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Ovidio

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1. Perché leggerlo?<br />

12<br />

<strong>Ovidio</strong><br />

L’epos delle forme<br />

nelle Metamorfosi<br />

<strong>Ovidio</strong> è il poeta elegante della Roma augustea, dichiaratamente felice di vivere nella sua<br />

epoca, versatile nel comporre versi su qualunque argomento. Dalla poesia elegiaca (Amores) ai<br />

trattati sull’amore (Ars amatoria e Remedia amoris), dal calendario, repertorio delle festività<br />

(Fasti), alle lettere immaginarie delle eroine mitiche (Heroides), dal racconto dell’esilio dolorosissimo<br />

(Tristia ed Epistulae ex Ponto) ai cosmetici (Medicamen faciei), fino alle Metamorfosi,<br />

tutto quello che scriveva versus erat, diventava verso. E, <strong>Ovidio</strong> è, infatti, il poeta della «forma»,<br />

che, meglio di ogni altro del suo tempo, rappresenta il clima culturale di raffinatezza e di<br />

trasgressione che caratterizzava la Roma di quegli anni. Di qui il suo allegro definirsi<br />

lascivi…praeceptor amoris («maestro di amore sensuale») (Ars amatoria II, 497), ma anche il<br />

dolore di dover pagare di persona, con un esilio, le cui cause restano ancora oscure, l’ostilità<br />

di Augusto, rigidamente severo contro l’ironico e galante poeta.<br />

Le Metamorfosi sono un «poema epico», secondo la definizione, ormai accettata di Brooks Otis 1 .<br />

Infatti, nella lunghissima narrazione (15 libri in esametri), si canta l’epos delle «forme», cioè delle<br />

creature umane che diventano «forme» animali, vegetali, minerali, quando la «metamorfosi» serve a<br />

risolvere – in modo rassicurante e pacificatore – una tensione che ha raggiunto il limite ed è<br />

diventata troppo dolorosa. Non ci sarà più, quindi, nell’uomo il dolore disperante, perché, nel<br />

momento in cui esso diventerà insopportabile, arriverà la mutazione della forma a placarlo. Al<br />

tempo stesso, non c’è pianta o lago, o fiume, o roccia, o uccello, che non conservi il ricordo di una<br />

vicenda umana, spiegando, così, l’origine di tutte le cose (poesia eziologica), ma, soprattutto,<br />

fissando, nell’eternità della natura, la fragile caducità dell’uomo. Se divertente e gradevole è la<br />

lettura di tutte le opere ovidiane sull’amore, per la disinibita e poetica disposizione a trattarne ogni<br />

aspetto, la lettura delle Metamorfosi si presenta come un’avventura continua, in cui ogni episodio<br />

si innesta subito su di un altro, senza interruzione, senza pause di rallentamento, con un ritmo<br />

narrativo teso e inesauribile, in cui, l’alternanza dei registri stilistici fa scivolare, di volta in volta,<br />

l’epos verso la lirica o l’elegia e perfino verso forme drammatiche e teatrali.<br />

Non c’è alcun criterio cronologico che regga le storie, le quali scorrono, l’una dietro l’altra, o<br />

incastrate l’una nell’altra, in una narrazione definita da Bettini 2 «labirintica», che ha come criterio<br />

di fondo il piacere del raccontare, sorretto dall’uso di una lingua immaginifica, «barocca» ante<br />

litteram, per la quale lo «stupore» dell’avvenimento si fa «stupore» della parola poetica.<br />

1 Brooks O., Ovid as an epic poet, Cambridge University, 1970 (traduzione italiana di M.L. Delvigo).<br />

2 Bettini M., Antropologia e cultura romana, La Nuova Italia, Firenze.<br />

<strong>Ovidio</strong>: Metamorfosi e trattatistica amorosa<br />

Estratto distribuito da Biblet<br />

Estratto della pubblicazione

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