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il riflesso di dante nella primavera di botticelli - Astroarte

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testo più della Comme<strong>di</strong>a sarebbe rispondente a confermare l’idea che siamo <strong>di</strong> fronte<br />

ad allegoria <strong>di</strong> altra allegoria, a storia <strong>di</strong> altra storia, a immagine <strong>di</strong> un mondo che ad<br />

altro universo rinvia?<br />

La passione che Botticelli nutrì per Dante negli ultimi vent’anni della sua vita, inoltre,<br />

ci potrebbe indurre a compiere un’operazione forse un po’ ar<strong>di</strong>ta ma, a questo punto,<br />

non priva <strong>di</strong> una sua coerenza critica: interpretare l’enigmatico <strong>di</strong>pinto alla luce delle<br />

in<strong>di</strong>cazioni <strong>di</strong> lettura per la Comme<strong>di</strong>a che l’”ermetico” Dante ci ha così chiaramente<br />

lasciato <strong>nella</strong> XIII Epistola a Cangrande della Scala 29 :<br />

- senso letterale: <strong>il</strong> <strong>di</strong>pinto può essere tranqu<strong>il</strong>lamente letto come <strong>il</strong>lustrazione <strong>di</strong><br />

carattere pagano-mitologico - anche se frammentata e composita nei suoi elementi<br />

figurativi - del ritorno della <strong>primavera</strong>;<br />

- senso allegorico: <strong>il</strong> <strong>di</strong>pinto si può leggere quale immagine allegorica del De nuptiis<br />

F<strong>il</strong>ologiae et Mercurii <strong>di</strong> Marziano Capella, testo che, fra tutti quelli in<strong>di</strong>viduati, a<br />

nostro avviso più coerentemente si rapporta all’impianto figurativo della tavola;<br />

- senso morale: siamo <strong>di</strong> fronte ad un significato che dal rapporto testo-<strong>di</strong>pinto, nel caso<br />

del De nuptiis, fa scaturire l’idea <strong>di</strong> una volontà <strong>di</strong> rinascita della Poesia <strong>nella</strong> Firenze<br />

me<strong>di</strong>cea, quasi una palingenesi culturale, civ<strong>il</strong>e e politica; ma, se si vuole tornare al<br />

significato più comunemente accettato, del resto pienamente complementare al<br />

precedente, si potrebbe anche <strong>di</strong>re <strong>di</strong> essere <strong>di</strong> fronte alla rappresentazione della teoria<br />

ficiniana dell’amore spirituale quale mezzo per elevarsi al <strong>di</strong> sopra della natura umana;<br />

- senso anagogico: essendo questo <strong>il</strong> senso che, secondo Dante, riguarda “le superne<br />

cose dell’etternal gloria”, o ccorre addentrarci appunto nel significato che può aver avuto<br />

per Botticelli l’aver voluto rappresentare in f<strong>il</strong>igrana l’Eden <strong>dante</strong>sco o, comunque, nel<br />

significato che viene ad assumere <strong>il</strong> rapporto della Primavera con l’allegoria <strong>di</strong> tutte le<br />

allegorie: la Comme<strong>di</strong>a.<br />

E, in quanto è esattamente questo senso ultimo che pare essere sempre sfuggito ad ogni<br />

lettura, sarà su <strong>di</strong> esso che cercheremo <strong>di</strong> fare maggior chiarezza alla luce dei<br />

presupposti <strong>dante</strong>schi, per cercare <strong>di</strong> spingere lo sguardo appena oltre lo spiraglio <strong>di</strong><br />

senso che, proprio a partire dalla natura polisemica della Primavera, pare essersi<br />

<strong>di</strong>schiuso verso lo spazio aperto <strong>di</strong> quel quid incorporeum che <strong>il</strong> <strong>di</strong>pinto ha sempre<br />

gelosamente custo<strong>di</strong>to nel suo mistero semantico ed estetico.<br />

Ma, per fare questo, occorre ripartire nuovamente da capo e r<strong>il</strong>eggere pazientemente<br />

ancora una volta la tavola del Botticelli e, a questo punto, con quello sguardo altro <strong>di</strong><br />

cui si <strong>di</strong>ceva, ponendo l’attenzione su elementi <strong>di</strong> significazione che sino ad oggi paiono<br />

essere sfuggiti ad ogni tentativo <strong>di</strong> decifrazione.<br />

29<br />

“Il senso <strong>di</strong> quest’opera non è semplicemente uno, anzi esso può <strong>di</strong>rsi polisignificante, cioè <strong>di</strong> più sensi;<br />

infatti <strong>il</strong> primo senso è quello che si ha dalla lettera, ma altro è quello che si ottiene al <strong>di</strong> là delle cose<br />

significate letteralmente. Il primo si chiama letterale, <strong>il</strong> secondo allegorico, o morale, o anagogico. Questo<br />

modo <strong>di</strong> esporre, perché sia più chiaro, si può considerare in questi versi: “All’uscita <strong>di</strong> Israele<br />

dall’Egitto, della casa <strong>di</strong> Giacobbe da una nazione barbara, la Giudea <strong>di</strong>ventò <strong>il</strong> suo santuario, Israele <strong>il</strong><br />

suo dominio” (Salmo 113, n.d.r.). Ora, se guar<strong>di</strong>amo solo alla lettera, ci vien significato che i figli <strong>di</strong><br />

Israele uscirono dall’Egitto al tempo <strong>di</strong> Mosè; se ba<strong>di</strong>amo all’allegoria, ci vien significata la nostra<br />

redenzione attuata da Cristo; se al senso morale, la conversione dell’anima dal lutto e dalla miseria del<br />

peccato allo stato <strong>di</strong> grazia; se all’anagogico, ci vien significata la liberazione dell’anima santa dalla<br />

servitù della corruttib<strong>il</strong>ità terrena verso la libertà della gloria eterna.” In D.Alighieri, Tutte le opere,<br />

Mursia, M<strong>il</strong>ano 1965, trad. <strong>di</strong> F.Chiappelli<br />

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