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1^ SSS - ISIS Polo di Feltre

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Capitolo i<br />

l’apparato loComotore<br />

Il sistema osseo<br />

Lo scheletro (fig. 1), o sistema osseo, è formato da<br />

organi che si chiamano ossa. Vi sono più <strong>di</strong> 200 ossa.<br />

Lo scheletro ha varie funzioni:<br />

1) costituisce il sostegno e l’impalcatura del corpo<br />

2) offre i punti <strong>di</strong> inserzione dei muscoli<br />

3) funge, in alcune parti, da protezione <strong>di</strong> organi<br />

interni. Per esempio il cranio protegge l’ence falo, la<br />

gabbia toracica protegge il cuore e i polmoni, il bacino<br />

protegge gli organi della parte bassa addominale,<br />

ovvero gli organi della riproduzione, i più importanti<br />

Fig. 1. Lo scheletro: vista anteriore e posteriore.<br />

in assoluto per la specie. Riguardo a quest’ultimo punto,<br />

occorre <strong>di</strong>re che lo scheletro umano, pur essendo<br />

considerato un endoscheletro, ovvero uno scheletro<br />

interno (al tessuto muscolare) per quanto riguarda le<br />

parti citate esso assume una struttura esoscheletrica,<br />

L’apparato locomotore 1<br />

cioè da scheletro esterno, con funzione ap punto protettiva,<br />

simile alla corazza degli insetti.<br />

Lo scheletro umano è <strong>di</strong>viso in due parti fondamentali:<br />

la parte assile o assiale, che comprende, dall’alto<br />

in basso, il cranio, la gabbia toracica e la colonna<br />

vertebrale. La parte ap pen<strong>di</strong>colare, costituita dagli<br />

arti superiori e inferiori. La parte assile è connessa a<br />

quella appen <strong>di</strong>colare tramite due cinture:<br />

a) la cintura, o cingolo scapolare, che unisce lo scheletro<br />

assile (in questo caso lo sterno, che fa parte della<br />

gabbia toracica), agli arti superiori, tramite la scapola<br />

e la clavicola.<br />

b) la cintura, o cingolo pelvico, che unisce lo scheletro<br />

assile (in questo caso la colonna verte brale sacrale)<br />

agli arti inferiori tramite le ossa del bacino.<br />

Le ossa si sud<strong>di</strong>vidono in tre tipi (fig. 2): ossa lunghe,<br />

nelle quali una <strong>di</strong>mensione, quella della lunghezza,<br />

prevale nettamente sulle altre due (per esempio tutte<br />

le ossa degli arti; ossa piatte, nelle quali due <strong>di</strong>mensioni,<br />

lunghezza e larghezza, prevalgono nettamente<br />

sulla rimanente, pro fon<strong>di</strong>tà (per esempio le ossa del<br />

bacino e quelle del cranio); ossa corte, nelle quali le


2 Capitolo I<br />

Fig. 2. Esempi <strong>di</strong> ossa lunghe (omero, in alto), piatte<br />

(osso parietale del cranio, a destra) e corte (calcagno<br />

del tarso, a sinistra).<br />

tre <strong>di</strong>men sioni sono approssimativamente uguali (per<br />

esempio le ossa del tarso e del carpo, rispettivamen te<br />

nel piede e nella mano).<br />

Procedendo dall’alto in basso, queste sono le ossa<br />

principali:<br />

a) le ossa del cranio e della faccia<br />

b) la colonna vertebrale<br />

c) la scapola, posteriormente alla gabbia toracica e<br />

alla clavicola, sopra la gabbia toracica<br />

d) lo scheletro dell’arto superiore, sud<strong>di</strong>viso in ossa<br />

del braccio (omero), ossa dell’avambraccio (ra<strong>di</strong>o e<br />

ulna), ossa della mano (carpo, metacarpo e falangi)<br />

e) le ossa del bacino: ileo, ischio e pube<br />

f) lo scheletro dell’arto inferiore, sud<strong>di</strong>viso in osso<br />

della coscia (femore), ossa della gamba (pe rone e tibia),<br />

ossa del piede (tarso, metatarso e falangi).<br />

Diamo <strong>di</strong> seguito dei cenni su due degli insiemi ossei<br />

più importanti sotto il profilo del movimento.<br />

La colonna vertebrale<br />

La colonna vertebrale, o rachide, è costituita da 33<br />

ossa corte chiamate vertebre (fig. 3). Ciascu na vertebra<br />

è formata da un corpo vertebrale a forma <strong>di</strong> cilindro<br />

appiattito e da tre appen<strong>di</strong>ci sporgenti: quelle che<br />

sporgono posteriormente si chiamano apofisi spinose<br />

e sono all’origine, con la loro caratteristica prominenza,<br />

del nome <strong>di</strong> spina dorsale dato popolarmente<br />

Fig. 3. La colonna vertebrale, vista in proiezione<br />

posteriore e laterale.<br />

al rachide (fig. 4).<br />

La colonna vertebrale costituisce il mezzo <strong>di</strong> giunzione<br />

fra parte superiore e inferiore del lo scheletro.<br />

Superiormente la colonna è collegata al cingolo<br />

scapolare tramite le costole, lo sterno, le scapole e le<br />

clavicole, inferiormente essa si attacca <strong>di</strong>rettamente<br />

al cingolo pelvico, e sattamente alle ossa iliache, tramite<br />

l’articolazione sacro-iliaca. Questa connessione<br />

fra parte alta e parte bassa dello scheletro avviene<br />

in modo <strong>di</strong>namico, non statico: infatti la colonna è


Fig. 4. Aspetto <strong>di</strong> una tipica vertebra<br />

Fig. 5. I <strong>di</strong>schi intervertebrali.<br />

note volmente mobile e permette al busto un ampio<br />

grado <strong>di</strong> movimento. Ciò è permesso dalla pre senza,<br />

fra corpo vertebrale e corpo vertebrale, dei <strong>di</strong>schi<br />

intervertebrali (fig. 5), speciali cuscinetti <strong>di</strong> so stanza<br />

a<strong>di</strong>posa molle, che permettono piccoli movimenti <strong>di</strong><br />

spostamento laterale e antero-poste riore fra vertebra e<br />

vertebra. Moltiplicati per l’intero numero <strong>di</strong> vertebre<br />

mobili, 24, questi picco li movimenti si tramutano in<br />

movimenti, come detto, <strong>di</strong> grande ampiezza.<br />

La colonna vertebrale è sud<strong>di</strong>visa in cinque parti,<br />

dall’alto in basso:<br />

1) Colonna cervicale (dalla base del cranio alla base<br />

del collo), formata da sette vertebre cervicali.<br />

2) Colonna toracica o dorsale (dalla base del collo<br />

fino circa a metà schiena), formata da 12 vertebre<br />

toraciche o dorsali.<br />

3) Colonna lombare (da metà fino alla fine della<br />

L’apparato locomotore 3<br />

schiena, dove comincia la regione del bacino), formata<br />

da cinque vertebre lombari. Fin qui abbiamo vertebre<br />

mobili. Da qui in poi le vertebre sono ossificate<br />

insieme e non sono suscettibili <strong>di</strong> movimento.<br />

4) Osso sacro, formato da cinque vertebre sacrali, che<br />

coincide grossomodo con la posizione del bacino.<br />

5) Coccige, formato da quattro vertebre coccigee,<br />

molto piccole, che occupano una posizione appena<br />

superiore a quella dell’ano. Il coccige costituisce il<br />

residuo evolutivo della coda possedu ta dai nostri antenati<br />

primati.<br />

Il rachide normale non presenta curvature sostanziali<br />

in senso laterale. Se presenti, esse sono patologiche,<br />

in<strong>di</strong>ce cioè <strong>di</strong> una malattia, chiamata scoliosi, che<br />

colpisce soprattutto soggetti in età evolutiva e le cui<br />

cause non sono ancora state ben in<strong>di</strong>viduate. Essa si<br />

cura, in or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> gravità crescente, con la ginnastica<br />

correttiva, con il busto o con l’intervento chirurgico<br />

(non praticato, però, in Italia).<br />

Vi sono invece due curvature, assolutamente fisiologiche,<br />

presenti quin<strong>di</strong> in tutti i rachi<strong>di</strong> normali. Una<br />

a livello dorsale, chiamata cifosi dorsale, con la convessità<br />

rivolta all’in<strong>di</strong>etro, e una a livello lombare,<br />

chiamata lordosi lombare, con la convessità rivolta in<br />

avanti. Naturalmente, in caso <strong>di</strong> accentuazione delle<br />

due curve, siamo in presenza <strong>di</strong> patologie: la “gobba”<br />

in caso <strong>di</strong> i percifosi, e la “pancia prominente”, in caso<br />

<strong>di</strong> iperlordosi. Da notare anche che nelle femmine la<br />

lordosi lombare è fisiologicamente più accentuata che<br />

nei maschi.<br />

La gabbia toracica<br />

La gabbia toracica (fig. 6) è formata dallo sterno,<br />

che è un osso piatto posto anteriormente e dalle 12<br />

costole o coste che vi si articolano. Per la verità solo<br />

le prime sette coste si articolano <strong>di</strong>rettamente sullo<br />

sterno; l’ottava, la nona e la decima si uniscono alla<br />

settima; l’un<strong>di</strong>cesima e la do<strong>di</strong>cesima sono anteriormente<br />

libere.<br />

Le coste si articolano posteriormente sulle 12 vertebre<br />

dorsali. In un certo senso, quin<strong>di</strong>, anche le vertebre<br />

dorsali dovrebbero essere considerate funzionalmente<br />

parte, almeno parzial mente, della gabbia toracica.<br />

Anche la gabbia toracica è un insieme <strong>di</strong>namico.<br />

Oltre alla funzione, tipicamente statica, già citata, <strong>di</strong><br />

proteggere cuore e polmoni, il suo compito è <strong>di</strong> permettere,<br />

attraverso successive espansioni e contrazioni,<br />

la respirazione. Questi movimenti sono permessi<br />

dai muscoli intercosta li, che muovono leggermente<br />

le coste, sulle articolazioni costo-vertebrali e costosternarie,<br />

le une rispetto alle altre. Il grosso del movimento<br />

però è a carico del muscolo <strong>di</strong>aframma, che ha<br />

la forma <strong>di</strong> una grande cupola che <strong>di</strong>vide, in pratica,<br />

la cavità toracica da quella addominale.<br />

Quando il <strong>di</strong>aframma si contrae esso si abbassa,


4 Capitolo I<br />

Fig. 6. La gabbia toracica.<br />

facendo aumentare il volume della cavità toracica.<br />

Poiché, per le ben note leggi dei gas, a un aumento<br />

del volume consegue una <strong>di</strong>minu zione <strong>di</strong> pressione,<br />

allora la pressione all’interno della cavità toracica <strong>di</strong>minuisce,<br />

<strong>di</strong>ventando mi nore <strong>di</strong> quella dell’aria esterna.<br />

A causa <strong>di</strong> questa <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> pressione, l’aria<br />

penetra all’inter no della cavità: si ha l’inspirazione.<br />

Quando il <strong>di</strong>aframma si rilassa esso si risolleva, comprimendo<br />

la cavità toracica. Il volu me allora <strong>di</strong>minuisce,<br />

la pressione aumenta e si crea una <strong>di</strong>fferenza opposta<br />

alla precedente; l’a ria ora esce verso l’esterno:<br />

si ha l’espirazione.<br />

Il sistema articolare<br />

Le ossa, ovviamente, non potrebbero muoversi le<br />

une rispetto alle altre, se non fossero provviste <strong>di</strong><br />

cerniere, <strong>di</strong> giunture pre<strong>di</strong>sposte allo scopo. Queste<br />

cerniere sono le articolazioni. In qualsiasi articolazione<br />

occorre contemperare due esigenze: quella<br />

della soli<strong>di</strong>tà e quella della mobilità. In altre parole,<br />

è necessario sì che l’articolazione consenta il movimento,<br />

ma è anche necessario che vengano conservati,<br />

in ogni momento, i rapporti articolari e l’integrità<br />

dell’artico lazione stessa. D’altra parte, spesso le due<br />

esigenze sono presenti in modo molto <strong>di</strong>verso e assolutamente<br />

non equilibrato da caso a caso. Per alcune<br />

ossa, infatti, la richiesta <strong>di</strong> mobilità è al quanto limita-<br />

ta, per altre invece è assolutamente necessaria. Chiaramente,<br />

quando la soli<strong>di</strong>tà vie ne al primo posto, la<br />

mobilità è fortemente compromessa, quando invece è<br />

primaria la necessità <strong>di</strong> ampie escursioni articolari la<br />

soli<strong>di</strong>tà può essere così relativa che l’articolazione, se<br />

fortemente impegnata, <strong>di</strong>venta suscettibile <strong>di</strong> per<strong>di</strong>ta<br />

<strong>di</strong> integrità e dei relativi rapporti articolari (va cioè<br />

soggetta a lussazione, ovvero al <strong>di</strong>stacco permanente<br />

dei capi articolari).<br />

A seconda dell’esigenza che viene <strong>di</strong> volta in volta<br />

privilegiata, le articolazioni si sud<strong>di</strong>vi dono in tre<br />

tipi: Fisse, semimobili e mobili. Nei primi due tipi,<br />

ovviamente, si privilegia la soli<strong>di</strong>tà e queste articolazioni<br />

sono presenti soprattutto nello scheletro assile:<br />

l’esempio più famoso <strong>di</strong> ar ticolazioni fisse è quello<br />

fra le ossa del cranio, mentre esempi <strong>di</strong> articolazioni<br />

semimobili (che permettono solo piccoli movimenti<br />

<strong>di</strong> scorrimento e traslocazione) si possono trovare fra<br />

osso sacro e ossa iliache, o fra scapola e clavicola.<br />

Nel terzo tipo si privilegia la mobilità e, ovviamen te,<br />

queste articolazioni saranno presenti nella parte scheletrica<br />

appen<strong>di</strong>colare, ovvero negli arti.<br />

Un’articolazione è composta da varie parti (fig. 7):<br />

a) la capsula articolare, una specie <strong>di</strong> manicotto formato<br />

da sostanza cartilaginea, che racchiude le estremità<br />

ossee, chiamate capi articolari, in una cavità,<br />

chiamata cavità articolare, che si trova completamente<br />

sotto vuoto. La mancanza d’aria all’interno della<br />

cavità articolare crea una <strong>di</strong>ffe renza <strong>di</strong> pressione con<br />

l’esterno, che migliora la tenuta dell’articolazione.<br />

Infatti, spesso, a favo rire il <strong>di</strong>stacco dei capi ossei, la<br />

lussazione, contribuisce molto la rottura della capsula<br />

articolare, con il conseguente ingresso <strong>di</strong> aria nella<br />

capsula. Vi sono vari tipi <strong>di</strong> capsula articolare, dalle<br />

più semplici alle più complesse. Queste ultime possono<br />

essere sud<strong>di</strong>vise in più camere separate, do tate<br />

anche <strong>di</strong> uno o più <strong>di</strong>verticoli.<br />

b) la membrana sinoviale, che secerne il cosiddetto<br />

liquido sinoviale, che costituisce una specie <strong>di</strong><br />

lubrificante per le ossa, favorendone il movimento<br />

reciproco con il minimo <strong>di</strong> attriti. Ecco perché è così<br />

importante il riscaldamento atletico per le articolazioni:<br />

l’aumento <strong>di</strong> temperatura all’interno della capsula<br />

favorisce la secrezione del liquido sinoviale e una migliore<br />

funzionalità dell’articolazione. Questo liquido<br />

può essere considerato l’analogo dell’olio lubrificante<br />

per un motore. Le ossa perciò, quando l’articolazione<br />

è riscaldata, sono immerse in una specie <strong>di</strong> bagno<br />

d’olio. I capi articolari, all’interno della capsula, non<br />

vengono mai a contatto, ma sono separati dal bagno<br />

d’olio. Quin<strong>di</strong>, le ossa non sfregano l’una contro l’altra,<br />

anche perché a rivestirle c’è della cartilagine.<br />

c) i legamenti, delle specie <strong>di</strong> cordoni, posti fuori<br />

della capsula articolare, e tesi fra un osso e l’altro, a<br />

<strong>di</strong>verse <strong>di</strong>stanze. Essi hanno il compito <strong>di</strong> migliorare


Fig. 7. Struttura <strong>di</strong> un’articolazione: il ginocchio.<br />

la tenuta e la soli<strong>di</strong>tà delle artico lazioni. Me<strong>di</strong>amente<br />

vi possono essere una decina <strong>di</strong> legamenti per ciascuna<br />

delle articolazioni principali. Occorre <strong>di</strong>re,<br />

comunque, che i muscoli stessi che si inseriscono<br />

attorno all’articolazio ne fungono, con la loro resistenza<br />

all’allungamento, da elementi <strong>di</strong> contenzione<br />

dell’articolazio ne. In effetti, quando si procede con<br />

esercitazioni per il miglioramento della mobilità, è la<br />

resi stenza all’allungamento del muscolo che si oppo-<br />

L’apparato locomotore 5<br />

ne alla progressione in questo campo.<br />

d) talvolta esistono i menischi, cuscinetti <strong>di</strong> sostanza<br />

a<strong>di</strong>posa che sono posti fra osso e osso, con il compito<br />

<strong>di</strong> migliorare la corrispondenza dei profili articolari.<br />

Un esempio tipico è quello del ginocchio, dove esistono<br />

due <strong>di</strong> questi <strong>di</strong>spositivi (per ciascun ginocchio).<br />

Le articolazioni mobili si <strong>di</strong>vidono in sei tipi fondamentali,<br />

a seconda del grado <strong>di</strong> mobi lità permesso.<br />

Da ricordare quella che consente il massimo grado <strong>di</strong>


6 Capitolo I<br />

Fig. 8. L’articolazione della spalla.<br />

escursione articolare, l’enar trosi. L’enartrosi consente<br />

tutti i movimenti fondamentali:<br />

1) la flessione, ovvero il passaggio <strong>di</strong> un segmento da<br />

un atteggiamento lungo a un atteggia mento corto.<br />

2) l’estensione, o passaggio da un atteggiamento<br />

corto a uno lungo.<br />

3) l’adduzione, o avvicinamento <strong>di</strong> un segmento al<br />

piano me<strong>di</strong>ano del corpo.


4) l’abduzione, o allontanamento dal piano me<strong>di</strong>ano<br />

del corpo.<br />

5) la circumduzione, definita come la somma dei<br />

precedenti quattro movimenti.<br />

6) la torsione, ovvero il movimento <strong>di</strong> un segmento<br />

attorno al proprio asse.<br />

I due esempi più importanti <strong>di</strong> enartrosi sono costituiti<br />

dalle articolazioni della spalla e dell’anca.<br />

L’articolazione della spalla (o scapolo-omerale, fig.<br />

8) avviene fra l’osso del braccio, omero, e una cavità,<br />

chiamata cavità glenoide, della scapola. Poiché la corrispondenza<br />

fra testa dell’omero (rotondeggiante) e cavità<br />

glenoide, è molto scarsa (la testa entra per un terzo<br />

solo della propria circonferenza nella cavità), l’articolazione<br />

della spalla è la più mobile del corpo umano e<br />

natu ralmente però anche la più soggetta a lussazioni.<br />

Pur essendo anche l’articolazione dell’anca un’enartrosi,<br />

in questo caso la corrispondenza fra la testa del<br />

femore (l’osso della coscia) e la cavità corrispondente<br />

del bacino, chiamata ace tabolo, è molto migliore. Il<br />

risultato è che l’articolazione è un po’ meno mobile<br />

(alla coscia non sono permesse le escursioni del braccio)<br />

ma sicuramente meno soggetta alle lussazioni.<br />

Altre articolazioni importanti sono il ginocchio (fig. 6)<br />

e la caviglia. Il ginocchio si costituisce dal rapporto fra<br />

le due sporgenze inferiori del femore (con<strong>di</strong>li) e due<br />

piccole fossette corri spondenti nell’estremità superiore<br />

della tibia. Poiché, però, la corrispondenza non è fra<br />

le mi gliori, c’è bisogno, come detto, della presenza dei<br />

due menischi intraarticolari. Da notare che l’osso della<br />

rotula non entra <strong>di</strong>rettamente a far parte dell’articolazione:<br />

il suo scopo è quello <strong>di</strong> migliorare l’angolo <strong>di</strong><br />

lavoro del muscolo quadricipite femorale, portandolo<br />

da circa 180° a circa 150°, con positivi effetti sul miglioramento<br />

dell’efficienza meccanica.<br />

L’articolazione della caviglia si stabilisce fra le<br />

estremità inferiori del perone e della tibia, e quella<br />

superiore dell’astragalo, grosso osso del tarso che<br />

sta davanti al calcagno. Quest’articola zione è molto<br />

importante perché sorregge, in pratica, tutto il peso<br />

del corpo in qualsiasi tipo <strong>di</strong> azione statica (il semplice<br />

stare in pie<strong>di</strong>) o <strong>di</strong>namica (camminare, correre o<br />

saltare). Per questo è dotata <strong>di</strong> un imponente corredo<br />

<strong>di</strong> legamenti, che non le impe<strong>di</strong>scono, tuttavia, vista<br />

L’apparato locomotore 7<br />

la peculiare posizione, <strong>di</strong> andare soggetta a frequenti<br />

<strong>di</strong>storsioni (<strong>di</strong>stacco temporaneo, non permanente,<br />

dei capi articolari).<br />

Il sistema muscolare<br />

Tipi <strong>di</strong> muscoli<br />

I muscoli sono degli organi che, inserendosi sulle<br />

ossa, permettono loro <strong>di</strong> muoversi re ciprocamente.<br />

Qui parleremo essenzialmente dei muscoli scheletrici,<br />

o striati, ovvero <strong>di</strong> quelli che si inseriscono<br />

<strong>di</strong>rettamente sulle ossa. Esistono altri due tipi <strong>di</strong><br />

muscoli, quelli lisci e il mu scolo car<strong>di</strong>aco (fig. 9). I<br />

muscoli lisci rivestono le pareti interne degli organi,<br />

dei vasi sanguigni e del tubo <strong>di</strong>gerente. Con la loro<br />

contrazione, permettono, per esempio, l’avanzamento<br />

del sangue lungo le arterie o del cibo nell’esofago,<br />

nello stomaco, nell’intestino. Hanno un’innervazione<br />

in volontaria, ovvero si contraggono autonomamente,<br />

senza bisogno dell’intervento cosciente. Il cuore<br />

strutturalmente è un muscolo striato, ovvero presenta<br />

lo stesso aspetto dei muscoli schele trici, mentre<br />

funzionalmente è un muscolo liscio, ossia si contrae<br />

in<strong>di</strong>pendentemente dal control lo nervoso volontario.<br />

Alcuni muscoli striati, come quelli mimico-facciali<br />

(responsabili delle e spressioni facciali) o il <strong>di</strong>aframma,<br />

presentano una doppia innervazione, volontaria<br />

e involontaria: infatti la respirazione e le espressioni<br />

possono sia essere controllate coscientemente sia,<br />

più spesso, lasciate alla gestione del sistema nervoso<br />

autonomo.<br />

Vi sono più <strong>di</strong> 500 muscoli scheletrici nel corpo umano.<br />

Essi, assieme, alle ossa e alle ar ticolazioni, costituiscono<br />

un mirabile insieme <strong>di</strong> leve (fig. 10), dove la<br />

resistenza è costituita dal peso dell’osso, la potenza<br />

dal muscolo stesso, il fulcro dall’articolazione. Vi<br />

sono esempi <strong>di</strong> leve <strong>di</strong> tutti i generi, vantaggiose, dove<br />

la potenza è maggiore della resistenza, svantaggiose,<br />

dove la re sistenza è maggiore della potenza, neutre,<br />

dove il fulcro è posizionato esattamente in mezzo alle<br />

due. Paralle lamente, a seconda della leva costituita,<br />

sono presenti muscoli <strong>di</strong> <strong>di</strong>versa potenza, maggiore<br />

se la leva è svantaggiosa (come per esempio nella<br />

Fig. 9. Struttura miscroscopica, da sinistra, dei muscoli scheletrici, lisci, e del cuore.


8 Capitolo I<br />

Fig. 10. I vari tipi <strong>di</strong> leve presenti nel corpo umano;<br />

dall’alto: <strong>di</strong> 1° genere, approssimativamente neutra,<br />

e <strong>di</strong> 1° genere, svantaggiosa; <strong>di</strong> 2° genere, vantaggiosa;<br />

<strong>di</strong> 3° genere, svantaggiosa.<br />

flessione del gomito esercitata dal bicipite omerale),<br />

minore se è vantaggiosa (come nella flessione plantare<br />

del piede effettuata dal tricipite surale).<br />

I nomi dei muscoli sono spesso dovuti alla loro forma:<br />

per esempio il muscolo deltoide è così detto perché<br />

visto dall’alto ricorda la lettera greca delta maiuscola;<br />

i muscoli fusiformi han no proprio la forma <strong>di</strong><br />

un fuso: i muscoli pennati ricordano l’aspetto delle<br />

penne degli uccelli. Inoltre ricor<strong>di</strong>amo che i prefissi<br />

bi, tri o quadri, in<strong>di</strong>cano che il muscolo è <strong>di</strong>viso in<br />

due, tre o quattro componenti.<br />

L’azione muscolare<br />

L’azione del muscolo, come detto, è quella <strong>di</strong> muovere<br />

un osso rispetto ad un altro. Ciò avviene attraverso<br />

una contrazione, cioè un accorciamento, del muscolo.<br />

Il muscolo, <strong>di</strong>ventando più corto, richiama a sè, in<br />

un certo senso, le ossa, le fa avvicinare fra loro.<br />

Qualsiasi muscolo effettua, <strong>di</strong> norma, due azioni, a<br />

seconda che si tenga come punto fis so una o l’altra<br />

delle due ossa su cui il muscolo si inserisce. Per<br />

esempio, per quanto riguarda il muscolo quadricipite<br />

della coscia, se teniamo ferma la coscia esso fa<br />

estendere la gamba sulla coscia, se teniamo ferma la<br />

gamba esso estende la coscia sulla gamba.<br />

Anche senza conoscere bene l’anatomia e ignorando<br />

pure i precisi punti <strong>di</strong> inserzione del muscolo sulle<br />

ossa, non è <strong>di</strong>fficile comprendere qual è l’azione<br />

esercitata dai muscoli principali e, viceversa, quali<br />

sono i muscoli che esercitano una determinata azione.<br />

É sufficiente pensare a qual è l’angolo <strong>di</strong> lavoro<br />

che si chiude. In altre parole, il muscolo che lavora è<br />

quello interno all’angolo che si chiude. Per esempio,<br />

pensando all’articolazione del gomito e partendo<br />

con un angolo interno (ovvero sulla faccia superiore<br />

dell’arto superiore) fra braccio e avambraccio<br />

<strong>di</strong> 180°, se flettiamo l’avambraccio sul braccio e<br />

facciamo in modo che l’angolo interno <strong>di</strong>minuisca<br />

fino a 90° e anche meno, è chiaro che i muscoli che<br />

hanno effettuato l’azione sono quelli che si trovano<br />

sul lato superiore dell’arto superiore, ovvero i flessori<br />

dell’avambraccio, fra cui soprat tutto il bicipite omerale.<br />

Viceversa, se partiamo con un angolo esterno fra<br />

braccio e avambraccio (ovvero sulla faccia inferiore<br />

dell’arto superiore) <strong>di</strong> 270° e anche più ed esten<strong>di</strong>amo<br />

l’avambrac cio sul braccio in modo che l’angolo<br />

esterno <strong>di</strong>minuisca fino a 180°, avremo adoperato i<br />

muscoli estensori dell’avambraccio, ovvero principalmente<br />

il tricipite omerale, che si trova sulla faccia<br />

in feriore dell’arto superiore.<br />

Questi due muscoli, bicipite e tricipite, sono fra loro<br />

antagonisti (fig. 11), ovvero esercitano azioni opposte.<br />

Inoltre, quando si<br />

contrae l’agonista (il<br />

muscolo che compie il<br />

movimento), l’antagonista<br />

deve rilassarsi, allungarsi,<br />

per per mettere<br />

il movimento. Se non lo<br />

facesse, impe<strong>di</strong>rebbe<br />

l’azione del muscolo<br />

agonista. Quin<strong>di</strong> i<br />

Fig. 10. Il bicipite e il<br />

tricipite brachiali sono<br />

muscoli fra <strong>di</strong> loro antagonisti.<br />

muscoli possono sia<br />

contrarsi che allungarsi.<br />

Per compiere qualsiasi<br />

tipo <strong>di</strong> movimento, anche<br />

il più semplice, è


Fig. 11. Struttura microscopica del muscolo.<br />

necessario il concorso <strong>di</strong> più muscoli, fra quelli che si<br />

contraggono <strong>di</strong>rettamente (gli agonisti), quelli che si<br />

allungano (antagonisti) e quelli che partecipano solo<br />

in<strong>di</strong>rettamente all’azione, con contrazioni e allungamenti<br />

solo parziali (sinergici). Sinergismo è anche il<br />

termine con cui si in<strong>di</strong>ca questo tipo <strong>di</strong> azione.<br />

A livello microscopico (fig. 12) un muscolo è sud<strong>di</strong>viso<br />

in fibre muscolari, a loro volta <strong>di</strong>vise in unità<br />

più piccole chiamate miofibrille; entrambe queste<br />

strutture sono poste in parallelo, ovvero una accanto<br />

all’altra e sono estese per tutta la lunghezza del muscolo.<br />

Entrambe risultano sud<strong>di</strong> vise in unità più corte,<br />

chiamate sarcomeri, <strong>di</strong>sposte in serie (una <strong>di</strong>etro<br />

l’altra) e comprese fra due linee scure chiamate linee<br />

Z. Ciascun sarcomero è formato da una successione<br />

<strong>di</strong> filamenti <strong>di</strong> proteine particolari, chiamate actina e<br />

miosina. Fra i filamenti vi sono dei ponti, delle specie<br />

<strong>di</strong> uncini che normalmente, a muscolo rilassato,<br />

non sono attivati. Quando viene fornita dell’e nergia,<br />

invece, i ponti si attivano e “arpionano” i filamenti<br />

facendoli scorrere gli uni sugli altri. Ciò porta a un<br />

accorciamento del sarcomero (infatti le linee Z si avvicinano)<br />

e del muscolo nel suo complesso.<br />

Le fonti dell’energia muscolare<br />

Ma che cos’è che fornisce l’energia per attivare i ponti<br />

fra actina e miosina, ovvero l’e nergia ai muscoli<br />

L’apparato locomotore 9<br />

per la contrazione? É la scissione dell’ATP, o adenosintrifosfato,<br />

in ADP, o adenosin<strong>di</strong>fosfato e acido<br />

fosforico, P i , secondo il seguente schema:<br />

ATP D ADP + P i + En<br />

Tuttavia, nei muscoli umani ATP ce n’è in piccole<br />

quantità, tale da consentire contrazio ni continuate per<br />

pochi secon<strong>di</strong> al massimo. Però, come si vede, questa<br />

reazione è reversibile, e quin<strong>di</strong> l’ATP può essere resintetizzato<br />

a partire dall’ADP e dall’acido fosforico.<br />

Questo, natu ralmente, a patto <strong>di</strong> fornire energia sufficiente.<br />

L’energia viene data da tre processi accessori.<br />

Il primo è la scissione del creatinfosfato (CP) che si<br />

<strong>di</strong>vide in creatina e acido fosforico:<br />

CP D C + P i + En<br />

Questa reazione, tuttavia, fornisce energia in piccole<br />

quantità, perché anche <strong>di</strong> CP ce n’è poco nei muscoli.<br />

Diciamo che con queste due prime reazioni, in me<strong>di</strong>a,<br />

l’organismo umano non può prolungare l’attività per<br />

più <strong>di</strong> una ventina <strong>di</strong> secon<strong>di</strong> (al massimo, quin<strong>di</strong>,<br />

consente per e sempio l’effettuazione <strong>di</strong> corse fino ai<br />

200 m).<br />

Vi sono quin<strong>di</strong> due altre possibilità per procurare<br />

energia, che serve sia per ricostituire l’ATP, che per


10 Capitolo I<br />

la resintesi del CP. Una è la glicolisi anaerobica, l’altra<br />

è la glicolisi ae robica. Nella prima il glicogeno,<br />

uno zucchero complesso contenuto nei muscoli e nel<br />

fegato, si scinde formando tutta una serie <strong>di</strong> prodotti<br />

interme<strong>di</strong>, fino ad arrivare all’acido lattico:<br />

glicogeno D acido lattico + En<br />

Nella seconda gli alimenti, carboidrati e lipi<strong>di</strong>, si combinano<br />

con l’ossigeno atmosferico, portando alla formazione<br />

<strong>di</strong> scorie quali acqua e anidride carbonica:<br />

Fig. 12. I muscoli principali: vista anteriore.<br />

alimenti + O 2 g CO 2 + H 2 O + En<br />

La glicolisi anaerobica ha un’elevata potenza (consente<br />

la massima espressione in corse dai 400 ai 1500<br />

m) ma una limitata capacità: questo è dovuto alla formazione<br />

dell’acido lattico, un prodotto che tende a<br />

inibire la contrazione muscolare. Un muscolo che ha<br />

accumulato acido lattico è un muscolo appesantito,<br />

dolente, in un certo senso avvelenato. Inoltre, l’acido<br />

lattico è molto <strong>di</strong>fficile da smaltire.<br />

D’altra parte, la glicolisi aerobica ha una potenza<br />

limitata, ma una elevata<br />

capacità (pre siede alle<br />

prove <strong>di</strong> lunga durata,<br />

come quelle del mezzofondo<br />

e la maratona),<br />

essenzialmente perché<br />

non produce scorie<br />

rilevanti o <strong>di</strong> <strong>di</strong>fficile<br />

eliminazione, come<br />

l’acido lattico. L’acqua<br />

e l’anidride carbonica,<br />

infatti, sono eliminate<br />

attraverso la respirazione<br />

e la sudorazione.<br />

In ogni momento dell’attività<br />

muscolare si<br />

contrae un debito <strong>di</strong><br />

ossigeno, che può essere<br />

definito lattacido<br />

o alattacido. Questo è<br />

il motivo per il quale,<br />

quando ci fermiamo,<br />

abbiamo il fiato grosso.<br />

Quello che succede<br />

è che l’ossigeno in<br />

sovrappiù introdotto<br />

serve, combinandosi<br />

con gli alimenti (quin<strong>di</strong><br />

utilizzando la glicolisi<br />

aerobica), a fornire<br />

l’energia per resintetizzare<br />

l’ATP e il CP<br />

(debito alattacido) o il<br />

glicogeno (debito lattacido)<br />

scissi. Infatti,<br />

anche la glicolisi anaerobica<br />

è reversibile,<br />

ovvero l’acido lattico,<br />

fornendo energia, può<br />

essere smaltito e ritrasformato<br />

in glicogeno.<br />

Quin<strong>di</strong>, oltre che per la<br />

ricarica dell’ATP e del<br />

CP, la glicolisi aerobica


è in grado <strong>di</strong> fornire l’energia anche per la ricostituzione<br />

del glicogeno.<br />

Il debito <strong>di</strong> ossigeno alattacido è molto rapido da pagare,<br />

pochi minuti, poiché le scorte <strong>di</strong> ATP e CP da<br />

ricostituire sono limitate. Il debito lattacido, invece,<br />

si paga molto più lentamente, sia perché le scorte <strong>di</strong><br />

glicogeno da ricostruire sono molto più ingenti, sia<br />

perché l’acido lattico è <strong>di</strong>fficile da eliminare. Per pagare<br />

un debito <strong>di</strong> ossigeno lattacido ci vogliono come<br />

minimo deci ne <strong>di</strong> minuti, spesso ore, qualche volta<br />

giorni: i dolori muscolari che si sentono per giorni<br />

e giorni quando si è sostenuto uno sforzo superiore<br />

alle nostre possibilità esprimono niente altro che la<br />

Fig. 13. I muscoli principali: vista posteriore.<br />

L’apparato locomotore 11<br />

presenza <strong>di</strong> forti concentrazioni <strong>di</strong> acido lattico nei<br />

muscoli e nel sangue.<br />

Le azioni dei muscoli principali<br />

Andando dall’alto in basso, queste sono le azioni dei<br />

principali muscoli (figg. 12 e 13):<br />

Nel collo, lo sterno-cleido-mastoideo produce principalmente<br />

l’estensione e la flessione della testa.<br />

Nella spalla, il deltoide è <strong>di</strong>viso in tre fasci: i fasci anteriori<br />

flettono il braccio rispetto al busto, i fasci posteriori<br />

lo estendono, i fasci superiori lo abducono.<br />

Nella parte posteriore del tronco, il trapezio porta<br />

in<strong>di</strong>etro la spalla ed estende la testa sulla colonna vertebrale;<br />

il grande dorsale è<br />

adduttore ed estensore<br />

del braccio. Nella parte<br />

ante riore, il grande<br />

pettorale è adduttore e<br />

flessore del braccio.<br />

Nel braccio, il bicipite<br />

è il principale flessore<br />

dell’avambraccio sul<br />

braccio, il tricipite è il<br />

principale estensore.<br />

I muscoli addominali<br />

sono otto, quattro per<br />

parte. Il retto dell’addome<br />

flette il busto sul le<br />

cosce, i due obliqui e il<br />

trasverso flettono frontalmente<br />

e lateralmente<br />

il busto e lo torcono.<br />

Nel bacino, il grande<br />

gluteo estende la coscia<br />

rispetto al busto, il me<strong>di</strong>o<br />

e il piccolo glu teo<br />

la abducono, l’ileopsoas<br />

la flette, gli adduttori la<br />

adducono.<br />

Nell’arto inferiore il<br />

quadricipite estende la<br />

gamba sulla coscia, il bicipite,<br />

il semiten<strong>di</strong>no so<br />

e il semimembranoso la<br />

flettono. Il tricipite surale<br />

flette plantarmente il<br />

piede, il peroniero anteriore<br />

e il tibiale anteriore<br />

lo flettono dorsalmente.

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