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Manuale Pratico di Coltivazione e ... - Fichi di Cosenza

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CONSORZIO FICO ESSICCATO DEL COSENTINO<br />

<strong>Manuale</strong> <strong>Pratico</strong> <strong>di</strong> <strong>Coltivazione</strong><br />

e Trasformazione dei<br />

FICHI DI COSENZA<br />

1


CONSORZIO FICO ESSICCATO DEL COSENTINO<br />

<strong>Manuale</strong> <strong>Pratico</strong> <strong>di</strong> <strong>Coltivazione</strong><br />

e Trasformazione dei<br />

FICHI DI COSENZA


In<strong>di</strong>ce<br />

Prefazione 4<br />

Presentazione 8<br />

Premessa 14<br />

1. Descrizione della pianta <strong>di</strong> fico 17<br />

1.1 Specie e varietà 17<br />

1.2 Tronco e rami 18<br />

1.3 Foglie 21<br />

1.4 Gemme 23<br />

1.5 Frutti 24<br />

2. Impianto <strong>di</strong> un nuovo ficheto<br />

2.1 In<strong>di</strong>viduazione dell’area 29<br />

2.2 Preparazione del terreno all’impianto 32<br />

2.2.1 Operazioni preliminari <strong>di</strong> preparazione del terreno 32<br />

2.2.2 Lavorazioni <strong>di</strong> fondo 34<br />

2.2.3 Lavorazioni <strong>di</strong> superficie 35<br />

2.2.4 Concimazione <strong>di</strong> fondo 35<br />

3. Scelta del materiale vegetale<br />

3.1 Talea 37<br />

3.2 Pollone ra<strong>di</strong>cato 40<br />

3.3 Micropropagato 41<br />

4. Piantagione<br />

4.1 Periodo <strong>di</strong> piantagione 43<br />

4.2 Distanze <strong>di</strong> piantagione e sesti <strong>di</strong> allevamento 44<br />

4.3 Apertura delle buche 48<br />

4.4 Concimazione localizzata 50<br />

4.5 Messa a <strong>di</strong>mora 51<br />

5. Forme <strong>di</strong> allevamento e potatura<br />

5.1 Forme <strong>di</strong> allevamento 51<br />

5.1.1 Allevamento a vaso 52<br />

5.1.2 Allevamento a cespuglio 53


5.2 Potatura <strong>di</strong> formazione 53<br />

5.3 Potatura <strong>di</strong> produzione 56<br />

6. Concimazione <strong>di</strong> allevamento e produzione 58<br />

6.1 Azoto 59<br />

6.2 Fosforo e potassio 60<br />

6.3 Altri elementi. Calcio 61<br />

6.4 Perio<strong>di</strong> e modalità <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione dei concimi 61<br />

6.5 La concimazione secondo il metodo biologico 63<br />

7. Gestione del terreno<br />

7.1 Lavorazioni del terreno 71<br />

7.2 Irrigazione 74<br />

8. Avversità e mezzi <strong>di</strong> <strong>di</strong>fesa<br />

8.1 Avversità da fattori meteorologici 76<br />

8.2 Avversità parassitarie 81<br />

8.2.1 Virus e virus-simili 81<br />

8.2.2 Batteriosi 83<br />

8.2.3 Malattie crittogamiche 83<br />

8.2.4 Insetti 88<br />

9 Raccolta e lavorazione dei fichi 98<br />

9.1 <strong>Fichi</strong> per il consumo fresco 99<br />

9.2 <strong>Fichi</strong> da essiccare 99<br />

9.2.1 Essiccazione naturale 100<br />

9.2.2 Essiccazione con metodo tra<strong>di</strong>zionale 103<br />

9.2.3 Essiccazione in ambiente protetto 105<br />

9.2.4 Problematiche fitosanitarie<br />

connesse all’essiccazione 110<br />

10 Costi <strong>di</strong> produzione 112<br />

11 Elaborazioni tra<strong>di</strong>zionali con i <strong>Fichi</strong> <strong>di</strong> <strong>Cosenza</strong> 116<br />

Ringraziamenti 122<br />

Bibliografia 123<br />

In<strong>di</strong>ce


6<br />

Prefazione<br />

Con intima sod<strong>di</strong>sfazione, partecipo alla pubblicazione <strong>di</strong> questo <strong>Manuale</strong> <strong>Pratico</strong><br />

<strong>di</strong> <strong>Coltivazione</strong> e Trasformazione dei <strong>Fichi</strong> <strong>di</strong> <strong>Cosenza</strong>, perché è il raggiungimento<br />

<strong>di</strong> una ulteriore importante tappa nel percorso <strong>di</strong> recupero e miglioramento della<br />

fichicoltura cosentina.<br />

Se guar<strong>di</strong>amo al passato, i <strong>Fichi</strong> <strong>di</strong> <strong>Cosenza</strong> sono stati rinomati nei secoli come<br />

una delle principali prelibatezze delle Calabrie, uno dei simboli della natura me<strong>di</strong>terranea:<br />

frutto dolce ricavato dalla forza <strong>di</strong> un sole e <strong>di</strong> una terra particolari, ma<br />

anche dal lavoro sapiente <strong>di</strong> una gente che aveva saputo ritagliare, dalla antica<br />

civiltà agricola del Mezzogiorno italiano, e sviluppare, un’attività economica del<br />

tutto specifica basata sulla selezione delle migliori varietà, sulla messa a punto <strong>di</strong><br />

tecniche e meto<strong>di</strong> agricoli più rispondenti allo scopo, sull’uso <strong>di</strong> attrezzi e macchine<br />

idonee, sull’applicazione opportuna <strong>di</strong> tempi e <strong>di</strong> lavori (manuali, industriali),<br />

su proce<strong>di</strong>menti <strong>di</strong> lavorazione ottimali, il tutto finalizzato a conseguire un prodotto<br />

finale tipico e <strong>di</strong> alta qualità (organolettica, estetica, sanitaria, alimentare).<br />

Ma già alla metà del secolo scorso questo comparto era in serie <strong>di</strong>fficoltà, poi<br />

ulteriormente aggravate dall’abbandono conta<strong>di</strong>no delle terre e dal crescente<br />

predominio della Turchia sui mercati internazionali del fico essiccato.<br />

I coltivatori, gli artigiani, gli industriali del fico calabresi, pur consapevoli del potenziale<br />

valore del tra<strong>di</strong>zionale buon Dottato, non trovavano margini economici<br />

per rilanciare il comparto. Gli enti pubblici si fecero carico del problema, in un<br />

efficace concorso <strong>di</strong> competenze: la Regione Calabria nel 1980 chiamò l’Istituto<br />

Sperimentale per la Frutticoltura <strong>di</strong> Roma, la cui sezione <strong>di</strong> Caserta era competente<br />

per il Mezzogiorno, che allestì nel Centro Sperimentale Dimostrativo <strong>di</strong> Casello<br />

dell’ARSSA, a San Marco Argentano, un’ampia collezione <strong>di</strong> germoplasma <strong>di</strong><br />

fico, con specifico settore <strong>di</strong> cloni <strong>di</strong> Dottato; l’ISF fu poi promotore del Progetto<br />

“Innovazioni tecnologiche per migliorare e valorizzare il prodotto Fico essiccato<br />

italiano” (POM B11), riguardante anche la Calabria. Pochi, ma ottimi Divulgatori<br />

del Servizio <strong>di</strong> Sviluppo Agricolo dell’ARSSA, proseguirono la raccolta <strong>di</strong> cloni,<br />

parteciparono alle sperimentazioni scientifiche, svolsero indagini e promozioni:<br />

attualmente questi agronomi costituiscono il punto <strong>di</strong> riferimento tecnico per la<br />

fichicoltura calabrese.<br />

Intanto, gli enti <strong>di</strong> ricerca calabresi erano stati attivati; e si parlava del rilancio<br />

del Fico <strong>di</strong> <strong>Cosenza</strong> in varie se<strong>di</strong>, quali gli annuali incontri sul Fico nel Comune <strong>di</strong><br />

Zumpano (CS).


Un decisivo contributo giunse dal Gal “Valle del Crati” che fornì non solo un<br />

prolungato sostegno economico alle attività, ma anche efficace promozione alle<br />

imprese del settore. Da parte loro, le aziende <strong>di</strong> trasformazione, sempre presenti,<br />

già collaboravano dando utili dati e notizie. In tale risveglio <strong>di</strong> interesse anche<br />

impren<strong>di</strong>toriale, sorse il Consorzio per la tutela del Fico Essiccato del Cosentino,<br />

che chiese all’U.E. la DOP “<strong>Fichi</strong> <strong>di</strong> <strong>Cosenza</strong>”, importante marchio europeo <strong>di</strong> tutela<br />

internazionale dei prodotti tipici.<br />

Il Consorzio, guidato da un Presidente lungimirante e convinto, si è negli anni<br />

confermato quale punto focale <strong>di</strong> valide iniziative a miglioramento, valorizzazione<br />

e promozione del prodotto.<br />

Tra le azioni tecniche varate è questo <strong>Manuale</strong>, prezioso strumento applicativo<br />

voluto allo scopo <strong>di</strong> dare ai soci del Consorzio (e non solo) informazioni e <strong>di</strong>rettive,<br />

utili o necessarie per approfon<strong>di</strong>re le conoscenze, razionalizzare, migliorare<br />

tutto il percorso del processo <strong>di</strong> produzione dei fichi <strong>di</strong> <strong>Cosenza</strong> (dalla fase <strong>di</strong><br />

preimpianto alla finale commercializzazione), al fine anche <strong>di</strong> applicare correttamente<br />

il <strong>di</strong>sciplinare della DOP. Il testo è steso su basi scientificamente aggiornate,<br />

tenendo buon conto della <strong>di</strong>versificata realtà agronomica, socio economica e<br />

industriale, che caratterizza la fichicoltura provinciale.<br />

Auguro ai lettori buona lettura, buon stu<strong>di</strong>o, proficua collaborazione!<br />

Giorgio Grassi<br />

Già Direttore della Sezione <strong>di</strong> Caserta dell’Istituto Sperimentale<br />

per la Frutticoltura <strong>di</strong> Roma (ora CRA, Unità <strong>di</strong> Ricerca per la Frutticoltura <strong>di</strong> Caserta).<br />

7


Presentazione<br />

La realizzazione del <strong>Manuale</strong> <strong>Pratico</strong> <strong>di</strong> <strong>Coltivazione</strong> e Trasformazione<br />

dei <strong>Fichi</strong> <strong>di</strong> <strong>Cosenza</strong> è stata la prima iniziativa che il<br />

Consorzio “Fico Essiccato del Cosentino” ha previsto nel Progetto<br />

Integrato <strong>di</strong> Filiera (PIF), sollecitato dagli operatori del<br />

comparto desiderosi <strong>di</strong> dotarsi <strong>di</strong> uno strumento pratico che, in<br />

maniera semplice ed efficace, potesse consentire <strong>di</strong> applicare, senza<br />

<strong>di</strong>fficoltà, le moderne tecniche colturali, le innovazioni tecnologiche<br />

e le norme contenute nel <strong>di</strong>sciplinare <strong>di</strong> produzione per il<br />

riconoscimento della Denominazione d’Origine Protetta (DOP).<br />

Con la presentazione alla Regione Calabria, nell’anno 2004, del PIF,<br />

per un importo <strong>di</strong> oltre 17 milioni <strong>di</strong> Euro, destinato alle aziende<br />

della filiera (circa 130) che avevano aderito all’iniziativa, il Consorzio<br />

“Fico Essiccato del Cosentino” ha voluto dare un ulteriore,<br />

decisivo impulso per il recupero, il rilancio e la valorizzazione della<br />

fichicoltura cosentina, la quale, grazie alla bontà del prodotto, al<br />

suo forte legame con il territorio ed alle notevoli potenzialità e<br />

sinergie esistenti, può <strong>di</strong>ventare coltura da red<strong>di</strong>to in molte zone<br />

della Provincia. Un obiettivo certamente <strong>di</strong>fficile perché negli ultimi<br />

decenni, causa l’abbandono delle campagne, nella provincia <strong>di</strong><br />

<strong>Cosenza</strong>, dove è scientificamente accertato che si ottiene il prodotto<br />

migliore grazie ad una concomitanza favorevole ed unica <strong>di</strong><br />

con<strong>di</strong>zioni pedo-climatiche, la fichicoltura è stata trascurata e, <strong>di</strong><br />

fatto, relegata a coltura marginale. Ma una inversione <strong>di</strong> tendenza,<br />

anche se molto limitata, si è comunque manifestata nell’ultimo<br />

decennio con la realizzazione, grazie all’utilizzo dei fon<strong>di</strong> comunitari,<br />

<strong>di</strong> alcuni impianti <strong>di</strong> ficheto a coltura specializzata. I fichi<br />

<strong>di</strong> <strong>Cosenza</strong>, infatti, sia allo stato fresco che essiccato, grazie alle<br />

elevate proprietà nutrizionali, organolettiche, gustative e merceologiche<br />

possedute, continuano ad essere richiesti ed apprezzati dai<br />

consumatori, sia italiani che esteri.<br />

Il prodotto trasformato merita un <strong>di</strong>scorso a parte perché rappre-


senta un autentico fiore all’occhiello per tutta la filiera. Le tante<br />

aziende <strong>di</strong> trasformazione che operano sul territorio, grazie ad un<br />

lavoro raffinato, laborioso e creativo, nel rispetto della tra<strong>di</strong>zione<br />

e della storia locale, recuperando antiche ricette tramandate nei<br />

secoli, lavorano i fichi essiccati, in maniera rigorosamente artigianale,<br />

creando una vasta gamma <strong>di</strong> prodotti, ormai conosciuti<br />

ovunque e molto richiesti, soprattutto nel periodo natalizio, perché<br />

sono delle autentiche prelibatezze, vere e proprie delizie per i<br />

palati più raffinati.<br />

Il Consorzio, visto il crescente interesse, anche da parte <strong>di</strong> giovani<br />

impren<strong>di</strong>tori agricoli, verso la fichicoltura, ha avviato, dopo ampia<br />

ed articolata concertazione, l’elaborazione del PIF. Il lavoro, che<br />

ha coinvolto numerosi tecnici ed esperti, si è avvalso della preziosa<br />

esperienza e dell’ apporto <strong>di</strong> <strong>di</strong>versi soggetti, pubblici e privati,<br />

operanti sul territorio tra cui:<br />

- l’ARSSA che, oltre alla preziosa assistenza fornita alle aziende dai<br />

suoi <strong>di</strong>vulgatori, ha contribuito con la partecipazione al progetto<br />

POM B 11, magistralmente <strong>di</strong>retto dal Prof. Giorgio Grassi <strong>di</strong>rettore<br />

della sede <strong>di</strong> Caserta dell’Istituto Sperimentale per la Frutticoltura<br />

del Ministero dell’Agricoltura, a fare emergere la potenzialità<br />

ed il valore economico che la coltivazione del fico rappresenta per<br />

la provincia <strong>di</strong> <strong>Cosenza</strong>;<br />

- le organizzazioni agricole <strong>di</strong> categoria: CIA, Col<strong>di</strong>retti ed Unione<br />

Agricoltori che hanno sostenuto il progetto <strong>di</strong> filiera invitando le<br />

aziende aderenti a parteciparvi;<br />

- la Camera <strong>di</strong> Commercio <strong>di</strong> <strong>Cosenza</strong> che ha finanziato le spese<br />

<strong>di</strong> avvio dell’iter per il riconoscimento della Denominazione<br />

d’Origine Protetta (DOP) per i “<strong>Fichi</strong> <strong>di</strong> <strong>Cosenza</strong>”;<br />

- il Gruppo <strong>di</strong> Azione Locale (GAL) Valle del Crati che, oltre ad<br />

ospitare presso i suoi uffici la sede del Consorzio, ha promosso e<br />

finanziato tante iniziative tra cui la nascita del Presi<strong>di</strong>o Slow Food<br />

sul fico Dottato, presente a tre e<strong>di</strong>zioni del Salone del Gusto <strong>di</strong><br />

Torino e l’avvio del censimento delle superfici coltivate a fico.<br />

Il PIF ha previsto per le aziende aderenti interventi come la costruzione<br />

<strong>di</strong> nuovi locali; l’ammodernamento e l’ampliamento <strong>di</strong> quelli<br />

9


già esistenti per lo stoccaggio, la lavorazione ed il confezionamento;<br />

l’acquisto <strong>di</strong> macchinari ed attrezzature; la realizzazione <strong>di</strong> oltre<br />

300 ettari <strong>di</strong> nuovi impianti <strong>di</strong> ficheti in coltura specializzata; la<br />

costruzione <strong>di</strong> locali per il ricovero <strong>di</strong> macchine, attrezzi e derrate;<br />

l’acquisto <strong>di</strong> macchine ed attrezzature per le lavorazioni aziendali;<br />

la realizzazione, per ogni ettaro <strong>di</strong> ficheto, <strong>di</strong> mq 60 <strong>di</strong> serre <strong>di</strong><br />

essiccazione. Tale struttura, ideata e sperimentata con successo<br />

alcuni anni prima, presso la Sezione <strong>di</strong> Caserta dell’I.S.F., è stata<br />

inserita in tutti i progetti presentati perché consente <strong>di</strong> migliorare<br />

qualitativamente il prodotto grazie ai numerosi vantaggi offerti: riduzione<br />

dei tempi <strong>di</strong> essiccazione; protezione dalle intemperie, dalla<br />

polvere, dal contatto con gli animali e, soprattutto, con gli insetti.<br />

Il PIF, oltre ai già citati interventi in favore dei singoli beneficiari,<br />

ha previsto anche iniziative a sostegno dell’intera filiera come:<br />

corsi <strong>di</strong> formazione professionale per gli operatori; assistenza alle<br />

aziende; realizzazione <strong>di</strong> sistemi <strong>di</strong> tracciabilità e rintracciabilità;<br />

manuali pratici; certificazione <strong>di</strong> qualità ed altro.<br />

La Regione Calabria, Dipartimento Agricoltura, Foreste e Forestazione,<br />

con Decreto n° 1026 del 09- 06- 2006 ha approvato<br />

il progetto che, dopo due anni <strong>di</strong> attività, è stato realizzato quasi<br />

interamente. I lavori sono stati seguiti da tecnici, esperti e professionisti<br />

<strong>di</strong> comprovata esperienza e competenza, i quali hanno<br />

assicurato il rispetto e la perfetta osservanza delle previsioni progettuali.<br />

Il Consorzio, da parte sua, ha organizzato e curato, con<br />

l’ausilio <strong>di</strong> personale altamente qualificato, lo svolgimento delle<br />

attività previste dalle misure <strong>di</strong> sostegno. Ai beneficiari è stata<br />

data l’opportunità <strong>di</strong> partecipare ai corsi <strong>di</strong> formazione, agli incontri<br />

ed agli stages realizzati.<br />

Per la realizzazione <strong>di</strong> questo <strong>Manuale</strong> <strong>Pratico</strong> <strong>di</strong> <strong>Coltivazione</strong> e<br />

Trasformazione dei <strong>Fichi</strong> <strong>di</strong> <strong>Cosenza</strong>, oltre alle conoscenze tecnico-<br />

scientifiche in materia, si è tenuto conto delle novità emerse<br />

durante la ricca attività <strong>di</strong> assistenza alle aziende in pieno campo<br />

e all’interno dei laboratori <strong>di</strong> trasformazione. L’ opera è corredata<br />

da numerose e nitide immagini che aiutano in maniera perfetta<br />

la comprensione degli argomenti trattati relativi ai vari interventi


colturali e facilitano il riconoscimento <strong>di</strong> insetti e patologie; inoltre<br />

riporta i meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> trasformazione delle varie tipologie <strong>di</strong> prodotti.<br />

Nel complesso il <strong>Manuale</strong>, grazie alla bravura, alla competenza<br />

ed alla professionalità degli autori, risulta <strong>di</strong> facile comprensione<br />

e contiene, in forma semplice e sintetica, tutti i suggerimenti e<br />

le in<strong>di</strong>cazioni in<strong>di</strong>spensabili per applicare correttamente le buone<br />

prassi suggerite dalla moderna tecnica.<br />

Siamo perciò convinti che il manuale risulterà un utile strumento<br />

per tutti gli attori della filiera.<br />

A conclusione del percorso il Consorzio, sod<strong>di</strong>sfatto per i risultati<br />

conseguiti, ringrazia quanti hanno contribuito alla buona riuscita<br />

dell’iniziativa, in modo particolare il Dipartimento Agricoltura della<br />

Regione Calabria per aver finanziato il PIF ed averlo supportato<br />

in ogni fase.<br />

Un ringraziamento sentito va al Prof Giorgio Grassi, per il suo lungo<br />

e profondo legame con la fichicoltura cosentina alla quale ha,<br />

sempre, generosamente, fornito i risultati del suo stu<strong>di</strong>o e della<br />

sua appassionata ricerca; il suo rapporto con tutti gli operatori<br />

locali del settore non è mai venuto meno.<br />

A tutti gli operatori della filiera gli auguri <strong>di</strong> un proficuo lavoro e<br />

<strong>di</strong> un sicuro successo per le attività avviate.<br />

Angelo Rosa<br />

Presidente Consorzio Fico Essiccato del Cosentino.


12<br />

Premessa<br />

Il presente <strong>Manuale</strong> è stato steso specificamente per conseguire il prodotto <strong>Fichi</strong><br />

<strong>di</strong> <strong>Cosenza</strong> in aderenza ai contenuti tecnici prescritti dal <strong>di</strong>sciplinare della DOP<br />

“<strong>Fichi</strong> <strong>di</strong> <strong>Cosenza</strong>”.<br />

La fichicoltura del Cosentino è stata da sempre sinonimo <strong>di</strong> interazione tra una<br />

produzione <strong>di</strong> secondaria importanza (integrazione <strong>di</strong> red<strong>di</strong>to), realizzata in luoghi<br />

poco contaminati, e la in<strong>di</strong>scutibile qualità del prodotto che le viene riconosciuta<br />

dal mercato nazionale ed estero. La fichicoltura tra<strong>di</strong>zionale si pratica in impianti<br />

non specializzati o con sesti irregolari e <strong>di</strong>stanze <strong>di</strong> piantagione molto ampie.<br />

Il rischio che si affaccia con la costituzione dei nuovi impianti specializzati, sebbene<br />

si parli <strong>di</strong> impianti razionali, è rappresentato dalla maggiore intensificazione<br />

colturale che porta con sé effetti <strong>di</strong> impatto ambientale sconosciuti nella nostra<br />

esperienza regionale.<br />

Un conto è produrre su 100 piante, sparse nell’azienda e che funzionano un po’<br />

come piante isolate; altro è condurre un ficheto con 300-400 piante/ha. Sorgono<br />

imme<strong>di</strong>ati problemi <strong>di</strong> gestione nutrizionale, fitosanitaria e delle potature, che se<br />

non correttamente impostati potranno determinare uno sca<strong>di</strong>mento del prodotto<br />

fresco e trasformato ed un danno per l’ecosistema.<br />

Infatti, il ricorso a forme intensive <strong>di</strong> coltivazione ha talvolta prodotto effetti<br />

indesiderabili per l’ambiente; l’eccessivo impiego <strong>di</strong> prodotti chimici per la <strong>di</strong>fesa<br />

delle colture ed il controllo delle malerbe ha creato problemi <strong>di</strong> resistenza delle<br />

piante ai parassiti ed ha fatto sorgere preoccupazioni circa la possibile presenza<br />

<strong>di</strong> residui chimici negli alimenti.<br />

La nuova produzione <strong>di</strong> fichi nel cosentino avverrà in ecosistemi che dovranno<br />

essere sottoposti a continuo monitoraggio e per i quali si prevede un nuovo<br />

modo <strong>di</strong> fare agricoltura che, al razionale utilizzo delle nuove tecnologie, necessario<br />

per conseguire i miglioramenti produttivi, affianchi una strategia che elimini<br />

gli aspetti negativi che l’agricoltura intensiva ha posto in evidenza. Il “Piano<br />

<strong>di</strong> assistenza alle aziende” attivato dal Consorzio adotta la metodologia propria<br />

dell’ agricoltura integrata che ottimizza l’utilizzazione delle risorse usando tutti i<br />

mezzi tecnici <strong>di</strong>sponibili, ivi inclusi quelli contemplati dall’ agricoltura biologica,


con impiego <strong>di</strong> antagonisti naturali contro le avversità delle piante, basandosi<br />

soprattutto su interventi guidati da assistenti tecnici preparati e presenti in modo<br />

puntuale sul territorio. Lotta chimica, fisica, interventi agronomici, lotta guidata<br />

e concimazioni saranno pianificati e decisi, a seguito <strong>di</strong> monitoraggi, per ogni<br />

singola azienda. Per conseguire la produttività e la red<strong>di</strong>tività richiesta dalla competitività<br />

del mercato, per produrre cibi sani e sicuri e per conservare e proteggere<br />

le risorse ambientali ed, in tal modo, per realizzare l’agricoltura sostenibile.<br />

TIPI DI AGRICOLTURA<br />

Agricoltura integrata è un sistema <strong>di</strong> produzione agricola che consiste nell’integrazione<br />

<strong>di</strong> tutti i meto<strong>di</strong> e mezzi a <strong>di</strong>sposizione dell’uomo (agronomici, biologici,<br />

fisici e meccanici) per conseguire un’ equa produttività e red<strong>di</strong>tività , per produrre<br />

cibi sani e sicuri realizzando l’agricoltura sostenibile. La lotta, la concimazione, le<br />

lavorazioni sono effettuate dopo attente valutazioni e monitoraggi da parte dei<br />

tecnici agricoli.<br />

Agricoltura biologica è un sistema <strong>di</strong> produzione agricola che cerca <strong>di</strong> offrire al<br />

consumatore prodotti freschi, gustosi e genuini, rispettando il ciclo della natura.<br />

Le pratiche agricole biologiche generalmente includono:<br />

- la rotazione delle colture per un uso efficiente delle risorse locali;<br />

- il <strong>di</strong>vieto <strong>di</strong> usare pestici<strong>di</strong>, fertilizzanti <strong>di</strong> sintesi, antibiotici nell’allevamento<br />

degli animali;<br />

- il <strong>di</strong>vieto <strong>di</strong> uso <strong>di</strong> organismi geneticamente mo<strong>di</strong>ficati (OGM);<br />

- l’uso efficace delle risorse del luogo, come per esempio l’utilizzo del letame e/o<br />

della tecnica <strong>di</strong> sovescio per fertilizzare la terra all’interno dell’azienda agricola<br />

o la coltivazione dei foraggi per il bestiame;<br />

- la scelta <strong>di</strong> piante ed animali che resistono alle malattie e si adattano alle con<strong>di</strong>zioni<br />

del luogo.<br />

Agricoltura sostenibile: rappresenta la sintesi e il risultato ottimale dei sistemi <strong>di</strong><br />

agricoltura <strong>di</strong> cui sopra. Essa si pone l’ambizioso obiettivo <strong>di</strong> sod<strong>di</strong>sfare le esigenze<br />

economiche (<strong>di</strong> bassa spesa per i consumatori e <strong>di</strong> alto red<strong>di</strong>to per gli agricoltori)<br />

senza compromettere il “capitale ambiente”, patrimonio <strong>di</strong> tutti e risorsa per le<br />

future generazioni. Nelle coltivazioni e negli allevamenti utilizza il più possibile i<br />

processi naturali e le fonti energetiche rinnovabili <strong>di</strong>sponibili in azienda, riducendo<br />

così l’impatto ambientale dovuto all’uso <strong>di</strong> sostanze chimiche <strong>di</strong> sintesi (pestici<strong>di</strong>,<br />

concimi, ormoni, antibiotici), alle lavorazioni intensive del terreno, alle monocolture<br />

e monosuccessioni, nonché allo smaltimento in<strong>di</strong>scriminato dei rifiuti <strong>di</strong> produzione<br />

(ad esempio i liquami zootecnici e i reflui <strong>di</strong> frantoio).<br />

13


14<br />

1. Descrizione della<br />

pianta <strong>di</strong> fico<br />

1.1 SPECIE E vARIETà<br />

Dal punto <strong>di</strong> vista botanico le piante <strong>di</strong> fico utilizzate per produrre i <strong>Fichi</strong> <strong>di</strong> <strong>Cosenza</strong><br />

derivano dal fico domestico, Ficus carica sativa (domestica) L., che si <strong>di</strong>fferenzia<br />

dal fico selvatico o caprifico, Ficus carica caprificus per la presenza quasi<br />

esclusiva <strong>di</strong> fiori femminili mentre quest’ultimo è dotato sia <strong>di</strong> fiori maschili che<br />

femminili con frutti più piccoli e non commestibili. Il caprifico, siccome produce<br />

polline dai fiori maschili, è necessario per fecondare alcune varietà domestiche<br />

che producono frutti solo se impollinate. Entrambi i tipi producono più fruttificazioni:<br />

nel domestico possono giungere a tre (fioroni, fichi veri o fòrniti, cimaruoli),<br />

nel caprifico sono tre (mamme, profichi, mammoni).<br />

La varietà prevalente impiegata negli impianti della provincia <strong>di</strong> <strong>Cosenza</strong> è la<br />

“Dottato”, i cui frutti sono destinati a due produzioni: i fioroni e i fichi veri; a<br />

quest’ultimi si riferisce la DOP “<strong>Fichi</strong> <strong>di</strong> <strong>Cosenza</strong>”.<br />

Oltre alla varietà “Dottato” molte altre si prestano bene all’essiccazione. Fra<br />

queste ricor<strong>di</strong>amo: Para<strong>di</strong>so, Granato, Niuredda, Marinella ed altri ecotipi locali,<br />

presenti per lo più nei vecchi impianti ed in quantità limitate; esse però non<br />

rientrano nella DOP “<strong>Fichi</strong> <strong>di</strong> <strong>Cosenza</strong>”.<br />

La varietà Dottato gode <strong>di</strong> una particolare e utile caratteristica: è contrad<strong>di</strong>stinta<br />

da “partenocarpia”, cioè produce fichi veri anche senza essere fecondata dal<br />

caprifico. Per questo motivo, gli acheni (che sono botanicamente i veri frutti che<br />

comunemente vengono identificati come “granelli”), rimangono vuoti e piccoli,<br />

fornendo alla polpa una delle sue più pregiate caratteristiche qualitative: la finezza.<br />

1.2 TRONCO E RAMI<br />

Il fico è una pianta con portamento tendenzialmente arbustivo, con chioma<br />

espansa e irregolare. Raggiunge me<strong>di</strong>a mente altezze <strong>di</strong> 3,5-4 metri e, in con<strong>di</strong>zioni<br />

favorevoli, può arrivare con facili tà anche ai 6-8 metri. Le caratteristiche


del tronco e della ramaglia (nodulosità, fittezza, andamento curvilineo ecc) <strong>di</strong>pendono<br />

dalla varietà. In genere la corteccia è sottile, liscia, ed il colore grigio cenere<br />

può assumere tonalità più o meno intense. La chioma è rada ed espansa.<br />

La Dottato ha in genere portamento tendenzialmente assurgente con chioma<br />

globosa. Rispetto ad altre varietà ha maggior vigoria, da buona ad elevata a seconda<br />

della fertilità dei terreni.<br />

Fig. 1. Terminologia <strong>di</strong> base<br />

15


16<br />

Foto 1. Portamento naturale del fico Dottato<br />

Foto 2. Colore della corteccia del fico Dottato


1.3 FOGLIE<br />

Le foglie del fico sono generalmente gran<strong>di</strong>, con lungo pic ciolo, lobate e a lamina<br />

rugosa, <strong>di</strong>sposte in modo alterno sul ramo. Su una stessa pianta si possono<br />

presentare foglie a lembo inte ro, a tre e cinque lobi, talvolta sette. La pianta in<br />

inverno perde le foglie e si ri sveglia solo a primavera inoltrata.<br />

La Dottato presenta tutti e tre i tipi <strong>di</strong> foglie.<br />

Foto 3. Foglie del fico Dottato:<br />

A) foglia intera<br />

B) foglia trilobata<br />

C) foglia pentalobata<br />

17


18<br />

1.4 GEMME<br />

A fine inverno sono ben visibili, in cima ai rametti, le gemme miste apicali, allungate<br />

e appuntite.<br />

Sotto a queste, all’ascella delle foglie, sono visibili altre gemme, tendenzialmente<br />

appuntite: sono quelle a legno o miste. Le gemme a legno produrranno solo vegetazione,<br />

sono presenti sui rami <strong>di</strong> tutte le età ad esse si ricorre per rinnovare la<br />

chioma con la potatura; mentre quelle miste daranno origine ai germogli sia per<br />

la crescita della pianta che per la fruttificazione.<br />

Poste in posizione collaterale rispetto alle precedenti e <strong>di</strong> forma globosa, sono le<br />

gemme a frutto, che produrranno i fioroni.<br />

La pianta è dotata <strong>di</strong> una notevole capacità <strong>di</strong> ricaccio, determinata dalla presenza<br />

inoltre <strong>di</strong> gemme latenti e gemme avventizie utili quando si deve ricostituire la<br />

chioma. Le prime, <strong>di</strong> norma nascoste sotto la corteccia, possono originare anche<br />

frutti, ma pochi e non <strong>di</strong> qualità; anche le gemme avventizie sono per lo più a<br />

legno ed emettono dal tronco e dalle branche rami <strong>di</strong> forte vigoria, i succhioni;<br />

invece le avventizie posizionate sul colletto o sulle ra<strong>di</strong>ci danno luogo ai polloni,<br />

rispettivamente basali e ra<strong>di</strong>cali, responsabili della forma a cespuglio caratteristica<br />

del fico in con<strong>di</strong>zioni naturali.<br />

Gemme a frutto<br />

Gemme a legno<br />

Cicatrici fogliari<br />

Gemme miste apicali<br />

Cicatrici forniti<br />

Foto 4. Tipi <strong>di</strong> gemme nel fico domestico<br />

Gemme a legno


1.5 FRUTTI<br />

I fiori sono raccolti in una infiore scenza e quelli che noi chiamiamo co munemente<br />

frutti sono in realtà un ri cettacolo fiorale incavato - detto sicònio (in passato<br />

anche sìcono)- a forma <strong>di</strong> otre e con una piccola aper tura «a occhio» (ostiòlo)<br />

situata nella parte opposta al punto <strong>di</strong> inserzione del frutto sulla pianta. Sulla<br />

parete interna del siconio (ricettacolo) sono <strong>di</strong>sposti numerosissimi fiori: i femminili<br />

occupano quasi tutta la parte interna, i ma schili sono solo in prossimità dell’<br />

apertura e lungo l’ostiolo.<br />

Nel fico i fiori femminili possono essere longistili e brevistili; questi ultimi prevalgono<br />

nel caprifico, dove svolgono la importante funzione <strong>di</strong> ospitare la Blastofaga,<br />

ma sono quasi assenti nel fico domestico. I longistili prevalgono nel fico<br />

domestico. Nella Dottato i maschili sono quasi o del tutto assenti; i femminili<br />

sono quasi solo longistili, e sterili.<br />

Fig. 2. Fiori del fico ed infiorescenza (sicònio)<br />

Fiore femminile Fiore maschile Siconio<br />

Nel fico domestico ogni generazione <strong>di</strong> fiori porta a una formazione <strong>di</strong> fichi eduli.<br />

La prima generazione <strong>di</strong> fiori dà luogo ai “fioroni”, la seconda ai “fichi veri” (o<br />

“fòrniti” o “fichi veri pedagnoli”). Talvolta, può verificarsi una terza generazione<br />

autunnale <strong>di</strong> “fichi veri cimaruoli”, soprattutto nelle varietà vernili. I veri frutti<br />

botanici sono costituiti dai granelli <strong>di</strong>ffusi nella polpa (“acheni”), all’interno dei<br />

quali c’è il vero seme.<br />

I fioroni, prendono origine dalle gemme a frutto formatesi nell’anno precedente,<br />

portate dal legno <strong>di</strong> un anno, maturano a fine giugno-inizi <strong>di</strong> luglio, e alimentano<br />

quasi esclusivamente il mercato del fresco.<br />

19


20<br />

Ricettacolo<br />

Fiori femminili<br />

Ostiolo<br />

Foto 5. Sezione <strong>di</strong> fornito in cui è visibile la concentrazione <strong>di</strong> fiori femminili nella parte interna<br />

Foto 6. Porzione <strong>di</strong> ricettacolo con fiori femminili longistili ben evidenti


I fòrniti prendono origine invece dalle gemme a frutto che si formano sui germogli<br />

dell’anno e maturano nell’anno stesso: si formano all’ascella delle foglie, e<br />

dalle gemme miste situate sia nella parte centrale che centro apicale; essi sono<br />

destinati al mercato del fresco (i primi che giungono a maturare), ma soprattutto<br />

al mercato dell’essiccato.<br />

Il <strong>di</strong>sciplinare della DOP si riferisce alla produzione <strong>di</strong> questi ultimi.<br />

Foto 7. Fioroni in accrescimento<br />

Foto 9. Forniti in accrescimento.<br />

Sul ramo che porta i due germogli<br />

sono ancora presenti due fioroni,<br />

quelli <strong>di</strong> più gran<strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni,<br />

ormai quasi maturi<br />

Foto 8. Forniti in fase iniziale<br />

<strong>di</strong> accrescimento<br />

21


22<br />

2. Impianto <strong>di</strong><br />

un nuovo ficheto<br />

2.1 INDIvIDUAZIONE DELL’AREA<br />

Il fico nei nostri ambienti è specie molto rustica che si adatta alle <strong>di</strong>verse situazioni<br />

pedoclimatiche. Tollera bene i venti marini salsi, la siccità, solo le giovani<br />

piantine sono danneggiate da forti insolazioni (che possono fessurare la<br />

corteccia) e da gran<strong>di</strong>nate. Tra l’altro è possibile trovarlo nei giar<strong>di</strong>ni delle case<br />

impiegato oltre che per fornire gustosi e freschi fioroni estivi anche come pianta<br />

ombreggiante.<br />

Ma una fichicoltura specializzata condotta con tecniche agronomiche razionali<br />

non può prescindere dalla scelta del più idoneo ambiente <strong>di</strong> coltivazione. Un<br />

nuovo impianto deve sorgere in un’area vocata, caratterizzata da parametri orografici,<br />

climatici e pedologici favorevoli alla coltivazione della specie e che ne<br />

consentono la massima economicità <strong>di</strong> gestione.<br />

Foto 10. Nuovo impianto Castrovillari (CS) esposizione sud-est


Nel caso dei <strong>Fichi</strong> <strong>di</strong> <strong>Cosenza</strong>, è bene rispettare le seguenti in<strong>di</strong>cazioni tecniche:<br />

- altimetria: non superiore a 600 m;<br />

- pendenze: intorno al 10-20%;<br />

- esposizioni: sud, sud-est, est, sud-ovest, ovest;<br />

- terreno: si adatta a tutti i tipi <strong>di</strong> terreno, ma è bene evitare quelli pesanti che<br />

riducono la pezzatura dei frutti, impe<strong>di</strong>scono il normale sviluppo delle ra<strong>di</strong>ci<br />

limitando ne l’espansione e provocando anche un accrescimento stentato della<br />

parte aerea. Per contro terreni troppo fertili favoriscono un eccessivo sviluppo<br />

della chioma a scapito della fruttificazione.<br />

Foto 11. Nuovo impianto Castroregio (CS) esposizione sud-ovest<br />

Foto 12. Nuovo impianto Rota Greca (CS) esposizione sud.<br />

23


24<br />

2.2 PREPARAZIONE DEL TERRENO ALL’IMPIANTO<br />

2.2.1 Operazioni preliminari <strong>di</strong> preparazione del terreno<br />

Comprendono tutte le operazioni necessarie a rendere un terreno agrario<br />

idoneo ad ospitare l’ impianto del ficheto.<br />

I lavori preparatori hanno due obiettivi agronomici:<br />

la sistemazione e la conservazione del suolo.<br />

La sistemazione del terreno costituisce un mezzo in<strong>di</strong>spensabile per evitare<br />

i ristagni d’acqua e l’erosione idrica.<br />

I problemi <strong>di</strong> conservazione possono verificarsi nelle aree declivi, ove gli<br />

impianti frutticoli intensivi, se non correttamente realizzati e condotti,<br />

possono subire negli anni gravi fenomeni d’erosione con conseguenti per<strong>di</strong>te<br />

<strong>di</strong> terreno fertile e danni all’ambiente circostante.<br />

La sistemazione del terreno è sempre necessaria per l’impianto <strong>di</strong> un frutteto<br />

e deve conseguire i seguenti obiettivi:<br />

- aumentare lo spessore del suolo esplorabile dalle ra<strong>di</strong>ci;<br />

- dare al suolo una struttura soffice e porosa;<br />

- prevenire i danni da asfissia ra<strong>di</strong>cale.<br />

Le lavorazioni preparatorie riguardano essenzialmente:<br />

- il decespugliamento della vegetazione preesistente all’impianto, spontanea<br />

o coltivata, ponendo par ticolare attenzione alla eliminazione delle<br />

eventuali ceppaie ed alla ri mozione delle ra<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> maggiori <strong>di</strong>mensioni,<br />

anche perchè sarebbero substrato per future infezioni;<br />

- lo spietramento <strong>di</strong> terreni con scheletro affiorante; in funzione del materiale<br />

presente possono utilizzarsi macchine “macinasassi” o “andanatrici”;<br />

- gli spostamenti <strong>di</strong> terreno, necessari sia per livellare la superficie a vantaggio<br />

delle future operazioni colturali, sia per assicurare il regolare<br />

sgrondo delle acque. Quanto alle acque superficiali, nei terreni sciolti si<br />

effettua un livellamento in piano, in quelli con oltre il 10% <strong>di</strong> argilla il<br />

livellamento deve poter garantire una idonea pendenza verso canali <strong>di</strong><br />

raccolta.<br />

Quanto alle acque sotterranee, ove necessario si devono prevedere idonei<br />

sistemi <strong>di</strong> drenaggio. Infatti, nei terreni poco permeabili, sia in pianura che<br />

collina, è necessario pre<strong>di</strong>sporre una rete idrica <strong>di</strong> scolo, che può essere<br />

realizzata me<strong>di</strong>ante la formazione <strong>di</strong> una buona affossatura (fossi, trincee)<br />

o in casi estremi installando dreni ad una profon<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> circa 1-1,2<br />

m <strong>di</strong> profon<strong>di</strong>tà.


Tutte le operazioni devono essere effettuate avendo cura <strong>di</strong> limitare al<br />

mini mo in<strong>di</strong>spensabile i movimenti <strong>di</strong> terreno, sia per motivi <strong>di</strong> carattere<br />

economico (si ricorda che il fico non è una coltura “ ricca”) che per evitare<br />

<strong>di</strong> portare in superficie terreni anomali o strati inerti.<br />

2.2.2 Lavorazioni <strong>di</strong> fondo<br />

Completato il livellamento della superficie, per aumentare la porosità del<br />

terreno e per ampliare lo strato esplorabile dalle ra<strong>di</strong>ci si procede alla<br />

lavorazione <strong>di</strong> fondo integrata da un’adeguata concimazione.<br />

Piuttosto che fare scassi parziali (trincee o buche), è consigliabile effettuare<br />

una lavorazione profonda <strong>di</strong> tutta la superficie al fine <strong>di</strong> smuovere<br />

ed arieggiare completamente il suolo.<br />

Tale operazione, tra<strong>di</strong>zionalmente effettuata in estate con grossi aratri da<br />

scasso, può essere più convenientemente effettuata con aratri ripuntatori<br />

(ripper) ad una profon<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> 80-100 cm ed effettuando <strong>di</strong> seguito una<br />

aratura fino a 60 cm. Il ricorso all’uso del ripper è fortemente consigliato<br />

nei casi in cui con il vomere si rischia <strong>di</strong> trasportare in superficie terreno<br />

anomalo o eccessi vamente povero che comprometterebbe così il futuro<br />

impian to. È altresì consigliato, rispetto allo scas so tra<strong>di</strong>zionale, per la possibilità<br />

<strong>di</strong> accedere in campo quando il terreno non si presenta in con<strong>di</strong>zioni<br />

<strong>di</strong> tempera e per un minor costo dell’ operazione.<br />

2.2.3 Lavorazioni <strong>di</strong> superficie<br />

Foto 13. Ripper<br />

Dopo 1-2 mesi dalle lavorazioni profonde seguiranno le lavorazioni superficiali,<br />

che sono attuate ad una profon<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> 30-40 cm, con macchine<br />

25


26<br />

operatrici più leggere che hanno il compito <strong>di</strong> frantumare le zolle più<br />

grosse ed affinare il terreno in superficie, rendendolo più idoneo alla piantagione.<br />

Anche questi lavori, come quelli preparatori, vanno eseguiti con<br />

il terreno in tempera.<br />

2.2.4 Concimazione <strong>di</strong> fondo<br />

In concomitanza con le lavorazioni profonde deve essere effettuata la<br />

concimazione d’impianto o <strong>di</strong> fondo che ha lo scopo <strong>di</strong> arricchire <strong>di</strong> sostanza<br />

organica e <strong>di</strong> elementi nutritivi gli strati meno superficiali del terreno;<br />

la quantità ed il tipo <strong>di</strong> concime da utilizzare dovranno scaturire da<br />

una accurata analisi chimico-fisica del terreno.<br />

La sostanza organica prevalentemente utilizzata all’impianto è rappresentata<br />

da letame ben maturo che va somministrato in ragione <strong>di</strong> 400-500<br />

q/ha. Quantitativi inferiori sono considerati insufficienti a determinare<br />

un’azione ammendante nei confronti del suolo.<br />

Le lavorazioni profonde rappresentano un momento irripetibile per dotare<br />

il profilo del terreno lavorato <strong>di</strong> elementi poco mobili quale fosforo e potassio<br />

<strong>di</strong> cui parleremo più avanti.<br />

Ricorda!<br />

AZOTO (N)<br />

Per evitare per<strong>di</strong>te <strong>di</strong> azoto lungo il profilo del suolo ed evitare inquinamenti<br />

alle falde idriche non somministrare concimi azotati prima<br />

dell’impianto.<br />

FOSFORO (P) e POTASSIO (K)<br />

Vanno somministrati prima delle lavorazioni profonde (aratro e/o ripper)<br />

in modo da arricchire il terreno negli strati più profon<strong>di</strong>; si consiglia<br />

<strong>di</strong> non superare:<br />

Fosforo 2 q.li/ha<br />

Potassio 2,5 q.li/ha


3. Scelta del<br />

materiale vegetale<br />

La DOP “<strong>Fichi</strong> <strong>di</strong> <strong>Cosenza</strong>” specifica che la varietà da coltivare deve essere la sola<br />

Dottato. La Dottato è propagata in mo<strong>di</strong> <strong>di</strong>versi. La DOP non specifica quali tipi<br />

<strong>di</strong> piantine debbano essere messe a <strong>di</strong>mora, né quale origine <strong>di</strong> propagazione<br />

debbano avere.<br />

Perciò esaminiamo i vari tipi <strong>di</strong> materiale vegetale reperibili in Calabria e da quali<br />

tecniche <strong>di</strong> propagazione tra<strong>di</strong>zionali (talea, pollone ra<strong>di</strong>cato) e recenti (micropropagazione)<br />

deriva.<br />

Non prenderemo in considerazione l’innesto perché pochissimo usato nella provincia<br />

<strong>di</strong> <strong>Cosenza</strong>, benché utilizzabile quando si volesse cambiare la varietà coltivata.<br />

Neppure considereremo il materiale ottenibile da seme (cioè per riproduzione)<br />

sia perché la Dottato non ha semi fertili, sia perché, trattandosi <strong>di</strong> selvatici, si<br />

renderebbe obbligatorio ricorrere alla pratica dell’innesto con aggravio <strong>di</strong> costi<br />

pressoché inutile.<br />

3.1 TALEA<br />

Il fico è stato quasi sempre moltiplicato per talea legnosa grazie all’elevata capacità <strong>di</strong><br />

ra<strong>di</strong>cazione della specie.<br />

Nelle zone asciutte, per i tra<strong>di</strong>zionali impianti realizzati con piantagione <strong>di</strong>retta della<br />

talea in terra, il ramo posto a ra<strong>di</strong>care poteva raggiungere anche la lunghezza <strong>di</strong> 90-<br />

120 centimetri, quasi completamente interrato e lasciando emergere dal terreno<br />

l’apice vegetativo.<br />

Ancora attualmente questa tecnica viene effettuata in alcune aziende agricole per<br />

l’impianto <strong>di</strong> nuovi ficheti e per la sostituzione delle fallanze.<br />

Generalmente si fa ora ricorso a piantine da talea fatte ra<strong>di</strong>care in appositi spazi<br />

aziendali o in vivaio con materiale <strong>di</strong> un anno lungo da 20 a 10 cm.<br />

Varie aziende preferiscono ancora usare la seguente tecnica: durante la potatura delle<br />

piante, le talee sono ricavate da rami lignificati (<strong>di</strong> 1-2 anni), sono raccolte in mazzi e<br />

frigoconservate; possono anche essere adagiate in buche ad una profon<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> 30-40<br />

cm, avendo cura <strong>di</strong> lasciarne fuoriuscire la parte apicale. Questo posizionamento della<br />

talea, detto “ a tagliola”, viene localmente in<strong>di</strong>cato con il termine <strong>di</strong> “appastanatura”.<br />

27


28<br />

Particolare attenzione deve essere prestata a due tipi <strong>di</strong> scelte:<br />

a. il materiale <strong>di</strong> propagazione deve essere prelevato da piante madre immuni<br />

soprattutto dalle virosi ( se ne <strong>di</strong>rà trattando la virosi);<br />

b. il luogo <strong>di</strong> ra<strong>di</strong>cazione deve essere costituito da terreni non soggetti a ristagno<br />

idrico e adeguatamente arricchiti <strong>di</strong> letame o torba con l’aggiunta <strong>di</strong> sabbia.<br />

Al momento dell’impianto si suole in terrare due talee vicine per <strong>di</strong>minuire il rischio<br />

<strong>di</strong> mancato attecchimento. Nel caso in cui entrambe le piantine risultino<br />

attecchite si elimina la più debole.<br />

Per motivi fitosanitari ed in funzione del crescente interesse rivolto verso le colture<br />

specializzate, si è <strong>di</strong>ffuso il più razionale impiego <strong>di</strong> talee ra<strong>di</strong>cate ottenute<br />

per propagazione in vivai specializzati.<br />

L’epoca migliore per la preparazione delle talee è il periodo che precede la ri presa<br />

vegetativa, fine in verno-inizio primavera (si possono così sfruttare i residui della<br />

potatura).<br />

Elevate percentuali <strong>di</strong> ra<strong>di</strong>cazione sono state ottenute prelevando il materiale al<br />

primissimo ingrossamento primaverile delle gemme, anche se in questo caso si<br />

deve intervenire con interventi irrigui per garantire una sufficiente ra<strong>di</strong>cazione.<br />

La ra<strong>di</strong>cazione è rapida e in circa 30 giorni si può già notare la presenza del le<br />

ra<strong>di</strong>chette (foto 11).<br />

3.2 POLLONE RADICATO<br />

Foto 11. Talee <strong>di</strong> fico poste a ra<strong>di</strong>care<br />

Rappresenta la tecnica più usata in passato ma rispetto alle talee richiede più<br />

lavoro e dà impianti eterogenei. Meno problemi pone la messa a <strong>di</strong>mora <strong>di</strong> un vigoroso<br />

pollone ra<strong>di</strong>cato <strong>di</strong> almeno tre anni. In questo caso conviene scegliere un<br />

pollo ne verticale tra i numerosi che si sviluppano al piede della pianta, cercando<br />

<strong>di</strong> asportarlo al momento della messa a <strong>di</strong> mora con la maggior quantità possibile


<strong>di</strong> ra<strong>di</strong>ci. Questa operazione apre però nella pianta madre ferite (da cui possono<br />

entrare i patogeni) la cui rimarginazione è favorita da una copertura con terra<br />

della parte del colletto lesa. È bene ricordare che le piante origi nate da pollone<br />

tendono a produrre a lo ro volta abbondanti polloni che, nella fa se <strong>di</strong> allevamento,<br />

devono essere aspor tati ogni volta che si presentano. Ricor<strong>di</strong>amo che occorre<br />

controllare bene durante la fase vegetativa lo stato sanitario della pianta da cui si<br />

preleva il mate riale <strong>di</strong> propagazione.<br />

3.3 MICROPROPAGATO<br />

La micropropagazione è ormai <strong>di</strong>ventata per molti fruttiferi un sistema <strong>di</strong> moltiplicazione<br />

sostitutivo delle tecniche tra<strong>di</strong>zionali. È attuabile solo in laboratori e<br />

in vivai specializzati. L’obiettivo <strong>di</strong> tale metodologia è quello <strong>di</strong> ottenere in tempi<br />

brevi ed a costi contenuti, un elevatissimo numero <strong>di</strong> piantine, identiche, sia nel<br />

genotipo che nel fenotipo, alla pianta madre <strong>di</strong> partenza, precedentemente selezionata<br />

per caratteristiche fisiologiche e produttive <strong>di</strong> pregio.<br />

Genotipo: è il profilo genetico <strong>di</strong> un in<strong>di</strong>viduo. L’insieme dei geni <strong>di</strong> una pianta,<br />

contenuti nel DNA delle sue cellule.<br />

Fenotipo: è l’aspetto esteriore <strong>di</strong> una pianta (<strong>di</strong>mensione e sapore dei frutti,<br />

colore delle foglie, ecc). È il risultato dell’influenza che l’ambiente esterno ha<br />

avuto sul genotipo.<br />

Essa consiste nel prelevare i tessuti apicali delle gemme e allevarli su idonei mezzi<br />

<strong>di</strong> coltura ad<strong>di</strong>zionati <strong>di</strong> ormoni vegetali, in maniera tale da esaltare al massimo la<br />

produzione <strong>di</strong> nuovi germogli. Le piante ottenute con questa tecnica sono uguali<br />

alla pianta madre e sono dette ‹‹popolazione clonalè› così come si verifica per le<br />

talee ed i polloni ra<strong>di</strong>cati.<br />

Nel processo <strong>di</strong> micropropagazione <strong>di</strong>stinguiamo le seguenti fasi:<br />

1. scelta <strong>di</strong> campo della pianta madre sana e in buona attività vegetativa; prelievo<br />

<strong>di</strong> sue parti;<br />

2. lavaggio e <strong>di</strong>sinfezione in laboratorio delle parti prelevate dalla pianta madre;<br />

3. espianto dell’apice vegetativo e trasferimento sul substrato agarizzato (terreno<br />

<strong>di</strong> coltura);<br />

4. suo allevamento e moltiplicazione, in successive fasi <strong>di</strong> crescita e trasferimenti<br />

perio<strong>di</strong>ci sui terreni coltura;<br />

5. trapianto delle pianticelle in substrato naturale (torba) per farle meglio ra<strong>di</strong>care<br />

e successivi progressivi ambientamenti alle con<strong>di</strong>zioni esterne;<br />

29


30<br />

6. trasferimento in serra e prosecuzione della coltivazione secondo i sistemi tra<strong>di</strong>zionali;<br />

7. trasferimento in campo in pane <strong>di</strong> terra o a ra<strong>di</strong>ce nuda.<br />

Micropropagazione<br />

VANTAGGI<br />

- Permette <strong>di</strong> produrre piante in qualsiasi periodo dell’anno in<strong>di</strong>pendentemente<br />

dalle con<strong>di</strong>zioni climatiche;<br />

- Si ottengono piante numerosissime, omogenee, idonee a impianti fitti a<br />

basso costo;<br />

- Permette risanamento del materiale affetto da virosi, attraverso il prelievo<br />

dell’apice meristematico;<br />

- Si possono produrre piante esenti da virus e patogeni, grazie alle con<strong>di</strong>zioni<br />

<strong>di</strong> sterilità in cui sono mantenute.<br />

SVANTAGGI<br />

- Ridotta vigoria, che fa ritardare la formazione della pianta;<br />

- Sensibilità alle avversità meteorologiche (gelo, gran<strong>di</strong>ne ecc);<br />

- Sensibilità alle avversità parassitarie (lumache, cavallette, larve <strong>di</strong> lepidotteri).<br />

È necessario prestare particolare attenzione quando si acquistano piante micropropagate,<br />

perchè devono risultare rispondenti agli standard commerciali (altezza<br />

e spessore del fusto, stato sanitario).


4. Piantagione<br />

4.1 PERIODO DI PIANTAGIONE<br />

Utilizzando piantine in fitocella si può trapiantare in quasi tutto l’anno, ma facendolo<br />

nel periodo estivo si richiedono molte attenzioni. I perio<strong>di</strong> più favorevoli<br />

sono l’autunno e la primavera, ma è preferibile procedere alla messa a <strong>di</strong>mora<br />

in ottobre-novem bre, dopo la caduta delle foglie. Prima del sopraggiungere dei<br />

fred<strong>di</strong> invernali solitamente la pianta riesce ad ancorarsi stabilmente al terreno<br />

grazie alla crescita autunnale delle ra<strong>di</strong>ci prima del riposo vegetativo. In questo<br />

modo si attenuano le problematiche legate alla siccità del periodo estivo in<br />

quanto le ra<strong>di</strong>ci hanno avuto il tempo <strong>di</strong> crescere ed approfon<strong>di</strong>rsi. Soprattutto<br />

nel caso <strong>di</strong> piante a ra<strong>di</strong>ce nuda è quin<strong>di</strong> consigliabile l’impianto in autunno o al<br />

massimo a fine inverno.<br />

4.2 DISTANZE DI PIANTAGIONE E SESTI DI ALLEvAMENTO<br />

In un ficheto specializzato la <strong>di</strong>stanza fra le piante deve essere tale da consentire<br />

l’agevole transito delle macchine, sufficiente illuminazione ed aerazione delle<br />

piante. Altre variabili fondamentali nella scelta delle <strong>di</strong>stanze sono rappresentate<br />

dalla fertilità del terreno, dalla vigoria della varietà e dalla possibilità <strong>di</strong> effettuare<br />

l’irrigazione.<br />

6,00<br />

6,00<br />

6,00<br />

Fig. 3. Sesti d’impianto: quadrato e rettangolo Fig. 4. Sesto a quinconce<br />

5,00<br />

6,00<br />

6,00<br />

6,00<br />

31


32<br />

La Dottato è caratterizzata da me<strong>di</strong>a vigoria e quin<strong>di</strong> nella maggior parte dei<br />

terreni collinari cosentini è possibile variare da un minimo <strong>di</strong> 5x5 metri a un<br />

massimo <strong>di</strong> 8x8. In pianura, avendo suoli <strong>di</strong> maggiore fertilità ed umi<strong>di</strong>tà, si deve<br />

optare per <strong>di</strong>stanze più ampie, da 6 x 6 fino a 8 x 8 metri.<br />

I sesti <strong>di</strong> allevamento più <strong>di</strong>ffusi e consigliati sono quelli a quadrato e a rettangolo,<br />

perché facilitano il passaggio delle macchine.<br />

Però, volendo garantire una migliore intercettazione luminosa della chioma, le piante<br />

possono essere <strong>di</strong>sposte con un sesto a quinconce, cioè ai vertici <strong>di</strong> triangoli con lati<br />

uguali (equilateri).<br />

Nei terreni collinari in particolare vanno valutati il tipo <strong>di</strong> terreno, la giacitura,<br />

l’altitu<strong>di</strong>ne, cui conseguono densità <strong>di</strong> piante per ettaro variabili da 200 a 300,<br />

con <strong>di</strong>stanze <strong>di</strong> impianto da m 5x6 a 7x7.<br />

Foto 14. Impianto 5x6 in collina nel Comune <strong>di</strong> Altomonte (CS)<br />

Foto 15. Impianto in pianura 6x6 nel Comune <strong>di</strong> Bisignano (CS)


L’orientamento ottimale dei filari, <strong>di</strong> norma, è nord-sud, anche se nelle zone particolarmente<br />

acclivi deve essere adattato alla contro pendenza del terreno, necessaria<br />

per evitare i fenomeni <strong>di</strong> erosione superficiale delle acque.<br />

4.3 APERTURA DELLE bUCHE<br />

È importante ricordare che<br />

dopo una lavorazione profonda<br />

e totale non è necessario<br />

effettuare grosse buche<br />

per la messa a <strong>di</strong>mora delle<br />

piantine. Nei terreni con buon<br />

drenaggio le buche misurano<br />

circa 30x30x50 cm ed è<br />

sufficiente coprire <strong>di</strong> qualche<br />

cen¬timetro il pane <strong>di</strong> terra.<br />

L’operazione può essere eseguita:<br />

- manualmente, scavando una buca<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>mensione idonea;<br />

- meccanicamente, con apposite trivelle.<br />

Quest’ultimo metodo <strong>di</strong> scavo può creare<br />

problemi nei terreni argillosi e compatti<br />

perché può determinare un eccessivo<br />

compattamento delle pareti, che<br />

<strong>di</strong>ventano poco permeabili all’aria, all’acqua<br />

e ostacolano il movimento delle ra<strong>di</strong>ci<br />

(‹‹effetto vaso››).<br />

Nei terreni pesanti la buca deve essere più<br />

larga e anche più profonda, al fine <strong>di</strong> dotarla<br />

<strong>di</strong> uno spessore <strong>di</strong> 25-30 cm <strong>di</strong> materiale<br />

inerte (pietrame e ciottoli) con funzioni <strong>di</strong><br />

drenaggio.<br />

Fig. 7. Sistemazione<br />

della piantina in buca<br />

tutore in legno<br />

Fig. 5. Dimensioni<br />

e modalità <strong>di</strong> scavo<br />

della buca nei<br />

terreni compatti<br />

drenaggio<br />

Fig. 6. Dimensioni della buca<br />

nei terreni compatti<br />

33


34<br />

4.4 CONCIMAZIONE LOCALIZZATA<br />

Per aiutare la piantina ad attecchire e poi a meglio accrescersi, è utile inserire in<br />

buca un pò <strong>di</strong> fertilizzanti, ove occorra.<br />

L’azoto va inserito in quantità minima, perché sarà erogato soprattutto in dosi<br />

primaverili frazionate.<br />

I fosfopotassici, poiché nel terreno vengono trattenuti dai colloi<strong>di</strong>, sono aggiunte<br />

oltre alla concimazione <strong>di</strong> fondo, in dose <strong>di</strong> 20-30 g/buca.<br />

Un po’ <strong>di</strong> sostanza organica, sempre utile a migliorare la struttura del terreno,<br />

produce un leggero riscaldamento delle ra<strong>di</strong>ci, che le favorisce.<br />

Occorre attentamente badare a che i concimi (in particolare i nitrati) non siano<br />

a contatto con le ra<strong>di</strong>ci, perché le “bruciano”, e che invece siano ben miscelati al<br />

terreno sminuzzato.<br />

4.5 MESSA A DIMORA<br />

Le piantine da mettere a <strong>di</strong>mora vanno esaminate, per eliminare quelle che fossero<br />

ammalate da marciumi ra<strong>di</strong>cali e per recidere con taglio netto le ra<strong>di</strong>ci danneggiate.<br />

Se l’apparato ra<strong>di</strong>cale è troppo scarso rispetto a quello aereo, quest’ultimo<br />

va ri<strong>di</strong>mensionato.<br />

È importante che il colletto della pianta, punto <strong>di</strong> inserzione tra fusto e ra<strong>di</strong>ci, si<br />

trovi <strong>di</strong> qualche centimetro al <strong>di</strong> sopra del livello del terreno, in modo che in seguito<br />

all’assestamento del terreno venga poi a trovarsi appena sotto quel livello.<br />

Una volta sistemati nella buca la piantina ed il suo tutore, è necessario legare la<br />

piantina al tutore ed irrigarla subito, per consentire una perfetta aderenza delle<br />

particelle del terreno alle ra<strong>di</strong>ci.


5. Forme <strong>di</strong> allevamento<br />

e potatura<br />

5.1 FORME DI ALLEvAMENTO<br />

Nella provincia <strong>di</strong> <strong>Cosenza</strong> le forme <strong>di</strong> allevamento del fico più <strong>di</strong>ffuse, che hanno<br />

consentito nel tempo <strong>di</strong> coniugare produttività, qualità e costi <strong>di</strong> produzione, sono:<br />

a. vaso;<br />

b. cespuglio.<br />

5.1.1 Allevamento a vaso<br />

È la forma <strong>di</strong> allevamento più <strong>di</strong>ffusa perchè consente alla pianta <strong>di</strong> ricevere<br />

molta luce e arieggiamento e se opportunamente formato, facilita il<br />

passaggio delle macchine, agevola le operazioni <strong>di</strong> potatura e <strong>di</strong> raccolta<br />

dei frutti; attualmente nella moderna frutticoltura si tende, infatti, a evitare<br />

l’uso <strong>di</strong> scale privilegiando la raccolta da terra.<br />

Per impostare il vaso l‘impalcatura delle branche principali deve essere<br />

posizionata a circa 40-90 cm da terra.<br />

90 cm<br />

Foto 16. Allevamento a vaso nel comune <strong>di</strong> Altomonte (CS)<br />

35


36<br />

Ricorda!<br />

Per IMPALCARE una pianta <strong>di</strong> fico a 90 cm devo tagliare a 110 cm<br />

5.1.2 Allevamento a cespuglio<br />

Con questo sistema si abbassa la parte produttiva della chioma verso terra<br />

per evitare l’uso <strong>di</strong> scale, facilitare il rinnovo della pianta, limitare l’erosione<br />

idrica superficiale; ma viene fortemente limitata la meccanizzazione<br />

dei lavori del suolo. Tale forma <strong>di</strong> allevamento è favorita dalla naturale<br />

tendenza del fico (compresa la varietà Dottato) ad emettere polloni basali.<br />

Nei nuovi impianti è possibile indurre la produzione <strong>di</strong> polloni, tagliando<br />

la giovane piantina fino al colletto.<br />

5.2 POTATURA DI FORMAZIONE<br />

La potatura <strong>di</strong> formazione ha lo scopo <strong>di</strong> conferire alle piante <strong>di</strong> fico la forma <strong>di</strong><br />

allevamento prefissata, la quale deve garantire una struttura che consenta elevate<br />

produzioni, esalti l’efficienza fotosintetica della chioma, faciliti le operazioni<br />

colturali. La forma <strong>di</strong> allevamento deve essere scelta in funzione della varietà (vigoria,<br />

portamento, ecc), delle caratteristiche ambientali e degli in<strong>di</strong>rizzi produttivi<br />

aziendali (fichi freschi o fichi secchi).<br />

Nella provincia <strong>di</strong> <strong>Cosenza</strong>, con con<strong>di</strong>zioni pedoclimatiche molto favorevoli allo<br />

sviluppo delle piante <strong>di</strong> fico, la forma <strong>di</strong> allevamento consigliata è il vaso nelle<br />

sue <strong>di</strong>verse tipologie.<br />

Esso consente, infatti, una buona illuminazione della chioma, facilita le operazioni<br />

<strong>di</strong> potatura, la raccolta ed eventuali trattamenti fitosanitari.<br />

Una volta poste a <strong>di</strong>mora, le piantine vengono fatte crescere liberamente almeno<br />

per un anno, avendo cura <strong>di</strong> eliminare gli eventuali succhioni lungo il tronco. Alla<br />

fine del primo anno, se la pianta ha raggiunto l’altezza idonea e ha già emesso<br />

germogli tra 40 e 90 cm da terra, questi possono essere già selezionati per ricavarne<br />

le future branche primarie (solitamente ne bastano tre ben <strong>di</strong>stanziate tra<br />

loro), eliminando i soprannumerari. Altrimenti se la pianta è <strong>di</strong> almeno 100 cm, la<br />

si taglia per impalcarla ai prescritti 40-90 cm: il taglio favorisce l’emissione dei<br />

germogli laterali. Questi ultimi nel secondo anno <strong>di</strong> vegetazione, raggiunta la lunghezza<br />

<strong>di</strong> 50-60 cm (<strong>di</strong> solito alla fine del secondo anno dall’impianto, ma prima<br />

nei terreni fertili), devono essere spuntati per facilitare l’emissione <strong>di</strong> altri germo-


gli (che saranno le branche secondarie). Si procede negli anni con la stessa tecnica<br />

<strong>di</strong> intervento fino alla formazione <strong>di</strong> almeno tre impalcature (ve<strong>di</strong> figura 8 e 9).<br />

Formazione dell’impalcatura a vaso<br />

Fig. 8. A sinistra: primo anno <strong>di</strong> vegetazione. A destra: secondo anno <strong>di</strong> vegetazione<br />

Fig. 9. Terzo e quarto anno <strong>di</strong> vegetazione<br />

37


38<br />

Foto 17. Giovani piante <strong>di</strong> fico impostate a vaso. Nella pianta in primo piano le branche<br />

terziarie non sono state formate e la chioma tende a salire troppo<br />

5.3 POTATURA DI PRODUZIONE<br />

Ha l’obiettivo <strong>di</strong> mantenere un giusto equilibrio tra produzione <strong>di</strong> frutti e vigoria<br />

della pianta, rinnovare la chioma, tenendola aperta e bassa (per facilitare la raccolta),<br />

<strong>di</strong> eliminare le parti secche e malate.<br />

È molto meglio operare pochi tagli, ma ragionati, piuttosto che molti (aprono più<br />

ferite utili ai parassiti) dannosi.<br />

La potatura annuale si effettua solitamente a fine inverno, quando non c’è più<br />

pericolo <strong>di</strong> gelate.<br />

I polloni che nascono annualmente alla base della pianta, quando non siano in<strong>di</strong>spensabili<br />

per un rimpiazzo è bene siano eliminati, perché le sottraggono vigoria.<br />

Asportarli con la vanga comporta spesso un lieve danneggiamento <strong>di</strong> ra<strong>di</strong>ci e<br />

tronco; conviene quin<strong>di</strong> tagliarli quando il germoglio è ancora giovane ed erbaceo<br />

per ridurre al minimo i danni.<br />

La potatura varia a seconda del tipo <strong>di</strong> fruttificazione che la varietà <strong>di</strong> fico tende a<br />

dare, o si vuole ottenere. Per ottenere solo «fioroni», che si formano sui rami <strong>di</strong> un<br />

anno, conviene in inverno eliminare la gemma posta alla sua estremità in modo<br />

che il ramo possa dare origine a tanti germogli che <strong>di</strong>venteranno produttivi l’ anno


successivo. Se invece si vogliono<br />

ottenere abbondanti «fichi veri»<br />

(i cosiddetti «fòrniti») conviene,<br />

a fine inverno, accorciare ad un<br />

terzo i rami che hanno prodotto<br />

e stimolare così la formazione <strong>di</strong><br />

germogli produttivi subito, nella<br />

primavera imme<strong>di</strong>atamente successiva.<br />

Foto 18. Giornata tecnica <strong>di</strong> potatura<br />

39


40<br />

6. Concimazione<br />

<strong>di</strong> allevamento<br />

e produzione<br />

Per migliorare la fertilità del terreno e lo sviluppo delle specie vegetali coltivate,<br />

si usano concimi, ammendanti (ne parleremo nel metodo biologico) e correttivi<br />

(mo<strong>di</strong>ficano il pH e la salinità, ma non li tratteremo).<br />

Le concimazioni consistono nell’apportare al terreno tutti quegli gli elementi chimici<br />

<strong>di</strong> fertilità necessari per sostenere una equilibrata vegetazione e la miglior<br />

produzione della pianta.<br />

È buona norma somministrare adeguate dosi <strong>di</strong> concime dopo aver valutato i risultati<br />

delle analisi chimico-fisiche del terreno, l’età delle piante, la produttività<br />

me<strong>di</strong>a della zona e l’ambiente pedo-climatico e rivolgersi a tecnici specializzati.<br />

Nell’area <strong>di</strong> produzione dei fichi <strong>di</strong> <strong>Cosenza</strong> è <strong>di</strong>ffusa la convinzione che la coltura<br />

sia poco esigente in termini <strong>di</strong> macroelementi (<strong>di</strong> cui le piante abbisognano<br />

in maggiori quantità: i principali sono azoto, fosforo, potassio, i secondari sono<br />

calcio, zolfo, magnesio) e <strong>di</strong> microelementi (ferro, zinco, manganese, rame, boro,<br />

cobalto, molibdeno e altri minori).<br />

I vecchi impianti in realtà, con <strong>di</strong>stanze <strong>di</strong> impianto più larghe (10x10 o 12x12),<br />

consentivano la consociazione con colture arboree (olivo) e/o colture erbacee<br />

(quali grano, foraggere e ortive), per cui gli apporti nutritivi riservati a quest’ultime<br />

consentivano in qualche modo la nutrizione anche delle piante <strong>di</strong> fico.<br />

Per contro se si vogliono ottenere sod<strong>di</strong>sfacenti risposte produttive sia in termini<br />

quantitativi che qualitativi dai nuovi impianti specializzati, è opportuno considerare<br />

il ficheto come un qualsiasi altro frutteto.<br />

Ricorda!<br />

Un ficheto con una produzione<br />

<strong>di</strong> 120-150 q/ha <strong>di</strong> fichi necessita<br />

dei seguenti apporti <strong>di</strong> macroelementi<br />

AZOTO<br />

Kg/ha<br />

FOSFORO<br />

Kg/ha<br />

POTASSIO<br />

Kg/ha<br />

50 30 70


Scopo della concimazione <strong>di</strong> allevamento è <strong>di</strong> formare la struttura della pianta nel<br />

più breve tempo possibile mentre per quella <strong>di</strong> produzione mira a mantenere un<br />

equilibrio vegeto-produttivo del sistema suolo-pianta-ambiente.<br />

Ricorda!<br />

1. in caso <strong>di</strong> eccessiva vigoria delle piante si manifestano:<br />

interno<strong>di</strong> dei rami principali lunghi, scarsa produzione, <strong>di</strong> conseguenza occorre<br />

ridurre gli apporti <strong>di</strong> fertilizzanti (e fare potature più leggere);<br />

2. in caso <strong>di</strong> accrescimento stentato si manifestano:<br />

interno<strong>di</strong> dei rami principali brevi, ridotta <strong>di</strong>mensione dei frutti.<br />

In questo caso occorre incrementare gli apporti <strong>di</strong> fertilizzanti e valutare l’opportunità<br />

<strong>di</strong> interventi irrigui <strong>di</strong> soccorso (oltre a fare, nelle piante adulte,<br />

potature più forti).<br />

6.1 AZOTO<br />

L’azoto è l’elemento dotato <strong>di</strong> maggiore effetto “plastico”, che determina accrescimento<br />

della pianta dovuto all’allungamento ed alla moltiplicazione delle cellule.<br />

Il fico è però specie particolarmente sensibile a tale elemento e pertanto bisogna<br />

evitare somministrazioni eccessive in quanto esse provocano sca<strong>di</strong>mento della qualità<br />

dei frutti e scarsa produzione. Infatti, se da un lato determina un rapido accrescimento<br />

della pianta e frutti <strong>di</strong> grande <strong>di</strong>mensione, dall’altro (causando maggiore<br />

<strong>di</strong>stensione delle cellule) pre<strong>di</strong>spone i frutti alle spaccature dovute a squilibri idrici<br />

e nutrizionali.<br />

6.2 FOSFORO E POTASSIO<br />

Giova ricordare che in un terreno i contenuti sod<strong>di</strong>sfacenti <strong>di</strong> fosforo devono essere<br />

compresi fra 19 e 27 mg/kg e quelli <strong>di</strong> potassio fra 100-150 mg/kg. Nel caso in cui i<br />

valori derivanti dalle analisi dei terreni dovessero risultare inferiori a tali soglie sarà<br />

necessario intervenire con adeguate concimazioni per riportare il terreno a livelli <strong>di</strong><br />

fertilità ottimali tali da sostenere la crescita e la produzione <strong>di</strong> frutti.<br />

Al fine <strong>di</strong> evitare inquinamenti <strong>di</strong> falda, dei corsi d’acqua e delle foci dei fiumi ed<br />

anche per contenere i costi <strong>di</strong> produzione, è buona norma non somministrare apporti<br />

<strong>di</strong> fosforo (P O ) superiori a 50 kg/ha e <strong>di</strong> potassio (K O) superiori a 90 kg/ha.<br />

2 5 2<br />

Soprattutto in relazione al potassio va evidenziato come la regione Calabria sia particolarmente<br />

ricca <strong>di</strong> tale elemento e pertanto in linea <strong>di</strong> massima si deve tendere a<br />

limitarne l’apporto. Il potassio è responsabile della dolcezza del frutto conferendogli<br />

anche maggiore serbevolezza nel tempo.<br />

41


42<br />

6.3 ALTRI ELEMENTI<br />

Calcio: Da analisi fatte <strong>di</strong> recente presso il Centro Agroalimentare <strong>di</strong> Lamezia<br />

Terme (CZ) è stato riscontrato, in campioni <strong>di</strong> fichi essiccati <strong>di</strong> questa provincia,<br />

un elevata concentrazione <strong>di</strong> calcio. La presenza <strong>di</strong> questo elemento che migliora<br />

la qualità dei fichi essiccati, induce a ritenere che la pianta assorba molto calcio e<br />

pertanto risulta utile valutarne la dotazione <strong>di</strong> questo elemento me<strong>di</strong>ante analisi<br />

dei terreni.<br />

6.4 PERIODI E MODALITà DI DISTRIbUZIONE DEI CONCIMI<br />

Nella fase <strong>di</strong> allevamento, che può durare 3-6 anni in funzione dello sviluppo<br />

della pianta, si deve procedere a localizzare la concimazione nella zona <strong>di</strong> esplorazione<br />

delle ra<strong>di</strong>ci tenendo presente che esse sono localizzate in un’area ideale<br />

compresa entro la proiezione della chioma. In fase <strong>di</strong> produzione la concimazione<br />

può invece essere praticata a spaglio con span<strong>di</strong>tore centrifugo <strong>di</strong> concimi.<br />

Con particolare attenzione bisogna considerare che l’azoto è caratterizzato da<br />

elevata ‹‹lisciviabilità››, cioè non è bloccato dal potere assorbente del terreno e<br />

l’ acqua (irrigazioni o piogge) lo <strong>di</strong>lava portandolo negli strati più profon<strong>di</strong> del<br />

terreno fino a raggiungere le falde. Dunque, <strong>di</strong>stribuendone troppo e fuori tempo<br />

si ha danno economico e danno ambientale.<br />

Va sottolineato che occorre somministrare l’azoto all’inizio della ripresa vegetativa<br />

in modo che le ra<strong>di</strong>ci delle piante possano <strong>di</strong>sporne nelle settimane in cui lo<br />

assorbono maggiormente. Quin<strong>di</strong>, solitamente a partire dalla prima o seconda<br />

decade <strong>di</strong> marzo si deve <strong>di</strong>stribuire l’ azoto frazionandolo in più interventi e localizzandolo<br />

lungo la fila o vicino alle piantine nel caso queste siano molto piccole.<br />

Ricorda!<br />

AZOTO: In fase <strong>di</strong> allevamento dal 1° al 3° anno sono consigliati apporti localizzati,<br />

a dosi ridotte rispetto a quelle massime in<strong>di</strong>cate per le concimazioni <strong>di</strong><br />

produzione. Per facilitare le operazioni <strong>di</strong> concimazione per pianta, si possono<br />

usare, come dosatori, bicchieri <strong>di</strong> plastica:<br />

UNITÀ DI MISURA NITRATO AMMONICO<br />

Bicchiere grande 200 g<br />

Bicchiere piccolo 85 g


RicoRda!<br />

Esempio: 1 bicchiere grande (200 g) x 400 piante/ha = 80.000 g/ha = 80 kg/<br />

ha <strong>di</strong> nitrato ammonico = 20 kg/ha <strong>di</strong> azoto (perché il nitrato ammonico ha<br />

titolo 26%).<br />

Fosforo e potassio sono invece caratterizzati da una scarsa mobilità nel terreno e<br />

quin<strong>di</strong> conviene somministrarli interrandoli con le lavorazione autunno-vernine.<br />

Sono in commercio anche formulati <strong>di</strong> fosforo e potassio a “pronto effetto”, a<br />

costi più elevati ma <strong>di</strong>stribuibili in tutto l’anno.<br />

6.4 LA FERTILIZZAZIONE SECONDO IL METODO bIOLOGICO<br />

Con l’approvazione del REG CEE 834/2007 che riconosce il metodo <strong>di</strong> coltivazione<br />

dell’agricoltura biologica in un quadro normativo ormai certo e con l’approvazione<br />

del PSR Calabria 2007/2013 che finanzia, fra le altre attività, anche l’agricoltura<br />

biologica (al momento il fico è escluso dalle specie finanziabili), <strong>di</strong>venta quanto<br />

mai attuale fornire precise in<strong>di</strong>cazioni tecniche agli operatori agricoli che abbiano<br />

scelto <strong>di</strong> aderire a tale metodologia produttiva.<br />

Un aspetto fondamentale da prendere in considerazione per chi si avvicina per la<br />

prima volta all’agricoltura biologica riguarda il concetto <strong>di</strong> equilibrio fra pianta,<br />

suolo ed ambiente. In tal senso la vocazionalità del sito ove impiantare il futuro<br />

ficheto <strong>di</strong>venta quanto mai importante: esposizione, altitu<strong>di</strong>ne, terreno drenante,<br />

ventilazione sono solo alcuni degli aspetti da tenere in giusta considerazione. Le<br />

analisi chimico fisiche del terreno rappresentano un precon<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> base per<br />

operare scelte razionali. Ma si valuti anche la conoscenza locale dei vecchi agricoltori<br />

che conoscono la storia del territorio.<br />

Definiti questi fattori fondamentali per l’agricoltura biologica si deve focalizzarre<br />

l’attenzione su <strong>di</strong> un altro concetto strategico riguardante la fertilizzazione che<br />

deve essere inteso quale processo continuo <strong>di</strong> arricchimento del contenuto <strong>di</strong><br />

sostanza organica nel suolo con l’obiettivo <strong>di</strong> migliorarne la fertilità a livello delle<br />

componenti chimiche, fisiche e microbiologiche. Per avere un idea <strong>di</strong> quanto sia<br />

importante il fattore “sostanza organica” si pensi che in molti paesi anglosassoni<br />

il termine “agricoltura biologica” viene tradotto come “agricoltura organica”.<br />

Tale precisazione non sembra superflua, considerato che non è sufficiente sostituire<br />

1 quintale <strong>di</strong> concime 11-22-16 con 4 quintali <strong>di</strong> super stallatico (titolo<br />

43


44<br />

3-3-3) e 50 kg <strong>di</strong> fosforite (27) per praticare l’agricoltura biologica, effettuando<br />

una semplice sostituzione dei prodotti chimici con quelli certificati ai sensi del<br />

REG CEE 834/2007.<br />

Va sottolineato che la strutturale mancanza <strong>di</strong> sostanza organica nelle aziende<br />

agricole, dovuta alla riduzione degli allevamenti zootecnici familiari, continua a<br />

<strong>di</strong>minuire ancora con un trend preoccupante per il futuro e rende necessario il<br />

ricorso ai fertilizzanti organici commerciali <strong>di</strong>venuti una esigenza obbligata.<br />

Eccezione deve essere operata nel caso dei lavori preparatori del ficheto con le<br />

lavorazioni profonde (aratro scasso, ripper, escavatore); in questo caso non si<br />

consiglia <strong>di</strong> incorporare alcun ammendante in quanto il loro costo supererebbe<br />

<strong>di</strong> gran lunga il beneficio dell’operazione. Infatti quantitativi <strong>di</strong> sostanza organica<br />

inferiori ai 200 q/ha sono da ritenersi, all’impianto, insufficienti a svolgere<br />

qualsiasi ruolo strutturante ; al costo attuale degli ammendanti, intorno a 15,00-<br />

20,00 €/q, risulta pressoché assurdo pensare a dosi <strong>di</strong> quest’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> grandezza;<br />

avendo a <strong>di</strong>sposizione del letame maturo, sicuramente meno costoso degli ammendanti,<br />

conviene <strong>di</strong>stribuirlo in dosi non inferiori ai 500 q/ha .<br />

Se è impossibile reperire letame nelle vicinanze del ficheto, conviene localizzare<br />

gli ammendanti (a dosi ridotte non superiori ad 1 kg/pianta) in prossimità della<br />

piantina in modo da favorirne l’utilizzazione da parte della ra<strong>di</strong>ce. In seguito,<br />

con la crescita della pianta, la localizzazione dovrà essere effettuata sempre nella<br />

zona <strong>di</strong> esplorazione ra<strong>di</strong>cale che presenta, anche in piena produzione, la sua<br />

massima attività <strong>di</strong> assorbimento nella zona posta oltre la proiezione della chioma.<br />

Negli anni successivi la fertilizzazione sarà effettuata a spaglio, secondo un<br />

programma che prevederà apporti equilibrati e costanti nel tempo: l’obiettivo è<br />

quello <strong>di</strong> incrementare il livello <strong>di</strong> sostanza organica in un periodo non inferiore<br />

ai cinque/<strong>di</strong>eci anni.<br />

Gli ammendanti organici, o correttivi, sono prodotti capaci <strong>di</strong> migliorare le varie<br />

componenti della fertilità del suolo, ma rispetto ai concimi sono caratterizzati da<br />

un contenuto basso <strong>di</strong> elementi primari (azoto, fosforo, potassio) in cui, per legge,<br />

l’azoto non può superare il 3% nella sostanza secca. Per cui migliorano soprattutto<br />

la struttura del terreno, la sua tessitura e l’ attività microbiologica.<br />

A causa dei tempi lunghi necessari per la mineralizzazione e quin<strong>di</strong> per la cessione<br />

degli elementi chimici, gli ammendanti devono essere somministrati in largo<br />

anticipo rispetto al risveglio vegetativo del ficheto, circa 2-3 mesi prima del suo<br />

germogliamento. Inoltre avendo anche il compito <strong>di</strong> incrementare o <strong>di</strong> mantenere


il livello <strong>di</strong> sostanza organica nel suolo, la quantità da somministrare, dall’impianto<br />

alla piena produzione, non sarà mai inferiore ai 10-15 q/ha/anno.<br />

Facendo un rapido calcolo delle esigenze <strong>di</strong> un ficheto in piena produzione che<br />

<strong>di</strong>a 120 -150 q/ha <strong>di</strong> prodotto, che necessita <strong>di</strong> azoto, fosforo e potassio in ragione,<br />

rispettivamente, <strong>di</strong> 50-30-70 kg/ha, risulta evidente come la somministrazione<br />

<strong>di</strong> 10 q/ha <strong>di</strong> un ammendante con titolo 2-2-2 copra appena il 50 % circa<br />

delle esigenze della coltura.<br />

Anche se il calcolo in unità fertilizzanti non rappresenta in agricoltura biologica<br />

un metro sod<strong>di</strong>sfacente per comprendere i meccanismi più complessi che mette<br />

in moto la fertilità del suolo, in linea <strong>di</strong> massima esso ci informa che siamo al<br />

<strong>di</strong> sotto dei livelli <strong>di</strong> equilibrio tra <strong>di</strong>sponibilità <strong>di</strong> elementi nutritivi nel suolo ed<br />

esigenze colturali.<br />

Se consideriamo in particolare i prodotti che apportano azoto, sono da sconsigliare<br />

per l’alto costo, quei concimi organici che lo contengono in elevato percentuali<br />

(11-13), come il sangue essiccato ed i residui <strong>di</strong> macellazione. Si evidenzia<br />

invece la possibilità <strong>di</strong> utilizzare più convenientemente sia pollina, caratterizzata<br />

da una buona velocità <strong>di</strong> cessione degli elementi nutritivi anche se <strong>di</strong> scarso potere<br />

ammendante, sia concimi a me<strong>di</strong>o contenuto in azoto (6-8) caratterizzati da<br />

lenta velocità <strong>di</strong> cessione.<br />

A causa dell’elevato costo che hanno raggiunto tutti i concimi, sospinti dall’elevato<br />

prezzo del petrolio, fra le tecniche <strong>di</strong> concimazione si sta riaffermando il<br />

sovescio.<br />

La pratica del sovescio nella coltivazione biologica del ficheto, come in molti altri<br />

settori dell’arboricoltura, riveste un ruolo della massima importanza per la capacità<br />

<strong>di</strong> fornire azoto nobile ad un costo relativamente basso.<br />

Un buon sovescio <strong>di</strong> favino seminato alle dosi <strong>di</strong> 150-180 kg/ha nel periodo <strong>di</strong><br />

ottobre-novembre riesce a fornire circa 80-100 kg/ha <strong>di</strong> azoto <strong>di</strong> cui il 40% si<br />

rende <strong>di</strong>sponibile nel I anno ed il restante 60 % nel II e III anno. Le unità <strong>di</strong> azoto<br />

fornite si riducono del 50 % se la leguminosa viene seminata solo a filari alterni<br />

al fine <strong>di</strong> non intralciare le operazioni <strong>di</strong> potatura del ficheto. L’epoca <strong>di</strong> interramento<br />

della coltura deve essere effettuata a circa ¾ della fioritura del favino,<br />

quando produce la più elevata quantità <strong>di</strong> massa verde e <strong>di</strong> azoto, quest’ultima<br />

contenuta nei tubercoli delle ra<strong>di</strong>ci (solo leguminose). Da ricordare che tutte le<br />

leguminose si avvantaggiano <strong>di</strong> apporti <strong>di</strong> fosforo e quin<strong>di</strong> prima della semina<br />

autunnale della leguminosa sarà necessario concimare il terreno con fertilizzanti<br />

45


46<br />

fosfatici che in ogni caso si renderanno <strong>di</strong>sponibili per il ficheto dopo il sovescio<br />

primaverile. In un programma <strong>di</strong> sovescio che si ripete nel tempo è necessario,<br />

ogni anno, variare le essenze da seminare prevedendo successione <strong>di</strong> veccia/avena,<br />

lupino, senape, orzo ecc. per evitare fenomeni <strong>di</strong> stanchezza del terreno dovuti<br />

alla monosuccessione.<br />

Con la somministrazione degli ammendanti, a causa della loro composizione<br />

complessa vengono forniti anche il fosforo ed il potassio, seppure in quantità<br />

ridotte. Così come nella fertilizzazione convenzionale, ad anni alterni o perio<strong>di</strong>camente<br />

in funzione delle esigenze della coltura e delle analisi del terreno, sono da<br />

prevedere apporti specifici e significativi dei due elementi. Sono <strong>di</strong>sponibili sul<br />

mercato <strong>di</strong>versi prodotti che apportano fosforo:<br />

- i fosfati naturali (fosforiti) che per la loro scarsa solubilità ed elevato tenore in<br />

calcio esplicano una migliore attività in terreni aci<strong>di</strong> o neutri, si presentano allo<br />

stato polverulento e da qualche anno in formulazione granulare con titolo 27;<br />

- le scorie Thomas che possono essere usate nei terreni aci<strong>di</strong> per correggerne il pH;<br />

- la polvere <strong>di</strong> ossa;<br />

- gli ammendanti e i fertilizzanti commerciali ad<strong>di</strong>zionati <strong>di</strong> fosforo (sempre <strong>di</strong><br />

provenienza naturale);<br />

- ceneri <strong>di</strong> legna.<br />

Per i prodotti a base <strong>di</strong> potassio oltre ai fertilizzanti commerciali arricchiti, sono<br />

da prendere in considerazione:<br />

- rocce silicee;<br />

- patentkali (solfato <strong>di</strong> potassio e magnesio).<br />

Si ricorda che gli ammendanti commerciali, ivi compresi quelli arricchiti in fosforo<br />

e potassio, sono <strong>di</strong> più facile reperimento sul mercato e quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> gran lunga preferiti<br />

dagli agricoltori rispetto alle altre formulazioni (rocce macinate, fosforiti).<br />

Quasi tutti gli ammendanti si trovano sotto forma polverulenta o pellettata.<br />

Mentre nel primo caso l’azienda, per poterli spargere dovrà essere provvista <strong>di</strong><br />

un span<strong>di</strong>concime del tipo span<strong>di</strong>letame a scaricamento laterale, nell’altro caso,<br />

quando cioè si usino prodotti pellettati, può invece impiegare uno span<strong>di</strong>concime<br />

classico, del tipo conico, utilizzato normalmente per lo span<strong>di</strong>mento dei concimi<br />

chimici.<br />

Il prodotto polverulento costa circa il 10-15 % in meno rispetto al pellettato,<br />

offre il vantaggio <strong>di</strong> fornire una maggiore superficie <strong>di</strong> attacco ai microrganismi<br />

del terreno e quin<strong>di</strong> subisce un più veloce processo <strong>di</strong> mineralizzazione anche


quando non sia interrato alla perfezione. Qualora i pellettati non siano bene incorporati<br />

nel terreno con idonee erpicature, possono rimanere nella loro forma,<br />

a cubetto, anche per mesi, a volte in annate siccitose si ritrovano indecomposti<br />

da un anno all’altro, risultando così inattaccabili dai microrganismi del terreno<br />

ed incapaci <strong>di</strong> svolgere la loro funzione fertilizzante. Per le motivazioni sopra<br />

addotte, in aziende agricole <strong>di</strong> me<strong>di</strong>e <strong>di</strong>mensioni si consiglia l’uso degli ammendanti<br />

in forma polverulenta da somministrare con uno span<strong>di</strong>concime carrellato<br />

specifico per la loro <strong>di</strong>stribuzione.<br />

Da qualche anno sono sempre più <strong>di</strong>sponibili formulati fertilizzanti allo stato<br />

liquido che possono essere utilizzati nella concimazione fogliare, alle dosi da etichetta,<br />

per aiutare la coltura nelle fasi più delicate della fisiologia della pianta.<br />

Ricorda!<br />

Fertilizzazione biologica del ficheto<br />

Ripetere le analisi del terreno ogni 5-6 anni.<br />

1) Fertilizzanti ammendanti pellettati (2-2-2): 20 q/ha<br />

+ 1 q/ha <strong>di</strong> solfato potassico magnesiaco oppure<br />

2) Letame tal quale 200 q/ha oppure<br />

3) Letame compostato 100 q/ha<br />

TEcNica dEL SoVEScio<br />

- <strong>di</strong>stribuzione autunnale <strong>di</strong> fertilizzanti a base <strong>di</strong> fosforo 2-3 q/ha + 1 q/ha<br />

<strong>di</strong> solfato potassico magnesiaco seguita da<br />

- semina autunnale <strong>di</strong> Favino 150 kg/ha oppure Lupino 100 kg /ha oppure<br />

veccia e avena (70 + 50 kg/ha)<br />

- trinciare ed interrare quando l’erbaio si trova a ¾ della fioritura.<br />

47


48<br />

7. Gestione del terreno<br />

7.1 LAvORAZIONI DEL TERRENO<br />

La loro funzione principale è <strong>di</strong> garantire alle ra<strong>di</strong>ci del fico le funzioni <strong>di</strong> ancoraggio<br />

al suolo e <strong>di</strong> nutrizione.<br />

Gli obiettivi che un fichicoltore del Cosentino deve raggiungere con le lavorazioni<br />

del terreno sono:<br />

- l’interramento dei concimi;<br />

- il contenimento delle erbe infestanti;<br />

- l’accumulo <strong>di</strong> acqua nel suolo;<br />

- la riduzione delle per<strong>di</strong>te idriche.<br />

Secondo l’epoca <strong>di</strong> attuazione si <strong>di</strong>stinguono:<br />

Lavorazioni autunnali o <strong>di</strong> fine inverno - generalmente sono le più profonde, massimo<br />

15-20 cm per evitare eccessivi danni alle ra<strong>di</strong>ci; si eseguono per ovviare al compattamento<br />

del terreno, facilitare l’accumulo dell’acqua piovana e la penetrazione<br />

dell’aria e nello stesso tempo sono utilizzate per interrare sia i concimi organici che<br />

quelli minerali. Tali operazioni si possono eseguire, a seconda delle con<strong>di</strong>zioni del<br />

terreno, con l’ ausilio <strong>di</strong> leggeri aratri a vomere o con erpici o a <strong>di</strong>schi.<br />

Lavorazioni primaverili ed estive: servono sia per interrare i concimi azotati che<br />

per interrompere la capillarità del terreno (e così ridurre l’evaporazione d’acqua) e<br />

per eliminare le malerbe. Generalmente si usano erpici a <strong>di</strong>schi od a denti flessibili<br />

e fresatrici.<br />

Foto 19. Fresatrice


L’uso <strong>di</strong> fresatrici è da sconsigliare in terreni argillosi non solo perchè determinano<br />

la formazione della suola <strong>di</strong> lavorazione ma anche perché inducono una<br />

destrutturazione del suolo.<br />

In questi ultimi anni, al fine <strong>di</strong> realizzare una miglior gestione del suolo negli arboreti<br />

irrigui, i tecnici consigliano sempre più frequentemente <strong>di</strong> adottare la tecnica<br />

dell’inerbimento controllato che consiste nel lasciare crescere nell’interfilare<br />

le essenze erbacee naturali il cui sviluppo viene controllato con l’uso <strong>di</strong> macchine<br />

trinciatutto. Sono numerosi i vantaggi <strong>di</strong> questa tecnica:<br />

- creazione <strong>di</strong> un tappeto erboso che, sebbene possa <strong>di</strong>ventare secco durante<br />

l’estate, attutisce la caduta dei fichi maturi evitando ammaccature e contatti<br />

<strong>di</strong>retti con il terreno;<br />

- possibilità <strong>di</strong> entrare in campo anche dopo le piogge;<br />

- sviluppo ra<strong>di</strong>cale anche nella parte più superficiale del terreno che resta in<strong>di</strong>sturbato<br />

non essendo interessato dalle lavorazioni dell’interfila;<br />

- il terreno assume una struttura migliore e si arricchisce in sostanza organica,<br />

per effetto sia della decomposizione del cotico erboso sia per la riduzione dei<br />

fenomeni <strong>di</strong> ruscellamento che provocherebbero erosione del suolo.<br />

Nella provincia <strong>di</strong> <strong>Cosenza</strong>, caratterizzata da estati siccitose, esiste il rischio che<br />

l’inerbimento effettuato nel ficheto non irriguo possa determinare eccessiva<br />

competizione idrica, che provoca ingiallimenti delle foglie e cascola dei frutti.<br />

L’inerbimento è quin<strong>di</strong> una tecnica la cui efficacia nel ficheto deve ancora essere<br />

valutata nelle <strong>di</strong>verse zone <strong>di</strong> coltivazione.<br />

7.2 IRRIGAZIONE<br />

Tra<strong>di</strong>zionalmente la coltura nella provincia <strong>di</strong> <strong>Cosenza</strong> non viene irrigata soprattutto<br />

se la primavera decorre con piogge normali fino a giugno inoltrato.<br />

In questi casi si configura per l’agricoltore una buon raccolto <strong>di</strong> fioroni e se la<br />

stagione estiva decorre secca, un abbondante raccolto <strong>di</strong> fichi veri o fòrniti.<br />

L’intervento irriguo <strong>di</strong>venta invece fondamentale nelle annate siccitose, nei seguenti<br />

casi:<br />

- nei primi tre anni <strong>di</strong> vegetazione come intervento <strong>di</strong> soccorso, al fine <strong>di</strong> consentire<br />

alle giovani ra<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> estendersi ed affrancarsi nel terreno. A partire<br />

dalla terza decade <strong>di</strong> giugno fino a metà agosto occorre assicurare almeno 4-5<br />

interventi irrigui localizzati sulle piante.<br />

- negli impianti adulti e specializzati in caso <strong>di</strong> siccità prolungata, a partire dalla<br />

seconda decade <strong>di</strong> maggio, occorre intervenire con moderate irrigazioni <strong>di</strong><br />

soccorso almeno 2-3 volte e con l’accortezza <strong>di</strong> sospenderle 10-15 giorni pri-<br />

49


50<br />

ma della raccolta. Irrigazioni abbondanti e prolungate in caso <strong>di</strong> siccità determinano<br />

spesso spaccatura dei frutti.<br />

In ogni caso è una pratica che va gestita correttamente in quanto ogni terreno<br />

ha le sue caratteristiche per ciò che concerne la possibilità <strong>di</strong> trattenere acqua e<br />

cederla alle piante.<br />

Come regola generale quando si effettua un’irrigazione, soprattutto <strong>di</strong> soccorso,<br />

si deve fare in modo che venga bagnato lo strato <strong>di</strong> terreno esplorato dalle ra<strong>di</strong>ci,<br />

che nei terreni argillosi si può considerare profondo <strong>di</strong> circa 20 cm, e <strong>di</strong> 30 cm nei<br />

terreni <strong>di</strong> me<strong>di</strong>o impasto. Dopo l’irrigazione si può verificare con una pala asciutta<br />

a che profon<strong>di</strong>tà è arrivata l’acqua.<br />

7.3 CONTROLLO DELLE ERbE SPONTANEE<br />

È necessario garantire un tempestivo controllo delle erbe spontanee perchè esercitano<br />

una competizione <strong>di</strong>retta con le piante <strong>di</strong> fico per quanto riguarda i nutrienti<br />

e l’umi<strong>di</strong>tà del terreno.<br />

Nel ficheto inerbito si deve provvedere allo sfalcio perio<strong>di</strong>co o alla trinciatura<br />

delle erbe spontanee ogni qual volta esse raggiungono l’altezza <strong>di</strong> 15-20 cm, per<br />

evitare che si formino attorno alla base del tronco fitte corone <strong>di</strong> erba (che vanno<br />

almeno tolte con la zappa), creano con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> ombreggiamento e persistenza<br />

del bagnato che pre<strong>di</strong>spongono ad attacchi <strong>di</strong> malattie fungine e <strong>di</strong> insetti nocivi.<br />

In conduzione biologica del ficheto oltre all’intervento manuale o meccanico <strong>di</strong><br />

cui sopra, può essere utile creare a ridosso della base della pianta un’area in cui<br />

il controllo delle malerbe viene effettuato a mezzo <strong>di</strong> un quadrato <strong>di</strong> telo pacciamante<br />

<strong>di</strong> nailon intrecciato <strong>di</strong> un metro <strong>di</strong> lato. In conduzione integrata si può<br />

intervenire con un erbicida sistemico a base <strong>di</strong> glifosate da irrorare lungo il filare<br />

fino alla <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> un metro dal tronco.


8. Avversità<br />

e mezzi <strong>di</strong> <strong>di</strong>fesa<br />

Per quanto riguarda specificatamente il prodotto essiccato, si veda il capitolo<br />

sull’essiccazione.<br />

8.1 AvvERSITà DA FATTORI METEOROLOGICI<br />

Tra i fattori climatici che più danneggiano il fico vi è il freddo che può risultare, in<br />

alcune annate, particolarmente dannoso per gli organi non lignificati e i frutti in<br />

formazione. Le aree più a rischio per questa avversità sono quelle più umide con<br />

ristagni d’aria. Le piantine più sensibili sono quelle micropropagate ancora non<br />

pienemente acclimatate, il cui apice vegetativo facilmente necrotizza.<br />

Preventivamente si possono proteggere le piantine o il tronco con coperture <strong>di</strong><br />

vario tipo (paglia, tessuto non tessuto ecc.).<br />

Nei casi <strong>di</strong> danno si asporta la parte aerea compromessa favorendo così l’emissione<br />

<strong>di</strong> gemme laterali per ricostituire la chioma. Le foto che seguono mostrano<br />

come intervenire con la potatura in tre casi <strong>di</strong> danni su piantine micropropagate.<br />

Casi particolari <strong>di</strong> potatura a seguito <strong>di</strong> danni da freddo su piantine micropropagate<br />

<strong>di</strong> due anni:<br />

1° caso: pianta <strong>di</strong> due anni parzialmente danneggiata dal freddo nella parte apicale.<br />

Intervento effettuato: rimozione della parte apicale danneggiata me<strong>di</strong>ante<br />

taglio e allevamento <strong>di</strong> un ramo laterale come futuro fusto.<br />

Reazione della pianta<br />

alla ripresa vegetativa<br />

51


52<br />

2° caso: Pianta <strong>di</strong> due anni parzialmente<br />

danneggiata dal freddo con<br />

presenza <strong>di</strong> rami laterali.<br />

Intervento effettuato: rimozione<br />

della parte apicale danneggiata<br />

me<strong>di</strong>ante taglio, in<br />

modo da favorire lo sviluppo<br />

<strong>di</strong> uno o più rami laterali.<br />

3° caso: Pianta <strong>di</strong> due anni con parte apicale completamente danneggiata.<br />

Intervento effettuato: taglio completo al <strong>di</strong> sopra del colletto, variabile<br />

da 5 ad 8 cm in modo da stimolare le gemme latenti situate al <strong>di</strong> sotto<br />

del taglio a sviluppare germogli.<br />

Emissione <strong>di</strong> foglioline<br />

da gemme latenti<br />

al <strong>di</strong>sotto del taglio<br />

Reazione della pianta alla ripresa vegetativa:<br />

Altro fenomeno connesso al freddo sono le gelate primaverili che colpiscono i<br />

fioroni in formazione.<br />

Le gran<strong>di</strong>nate primaverili sono invece causa <strong>di</strong> danni su foglie già formate o in<br />

fase <strong>di</strong> sviluppo causando fori e deformazioni. Sui rami non lignificati possono<br />

provocare ferite che possono degenerare in necrosi e consentire l’ingresso a patogeni<br />

fungini.<br />

Le temperature elevate possono essere causa <strong>di</strong> danni agli organi teneri della<br />

pianta, soprattutto ai frutti. Temperature estive elevate e siccità prolungata sono<br />

causa <strong>di</strong> forte <strong>di</strong>sidratazione a carico dei forniti con conseguente cascola anticipata,<br />

mentre sulle foglie si possono manifestare necrosi dei bor<strong>di</strong>.


In annate particolarmente afose e con impianti esposti ad ovest, sono stati segnalati<br />

danni a carico delle foglie che risultano ingiallite e soggette a caduta,<br />

mentre i frutti si presentano <strong>di</strong> piccola pezzatura e con buccia ispessita.<br />

La siccità può determinare un ritardo della maturazione dei frutti con un conseguente<br />

prolungamento della raccolta fino a settembre. Disidratazioni analoghe<br />

con cascole anticipate, si manifestano anche in presenza <strong>di</strong> venti cal<strong>di</strong>.<br />

Preventivamente, in annate con decorso primaverile siccitoso che si prolunga fino<br />

alla produzione dei fioroni ed oltre, si deve intervenire con irrigazioni <strong>di</strong> soccorso<br />

(si veda “irrigazione”). Per contro piogge estive, o sovrabbondanti irrigazioni,<br />

sono causa <strong>di</strong> un eccesso <strong>di</strong> idratazione dei frutti che <strong>di</strong>ventano più sensibili agli<br />

attacchi fungini, ai processi <strong>di</strong> aci<strong>di</strong>ficazione e alle fisiopatie. Per la produzione<br />

dei forniti da essiccare il verificarsi <strong>di</strong> piogge nel periodo <strong>di</strong> appassimento sull’albero<br />

ne provoca la spaccatura e la cascola anticipata.<br />

Secondo i nuovi orientamenti nella tecnologia <strong>di</strong> essiccazione è consigliabile raccogliere<br />

i forniti al momento del viraggio <strong>di</strong> colore (fase <strong>di</strong> preessiccazione sulla<br />

pianta) e completare il processo <strong>di</strong> <strong>di</strong>sidrazione nelle serre <strong>di</strong> essiccazione che<br />

sono state introdotte nell’area <strong>di</strong> produzione della DOP a partire dal 2006.<br />

8.2 AvvERSITà PARASSITARIE<br />

Considerando che le avversità parassitarie cui è soggetto il fico sono numerosissime,<br />

qui saranno considerate solo quelle <strong>di</strong> più recente e importante presenza<br />

nella zona.<br />

8.2.1 virus e virus-simili<br />

Fra le <strong>di</strong>verse malattie che colpiscono il fico, più <strong>di</strong> tutte è presente il<br />

Mosaico del fico: è una malattia virus-simile ormai <strong>di</strong>ffusa in quasi tutto<br />

il mondo; sulle foglie causa un tipico sintomo a mosaico, con maculature<br />

anulari, deformazione e necrosi delle nervature fogliari; può attaccare anche<br />

i frutti deformandoli e quin<strong>di</strong> rendendoli incommerciabili.<br />

Al fine <strong>di</strong> contenere la malattia nei vivai <strong>di</strong> moltiplicazione che operano la<br />

propagazione del fico su gran<strong>di</strong> numeri, si deve tenere conto che qualunque<br />

sia la tecnica adottata, il materiale da propagare deve essere prelevato<br />

da piante madri sane, identificabili (almeno in prima approssimazione)<br />

ad occhio in estate guardando non solo la pianta nel suo insieme, ma<br />

soprattutto le foglie che, controluce, non devono mostrare le chiazze giallastre<br />

tipiche della malattia. I sintomi sopra descritti sono maggiormente<br />

53


54<br />

evidenti sulle giovani foglie già nel mese <strong>di</strong> maggio. Maggiori sicurezze<br />

sulla presenza/assenza <strong>di</strong> virus vengono effettuate me<strong>di</strong>ante opportuni<br />

saggi <strong>di</strong> laboratorio (E.L.I.S.A., inoculi su piante test, ecc.). La malattia è<br />

trasmissibile me<strong>di</strong>ante l’acaro Aceria ficus e probabilmente anche attraverso<br />

forbici, seghetti, accette e coltelli da innesto.<br />

LOTTA: è quasi esclusivamente preventiva, si attua mettendo a <strong>di</strong>mora<br />

piante sane o risanate. Tuttavia è consigliabile <strong>di</strong>sinfettare gli attrezzi da<br />

lavoro in una soluzione d’ipoclorito <strong>di</strong> so<strong>di</strong>o (varechina), poi lavarli in acqua,<br />

prima <strong>di</strong> usarli da una pianta all’altra.<br />

8.2.2 batteriosi<br />

Foto 20. Effetti sulle foglie<br />

del mosaico del fico<br />

Pseudomonas fici: causa il <strong>di</strong>sseccamento dei getti e dei rami giovani<br />

con fessurazioni della corteccia e dei no<strong>di</strong> corticali compromettendo la<br />

fogliazione.<br />

La LOTTA consiste nell’asportare e bruciare le parti <strong>di</strong> chioma infetta.<br />

8.2.3 Malattie crittogamiche<br />

Cancro del tronco: Phomopsis cinerescens è il principale parassita<br />

degli organi legnosi del fico in particolare <strong>di</strong> branche e del tronco <strong>di</strong> piante<br />

deperite. I sintomi più evidenti sono le depressioni corticali con necrosi


che poi evolvono in lesioni e successivamente screpolamento e <strong>di</strong>stacco<br />

della corteccia. Le manifestazioni del parassita sono risultati maggiormente<br />

presenti nelle aziende dove si eseguono solo spora<strong>di</strong>che potature<br />

<strong>di</strong> rimonda.<br />

Nelle aziende dove vengono effettuate regolari potature, si rileva un’incidenza<br />

minima del patogeno. La malattia colpisce giovani e vecchi rami<br />

<strong>di</strong> varie <strong>di</strong>mensioni. La gravità <strong>di</strong> attacco <strong>di</strong>pende dalla superficie e dalla<br />

circonferenza interessata dal ramo colpito. L’attacco che copre l’intera circonferenza<br />

ha esito letale nella parte apicale del ramo, altrimenti causa<br />

sviluppo e crescita ridotta (foto n. 22). Probabile vettore della malattia è il<br />

coleottero Hypoborus ficus.<br />

LOTTA: si attua migliorando, con razionali interventi agronomici, lo stato<br />

vegetativo dell’albero, <strong>di</strong>sinfettando accuratamente la ferita dopo aver<br />

asportato e bruciato il legno infetto.<br />

Per contenere le infezioni della malattia sulle parti sane della pianta a<br />

seguito della potatura, è necessario ricoprire con mastici i grossi tagli ed<br />

irrorare successivamente la chioma, le branche ed il fusto con prodotti<br />

rameici somministrati a dose da etichetta.<br />

Foto 21. Visibili manifestazioni <strong>di</strong> attacchi <strong>di</strong> Phomopsis cinerescens su giovani rami<br />

55


56<br />

Foto 22. Visibili manifestazioni <strong>di</strong> attacchi <strong>di</strong> Phomopsis cinerescens su giovani rami<br />

Fusariosi: Fusarium lateritium. Questo patogeno, <strong>di</strong>ffuso su molte<br />

piante arboree, è stato in<strong>di</strong>viduato anche sul fico sul quale colonizza <strong>di</strong>versi<br />

organi legnosi comprese le grosse branche; appare generalmente<br />

favorito da con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> debolezza degli organi legnosi, determinate da<br />

varie cause e in particolar modo dalle basse temperature. Il fungo sulle<br />

piante determina necrosi della porzione terminale dei rametti che si ricoprono<br />

<strong>di</strong> una caratteristica colorazione rosa-arancione dovuta alla presenza<br />

degli organi riproduttivi del patogeno (i conì<strong>di</strong>).<br />

Muffa grigia: Botrytis cinerea attacca i tessuti, sia morti sia deperiti,<br />

<strong>di</strong> rami, foglie e frutti; se l’umi<strong>di</strong>tà è elevata si sviluppa la muffa grigio<br />

cinerea. Sui frutti causa un marciume molle che, visto da vicino, ricorda i<br />

sintomi che si manifestano sull’uva attaccata dallo stesso parassita.<br />

LOTTA: è utile asportare con la potatura le parti morte o deperite e bruciarle<br />

subito, giacché il materiale <strong>di</strong> risulta può essere veicolo <strong>di</strong> <strong>di</strong>ffusione<br />

della malattia sulle piante sane; oppure effettuare trattamenti con prodotti<br />

a base <strong>di</strong> rame nel periodo invernale.


Foto 23.<br />

Danni provocati<br />

da Botrytis cinerea<br />

su giovane pianta<br />

<strong>di</strong> fico<br />

Marciumi ra<strong>di</strong>cali: le ra<strong>di</strong>ci sono molto sensibili a Rosellinia necatrix<br />

e Armillaria mellea (riconoscibile per i carpofori a caratteristici “chio<strong>di</strong>ni”).<br />

Entrambi colpiscono più facilmente le piante debilitate: il primo si sviluppa<br />

in terreni freschi, il secondo in terreni relativamente più cal<strong>di</strong>.<br />

LOTTA: è essenzialmente <strong>di</strong> tipo preventivo e consiste sia nell’attuare<br />

un corretto drenaggio per evitare ristagni idrici, sia nell’eliminare prima<br />

dell’impianto i residui della vegetazione precedente.<br />

Alternaria: Alternaria<br />

fici. Causa sui frutti aree necrotiche<br />

<strong>di</strong> forma subcircolare,<br />

sulle quali si sviluppano<br />

i coni<strong>di</strong>, attribuendo loro<br />

un colore nerastro. Al genere<br />

Alternaria sono ascrivibili<br />

altre specie, che causano<br />

maculature fogliari <strong>di</strong> vario<br />

tipo e possono danneggiare<br />

gravemente i fichi, sia freschi<br />

sia in essiccazione.<br />

Foto 24. Esiti dell’attacco <strong>di</strong> Alternaria spp su fichi essiccati<br />

LOTTA: per contenere la malattia è possibile irrorare la chioma ed il fusto<br />

con prodotti a base <strong>di</strong> rame ad alte concentrazioni nel periodo invernale.<br />

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58<br />

8.2.4 Insetti<br />

Cocciniglia del fico: Ceroplastes rusci. Questa cocciniglia è quella che<br />

crea più danni al fico. Negli ultimi anni ne è stata segnalata la presenza<br />

in <strong>di</strong>versi comuni del comprensorio fichicolo della provincia <strong>di</strong> <strong>Cosenza</strong>,<br />

sia nel versante a destra che a sinistra del fiume Crati. Si manifesta con<br />

frequenza ciclica e non appare contemporaneamente in tutte le aree fichicole:<br />

in un anno può manifestarsi in una determinata zona e se non<br />

si attiva la <strong>di</strong>fesa, l’anno successivo, può propagarsi alle zone limitrofe e<br />

così via. Per esempio, nel 2006 è apparsa dopo molti anni nel comune <strong>di</strong><br />

Zumpano causando molti danni; nell’anno successivo si è propagata verso<br />

i comuni limitrofi <strong>di</strong> San Pietro in Guarano, <strong>di</strong> Castiglione Cosentino e<br />

Rose; nel 2008 è apparsa sull’altro versante del fiume Crati e precisamente<br />

in contrada Muoio <strong>di</strong> <strong>Cosenza</strong> e a Rende nella zona Dattoli con evidenti<br />

attacchi a carico <strong>di</strong> <strong>di</strong>versi organi della pianta.<br />

L’insetto compie due generazioni all’anno. In primavera le femmine adulte<br />

depongono le uova; fuoriescono le neani<strong>di</strong> che si inse<strong>di</strong>ano su rami, foglie<br />

e frutti causando deperimento anche grave degli organi colpiti e caduta<br />

dei frutti. Inoltre l’abbondante melata prodotta, imbratta la vegetazione<br />

e costituisce un substrato ideale per lo sviluppo della fumaggine. Il follicolo<br />

femminile è <strong>di</strong> colore scuro, a forma <strong>di</strong> scudo <strong>di</strong> testuggine, quello<br />

maschile, bianco, presenta 15 raggi cerosi che sporgono dai bor<strong>di</strong>. Questa<br />

cocciniglia viene a svilupparsi soprattutto in località calde ed umide e su<br />

alberi con chioma molto fitta.<br />

Foto 25 e 26. Attacchi <strong>di</strong> Ceroplastes<br />

rusci su rami


Foto 27 e 28. Particolare<br />

<strong>di</strong> attacchi <strong>di</strong> Ceroplaste<br />

rusci su foglie e frutti<br />

LOTTA: è prevalentemente chimica da effettuarsi con oli bianchi leggeri<br />

alla dose <strong>di</strong> 2 kg/ha e al momento della massima fuoriuscita delle neani<strong>di</strong>.<br />

Buoni risultati si possono ottenere con interventi meccanici (spazzolature<br />

o strofinamenti invernali) che asportino la popolazione presente, ma per<br />

gli elevati costi <strong>di</strong> esecuzione l’operazione va attentamente valutata.<br />

Tignola del fico o Antofila: Choreutis nemorana - Simaethis nemorana.<br />

Causa danni in termini <strong>di</strong> forti erosioni delle foglie e, in misura minore,<br />

dei frutti. La larva, a maturità, è <strong>di</strong> colore giallo-verdastro, porta verruche<br />

pilifere nere su ogni segmento e ha il capo aranciato. Le erosioni si ve-<br />

59


60<br />

rificano prevalentemente sulla pagina superiore della foglia rispettando<br />

quella inferiore e le nervature.<br />

Foto 29. Danni da tignola su foglie <strong>di</strong> fico<br />

L´incrisalidamento avviene alla fine <strong>di</strong> giugno-inizio <strong>di</strong> luglio all´interno <strong>di</strong><br />

porzioni <strong>di</strong> foglie unite tra loro. La prima generazione <strong>di</strong> adulti compare<br />

da metà maggio ai primi <strong>di</strong> giugno; la seconda generazione dalla fine <strong>di</strong><br />

luglio a tutto agosto. Le uova sono deposte in ooplacche sulla pagina<br />

inferiore delle foglie; le larvette appena sgusciate erodono la pagina superiore<br />

delle foglie.<br />

Foto 30. Fasi larvali <strong>di</strong> Choreutis nemorana del fico


LOTTA: generalmente non è necessario effettuare alcun intervento. Previo<br />

monitoraggio degli adulti con trappole a feromoni sessuali ed in caso d’eccessiva<br />

presenza, si può intervenire con prodotti a base <strong>di</strong> Bacillus thuringiensis<br />

varietà Kurstachi. In piccole coltivazioni può essere utile la pronta<br />

raccolta a mano delle prime foglie infestate.<br />

Mosca della frutta: Ceratitis capitata. È un <strong>di</strong>ttero polifago molto <strong>di</strong>ffuso<br />

e pericoloso perché compie da 5 ad oltre 10 generazioni all’anno. Al viraggio<br />

del colore dei frutti le femmine ovidepongono sotto l’epidermide; le larve,<br />

lunghe circa 5 mm, biancastre, penetrano nella polpa causando la cascola<br />

dei frutti prima della maturazione, e marcescenza; all’esterno del luogo della<br />

puntura, marcisce un’area circolare. In un frutto si possono trovare da poche<br />

ad oltre 70 larve.<br />

LOTTA: si attua previo monitoraggio utilizzando trappole prevalentemente<br />

cromotropiche al fine <strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduare il periodo ottimale per <strong>di</strong>sporre nell’appezzamento<br />

delle esche proteiche.<br />

Cavalletta: Calliptamus italicus. Comunemente nota come cavalletta dei<br />

prati o locusta dalle ali rosa, è un insetto ortottero del bacino me<strong>di</strong>terraneo.<br />

Di recente sono state segnalate infestazioni <strong>di</strong> cavallette, in alcune aree del<br />

cosentino, su nuovi impianti <strong>di</strong> ficheto con consistenti danni alle piante giovani.<br />

Gli adulti sono <strong>di</strong> colore grigio o brunastro e presentano un accentuato<br />

<strong>di</strong>morfismo sessuale; il maschio raggiunge una lunghezza <strong>di</strong> 13-26 mm e la<br />

femmina <strong>di</strong> 21-36 mm. Le forme giovanili (neani<strong>di</strong>), biancastre appena nate,<br />

<strong>di</strong>ventano scure in poco tempo e attraverso più mute raggiungono lo sta<strong>di</strong>o<br />

<strong>di</strong> immagine in 40-50 giorni. L´insetto compie una generazione all´anno.<br />

Le neani<strong>di</strong> nascono<br />

dalla fine <strong>di</strong> maggio<br />

alla fine <strong>di</strong> luglio,<br />

scalarmente in relazione<br />

ad altitu<strong>di</strong>ne<br />

ed esposizione. In<br />

caso <strong>di</strong> forte infestazione<br />

si riuniscono<br />

in massa ricoprendo<br />

interamente il terreno.<br />

I primi adulti Foto 31. Adulto <strong>di</strong> Calliptamus italicus<br />

61


62<br />

compaiono in luglio e si spostano in volo per brevi <strong>di</strong>stanze. L´ovideposizione<br />

viene effettuata in agosto in aree circoscritte (“grillare”), prevalentemente in<br />

terreni compatti, esposti a sud, dotati <strong>di</strong> pendenza e quin<strong>di</strong> meno soggetti<br />

a ristagni idrici.<br />

Foto 32.<br />

Calliptamus italicus<br />

e danni evidenti a<br />

carico <strong>di</strong> giovani<br />

rami e foglie


I danni riscontrati su piante <strong>di</strong> fico si verificano a carico degli organi non<br />

lignificati: erosioni dei giovani fusticini, germogli e foglie. Gli attacchi se<br />

particolarmente forti causano deperimento e/o anche morte della giovane<br />

pianta (Foto n. 32 ).<br />

LOTTA: l’utilizzo <strong>di</strong> mezzi chimici sulle forme adulte è pressochè inutile, sensibili<br />

a tale intervento risultano invece le neani<strong>di</strong>. Poiché facile preda <strong>di</strong> volatili,<br />

le infestazioni vengono controllate meglio attraverso l’impiego <strong>di</strong> volatili<br />

domestici al pascolo (galline, faraone ecc.).<br />

Scoliti<strong>di</strong>: questi coleotteri scavano gallerie a <strong>di</strong>versa profon<strong>di</strong>tà su rami,<br />

branche e tronco; i più dannosi agenti sono Hypoborus ficus <strong>di</strong> colore nero<br />

e Anisandrus <strong>di</strong>spar <strong>di</strong> colore scuro.<br />

LOTTA: consiste nel colpire gli adulti che si accingono alla riproduzione e<br />

i giovani adulti appena sfarfallati. I rami infestati vanno rimossi e <strong>di</strong>strutti;<br />

utile anche l’uso <strong>di</strong> rami esca: i resti della potatura opportunamente accumulati<br />

nelle interfile sono in grado <strong>di</strong> attirare le femmine ovideponenti; ad<br />

inizio primavera e prima degli sfarfallamenti, questi cumuli vanno asportati<br />

e bruciati.<br />

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64<br />

9. Raccolta<br />

e lavorazione dei fichi<br />

Ricor<strong>di</strong>amo che la pianta ottenuta da talee e polloni ra<strong>di</strong>cali inizia a fruttifi¬care<br />

dopo 3-4 anni e raggiunge la massima produttività (40-60 kg <strong>di</strong> frutti) tra i 6 e<br />

i 10 anni, rimanendo produttiva fino a circa 40 anni. Dopo tale periodo inizia la<br />

fase <strong>di</strong> calo produttivo.<br />

Quantità<br />

q.li/ha<br />

80-100<br />

Intervallo <strong>di</strong> inizio<br />

piena produzione<br />

0 3 6 10<br />

CICLO PRODUTTIvO DI UN FICHETO<br />

NELLA PROvINCIA DI COSENZA (var. Dottato)<br />

Anno <strong>di</strong> entrata<br />

in produzione<br />

La produzione <strong>di</strong> un ficheto è influenzata dalle con<strong>di</strong>zioni pedoclimatiche e dalla<br />

cultivar. La bibliografia scientifica <strong>di</strong> riferimento riferisce che impianti <strong>di</strong> Dottato<br />

in coltivazione tra<strong>di</strong>zionale e nelle migliori con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> terreno, possono produrre<br />

dagli 80 ai 100 q.li <strong>di</strong> fico per ettaro. In terreni particolarmente pesanti e in<br />

asciutto la me<strong>di</strong>a si attesta intorno ai 50-70 q.li ad ettaro.<br />

9.1 FICHI PER IL CONSUMO FRESCO<br />

Limite temporale<br />

della piena produzione<br />

30 40 n.<br />

La varietà Dottato che è bifera produce i fioroni dalla fine <strong>di</strong> giugno a metà luglio,<br />

commercializzati per lo più come frutti freschi, e i forniti o fichi veri dalla prima<br />

decade <strong>di</strong> agosto e fino a settembre, commercializzati freschi ma in prevalenza<br />

essiccati.<br />

I fichi da consumo fresco sono facilmente deperibili nel breve periodo, principalmente<br />

perchè l’epidermide è particolarmente sensibile agli urti e alle pressioni,


che se fatte in modo brusco e frettoloso sono causa <strong>di</strong> rottura e annerimento<br />

della buccia.<br />

La raccolta va fatta in modo graduale, nelle ore più fresche del mattino, afferrando<br />

con le <strong>di</strong>ta il peduncolo che va staccato insieme al frutto integro. Per evitare<br />

la lacerazione del frutto in prossimità del peduncolo, quando questo mostri una<br />

certa resistenza al <strong>di</strong>stacco, è bene utilizzare coltelli affilati.<br />

Il prodotto dopo la raccolta può essere sistemato in cassette a file singole o sistemati<br />

in appositi plateaux alveolari e inviato in tempi brevi alla ven<strong>di</strong>ta locale,<br />

o fuori regione su mezzi refrigerati o a centri <strong>di</strong> lavorazione (con<strong>di</strong>zionamento e<br />

confezionamento specifici).<br />

9.2 FICHI DA ESSICCARE<br />

I fichi veri o forniti sono destinati alla produzione dei fichi secchi.<br />

La resa del fresco in essiccato varia dal 30 al 40% ed è fortemente influenzata<br />

dall’andamento stagionale e dal tempo <strong>di</strong> esposizione al sole.<br />

La pratica comporta una buona dose <strong>di</strong> manualità e <strong>di</strong> saper fare tra<strong>di</strong>zionalmente<br />

acquisiti: requisiti, questi, che consentono <strong>di</strong> evitare, da un lato, che una<br />

esposizione prolungata al sole comporti eccessiva per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> peso ed indurimento<br />

e, dall’altro, che una esposizione troppo breve lasci nei frutti eccessiva acqua, con<br />

conseguente ammuffimento e annerimento del prodotto.<br />

9.2.1 Essiccazione naturale<br />

Le con<strong>di</strong>zioni climatiche della provincia<br />

<strong>di</strong> <strong>Cosenza</strong> nel periodo precedente<br />

la raccolta, caratterizzate<br />

da forte insolazione, piogge poco<br />

frequenti o assenti e, soprattutto,<br />

ridotte percentuali <strong>di</strong> umi<strong>di</strong>tà (sia<br />

durante le ore <strong>di</strong>urne che notturne),<br />

consentono una pre-essicazione<br />

del fico assolutamente naturale.<br />

Infatti i fichi sono lasciati sui rami<br />

in pianta fino a che raggiungono<br />

un avanzato grado <strong>di</strong> appassimento,<br />

accompagnato da variazione<br />

del colore (dal verde al giallo con<br />

65


66<br />

sfumature beige) e da piegature<br />

del peduncolo, sicché restano pendenti.<br />

Per queste caratteristiche<br />

assunte, i fichi vengono localmente<br />

nominati “passuluni”.<br />

La piegatura del fico sul peduncolo<br />

precede il <strong>di</strong>stacco naturale. Tale<br />

fenomeno agevola sia la raccolta<br />

manuale <strong>di</strong>retta dalla pianta, sia<br />

che quella realizzata con una semplice<br />

scrollatura delle branche principali,<br />

cui segue la raccolta da terra<br />

o da teli sottostanti.<br />

Foto 36. Fico “ passulune” pronto per <strong>di</strong>staccarsi<br />

naturalmente dal ramo<br />

9.2.2 Essiccazione con metodo tra<strong>di</strong>zionale<br />

Foto 33, 34 e 35.<br />

Vari sta<strong>di</strong> <strong>di</strong> appassimento<br />

dei frutti sull’albero fino<br />

alla formazione dei “passuluni”.<br />

Al fine <strong>di</strong> ottenere una ulteriore<br />

<strong>di</strong>sidratazione, i fichi<br />

devono completare il processo<br />

<strong>di</strong> essiccazione restando<br />

esposti al sole, per un<br />

periodo <strong>di</strong> tempo che va da<br />

tre a sette giorni, a seconda<br />

del grado <strong>di</strong> maturazione e<br />

del metodo utilizzato (o tra<strong>di</strong>zionale<br />

o protetto).<br />

I fichi vengono adagiati su supporti <strong>di</strong> canne (cannizzi), metallo o altro<br />

materiale trattato per uso alimentare, il cui fondo consenta il passaggio<br />

d’aria e la conseguente per<strong>di</strong>ta d’acqua dei frutti, e fatti asciugare al sole<br />

per un periodo <strong>di</strong> tempo che va da tre a sette giorni a seconda del loro<br />

grado <strong>di</strong> maturazione. Per evitare contaminazione con elementi estranei<br />

(insetti, polvere ecc.) è buona norma igienica coprire i frutti con teli traforati<br />

per uso alimentare (quali “tessuto naturale”, “tessuto non tessuto”,<br />

reti).<br />

Durante tale periodo, i fichi devono essere:<br />

- rivoltati almeno due volte al giorno nei primi tre giorni, al fine <strong>di</strong> raggiungere<br />

una essiccazione uniforme;


- protetti dall’umi<strong>di</strong>tà notturna o da piogge inattese me<strong>di</strong>ante il ricovero<br />

in locali coperti o me<strong>di</strong>ante la copertura dei supporti con teli <strong>di</strong><br />

materiale igienico traspirante e posizionati in modo tale da evitarne il<br />

contatto con i frutti.<br />

Foto 37. Essiccazione con metodo tra<strong>di</strong>zionale all’aria aperta sui “cannizzi”<br />

Foto 38. Sistemazione dei fichi sui “cannizzi”<br />

9.2.3 Essiccazione in ambiente protetto<br />

Tale metodo, <strong>di</strong> recente introduzione, prevede l’essiccazione dei frutti in<br />

serre, parzialmente o totalmente chiuse, con copertura in vetro o altro<br />

materiale trasparente alla luce e aperture regolabili in modo che la temperatura<br />

massima possa essere mantenuta inferiore a 50°C, per un periodo<br />

massimo <strong>di</strong> 5 giorni. Le serre devono essere dotate alle porte e ad ogni<br />

apertura <strong>di</strong> reti antinsetti: la loro presenza è decisiva per non far entrare<br />

67


68<br />

nelle serre gli infestanti e per consentire contemporaneamente l’arieggiamento<br />

interno necessario per contenere il calore e far uscire l’umi<strong>di</strong>tà; a<br />

tal fine è utile posizionare la serra con le porte verso la locale ventilazione<br />

naturale.<br />

La temperatura non deve salire oltre il limite <strong>di</strong> cui sopra, perché causa<br />

due or<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> problemi:<br />

- aumenta fortemente lo sviluppo <strong>di</strong> aflatossine;<br />

- toglie ai fichi qualità rendendoli più secchi e <strong>di</strong> colore troppo imbrunito.<br />

I fichi vengono adagiati su supporti del tipo <strong>di</strong> quelli descritti al punto<br />

precedente posti ad una altezza da terra variabile dai 60 ai 100 cm.<br />

Nei primi tre giorni è necessario rivoltare almeno due volte al giorno i fichi<br />

per assicurare uniforme essiccazione e colorazione del prodotto.<br />

Foto 39. Serra per l’essiccazione dei fichi nei nuovi impianti<br />

Foto 40. Particolare <strong>di</strong> interno <strong>di</strong> una serra <strong>di</strong> essiccazione.<br />

Confrontotra cannizzi e moderni graticci in legno (in primo piano).<br />

In seguito al processo <strong>di</strong> essiccazione (tra<strong>di</strong>zionale o protetto) il prodotto<br />

raggiunge un tenore <strong>di</strong> umi<strong>di</strong>tà compreso tra il 20% (che permette <strong>di</strong> conservarli<br />

meglio) e il 40% (che li rende più gradevoli al gusto). Tale livello <strong>di</strong>


umi<strong>di</strong>tà favorisce le lavorazioni successive<br />

del prodotto e corrisponde all’ampiezza <strong>di</strong><br />

valori che si riscontrava tra<strong>di</strong>zionalmente<br />

attraverso la verifica della mancata fuoriuscita<br />

della polpa premendo il frutto tra<br />

in<strong>di</strong>ce e pollice. Variazioni <strong>di</strong> umi<strong>di</strong>tà al <strong>di</strong><br />

sotto o al <strong>di</strong> sopra dei limiti in<strong>di</strong>cati possono<br />

compromettere la qualità e la salubrità<br />

del prodotto:<br />

- un tasso minore <strong>di</strong> umi<strong>di</strong>tà provocherebbe<br />

un <strong>di</strong>sidratamento eccessivo del<br />

frutto, che <strong>di</strong>venterebbe stopposo;<br />

- un tasso maggiore comporterebbe l’annerimento<br />

dei fichi e il pericolo della<br />

insorgenza <strong>di</strong> muffe.<br />

9.2.4 Problematiche fitosanitarie connesse all’essiccazione<br />

Foto 41. <strong>Fichi</strong> essiccati<br />

all’ultimo sta<strong>di</strong>o<br />

I prodotti alimentari sono aggre<strong>di</strong>bili da funghi capaci <strong>di</strong> produrre micotossine<br />

molto velenose per l’organismo umano (aflatossine, ocratossine<br />

ecc.). Le più pericolose sono le aflatossine, responsabili <strong>di</strong> epatocarcinomi.<br />

Aflatossine: sono prodotte dal metabolismo secondario <strong>di</strong> alcuni ceppi<br />

fungini <strong>di</strong> Aspergillus flavus e Aspergillus parasiticus, che si sviluppano su<br />

numerosi substrati vegetali come la frutta secca ed essiccata, sia durante<br />

la coltivazione che durante il raccolto e l’immagazzinamento. La produzione<br />

<strong>di</strong> aflatossine da parte dell’Arspergillus flavus risulta inoltre particolarmente<br />

abbondante in stagioni con temperature superiori alla me<strong>di</strong>a e<br />

piovosità non elevata. La presenza d’insetti spesso coincide con alti livelli<br />

<strong>di</strong> aflatossine, in quanto essi sono da considerare tra i maggiori responsabili<br />

della contaminazione sia perché veicolano le spore fungine, sia perchè<br />

danneggiano la pianta aumentandone l’esposizione all’attacco fungino.<br />

Efestie: (Ephestia spp). A questo genere <strong>di</strong> insetti lepidotteri appartengono<br />

specie prevalentemente polifaghe; compiono notevoli danni allo stato<br />

<strong>di</strong> larva su derrate alimentari conservate. Sui frutti <strong>di</strong> fico in essiccamento<br />

o <strong>di</strong>sseccati si trova più frequentemente l’Ephestia cautella, o tignola dei<br />

fichi secchi. L’adulto è una farfallina grigiastra, la larva matura è biancastra<br />

lunga 12-14 mm. Svolge una generazione all’ anno svernando in tutti<br />

gli sta<strong>di</strong> nelle derrate in magazzino. I danni consistono nella incommesti-<br />

69


70<br />

bilità dei siconi attaccati che vengono riempiti da secrezioni e deiezioni<br />

larvali.<br />

LOTTA: è soprattutto preventiva e consiste nella <strong>di</strong>sinfestazione dei locali<br />

<strong>di</strong> conservazione, impiego <strong>di</strong> reti antiinsetti alle finestre o alle prese d’aria<br />

delle serre. Anche l’impiego delle trappole luminose e feromoniche può<br />

risultare utile.<br />

Foto 42 Ephestia cautella


10. Elaborazioni<br />

tra<strong>di</strong>zionali con<br />

i <strong>Fichi</strong> <strong>di</strong> <strong>Cosenza</strong><br />

I <strong>Fichi</strong> secchi <strong>di</strong> <strong>Cosenza</strong> possono essere commercializzati come tali oppure lavorati<br />

per ottenere delle Elaborazioni tra<strong>di</strong>zionali che rappresentano il patrimonio esclusivo<br />

degli operatori locali <strong>di</strong> questa provincia.<br />

<strong>Fichi</strong> secchi al naturale (fichi janchi)<br />

I fichi, una volta essiccati (col il metodo tra<strong>di</strong>zionale o col metodo protetto) possono<br />

essere commercializzati come tali.<br />

In questo caso devono presentare le seguenti caratteristiche:<br />

- pezzatura grande o me<strong>di</strong>a,<br />

- colore beige.<br />

Il prodotto viene confezionato in vassoi <strong>di</strong> legno o materiale per uso alimentare <strong>di</strong><br />

peso compreso tra 250 e 1000 gr, oppure in contenitori <strong>di</strong> cartone <strong>di</strong> peso compreso<br />

tra 1 e 20 kg. I contenitori devono essere ricoperti con pellicola trasparente.<br />

Elaborazioni Tra<strong>di</strong>zionali<br />

Montagnoli: Per la preparazione del prodotto vengono utilizzati fichi essiccati<br />

me<strong>di</strong> e/o piccoli. I fichi, adagiati in teglie in unico strato, vengono fatti cuocere in<br />

forno ad una temperatura <strong>di</strong> 150/200°C per un periodo <strong>di</strong> tempo compreso tra 20<br />

e 30 minuti fino a quando il prodotto non assuma una colorazione<br />

dorata.<br />

A cottura ultimata i fichi vengono lasciati raffreddare fino a quando non raggiungano<br />

la temperatura ambiente e, successivamente, vengono amalgamati con<br />

“mielata <strong>di</strong> fichi”, prodotto ottenuto con le seguenti operazioni in successione:<br />

bollitura in acqua <strong>di</strong> fichi freschi o secchi <strong>di</strong> qualsiasi pezzatura per un periodo <strong>di</strong><br />

2/3 ore, filtrazione e ricottura del liquido ottenuto per altre 2/3 ore a temperatura<br />

<strong>di</strong> ebollizione, evaporazione fino all’ottenimento <strong>di</strong> uno sciroppo denso e filante<br />

<strong>di</strong> colore marrone molto scuro, quasi nero. Il prodotto viene confezionato in con-<br />

71


72<br />

tenitori <strong>di</strong> materiale per uso alimentare o in cestini <strong>di</strong> legno avvolti con pellicola<br />

trasparente per alimenti <strong>di</strong> peso compreso tra 250 e 500 gr.<br />

Crocette (Crucetti): Per l’ottenimento del<br />

prodotto occorre utilizzare fichi gran<strong>di</strong> e/o<br />

me<strong>di</strong>, rispettando le seguenti operazioni:<br />

1. Dividere manualmente un fico a metà,<br />

dall’ostiolo fino al peduncolo, lasciando le<br />

parti aperte unite per il peduncolo. Riempire<br />

l’interno <strong>di</strong> ciascun lobo con una mandorla<br />

o con ½ gheriglio <strong>di</strong> noce, ed eventualmente<br />

con della scorza <strong>di</strong> agrumi (arance, limoni<br />

e cedri), provenienti dalla zona <strong>di</strong> produzione<br />

<strong>di</strong> cui all’art. 3. Quin<strong>di</strong> sovrapporre al fico farcito un altro fico aperto con le<br />

modalità sopra in<strong>di</strong>cate e pressarli manualmente. Altri due fichi lavorati come<br />

i precedenti vengono sovrapposti ortogonalmente ai primi due formando così<br />

una croce greca.<br />

2. Eventualmente sottoporre ad ulteriore pressione meccanica fino a 24 ore i<br />

fichi lavorati come al punto precedente.<br />

3. Adagiare le crocette su teglie in unico strato e cuocerle in forno ad una temperatura<br />

<strong>di</strong> 150/200°C per un periodo <strong>di</strong> tempo oscillante dai 20 ai 45 minuti<br />

fino a quando il prodotto non assume una colorazione dorata.<br />

4. A cottura ultimata, fare raffreddare le crocette a temperatura ambiente.<br />

È ammessa la spennellatura del prodotto con una soluzione <strong>di</strong> acqua e “mielata<br />

<strong>di</strong> fichi” in proporzioni rispettivamente superiore all’80% e inferiore al 20% e una<br />

leggera spolveratura <strong>di</strong> zucchero semolato e/o cannella.<br />

È ammessa la guarnizione del prodotto con foglie <strong>di</strong> alloro.<br />

Il prodotto viene confezionato e posto in commercio in contenitori <strong>di</strong> materiale<br />

per uso alimentare ricoperto con pellicola trasparente <strong>di</strong> peso compreso tra 250<br />

e 1000 gr.<br />

Nocchette: Per l’ottenimento del prodotto occorre utilizzare fichi gran<strong>di</strong> e/o<br />

me<strong>di</strong>, rispettando le seguenti operazioni:<br />

1. <strong>di</strong>videre manualmente un fico a metà, dall’ostiolo fino al peduncolo, senza<br />

separare le parti. Riempire l’interno <strong>di</strong> ciascun lobo con una mandorla o con<br />

½ gheriglio <strong>di</strong> noce, ed eventualmente con della scorza <strong>di</strong> agrumi (arance,<br />

limoni e cedri), provenienti dalla zona <strong>di</strong> produzione <strong>di</strong> cui all’art. 3. Quin<strong>di</strong>


sovrapporre al fico farcito un altro fico aperto con le modalità sopra in<strong>di</strong>cate<br />

e pressarli manualmente.<br />

2. Adagiare le nocchette su teglie in unico strato e cuocerle in forno alla temperatura<br />

<strong>di</strong> 150/200°C per un periodo <strong>di</strong> tempo oscillante dai 20 ai 40 minuti fino<br />

a quando il prodotto assume una colorazione dorata.<br />

3. A cottura ultimata, fare raffreddare le nocchette a temperatura ambiente.<br />

È ammessa la spennellatura del prodotto con una soluzione <strong>di</strong> acqua e “mielata<br />

<strong>di</strong> fichi”, in proporzioni rispettivamente superiore all’80% e inferiore al<br />

20%, e una leggera spolveratura <strong>di</strong> zucchero semolato e/o cannella.<br />

Il prodotto viene confezionato in contenitori <strong>di</strong> materiale per uso alimentare o in<br />

cestini <strong>di</strong> legno avvolti con pellicola trasparente per alimenti <strong>di</strong> peso compreso<br />

tra 250 e 500 gr.<br />

<strong>Fichi</strong> imbottiti (fioroni o picce): Per l’ottenimento del prodotto si utilizzano<br />

fichi gran<strong>di</strong> e/o me<strong>di</strong>. Dopo avere reciso il peduncolo, il fico viene aperto manualmente<br />

ponendo attenzione a non separare le parti. Si procede a riempire l’interno<br />

<strong>di</strong> uno dei lobi ottenuti con una mandorla o con ½ gheriglio <strong>di</strong> noce, ed eventualmente<br />

con scorza <strong>di</strong> agrumi (arance, limoni e cedri). Quin<strong>di</strong> si sovrappone al lobo<br />

farcito l’altro lobo provvedendo a pressarli manualmente.<br />

Il prodotto così lavorato, adagiato in teglie in unico strato, viene fatto cuocere in<br />

forno alla temperatura <strong>di</strong> 150/200°C per un periodo <strong>di</strong> tempo oscillante dai 20 ai<br />

40 minuti fino a quando il prodotto non assume una colorazione dorata.<br />

È ammessa la spennellatura del prodotto con una soluzione <strong>di</strong> acqua e “mielata<br />

<strong>di</strong> fichi” in proporzioni rispettivamente superiore all’80% e inferiore al 20% e una<br />

leggera spolveratura <strong>di</strong> zucchero semolato e/o cannella.<br />

Il prodotto viene confezionato in contenitori <strong>di</strong> materiale per uso alimentare o in<br />

cestini <strong>di</strong> legno avvolti con pellicola trasparente per alimenti <strong>di</strong> peso compreso<br />

tra 250 e 500 gr.<br />

Palloni (Palluni): Per la preparazione del prodotto si possono utilizzare fichi<br />

<strong>di</strong> qualsiasi pezzatura posti ad essiccare al sole per 20/24 ore secondo le modalità<br />

descritte nel metodo <strong>di</strong> lavorazione. È ammesso l’utilizzo <strong>di</strong> fichi appassiti sulla<br />

pianta detti localmente “passuluni” o “moscioni”. Tali fichi, che non hanno ancora<br />

completato l’essiccazione, presentano una colorazione compresa tra il verde ed il<br />

beige. I frutti, lavati in acqua corrente e ancora gocciolanti, vengono cotti in forno<br />

ad una temperatura oscillante da 150 a 170°C per un periodo <strong>di</strong> tempo compreso<br />

tra 150 e 180 minuti. Durante tale periodo <strong>di</strong> tempo si procede ad uniformare<br />

73


74<br />

la cottura rivoltando i fichi una volta. A<br />

cottura ultimata i fichi vengono prelevati<br />

dal forno e lasciati riposare, stoccati<br />

in appositi recipienti, per 5/10 giorni in<br />

locali chiusi. A riposo ultimato vengono<br />

“impallonati”, ovvero amalgamati con le<br />

mani l’uno contro l’altro esercitando delle<br />

leggere pressioni, prestando attenzione<br />

che tra un fico e l’altro non rimangano<br />

dei vuoti. Verrà così formato un pallone<br />

costituito da 25 – 50 frutti. Il pallone ottenuto viene avvolto in due/tre foglie <strong>di</strong><br />

fico ver<strong>di</strong>, precedentemente lavate e asciugate. Il tutto viene legato con un filo<br />

<strong>di</strong> rafia. Al fine <strong>di</strong> aromatizzare il prodotto, è consentito inserire foglie <strong>di</strong> agrumi<br />

(limone, arancio e/o cedro) o alloro tra le foglie <strong>di</strong> fico ed i frutti amalgamati.<br />

Il prodotto così ottenuto viene fatto cuocere in forno alla temperatura <strong>di</strong><br />

140/170°C per un periodo <strong>di</strong> tempo compreso tra 20 e 45 minuti.<br />

Il prodotto può essere avvolto in un sacchetto o in una pellicola trasparente e posto<br />

in commercio singolarmente in confezioni <strong>di</strong> peso compreso tra 250 e 300 gr.<br />

Treccia (Ietta): Per la preparazione<br />

della Treccia devono essere utilizzati fichi<br />

essiccati me<strong>di</strong> e/o piccoli, che vengono<br />

infilati usando sezioni <strong>di</strong> canne secche,<br />

opportunamente appuntite, <strong>di</strong> 20/30 cm<br />

<strong>di</strong> lunghezza e <strong>di</strong> 3/6 mm. <strong>di</strong> larghezza.<br />

I fichi devono essere infilati pressando<br />

gli uni agli altri in modo da ottenere una<br />

sorta <strong>di</strong> spie<strong>di</strong>no. Le Trecce così ottenute,<br />

vengono adagiate su teglie in unico strato<br />

e cotte in forno alla temperatura <strong>di</strong> 150/180°C per un periodo <strong>di</strong> tempo oscillante<br />

dai 20 ai 45 minuti fino a quando il prodotto assume una colorazione ambrata. Il<br />

prodotto viene confezionato e posto in commercio in vassoi <strong>di</strong> materiale per uso<br />

alimentare ricoperto con pellicola trasparente <strong>di</strong> peso compreso tra 100 e 500 gr.<br />

Corolle o Coroncine: La lavorazione delle Corolle prevede l’impiego <strong>di</strong> fichi<br />

me<strong>di</strong> e/o piccoli. I fichi essiccati, presi tra il<br />

pollice e l’in<strong>di</strong>ce della mano, vengono schiacciati in modo da formare dei piccoli


<strong>di</strong>schi. I fichi così schiacciati vengono infilati in corrispondenza del peduncolo<br />

usando un rametto <strong>di</strong> mirto o spago per alimenti, tagliato longitu<strong>di</strong>nalmente e<br />

appuntito ad un’estremità, fino a formare una collana. In seguito le corolle sono<br />

cotte nel forno ad una temperatura compresa tra 150 e 180°C per 20/45 minuti<br />

fino a quando assumono un colore ambrato. Il prodotto viene confezionato e posto<br />

in commercio in vassoi <strong>di</strong> materiale per uso alimentare ricoperto con pellicola<br />

trasparente <strong>di</strong> peso compreso tra 100 e 500 gr.<br />

Salamini <strong>di</strong> fichi: Per la preparazione del prodotto si utilizzano fichi essiccati<br />

me<strong>di</strong> e/o piccoli. I fichi, adagiati in teglie in unico strato, vengono cotti nel forno<br />

ad una temperatura <strong>di</strong> 150/200° C. per un periodo compreso fra 20 e 30 minuti<br />

fino a quando il prodotto assume una colorazione dorata. A cottura ultimata i<br />

fichi sono amalgamati e triturati con frutta secca (noci, mandorle e/o nocciole)<br />

e mielata <strong>di</strong> fichi. Si possono aggiungere frutta can<strong>di</strong>ta (arance, mandarini e/o<br />

cedri), agrumi freschi (arance, mandarini e/o limoni e spezie). Ottenuto l’impasto,<br />

si procede alla porzionatura conferendo al prodotto la classica forma <strong>di</strong> salame.<br />

Il prodotto viene posto in commercio avvolto in materiale per alimenti in confezioni<br />

<strong>di</strong> peso variabile tra 200 e 500 gr.<br />

Mielata <strong>di</strong> fichi o melasso (mele i ficu): È ottenuta dalla bollitura in acqua<br />

<strong>di</strong> fichi freschi o secchi <strong>di</strong> qualsiasi pezzatura per 2/3 ore a temperatura <strong>di</strong> 100° C;<br />

successivamente scolati dall’acqua e sottoposti a pressatura in recipienti filtranti<br />

o all’interno <strong>di</strong> teli (sistema tra<strong>di</strong>zionale). Il liquido raccolto viene sottoposto ad<br />

ulteriore cottura per altre 2/3 ore a temperatura <strong>di</strong> ebollizione, fino a ottenere<br />

uno sciroppo denso e filante <strong>di</strong> colore marrone molto scuro, quasi nero<br />

Viene confezionato in barattoli o bottiglie da 250 ml o 750 ml. Utilizzato per farcire<br />

dolci <strong>di</strong> natale o nelle spennellature o farciture delle Elaborazioni Tra<strong>di</strong>zionali.<br />

75


76<br />

bibliografia<br />

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innovazione e qualità” Ascea marina (SA) 9 ottobre. In Italus Hortus,<br />

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<strong>Fichi</strong> <strong>di</strong> <strong>Cosenza</strong>. E<strong>di</strong>z. SATEM, <strong>Cosenza</strong>.<br />

• Palopoli G., 1990: La produzione ed utilizzazione del fico in provincia <strong>di</strong><br />

<strong>Cosenza</strong>. Agricoltura e Ricerca n. 112-113, ago-set.<br />

1990, pagg. 23-26.<br />

• R.E.D.A., 1960: Enciclope<strong>di</strong>a Agraria, voce Dottato. Roma pag. 544.<br />

• Regione Campania – SeSIRCA, 2000: Disciplinare <strong>di</strong> produzione per la<br />

coltivazione del fico. Napoli, gen, pagg. 1-31.<br />

• Tosco D., Santangelo I., Grassi G., 1990: Aspetti tecnici ed economici<br />

della coltivazione del fico. Agricoltura e Ricerca n.<br />

112-113, ago-set., pagg. 123-130.<br />

• Vallese F.,1909: Il fico. E<strong>di</strong>trice Battiato, Catania.


Pubblicazione realizzata nell’ambito<br />

del Piano Integrato <strong>di</strong> Filiera PIF Fico Essiccato del Cosentino<br />

POR Calabria 2000-2006<br />

Misura 4.8<br />

Responsabile del PIF<br />

Prof. Angelo Rosa<br />

Autori<br />

Dott. Agr. Fabio Petrillo; Dott. Agr. Marcello Bruno<br />

RINGRAZIAMENTI<br />

per la collaborazione accordata, a tutti i coltivatori <strong>di</strong> fichi ed alle aziende<br />

<strong>di</strong> trasformazione della Provincia <strong>di</strong> <strong>Cosenza</strong>;<br />

per il contributo scientifico e per la sua appassionata <strong>di</strong>sponibilità,<br />

al Prof. Giorgio Grassi già Direttore dell’Istituto Sperimentale<br />

per la Frutticoltura <strong>di</strong> Caserta;<br />

per le attività <strong>di</strong> coor<strong>di</strong>namento e per il supporto logistico,<br />

al GAL Valle del Crati e più in particolare alla Dott.ssa Valeria Fagiani<br />

ed alla Dott.ssa Anna Maria Rosa;<br />

a tutto il gruppo <strong>di</strong> lavoro che ha fornito la necessaria<br />

assistenza tecnica alle aziende agricole della Filiera.


§<br />

Contributo organizzativo e redazionale alla stampa<br />

Dott.ssa Erica Clerici<br />

Elaborazione grafica e Stampa<br />

Gra<strong>di</strong>ent Consulting s.r.l. – Taverna <strong>di</strong> Montalto Uffugo (CS)<br />

www.gc3.it

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