Francesco Berni Il capitolo del prete di Povigliano ... - Palumbo Editore
Francesco Berni Il capitolo del prete di Povigliano ... - Palumbo Editore
Francesco Berni Il capitolo del prete di Povigliano ... - Palumbo Editore
Create successful ePaper yourself
Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.
PARTE QUINTA L’età <strong>del</strong>le corti: la seconda fase <strong>del</strong>la civiltà umanistico-rinascimentale (1492-1545)<br />
CAPITOLO X Petrarchismo e antipetrarchismo<br />
T63 ON LINE<br />
quando Dio volle (volse) finalmente (al fine) vi giungemmo:<br />
entrammo per (in) una porta piccola e stretta<br />
(da soccorso), nascosta (sepolta) tra le ortiche e i<br />
rovi (spine). Bisognò (convenne) lasciare ora (ivi = qui)<br />
la consueta andatura (l’usato corso), e salire su per<br />
una scala tale (certa) che vi si sarebbe (arìa) rotto il<br />
collo ogni orso agile (destr) [: ammaestrato]. Salita<br />
quella, ci ritrovammo in una sala che non era, grazie<br />
a Dio, pavimentata (ammattonata), per cui (ond)<br />
il fumo da sotto [: da una cucina sottostante] esalava<br />
in quella. L’eco dantesca dei vv. 51 e 58 suggerisce <strong>di</strong><br />
interpretare l’intera vicenda come una *paro<strong>di</strong>ca <strong>di</strong>scesa<br />
agli inferi. Porta da soccorso: nelle fortezze e<br />
nei castelli, era la porticina segreta da cui si ricevevano<br />
o si inviavano aiuti. Dio grazia: evidente il tono ironico<br />
<strong>del</strong>l’inciso. Arìa…orso: è questa la prima <strong>di</strong> una<br />
serie <strong>di</strong> *iperboli usate per descrivere comicamente,<br />
attraverso l’esagerazione, il cattivo stato <strong>del</strong>la casa <strong>del</strong><br />
<strong>prete</strong>.<br />
<strong>Francesco</strong> <strong>Berni</strong> ~ <strong>Il</strong> <strong>capitolo</strong> <strong>del</strong> <strong>prete</strong> <strong>di</strong> <strong>Povigliano</strong><br />
55 quando Dio volse, vi giungemmo al fine:<br />
entrammo in una porta da soccorso,<br />
sepolta nell’ortiche e nelle spine.<br />
Convenne ivi lasciar l’usato corso,<br />
e salir su per una certa scala,<br />
60 ove arìa rotto il collo ogni destr’orso.<br />
Salita quella, ci trovammo in sala,<br />
che non era, Dio grazia, amattonata,<br />
ond’il fumo <strong>di</strong> sotto in essa essala.<br />
Io stava come l’uom che pensa e guata<br />
65 quel ch’egli ha fatto, e quel che far conviene,<br />
poi che gli è stata data una incanata.<br />
– Noi non l’abbiam, Adamo, intesa bene:<br />
questa è la casa – <strong>di</strong>ceva io – <strong>del</strong>l’Orco:<br />
pazzi che noi siam stati da catene! –<br />
70 Mentre io mi gratto il capo e mi scontorco,<br />
mi vien veduto a traverso ad un desco<br />
una carpita <strong>di</strong> lana <strong>di</strong> porco:<br />
era <strong>di</strong>pinta ad olio, e non a fresco;<br />
voglion certi dottor <strong>di</strong>r ch’ella fusse<br />
75 coperta già d’un qualche barbaresco;<br />
poi fu mantello almanco <strong>di</strong> tre usse,<br />
poi fu schiavina, e forse anche spalliera,<br />
fin che tappeto al fin pur si ridusse.<br />
Sopra al desco una rosta impiccata era<br />
80 da parar mosche a tavola e far vento,<br />
<strong>di</strong> quelle da taverna unica e vera:<br />
è mosso questo nobil instrumento<br />
da una corda a guisa <strong>di</strong> campana,<br />
e dà nel naso altrui spesso e nel mento.<br />
64-78 Io stavo come un uomo che pensa e fissa con insistenza<br />
(guata) quello che ha fatto e quello che [gli]<br />
conviene fare dopo (poi) che gli è stato fatto (data) un<br />
rimprovero (incanata). – Adamo, noi non abbiamo ben<br />
capito (intesa) [la situazione]: questa è la casa <strong>del</strong>l’Orco<br />
– <strong>di</strong>cevo io – noi siamo stati pazzi da legare (da<br />
catene)! – Mentre io mi gratto il capo e mi agito (scontorco),<br />
vedo (mi vien veduto) un panno (carpita) [ruvido<br />
come fatto <strong>di</strong>] setole (lana) <strong>di</strong> porco su un tavolo<br />
(desco): era macchiato d’olio (<strong>di</strong>pinta ad olio) e non<br />
<strong>di</strong> recente (a fresco); taluni (certi) esperti (dottor) vogliono<br />
sostenere (<strong>di</strong>r) che questo (ella) fosse un tempo<br />
(già) la coperta <strong>di</strong> qualche saraceno (barbaresco);<br />
poi fu mantello <strong>di</strong> almeno (almanco) tre zingare (usse),<br />
poi fu la veste <strong>di</strong> pellegrini e penitenti (schiavina),<br />
e forse anche copertura <strong>di</strong> una poltrona (spalliera), fino<br />
a che alla fine fu ridotta (si ridusse) a tappeto. La<br />
*paro<strong>di</strong>a <strong>di</strong> espressioni dantesche prosegue nella similitu<strong>di</strong>ne<br />
dei vv. 64-65 (cfr. Inf. I, vv. 22, 24). Incana-<br />
Luperini, Catal<strong>di</strong>, Marchiani, Marchese LETTERATURA STORIA IMMAGINARIO [G. B. PALUMBO EDITORE]<br />
2<br />
ta: nel linguaggio popolare toscano “canata” sta per<br />
‘rimprovero’, in riferimento all’abbaiare <strong>del</strong> cane. Adamo:<br />
Adamo Fumari, il letterato veronese con cui l’autore<br />
ha intrapreso l’avventura. Orco: propriamente ‘<strong>di</strong>o<br />
<strong>del</strong>l’Averno’; per estensione ‘mostro malvagio’. Carpita:<br />
sorta <strong>di</strong> panno peloso usato per far coperte da letto.<br />
Dipinta ad olio, e non a fresco: la comicità <strong>del</strong> verso<br />
è giocata sull’equivoco verbale dato dalla pluralità<br />
semantica <strong>del</strong>le espressioni: <strong>di</strong>pinta ad olio, così come<br />
il successivo non a fresco, è un’espressione presa<br />
in prestito dalla pittura, ma il suo senso originario è<br />
qui chiaramente stravolto.<br />
79-93 Sopra al tavolo era appeso (impiccata) una specie<br />
<strong>di</strong> ventaglio <strong>di</strong> frasche (rosta) per (da) riparare<br />
(parar) dalle mosche quando si mangiava (a tavola)<br />
e per fare vento, proprio <strong>di</strong> quelli (unica e vera) usati<br />
nelle taverne: il nobile strumento è mosso da una<br />
corda come (a guisa <strong>di</strong>) una campana, e spesso picchia<br />
(dà) nel naso e nel mento ai commensali (altrui).