Il sondaggio deliberativo
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MISTER FISHKIN INVENTA<br />
LO PSEUDO-SONDAGGIO<br />
DELIBERATIVO<br />
«I sondaggi tradizionali riescono a dire, a malapena, che cosa pensa<br />
il pubblico, anche se il pubblico non pensa poi moltissimo e solo di<br />
rado sta attento ai temi di cui si parla». Un <strong>sondaggio</strong> <strong>deliberativo</strong><br />
dice invece che cosa il pubblico pensa quando si provvede con mezzi<br />
adeguati a fargli credere di saper pensare.<br />
James S. Fishkin è un politologo che insegna alla<br />
University of Texas di Austin. Ha concepito la<br />
procedura cui ha dato il nome di ‘<strong>sondaggio</strong><br />
<strong>deliberativo</strong>’ nel 1988 e, da allora, ha partecipato<br />
come direttore o consulente scientifico ai ventuno<br />
sondaggi deliberativi compiuti negli Stati Uniti, in<br />
Inghilterra, Australia, Danimarca, Bulgaria.<br />
Deliberative Polling TM è oggi un suo marchio<br />
registrato, gli introiti del quale contribuiscono a<br />
sostenere le ricerche del Center for Deliberative<br />
Polling, istituito presso l’università texana.<br />
A Roma, a fine maggio, Fishkin ha partecipato alla<br />
presentazione del suo libro: La nostra voce.<br />
Opinione pubblica & democrazia, una proposta<br />
(Marsilio, Venezia, 2003), versione italiana di alcuni<br />
testi redatti fra il 1995 e il 2002, ora messi insieme<br />
alla meglio. Al volume sarebbe comunque affidato il<br />
compito di dar inizio in Italia alle fortune del nuovo<br />
<strong>sondaggio</strong> e del suo promotore.<br />
Questi, riferendosi principalmente alle applicazioni<br />
possibili in campo politico ed elettorale, scrive: «<strong>Il</strong><br />
<strong>sondaggio</strong> <strong>deliberativo</strong> è diverso da ogni altro<br />
<strong>sondaggio</strong> o rilevamento mai condotto prima. I<br />
sondaggi tradizionali forniscono un modello di cosa<br />
pensa il pubblico, anche se magari il pubblico non<br />
pensa poi moltissimo o non presta particolare<br />
attenzione ai temi trattati. Un <strong>sondaggio</strong><br />
<strong>deliberativo</strong> tenta di fornire un modello di cosa<br />
penserebbe il pubblico, se avesse una migliore<br />
opportunità di prendere in esame i temi oggetto<br />
dell’indagine» (p. 136).<br />
Fishkin ha quindi trovato il modo, un uovo di<br />
Colombo, per sostituire il vecchio e consunto<br />
<strong>sondaggio</strong> politico ed elettorale, che non chiede alla<br />
gente di pensare e si accontenta di risposte a<br />
vanvera, con un nuovo genere di <strong>sondaggio</strong> che<br />
raccoglie solo valutazioni e giudizi profondamente<br />
meditati. La notizia è consolante. Ma, viene da<br />
chiedersi, come c’è riuscito?<br />
L’Autore dice che tutto sta in “un’idea semplice”.<br />
Attenzione: si tratta di individuare un campione<br />
casuale dell’universo nazionale degli elettori (come<br />
si fa per il vecchio <strong>sondaggio</strong>), di trasportare<br />
gratuitamente i membri del campione in un’unica<br />
sede, ove avranno vitto e alloggio per almeno un<br />
week-end, di informare adeguatamente i convenuti<br />
sui temi da discutere dotandoli pure di una<br />
documentazione imparziale (tutta da leggere!) sulle<br />
differenti opinioni esistenti sui medesimi. Si tratta,<br />
poi, di dividere le centinaia di persone convenute in<br />
piccoli gruppi, di assegnare ad ogni gruppo un<br />
moderatore perché tutti possano discutere<br />
tranquillamente i vari temi faccia a faccia, di offrire<br />
inoltre a coloro che lo chiedono la possibilità di<br />
consultare lì per lì specialisti e politici di diverse<br />
tendenze, e di concludere poi le lunghe sessioni dei<br />
gruppi sondando in profondità i singoli<br />
partecipanti. Insomma: l’idea è più che semplice,<br />
ma... piuttosto complicata!<br />
A parere di Fishkin, la consultazione finale dei<br />
partecipanti «offre una rappresentazione dei giudizi<br />
ponderati del pubblico, delle opinioni che avrebbe<br />
l’intero paese nel caso in cui tutti sperimentassero<br />
l’opportunità di comportarsi come cittadini ideali,<br />
come individui, cioè, che studiano a fondo le<br />
questioni per un periodo di tempo prolungato»<br />
(p. 136).<br />
Nel timore di non aver indicato con sufficiente<br />
chiarezza il potenziale rivoluzionario del <strong>sondaggio</strong><br />
<strong>deliberativo</strong>, l’Autore ribadisce: «Se prendiamo un<br />
microcosmo dell’intera nazione e lo sottoponiamo<br />
ad una determinata esperienza, e se il microcosmo<br />
(comportandosi nel modo in cui ameremmo si<br />
comportassero i cittadini ideali nel deliberare<br />
seriamente tra loro) giungesse allora a conclusioni<br />
diverse sui temi oggetto della discussione,<br />
potremmo dedurre semplicemente che, se, in<br />
qualche modo, l’intero paese fosse sottoposto alla<br />
medesima esperienza vissuta nel microcosmo,<br />
allora, in via ipotetica, l’intero paese giungerebbe a<br />
conclusioni analoghe» (pp.149-150).<br />
Quali che siano le ipotesi ragionevolmente<br />
concesse, all’Autore ed a noi, è certo che<br />
l’applicazione della procedura serva ad accrescere<br />
le informazioni in possesso dei partecipanti.<br />
Fishkin si preoccupa di dimostrarlo dedicando<br />
l’ultima parte del volume (pp. 180-196) al confronto<br />
fra i dati ricavati dai sondaggi tradizionali effettuati<br />
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prima dell’inizio delle varie sessioni e quelli rilevati<br />
alla fine delle medesime. I dati dicono che non<br />
cresce solamente il possesso di informazioni: la<br />
procedura modifica pure, almeno in parte, opinioni<br />
e pareri preesistenti.<br />
A fronte di questi suoi pregi, Fishkin riconosce<br />
obiettivamente che il <strong>sondaggio</strong> <strong>deliberativo</strong> non si<br />
presta né per descrivere, né per predire lo stato<br />
dell’opinione pubblica. Esso indica semplicemente<br />
le conclusioni cui perverrebbe il popolo se fosse<br />
motivato, messo nella condizione di informarsi e<br />
discutere a lungo i problemi. In definitiva, il<br />
<strong>sondaggio</strong> <strong>deliberativo</strong> porrebbe un ‘microcosmo’<br />
che rappresenta il paese, e che ha potuto occuparsi<br />
seriamente di questioni aperte, nella condizione di<br />
poter fare delle ‘raccomandazioni’ a tutti.<br />
Ovviamente queste potrebbero giungere alla<br />
maggioranza dei cittadini solo se alla tecnica del<br />
<strong>sondaggio</strong> <strong>deliberativo</strong> si alleassero le tecniche della<br />
televisione e della comunicazione sociale in genere.<br />
Entrambe queste tecniche, che hanno portato il<br />
paese alla democrazia di massa, potrebbero<br />
riscattarsi perseguendo una finalità nuova: dare<br />
voce a quella parte dei cittadini che si siano trovati<br />
La lettura del libro di Fishkin suggerisce alcune<br />
considerazioni.<br />
La prima – quella cui tengo particolarmente – nasce<br />
dall'ammirazione che suscitano la passione civile e<br />
l’impegno politico dell’Autore, quali traspaiono dalle<br />
numerose pagine che dedica a storici confronti in<br />
tema di democrazia. Con esse, richiama alla memoria<br />
tappe importanti dell’evoluzione politica<br />
dell’occidente, dalle conquiste ateniesi fino ai nobili<br />
contrasti fra i Fondatori, federalisti e anti-federalisti,<br />
che accompagnarono la nascita degli Stati Uniti<br />
d’America. Sono pagine, soprattutto, che consentono<br />
di cogliere il senso dell’intero progetto di Fishkin, che<br />
è stato capace di riversare passione civile e impegno<br />
politico in una realizzazione concreta: il suo <strong>sondaggio</strong><br />
<strong>deliberativo</strong>. A proposito di questo, afferma che delle<br />
quattro condizioni necessarie alla democrazia –<br />
eguaglianza politica, deliberazione, partecipazione e<br />
non-tirannia della maggioranza – quella oggi meno<br />
tutelata è la deliberazione. Nelle moderne democrazie<br />
non si è trovato modo di garantire ai cittadini la<br />
possibilità di trovarsi per discutere e decidere<br />
insieme, come avveniva un tempo nelle piccole cittàstato.<br />
<strong>Il</strong> processo <strong>deliberativo</strong>, sottratto al popolo, è<br />
divenuto appannaggio dei suoi rappresentanti e<br />
sempre più elitario. Quindi, parlando della storia della<br />
democrazia, specie americana, Fishkin spiega le<br />
motivazioni ideali della sua attività e la funzione<br />
specifica del <strong>sondaggio</strong> <strong>deliberativo</strong>, al quale ha<br />
dedicato anni di lavoro. Qualcuno, com’è probabile,<br />
potrebbe giudicare questa sua ‘invenzione’<br />
assolutamente inadeguata all’immane compito<br />
assegnatole. Nessuno può negare, tuttavia, che sia<br />
pertinente. Lo si comprende in modo chiaro da alcune<br />
considerazioni, poste all’inizio del libro. Fishkin si<br />
chiede, ad un certo punto: “Quando il popolo può<br />
esprimere al meglio la propria voce in suo nome?”.<br />
La risposta è: “quando riesce in qualche modo a<br />
riunirsi per ascoltare le argomentazioni a favore o<br />
32<br />
nella condizione di riflettere e maturare degli<br />
orientamenti. Gli altri cittadini ne ricaverebbero<br />
enormi benefici e si innescherebbe un processo<br />
grazie al quale le grandi come le piccole opzioni<br />
politiche diverrebbero l’espressione della volontà di<br />
un intero popolo illuminato. La democrazia di<br />
massa evolverebbe finalmente verso una<br />
democrazia partecipata e macroelitaria.<br />
Per queste sue profonde convinzioni sul possibile e<br />
auspicabile destino della democrazia odierna,<br />
Fishkin si è impegnato a lungo nel cercare<br />
contemporaneamente la sponsorizzazione di nuovi<br />
sondaggi deliberativi e la collaborazione di reti<br />
televisive e radiofoniche, cui fosse delegabile il<br />
compito di diffondere in diretta, o registrati, lo<br />
svolgimento e gli esiti di ciascuno di essi. Una parte<br />
dei suoi sforzi ha avuto buon esito. Fra i successi<br />
più recenti di sondaggi deliberativi divulgati dai<br />
mezzi cita, nelle ultime pagine del volume, quello<br />
danese sull’euro (2000) e gli australiani sulla<br />
Costituzione (1999) e sulla riconciliazione con gli<br />
aborigeni (2001). L’Autore non riporta alcuna<br />
informazione sugli effetti prodotti dalle<br />
trasmissioni.<br />
***<br />
Una innovazione scientifica o uno specchietto per le allodole?<br />
contro una determinata questione e in seguito, dopo<br />
aver discusso faccia a faccia, giunge a una decisione<br />
collettiva”. In breve: il compito che Fishkin si è assunto<br />
è consistito nel tentare di adattare “l’ideale della<br />
democrazia faccia a faccia” ad un grande<br />
stato-nazione, ad un popolo che non può più riunirsi in<br />
una sola piazza. <strong>Il</strong> nocciolo dell’invenzione del<br />
<strong>sondaggio</strong> <strong>deliberativo</strong> sta solo in questo: mira a<br />
ripristinare per i cittadini che vogliano discutere e<br />
deliberare la possibilità di incontrarsi e di stare<br />
insieme. La lettura del volume conferma che i<br />
sondaggi deliberativi realizzati hanno consentito<br />
effettivamente gli incontri faccia a faccia, anche se,<br />
purtroppo, solo in piccoli gruppi. Per citare un caso,<br />
l’Australia Deliberates, un <strong>sondaggio</strong> del 1999, ha sì<br />
riunito a Canberra un campione casuale e<br />
rappresentativo di 347 elettori, ma come in altre<br />
occasioni, le discussioni faccia a faccia sono avvenute<br />
in gruppi separati. Fishkin sa benissimo che in uno<br />
stato moderno i cittadini elettori non si possono più<br />
riunire per discutere, a centinaia o migliaia, su una<br />
piazza o sullo Pnice, come ad Atene. Nel <strong>sondaggio</strong><br />
<strong>deliberativo</strong>, la misura, il limite e la validità del<br />
confronto fra opinioni diverse sono quelli, assai<br />
modesti, dettati dalla struttura di un gruppo di 8-10<br />
persone. I 347 cittadini di Canberra hanno compiuto,<br />
presumibilmente, tante esperienze diverse quanti sono<br />
stati i gruppi in cui si sono confrontati e ognuna di<br />
queste esperienze non ha potuto sfuggire agli effetti<br />
della casuale e diversa composizione dei gruppi.<br />
Ho detto, fin qui, in quali valori, convinzioni e<br />
modalità attuative è riconoscibile la motivazione di<br />
Fishkin ad occuparsi di ‘deliberazione’. L’ispirazione<br />
che lo ha guidato a creare il <strong>sondaggio</strong> <strong>deliberativo</strong> è<br />
manifesta ed apprezzabile. Ma il <strong>sondaggio</strong><br />
<strong>deliberativo</strong> è pure uno strumento di lavoro ‘sul<br />
campo’ e come tale può essere valutato. Pertanto,<br />
vorrei ora aggiungere alcune considerazioni sul
<strong>sondaggio</strong> <strong>deliberativo</strong> in quanto metodo di ricerca e<br />
di intervento socio-politico.<br />
È scontato, anzitutto, che il <strong>sondaggio</strong> tradizionale e<br />
quello <strong>deliberativo</strong> non sono in competizione fra di<br />
loro: sono strumenti assolutamente diversi e<br />
perseguono differenti finalità. Fishkin lo riconosce<br />
esplicitamente, come riconosce di essere utente,<br />
quando gli serve, del <strong>sondaggio</strong> tradizionale.<br />
Ritengo, tuttavia, che per comprendere pienamente<br />
la diversità fra i due generi di <strong>sondaggio</strong> si debba<br />
prestare attenzione a quanto il volume del politologo<br />
americano dice, o lascia intendere, sulla natura di<br />
quello <strong>deliberativo</strong>, sulla predicabilità dei suoi<br />
risultati, sulle peculiarità d’impiego, sui rischi di<br />
strumentalizzazione che corre.<br />
La natura del <strong>sondaggio</strong> <strong>deliberativo</strong> è complessa, in<br />
quanto integra un <strong>sondaggio</strong> casuale e<br />
rappresentativo con numerose altre procedure<br />
d’intervento, di azione, di condizionamento e di<br />
controllo sociale. In realtà non è un <strong>sondaggio</strong>, è molto<br />
di più e di diverso. Se lo si denomina <strong>sondaggio</strong>, si<br />
sta prendendo retoricamente una parte per il tutto.<br />
Oppure, si vuol prendere qualcuno per il naso.<br />
<strong>Il</strong> <strong>sondaggio</strong> <strong>deliberativo</strong> viene proposto come una<br />
metodologia più integrata e più corretta di quelle<br />
esistenti per la rilevazione delle opinioni e dei giudizi<br />
dei cittadini. Ma questa è solo una sfacciata etichetta<br />
di vendita. In realtà, il <strong>sondaggio</strong> <strong>deliberativo</strong> va<br />
considerato come il più ampio e costoso esperimento<br />
sociale di laboratorio mai tentato per far agire<br />
soggetti umani in condizioni avulse dalla realtà;<br />
oppure, come il metodo più strutturato messo a<br />
punto fino ad oggi, in università, per creare<br />
artificiosamente opinioni e valutazioni.<br />
Quanto alla predicabilità dei risultati, non bisogna<br />
dimenticare che il cosiddetto <strong>sondaggio</strong> <strong>deliberativo</strong> è<br />
in realtà un insieme molto articolato di pratiche<br />
quantitative e qualitative, l’esito finale delle quali può<br />
essere fissato solo concettualmente. Non si esclude<br />
che particolari aspetti di tale esito siano presentabili<br />
anche con numeri e percentuali, ma va tenuto<br />
presente che questi dati godono di una validità<br />
statistica limitata all’insieme delle persone cui si<br />
riferiscono, resa comunque precaria dall’estrema<br />
variabilità delle condizioni in cui le persone si sono<br />
trovate. Quindi, i risultati di un <strong>sondaggio</strong> <strong>deliberativo</strong><br />
su alcuni elettori non sono predicabili per altri, né si<br />
deve presumere – come invece fa Fishkin – che se<br />
tutti gli elettori dello stesso paese fossero sottoposti,<br />
in tantissimi gruppi separati, alla medesima<br />
procedura, i risultati sarebbero gli stessi. In sostanza:<br />
Fishkin non può estendere arbitrariamente all'intera<br />
popolazione di un paese i risultati ottenuti dalla<br />
complessa manipolazione mentale di poche centinaia<br />
di soggetti: né, soprattutto, ha senso che lo faccia,<br />
essendo praticamente impossibile trattare con igienici<br />
lavaggi del cervello un'intera popolazione. Così stando<br />
le cose, di quale utilità democratica o gestionale sono i<br />
risultati di un ristretto <strong>sondaggio</strong> <strong>deliberativo</strong>?<br />
Le peculiarità d’impiego di un <strong>sondaggio</strong> <strong>deliberativo</strong><br />
– che è un insieme di strumenti, procedure e pratiche<br />
sociali diverse – sono date dalla varietà e<br />
complessità delle parti da cui è composto e dalle<br />
molteplici fasi in cui si realizza. Alcune di queste sono<br />
standardizzate (ad es.: il <strong>sondaggio</strong> campionario<br />
iniziale), altre sarebbero relativamente<br />
standardizzabili (es.: la tecnica per la creazione dei<br />
gruppi faccia a faccia), altre non lo sono affatto<br />
(creazione del clima delle assemblee, influenza dei<br />
fattori ambientali, omogeneizzazione dei moderatori di<br />
gruppo e regolazione della loro influenza, ecc.).<br />
In assenza di standardizzazione, la replicabilità,<br />
ossia la possibilità di estendere l’uso del <strong>sondaggio</strong><br />
<strong>deliberativo</strong>, è bassissima, per non dire nulla. Ne<br />
consegue che non può essere messo a confronto<br />
criticamente con altri analoghi e contemporanei.<br />
Questa impossibilità porta, sul piano metodologico, ad<br />
escludere gli accertamenti di validità. Se un munifico<br />
finanziatore volesse – per fare un caso – che il<br />
medesimo <strong>sondaggio</strong> <strong>deliberativo</strong> fosse compiuto due<br />
volte negli stessi giorni su due campioni paralleli e<br />
indipendenti, per avere conferma dei risultati,<br />
bisognerebbe dirgli che sta chiedendo una cosa senza<br />
senso, dato che simile <strong>sondaggio</strong> è un unicum,<br />
oggettivamente non replicabile. O si ha fiducia nei<br />
risultati che può dare, o non si ha fiducia. Nel primo<br />
caso lo si usa, nel secondo no.<br />
Con ciò siamo veramente al punto: secondo Fishkin è<br />
semplicemente ridicolo chiedersi quale sia la validità<br />
di un'opera unica quale il <strong>sondaggio</strong> <strong>deliberativo</strong>.<br />
Spetterebbe piuttosto ai produttori di sondaggi<br />
tradizionali (il suggerimento ci riguarda!) mettere da<br />
parte tante fisime di metodo e imparare qualcosa di<br />
nuovo da chi può insegnarlo.<br />
Prendiamo nota e consideriamo invece un altro<br />
aspetto del problema, del quale non vi è cenno nelle<br />
democraticissime pagine di Fishkin.<br />
L'estensione d'uso del <strong>sondaggio</strong> <strong>deliberativo</strong> trova un<br />
limite, ed un ostacolo praticamente insormontabile,<br />
nel costo dell’intera operazione, un costo enorme se<br />
comparato con quello dei normali sondaggi estensivi.<br />
Un costo, per intenderci, che può essere sostenuto<br />
solo da un grande ente pubblico, da un grande editore<br />
o da una robusta fondazione. Infatti, prescindendo da<br />
quanto possono costare le decine di collaboratori<br />
mobilitati per organizzare l’evento, basti pensare alla<br />
disponibilità di denaro necessaria per raccogliere da<br />
un intero paese (quanto grande? Come la Danimarca,<br />
l’Italia o gli Usa?) e riunire in una sola sede per alcuni<br />
giorni (viaggio, vitto e alloggio gratuiti) le centinaia di<br />
persone scelte dal campionamento casuale.<br />
I rischi di strumentalizzazione esistono per tutti i<br />
sondaggi. Quello <strong>deliberativo</strong> ne corre assai di più.<br />
Fishkin l’ha concepito, e realizzato più volte, al<br />
servizio della democrazia e della crescita dei<br />
cittadini. In futuro, potrebbe essere attuato, anche<br />
senza di lui, per fini meno nobili e disinteressati. La<br />
caratteristica che rischia maggiormente di sottrarlo<br />
ad un uso democratico è proprio il suo costo. Solo un<br />
‘forte potere’ – economico, istituzionale o politico – è<br />
in grado di finanziarne l’esecuzione. Purtroppo, si dà<br />
il caso che il potere operi raramente in modo liberale;<br />
più sovente lo fa in modo cinico e per calcolo. Contro<br />
le intenzioni di chi l’ha creato, il <strong>sondaggio</strong><br />
<strong>deliberativo</strong> potrebbe divenire in futuro, nella forma<br />
originale o in forme derivate, privilegio esclusivo di<br />
un potere corrotto. In tal caso, uno strumento<br />
qualitativamente produttivo, quanto molti focus<br />
group messi insieme, finirebbe per avvantaggiare<br />
nuove strutture tiranniche e non il popolo, non la<br />
democrazia. Questo è un timore che lascia sgomenti<br />
e che, se percepito, accompagna come un amaro<br />
retrogusto le confortanti, anche se illusorie,<br />
promesse del <strong>sondaggio</strong> <strong>deliberativo</strong>.<br />
g. c.<br />
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