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Il sondaggio deliberativo

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prima dell’inizio delle varie sessioni e quelli rilevati<br />

alla fine delle medesime. I dati dicono che non<br />

cresce solamente il possesso di informazioni: la<br />

procedura modifica pure, almeno in parte, opinioni<br />

e pareri preesistenti.<br />

A fronte di questi suoi pregi, Fishkin riconosce<br />

obiettivamente che il <strong>sondaggio</strong> <strong>deliberativo</strong> non si<br />

presta né per descrivere, né per predire lo stato<br />

dell’opinione pubblica. Esso indica semplicemente<br />

le conclusioni cui perverrebbe il popolo se fosse<br />

motivato, messo nella condizione di informarsi e<br />

discutere a lungo i problemi. In definitiva, il<br />

<strong>sondaggio</strong> <strong>deliberativo</strong> porrebbe un ‘microcosmo’<br />

che rappresenta il paese, e che ha potuto occuparsi<br />

seriamente di questioni aperte, nella condizione di<br />

poter fare delle ‘raccomandazioni’ a tutti.<br />

Ovviamente queste potrebbero giungere alla<br />

maggioranza dei cittadini solo se alla tecnica del<br />

<strong>sondaggio</strong> <strong>deliberativo</strong> si alleassero le tecniche della<br />

televisione e della comunicazione sociale in genere.<br />

Entrambe queste tecniche, che hanno portato il<br />

paese alla democrazia di massa, potrebbero<br />

riscattarsi perseguendo una finalità nuova: dare<br />

voce a quella parte dei cittadini che si siano trovati<br />

La lettura del libro di Fishkin suggerisce alcune<br />

considerazioni.<br />

La prima – quella cui tengo particolarmente – nasce<br />

dall'ammirazione che suscitano la passione civile e<br />

l’impegno politico dell’Autore, quali traspaiono dalle<br />

numerose pagine che dedica a storici confronti in<br />

tema di democrazia. Con esse, richiama alla memoria<br />

tappe importanti dell’evoluzione politica<br />

dell’occidente, dalle conquiste ateniesi fino ai nobili<br />

contrasti fra i Fondatori, federalisti e anti-federalisti,<br />

che accompagnarono la nascita degli Stati Uniti<br />

d’America. Sono pagine, soprattutto, che consentono<br />

di cogliere il senso dell’intero progetto di Fishkin, che<br />

è stato capace di riversare passione civile e impegno<br />

politico in una realizzazione concreta: il suo <strong>sondaggio</strong><br />

<strong>deliberativo</strong>. A proposito di questo, afferma che delle<br />

quattro condizioni necessarie alla democrazia –<br />

eguaglianza politica, deliberazione, partecipazione e<br />

non-tirannia della maggioranza – quella oggi meno<br />

tutelata è la deliberazione. Nelle moderne democrazie<br />

non si è trovato modo di garantire ai cittadini la<br />

possibilità di trovarsi per discutere e decidere<br />

insieme, come avveniva un tempo nelle piccole cittàstato.<br />

<strong>Il</strong> processo <strong>deliberativo</strong>, sottratto al popolo, è<br />

divenuto appannaggio dei suoi rappresentanti e<br />

sempre più elitario. Quindi, parlando della storia della<br />

democrazia, specie americana, Fishkin spiega le<br />

motivazioni ideali della sua attività e la funzione<br />

specifica del <strong>sondaggio</strong> <strong>deliberativo</strong>, al quale ha<br />

dedicato anni di lavoro. Qualcuno, com’è probabile,<br />

potrebbe giudicare questa sua ‘invenzione’<br />

assolutamente inadeguata all’immane compito<br />

assegnatole. Nessuno può negare, tuttavia, che sia<br />

pertinente. Lo si comprende in modo chiaro da alcune<br />

considerazioni, poste all’inizio del libro. Fishkin si<br />

chiede, ad un certo punto: “Quando il popolo può<br />

esprimere al meglio la propria voce in suo nome?”.<br />

La risposta è: “quando riesce in qualche modo a<br />

riunirsi per ascoltare le argomentazioni a favore o<br />

32<br />

nella condizione di riflettere e maturare degli<br />

orientamenti. Gli altri cittadini ne ricaverebbero<br />

enormi benefici e si innescherebbe un processo<br />

grazie al quale le grandi come le piccole opzioni<br />

politiche diverrebbero l’espressione della volontà di<br />

un intero popolo illuminato. La democrazia di<br />

massa evolverebbe finalmente verso una<br />

democrazia partecipata e macroelitaria.<br />

Per queste sue profonde convinzioni sul possibile e<br />

auspicabile destino della democrazia odierna,<br />

Fishkin si è impegnato a lungo nel cercare<br />

contemporaneamente la sponsorizzazione di nuovi<br />

sondaggi deliberativi e la collaborazione di reti<br />

televisive e radiofoniche, cui fosse delegabile il<br />

compito di diffondere in diretta, o registrati, lo<br />

svolgimento e gli esiti di ciascuno di essi. Una parte<br />

dei suoi sforzi ha avuto buon esito. Fra i successi<br />

più recenti di sondaggi deliberativi divulgati dai<br />

mezzi cita, nelle ultime pagine del volume, quello<br />

danese sull’euro (2000) e gli australiani sulla<br />

Costituzione (1999) e sulla riconciliazione con gli<br />

aborigeni (2001). L’Autore non riporta alcuna<br />

informazione sugli effetti prodotti dalle<br />

trasmissioni.<br />

***<br />

Una innovazione scientifica o uno specchietto per le allodole?<br />

contro una determinata questione e in seguito, dopo<br />

aver discusso faccia a faccia, giunge a una decisione<br />

collettiva”. In breve: il compito che Fishkin si è assunto<br />

è consistito nel tentare di adattare “l’ideale della<br />

democrazia faccia a faccia” ad un grande<br />

stato-nazione, ad un popolo che non può più riunirsi in<br />

una sola piazza. <strong>Il</strong> nocciolo dell’invenzione del<br />

<strong>sondaggio</strong> <strong>deliberativo</strong> sta solo in questo: mira a<br />

ripristinare per i cittadini che vogliano discutere e<br />

deliberare la possibilità di incontrarsi e di stare<br />

insieme. La lettura del volume conferma che i<br />

sondaggi deliberativi realizzati hanno consentito<br />

effettivamente gli incontri faccia a faccia, anche se,<br />

purtroppo, solo in piccoli gruppi. Per citare un caso,<br />

l’Australia Deliberates, un <strong>sondaggio</strong> del 1999, ha sì<br />

riunito a Canberra un campione casuale e<br />

rappresentativo di 347 elettori, ma come in altre<br />

occasioni, le discussioni faccia a faccia sono avvenute<br />

in gruppi separati. Fishkin sa benissimo che in uno<br />

stato moderno i cittadini elettori non si possono più<br />

riunire per discutere, a centinaia o migliaia, su una<br />

piazza o sullo Pnice, come ad Atene. Nel <strong>sondaggio</strong><br />

<strong>deliberativo</strong>, la misura, il limite e la validità del<br />

confronto fra opinioni diverse sono quelli, assai<br />

modesti, dettati dalla struttura di un gruppo di 8-10<br />

persone. I 347 cittadini di Canberra hanno compiuto,<br />

presumibilmente, tante esperienze diverse quanti sono<br />

stati i gruppi in cui si sono confrontati e ognuna di<br />

queste esperienze non ha potuto sfuggire agli effetti<br />

della casuale e diversa composizione dei gruppi.<br />

Ho detto, fin qui, in quali valori, convinzioni e<br />

modalità attuative è riconoscibile la motivazione di<br />

Fishkin ad occuparsi di ‘deliberazione’. L’ispirazione<br />

che lo ha guidato a creare il <strong>sondaggio</strong> <strong>deliberativo</strong> è<br />

manifesta ed apprezzabile. Ma il <strong>sondaggio</strong><br />

<strong>deliberativo</strong> è pure uno strumento di lavoro ‘sul<br />

campo’ e come tale può essere valutato. Pertanto,<br />

vorrei ora aggiungere alcune considerazioni sul

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