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greco «téycho» = fabbricare, produrre, e il sanscrito «takshanam»<br />

= <strong>di</strong>grossare, correggere): quin<strong>di</strong>, colui che presiede,<br />

in posizione <strong>di</strong> superiorità, alla costruzione d’un e<strong>di</strong>ficio, d’un<br />

manufatto, ma anche chi opera in modo superlativo.<br />

A causa del suo stretto imparentamento con l’Arte, la<br />

Scienza e la Tecnica, il termine «Architettura» non poteva<br />

non evocare delle implicazioni <strong>di</strong> tipo filosofico, da Aristotele<br />

(«Etica Nicomachea») che la descriveva come un’intelligenza<br />

<strong>di</strong> tipo prettamente costruttiva ed operativa, a Kant<br />

(«Critica <strong>della</strong> Ragion Pura») che la considerava come<br />

«l’arte del sistema», intendendo come sistema «l’unità <strong>di</strong><br />

un molteplice <strong>di</strong> conoscenze sotto un’unica idea», ossia «il<br />

concetto razionale <strong>della</strong> forma <strong>di</strong> un tutto per mezzo del<br />

quale è determinato a priori sia l’ambito del molteplice sia<br />

la reciproca posizione delle parti». Un’organizzazione finalistica<br />

che cresce dall’interno come un organismo vivente.<br />

Pertanto, l’architettura, come simbolo concreto e visibile<br />

d’una superiore misura del macrocosmo, attiene <strong>di</strong>rettamente<br />

alla nozione <strong>di</strong> «cosmos», con cui comunemente si<br />

intende un or<strong>di</strong>ne ben strutturato, una <strong>di</strong>sciplina che può<br />

riguardare sia il singolo in<strong>di</strong>viduo o una realtà materiale<br />

sotto la forma dell’«ornamento», sia l’Universo sotto la specie<br />

dell’«or<strong>di</strong>namento». In altre parole, essa evoca una «ratio»<br />

armonicamente strutturata in cui ogni parte costitutiva<br />

del tutto trova la sua giusta collocazione e si collega con<br />

le altre come il perfetto, oliato ingranaggio d’un orologio:<br />

architettura in quanto «cosmos», ossia sinonimo <strong>di</strong> bellezza<br />

<strong>di</strong>namica e <strong>di</strong> razionalità <strong>di</strong>scorsiva.<br />

Enon si possono, forse, fare le stesse considerazioni a<br />

proposito <strong>della</strong> <strong>poesia</strong>? Non sono entrambe imparentate<br />

dalla vocazione-necessità <strong>di</strong> pervenire a una sintesi<br />

superiore partendo dai vari <strong>di</strong>spersi elementi <strong>della</strong><br />

realtà oggettuale e del «dasein» esistenziale? Esse trovano un<br />

loro punto d’incontro laddove tentano <strong>di</strong> superare la nozione<br />

<strong>di</strong> «Chaos», per liberare un «itinerarium mentis» che si prefigga<br />

lo scopo <strong>di</strong> eccitare la pienezza dell’in<strong>di</strong>viduo all’interno<br />

d’un «universum» perfettamente controbilanciato in ogni<br />

sua determinazione. Ovviamente, non si fa riferimento tanto<br />

al «Chaos» inteso come una primor<strong>di</strong>ale, ampia e tenebrosa<br />

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