ecosistema: quello <strong>del</strong>l’<strong>in</strong>formazione,<br />

detto anche <strong>in</strong>fosfera. Un tour nel biobarco digitale è un’occasione per<br />

scoprire la vera natura dei virus. Cyberzoo - http://www.cyberzoo.org<br />

remixando il dna I punti <strong>in</strong> comune tra la programmazione e la genetica sono evidenti.<br />

Cos’è <strong>in</strong>fatti il DNA se non un codice? Seguendo le strade creative che questo parallelo<br />

può tracciare, l’artista <strong>in</strong>glese Stanza ha utilizzato un frammento <strong>del</strong> proprio codice<br />

genetico per realizzare il progetto Genomixer. <strong>Il</strong> sito racchiude una serie di esperimenti<br />

generativi composti a partire da questi dati, utilizzati perlopiù per offrire al visitatore<br />

<strong>in</strong>edite composizioni musicali. Le str<strong>in</strong>ghe di codice genetico si trasformano <strong>in</strong><br />

codice b<strong>in</strong>ario e si comb<strong>in</strong>ano tra loro per diventare musica. Genomixer -<br />

http://www.genomixer.com<br />

coreografie contagiose Virlab è un progetto sperimentale <strong>in</strong> 3D che permette di<br />

generare virus danzanti. Microbi e <strong>in</strong>fezioni, divisi dall’autore Grégoire Zabé <strong>in</strong> tre<br />

categorie (virus organici, morali o numerici), diventano protagonisti di surreali danze<br />

meccaniche, <strong>in</strong> parte guidate dai clic <strong>del</strong>l’utente, <strong>in</strong> parte generate <strong>in</strong> modalità random<br />

dal software. L’utente può scegliere i protagonisti <strong>del</strong> bizzarro balletto e la configurazione<br />

<strong>del</strong> palcoscenico tridimensionale <strong>in</strong> cui si muovono. L’accostamento<br />

virus-danza è stato scelto dall’autore per la sua potenza evocativa, essendo il movimento<br />

e il mutamento caratteristiche impresc<strong>in</strong>dibili di ogni forma di vita. VirLab -<br />

http://www.nobox-lab.com/virlab<br />

avatar adam Adam001, <strong>del</strong>l’artista russo Yuli Ziv, è una creatura umanoide che abita<br />

la rete. E’ un personaggio virtuale formato da tutti i frammenti di energia umana che<br />

lasciamo <strong>in</strong> giro per il web. Quando tutte le schegge di vita vengono messe <strong>in</strong>sieme<br />

il loro risultato è Adam, metà uomo metà entità artificiale. <strong>Il</strong> suo aspetto, nudo e <strong>in</strong>difeso,<br />

rispecchia tutto ciò che tendiamo a nascondere nella vita reale ma che spesso<br />

sveliamo tramite i nostri alter ego virtuali. La nostra sensibilità, il nostro dolore, i<br />

nostri segreti. Adam è un’entità universale e simboleggia ogni abitante <strong>del</strong>la rete.<br />

Adam001 - http://www.yuliziv.com/adam001.html<br />

ecosistemi <strong>in</strong>formativi WorldTree, <strong>del</strong>la coppia di programmatori Raewyn Turner e<br />

Col<strong>in</strong> Beardon, è un software che prende a prestito la metafora <strong>del</strong>l’albero per raccontare<br />

la vita <strong>del</strong>le <strong>in</strong>formazioni sulla rete. <strong>Il</strong> tronco e le foglie sono fatte <strong>in</strong>teramente<br />

di lettere, prelevate <strong>in</strong> tempo reale dai motori di ricerca. <strong>Il</strong> testo cresce e rende<br />

la chioma <strong>del</strong>l’albero rigogliosa, con l’aiuto di sei uccelli, che l’utente può posizionare<br />

a suo piacimento. Con l’arrivo <strong>del</strong>l’autunno, anche l’albero digitale perde le sue<br />

foglie-lettere, che dopo essere cadute a terra, vengono spazzate via da una virtuale<br />

folata di vento. World Tree - http://www.cs.waikato.ac.nz/~cbeardon/WT/<br />

Valent<strong>in</strong>a Tanni<br />

PAV - progetto arti visive<br />

forme di vita nella rete<br />

W E B L I F E<br />

Internet e ricerca visiva: le nuove frontiere <strong>del</strong>la net-art<br />

Prima colonna, dall’ alto verso il basso<br />

Alessandro Capozzo/Abstract Codex<br />

Gustavo Romano/Cyberzoo<br />

80/81/The Island<br />

Luca Bert<strong>in</strong>i/Vi-Con<br />

Seconda colonna, dall’alto verso il basso<br />

Yuli Ziv/Adam001<br />

Stanza/Genomixer<br />

S<strong>in</strong>glecell Collective/S<strong>in</strong>glecell & Doublecell<br />

Grégoire Zabé/VirLab<br />

Raewyn Turner e Col<strong>in</strong> Beardon/World Tree


Feroci<br />

<strong>in</strong>validi<br />

di ritorno<br />

dai paesi<br />

caldi*<br />

Letizia Renz<strong>in</strong>i<br />

Rassegna di video<br />

contemporaneo<br />

per Progetto Neon<br />

Feroci <strong>in</strong>validi di ritorno dai paesi caldi è un titolo-pretesto, e senza chiedere<br />

sono certo che Tom Robb<strong>in</strong>s me lo lascerebbe utilizzare per parlare d’altro.<br />

Mi distraggo (la parola ha un suono, forse addirittura un rumore come di<br />

strappo) pensando che il risultato ottenuto sia un paesaggio variabile, come<br />

<strong>in</strong> quel gioco di carte acquistato nel sud <strong>del</strong>la Germania nel corso di una<br />

vacanza piovosa nei primi anni ’80 -pare fosse nato per <strong>in</strong>gannare il tempo<br />

durante i viaggi <strong>in</strong> carrozza- dove è possibile raccordare la l<strong>in</strong>ea <strong>del</strong>l’orizzonte<br />

di ogni frammento con la l<strong>in</strong>ea di orizzonte di qualsiasi altro elemento<br />

<strong>del</strong> gioco, dando orig<strong>in</strong>e <strong>in</strong> questo modo a un paesaggio <strong>in</strong>f<strong>in</strong>ito e<br />

<strong>in</strong>f<strong>in</strong>itamente variabile, senza soluzione di cont<strong>in</strong>uità.<br />

Che <strong>in</strong> qualche modo adesso mi sembra sia lo stesso meccanismo utilizzato<br />

da Tom Robb<strong>in</strong>s per costruire le sue storie, da cui cont<strong>in</strong>uamente germ<strong>in</strong>ano<br />

altre storie che potenzialmente potrebbero avere lo stesso sviluppo di<br />

quella che pare essere la storia portante e che forse sono una sola storia<br />

cont<strong>in</strong>uamente variata.<br />

Da m<strong>in</strong>imi slittamenti orig<strong>in</strong>ano mutamenti <strong>in</strong>controllabili.<br />

Seduto fuori di casa, abito <strong>in</strong> campagna da un anno circa, leggendo (Kurt<br />

Vonnegut, HOCUS POCUS, 1990) il mio sguardo periferico coglie un<br />

movimento, una lepre attraversa il mio campo visivo, veloce; torno alla lettura,<br />

dopo pochi attimi ancora un’<strong>in</strong>trusione, questa volta due lepri saltellando<br />

<strong>in</strong> direzione opposta; riprendo a leggere, gli occhi <strong>in</strong>tercettano un’altra<br />

presenza, un giovane fagiano che passa proprio là dove sono passate le<br />

lepri. C<strong>in</strong>ema.<br />

Video è un term<strong>in</strong>e che non def<strong>in</strong>isce nient’altro che una tecnica, e pure quella<br />

con grande approssimazione. Dentro può starci qualsiasi cosa. Immag<strong>in</strong>i <strong>in</strong><br />

movimento. E suoni, spesso. Agevole, facile da trasportare. Denso.<br />

Compresso nella superficie <strong>del</strong> dvd, <strong>in</strong>sieme con altri video, <strong>in</strong> obbedienza<br />

a un disegno preord<strong>in</strong>ato e arbitrario, che si def<strong>in</strong>isce per assonanze ma<br />

anche <strong>in</strong> obbedienza al caso, forse soprattutto ricostruendo un percorso personale<br />

di <strong>in</strong>contri e di esperienze. E che si fa strumento per altri <strong>in</strong>contri,<br />

ancora.<br />

G<strong>in</strong>o Giannuzzi<br />

(*Tom Robb<strong>in</strong>s, Fierce Invalids Home From Hot Climates, 2000)<br />

PAV - progetto arti visive<br />

SIMONE BARRESI •<br />

SANDRINE NICOLETTA •<br />

CHRISTINE DE LA GARENNE •<br />

ANDREA MELLONI •<br />

BARBARA FASSLER •<br />

SABRINA TORELLI •<br />

PASCALE GUINET •<br />

LUCIANO MAGGIORE •<br />

MARIA VITTORIA PERRELLI •<br />

ROBERTA PICCIONI •<br />

LETIZIA RENZINI •<br />

MAURO SANPAOLESI •<br />

TU’M •<br />

27


28<br />

PAV - progetto arti visive<br />

V/ideo/azioni<br />

immag<strong>in</strong>i <strong>in</strong> movimento a Sa Casara<br />

Risulta particolarmente <strong>in</strong>teressante parlare di videoarte<br />

<strong>in</strong> occasione <strong>del</strong> 18° compleanno <strong>del</strong> <strong>festival</strong>, perché,<br />

anche se ha ormai superato la soglia dei quarant’anni,<br />

questo affasc<strong>in</strong>ante mix di arte e tecnologia cont<strong>in</strong>ua ad<br />

essere considerata un’espressione artistica giovane, <strong>in</strong><br />

costante e velocissima evoluzione, ancora alla ricerca di<br />

nuovi conf<strong>in</strong>i.<br />

Con l’avvento <strong>del</strong> televisore l’immag<strong>in</strong>e elettronica è<br />

entrata prepotentemente nelle case, violando la privacy<br />

<strong>del</strong> focolare, rivoluzionando la sensibilità quotidiana.<br />

S<strong>in</strong> dai primi attimi di vita, lo schermo è stato visto da<br />

artisti lungimiranti come Fontana, come nuova frontiera<br />

da esplorare, cont<strong>in</strong>ente verg<strong>in</strong>e da coltivare con i fertili<br />

semi <strong>del</strong>l’arte. Eppure la videoarte arriva <strong>in</strong> Italia relativamente<br />

tardi: solo negli anni ’70 si <strong>in</strong>izia ad averne<br />

un’idea concreta.<br />

<strong>Il</strong> video diventa strumento attraverso il quale l’artista,<br />

sperimentatore per eccellenza, si pone domande, analizza<br />

la realtà quotidiana, preannuncia nuove ere e anticipa valori<br />

futuri.<br />

L’immag<strong>in</strong>e <strong>in</strong> movimento, <strong>in</strong>fatti, è la forma di espressione<br />

che meglio riesce a cogliere la contemporaneità,<br />

ovvero percepisce a pieno il mutamento sostanziale nella<br />

concezione di successione temporale. Nel video il reale<br />

sfuma e fluttua con l’irreale dentro il corpo <strong>del</strong>l’immag<strong>in</strong>ario<br />

movendosi tra visibile e <strong>in</strong>visibile. La video arte si<br />

<strong>in</strong>s<strong>in</strong>ua nel tempo contemporaneo lacerandolo, creando<br />

bolle che non possono scoppiare, che non vengono colmate<br />

se non da domande costanti. La tecnologia ci mette<br />

davanti alla natura immateriale <strong>del</strong>l’immag<strong>in</strong>e: la rappresentazione<br />

elettronica non ha bisogno <strong>del</strong> reale per rappresentare<br />

la realtà. <strong>Il</strong> video somma così due approcci<br />

opposti all’opera d’arte: uno di pura manualità, di “saper<br />

fare”, e l’altro <strong>del</strong> puro immag<strong>in</strong>ario, <strong>del</strong>l’aereo che<br />

att<strong>in</strong>ge dai più profondi serbatoi <strong>del</strong>l’immag<strong>in</strong>ario<br />

umano. La cultura elettronica offre strumenti raff<strong>in</strong>atissimi<br />

per la produzione di immag<strong>in</strong>i figlie dei dubbi e dei<br />

sogni <strong>del</strong>l’umanità al punto da non vedere più la tecnologia<br />

come supporto per nuovi effetti ma come autonoma<br />

portatrice di valori nuovi. <strong>Il</strong> video, <strong>in</strong>fatti, ha la possibilità<br />

di <strong>in</strong>frangere i tradizionali concetti di scena, spazio,<br />

tempo, narrazione sovrapponendo diversi livelli spazio<br />

temporali. La dimensione <strong>del</strong>la videoarte è fuori dalla<br />

dimensione temporale, polverizza quelli che sono i nostri<br />

v<strong>in</strong>coli, i nostri conf<strong>in</strong>i, ha <strong>in</strong>franto s<strong>in</strong> dai suoi esordi<br />

quelli che si sarebbero rivelati i limiti <strong>del</strong>l’era moderna:<br />

lo spazio, di cui siamo sempre più privati, e soprattutto il<br />

tempo, bene di cui siamo sempre più avidi e unico a non<br />

poter essere comprato. È sicuramente questo uno dei<br />

motivi pr<strong>in</strong>cipali <strong>del</strong> suo <strong>in</strong>dubbio fasc<strong>in</strong>o.<br />

Ma come si <strong>in</strong>tegra tutto questo con una realtà isolana,<br />

dove concetti come quelli di spazio e tempo sembrano<br />

essere sottoposti a regole autonome, a nuove chiavi di lettura?<br />

Come si rapporta un territorio v<strong>in</strong>colato da <strong>in</strong>negabili<br />

limiti fisici ad un mezzo artistico che non conosce v<strong>in</strong>coli?<br />

Non poteva che essere amore, la videoarte non poteva non<br />

<strong>in</strong>carnare il mito isolano <strong>del</strong> viaggiare restando fermi, <strong>del</strong><br />

non abbandonare l’isola pur sfondando i conf<strong>in</strong>i geografici<br />

<strong>del</strong>le volte claustrofobicamente stretti.<br />

Com’è facile immag<strong>in</strong>are, se <strong>in</strong> Italia la videoarte è arrivata<br />

<strong>in</strong> ritardo rispetto al resto <strong>del</strong> mondo, <strong>in</strong> Sardegna, un<br />

po’ per limiti geografico-culturali e un po’ <strong>in</strong>negabili esigenze<br />

economiche, la videoarte si è sviluppata con ulteriore<br />

ritardo e pochi sono gli artisti che ci si sono cimentati<br />

con <strong>in</strong>teresse, costanza e seria ricerca. Per questo un<br />

approccio con la realtà isolana è doveroso e <strong>in</strong>negabilmente<br />

<strong>in</strong>teressante.<br />

La produzione videoartistica manifesta un elemento estetico<br />

impresc<strong>in</strong>dibile: la libertà, <strong>del</strong> mezzo e <strong>del</strong>l’autore.<br />

Caratteristica certo non da poco e che non poteva non<br />

affasc<strong>in</strong>are la personalità eccentrica e <strong>in</strong>domita di chi,<br />

come Mario Pischedda, ha fatto <strong>del</strong>la libertà un modus<br />

vivendi. Artista poliedrico e modernamente <strong>in</strong>quieto, ha<br />

trovato nel filmato una profonda libertà espressiva tuffandosi<br />

nella sua dimensione plurisensoriale. Erik Chevalier<br />

usa il video per <strong>in</strong>teragire e graffiare la realtà, cimentandosi<br />

con la contemporaneità <strong>in</strong> cont<strong>in</strong>uo stato dialettico.<br />

Per Giulia Sale il video è l’arrivo naturale di una pratica<br />

artistica dedicata all’uso <strong>del</strong> mezzo fotografico e usa<br />

entrambi per frugare nell’<strong>in</strong>timità, personale e altrui, <strong>in</strong> un<br />

gioco voyeristico che scuote lo spettatore. Danilo S<strong>in</strong>i,<br />

personalità complessa, camaleontica e irriverente, non<br />

poteva esimersi dal cimentarsi con il video per la sua forza<br />

e immediatezza, per cont<strong>in</strong>uare a raccontare la perdita<br />

<strong>del</strong>le illusioni, il disagio esistenziale e portare avanti la sua<br />

poetica <strong>del</strong>l’ironica impossibilità.<br />

Giovanni Coda ricorre al video per rivedere il contemporaneo<br />

con i suoi stessi mezzi, per cimentarsi con una realtà<br />

che guizza veloce, e che va <strong>in</strong>seguita il più <strong>del</strong>le volte<br />

verso conf<strong>in</strong>i che non desideriamo, per condannare scelte<br />

e situazioni che non possiamo condividere.<br />

Tore Manca utilizza il video per analizzare il <strong>del</strong>icato<br />

mondo <strong>del</strong>l’<strong>in</strong>conscio, per affrontare coraggiosamente<br />

un’analisi, una radiografia quasi, <strong>del</strong>l’organismo umano,<br />

con tutti i suoi dubbi su identità e mutazione, a confronto<br />

con lo spirito dei nostri tempi.<br />

Realtà <strong>in</strong>teressante <strong>del</strong>la videoarte sarda è stato il SUIF<br />

(Solo Una Immensa Fragilità) gruppo “guidato” da una<br />

profonda libertà creativa nell’utilizzo <strong>del</strong> mezzo elettronico<br />

come portatore <strong>del</strong> profondo lirismo che sta oltre la<br />

materia. La scissione <strong>del</strong> gruppo ha permesso lo sviluppo<br />

di tre <strong>in</strong>teressanti personalità autonome: Mario Sanna,<br />

Elisabetta Saiu e Francesco Casu.<br />

Massimo Sanna, formatosi nel mondo <strong>del</strong>la musica elettronica,<br />

utilizza il mezzo elettronico per rappresentare la<br />

ricerca di una <strong>in</strong>teriorità che deve convivere con l’elettronizzata<br />

vita contemporanea. Elisabetta Saiu ha un background<br />

più “tradizionale” venendo dalla pittura e dalla<br />

scenografia, le cui tracce si ritrovano evidenti nei suoi<br />

video, mezzi che utilizza per riflettere sulla situazione di<br />

abbrutimento e <strong>in</strong>consapevolezza <strong>del</strong>la società umana<br />

davanti agli eventi mondiali.<br />

Francesco Casu, <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e, guarda con attenzione alla possibilità<br />

<strong>del</strong> fare arte attraverso un processo che si rivela più<br />

mentale che concreto, con una evocazione di tipo poetico<br />

che att<strong>in</strong>ge direttamente dall’immag<strong>in</strong>ario onirico.<br />

dall’alto, <strong>in</strong> senso antiorario :<br />

Giovanni Coda<br />

Giulia Sale<br />

Massimo Sanna<br />

Erik Chevalier<br />

Danilo S<strong>in</strong>i<br />

Elisabetta Saiu<br />

Mario Pischedda<br />

Francesco Casu<br />

Sonia Borsato


PAV - progetto arti visive<br />

scenografie d’artista sul palco di Piazza <strong>del</strong> Popolo<br />

ARTE TRA LE NOTE<br />

Robert Gligorov (2003) Giorgio Urgeghe (2004) Maggie Car<strong>del</strong>us (2002)<br />

Digital trance è il titolo scelto da <strong>Time</strong> <strong>in</strong> <strong>Jazz</strong> per celebrare<br />

l’edizione che quest’anno compie il suo diciottesimo anno<br />

d’età. Per festeggiare l’evento <strong>Time</strong> <strong>in</strong> <strong>Jazz</strong> e il PAV (Progetto<br />

Arti Visive), <strong>in</strong> un connubio ormai consolidato negli anni,<br />

mettono sul palco l<strong>in</strong>guaggi diversi uniti però da uno spirito<br />

comune: la trance. Trance come passaggio da uno stato di<br />

coscienza a un altro e che provoca una percezione alterata <strong>del</strong><br />

proprio corpo, proprio come succede a ognuno di noi quando<br />

sta per addormentarsi, non più consapevole di cosa gli accade<br />

<strong>in</strong>torno. Ed è proprio un <strong>in</strong>vito a passare oltre, a “transire”,<br />

quello che sembrano suggerire le scenografie di quest’anno.<br />

Prima a salire sul palco, accompagnata dalla musica <strong>del</strong>la<br />

Magnetic North Orchestra, è la scenografia di Bianco-Valente.<br />

I due artisti fissano sulla tela immag<strong>in</strong>i di cellule cerebrali -<br />

riprese al microscipio - alterate dall’<strong>in</strong>troduzione di alcune<br />

sostanze chimiche che distorcono la percezione <strong>del</strong>la realtà<br />

esterna e <strong>del</strong> nostro modo di <strong>in</strong>teragire con essa.<br />

Abb<strong>in</strong>ata alla musica catartica degli Gnawa, la scenografia di<br />

Massimo Kaufmann sembra <strong>in</strong>vitare lo spettatore a ricercare,<br />

nascosti tra migliaia di cerchi colorati, visi, oggetti, paesaggi,<br />

proprio come capita davanti alle immag<strong>in</strong>i stroboscopiche<br />

prodotte da un computer. Ma anche <strong>in</strong> questo caso il bombardamento<br />

sensoriale di colori sgargianti ha una funzione<br />

ipnotica che <strong>in</strong>duce a modificare la consapevolezza di sè e<br />

<strong>del</strong>l’ambiente.<br />

Affidata ai Nero Project, gruppo che fa capo al PAV, la<br />

scenografia dei dervisci che, nella terza serata, ruoteranno sul<br />

palco danzando al ritmo dei Mercan Dede Secret Tribe. In un<br />

<strong>in</strong> edicola il nuovo numero <strong>del</strong>la rivista <strong>del</strong> PAV<br />

dedicata all’arte contemporanea<br />

29<br />

gioco di luci e di vento i dervisci propongono, nel loro <strong>in</strong>cessante<br />

volteggiare, un distacco dalla materialità terrena, una<br />

leggerezza che si tramuta <strong>in</strong> volo.<br />

Uno spazio alterato come quello <strong>del</strong> sogno ce lo suggerisce la<br />

scenografia di Pastorello. Alberi spogli, una figura femm<strong>in</strong>ile,<br />

una casa: elementi umani e naturali che si affiancano ma non<br />

si toccano. Immobili nella fissità <strong>del</strong> proprio spazio <strong>in</strong> un<br />

luogo che non c’è, creano, <strong>in</strong> chi li osserva una sospensione<br />

<strong>del</strong> senso.<br />

Chiude la rassegna la scenografia dei Nero Project che, affasc<strong>in</strong>ati<br />

dal volo, mandano <strong>in</strong> orbita qu<strong>in</strong>tali di vecchi giornali.<br />

Tutto - politica, economia, cultura - appallottolato a formare<br />

pianeti, <strong>in</strong> un gesto irriverente ma catartico.<br />

Angela Manca di Mores<br />

ZIQQURAT<br />

Torna <strong>in</strong> edicola e <strong>in</strong> libreria Ziqqurat, la rivista di arte contemporanea<br />

e cultura <strong>in</strong> Sardegna e nel Mediterraneo nata<br />

nel 2000 a cura di Giannella Demuro e Antonello Fresu.<br />

Espressione <strong>del</strong> PAV-Progetto Arti Visive e caso pressochè<br />

unico <strong>in</strong> Sardegna di luogo di riflessione e dibattito sull’arte<br />

contemporanea, la rivista porta nel suo nome un progetto<br />

editoriale attento ad affermare la peculiarità così come l’<strong>in</strong>terconnessione<br />

con realtà esterne aff<strong>in</strong>i proprie <strong>del</strong>la scena<br />

artistica isolana. La ziqqurat, edificio di culto di area mesopotamica,<br />

si manifesta <strong>in</strong>fatti, unico esempio conosciuto <strong>in</strong><br />

tutto il Mediterraneo occidentale, <strong>in</strong> forma analoga nel grande<br />

altare megalitico presente nell’isola a Monte d’Accoddi.<br />

Nell’ambito di uno sviluppo crescente nel campo <strong>del</strong>le arti<br />

visive <strong>in</strong> Sardegna, che negli ultimi decenni ha visto il sorgere<br />

di istituzioni ad esse specificamente dedicate, l’affermazione<br />

di artisti sardi <strong>in</strong> ambito nazionale e <strong>in</strong>ternazionale,<br />

il raff<strong>in</strong>arsi <strong>del</strong> dibattito critico e <strong>del</strong>la consapevolezza<br />

dei pregi e limiti <strong>del</strong> sistema isolano, Ziqqurat si propone<br />

uno scopo ambizioso: fornire gli strumenti di una<br />

rivista specialistica alla riflessione sugli eventi <strong>del</strong> recente<br />

passato <strong>in</strong> via di storicizzazione, <strong>in</strong>dicando allo stesso<br />

tempo le tendenze <strong>in</strong> corso e le evoluzioni possibili.<br />

La pausa che ha segnato il percorso <strong>del</strong>la rivista negli ultimi<br />

mesi ha <strong>in</strong>evitabilmente caricato il nuovo numero, il n.<br />

9, di una ricchezza e urgenza di temi ormai <strong>in</strong>eludibili.<br />

L’editoriale di Giannella Demuro, a presentazione <strong>del</strong>l’ultima<br />

uscita, registra i mutamenti <strong>in</strong> corso nella politica<br />

e società mondiali e si <strong>in</strong>terroga lucidamente sulle<br />

possibili implicazioni per la pratica e teoria artistica<br />

attuali. L’<strong>in</strong>asprirsi <strong>del</strong> livello di scontro sociale e degli<br />

<strong>in</strong>numerevoli conflitti <strong>in</strong>ternazionali dalle radici lontane,<br />

ma dall’esplosività – è proprio il caso di dire – sempre<br />

più prossima nel tempo e nello spazio, fa sì che<br />

anche un ambito ‘protetto’ come quello <strong>del</strong>l’arte non<br />

possa sottrarsi ad una riflessione critica matura.<br />

E questo nei limiti che il sistema <strong>del</strong>l’arte stesso le asse-<br />

gna, stretto com’è tra la logica di mercato e quel paradosso<br />

tipico connaturato al fenomeno artistico, che nel<br />

momento stesso <strong>in</strong> cui afferma la propria gratuità è dest<strong>in</strong>ato<br />

a creare per ciò stesso, presto o tardi, nuovo valore<br />

economico. Senza contare che la visibilità e la capacità di<br />

<strong>in</strong>cidenza <strong>del</strong>l’arte sulla realtà non sono, e non possono<br />

essere, a dispetto <strong>del</strong>la sua pretesa di universalità, m<strong>in</strong>imamente<br />

paragonabili a quelle dei prodotti mediatici.<br />

Ma è proprio su queste evidenti e ben note contraddizioni<br />

che l’arte può costruire la sua alternativa di senso e valore.<br />

E Ziqqurat cont<strong>in</strong>ua a farlo dal suo punto di vista affatto<br />

peculiare, costitutivo s<strong>in</strong> dalla fondazione: quello <strong>del</strong>la<br />

periferia, concetto ormai ampiamente utilizzato ma sempre<br />

più portatore di ambiguità, come nella lettura che ne<br />

fa Marco Senaldi nel suo saggio su Suburbia; periferia<br />

rappresentata dagli artisti operanti <strong>in</strong> Sardegna che, pur<br />

nella ‘regionalità’ di ambito e visibilità, possono <strong>in</strong> molti<br />

casi legittimamente aspirare ad un riscontro nazionale ed<br />

<strong>in</strong>ternazionale; periferia di senso e alterità di vedute messi<br />

<strong>in</strong> campo da quegli artisti di area mediterranea che, spesso<br />

già riconosciuti da mercato e istituzioni, non per questo<br />

r<strong>in</strong>unciano a proporre <strong>in</strong>terpretazioni ogni volta spiazzanti,<br />

a costo di perdere quella riconoscibilità di stile che<br />

assicura loro posizioni di mercato.<br />

Ecco allora Vedovamazzei e Stefano Arienti <strong>in</strong>sieme a<br />

Gianni Nieddu e P<strong>in</strong>uccia Marras, le recensioni <strong>del</strong>le<br />

pr<strong>in</strong>cipali mostre tenutesi <strong>in</strong> Sardegna e l’attività <strong>del</strong>la<br />

Merano Kunsthalle, la generazione di Primo Pantoli<br />

accanto alle nuove promesse <strong>del</strong>l’Accademia di Belle Arti<br />

di Sassari, e ancora news nazionali e <strong>in</strong>ternazionali e anteprime<br />

<strong>del</strong>le mostre.<br />

Per chi volesse conoscere meglio il percorso di Ziqqurat,<br />

dall’anno scorso è possibile visitare la versione telematica<br />

<strong>del</strong>la rivista sul sito www.ziqqurat.org, ricco di materiale<br />

d’archivio sui numeri precedenti.<br />

Lia Turtas


30<br />

c<strong>in</strong>ema<br />

TRANCE DI NOTTE / NOTE IN TRANCE<br />

si snoda tra musica e trance la rassegna di film etnografici prodotta <strong>in</strong> cooperazione con l’ISRE di Nuoro<br />

<strong>Il</strong> Festival questo agosto compie 18 anni: sarà l’entrata nell’età<br />

adulta che, dopo diciotto anni vissuti avventurosamente,<br />

ci sp<strong>in</strong>ge a varcare l’orizzonte <strong>del</strong> reale, per andare ad<br />

esplorare i conf<strong>in</strong>i <strong>del</strong>la percezione, dove la musica si fa traghettatrice<br />

verso altri mondi, verso il contatto con gli dei,<br />

l’altro da sé. Un Festival che esplora e si mette <strong>in</strong> rapporto<br />

con le culture orientali ed africane, da una parte, e la sperimentazione<br />

sonora e visiva moderna <strong>del</strong> digitale e <strong>del</strong>l’elettronica,<br />

dall’altra. All’<strong>in</strong>terno di un <strong>festival</strong> così concepito<br />

non poteva mancare, per la sezione “Immag<strong>in</strong>e e C<strong>in</strong>ema”,<br />

un viaggio c<strong>in</strong>ematografico, tra lo storico e l’antropologico,<br />

sotto forma di piccola rassegna di documentari etnografici<br />

che ha per tema le varie forme di “trance” legate alla musica,<br />

<strong>in</strong> diverse culture.<br />

Nelle culture orig<strong>in</strong>arie, si sa, la musica è sempre legata ad<br />

una fruizione pubblica <strong>in</strong> occasione di rituali tra i più vari:<br />

matrimoni, funerali, riti di passaggio, ecc. Fare musica è<br />

qu<strong>in</strong>di di per sé celebrazione di un rito.<br />

Nello specifico dei rituali comunemente detti di trance, alterazione<br />

percettiva <strong>del</strong>la coscienza, la musica ha un ruolo<br />

essenziale, comb<strong>in</strong>ato strettamente a diversi elementi: il ritmo<br />

<strong>del</strong> respiro, la vocalizzazione <strong>del</strong>le formule religiose, i testi<br />

cantati, i movimenti <strong>del</strong> corpo, simili a danze. In questi contesti la musica e la sua esecuzione<br />

danno alla gente l’energia per sostenere se stessi attraverso gli eventi critici <strong>del</strong>la vita; nello stesso<br />

tempo procurano una comunicazione emotiva tra i presenti per unirli <strong>in</strong> uno sforzo comune e<br />

far sentire ognuno come parte <strong>del</strong> gruppo.<br />

La musica, la danza, il rito<br />

Souhait d'Extase (Jean Claude Penrad, 1997)<br />

Dal 1982, con cadenza biennale, l’Istituto Superiore<br />

Regionale Etnografico, - l’ente creato dalla Regione per<br />

promuovere lo studio <strong>del</strong>la vita <strong>del</strong>l'Isola nelle sue trasformazioni<br />

e nelle sue manifestazioni tradizionali e di<br />

raccogliere la documentazione e la conoscenza <strong>del</strong>la<br />

l<strong>in</strong>gua, <strong>del</strong>le tradizioni popolari e <strong>del</strong>la storia <strong>del</strong>la<br />

Sardegna - organizza la rassegna <strong>in</strong>ternazionale di film<br />

etnografici. Caratteristica <strong>del</strong>la Rassegna è quella di<br />

dedicare ogni edizione a un tema di attualità e di particolare<br />

<strong>in</strong>teresse etnoantropologico.<br />

La manifestazione costituisce una <strong>del</strong>le rare occasioni<br />

<strong>in</strong> Italia nelle quali sia possibile assistere a una panoramica<br />

<strong>del</strong>le produzioni <strong>in</strong>ternazionali <strong>in</strong>centrate su un<br />

determ<strong>in</strong>ato argomento.<br />

I film che vengono presentati a Berchidda sono stati scelti<br />

sulla base di una ampia rappresentatività cerimoniale e<br />

culturale che riguarda, pur nella str<strong>in</strong>gatezza <strong>del</strong>la selezione,<br />

tutti i cont<strong>in</strong>enti.<br />

Caratterizzati dalla presenza più o meno costante <strong>del</strong>la<br />

musica e dei canti, essi riescono a dare un’idea <strong>del</strong>la<br />

considerazione sviluppata sia da Pietro Sassu sia da<br />

John Baily nei due saggi pubblicati nel catalogo <strong>del</strong>la<br />

rassegna nuorese “Musica e Riti”; vale a dire <strong>del</strong>la frequente<br />

identificazione <strong>del</strong>la musica con il rito. Pietro<br />

Sassu ritiene che “almeno nelle società tradizionali e<br />

comunque <strong>in</strong> quelle di tradizione orale, al di là <strong>del</strong>la<br />

funzione che la musica può assumere nel rito, il<br />

momento stesso <strong>del</strong>la produzione musicale è rito <strong>in</strong> sé<br />

compiuto… quando, con un'attenta analisi dei dati, si<br />

giunge al riconoscimento <strong>del</strong>la funzionalità <strong>del</strong>la musica<br />

all'<strong>in</strong>terno <strong>del</strong> rito, può accadere che il "fare" musica<br />

Barbara et ses amis ... (Carmen Opipari e Sylvie Timbert, 1997)<br />

con le modalità e le qualità sue proprie costituisca il<br />

nucleo centrale e, forse, la più profonda f<strong>in</strong>alità <strong>del</strong> rito<br />

stesso”. È quanto ci sembra di poter sostenere osservando,<br />

per esempio, il lamento funebre e il tarantismo<br />

<strong>del</strong> Salento con una valutazione attenta dei risultati<br />

<strong>del</strong>le <strong>in</strong>dag<strong>in</strong>i di De Mart<strong>in</strong>o e di Carpitella (Sassu,<br />

1998). E, ancora, il musicologo <strong>in</strong>glese John Baily, nel<br />

suo testo su Musica e riti <strong>in</strong> Afghanistan scrive: “Perché<br />

accade che <strong>in</strong> molte società l'esecuzione di un rituale<br />

implichi una performance musicale? Se, come molti<br />

hanno sostenuto, fare musica, così come usare il l<strong>in</strong>guaggio,<br />

è una caratteristica universale <strong>del</strong>l'esistenza<br />

umana, allora il suo stretto legame con il rituale potrebbe<br />

anche essere un universale…<br />

La musica e la danza non sono solamente accompagnamenti<br />

<strong>del</strong> rituale, essi sono il rituale. <strong>Il</strong> loro compito,<br />

dal punto di vista di coloro che le utilizzano, è<br />

sicuramente di condurre ad uno stato alterato di<br />

coscienza, una forma di trance o estasi, che porta ad<br />

una trasformazione temporanea <strong>del</strong>l'<strong>in</strong>dividuo. I partecipanti<br />

<strong>in</strong>terpretano questo stato psicologico come una<br />

“forma di comunicazione spirituale” (Baily, 1998).<br />

L’augurio è che attraverso queste proiezioni il <strong>festival</strong><br />

di Berchidda ampli ancora di più la sua forza di comunicazione<br />

<strong>in</strong>terculturale e offra ulteriore occasione di<br />

riflessione sullo straord<strong>in</strong>ario catalogo di espressioni<br />

musicali e rituali che costituisce una <strong>del</strong>le grandi ricchezze<br />

<strong>del</strong>l’umanità.<br />

Paolo Piquereddu - Direttore Generale<br />

Istituto Superiore Regionale Etnografico<br />

La trance non è altro che l’occasione di comportarsi pubblicamente<br />

secondo un mo<strong>del</strong>lo riconosciuto da tutti allo<br />

scopo di liberarsi dalla propria sofferenza <strong>in</strong>teriore. Un<br />

decorso musicale e gestuale come esperienza socializzante,<br />

<strong>in</strong> un rapporto di alleanza e non di conflitto con la<br />

div<strong>in</strong>ità, la quale per mettendo al posseduto di identificarsi<br />

con essa gli fornisce il mezzo per esorcizzare il<br />

male sia esso reale o immag<strong>in</strong>ario. Nel nostro piccolo<br />

viaggio filmico si passa dai rituali dal Tibet a quelli <strong>del</strong>la<br />

Siria, dalla musica rutilante <strong>del</strong> candomblé brasiliano<br />

all’ipnotico vorticare dei Sufi, ai misteriosi riti Vudù tra<br />

Montreal e Haiti.<br />

Un viaggio dove la musica si <strong>in</strong>contra con il rito, che<br />

assomma <strong>in</strong> se questi elementi che costituiscono l’essenza<br />

stessa <strong>del</strong> rito, <strong>del</strong>la vita. Una musica da “vivere”<br />

<strong>in</strong>sieme. Dato il tema specifico è stata scelta “naturale”<br />

chiedere la collaborazione <strong>del</strong>l’Istituto Superiore Regionale<br />

Etnografico di Nuoro, che da trenta e più anni <strong>in</strong> Sardegna<br />

promuove un prestigioso Festival Internazionale dedicato ai<br />

Documentari Etnografici, che al tema <strong>del</strong> rapporto Musica<br />

e Rito ha dedicato l’<strong>in</strong>tera edizione <strong>del</strong> Festival 1998; ribadendo<br />

così quello spirito di collaborazione tra il Festival<br />

<strong>Time</strong> <strong>in</strong> <strong>Jazz</strong> e l’Istituto Etnografico che, come nel caso felice di Ethnografie di Paolo Fresu, progetto<br />

speciale per la celebrazione <strong>del</strong> trentennale <strong>del</strong>l’Istituto nuorese, ha portato molti bei frutti.<br />

Gianfranco Cabiddu - Direttore sezione Immag<strong>in</strong>i e C<strong>in</strong>ema Festival <strong>Time</strong> <strong>in</strong> <strong>Jazz</strong>


Les Tambours div<strong>in</strong> de l’Amdo<br />

(II PARTE)<br />

Realizzazione:Marie-Claire Quiquemelle - Produzione:<br />

CNRS France e Institut des Nationalites de l’Academie<br />

des Sciences Sociales de Ch<strong>in</strong>e [1998 - 51’ - Betacam,<br />

colore, francese]<br />

Lungo i percorsi dei mondi tibetani, c<strong>in</strong>esi e mongoli,<br />

nell'Est <strong>del</strong>la prov<strong>in</strong>cia multiculturale <strong>del</strong> Q<strong>in</strong>ghai,<br />

l'Amdo è stato, e resta, un luogo di spicco <strong>del</strong>la cultura<br />

tibetana. Agricoltori-pastori, gli abitanti <strong>del</strong> paese di<br />

Reb gong sono dei ferventi buddisti (la valle non conta<br />

meno di trenta monasteri, per la maggior parte antichi)<br />

ma, allo stesso tempo, praticano una religione popolare<br />

che ha come fulcro piccoli templi laici dove sono<br />

venerati gli "dei <strong>del</strong> territorio" - spesso assimilati a<br />

montagne sacre - la cui protezione è <strong>in</strong>dispensabile per<br />

allontanare gli <strong>in</strong>flussi malefici e apportare serenità e<br />

prosperità alla comunità. In onore degli dei <strong>del</strong> territorio,<br />

ogni anno, nel mezzo <strong>del</strong> sesto mese lunare, si<br />

celebra il "Rituale <strong>del</strong>l'estate". Sono feste non buddiste,<br />

<strong>in</strong>terdette ai monaci che durante questo tempo si<br />

ritirano nei loro monasteri. I maestri di questi rituali<br />

sono degli sciamani-medium chiamati lha wa. Dopo<br />

gli anni 80, la r<strong>in</strong>ascita di queste feste, che erano state<br />

vietate per più di ventic<strong>in</strong>que anni, è un'affermazione<br />

<strong>del</strong>l'identità tibetana <strong>del</strong> paese di Reb gong.<br />

Marie-Claire Quiquemelle lavora al Centro <strong>del</strong>la Ricerca<br />

Scientifica CCN.R.S.) dal 1970. Attualmente lavora<br />

all'URA 1069 "Civilisation Ch<strong>in</strong>oise". Consigliere c<strong>in</strong>ematografico<br />

per la C<strong>in</strong>a al Centro Pompidou, dal 1980.<br />

Voodoo, home and abroad<br />

Le Vaudou<br />

Realizzazione: Isaac Isitan - Produzione: Productions ISCA; C<strong>in</strong>éma Libre Marc Bisaillon<br />

Canada [1991 - 46’ - Dati tecnici: Betacam, Colore, Francese].<br />

Religione o stregoneria? Culto <strong>del</strong> potere o setta magica? Girato a Montréal e Haiti, questo documentario<br />

descrive la storia e le pratiche <strong>del</strong> vodù. <strong>Il</strong> regista ha impiegato due anni per ottenere la fiducia<br />

degli esperti praticanti di questa religione e la sua pazienza è stata ovviamente ripagata. Mentre<br />

evita le trappole <strong>del</strong> senzazionalismo "LeVaudou" ci mostra alcuni rituali autentici come pure uno<br />

zombie di "vita reale". <strong>Il</strong> film rivela questa religione dall'<strong>in</strong>terno, come sistema di credenze e di pratiche<br />

e come un sistema sociale, che si occupa non solo <strong>del</strong> benessere fisico e mentale <strong>del</strong>la sua gente,<br />

ma anche <strong>del</strong>l'amm<strong>in</strong>istrazione <strong>del</strong>la giustizia. Ad Haiti, oggi, si assiste ad un "revival" <strong>del</strong> "vodù"<br />

come affermazione <strong>del</strong>l'anima nera e <strong>del</strong>le radici africane <strong>del</strong> popolo haitiano e il film mostra quanto<br />

importante questo culto sia <strong>in</strong> un paese che conta più di 50.000 sacerdoti e sacerdotesse vodù.<br />

Isaac Isitan. Nato <strong>in</strong> Turchia nel 1952. Studia dapprima diritto all'Università d'lstanbul poi si<br />

dedica alla produzione e alla regia. In Canadà dal 1980, ha al suo attivo numerosi documentari<br />

che hanno ricevuto riconoscimenti <strong>in</strong> Canada e <strong>in</strong> altri paesi, ed un cent<strong>in</strong>aio di reportages.<br />

c<strong>in</strong>ema<br />

Siria<br />

Souhait d'Extase<br />

Realizzazione: Jean Claude Penrad - Produzione: CNRS Audiovisuel,<br />

Francia [1997 - 29’ - Betacam Colore]<br />

Presentazione di un rituale musulmano sufi praticato dal ramo damasch<strong>in</strong>o<br />

di Rifa’iyya di Damasco, <strong>in</strong> Siria. Quest’ord<strong>in</strong>e mistico è unito al suo fondatore,<br />

Sheykh Ahmad b ‘Ali al-Rîfâ’î (1118-1183), per il tramite di una<br />

catena di maestri spirituali che legittimano l’azione <strong>del</strong>l’attuale califfo.<br />

<strong>Il</strong> Dhikr rappresentato è quello <strong>del</strong> giovedì sera. Raccoglie i membri <strong>del</strong>la<br />

Rifa’iyya accomunati da una serie di procedure formali mirate a ricordare<br />

la Div<strong>in</strong>ità, a glorificare Dio e gli ultimi profeti. La musica, i canti, gli<br />

<strong>in</strong>cantesimi e la gestualità rientrano nella stessa tensione mistica che evoca<br />

gli attributi di Dio e implora l’<strong>in</strong>tercessione <strong>del</strong> profeta, <strong>del</strong>la sua famiglia<br />

e dei santi. Le diverse fasi <strong>del</strong> Dhikr sono rappresentati nella loro successione<br />

reale: preghiera e recitazioni coraniche, concerto musicale ritmato<br />

con tamburi e cimbali, lettura <strong>del</strong>la Sura Ya Sîn e di estratti di una raccolta<br />

rifa’î, il Dhikr propriamente detto segue alle pratiche penitenziali, <strong>in</strong>tervento<br />

di un derviscio “tourneur” nella tradizione <strong>del</strong>la Mawlawiyya, e <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e<br />

preghiera di chiusura e benedizione.<br />

Jean-Claude Penrad, antropologo, ha studiato alla Sorbona e presso<br />

l’I.N.A.L.C.O.(Institut National des Langues et Civilisations Orientales).<br />

Nel 1984, a seguito di lavori sul campo e di diverse pubblicazioni, diventa<br />

ricercatore e docente E.H.E.S.S. (Ecole des Hautes Etudes en Sciences<br />

Sociale). É animatore <strong>del</strong> sem<strong>in</strong>ario Religione e società nell’Africa orientale<br />

e dopo il 1995 è nom<strong>in</strong>ato responsabile <strong>del</strong> F.R.A.N (Formation à la<br />

Recherche en Afrique Noire). Inizia ad occuparsi di antropologia visuale<br />

nel 1993, dopo un breve ma <strong>in</strong>tenso processo formativo a Marsiglia con<br />

Pierre L. Jordan e Silvia Paggi. Filma i rituali musulmani a Zanzibar, alle<br />

Comore e <strong>in</strong> Siria. <strong>Il</strong> suo progetto di ricerca sulle confraternite musulmane<br />

è caratterizzato metodologicamente dal ricorso all’antropologia visuale.<br />

31<br />

Pakistan - Turchia - Macedonia<br />

I am a Sufi, I am a Muslim<br />

Realizzazione: Dirk Dumon - Produzione: BRTN -<br />

Document, Belgio [1993 - 52’ - 16 mm, colore <strong>in</strong>glese]<br />

La conoscenza <strong>del</strong>l'Islam giunge <strong>in</strong> Occidente pr<strong>in</strong>cipalmente<br />

attraverso i media nella sua forma fanatica <strong>del</strong><br />

fondamentalismo. Senza dubbio questo crea dei pregiudizi<br />

contro di esso. Meno conosciuto è il Sufismo, che è basato<br />

sulla conciliazione, armonia e amore fraterno. Questa<br />

forma mistica <strong>del</strong>l'Islam può essere r<strong>in</strong>venuta quasi ovunque<br />

nel mondo mussulmano. I sufi desiderano trovare Dio<br />

attraverso l'estasi. <strong>Il</strong> Sufismo si adatta ai bisogni di ognuno.<br />

Ci sono gli asceti, c'è l'estasi mistica e ci sono i santi<br />

uom<strong>in</strong>i. <strong>Il</strong> Sufismo risponde ai bisogni di coloro che non<br />

sono capaci di abbracciare completamente l'<strong>in</strong>segnamento<br />

mussulmano. La musica è molto importante tra i Sufi<br />

<strong>del</strong>l'India e <strong>del</strong> Pakistan. La musica Qawali, è la vera fonte<br />

d'ispirazione: Nusrat Fateh Ali Khan ne è l’ esponente più<br />

importante e conosciuto. La sua fama è giunta anche <strong>in</strong><br />

Europa e negli Stati Uniti. In questo programma egli appare<br />

<strong>in</strong> una festa religiosa vic<strong>in</strong>o a Lahore. Altre sequenze<br />

sono state girate <strong>in</strong> Pakistan, <strong>in</strong> Macedonia. Dove c’è una<br />

gran r<strong>in</strong>ascita <strong>del</strong> sufismo popolare e <strong>in</strong> Turchia, dove sono<br />

stati ripresi i Dervisci.<br />

Dirk Dumon, c<strong>in</strong>easta documentarista, lavora attualmente<br />

nel Dipartimento Culturale <strong>del</strong>la radio e <strong>del</strong>la<br />

televisione belga. Ha diretto circa 50 documentari di<br />

ambito socio - antropologico. I suoi film sono stati trasmessi<br />

<strong>in</strong> televisione <strong>in</strong> Belgio, Germania, Stati Uniti,<br />

Svizzera, Canada, Francia, Sud Africa, ecc.<br />

Brasile<br />

Barbara et ses amis au pays du candomblé<br />

Realizzazione: Carmen Opipari e Sylvie Timbert - Produzione: Calounga Films/Timbert/Opipari,<br />

Francia, Brasile [1997 - 52’- Colore Betacam, Portoghese e Francese]<br />

Nel culto <strong>del</strong>le div<strong>in</strong>ità afro-brasiliane, il Candomblé è una religione <strong>in</strong>iziatica imperniata<br />

sulla possessione. Come stimare nel loro giusto valore le relazioni che legano un (futuro) <strong>in</strong>iziato<br />

alla sua div<strong>in</strong>ità, legame impresso con tutta la sua forza durante la possessione? Per<br />

entrare <strong>in</strong> questo mondo il film ha come guida alcuni bamb<strong>in</strong>i che giocano al Candomblé.<br />

Attraverso la simulazione <strong>del</strong>la rappresentazione, le bamb<strong>in</strong>e rasentano la danza di possessione.<br />

Perché ambiscono tanto ad essere possedute? Che cosa offre loro il Candomblé: feste, rifugi,<br />

sicurezza, protezione?<br />

Carmen Opipari, antropologa e Sylvie Timbert, specializzata <strong>in</strong> estetica e <strong>in</strong> c<strong>in</strong>ema, hanno<br />

realizzato <strong>in</strong> collaborazione diversi film di <strong>in</strong>teresse etnoantropologico : Ere/Ere, Son Image<br />

ou Celle de l'autre? 1999; Marlene de Oxum, 1999; Barbara et ses Amis au Pays du<br />

Candomble, 1997 ; Ebo, Sacrifice, Offrande et Nourriture,1993; Ere les Enfants Terribles du<br />

Candomble, 1993; A Pipoca: il Pop-Corn de Dio,1992; Paul, Apprenti-Ambianceur, 1991.


32<br />

Mercoledì 11 agosto <strong>2005</strong><br />

frammenti di storia <strong>del</strong> piccolo centro <strong>del</strong>la Gallura<br />

Non si hanno dati certi sull'orig<strong>in</strong>e <strong>del</strong> toponimo Berchidda, ma<br />

sono diffuse alcune ipotesi fra le quali riportiamo qui di seguito le<br />

più accreditate. Secondo alcuni studiosi il suo nome deriverebbe<br />

dal tedesco Berg (montagna); per altri avrebbe orig<strong>in</strong>e dal lat<strong>in</strong>o<br />

pergula (pergolato); altri la farebbero discendere dal term<strong>in</strong>e lat<strong>in</strong>o<br />

quercus (quercia). Per altri, <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e, scaturirebbe da un'etimologia<br />

preromana (forse nuragica) <strong>del</strong>la quale si è perso il significato.<br />

La presenza <strong>del</strong>l'uomo è attestata nel territorio f<strong>in</strong> da 2.000 anni<br />

prima di Cristo. Testimonianze si trovano soprattutto nei ripari<br />

sotto roccia diffusi un po' <strong>in</strong> tutta la zona e particolarmente<br />

abbondanti nel colle <strong>del</strong> Monte Acuto. Numerosi dolmens,<br />

domus de janas, nuraghi, strutture difensive megalitiche dissem<strong>in</strong>ati<br />

nel territorio (S. Cater<strong>in</strong>a, S. Andrea, San Michele, Monte<br />

Acuto, Giolzia) attestano la presenza di comunità con impronte<br />

religiose, sociali e culturali similari. Attività preponderanti di<br />

queste popolazioni erano l'agricoltura nelle regioni pianeggianti<br />

e la pastorizia <strong>in</strong> quelle di coll<strong>in</strong>a o di montagna. Rimangono<br />

molti dubbi sulla penetrazione punica nel territorio. <strong>Il</strong> ritrovamento<br />

di alcune monete <strong>del</strong> periodo fa pensare, almeno, all'esistenza<br />

di contatti commerciali tra le popolazioni locali e i mercanti<br />

punici stanziati lungo le coste.<br />

Con la sconfitta dei Punici ad opera dei Romani anche<br />

Berchidda fu <strong>in</strong>teressata dalla nuova dom<strong>in</strong>azione. I rapporti tra<br />

la popolazione locale e quelle esterna furono caratterizzati da<br />

una <strong>in</strong>tegrazione, probabilmente forzata dei nuclei che abitavano<br />

nelle aree più basse. Queste comunità abitavano <strong>in</strong> piccole<br />

fattorie, di cui rimangono tracce <strong>in</strong> varie zone, dislocate un po' <strong>in</strong><br />

tutta la pianura e praticavano la monocoltura cerealicola. Altri<br />

nuclei di popolazione locale preferirono sfuggire alla nuova<br />

dom<strong>in</strong>azione rifugiandosi nella montagna e dedicandosi ad attività<br />

soprattutto pastorali. <strong>Il</strong> cippo dei Balari, ritrovato presso S.<br />

Salvatore di Nulvara testimonia la divisione esistente tra le<br />

popolazioni romanizzate e quelle che resistevano. Presso<br />

Berchidda passava l'asse viario che collegava Castro con Olbia.<br />

In località Silvani sono state <strong>in</strong>dividuate tracce <strong>del</strong>l'unico ponte<br />

che permetteva il guado <strong>del</strong> fiume Mannu. Nelle vic<strong>in</strong>anze <strong>del</strong><br />

paese fu r<strong>in</strong>tracciato agli <strong>in</strong>izi di questo secolo un tesoretto<br />

monetale attualmente esposto al Museo Sanna di Sassari; più<br />

recente il ritrovamento di alcuni miliari che dovranno essere<br />

oggetto di studio da parte degli storici. Scarse testimonianze<br />

sono state f<strong>in</strong>ora r<strong>in</strong>tracciate sul periodo bizant<strong>in</strong>o (secc. VI-X)<br />

riscontrabili forse solo <strong>in</strong> alcuni toponimi. Di certo le attività<br />

Berchidda<br />

produttive subirono pesanti contraccolpi per la difficoltà nel<br />

reperire sicuri sbocchi commerciali per i prodotti cerealicoli.<br />

Probabilmente il territorio veniva controllato dalle truppe di<br />

stanza a Castro, dove sono state r<strong>in</strong>tracciate <strong>in</strong> località San<br />

Simeone consistenti tracce di fortificazioni bizant<strong>in</strong>e. La popolazione<br />

viveva distribuita <strong>in</strong> numerosi piccoli centri dei quali i<br />

pr<strong>in</strong>cipali erano Berchidda, situata più ad occidente, presso il<br />

Monte Ru<strong>in</strong>as, S. Salvatore di Nulvara, Restelias. Con il progressivo<br />

distacco <strong>del</strong>la Sardegna da Bisanzio si rese necessario<br />

per gli abitanti <strong>del</strong>l'isola rafforzare <strong>in</strong> maniera autonoma le proprie<br />

difese realizzando <strong>del</strong>le rocche che avessero funzioni di<br />

difesa e di controllo <strong>del</strong> territorio. Un ruolo di primo piano negli<br />

equilibri politici mediterranei assunse il castello di Monte Acuto<br />

<strong>del</strong> quale si tratta altrove. Durante i secoli XII e XIII il territorio<br />

di Berchidda fu conteso tra Pisani e Genovesi <strong>in</strong> quanto zona di<br />

passaggio tra Logudoro e la Gallura e area a grande produttività<br />

cerealicola. Nel XIV secolo il territorio fu oggetto di contesa<br />

politica e militare tra i catalani e l'ultimo giudicato superstite,<br />

l'Arborea, <strong>del</strong> quale Berchidda fece parte per lunghi decenni.<br />

Con il secolo XV i Catalani raggiunsero il completo controllo<br />

<strong>in</strong>feudando il territorio a Bernardo De Centelles.<br />

Nei secoli XV-XVIII la dom<strong>in</strong>azione catalana e quella spagnola<br />

determ<strong>in</strong>arono una crisi sociale ed economica tra le più gravi che<br />

la popolazione abbia conosciuto. <strong>Il</strong> dom<strong>in</strong>io piemontese <strong>in</strong><br />

Sardegna co<strong>in</strong>cise con un mutamento radicale nei comportamenti<br />

e nelle abitud<strong>in</strong>i dei berchiddesi; dal 1725 <strong>in</strong> poi l'opera<br />

<strong>in</strong>telligente e saggia dei sacerdoti favorì la trasformazione radicale<br />

<strong>del</strong> paese, abitato da ladri e sfaticati, <strong>in</strong> una comunità attiva,<br />

onesta e laboriosa. Nonostante l'aria e l'acqua malsane gli 883<br />

abitanti riuscirono a ottenere risultati soddisfacenti dalla loro<br />

attività agropastorale, ma furono sottoposti ad una esazione feudale<br />

tra le più alte di tutta la contea di Oliva. In questo periodo<br />

si verificò, a causa di una pestilenza che decimò la popolazione,<br />

lo spostamento <strong>del</strong> centro abitato al di qua <strong>del</strong> torrente Riu<br />

Zocculu; <strong>in</strong> questa circostanza fu abbandonato il culto di S. Sisto<br />

cui era <strong>in</strong>titolata la chiesa parrocchiale f<strong>in</strong>o ad allora e fu <strong>in</strong>trodotto<br />

quello di S. Sebastiano.<br />

Dal 1825 Berchidda entrò a far parte <strong>del</strong>la prov<strong>in</strong>cia di Ozieri<br />

alle dipendenze <strong>del</strong> distretto di Oschiri. La presenza di tre chiese<br />

prospicienti la piazza pr<strong>in</strong>cipale costituiva una caso unico nell'isola:<br />

ai lati <strong>del</strong>la chiesa parrocchiale edificata nel XVII sec.si<br />

trovavano la chiesetta <strong>del</strong> Rosario e la chiesa di Santa Croce. Tra<br />

le varie popolazioni <strong>del</strong>l'isola che vivevano <strong>in</strong> precarie condizioni<br />

economiche i Berchiddesi erano considerati laboriosi e quasi<br />

tutti erano proprietari <strong>del</strong>la casa di abitazione e di piccoli appezzamenti<br />

di terra nei quali praticavano l'allevamento e la coltivazione<br />

dei vigneti.<br />

Le donne erano dedite alla tessitura <strong>del</strong> l<strong>in</strong>o e <strong>del</strong>la lana e i disegni,<br />

da esse realizzati sulle coperte, venivano considerati tra i più<br />

graziosi ed eleganti. La consegna <strong>del</strong>la corrispondenza veniva<br />

espletata attraverso un corriere che settimanalmente raggiungeva<br />

il centro di Oschiri; l'attività amm<strong>in</strong>istrativa veniva svolta<br />

nella case private <strong>del</strong> s<strong>in</strong>daco o <strong>del</strong> segretario, mentre l'attività<br />

didattica durava c<strong>in</strong>que mesi ed era svolta dal parroco che riceveva<br />

una retribuzione pari a 16 lire. In questo periodo si registrarono<br />

dei contrasti con i paesi di Oschiri e di Monti per il possesso<br />

<strong>del</strong>le terre; i berchiddesi furono privati dei territori oggetto<br />

di contesa con gli Oschiresi, mentre rimasero proprietari dei<br />

terreni situati <strong>in</strong> prossimità di Monti. Nel 1913 fu costituita per<br />

<strong>in</strong>teressamento di Pietro Casu la banda musicale.<br />

Gli anni successivi alla seconda guerra hanno visto i berchiddesi<br />

abbracciare <strong>in</strong> maniera conv<strong>in</strong>ta e decisa l'ideale cooperativistico.<br />

Sono sorte importanti attività nel settore lattiero-caseario (mal<strong>in</strong>conicamente<br />

chiusa una <strong>del</strong>le più antiche cooperative sarde <strong>del</strong><br />

settore), vitiv<strong>in</strong>icolo, olivicolo; gli allevatori locali sono stati tra i<br />

primi nell'isola a credere nella selezione <strong>del</strong> bestiame soprattutto<br />

ov<strong>in</strong>o; a questo proposito costituisce un appuntamento importante<br />

per gli operatori <strong>del</strong> settore la tradizionale manifestazione ov<strong>in</strong>icola<br />

che si svolge nel mese di maggio. Hanno, <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e, raggiunto<br />

una discreta notorietà prodotti tipici quali v<strong>in</strong>o, dolci, <strong>in</strong>saccati,<br />

carni, pasta fresca. Particolarmente attivi sono gli artigiani che<br />

lavorano il legno, il ferro, l'allum<strong>in</strong>io e il sughero.<br />

Tra i monumenti più importanti figurano le rov<strong>in</strong>e <strong>del</strong> castello<br />

<strong>del</strong> Monte Acuto che recentemente è stato sottoposto ad alcuni<br />

lavori di pulizia e di risistemazione. Alcune mura imponenti, una<br />

cisterna per la raccolta <strong>del</strong>l'acqua, detriti e calc<strong>in</strong>acci vari costituiscono<br />

gli aspetti architettonici rimasti di una struttura di grande<br />

rilievo storico che attende ancora di essere sottoposta a studi<br />

più approfonditi. Nelle vic<strong>in</strong>anze è stato di recente scoperto un<br />

dolmen che è stato considerato dagli studiosi uno dei più grandi<br />

e <strong>in</strong>teressanti <strong>del</strong> Mediterraneo. Ha riacquistato il suo antico<br />

splendore, <strong>in</strong> seguito ad una <strong>in</strong>telligente operazione di restauro,<br />

lo stupendo altare policromo barocco.<br />

Giuseppe S<strong>in</strong>i


i riti <strong>del</strong>l’argia<br />

<strong>Il</strong> rituale <strong>del</strong>l’ARGIA<br />

la musica e la danza <strong>in</strong> Sardegna<br />

come terapia <strong>del</strong> dolore<br />

Oggi si sente parlare pochissimo <strong>del</strong>l’argia, piccolo<br />

ragno diffuso <strong>in</strong> Sardegna prima <strong>del</strong>la lotta<br />

anti malarica e attivissima nelle campagne proprio<br />

durante questo periodo estivo. La s<strong>in</strong>tomatologia<br />

di chi viene punto è assai grave anche se<br />

i casi mortali sono veramente rari.<br />

C’è stato un tempo, non così lontano, <strong>in</strong> cui <strong>in</strong><br />

Sardegna era diffuso un rituale magico, esorcistico,<br />

collettivo, legato al morso di un animaletto piccolo<br />

e molto velenoso; alcuni lo descrivono come un<br />

ragno, altri come una grossa formica: si tratta <strong>del</strong>l’argia<br />

(la variop<strong>in</strong>ta), Latrodectus Tredec<strong>in</strong>guttatus,<br />

un ragno che con il suo morso provoca nell’uomo<br />

un gravissimo stato tossico confusionale.<br />

Attorno a questo animaletto tanto temuto e odiato,<br />

sono sorte anche s<strong>in</strong>golari leggende: per alcuni<br />

l’argia sarebbe l’unica superstite <strong>del</strong>lo sterm<strong>in</strong>io,<br />

voluto da Dio, di tutti gli animali velenosi<br />

presenti nella nostra Isola; per altri sono anime di<br />

morti che per i loro gravi peccati sono stati banditi<br />

dall’<strong>in</strong>ferno e rimangono sulla terra tramutati<br />

<strong>in</strong> argia: argia vedova, la nera, argia nubile, la<br />

bianca, argia sposa, maculata di rosso.<br />

<strong>Il</strong> pericolo che questo animaletto rappresentava<br />

per l’uomo e per il bestiame <strong>in</strong> una economia<br />

agro-pastorale tecnicamente poco sviluppata, condizionava<br />

il ricorso a cerimonie particolari cariche<br />

di esorcismi e magie che avevano anche il f<strong>in</strong>e di<br />

teatralizzare momenti di vita quotidiana legati a<br />

schemi tradizionalmente rigidi e moralistici.<br />

L’argia pungeva d’estate, <strong>in</strong> campagna, prevalentemente<br />

durante i lavori di mietitura, di spigolatura<br />

o di raccolta dei legumi. Le sue vittime erano<br />

soprattutto uom<strong>in</strong>i. Dopo la puntura si subiva una<br />

vera e propria possessione da parte <strong>del</strong>l’animale:<br />

dolori violentissimi, disturbi visivi, ansia vivissima<br />

con depressione, pianto, sensazione di morte,<br />

confusione mentale, tremiti, congestione <strong>del</strong><br />

volto, talvolta forte eccitazione sessuale. L’unica<br />

Mutilla europea<br />

speranza di salvezza era scoprire le caratteristiche<br />

<strong>del</strong>l’argia colpevole e a questa <strong>in</strong>dag<strong>in</strong>e partecipava<br />

tutta la comunità. L’argia che possedeva la sua<br />

vittima doveva essere messa allo scoperto entro<br />

tre giorni dalla puntura perché, solo dopo essere<br />

stata <strong>in</strong>dividuata, avrebbe permesso al malato la<br />

sua guarigione. Ma come avveniva il rito?<br />

La persona morsa, l’argiato, veniva sotterrato s<strong>in</strong>o<br />

al collo nel letame e attorno a lui si danzava, si cantava,<br />

si suonava, si pronunciavano scongiuri come<br />

“comare arza mia, comare arza mia,<br />

non fattedas male a sa persona mia,<br />

no fatedas male a sa mia persone,<br />

bos happ’a narrer mutos e cantones<br />

de ogni zenia,<br />

comare arza mia, comare arza mia”.<br />

La danza era eseguita da tre schiere ognuna formata<br />

da sette donne: nubili, sposate e vedove,<br />

perché l’argia poteva essere bianca, maculata di<br />

rosso, o nera. <strong>Il</strong> seppellimento nel letame (1)<br />

aveva lo scopo di favorire la sudorazione e qu<strong>in</strong>-<br />

di l’espulsione <strong>del</strong> veleno, ma rappresentava<br />

anche un simbolismo di morte e di r<strong>in</strong>ascita che<br />

trova aff<strong>in</strong>ità con molti riti diffusi <strong>in</strong> tutto il bac<strong>in</strong>o<br />

<strong>del</strong> Mediterraneo.<br />

L’esorcismo <strong>del</strong> ballo tondo, che avvolgeva l’argiato<br />

nel suo <strong>in</strong>cantesimo, era una vera e propria<br />

festa e, paradossalmente, nella tragica situazione,<br />

bisognava essere allegri, divertirsi, scherzare, perché<br />

l’argia richiedeva l’allegria e la trasgressione<br />

dei partecipanti altrimenti non sarebbe andata via,<br />

così <strong>in</strong> alcune zone <strong>del</strong>la Sardegna, nei canti si<br />

ricorreva ai doppi sensi anche sfrenati.<br />

Tundu su ballu pro Deu<br />

tundu faghi<strong>del</strong>u andare.<br />

sas coscittas de comare<br />

sutta s’imbiligu meu.<br />

tundu su ballu pro Deu<br />

<strong>Il</strong> cantare osceno era <strong>in</strong> alcuni paesi accompagnato<br />

da gesti “terapeutici” con una marcata<br />

connotazione sessuale: le donne ballavano tirando<br />

su le sottane e mostrando i genitali. <strong>Il</strong> f<strong>in</strong>e<br />

esclusivo di questa esibizione era quello di far<br />

ridere l’argiato, il quale riusciva a farlo solo<br />

quando usciva dalla condizione di trance, cioè<br />

quando l’argia lo abbandonava. La risata segnava<br />

così il ritorno alla vita e dava <strong>in</strong>izio al banchetto<br />

f<strong>in</strong>ale: su cumbidu.<br />

1 La cura con il letame fu sostituita più tardi dall’uso<br />

di borse di acqua calda, diversi strati di<br />

coperte di lana, altre volte il corpo <strong>del</strong>la vittima<br />

si immergeva <strong>in</strong> una t<strong>in</strong>ozza piena d’acqua, tenuta<br />

costantemente calda accanto ad un fuoco.<br />

Maddalena Corrias<br />

Si r<strong>in</strong>grazia il giornale”Piazza <strong>del</strong> popolo” di<br />

Berchidda, per la gentile concessione <strong>del</strong>l’articolo<br />

e <strong>del</strong>le immag<strong>in</strong>i<br />

33<br />

Nelle parole di uno<br />

scrittore la memoria di<br />

un’antica danza<br />

UN BALLO<br />

PER VIVERE<br />

Pietro Casu, scrittore e poeta berchiddese,<br />

<strong>in</strong> “Notte Sarda” dedica<br />

alcune pag<strong>in</strong>e al rituale <strong>del</strong>l’argia<br />

così come avveniva a Berchidda.<br />

“È il mese di giugno, Peppe Mu,<br />

punto dall’argia, viene portato<br />

agonizzante <strong>in</strong> paese su una barella,<br />

deposto <strong>in</strong> una buca e ricoperto<br />

di letame, tra scongiuri e benedizioni.<br />

Una vecchia lo <strong>in</strong>terroga sul ragno<br />

che lo ha punto ma il poveretto<br />

non sa dare alcuna risposta. E’<br />

necessario, pertanto, che ball<strong>in</strong>o a<br />

turno tre schiere di donne: sette<br />

nubili, sette sposate e sette vedove<br />

per <strong>in</strong>dividuare il tipo di argia che<br />

lo possiede.<br />

<strong>Il</strong> rituale <strong>in</strong>izia fra canti, suoni,<br />

scongiuri ma il miracolo non si<br />

compie. Peppe sta sempre peggio<br />

e la danza <strong>del</strong>le donne non ottiene<br />

alcun effetto. La motivazione <strong>del</strong><br />

fallimento si saprà più tardi: una<br />

presenza maligna, un antica amante<br />

<strong>del</strong>usa, Rosa Prippa, ha preparato<br />

una fattura, che si è rivelato<br />

più forte di ogni danza rituale.<br />

Così, il giorno di San Pietro, dopo<br />

un’atroce agonia, Peppe Mu passa<br />

ad altra vita.”


34<br />

il territorio<br />

L’Arboreto mediterraneo <strong>del</strong> Limbara<br />

dedicati allo studio e alla ricerca botanica gli spazi polifunzionali di Sa Dispensa<br />

<strong>Il</strong> progetto riguarda i fabbricati di servizio<br />

<strong>del</strong>l’Arboreto mediterraneo <strong>del</strong> Limbara, un<br />

giard<strong>in</strong>o botanico dedicato agli alberi e agli<br />

arbusti <strong>del</strong> Mediterraneo con le sue rappresentazioni<br />

evolutive, ecologiche e geografiche.<br />

L’area è dislocata nella località Sa<br />

Dispensa, sul versante sud <strong>del</strong> complesso<br />

<strong>del</strong> Limbara di competenza <strong>del</strong>l’Ente<br />

Foreste <strong>del</strong>la Sardegna. L’area stessa è<br />

caratterizzata dalla compresenza di vari fattori<br />

ambientali, quali la preesistenza <strong>del</strong>l’<strong>in</strong>sediamento<br />

umano, l’esistenza di segni fondamentali<br />

come il corso d’acqua, i versanti,<br />

la radura, la corona di rocce culm<strong>in</strong>ali.<br />

Le diversificazioni geomorfologiche, geopedologiche<br />

e microclimatiche determ<strong>in</strong>ano una<br />

molteplicità di ambienti tale da consentire,<br />

all’<strong>in</strong>terno <strong>del</strong>la radura, l’<strong>in</strong>serimento di specie<br />

con diverse esigenze ecologiche.<br />

<strong>Il</strong> panorama permette l’orientamento nel quadro<br />

<strong>del</strong>la vasta struttura ambientale <strong>del</strong>la regione,<br />

verso il Limbara a nord, il Rio Mannu a<br />

sud, il Monte Acuto e il Cogh<strong>in</strong>as a ovest.<br />

L’organizzazione <strong>del</strong>l’Arboreto concentra,<br />

all’<strong>in</strong>terno <strong>del</strong>le sue rappresentazioni filogenetica,<br />

ecologica e geografica le esigenze di<br />

autoecologia <strong>del</strong>le s<strong>in</strong>gole specie con i caratteri<br />

ambientali specifici <strong>del</strong> luogo.<br />

L’edificio di servizio <strong>del</strong>l’Arboreto si articola<br />

<strong>in</strong> tre volumi realizzati con setti di cemento<br />

armato rivestiti <strong>in</strong> granito e collegati da una<br />

copertura metallica <strong>in</strong> acciaio <strong>in</strong>ox sat<strong>in</strong>ato<br />

Mario Brunello (foto Nanni Campus)<br />

che li configura come un complesso unitario.<br />

Da ovest verso est la copertura si sviluppa<br />

<strong>in</strong>quadrando <strong>in</strong>izialmente il Monte Acuto,<br />

successivamente coprendo la Sala<br />

<strong>del</strong>l’Arboreto, piccolo spazio museale di fruizione<br />

pubblica dove il visitatore potrà trovare<br />

tutti i supporti <strong>in</strong>formativi che gli saranno<br />

necessari alla comprensione <strong>del</strong> grande testo<br />

vivente che è l’Arboreto vero e proprio. La<br />

copertura cont<strong>in</strong>ua verso est accanto al corpo<br />

<strong>del</strong> museo, lasciando libero lo spazio d’<strong>in</strong>gresso<br />

e configurando un vuoto a tutt’altezza,<br />

un generoso portale di accesso alla zona di<br />

visita vera e propria. Prosegue qu<strong>in</strong>di verso<br />

sud su uno spazio dest<strong>in</strong>ato a uffici e biblioteca,<br />

per poi abbassarsi verso su uno specchio<br />

d’acqua che sarà realizzato nella radura.<br />

I primi schizzi di progetto nascono da un’<strong>in</strong>terpretazione<br />

<strong>del</strong>la tipologia <strong>del</strong>lo stazzo gallurese,<br />

su cui si basa la maggior parte <strong>del</strong>le<br />

costruzioni rurali <strong>del</strong>la zona. In seguito a un<br />

ulteriore sopralluogo la riflessione progettuale<br />

ha improvvisamente messo <strong>in</strong> secondo<br />

piano la matrice tipologica, privilegiando il<br />

ruolo <strong>del</strong>l’immag<strong>in</strong>e <strong>del</strong>l’edificio <strong>in</strong> relazione<br />

alla topologia <strong>del</strong> luogo, def<strong>in</strong>ito <strong>del</strong>le montagne<br />

circo-stanti.<br />

Distaccandosi da una tipologia nota l’edificio<br />

Risposta sussurrata ad una comunicazione eccessiva, ad una provocazione<br />

che rischia di essere sempre più il f<strong>in</strong>e e non il mezzo <strong>del</strong>la<br />

ricerca artistica, la Land Art, o Earth Art, nasce alla f<strong>in</strong>e degli anni<br />

Settanta concependo opere che riescano a dare nuova dignità ad un<br />

territorio ignorato, <strong>in</strong>tervenendo direttamente sulla natura, “<strong>in</strong>s<strong>in</strong>uandosi”<br />

<strong>in</strong> essa, recuperando il senso profondo <strong>del</strong> silenzio e <strong>del</strong> contatto<br />

con le radici, fisiche e metaforiche. È <strong>in</strong> questo contesto che, all’<strong>in</strong>terno<br />

dei grandi progetti visivi <strong>del</strong> <strong>Time</strong> <strong>in</strong> <strong>Jazz</strong> e <strong>in</strong> collaborazione<br />

con l’Ente Foreste <strong>del</strong>la Sardegna, nasce Semida museo di arte e natura,<br />

realizzato sul Monte Limbara, dove la severa maestosità <strong>del</strong>la<br />

natura si svela <strong>in</strong> un selvaggio trionfo, Semida – sentiero nella l<strong>in</strong>gua<br />

locale – procede attraverso percorsi ben più misteriosi rispetto al puro<br />

godimento estetico e la ricerca concettuale.<br />

Gli artisti <strong>in</strong>tervengono sul luogo con opere appositamente pensate e<br />

realizzate cercando di entrare <strong>in</strong> risonanza con il paesaggio attraverso<br />

una profonda riflessione sui rapporti etico-estetici. Le forme e i colori<br />

<strong>del</strong>l’arte si uniformano ad una legislazione antica e assoluta come<br />

quella <strong>del</strong>la natura che diviene, contemporaneamente, ispirazione,<br />

creatrice e giudice <strong>del</strong>l’opera d’arte.<br />

Chi sale dal sentiero pr<strong>in</strong>cipale viene “accolto” da un <strong>in</strong>treccio sorprendente<br />

di rami forti come sentieri e sentieri che si ramificano per tutto il<br />

paesaggio. In questo labir<strong>in</strong>to ne appare un altro, quello proposto da<br />

Clara Bonfiglio con il suo lavoro: una porta <strong>in</strong> metallo con <strong>in</strong>tagliato<br />

sopra la scritta “attraverso” che dà il titolo all’opera. Una porta… attraverso…<br />

andare oltre un limite divenuto soglia, <strong>in</strong>gresso verso una dimensione<br />

altra. Una scritta, spazio <strong>in</strong>tagliato, negato, da un foglio di metallo<br />

nero emerge il nulla che prende i mutevoli colori <strong>del</strong>la natura.<br />

affronta le “difficoltà che emergono nell’<strong>in</strong>terrogare<br />

i luoghi (...) nell’affrontare uno spazio<br />

macroscopico, di cui non si ha esperienza”.<br />

L’estendersi <strong>del</strong>la copertura metallica sui corpi<br />

rivestiti di granito gioca un duplice ruolo.<br />

Da un lato si riconnette alle coll<strong>in</strong>e rocciose<br />

che si stratificano a differenti quote salendo<br />

verso le cime <strong>del</strong> Limbara ed <strong>in</strong>quadrando ad<br />

ovest il Monte Acuto.<br />

Dall’altro si configura come “elemento estraneo<br />

legato alla contemporaneità”, la cui comparsa<br />

sulla montagna sottol<strong>in</strong>ea la dilatazione<br />

<strong>del</strong> concetto di città e rimanda all’“uso allargato<br />

<strong>del</strong> territorio” da parte di chi popola l’<strong>in</strong>sediamento<br />

urbano, oggetto di molti scritti e<br />

progetti di Maciocco negli anni seguenti.<br />

Coerentemente a questa impostazione topologica<br />

il complesso ricerca, nella disposizione <strong>in</strong>sediativa,<br />

nel suo “disporsi nei luoghi più opportuni”,<br />

una relazione con il luogo e il territorio.<br />

L’andamento dei corpi di fabbrica attua una<br />

chiara separa-zione tra esterno e <strong>in</strong>terno<br />

<strong>del</strong>l’Arboreto, attraverso un effetto di sorpresa<br />

per chi, attraversando il portale a doppia<br />

altezza, si <strong>in</strong>troduca nella radura <strong>in</strong>terna<br />

dest<strong>in</strong>ata ad accogliere la rappresentazione<br />

<strong>del</strong> mo<strong>del</strong>lo filogenetico; per chi oltrepassi la<br />

radura e osservi l’edificio dall’alto questo<br />

appare come una concrezione rocciosa, alla<br />

stessa scala degli affioramenti di roccia su cui<br />

si può salire per osservarlo.<br />

Giovanni Macciocco<br />

SEMIDA<br />

Arte natura ambiente per il progetto nato <strong>in</strong> collaborazione<br />

con il Comune di Berchidda e l’Ente Foreste Sardegna<br />

Giovanni Campus, Coord<strong>in</strong>ate <strong>del</strong> tempo, 2004<br />

Un sottile schermo di plexiglas arancio è <strong>in</strong>vece l’opera di Monica<br />

Sol<strong>in</strong>as. Una f<strong>in</strong>estra, soglia che non contempla alcun tipo di attraversamento<br />

se non quello ottico-mentale; una sorta di stop obbligato, imperativo<br />

dalla duplice f<strong>in</strong>alità: da un lato cornice che esalta la bellezza<br />

<strong>del</strong>la natura e ce ne ricorda l’<strong>in</strong>soluto mistero; dall’altro ricordo <strong>del</strong>la<br />

nostra estraneità: non facciamo parte di questo misterioso mondo e<br />

quando vi entriamo non è mai dalla porta pr<strong>in</strong>cipale.<br />

E, procedendo nel camm<strong>in</strong>o, si è attratti dall’opera di P<strong>in</strong>uccio Sciola, la<br />

forza <strong>del</strong>la roccia trattenuta da una catena di ferro che congiunge i massi<br />

di granito, si snoda, attraversa la montagna. Sciola imbriglia la natura<br />

attraverso l<strong>in</strong>ee s<strong>in</strong>uose e, paradossalmente, attraverso catene ne restituisce<br />

l’<strong>in</strong>domita libertà. Opera come privilegio, come se la natura fosse talmente<br />

generosa da prestarsi al gioco nella tacita consapevolezza che la<br />

sua forza dirompente potrebbe piegare queste e ben altre catene.<br />

Poco discosto l’<strong>in</strong>tervento di Bruno Petretto: una gabbia metallica <strong>in</strong>cornicia<br />

un enorme masso che già artisti secolari come gli agenti atmosferici<br />

hanno plasmato <strong>in</strong> forme di levigata bellezza. <strong>Il</strong> rigore <strong>del</strong>le l<strong>in</strong>ee metalliche<br />

esalta la plasticità di quelle naturalistiche e la gabbia diventa teca protettrice<br />

attraverso la quale ammirare la potenza e la sacralità <strong>del</strong> luogo.<br />

La recente opera di Giovanni Campus è una grossa corda tesa attraverso<br />

il paesaggio ad organizzare percettivamente e emotivamente lo spazio.,<br />

svelando significati antichi e ne crea di nuovi attraverso una tensione che<br />

non è solo propriamente fisica ma, anzi, fortemente allegorica.<br />

Arte dunque come misterioso percorso – Semida –, cont<strong>in</strong>uo divenire<br />

che non si oppone alla natura ma ne svela le meraviglie, sentiero <strong>in</strong> cui<br />

perdersi per poi, f<strong>in</strong>almente, trovarsi.<br />

Sonia Borsato


il territorio<br />

35


36<br />

enogastronomia<br />

Un percorso tra i sapori millenari <strong>del</strong>la tradizione<br />

<strong>Jazz</strong> e... d’<strong>in</strong>torni<br />

Chi trascorre a Berchidda i giorni di<br />

“<strong>Time</strong> <strong>in</strong> <strong>Jazz</strong>” è come <strong>in</strong>vestito da<br />

una gigantesca onda sonora, anomala,<br />

che ti travolge con il suo turb<strong>in</strong>io di<br />

eventi e ti costr<strong>in</strong>ge a trascorrere <strong>in</strong><br />

apnea una settimana dentro un’<strong>in</strong>calzante<br />

atmosfera satura d’arte varia. In<br />

quei giorni tutto sa di musica, d’arte e<br />

poco d’altro. Tanto che passa <strong>in</strong><br />

secondo piano un importante aspetto<br />

<strong>del</strong> “genius loci” berchiddese che è il<br />

suo patrimonio enogastronomico.<br />

Anche a livello massmediatico<br />

Berchidda è diventato s<strong>in</strong>onimo di<br />

musica, avendo trovato per giunta il<br />

suo profeta, che <strong>in</strong> giro per il mondo,<br />

con la sua tromba, distilla note trasudanti<br />

identità e fierezza sardo-berchiddese.<br />

Eppure i v<strong>in</strong>i di produzione<br />

locale, su tutti il fragrante verment<strong>in</strong>o,<br />

i formaggi, i salumi, i dolci, il miele, i<br />

succulenti piatti <strong>del</strong>la cuc<strong>in</strong>a tradizionale,<br />

uniti ad una organizzazione economica<br />

e sociale ancora oggi di forte<br />

aggregazione, hanno rappresentato <strong>in</strong><br />

passato e costituiscono tuttora un<br />

motivo di vanto e di orgoglio, e concorrono<br />

ad alimentare la r<strong>in</strong>omata<br />

“pompa” berchiddese.<br />

Stenta ancora <strong>in</strong> paese a farsi strada<br />

non dico la realtà ma neanche il pensiero<br />

che il cibo rappresenti un semplice<br />

rifornimento di calorie, non<br />

importa di che orig<strong>in</strong>e, per coprire il<br />

fabbisogno energetico di una macch<strong>in</strong>a<br />

da lavoro quale sembra siamo<br />

dest<strong>in</strong>ati a diventare, se non ci predisponiamo<br />

ad una sana ribellione. Un<br />

buon bicchiere di v<strong>in</strong>o <strong>in</strong> compagnia,<br />

una fumante zuppa consumata nel<br />

sagrato <strong>del</strong>le chiese campestri, un<br />

sospiro, un piccante pecor<strong>in</strong>o stagionato<br />

addomesticato da un dorato passito<br />

di verment<strong>in</strong>o e altre leccornie<br />

sono ancora oggi l’antidoto contro la<br />

vita caotica, il ritmo <strong>in</strong>sostenibile e<br />

nevrastenico <strong>del</strong>la modernità.<br />

Sono, la ricotta cun abbattu, sos brungiolos,<br />

sas tiliccas, sas panaffittas cun<br />

ozu casu, su tattalliu, sas panadas,<br />

rimedio salutare e richiamo ad uno<br />

stile di vita più lento. Su concu, sa laldad<strong>in</strong>a,<br />

sos maccarrones furriados,<br />

sas casad<strong>in</strong>as, su cattò, sa cozzula<br />

elda sono un forte stimolo a tuffarsi<br />

con ostentata avidità, da quell’arca<br />

<strong>del</strong> gusto che è l’enogastronomia berchiddese,<br />

nel suadente mare <strong>del</strong>le<br />

golosità locali, oltre i marosi <strong>del</strong> fastfood<br />

diluviante nel mondo.<br />

Un forte stimolo, fortunatamente<br />

ancora ben accolto dai berchiddesi,<br />

ma rivolto anche agli ospiti, specialmente<br />

se corroborato dalla magia<br />

<strong>del</strong>la musica. Perché <strong>in</strong> f<strong>in</strong> dei conti<br />

anche l’arte cul<strong>in</strong>aria str<strong>in</strong>gi str<strong>in</strong>gi è<br />

musica. Basta assistere alla preparazione<br />

de “sa suppa” sotto gli olivastri<br />

di Santa Cater<strong>in</strong>a. Come <strong>in</strong> un concerto<br />

jazz si affrontano diversi strumentisti<br />

che passano dagli assolo alla<br />

fusione dei suoni, alternando ritmi<br />

Uno scorcio di Berchidda<br />

<strong>in</strong>calzanti ad altri più lenti. E guai a<br />

sbagliare i tempi <strong>del</strong>le entrate! <strong>Il</strong> tutto<br />

all’<strong>in</strong>segna <strong>del</strong>l’improvvisazione. “A<br />

oju” si direbbe a Berchidda, come si<br />

fa per “sa suppa” e <strong>in</strong> genere per i<br />

piatti <strong>del</strong>la tradizione.<br />

Gli <strong>in</strong>gredienti, carne di pecora, formaggio<br />

fresco, pecor<strong>in</strong>o grattugiato,<br />

pane “ladu” per zuppa, pomodori<br />

pelati e concentrato, cipolla, prezzemolo,<br />

sedano, basilico, olio, sale e<br />

“dulcis <strong>in</strong> fundo”, secondo la più antica<br />

tradizione, ozu casu, rigorosamente<br />

“a oju”, costituiscono le note di un<br />

concerto suonato da abili massaie. E<br />

così nella frizzante aria primaverile<br />

sfrigola <strong>in</strong> apposita casseruola “armonica”<br />

la polpa di pecora tagliata a pezzetti<br />

<strong>in</strong> profumata compagnia di aglio,<br />

prezzemolo e pomodoro; accanto<br />

risponde il bubbolio fumante di carne,<br />

cipolle, sedano, basilico e sale tramutandi<br />

<strong>in</strong> saporito brodo, mentre risuona<br />

nel tagliere il ritmico sm<strong>in</strong>uzzare<br />

<strong>del</strong> prezzemolo e <strong>del</strong> formaggio fresco.<br />

Esauriti questi assolo e sfumato il<br />

fruscio <strong>del</strong> brodo filtrato si assiste alla<br />

colorita fusione, con rimestio veloce e<br />

ritmato, degli <strong>in</strong>gredienti f<strong>in</strong>chè il<br />

pane non si attorce immerso nella<br />

zuppa calda e fragrante. E poi altro<br />

non s’ode che brusio lento di papille<br />

gaudenti e allegri conversari.<br />

Se “<strong>Time</strong> <strong>in</strong> <strong>Jazz</strong>” coltiva ancora l’ambizione<br />

di <strong>in</strong>dicare un mo<strong>del</strong>lo resistenziale<br />

all’<strong>in</strong>vadente e uniformatrice<br />

globalizzazione dovrebbe <strong>in</strong>tegrarsi di<br />

più, fondersi sarebbe l’ideale, con la<br />

cultura materiale locale <strong>in</strong> un contesto<br />

<strong>in</strong> cui musica, profumi, sapori e saperi,<br />

berchiddesi e “istranzos” siano il<br />

collante di uno stile di vita da gustare<br />

con lentezza durante il <strong>festival</strong>, ma il<br />

cui sapore ti accompagni per tutto<br />

l’anno e ti sp<strong>in</strong>ga a ricercare i tempi e<br />

i modi per placare la sete, <strong>in</strong>dotta dalla<br />

modernità, di una vita più naturale.<br />

Come il verment<strong>in</strong>o a fermentazione<br />

naturale, appunto, da portarsi sui<br />

gioghi <strong>del</strong> Limbara durante i concerti<br />

mattut<strong>in</strong>i per sentire <strong>in</strong> bocca il<br />

profumo fresco di macchia mediterranea<br />

e ammirare attraverso il cristallo<br />

le m<strong>in</strong>ute bollic<strong>in</strong>e che sembrano<br />

raccogliere la luce <strong>del</strong>le stelle<br />

cacciate dal sole sorgente.<br />

E magari, f<strong>in</strong>ito il concerto, sciamare<br />

per gli stazzi di “Pedru Fadda” e<br />

“Nunzia”, portare a tavola dalla<br />

mensola <strong>in</strong> granito de “sa contonada”,<br />

esposta ad ovest, “su concone”<br />

con latte di capra rappreso <strong>in</strong> yogurt<br />

dagli aromi di montagna o gustare la<br />

candida ricotta di capra, ricamata coi<br />

ghirigori dai riflessi dorati <strong>del</strong> miele<br />

nero dei pastori: “s’abbattu”. E non<br />

sarebbe da meno puntare alle sorgenti<br />

di “Sa Rocchesa,” o di “S’Eritti”<br />

per consumare una colazione più<br />

robusta: non dico “sas ungeddhas”<br />

(pied<strong>in</strong>i di maiale <strong>in</strong> gelat<strong>in</strong>a) offerte<br />

qualche anno fa da un cacciatore dal<br />

ferreo stomaco ad un “malcapitato”<br />

ospite d’una giornata di caccia a<br />

“Terramala”, ma che dire di una “laldad<strong>in</strong>a”<br />

( impanata ripiena con lardo<br />

e cipolle) <strong>in</strong>saporita con le squisite<br />

salsicce locali e accompagnata da un<br />

bicchiere di “Terra saliosa”, un rosso<br />

tanto persistente quanto la sospensione<br />

<strong>in</strong>f<strong>in</strong>ita <strong>del</strong>le note soffiate da<br />

Paolo Fresu metamorfosatosi <strong>in</strong> suonatore<br />

di launeddas. Se poi volessi al<br />

meglio entrare <strong>in</strong> s<strong>in</strong>tonia con le<br />

balze <strong>del</strong> Limbara, lussureggianti di<br />

corbezzoli, una dozz<strong>in</strong>a di ravioli di<br />

carne di c<strong>in</strong>ghiale e una seada con<br />

miele <strong>del</strong>icatamente amaro onorerebbero,<br />

maritati con verment<strong>in</strong>o<br />

superiore, la tua prima colazione;<br />

verment<strong>in</strong>o che ritrovi puntuale nella<br />

versione più <strong>del</strong>icata ad accompagnare<br />

i dolcetti (tiliccas, sospiri,<br />

amaretti) offerti dai priori nelle chiese<br />

campestri dopo i concerti e di<br />

nuovo nella sontuosa versione superiore<br />

ad accompagnare la zuppa berchiddese:<br />

armonia di profumi, sapori<br />

e colori che esaltano l’identità dei<br />

luoghi (le chiese immerse nella natura)<br />

e <strong>del</strong>le genti che li popolano. E<br />

anche se la campagna agostana<br />

<strong>in</strong>giallita e odorosa di fieno <strong>in</strong> disfacimento<br />

non ti offre la livrea colorata<br />

<strong>del</strong>le mille fioriture ci pensano i<br />

formaggi a restituirti coi loro profumi<br />

la magia <strong>del</strong>le primavere sarde.<br />

E se poi all’ombra dei possenti olivastri<br />

o di querce maestose ci scappa<br />

“unu sultu”, la siesta dei sardi satolli, lo<br />

fai <strong>in</strong> buona compagnia, dei silenti abitatori<br />

dei dolmen di Santa Cater<strong>in</strong>a, dei<br />

nuraghi di San Michele e <strong>del</strong> Castello<br />

di Monte Acuto nei pressi di San<br />

Marco. Immerso nella storia, nella lontananza<br />

e nella lentezza <strong>del</strong>la storia.<br />

In fondo sono cose semplici quelle<br />

già suggerite e le altre a seguire, gesti<br />

o meglio “res gestae” <strong>del</strong>la gola che ti<br />

consentono di attutire l’eccesso di<br />

velocità di giornate vissute al massimo:<br />

un sorso de “<strong>in</strong>u ac cottadu”<br />

nella cant<strong>in</strong>a di N<strong>in</strong>nio e L<strong>in</strong>eddu <strong>in</strong><br />

centro storico con il profumo di selce<br />

e terra che promana dalla pavimentazione<br />

ultra secolare, la succulenta<br />

zuppa berchiddese assaporata nel<br />

clima tra il francescano e il boccaccesco<br />

<strong>del</strong>le feste campestri, i sospiri che<br />

sbucano dappertutto e occhieggiando<br />

ti <strong>in</strong>vitano a morderli, una sapida<br />

panada. Per compiere questi peccati<br />

di gola basterebbe tra un concerto e<br />

l’altro frequentare i luoghi: bar, ristoranti,<br />

laboratori artigiani, Museo <strong>del</strong><br />

v<strong>in</strong>o, che caratterizzano <strong>in</strong> versione<br />

identitaria le loro attuali offerte e<br />

chissà che non si avvic<strong>in</strong>i l’anno <strong>in</strong><br />

cui i cibi precotti, preconfezionati<br />

<strong>del</strong>la cuc<strong>in</strong>a fast-foodizzata non siano<br />

cacciati da sa “cozzula elda” (focaccia<br />

con ciccioli di maiale), “brungiolos”(dolcetti<br />

di ricotta o formaggio<br />

fresco), cattò (dolce di mandorle e<br />

zucchero), e nei ristoranti, relegati <strong>in</strong><br />

un cantuccio i piatti <strong>del</strong>la cuc<strong>in</strong>a<br />

<strong>in</strong>ternazionale, la facciano da padroni<br />

“concu”, “fae e laldu”, “cassola de<br />

petta anzon<strong>in</strong>a”, “maccarrones furriados”,<br />

“matta e fae frissa”, capisaldi di<br />

una ristorazione d’identità che valorizza<br />

il lento fluire <strong>del</strong> tempo.<br />

Per f<strong>in</strong>ire la giornata <strong>in</strong> buona compagnia<br />

non perdere, <strong>in</strong> piazzetta, il goloso<br />

<strong>in</strong>tervallo tra i concerti serali, e<br />

lasciati condurre dai sommeliers e<br />

dallo staff <strong>del</strong>la Cant<strong>in</strong>a “Giogant<strong>in</strong>u”<br />

nel dorato mondo dei verment<strong>in</strong>i <strong>in</strong><br />

abb<strong>in</strong>amento coi dolci <strong>del</strong>la tradizione.<br />

E se poi f<strong>in</strong>iti i concerti hai ancora<br />

gambe sufficienti per arrivare alle terrazze<br />

<strong>del</strong> Museo <strong>del</strong> v<strong>in</strong>o, il fresco<br />

<strong>del</strong>la coll<strong>in</strong>a consiglia, <strong>in</strong> abb<strong>in</strong>amento,<br />

una fumata di sigari e la morbida<br />

grappa locale di monovitigno: gli<br />

effluvi dolci e rotondi <strong>del</strong>l’alcool che<br />

si fondono, nell’aria che respiri, col<br />

fumo azzurr<strong>in</strong>o e profumato <strong>del</strong>l’avana<br />

o <strong>del</strong>l’imperdibile toscano ti<br />

daranno il coraggio e l’allegria necessari<br />

per affrontare l’ancora lunga<br />

immersione nell’onda musicale berchiddese.<br />

Perciò, quest’estate, quando<br />

vieni a Berchidda, compi un<br />

primo fondamentale gesto simbolico:<br />

liberati <strong>del</strong>l’orologio e lasciati guidare<br />

dal filo d’Arianna <strong>del</strong>la musica<br />

seguendo il ritmo <strong>del</strong>la natura. Dài<br />

valore al tempo e alle cose semplici e<br />

ti accorgerai quanto valgano, come fa<br />

la massaia berchiddese nel cuc<strong>in</strong>are<br />

“su concu”: per ben dodici ore lascia<br />

che la testa di maiale, disossata e condita,<br />

resti a contatto con sale, pepe ed<br />

aglio prima di unirci <strong>in</strong> cottura cipolle,<br />

cavoli e patate, aggiusta sapientemente<br />

il cibo di sale e pepe e poi con<br />

lentezza studiata serve un pasto div<strong>in</strong>o<br />

che sfida i v<strong>in</strong>i più strutturati. E<br />

capirai quando avrai ben gustato<br />

quella <strong>del</strong>izia che il tempo è danaro<br />

non quando lo bruci freneticamente<br />

nel quotidiano <strong>in</strong>treccio dei bisogni<br />

<strong>in</strong>dotti, ma quando lo lasci fluire a<br />

ritmo <strong>del</strong>la natura, <strong>del</strong>la buona musica<br />

e <strong>del</strong>la buona cuc<strong>in</strong>a. Che la vita ti<br />

sia lieve.<br />

Angelo Crasta


spazio libri<br />

Paolo FresuMusica & Architettura<br />

La Sardegna, il <strong>Jazz</strong> Paesaggi <strong>del</strong>la contemporaneità<br />

Un libro su Paolo Fresu è,<br />

ovviamente, anche un libro sul<br />

<strong>Jazz</strong> ma, forse, ancor di più<br />

sulla Sardegna. Una panoramica,<br />

un flash, un elenco su un<br />

personaggio partito da un paes<strong>in</strong>o<br />

<strong>del</strong>la prov<strong>in</strong>cia di Sassari<br />

(Berchidda) e diventato cittad<strong>in</strong>o<br />

<strong>del</strong> mondo. Una storia dentro<br />

la musica, ma anche oltre la<br />

musica, perchè sono molteplici<br />

gli <strong>in</strong>teressi che hanno legato e<br />

legano Fresu alla sua terra e al<br />

mondo afro-americano.<br />

Tutto nasce da una proposta<br />

fatta da Enzo Gravante a Paolo<br />

Fresu: raccontare la vita <strong>del</strong><br />

trombettista attraverso una<br />

lunga <strong>in</strong>tervista affiancata da un<br />

racconto iconografico di ben<br />

ottanta foto (anche esso prezioso)<br />

per ripercorrere la crescita e<br />

l'evoluzione di Fresu nel corso<br />

<strong>del</strong>la sua formidabile carriera.<br />

Alla base di questa <strong>in</strong>iziativa,<br />

subito accettata dal musicista,<br />

c'è una lunga e solida amicizia<br />

tra i due <strong>in</strong> cui un elemento non<br />

secondario è stato l'<strong>in</strong>teresse e<br />

l'ammirazione di Gravante nei<br />

confronti <strong>del</strong>la Sardegna...<br />

“isola lontana, culla di diverse<br />

civiltà, fisica ed onirica <strong>in</strong> tutte<br />

le manifestazioni...ma anche la<br />

fierezza e il gusto che provano i<br />

suoi abitanti nella gelosa <strong>del</strong>la<br />

loro identità. Gente che ha<br />

avuto, come pochi, il coraggio<br />

di sfidare la solitud<strong>in</strong>e, una<br />

stato d'animo non sempre nega-<br />

tivo come ci hanno fatto credere<br />

a scuola...” (dalla prefazione<br />

di Gravante).<br />

Dai complessi musicali al trasferimento<br />

di Bologna e, poi, di<br />

Parigi; dalle diciassette edizioni<br />

di “<strong>Time</strong> <strong>in</strong> <strong>Jazz</strong>” (il libro è uscito<br />

nel novembre <strong>del</strong> 2004) al<br />

“Django d'or”, Fresu parla di se<br />

stesso, <strong>del</strong>la musica che gli è<br />

sempre girata <strong>in</strong>torno, <strong>del</strong>le<br />

emozioni, di Miles Davis e di<br />

Chet Baker, ma anche <strong>del</strong> padre<br />

Lill<strong>in</strong>o e <strong>del</strong> lavoro nei campi, di<br />

tutta un'epica m<strong>in</strong>ore e maggiore<br />

che ha guidato le sue scelte e<br />

creato una <strong>del</strong>le personalità tra<br />

le più brillanti <strong>del</strong> panorama<br />

musicale e jazzistico <strong>del</strong> mondo.<br />

Oggi Paolo Fresu è un nome di<br />

statura <strong>in</strong>ternazionale che duetta<br />

con Bojan Z o con Ornella<br />

Vanoni, che si esibisce al<br />

Festival di Montreaux o di<br />

Montreal, tenendo fermo, però,<br />

il suo primo punto di riferimento<br />

che resta il Qu<strong>in</strong>tetto, la più<br />

longeva formazione <strong>del</strong> jazz italiano.<br />

Ma un successo così<br />

vasto e precoce non è mai qualcosa<br />

di casuale. Alla bravura<br />

tecnica e allo stile, con gli anni<br />

divenuto sempre più personale<br />

e riconoscibile, Fresu ha abb<strong>in</strong>ato<br />

una non comune capacità<br />

gestionale di se stesso e <strong>del</strong>le<br />

proprie idee sempre al passo coi<br />

tempi. E poi, altro elemento che<br />

ne fanno un musicista completo<br />

ed onnivoro, gli <strong>in</strong>teressi per il<br />

teatro, la danza, il c<strong>in</strong>ema, discipl<strong>in</strong>e<br />

che ha conosciuto componendo<br />

tante colonne sonore.<br />

È appena uscito, per i tipi <strong>del</strong>la Gangemi<br />

Editore di Roma, il libro “Musica &<br />

Architettura. Paesaggi <strong>del</strong>la contemporaneità”.<br />

A cura di Salvatore Peluso, contiene<br />

scritti di Gianni Agnesa, Andreu Arriola,<br />

Enrico Corti, Angelo Crasta, Carmen Fiol,<br />

Paolo Fresu, Sebastiano Gaias, Lucio Nardi,<br />

Salvatore Peluso, Giorgio Tedde.<br />

<strong>Il</strong> libro prende le mosse, e il titolo, dal laboratorio<br />

di architettura che si è tenuto l’estate<br />

scorsa a Berchidda. <strong>Il</strong> tema era l’organizzazione<br />

<strong>del</strong>lo spazio urbano, <strong>del</strong>le modalità<br />

con le quali si confrontano e <strong>in</strong>teragiscono il<br />

<strong>festival</strong> e la sua musica con Berchidda e la<br />

sua vita, le sue strade e piazze o i suoi paesaggi<br />

aperti. È dal 1988 che <strong>in</strong> questo luogo,<br />

sospeso (<strong>in</strong> bilico, quasi) tra l’austera <strong>in</strong>troversione<br />

<strong>del</strong> massiccio <strong>del</strong> Limbara e la<br />

radiosa apertura <strong>del</strong>la valle coltivata, un<br />

<strong>festival</strong> <strong>in</strong>ternazionale di musica e un paese<br />

di 3.200 abitanti <strong>in</strong>trecciano, anche fisicamente,<br />

la loro travolgente e per certi versi<br />

imprevedibile storia. Una storia sempre <strong>in</strong><br />

progressiva trasformazione, molteplice, e<br />

con la spiccata propensione ad apparire<br />

“impossibile”…<br />

La prima parte <strong>del</strong> libro è quella che ha maggiore<br />

autonomia, e respiro più ampio e largo<br />

rispetto allo specifico <strong>del</strong> laboratorio, essendo<br />

dedicata al tema dei rapporti tra musica e<br />

architettura, e/o musica e spazio. Sono presenti<br />

spunti più teorici (la matematica, i<br />

sistemi formali, Bach, Escher…). E poi l’aspetto<br />

“costruttivo” (fisico, materiale…) che<br />

è <strong>del</strong>l’architettura ma anche <strong>del</strong>la musica, e<br />

le suggestioni al riguardo che provengono da<br />

altre forme artistiche come, per esempio, il<br />

c<strong>in</strong>ema o la letteratura. Da Giorgio Tedde,<br />

poi, il punto di vista di un compositore contemporaneo<br />

(che riparte dalla sua prima formazione<br />

come fisico…). E <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e alcune<br />

architetture per la musica realizzate <strong>in</strong><br />

37<br />

Catalogna, e raccontate dai progettisti<br />

Carme Fiol e Andreu Arriola.<br />

La seconda parte è specificamente dedicata a<br />

raccogliere e documentare il percorso e i<br />

risultati progettuali, con le proposte per<br />

Berchidda elaborate dai gruppi di lavoro<br />

durante il laboratorio. A partire dalla prelim<strong>in</strong>are<br />

formulazione dei temi, docenti e tutors<br />

ne illustrano ipotesi, ragioni, funzionamento,<br />

implicazioni.<br />

La terza parte si propone di <strong>in</strong>terrogare sul<br />

senso <strong>del</strong>l’operazione gli artefici e/o gli <strong>in</strong>terlocutori<br />

che hanno reso possibile il laboratorio<br />

stesso: l’Amm<strong>in</strong>istrazione Comunale, il<br />

Dipartimento di Architettura <strong>del</strong>l’Università<br />

di Cagliari, il Formez, e l’associazione <strong>Time</strong><br />

<strong>in</strong> <strong>Jazz</strong>, con un contributo <strong>del</strong>lo stesso direttore<br />

artistico <strong>del</strong> <strong>festival</strong>, Paolo Fresu.


Organizzazione: Associazione Culturale<br />

<strong>Time</strong> <strong>in</strong> <strong>Jazz</strong><br />

Direttore artistico: Paolo Fresu<br />

Coord<strong>in</strong>amento Arti Visive: Giannella<br />

Demuro e Antonello Fresu<br />

Coord<strong>in</strong>amento C<strong>in</strong>ema: Gianfranco<br />

Cabiddu<br />

Coord<strong>in</strong>amento Generale: Riccardo<br />

Sguald<strong>in</strong>i<br />

Segreteria Organizzativa: Rosi Culurgioni<br />

Coord<strong>in</strong>amento Artistico: Vittorio Albani<br />

Amm<strong>in</strong>istrazione: Mariella Demartis<br />

Segreteria amm<strong>in</strong>istrativa: Maria Antonietta<br />

Mazza<br />

Accessibilità e servizi: Gian Paolo Crasta<br />

Accoglienza e Info: Patrizia Mu<br />

Immag<strong>in</strong>e e comunicazione: P.A.V.<br />

Ufficio Stampa: Riccardo Sguald<strong>in</strong>i,<br />

Fabrizio Crasta, Carol<strong>in</strong>a Scoppola Iacop<strong>in</strong>i<br />

Coord<strong>in</strong>amento concerti <strong>in</strong> montagna:<br />

Enrica Brianda<br />

Progetto allestimento piazza: Studio Peluso<br />

Salvatore Peluso con Barbara Cadeddu,<br />

Roberto Lallai, Miriam Manconi, Roberta<br />

Milia<br />

Fornitura e montaggio <strong>del</strong>le strutture piazza:<br />

Marcegaglia Build<strong>in</strong>g S.p.A.<br />

Audio: Blustudio<br />

Fonico: Alberto Erre<br />

Tecnici: Cisco Marras<br />

P<strong>in</strong>uccio Ledda<br />

Stefano Melis<br />

Direzione Palco: Luca Devito<br />

Assistente: Antonio Calvia<br />

Luci e scenotecnica: Blustudio<br />

Responsabile: Gesu<strong>in</strong>o Mannu<br />

Datore Luci: Tony Grandi<br />

Assistenti: Antonio Casu<br />

Pianoforti:<br />

Service: Penty Service<br />

Responsabile: Walter Mostall<strong>in</strong>o<br />

Assistenti: Antonio Sau, Luca Nieddu,<br />

Gaetano Pascarella<br />

Accordatore: Marcello Fanutza<br />

Registrazioni:<br />

Service: Blustudio<br />

Fonico: Fabrizio Dall’Oca<br />

Trasporti <strong>in</strong>terni: Beppe Lodde, Ton<strong>in</strong>o<br />

Casu, Tore Casu, Francesco Ledda<br />

Merchandis<strong>in</strong>g: Rossella Calvia, <strong>Il</strong>aria<br />

Serra, Maria Paola Casu, Daniela Pianezzi,<br />

Alessandra Basciu<br />

Biglietteria: Rossana Sanna, Antonella Piga,<br />

Donatella Pianezzi, Agnese Pianezzi, Enrica<br />

Brianda, Gibo Borghesani, Valent<strong>in</strong>a<br />

Nieddu, Paola Puggioni, Laura Campus,<br />

Sara S<strong>in</strong>i, Anna S<strong>in</strong>i, Marco Fiori, Erika,<br />

Salvatore Dettori<br />

Info po<strong>in</strong>t e accoglienza: Patrizia Mu,<br />

Fiorella Meloni, Maria Murrighile, Grazia<br />

Pianezzi, Enrica Carb<strong>in</strong>i, Silvia Bruno<br />

Backstage e cater<strong>in</strong>g: Michela Rotondale,<br />

Giulia Carta, Antonio Casula, Gabriele<br />

Meloni<br />

Servizio mensa: Francesco Nieddu, Enrico<br />

Natal<strong>in</strong>i<br />

Squadra allestimenti e security: Giuseppe<br />

Mazza<br />

Squadra allestimenti PAV: Sonia Borsato,<br />

Angela Manca di Mores, Andrea Melis,<br />

Lia Turtas, Sergio Scavio, Checco P<strong>in</strong>na,<br />

Danilo S<strong>in</strong>i, Carlo Simula, Mirco Meloni<br />

Punto ristoro: Piero Sannitu, Pasquale<br />

Abelt<strong>in</strong>o, Mara Fenu<br />

Servizi: Chicca Licheri, Mattia Mulas,<br />

Francesca Tugnoli<br />

Tour assistants: Francesca Cavassa,<br />

V<strong>in</strong>cenza Macis, Paola Mus<strong>in</strong>a, Gloria<br />

Armas, Francesco Lenza, Andrea Sannitu<br />

Le immag<strong>in</strong>i <strong>del</strong> manifesto, <strong>del</strong>la brochure<br />

e <strong>del</strong>la locand<strong>in</strong>a sono di Nero Project<br />

Progettazione grafica e merchandis<strong>in</strong>g:<br />

Danilo S<strong>in</strong>i<br />

Computer grafica: PAV<br />

Stampa abbigliamento: Waltale<br />

Cartellonistica: PacoPr<strong>in</strong>t, Alatri<br />

Web design e software CMS powered by<br />

bizConsult<strong>in</strong>g S.r.l.<br />

Agenzia viaggi: Medtravel, Genova<br />

Consulenza amm<strong>in</strong>istrativa: Elabora Snc<br />

di Lucio Mu<br />

Consulenza <strong>del</strong> lavoro:<br />

Giancarlo Fenu<br />

Studio Fara-Lieto<br />

Si r<strong>in</strong>graziano:<br />

l’Unione Europea – Fondo Europeo<br />

di Sviluppo Regionale<br />

il M<strong>in</strong>istero per i Beni e le Attività Culturali<br />

(Direzione Generale per lo Spettacolo dal vivo)<br />

la Presidenza <strong>del</strong>la Regione Autonoma <strong>del</strong>la<br />

Sardegna e il presidente Renato Soru<br />

l’Assessorato allo Spettacolo e Attività<br />

Culturali <strong>del</strong>la Regione Autonoma <strong>del</strong>la<br />

Sardegna e l’assessore Elisabetta Pilia<br />

l’Assessorato <strong>del</strong> Turismo <strong>del</strong>la Regione<br />

Autonoma <strong>del</strong>la Sardegna e l’assessore<br />

Luisanna Depau<br />

il Comune di Berchidda e il s<strong>in</strong>daco<br />

Sebastiano Sannitu<br />

il Comune di Monti e il s<strong>in</strong>daco Giovanni<br />

Maria Raspitzu<br />

il Comune di Nughedu San Nicolò<br />

e il s<strong>in</strong>daco Giovanni Antonio Re<br />

il Comune di Ozieri e il s<strong>in</strong>daco Giovanni<br />

Cubeddu<br />

l’assessore alla Cultura <strong>del</strong> Comune di<br />

Ozieri Ottaviano Contu<br />

il Comune di Oschiri e il s<strong>in</strong>daco Antonio<br />

Per<strong>in</strong>u<br />

il Comune di Olbia e il S<strong>in</strong>daco Settimo<br />

Nizzi<br />

la Prov<strong>in</strong>cia di Olbia/Tempio e il presidente<br />

Pietr<strong>in</strong>a Murrighile<br />

la VI Comunità Montana “Monte Acuto”<br />

e il presidente Maria Antonietta Mazzone<br />

la Fondazione Banco di Sardegna<br />

e il presidente Antonello Arru<br />

Salvatore Rub<strong>in</strong>o<br />

il Banco di Sardegna e il presidente Antonio<br />

Sassu<br />

il Banco di Sardegna di Berchidda<br />

e il direttore Bruno Pirone<br />

l’Ente Foreste <strong>del</strong>la Sardegna, il direttore<br />

generale Graziano Nudda e il personale <strong>del</strong>la<br />

Foresta Demaniale Monte Limbara Sud<br />

la Direzione di Trenitalia e Silvano<br />

Campe<strong>del</strong> <strong>del</strong>la RFI<br />

la Cant<strong>in</strong>a Sociale <strong>del</strong> Giogant<strong>in</strong>u<br />

e Sergio Crasta<br />

la Distilleria Lucrezio R e Pasquale Rau<br />

RAU Arte dolciaria e Raffaela Rau<br />

la Nuova Casearia e Salvatore Piga<br />

Autoservizi Fab e Gianfranco Asara,<br />

Graziella Asara, Marco Asara<br />

FIAT P<strong>in</strong>car e Opel AutOggi<br />

Lloyd Adriatico<br />

RAS<br />

Simona Putzu<br />

Filomena Menicucci<br />

Pannonica Music e Vittorio Albani<br />

Verdearancio s.r.l. e Giovanna Mascetti<br />

Saudades Tourneen (Thomas Stoewsand,<br />

Kar<strong>in</strong> Kreisl, Giorgia Cad<strong>in</strong>u)<br />

Antonio Baldassarre<br />

Ballkan World Music Management<br />

(Olsi Sulejmani)<br />

Ton All (Bertrand Dupont)<br />

Ponderosa Music (Titti Sant<strong>in</strong>i, Paolo<br />

Caiani, Aronne Galimberti)<br />

Deluxe Production (Jonathan Miltat)<br />

Impact Soc. Coop. (Renato Criscuolo)<br />

Sa<strong>in</strong>t Louis Music Center Roma (Francesca<br />

Gregori)<br />

l’Associazione <strong>Jazz</strong> à Junas e il s<strong>in</strong>daco<br />

Jean-Paul Lauze <strong>del</strong>la Mairie di Junas<br />

Stefania Conte<br />

Jamal Ouass<strong>in</strong>i<br />

Fabrizio Dall’Oca<br />

Paolo Pillonca<br />

Sergio Benoni<br />

Gianfranco Salvatore<br />

Luigi Onori<br />

Nguyên Lê e Dom<strong>in</strong>ique Boker<br />

il direttore <strong>del</strong> Festival jazz di Rabat Majid<br />

Bekkas<br />

la direttrice <strong>del</strong>l’Istituto Italiano di Cultura<br />

a Rabat Wanda Grillo<br />

Tar e Giuseppe Mazza<br />

il presidente <strong>del</strong>l’Istituto Superiore<br />

Regionale Etnografico Giuseppe Ch<strong>in</strong>es<br />

e il direttore Paolo Piquereddu<br />

l’Ente Musicale di Nuoro e il presidente<br />

Angelo Palmas<br />

i comitati <strong>del</strong>le chiese di San Michele e<br />

Santa Cater<strong>in</strong>a<br />

il vescovo di Ozieri Sebastiano Sangu<strong>in</strong>etti<br />

il parroco di Monti don Luca Saba<br />

la Pro Loco di Monti Domenico Pes<br />

il parroco di Nughedu San Nicolò don<br />

Chiar<strong>in</strong>o Delogu e la signora Maria<br />

dietro le qu<strong>in</strong>te <strong>del</strong> XVIII <strong>festival</strong> <strong>Time</strong> <strong>in</strong> <strong>Jazz</strong><br />

Antonietta Cau<br />

il parroco di Oschiri don Aurelio Pigozzi<br />

Marco Ladu, la Fondazione<br />

Fabrizio de Andrè e Dori Ghezzi<br />

Salvatore Crasta, Patrizia De Leonardi<br />

e Giusepp<strong>in</strong>a Gamb<strong>in</strong>o <strong>del</strong>la Medtravel<br />

Antonella Usai, la cooperativa La Memoria<br />

Storica lo staff <strong>del</strong> Museo <strong>del</strong> V<strong>in</strong>o<br />

Donatella Achenza e Andrea Pietrobelli<br />

<strong>del</strong>la Meridiana<br />

Agost<strong>in</strong>o Mela<br />

il Comando Stazione dei Carab<strong>in</strong>ieri di<br />

Berchidda<br />

l’Associazione Volontari Ambulanza di<br />

Berchidda e il presidente pro tempore<br />

Salvatore Chirigoni<br />

il parrocco di Berchidda don Gianfranco Pala<br />

la Pro Loco di Berchidda<br />

i Giard<strong>in</strong>i <strong>del</strong>la Casa di Riposo per Anziani<br />

la Confraternita <strong>del</strong> Verment<strong>in</strong>o<br />

lo staff comunale<br />

gli elettricisti e gli operai <strong>del</strong> Comune<br />

il paese di Berchidda<br />

tutti gli artisti.<br />

L’associazione culturale <strong>Time</strong> <strong>in</strong> <strong>Jazz</strong><br />

Presidente: Paolo Fresu<br />

Vicepresidente: Lucio Mu<br />

Segretaria: Mariella Demartis<br />

Soci fondatori: Nicola Casu, Tetta Demuru,<br />

Gianfranco Demuru, Salvatore Dettori<br />

Massimo Laconi, Antonio Meloni, Mart<strong>in</strong>o<br />

Meloni, Gianni Menicucci, Mimmia Piga,<br />

Giusepp<strong>in</strong>a Sanciu, Roberto Scanu e<br />

Riccardo Sguald<strong>in</strong>i<br />

Responsabile sezione Musica: Paolo Fresu<br />

Responsabili sezione Arti Visive: Giannella<br />

Demuro e Antonello Fresu<br />

Responsabile sezione C<strong>in</strong>ema: Gianfranco<br />

Cabiddu<br />

<strong>Time</strong> <strong>in</strong> <strong>Jazz</strong> è un’associazione culturale<br />

senza f<strong>in</strong>i di lucro, costituita nel dicembre<br />

1997. I soci fondatori sono i volontari che<br />

per dieci anni, dal 1988 al 1997, hanno<br />

composto lo staff organizzativo <strong>del</strong> <strong>festival</strong><br />

Internazionale <strong>Time</strong> <strong>in</strong> <strong>Jazz</strong> di Berchidda.<br />

La scelta di fondare un’associazione, con<br />

sede a Berchidda, è stata dettata da esigenze<br />

di carattere organizzativo e gestionale <strong>in</strong><br />

una struttura meglio def<strong>in</strong>ita. <strong>Time</strong> <strong>in</strong> <strong>Jazz</strong><br />

ha potuto godere così di un riconoscimento<br />

<strong>del</strong>l’attività culturale svolta da parte <strong>del</strong>le<br />

istituzioni locali e nazionali.<br />

Oltre all’organizzazione e al coord<strong>in</strong>amento<br />

<strong>del</strong> <strong>festival</strong> <strong>in</strong>ternazionale <strong>Time</strong> <strong>in</strong> <strong>Jazz</strong>,<br />

l’associazione ha allargato nel corso degli<br />

anni il proprio ventaglio di proposte, creando<br />

al suo <strong>in</strong>terno specifiche aree di attività<br />

culturali. Nel 1998 nasce la rassegna “Altri<br />

Tempi”, dedicata al c<strong>in</strong>ema sardo, al teatro<br />

e alla musica. Lo stesso anno prende il via<br />

“Aprile non dormire”, dedicata alla presentazione<br />

di opere editoriali e teatrali. A giugno<br />

è poi il momento <strong>del</strong>la “Festa <strong>del</strong>la<br />

Musica”, il primo appuntamento musicale<br />

prima <strong>del</strong> grande <strong>festival</strong> ferragostano.<br />

È<strong>in</strong>oltre di proprietà <strong>del</strong>l’associazione una<br />

collezione privata permanente di arte contemporanea<br />

<strong>in</strong> Sardegna, oggi ospitata dal<br />

Museo <strong>del</strong> V<strong>in</strong>o/Enoteca Regionale di<br />

Berchidda, e la rivista quadrimestrale di<br />

arte e cultura contemporanea “Ziqqurat”<br />

diretta da Giannella Demuro.<br />

A queste attività si aggiunge quella di archiviazione<br />

<strong>del</strong> materiale prodotto e raccolto nel<br />

corso degli anni. Un prezioso patrimonio di<br />

documenti e testimonianze che compongono<br />

la memoria storica - registrazioni audio e<br />

video, ritagli di giornali, fotografie, disegni,<br />

manifesti - per la promozione di tutte le attività<br />

culturali che i l<strong>in</strong>guaggi <strong>del</strong>la musica e <strong>del</strong>l’arte<br />

<strong>in</strong> genere possono suggerire. In questo<br />

senso, l’associazione è un vero e proprio laboratorio<br />

di idee e progetti culturali che stimolano<br />

l’<strong>in</strong>terazione fra le diverse attività artisticocreative.<br />

Riflesso diretto di questa attività di<br />

archiviazione, la pubblicazione di c<strong>in</strong>que cd<br />

tratti da altrettanti concerti di recenti edizioni<br />

<strong>del</strong> <strong>festival</strong>.<br />

Per <strong>in</strong>formazioni:<br />

Associazione Culturale <strong>Time</strong> <strong>in</strong> <strong>Jazz</strong><br />

Via Nulvara, 2 - 07022 Berchidda (Ss)<br />

tel. (+39) 079703007<br />

fax (+39) 079703149<br />

e-mail: <strong>in</strong>fo@time<strong>in</strong>jazz.it<br />

web: http://www.time<strong>in</strong>jazz.it<br />

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