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Francesco Berni Il capitolo del prete di Povigliano ... - Palumbo Editore

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PARTE QUINTA L’età <strong>del</strong>le corti: la seconda fase <strong>del</strong>la civiltà umanistico-rinascimentale (1492-1545)<br />

CAPITOLO X Petrarchismo e antipetrarchismo<br />

T63 ON LINE<br />

151-165 Serse non condusse (menò) tanta gente in Grecia,<br />

né il popolo dei (de’) Mirmidoni fu [così] numeroso (tanto)<br />

quanto la folla (turba) cru<strong>del</strong>e <strong>di</strong> grosse cimici (cimicioni)<br />

che si scoprì (se ne scoperse) sopra <strong>di</strong> me,<br />

dalla quale io, poveretto, mi <strong>di</strong>fendevo (schermia) dandomi<br />

schiaffoni (mostaccioni) uno dopo l’altro (alternando).<br />

Altra rissa, altra zuffa era la mia rispetto a quella<br />

che tu, Properzio, descrivi in non so quale elegia <strong>del</strong><br />

secondo [libro]. Altro che la tua Cinzia io avevo qui! Io<br />

ero <strong>di</strong>ventato [come] un torsolo (torso) <strong>di</strong> pera o uno<br />

<strong>di</strong> quei bachi mezzi vivi che hanno addosso una schiera<br />

(mercato) <strong>di</strong> formiche, tante bocche e tanti denti mi<br />

avevano trafitto, punto, morso e scorticato. Tutto è gio-<br />

<strong>Francesco</strong> <strong>Berni</strong> ~ <strong>Il</strong> <strong>capitolo</strong> <strong>del</strong> <strong>prete</strong> <strong>di</strong> <strong>Povigliano</strong><br />

Non menò tanta gente in Grecia Serse,<br />

né tanto il popol fu de’ Mirmidoni,<br />

quanta sopra <strong>di</strong> me se ne scoperse:<br />

una turba cru<strong>del</strong> <strong>di</strong> cimicioni,<br />

155 dalla qual, poveretto, io mi schermia,<br />

alternando a me stesso i mostaccioni.<br />

Altra rissa, altra zuffa era la mia,<br />

<strong>di</strong> quella tua che tu, Properzio, scrivi<br />

io non so qual, <strong>del</strong> secondo, elegia.<br />

160 Altro che la tua Cinzia aveva io quivi!<br />

Er’io un torso <strong>di</strong> pera <strong>di</strong>ventato<br />

o un <strong>di</strong> questi bachi mezzi vivi<br />

che <strong>di</strong> formiche adosso abbia un mercato,<br />

tante bocche mi avevan, tanti denti<br />

165 trafitto, punto, morso e scorticato.<br />

Credo che v’era ancor <strong>del</strong>l’altre genti,<br />

come <strong>di</strong>r pulci, piattole e pidocchi,<br />

non men <strong>di</strong> lor animose e valenti.<br />

Io non poteva schermirmi con gli occhi,<br />

170 perch’era al buio; ma usava il naso<br />

per conoscer le spade da li stocchi;<br />

e come fece con le man Tomaso,<br />

così con quello io mi certificai<br />

che l’imaginazion non facea caso.<br />

175 Dio vel <strong>di</strong>ca per me s’io dormi’ mai:<br />

l’essercizio fec’io tutta la notte<br />

che fan per riscaldarsi i marinai.<br />

cato sul filo <strong>del</strong>l’esagerazione e <strong>del</strong>l’allusione: proverbiale<br />

il numero <strong>del</strong>l’esercito <strong>di</strong> Serse, significativo il riferimento<br />

al popolo dei Mirmidoni, che il mito vuole <strong>di</strong>scesi<br />

dalle formiche. Tanti riferimenti storici e mitologici,<br />

affiancati a parole <strong>di</strong> uso popolare e adattati a descrivere<br />

un argomento così basso, contribuiscono a rendere<br />

comico il passo; a ciò si aggiunge il paragone antifrastico<br />

con le rixae <strong>di</strong> amore con Cinzia cantate da<br />

Properzio. Mostaccioni: dal greco “my`stax”, genit.<br />

“my`stakos” ‘labbro superiore’, forma popolare per ‘ceffone’<br />

(richiama il toscano ‘labbrata’).<br />

166-177 Credo che vi fossero (era) ancora altre schiere (genti)<br />

[<strong>di</strong> animali], come pulci, blatte (piattole) e pidocchi,<br />

guida alla lettura<br />

<strong>Il</strong> carattere narrativo e comico-realistico <strong>del</strong> componimento<br />

<strong>Il</strong> <strong>capitolo</strong> si presenta qui con i suoi caratteri narrativi. C’è un prologo<br />

che spiega l’occasione <strong>del</strong>l’episo<strong>di</strong>o raccontato (il viaggio da Verona a<br />

Povegliano <strong>del</strong> vescovo Giberti e <strong>del</strong> suo seguito, <strong>di</strong> cui faceva parte il<br />

poeta); poi la presentazione <strong>del</strong> <strong>prete</strong> che si offre <strong>di</strong> ospitare <strong>Berni</strong> e<br />

un suo amico; successivamente la descrizione dall’esterno <strong>del</strong>la casa<br />

<strong>del</strong> <strong>prete</strong> e <strong>del</strong>le sue stanze dall’interno; l’offerta <strong>del</strong> vino e il suo assaggio;<br />

infine la preparazione dei letti e la notte trascorsa sui giacigli<br />

Luperini, Catal<strong>di</strong>, Marchiani, Marchese LETTERATURA STORIA IMMAGINARIO [G. B. PALUMBO EDITORE]<br />

5<br />

non meno valenti e animose <strong>di</strong> quelli (lor). Io non potevo<br />

<strong>di</strong>fendermi (schermirmi) con gli occhi, perché ero al buio;<br />

ma usavo il naso per [riconoscerli così come si può ri]conoscer<br />

le spade dalle punte (da li stocchi); e come [san]<br />

Tommaso fece con le mani, così io con il naso (quello) mi<br />

accertai (certificai) che l’immaginazione non esagerava<br />

(facea caso). Dio vi (vel) <strong>di</strong>ca al mio posto (per me) se io<br />

dormii mai: tutta la notte feci l’esercizio che fanno i marinai<br />

per riscaldarsi [: battersi sulle spalle]. La metafora<br />

<strong>del</strong>le punte <strong>del</strong>le spade si riferisce ai <strong>di</strong>versi odori emanati<br />

dagli insetti. Tomaso: cfr. il Vangelo secondo Giovanni,<br />

20, 27-28: Tommaso crede alla resurrezione <strong>di</strong> Cristo<br />

solo dopo aver toccato con mano le ferite <strong>del</strong> suo corpo.<br />

in lotta con insetti e parassiti. I fatti sono esposti nella loro successione<br />

cronologica, e smentiscono a una a una tutte le magnifiche promesse<br />

fatte all’inizio dal <strong>prete</strong>. Già questo carattere narrativo ci introduce<br />

nella <strong>di</strong>mensione assolutamente antilirica <strong>del</strong>la poesia berniana. A tale<br />

<strong>di</strong>mensione contribuisce poi il lessico basso e realistico, che nomina<br />

gli oggetti più umili e volgari. Quanto poi al “bestiario” <strong>del</strong> <strong>capitolo</strong>,<br />

si va dai «cimicioni» a «pulci, piattole e pidocchi».

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